LA STORIA DI UN CASO DAL PRIMO INCONTRO ALLA PRESA IN CARICO

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LA STORIA DI UN CASO DAL PRIMO INCONTRO ALLA PRESA IN CARICO Si descrive l’evoluzione di un percorso terapeutico dalla conoscenza del caso alla presa in carico con i servizi. Luglio 2005

Diana Gallo Counselor professionista ad indirizzo Analitico Transazionale

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Storia di vita sintetica scritta dal cliente stesso X.X. nasce nel '70. La prima infanzia è segnata dalla separazione dei genitori e da numerosi trasferimenti in svariati domicili. Il tribunale dei minori lo affida alle cure paterne, con il quale va a vivere in compagnia delle figlie della compagna del padre. Nella prima adolescenza muore la madre. Affronta gli studi commerciali, a cui seguono studi universitari con scarsi risultati. Nel '97 il primo ricovero per anoressia in clinica psichiatrica, la cui causa viene attribuita alla morte della zia materna, avvenuta l'anno precendente. Fino al 2003, continuano ricoveri in psichiatria e in medicina generale. In quell'anno viene inserito presso associazione di volontariato in concomitanza di un progetto riabilitativo. Tra il 2004 e il 2005 svolge tirocinio formativo sostenuto dalla Provincia di Pisa, come coadiuvatore di laboratori arteterapico. Alcune diagnosi significative AZIENDA OSPEDALIERA CLINICA PSICHIATRICA X.X., anni 28, ricoverato dal 21/09/98 al 02/10/99 Diagnosi: Stato misto psicotico, disturbo della condotta alimentare nas. Il pz è al terzo ricovero presso questa Clinica. Familiarità positiva per disturbi psichiatrici. Tratti anancastici ed ipocondriaci di personalità. L’esordio del quadro psicopatologico si può far risalire a cinque anni fa con la comparsa di umore depresso, elevazione della quota ansiosa a carattere critico con sensazione di soffocamento e di oppressione toracica. A seguito di tale fenomenica si è sottoposto per un mese ad un trattamento combinato psicoterapeutico e psicofarmacologico (benzodiazepine). In seguito si sono alternate fasi caratterizzate da oscillazioni contropolari del tono dell’umore prevalentemente a carattere stagionale. Sarebbe strutturata una ideazione tesa alla disintossicazione e alla ricerca di purificazione sottoponendosi a trattamenti omeopatici, ma soprattutto autoterapici, filosofeggiando su religioni orientali e privandosi gradatamente di ogni tipo di alimento animale. La presenza di fenomeni di epigastralgia che il paziente attribuiva ad un sovraccarico alimentare lo portavano a provocarsi il vomito. Negli anni successivi il dimagrimento è divenuto sempre più marcato, con scadimento delle condizioni generali, ritiro sociale, bizzarrie comportamentali, assenza di coscienza di malattia, scarsa igiene personale, tematiche ascetiche incentrate prevalentemente sul significato di purificazione che lo hanno portato gradatamente al limite della cachessia. [...] Successivamente il paziente ha goduto di un parziale benessere psicoaffettivo fino a circa due mesi fa quando si è verificata una flessione timica che progressivamente ha condotto a riduzione dell’asssunzione di cibo con decremento ponderale di 15 Kg e interruzione della terapia, rendendo necessario l’attuale ricovero. Durante la degenza il paziente è stato trattato con antidepressivi serotoninergici, neurolettici atipici e tipici, benzodiazepine, con miglioramento della fenomenica. Ricoverato in quanto riferiva sensazioni di trasformazione a carico degli organi. AZIENDA OSPEDALIERA CLINICA PSICHIATRICA X.X., anni 34,Ricoverato dal 12/07/04 al 15/07/04 Diagnosi: Disturbo bipolare I, disturbo della condotta alimentare nas, disturbo da attacchi di panico. Il pz è stato più volte ricoverato presso questa Clinica. Familiarità positiva per disturbi psichiatrici. 2


