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SALUTE ARMONIA BENESSERE NATURALE
Periodico mensile – Anno III, numero 16/2013 – €
Poste Italiane - Sped. in A.P. DL 353/2003 conv. L. 46/2004, art. 1, c. 1, LO/MI
3,50 – Canton Ticino chf 7,00
LUGLIO 2013
MAGAZINE
n. 21 MAGAZINE Citronella e geranio Guida all’uso degli oli
Nutrizione naturale Avocado, il frutto perfetto
CIBI PER L’ESTATE La lezione dell’India e il tonico cinese
DOSSIER
Il metodo Bates Gli esercizi e i trucchi per vedere senza occhiali
Stop al mal di testa senza farmaci
IL MONDO DELLE ERBE
PREPARIAMOLO IN CASA
OMEOPATIA PER I BIMBI
PSEUDOWINTERA, ANTIMICOTICO NATURALE DEL POPOLO MAORI
ARGILLA E OLIO DI NEEM, DUE INGREDIENTI PER IL TUO DENTIFRICIO
I RIMEDI SU MISURA PER BLOCCARE IL SANGUE DAL NASO
SULLE ALI DI PSICHE. Menti interconnesse sull’11 settembre, solo coincidenze?
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Sommario NUTRIZIONE NATURALE pag. 12 Un’estate a tavola:
la lezione dell’India pag. 16 Il tonico cinese
per l’estate pag. 18 Avocado,
il frutto perfetto
IL MONDO DELLE ERBE pag. 24 Pseudowintera
colorata, la cura Maori contro la Candida
pag. 26 Citronella e geranio:
non solo repellenti per gli insetti
LE ALTRE MEDICINE
OMEOPATIA pag. 68
Sangue dal naso: guida alla scelta del giusto rimedio
pag. 74
Una cura omeopatica per l’epilessia di Brandon
pag. 56 Vedere bene senza
occhiali. La grande scoperta del dottor Bates
pag. 62 Segni zodiacali
dell’estate: i punti deboli e i rimedi naturali
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pag. 34
DOSSIER
Stop alle cefalee senza farmaci Nove rimedi omeopatici contro le cefalee Quando si manifesta sofferenza psichica Scopriamo gli alimenti che scatenano l’emicrania Gocce floreali per teste doloranti Partenio, un’erba dell’antica erboristeria Proviamo il massaggio facciale vietnamita
RUBRICHE
Due semplici esercizi di sicuro effetto
Il periscopio pag. 8
Psicoterapia per tutti i giorni pag. 10
Sulle ali di psiche pag. 20
Scoperte in soffitta pag. 30
La pianta del mese pag. 33
Il tuo omeotipo pag. 72
Prepariamolo in casa pag. 78
Le ricette del mese pag. 80
Il giramondo pag. 82
Il mercato della salute pag. 84
Libri pag. 87
Web trend pag. 91
Annunci olistici pag. 92
L’ultima domanda pag. 98
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Nutrizione naturale
Un’estate a tavola: la lezione dell’
India
Riesplode il “Fuoco” celeste: ciò ha importanti ripercussioni sulle nostre vite e impone uno stile alimentare adeguato. Vediamo le regole secondo l’antica medicina indiana. Daniele Magni
er la medicina indiana, l’estate è la stagione in cui il dosha Pitta raggiunge il culmine. Lo vediamo dal clima: il caldo-umido tipico dell’estate esprime l’unione del fuoco e dell’acqua tipico del dosha Pitta. Ma è soprattutto il Sole ad imprimere negli esseri viventi il suo marchio. Le persone con una costituzione sbilanciata verso Pitta ne subiranno le maggiori conseguenze. Poiché l’Ayurveda propone di bilanciare l’eccesso con il suo contrario, andremo quindi alla ricerca dei cibi che “pacificano” Pitta, eliminando quelli che la esaltano. Non è difficile, perché la natura mette a nostra disposizione gli alimenti necessari.
P
Quattro alimenti da limitare Sono da ridurre gli alimenti che hanno assorbito la qualità Pitta del Sole: per esempio il “fuoco” contenuto nelle spezie piccanti. Oppure il sale perché si è formato grazie all’azione del Sole sull’acqua salata, ed è quindi ricco di Pitta. Eliminare anche i cibi untuosi, che hanno una natura calda e oleosa, e l’alcol
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Il flusso della vita nei cibi Se dagli alimenti traiamo non solo energia e nutrienti ma anche l’essenza della vita, come dichiara la medicina indiana, è importante che questi siano... vivi. Non a caso in India mangiare è un “atto sacro”. In Occidente parliamo di “biologico”, di “biodinamica” ma il concetto di fondo è nobile e antico. Un frutto che nasce da una terra resa sterile da diserbanti e concimi chimici è un frutto privo della forza che riceve dalla terra, posto al di fuori del flusso della vita. Che cosa ci perdiamo allora? Spesso non vengono rispettati nemmeno i tempi di crescita: i vegetali si colgono immaturi, impedendo loro di dispiegare tutta la loro ricchezza, tutta la loro forza vitale.