[...+ L’ultima ricaduta, di breve durata risale al novembre dell’anno scorso ed è stata caratterizzata da flessione timica, ritiro sociale, scarsa cura della persona, comportamenti bizzarri, ed esacerbazione dei contrasti familiari. Da allora il paziente inserito nel gruppo di auto-aiuto “L’ALBA” ha goduto di un buon equilibrio psicoaffettivo e comportamentale, con adesione alla terapia e assiduità nei controlli specialistici. Visto il miglioramento del quadro clinico, l’associazione “L’ALBA” ha inserito il pz in un progetto riabilitativo che prevedeva la separazione dal proprio nucleo familiare, fornendogli un domicilio proprio, di cui il paziente ha cominciato ad usufruire la settimana scorsa. Nella serata del 10/07/2004 a seguito dell’accentuazione dei livelli di ansia sia a carattere libero che critico, con tachicardia, tremori, vampate di calore, il paziente ha assunto quantità eccessive di bdz e alcool. Uscito di casa nel tentativo di refrigerarsi bagnandosi in Arno, vi è scivolato, portandosi in salvo a nuoto. Trovato in stato soporoso e in ipotermia è stato trasportato presso l’U.O. Medicina d’Urgenza dove è rimasto ricoverato fino al trasferimento presso la nostra U.O. per le cure e gli accertamenti del caso. Durante la degenza il paziente è stato trattato con bdz e neurolettici atipici e antidepressivi serotoninergici, con remissione della sintomatologia. [...] L’esordio del disturbo di cui è affetto si può far risalire al 1993 con oscillazioni del tono dell’umore per lo più in senso depressivo, stati di ansia accesionali, con senso di soffocamento, oppressione toracica e derealizzazione. [...] Oltre ai tratti anancastici della personalità sono presenti forti tematiche Ipocondriache sostenute dalla concomitante patologia gastroesofagea, (ernia iatale) e da una pancreatine pregressa verosimilmente in rapporto con un temporaneo abuso alcolico associato a pratiche di digiuno al limite della cachessia. [...] Per tale sintomatologia è stato ricoverato in ambiente internistico e più volte in Clinica psichiatrica ( dimesso con la diagnosi di disturbo bipolare - stato misto psicotico - disturbo della condotta alimentare nas.). [...] Notevolmente introverso, intellettualmente dotato, diplomato, X.X.. coltiva numerosi interessi artistici (musica, cinema, disegna e dipinge) [...] Storia dell’incontro, descrizione cronologica degli eventi durante il processo, presa incarico e pianificazione intervento riabilitativo Incontro X.X. nel 2000 , uno psichiatra della Clinica Psichiatrica invia il paziente ai gruppi di auto-aiuto, così il primo incontro con l’Associazione “ L’ALBA” e Riabilitazione Psichiatrica. La frequenza ai gruppi inizialmente è discontinua e sporadica, X.X. intrattiene con me un vivo rapporto telefonico con confronto su tematiche religiose spirituali, gira per la città con una mascherina davanti la bocca per non farsi inquinare dai gas delle auto, assume farmaci in maniera totalmente sregolata, persegue misure autoterapiche come credenza senza un serio e metodico utilizzo di esse, ha una notevole conoscenza di norme dietetiche e di cibi particolari, ma ha una dieta assolutamente squilibrata. Frequenta il corso per operatori telefonici che l’associazione indice nel 2000- 2001 per attivare un telefono full time per la salute mentale e svolge attività di operatore di notte in alcuni turni, lamenta una certa difficoltà da eccessivo coinvolgimento e decidiamo insieme che è meglio che smetta. Ha un ritmo sonno veglia piuttosto squilibrato, spesso agitato con verbalizzazione di parole e di idee in stato di confusione maniacale, alterna momenti di eccitazione a forti momenti depressivi. Nel 2002 ottiene il riconoscimento dell’80% di invalidità civile. Con la nonna ha un rapporto simbiotico disfunzionale, alterna momenti in cui non vuol separarsi da lei a momenti in cui la rifiuta completamente adottando ogni comportamento passivo tipico della relazione simbiotica: astensione, 3