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Il gioco dei Dosha… anche a tavola Ogni individuo è unico, costituito da una speciale combinazione dei 3 Dosha: Vata, Kapha e Pitta. L’intreccio di queati 3 principi costituiscono la nostra Prakriti, la nostra natura più intima, ciò che noi siamo veramente nello spirituale, nel mentale e nel fisico. I Dosha regolano le funzioni vitali del corpo: conoscere i nostri Dosha prevalenti è il primo passo per sapere come comportarci in ogni aspetto della vita, anche a tavola, per mantenerci in salute. Secondo l’Ayurveda, infatti, i 3 Dosha si manifestano dovunque: nel clima, nella casa in cui viviamo, nei cibi che mangiamo, nelle emozioni che proviamo, nell’universo intero. E tutto questo influisce sui Dosha che governano il nostro corpo: una buona alimentazione, e un ambiente favorevole, si considerano perciò al pari di una medicina.
E le proteine? In estate anche i carnivori dovrebbero cercare di limitare le carni. Dove troviamo allora le proteine? Una buona idea è di puntare su legumi e cereali integrali: insieme costituiscono un piatto che copre il fabbisogno proteico. È vero che ai legumi mancano due aminoacidi (metionina e cisteina) ma questi si trovano in abbondanza nei semi dei cereali, o anche nei semi di girasole. Questi ultimi, tra l’altro, sono ricchi di vitamine, antiossidanti e precursori degli omega-3. Possiamo usarli insieme ai pinoli, al basilico o alla rucola in un bagno d’olio per preparare il “pesto”, oppure polverizzarli e metterli sulle insalate.
che apporta calore. Abbiamo già quattro consigli: d’estate i cibi non devono essere salati e grassi, bisogna fare un uso parco delle spezie piccanti e bere ancora meno alcol. Coincide perfettamente con quanto suggerisce la scienza nutrizionista occidentale.
Ancora meno carne… Le piante in cui prevale la secchezza e il caldo nutrono gli animali che vanno incontro a un sovraccarico di Pitta e sul finire dell’estate si indeboliscono. Questo è il motivo per cui d’estate l’alimentazione deve essere ancor più orientata verso il consumo di cibi vegetali. Da evitare soprattutto le carni rosse. Se le mangiamo anche noi incorporiamo quelle qualità e diventiamo eccessivamente deboli, e più esposti alle malattie dovute all’eccesso di Pitta.
Contrastare l’accumulo di Pitta I cibi estivi si scelgono secondo una logica, che è quella dell’India antica. In estate aumentano il calore,
la secchezza e si moltiplicano i vegetali con gusto (rasa) piccante: ma i nostri cibi dovranno essere di segno opposto per impedire l’accumulo di Pitta nel nostro corpo. La natura non fa mai mancare quello che serve, bisogna solo trovarlo, pensarci. La medicina indiana si propone l’equilibrio dei 3 dosha, tenendo conto della costituzione individuale: gli eccessi vanno smorzati, e lo si può fare anche a tavola. Il fuoco estivo, poi, causa in alcune piante la perdita di nutrienti, di acqua e di zuccheri. Bisognerà cercare di aumentare l’apporto di queste
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Nutrizione naturale
qualità con alimenti ricchi di principi nutritivi, di acqua e di dolcezza (evitando però gli zuccheri raffinati: optiamo per quelli dentro i frutti). Vediamo quali.
I cibi da privilegiare Preferiamo la frutta matura come l’uva, le pesche, il melone, l’anguria, l’ananas, le fragole, le ciliegie, le prugne. Dovrebbe essere il più possibile fresca e biologica. Ottima l’acqua di cocco. Benissimo anche le verdure a foglia verde, i cetrioli e le zucchine. Via libera, poi, ad asparagi, broccoli, cavoli, sedano, peperoni dolci. Per le proteine puntiamo su cereali e legumi.
Il lassi alla rosa: una bibita estiva
Seguire i ritmi della natura Una buona alimentazione passa anche attraverso un’adeguata disposizione mentale. In estate è opportuno frenare, prendersi tempo, non si possono sostenere i ritmi di altre stagioni. Ritagliamo tempo per i pasti senza pensare ad altro: questo è vero sempre, ma soprattutto in estate quando la frenesia diventa ancor più nociva (spegniamo il fuoco). Tutta la natura “rallenta”, si crogiola al sole, noi facciamo altrettanto. Come spiega il medico ayurvedico Antonio Morandi è un’idea tipica della medicina indiana: «L’idea che l’essere umano sia parte integrante di una comunità più vasta di creature e di energie, comprendente piante, animali, rocce, pianeti, e che per il suo benessere egli dipenda dall’armoniosa interazione di quanto gli sta intorno».