iperadattamento, agitazione, incapacitazione e violenza, stati comportamentali che sono però divenuti parte integrante della struttura intrapsichica di X.X. su cui necessariamente dovrà e sta lavorando. In seguito ad un ricovero di circa due mesi, non volendo tornare dalla nonna paterna decidiamo con la USL 5 di mandarlo per un periodo in un pensionato e in seguito da un affittacamere ( Marzo - Aprile, 2003). In attesa di trovare un appartamento, che ospiterà X.X. dall’Aprile all’ Agosto del 2003. Durante il periodo in cui alloggiava dall’affittacamere X.X. aveva una scarsissima coscienza spaziotemporale, girava per la città in ciabatte, aveva momenti di assenza, rimaneva in bagno per ore. Nel periodo dall’Aprile all’Agosto 2003 la vita nell’appartamentino è servita per capire che forse questa prospettiva poteva servire per lavorare sull’autonomia di X.X.. Nel 2003 in seguito all’uscita dal ricovero avevo avuto l’incarico di seguire il caso su un progetto ad ore finanziato dalla USL 5; con l’assistente sociale di competenza abbiamo concordato di far partire un inserimento socio terapeutico di X.X. nell’associazione e così diviene responsabile di un progetto di cineforum sulla salute mentale, in collaborazione con un cineclub locale. Iniziai il mio compito in maniera più strutturata e progettuale, lavorando in team con i servizi. Ho dovuto lavorare sul caso per ricostruire un buon immaginario dei servizi e riaccompagnare X.X. a farsi prendere in carico, facendogli capire come è importante formulare i propri bisogni per ricevere le giuste risposte. Notando che l’attività che io svolgevo andava ben oltre i limiti di tempo e di spazio prefissi dall’ incarico iniziale di ore mi fu riconosciuto un affido parziale dal gruppo affidi dell’ azienda USL 5 di Pisa firmato con il consenso del paziente e dei familiari il 10/06/2003. Il rapporto con lo psichiatra di riferimento andava riequilibrato perché il paziente aveva perso fiducia e stava svalutando la figura del terapeuta; (il paziente era entrato in collisione a causa di un eccessivo invischiamento, la proiezione paterna era stata molto forte e il rapporto rischiava di compromettersi. Il padre non accetta la patologia del figlio e vive con la convinzione, che X.X. è un “ drogato”; nel ricovero del 2002- 2003 voleva assolutamente che si mandasse in cura in una Comunità terapeutica lontana dalla città per degli anni, secondo il vecchio detto “ lontano dagli occhi, lontano dal cuore”). Per quanto concerne il rapporto con lo psichiatra ho cercato di capire se era meglio cambiare terapeuta o se era più importante ripristinare il rapporto d’origine. Sentivo che il pz, molto disturbato nella sfera affettiva, aveva un grosso conflitto con il terapeuta, ma conservava intatto un attaccamento affettivo che forse poteva avere una valenza terapeutica molto forte. Grazie ad una buon confronto terapeutico tra me e lo psichiatra, abbiamo iniziato talvolta a fare i colloqui in tre: ho accompagnato il pz agli incontri conferendogli regolarità e strutturazione del tempo, alle volte sono entrata, alle volte ho atteso fuori dalla stanza secondo la volontà del pz e dello psichiatra e le esigenze del momento. Con il tempo, per evitare triangolazioni, abbiamo deciso di fare i colloqui a tre e a tutt’oggi gli incontri di prassi li facciamo, a distanza di un anno e mezzo tutti e tre insieme, ci incontriamo ogni quindici giorni mediamente. La mia presenza ha stemperato la tensione emotiva, ampliato le possibilità relazionali, creato in vivo la coppia genitoriale. Abbiamo visto che la strutturazione di incontri precisi rispettandoli come impegno preso è servita per ristrutturare la personalità del pz. Grazie ad un' ulteriore buona intesa terapeutica, siamo riusciti con lo psichiatra a convincerlo a fargli prendere in autonomia la terapia, è quasi un anno che il pz si reca ogni mattina tutti i giorni al DSM a prendere la sua terapia psicofarmacologica. Dall’agosto del 2003 era ritornato in casa dalla nonna paterna ritornando ad un isolamento sociale fortissimo in autunno, si negava al telefono e la nonna gli teneva mano con giochi psicologici di forte 4