La carezza dell’acqua di rose L’acqua di rose può essere bevuta con il lassi ma anche versata nell’acqua della vasca per le nostre abluzioni. In Ayurveda la rosa pacifica il sub-dosha Sadhaka Pitta che governa le emozioni, l’energia mentale, la creatività. Lo squilibrio di Sadhaka Pitta ci rende irritabili, iper-critici, inutilmente indaffarati con un basso senso di autostima: alla fine ci sentiamo depressi. La rosa è un buon antidoto contro questa condizione: possiamo anche bere regolarmente il latte di cocco spruzzato con acqua di rose o sottoporci a massaggi con olio di cocco ed essenza di rosa, camomilla o sandalo.
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Il lassi è una bevanda estremamente popolare in India e, come lo yogurt, molti preferiscono consumarlo in estate, col caldo secco. Da quelle parti lo si beve dopo o durante i pasti: si considera un ottimo digestivo e regolarizzatore dell’intestino. Spesso si aggiunge della frutta fresca, a pezzettini o frullata. Non va bevuto troppo freddo.
Come si prepara il lassi? ● Diluite circa un terzo di litro di yogurt in circa mezzo litro d’acqua, non di più. Mentre versate l’acqua bisogna battere con una frusta o usare un frullatore ad immersione. Se si forma una sostanza burrosa in superficie va eliminata. ● Aggiungere spezie e mescolare. Spesso si usano, a seconda dei gusti locali, cardamomo, vaniglia, chiodi di garofano, cannella, anice stellato, noce moscata, zafferano o anche succo di zenzero. Ma in estate si consiglia di preparare il lassi usando l’acqua di rose.
Prepariamo l’acqua di rose: ● Riempite una pentola d’acqua e immergete i petali di una ventina di rose. ● Portate ad ebollizione chiudendo con un coperchio. ● Quando l’acqua bolle mettete dei cubetti di ghiaccio sopra il coperchio. ● Sotto il coperchio si formano le goccioline profumate: raccogliamole mettendole in un recipiente di vetro. Ripetiamo l’operazione più volte, fino a quando avremo ottenuto una quantità adeguata di acqua di rose.
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Sentiamo la fiamma del sole: via libera ai fagioli mung e all’azuki D’estate siamo chiamati a ridurre ancora di più il consumo di carne. Le proteine necessarie possiamo trovarle nei legumi, adatti al periodo estivo, come la soia, i piselli, i ceci e i fagioli. Riserviamo un occhio di riguardo anche al tofu, meno al tempeh. I tipici fagioli indiani (mung e azuki) sono molto digeribili, leggeri, nutrienti ma scarsamente calorici. In India rientrano tra gli ingredienti di molte ricette (anche dolci), tra cui vari tipi di Dahl.
La ricetta: Moong Dal Sundal (con i fagioli mung) Piatto popolare in alcune regioni dell’India. Spesso viene personalizzato, in base a quello che c’è in casa. Non è alta cucina, ma qualcosa di molto semplice: tuttavia è ricco di quello che serve dal punto di vista nutrizionale (fibre, proteine, alcune vitamine, pochi grassi e calorie). Prendiamolo in considerazione e facciamo i nostri esperimenti: non è vietato personalizzare.
La ricetta di base: ● Lavate i fagioli mung o azuki (1 tazza e mezzo) e lasciateli in ammollo per una notte. ● Metteteli in pentola a pressione con poco sale. Da quando comincia a fischiare lasciate cuocere per 2 minuti.
● A parte soffriggete nell’olio un cucchiaino di curry (oppure foglie di curry, vedi qui sotto), uno di cumino e uno di coriandolo tritati nel mortaio. ● Aggiungete quindi i fagioli, insieme a un peperone verde dolce tagliato a striscioline: mischiate dolcemente. ● Aggiungete 4 cucchiai di polpa di cocco grattugiato. ● Verso fine cottura mettete due cucchiai di succo di limone e un bel po’ di foglie fresche di coriandolo. Piano col sale e assaggiate: quando la consistenza dei fagioli è di vostro gradimento il piatto è pronto.
Facciamo chiarezza sul Curry Il curry che vediamo in tutti i supermercati è una miscela di polveri (di base: cumino, coriandolo, cannella, curcuma). Ha un gusto particolare che molti amano. Se parlate di curry a un indiano, però, lui pensa alla pianta del curry (Curry tree) che è tutt’altra cosa. Le caratteristiche organolettiche (il sapore, l’odore) sono abbastanza simili. In Italia è difficile trovare le foglie fresche di questa pianta ma si possono cercare le foglie secche sminuzzate o la polvere della pianta del curry. In alternativa, possiamo usare il curry (la miscela di semi) che conosciamo tutti e che è facilmente accessibile. Alcuni ritengono che esista anche un equivalente occidentale (una sorta di curry europeo): l’elicriso, una pianta aromatica rintracciabile in erboristeria.
Il tempo dei bagni di luna Gli antichi testi ayurvedici consigliano, in estate, di risiedere in luoghi d’acqua e di vegetazione. Vicino al mare, ai fiumi, alle sorgenti e dove ci sono molti alberi. Ciò aiuta a controbilanciare l’eccesso del fuoco solare. Per lo stesso motivo, in estate la luna è ancor di più nostra amica. Possiamo prenderci i nostri “bagni di luna” e anche esporre i cibi e l’acqua che berremo alla luce dell’astro, affinché ne assimilino le proprietà.
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Il mondo delle erbe
PSEUDOWINTERA COLORATA la cura Maori contro la Candida La pianta si contraddistingue per la sua potente azione antimicotica. Fa parte della sapienza Maori, ma la fitoterapia moderna ne ha confermato l’efficacia. Lella Cusin 2 4 L’altra medicina
L
a Nuova Zelanda ha sviluppato una flora molto particolare. Il lungo isolamento ha favorito la comparsa di specie autoctone, con caratteristiche davvero originali e interessanti. Tra le piante più importanti per la fitoterapia moderna si annovera sicuramente la Pseudowintera colorata, già conosciuta e utilizzata dai Maori come rimedio depurativo, antiparassitario, o destinata alla conservazione degli alimenti.
Un nemico giurato dei funghi La pianta di Horopito, come la chiamano i Maori, si è imposta all’attenzione degli specialisti occidentali
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Un nemico naturale contro le candidosi
soprattutto per le sue proprietà antimicotiche, ma solo negli anni Sessanta è stato isolato il principio attivo della Pseudowintera. Si tratta del Polygodial, una sostanza dotata di una potente azione antimicotica e antiparassitaria. La pianta si serve del Polygodial per difendersi dalle infestazioni, ma l’attività antimicotica si estende anche verso i funghi che causano infezioni negli esseri umani, come Candida albicans e Tricophytum.
Una combinazione sorprendente In seguito si è scoperto che questo vegetale contiene altri composti attivi contro i funghi, che agiscono in sinergia con il Polygodial. Siamo di fronte, insomma, a una “preparazione” naturale i cui ingredienti, per agire al meglio, non devono essere separati ma utilizzati in sinergia, come accade spesso nel mondo delle piante: l’insieme è meglio delle parti. La cura fitoterapica, infatti, prevede l’assunzione di capsule contenenti le foglie intere ridotte in polvere oppure estratti, che agevolano l’assorbimento dei principi attivi.
Un indispensabile sistema di difesa L’interesse suscitato da queste scoperta, che conferma l’uso tradizioniale dei Maori, ha portato gli studiosi a indagare ulteriormente. Di recente, è emerso che l’Horopito contiene una buona quantità di flavonoidi a elevato potere antiossidante. Ancora una volta non è un caso: i flavonoidi, presenti in alcuni vegetali, conferiscono protezione contro l’azione dei radicali liberi, cioè sono alcuni degli strumenti di difesa utilizzati dagli organismi viventi per resistere alle “aggressioni esterne” o a eventi climatici estremi (frequenti in Nuova Zelanda).
Il fossile vivente che inventò… i fiori Quello che è vero per gli esseri umani è vero anche per le piante. E di sicuro la Pseudowintera è uscita indenne dalla lotta per la vita: si tratta infatti di una specie molto antica, risalente a 65 milioni di anni fa. Di fatto, è una sorta di “fossile vivente”, una tra le prime piante da fiore comparse sulla Terra.
La Candida è un fungo microscopico che colonizza le mucose del tratto gastrointestinale, della vagina e del cavo orale. In condizioni normali il fungo non causa disturbi di alcun tipo ma in alcune circostanze (stress, abuso di antibiotici, deficit immunitari, ecc.) prolifera in modo eccessivo dando origine alle caratteristiche lesioni della candidosi, che più spesso compare in bocca o a livello dell’apparato genitale femminile. La Pseudowintera colorata è proposta in fitoterapia proprio come coadiuvante nel trattamento delle candidosi o infezioni micotiche similari. A questo scopo, sono reperibili in commercio prodotti a base di Pseudowintera in capsule, da assumere 1 o 2 volte al giorno dopo i pasti. Per potenziarne l’effetto antimicotico e antiossidante, gli estratti o la polvere di Pseudowintera vengono associati ad altre componenti come la Vitamina C, l’Anice verde o il Lactobacillus acidophilus, di cui si conosce l’effetto preventivo e terapeutico contro le vaginiti.
Horopito, pianta della tradizione Maori La Pseudowintera (Horopito) era considerata dai Maori un potente strumento di interazione con il mondo degli spiriti. I tohunga, cioè gli uomini dediti alla medicina, la usavano per allontanare gli spiriti maligni, portatori di malattia. Le foglie accompagnavano i defunti nel loro ultimo viaggio. Nella medicina tradizionale Maori l’Horopito era considerato il rimedio principe contro i problemi della pelle, le malattie veneree e le infezioni da Candida. Sappiamo che tra gli indigeni della Nuova Zelanda, fino a tempi recenti, la candidosi era diffusa, soprattutto tra i bambini, a causa di una dieta spesso insufficiente che determinava squilibri alimentari. L’unica possibilità di cura contro l’Haka, il nome Maori della Candida, era rappresentato dalla Pseudowintera.