sofferenza e simbiosi disfunzionale. La nonna e la famiglia intera hanno forti dinamiche relazionali di gelosia e possesso, spesso la nonna e il padre hanno giocato un ruolo di boicottaggio del progetto di autonomia. L’appartamento autogestito ha creato un forte livello emotivo di ansia da separazione e alimentato paure catastrofiche così in preda alla svalutazione del figlio e/o del nipote mi si diceva: “Salterà per aria con il gas e io denuncierò lei e lo psichiatra!!”, oppure: “ Non ce lo dovete mandare in un appartamento da solo!”. La nonna molto manipolativa, dalla personalità forte e dominante cerca sempre di dissuadere il nipote dalla vita autonoma scoraggiando ogni sua manifestazione di emancipazione e invitandolo a rimanere con lei. Instaura dei forti giochi psicologici con il nipote e con me, con cui un po’ si allea un po’ fa operazioni di boicottaggio esplicito. Il padre arriva a minacciare me e lo psichiatra in maniera esplicita. La zia paterna, si allea e cerca di cooperare come può ad aiutare il nipote in questa lotta all’autonomia. Non forzo la volontà del ragazzo, facciamo insieme quello che lui ritiene importante, cerchiamo l’abitazione per mesi, finalmente la troviamo nel Luglio del 2004, X.X. va a dormire una notte nella nuova abitazione e a causa della forte ansia da separazione arriva un altro ricovero della durata di tre giorni in clinica psichiatrica. All’uscita dalla Clinica abbiamo lavorato nei colloqui con lo psichiatra del legame con la nonna, la vecchia e la nuova casa, la situazione del momento contingente (qui e ora). Si è ripreso molto velocemente e ha voluto fare un tirocinio formativo dall'Agosto 2004 al Gennaio 2005 con la Provincia di Pisa e il collocamento protetto; le sue mansioni sono state di coadiuvatore dei laboratori di arte terapia e dei gruppi di auto-aiuto ed anche questo è servito per lavorare sul senso di responsabilità e di impegno e di socializzazione di X.X. Abbiamo lavorato sulla responsabilità degli impegni andando agli incontri dell’amministratrice di un piccolo appartamentino di proprietà che la madre ha lasciato al pz in eredità, che è affittato e dove non vuole andare poiché ci ha visto morire sua zia materna; per un periodo abbastanza lungo in cui era in eccitazione ipomaniacale ho dovuto cercare in tutti i modi possibili di contenere la sua voglia “folle” di vendere l’appartamentino per poi finire i soldi della rendita in pochi mesi o partire per Capo Nord come era solito dire a fine 2003, inizi 2004. La situazione è rientrata, non essendo riuscito nel suo piano di vendita ha avuto una fase depressiva lieve e successivamente ha iniziato a collaborare di più e a non interrompere il percorso, anzi a fare degli ulteriori passi in avanti. Abbiamo lavorato sulla gestione del denaro, adesso si prende qualche responsabilità, mi fa vedere l’estratto conto ogni mese, parliamo di come spende i soldi, fa attenzione a non andare scoperto sul conto. A casa dalla nonna la relazione fortemente simbiotica impediva la possibilità di lavorare sull’autonomia del nipote, abbiamo aspettato che la richiesta di starsene per conto suo venisse da lui, e così appartamento pronto, nel Settembre 2004 ha chiesto di prendere la Tv per iniziare l’esperienza di vita autonoma nel bilocale preso in affitto. Il 24 Dicembre 2004 abbiamo avuto un colloquio di prassi con lo psichiatra. A dicembre 2004 il Natale l’ha passato a casa dalla nonna, ma il 28 si è fatto riportare dalla zia paterna nel suo appartamentino, l’ansia della solitudine sta passando, iniziamo a lavorare sull’igiene e la cura di sé. A dicembre 2004 dopo varie riflessioni sul da farsi si iscrive all’università alla vecchia facoltà di filosofia dove era iscritto nel 1994. Sapendo dei miei studi e della mia formazione in A.T. si è mostrato incuriosito ed interessato ad avere informazioni sulla disciplina. Il progetto sull’autonomia è al punto di aver consolidato i primi puntelli base per l’intervento riabilitativo ovvero l’assunzione degli psicofarmaci, come base per stabilizzare l’umore e il ritmo sonno-veglia, i colloqui con lo psichiatra e 5