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Dossier
Partenio il rimedio popolare contro l’emicrania È un’erba della “vecchia” erboristeria che ora è tornata di moda. Riesce davvero a prevenire uno dei tipi più comuni di mal di testa. Gemma Astolfo
ei manuali di fitoterapia l’erba più citata per la cura del mal di testa è il Partenio, in termini botanici Chrysantemum parthenium. In antichità questa pianta era nota soprattutto come rimedio per i disturbi ginecologici: da qui deriva il nome, dal greco “parthenos”, vergine. Al nostri tempi, però, questo vegetale si è imposto all’attenzione come un’efficace contromisura contro il tipo più comune di cefalea, quella vasomotoria, che comprende anche l’emicrania. Diversi studi clinici ne hanno dimostrato l’efficacia ed oggi è un “must” della fitoterapia moderna.
N Sì, in Italia è ancora presente nei prati Non è molto comune, ma ci si può imbattere nel Partenio nei luoghi incolti. Come molte piante selvatiche, crescono dove possono: se sei considerata “erbaccia” è difficile sopravvivere (quando si dice che la biodiversità è in pericolo…). Più di recente, è stata recuperata come pianta ornamentale e cresce in alcuni giardini. Che in altri tempi la pianta sia stata frequentata dall’uomo, a scopo terapeutico, è dimostrato dai nomi con cui la pianta è stata denominata in Italia: tra cui amarella, maresina ed erba marga.
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Un talento molto particolare Il Partenio ha un’attività antinfiammatoria piuttosto inedita dal punto di vista biochimico, solo in parte simile a quella dei farmaci di sintesi. Inoltre interviene su uno dei più importanti neurotrasmettitori cerebrali, la serotonina. In realtà se ne sa ancora poco, ma è indubbio che funzioni. Soprattutto, per prevenire le crisi di emicrania, che per molte persone sono un problema che rovina la vita. Troviamo un farmaco in natura per questo problema: nella medicina popolare, ormai persa, era costume masticare foglie di Partenio per curare l’emicrania.
Estratti oppure fiori essiccati Oggi si usano gli estratti, di cui si conosce la con-
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Stop alle cefalee senza farmaci
centrazione del principale principio attivo (non l’unico), che non ha eguali nel mondo delle piante. Si tratta del partenolide. L’estratto viene oggi ricavato dalle cime fiorite. Laddove la medicina popolare non si è estinta, si raccolgono i fiori in estate (assomigliano a quelli della camomilla), che poi vengono fatti essiccare fuori dalla portata della luce solare. L’impiego è duplice, contro l’emicrania e per trattare il dolore e le irregolarità mestruali. Ma si fanno anche impacchi esterni contro le infiammazioni della pelle.
Non prendiamola sottogamba Sconsigliamo il fai da te. Proprio perché efficace sulla nostra biologia, il Partenio non è privo di effetti collaterali: può irritare la mucosa dell’apparato digerente e ci sono stati casi di reazione allergica. Per questo motivo, è bene farsi seguire da un fitoterapeuta, almeno inizialmente. Altre piante proposte per la cura delle cefalea sono l’iperico e il Ginkgo biloba.
Ma non dimentichiamo l’olio essenziale di menta È la cosa più semplice del mondo ma, secondo alcuni studi, può dare davvero sollievo. Mettete alcune gocce di olio essenziale di menta piperita su un battuffolo d’ovatta. Potete massaggiare la fronte e le tempie. Secondo uno studio tedesco riduce il dolore del 40%: questa pratica non è nuova, perché nell’Europa del nord è usata da secoli. Ci sono riscontri anche a favore del balsamo di tigre. Si tratta di una crema che contiene menta, mentolo, cannella e cajeput, una pianta simile all’eucalipto. L’effetto c’è, ma bisogna stare attenti a non esagerare perché questi oli, se entrano ripetutamente in contatto con la pelle, possono infiammarla e causare lesioni.
Tian ma, la pianta cinese che spegne il mal di testa Tra le erbe più utilizzate in Cina contro il mal di testa si annovera sicuramente Tian ma (Gastrodia elata), anche conosciuta come chi qian, ovvero “freccia rossa”. Può alleviare il dolore da emicrania e in generale le cefalee generate da emozioni (wu zhi) trattenute (rabbia, collera) e da difficoltà a far fronte agli stimoli esterni. Secondo la medicina cinese questo disturbo è dovuto a un accumulo di energia del Fegato, organo che presiede alle “strategie di risposta” in presenza di una sollecitazione dall’esterno. Nel So-wen, testo chiave della conoscenza medica cinese, il Fegato è chiamato “Ministro della guerra”. Ne deriva che, quando il “Ministro” non riesce a governare la situazione, l’energia non utilizzata si accumula aprendo la strada a disturbi fisici, in primo luogo il mal di testa. Il Tian ma è considerato tradizionalmente un’erba superiore, rientra cioè nel novero delle erbe più importanti, che concorrono al prolungamento della vita: obiettivo che la medicina cinese eredita dalla grande cultura taoista.
Come si usa? Sul mercato si trovano gli estratti e le polveri di Gastrodia, più raramente il tubero essiccato della pianta. Indicativamente, la dose per il mal di testa è di 1,5-2 grammi di polvere. Se il mal di testa è cronico, può essere prescritta una cura che prevede assunzioni quotidiane ripetute. Anche in questo caso è opportuno il consulto con un esperto di fitoterapia, cinese questa volta.
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Prepariamolo in casa
Giulia Landini
Dentifrici naturali: ingredienti e ricette Per una corretta igiene orale ricorriamo ai prodotti naturali sul mercato ma possiamo anche prendere l’iniziativa e “costruirci” un ottimo dentifricio in casa nostra: ecco quindi qualche ricetta per l’autoproduzione con gli oli essenziali. igiene dentale non passa dall'acqua che si consuma per lavarli, né dalla marca di dentifricio. Ci sono molti metodi per risparmiare acqua e dentifricio. Primo tra tutti, una volta bagnato lo spazzolino, chiudete il rubinetto e detergete i denti con la massima serenità, utilizzando tutto il tempo a voi necessario per un'adeguata spazzolata. Riaprite quindi l'acqua del rubinetto, per sciacquare via la pasta dentifricia: non occorrono 30 litri d'acqua per ottenere un sorriso smagliante, per quello basterebbe una foglia di salvia.
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Una volta le paste dentifricie non esistevano, essendo state introdotte alla fine del 1800: al loro posto si usavano miscele di erbe rinfrescanti addizionate a oli estratti dalle stesse. Una pratica molto diffusa era quella di sfregarsi una o due foglie di salvia sulle gengive e sui denti, per le sue virtù calmanti, rinfrescanti e disinfettanti. Piccola curiosità sulla salvia: se avete una pianta, raccoglietene piccoli mazzolini, fateli seccare a testa in giù e poi bruciateli in un posacenere, si dice che il fumo della salvia purifichi gli ambienti. Il dentifricio acquistatelo naturale, costa di più ma ne bastano quantità davvero minime per una buona igiene orale. Il dentifricio al fluoro sembra, infatti, possa provocare danni alla salute: l’assunzione di quantità di fluoro superiori ai 2 mg al giorno causa fluorosi, rovina le ossa e i denti, causa problemi al sistema nervoso e deficit cognitivi. La legislazione vigente impone che la quantità di fluoro presente nei dentifrici non possa oltrepassare le 1500 ppm (ppm = parti per milione); quantitativo utilizzato per i soggetti adulti,
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mentre per i bambini si abbassa a 500 ppm. Anche negli Stati Uniti la FDA ha accettato l’uso di paste dentifricie contenenti concentrazioni di fluoro pari a 1500 ppm. In alternativa a quello in commercio, il dentifricio si può anche produrre in casa. È molto semplice e gli ingredienti base sono di facile reperibilità.
Due ricette per autoprodurre il dentifricio
Dentifricio all’argilla verde Ingredienti: argilla verde, glicerina, sale fino, olio essenziale di menta, un barattolino vuoto e pulito, un cucchiaino (sarebbe da preferire una spatolina di legno, per far sì che i metalli non vengano a contatto con gli ingredienti). Preparazione: Mettere 3 cucchiaini di glicerina nel barattolino. Aggiungere 8/9 gocce di olio essenziale. Potete scegliere tra menta, tea tree (ne bastano tre gocce), salvia, lavanda. Anche un mix va bene. Aggiungere 3 cucchiaini di argilla verde e mescolare bene. Aggiungere un cucchiaino di sale fino, anche non colmo, e mischiare bene.
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Gli ingredienti di cui abbiamo bisogno e le loro proprietà Per fare una buona miscela occorrono, di base, argilla bianca o verde, glicerina, olio essenziale di tea tree, menta piperita, salvia, lavanda, olio di Neem. Queste sostanze aiutano i denti a restare in perfetta forma, contrastano le infezioni e prevengono le malattie delle gengive e della mucosa della bocca. Argilla bianca: ha proprietà antisettiche e disinfettanti, battericide, cicatrizzanti e deodoranti. È una sostanza rimineralizzante, grazie alla presenza di silice, magnesio, ferro, alluminio e calcio. Argilla verde: disinfettante, cicatrizzante, rimineralizzante. Glicerina: la glicerina (o glicerolo) è un liquido viscoso, incolore, solubile in acqua, insolubile in etere, cloroformio e oli grassi. La glicerina si ottiene come sottoprodotto nel processo di saponificazione dei grassi o per idrolisi degli stessi. Serve per preservare il prodotto dalla disidratazione: a dosaggi elevati svolge un’ottima attività idratante e plastificante nei confronti dell’epidermide e, se utilizzata in percentuale elevata all’interno del prodotto (oltre il 40%), svolge un’attività conservante. Tea tree oil: l'olio essenziale di Malaleuca alternifolia ha proprietà antibatteriche, cicatrizzanti, antimicotiche e antiodoranti. Perché il tea tree sia efficace sono sufficienti poche gocce. Menta Piperita: proprietà dissetanti, rinfrescanti, antispasmodiche, digestive, antifermentative e decongestionanti. Lavanda: contiene oli essenziali molto attivi che le conferiscono proprietà antisettiche, disinfettanti, vasodilatatrici, antinevralgiche, cicatrizzanti, diuretiche, per i dolori muscolari e artritici ed è considerata anche un leggero sedativo. Olio di Neem: anti-microbico e anti-fungino.
Addizionare argilla finché il composto non risulti liscio e omogeneo, ma non deve colare. Caratteristiche: questo dentifricio, oltre ad assicurare una corretta igiene orale, è anche gradevole e fresco, grazie alla glicerina che addolcisce e alla menta che rinfresca. Per utilizzarlo, intingere lo spazzolino asciutto nel barattolino, prelevare una minima quantità e lavarsi i denti.
Preparazione: Miscelate 1 cucchiaio di bicarbonato di sodio con 2-3 gocce di olio di Neem, 2-3 di olio tea tree e 2-3 di olio di menta piperita. Aggiungete all'impasto della glicerina per creare una pasta densa. Si utilizza spalmato direttamente sullo spazzolino asciutto in piccole quantità.
Costo: circa 1 euro.
Dentifricio all’olio di Neem Ingredienti: bicarbonato di sodio, olio di Neem, olio di tea tree, olio di menta piperita, glicerina.
Caratteristiche: indicato per chi ha denti e gengive sensibili. In questi casi un ottimo aiuto viene dalla natura e si chiama olio di Neem. Utilizzato da sempre in India per l'igiene orale, l'olio di Neem è uno straordinario antimicrobico e antifungino. Costo: circa 1,50 euro
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Il giramondo
Daniele Magni
Alla scoperta delle tradizioni tibetane
Tanta spiritualità, ma anche pratiche mediche efficaci Fin dal 2007 l’Istituto Lama Tzong Khapa organizza, insieme all’Accademia internazionale per la Medicina tradizionale tibetana, una Scuola di Medicina tradizionale tibetana che rilascia, al termine di ogni anno, un certificato a chi completa validamente la formazione. Dopo ogni corso di studi è previsto un viaggio in Tibet, per la pratica medica presso ospedali tibetani e l’approfondimento sulle terapie esterne. Con gli operatori dell’IATTM, l’Istituto offre anche corsi sull’analisi e uso dei sogni nella medicina tibetana, massaggi e uso di varie terapie esterne tibetane (come, per esempio, il massaggio ku nye), tenuti dal dottor Nida Chenagtsang e da Donla Tsering.
8 2 L’altra medicina
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omaia, in provincia di Pisa, ha tanto da offrire a chi capita dalle sue parti. Non solo lo splendore delle colline toscane e, a pochi chilometri, le località balneari della Costa degli Etruschi. Immerso nella natura, in un clima mistico e di grande pace, si trova infatti l’Istituto Lama Tzong Khapa, il Centro per lo studio e la pratica del buddhismo tibetano più importante d’Europa. Fondato nel 1977 da Lama Thubten Yeshe e Lama Thubten Zopa Rinpoce, ha ospitato varie volte il XIV Dalai Lama Tenzin Ghiatso (Oceano di compassione). Oggi l’Istituto è un punto di riferimento internazionale per chi è interessato ad approfondire la comprensione dell’insegnamento di Buddha e della propria natura interiore, attraverso lo studio della filosofia e della psicologia buddhiste di tradizione mahayana. Il Centro ha due Maestri residenti: Ven. Ghesce Tenzin Thenphel e Ven. Ghesce Ciampa Ghelek.
Per conoscere il buddhismo, ma non solo L’Istituto ha molto da offrire agli oltre 8mila visitatori che annualmente varcano la soglia del Centro Lama Tzong Khapa. A Pomaia non vengono infatti soltanto
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Vitto e alloggio
Buddhismo, meditazione, medicina degli altopiani. A Pomaia sorge l’Istituto Lama Tzong Khapa, un centro di eccellenza per chi è alla ricerca di pace interiore e tranquillità. persone che vogliono intraprendere un percorso spirituale e approfondire le conoscenze del buddhismo. Al Centro ha libero accesso chiunque abbia il desiderio di trascorrere un periodo di tranquillità, nella cornice di un luogo meraviglioso, in grado di favorire la ricerca interiore.
Corsi e ritiri alla portata di tutti Ed è proprio il clima serafico e di grande serenità a rappresentare il fiore all’occhiello dell’Istituto Lama Tzong Khapa. In questo ambiente che stimola la meditazione, il visitatore può scegliere tra un’ampia gamma di corsi e ritiri, alcuni a cadenza regolare nell’arco di un anno, sul buddhismo e la meditazione, secondo la tradizione tibetana di Lama Tzong Khapa.
I corsi e i ritiri variano per durata e impegno, partendo da un livello introduttivo per arrivare a un livello intermedio e poi avanzato. I corsi sono affidati a qualificati Maestri tibetani o insegnanti occidentali. I corsi di livello iniziale forniscono una visione generale della filosofia buddhista e della pratica. I corsi di livello intermedio, invece, illustrano più ampiamente l’intero sentiero spirituale del buddhismo mahayana tibetano. Infine, i corsi di livello avanzato comprendono sia programmi accademici per uno studio approfondito della psicologia e della filosofia buddhista, sia programmi di tantra per praticanti esperti.
Il percorso accademico Chi invece non si accontenta di una “infarinatura” ma vuole ap-
“Lo scopo del Centro è prodigarsi per gli altri. Questo è un Centro internazionale, aperto a tutti, a ogni persona di qualunque etnia, nazionalità e retroterra socio-culturale. È un luogo dove imparare come liberare la mente dalle concezioni dannose profondamente radicate e come vivere in armonia con gli altri, mettendo la meditazione in pratica nella vita quotidiana”
L’Istituto Lama Tzong Khapa dispone di una serie di camere per ospiti dentro le mura dell’edificio centrale, singole o doppie, e due dormitori, maschile e femminile, con otto letti. Ci sono anche altre camere, singole o doppie, in casette di legno, molto confortevoli. È possibile pernottare, per una o più notti, anche senza dover necessariamente partecipare ai seminari. Sono inclusi nel prezzo colazione, pranzo e cena, e la biancheria da bagno e da letto. La mensa vegetariana può servire fino a 100 coperti al giorno. I costi sono molto contenuti e favoriscono l’incontro con la tradizione tibetana e la sua conoscenza.
PER SAPERNE DI PIÙ L’Istituto Lama Tzong Khapa si trova a Pomaia, in provincia di Pisa. Per prenotare corsi o per trascorrere un periodo di relax all’interno del Centro, telefonate allo 050.685654. Per i corsi di medicina tibetana, massaggio tradizionale tibetano, yoga dolce di guarigione e ltri corsi della tradizione medica tibetana inviare una mail a italia@iattm.net. www.iltk.org; www.iattm.net; www.medicinatibetana.com profondire le proprie conoscenze sulla filosofia buddhista, può frequentare i programmi di studio a carattere residenziale e a tempo pieno. Infine ci sono i corsi di tantra che comprendono iniziazioni e ritiri tantrici guidati da esperti praticanti occidentali. L’Istituto ospita anche lo svolgimento di altre attività legate allo yoga, alle medicina naturali o alla formazione come ad esempio quelli sul counseling o sulla mindfulness.
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L’ultima domanda
Lavorare al computer di sera disturba il sonno? Risposta:
Sì, la luce dei monitor riduce la melatonina con un effetto negativo sul sonno.
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i recente si è scoperto che i devices elettronici, come computer, tablet e iPad, interferiscono con la capacità di prendere sonno. Questi apparecchi stimolano l’attività cerebrale. In particolare, sembra proprio che la luce artificiale che si sprigiona dai monitor interferisca sui livelli dell’ormone melatonina: ricordiamo che la melatonina regola il nostro orologio biologico, e il ciclo sonno/veglia. È il messaggio veicolato da questo ormone a dire al cervello che è venuto il momento di spegnersi o di riattivarsi. Uno studio del Rensselaer Polytchnic Institute ha verificato come l’esposizione di 2 ore alla luce dei tablet riduca del 22% i livelli della melatonina: il fenomeno
può fare la differenza in termini di qualità del sonno. L’effetto viene attribuito al tipo di luce emessa dai congegni elettronici ma anche dalle lampadine a risparmio energetico: troppo sbilanciata verso le lunghezze d’onda del blu. In sostanza, sembra proprio che
questo tipo di luce venga interpretato dal nostro cervello come un segnale di allerta. Negli ultimi tempi sta emergendo un nuovo capitolo della biologia: l’occhio, che siamo abituati a pensare come un organo di senso, è anche altro: un regolatore del funzionamento cerebrale.
Da ricordare Bassi livelli di melatonina sembrano anche implicati nello sviluppo dei tumori. Al punto che alcuni laboratori propongono di considerare la luce notturna come un carcinogeno. È presto per trarre conclusioni ma, su un altro versante, si è visto che la luce artificiale favorisce l’accumulo di grasso corporeo. Anche la NASA è interessata a queste ricerche e sono in via di sviluppo tecnologie per generare luce ad hoc per le esigenze degli astronauti nello spazio.
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