la frequenza più regolare alla vita associativa ai gruppi e ai laboratori con l’inserimento socio terapeutico e il tirocinio formativo, inoltre la vita in un appartamento autonomo è la seconda importante tappa che ci permetterà di lavorare sui propri personali ritmi cercando di equilibrare il sonno e la veglia, l’alimentazione, senza l’eccessivo ingombro simbiotico delle relazioni familiari che impedivano ogni crescita con ingiunzioni svalutanti. Le prospettive per il futuro sono di continuare il lavoro sull’igiene e la cura di sé, cibo e ritmo sonno veglia , corretta gestione dei soldi e sulle relazioni con persone, sviluppo di relazioni significative incrementando le attività all’interno dell’associazione, agevolando e rafforzando tutte quelle abilità che possono renderlo più autosufficiente, affidandogli compiti come l’organizzazione di cineforum dove può avere gratificazione e trovare stimoli nuovi per la sua crescita ed il suo percorso. È andato per due volte ai colloqui con uno psicologo del territorio. Ha mostrato grande fatica a fare un lavoro su di sé. La zia paterna continua ad avere una buona alleanza con me, è venuta un giorno ad un gruppo per genitori che l’associazione ha iniziato a svolgere per far fare un percorso alle famiglie, si mostra molto in accordo con il progetto di autonomia, accetta le mie osservazioni, mi aiuta a contenere l’ansia della madre. È l’unica su cui realmente si potrebbe ad ora fare un lavoro di confrontazione sui giochi psicologici. Filosofia della terapia A fondamento dei nostri interventi vi è una filosofia consapevole, formulata e sostenuta dall’esperienza, che si basa sul fatto che i pazienti conoscano cognitivamente e/o visceralmente ciò di cui hanno bisogno per star bene e che essi possono assumersi la responsabilità del loro funzionamento durante la terapia se hanno un ambiente che li sostenga mentre sviluppano nuove strutture interne e nuove alternative comportamentali. In base a questi due assunti di fondo mi sono mossa per definire il progetto terapeutico riabilitativo individualizzato sul caso che tratto. Era molto difficile, dato il grado di compromissione del pz stabilire se era in grado di conoscere inizialmente ciò di cui aveva bisogno per star bene, ma ampliando la sensibilità e focalizzando il concetto di bene nel qui ed ora, dilatando i tempi dell’attesa volta volta visceralmente e cognitivamente sono stati espressi dei bisogni in direzione della crescita e dell’autonomia. Ho seguito quello che il pz mi diceva nella direzione della sua spinta creativa, ho aiutato il pz a dare meno importanza alle idee distruttive e negative, a ordinare i pensieri quando si presentavo in maniera eccessiva e confusa. Inoltre ho creato un'equipe intorno al caso formata da assistente sociale, psichiatra, psicologo, e una rete di altre figure significative costituita da tutti i membri dell’associazione, operatori dei gruppi, facilitatori e terapeuti, membri pari dell’associazione, inoltre ho cercato alleanze sane nei legami parentali, lavorato sull’innalzamento del livello di consapevolezza e sul contenimento dell’ansia. I comportamenti sono considerati immediatamente sintomatici del problema ovvero parte della struttura di difesa utilizzate dal paziente per evitare il problema. Il livello di analisi dei comportamenti sintomatici è stato messo in atto nei colloqui con lo psichiatra, lo psicologo, l’assistente sociale e con me come riabilitatrice psichiatrica. Lo staff disposto ad affrontare la patologia c’è, e anche se la 6


capacità di insight del pz non è molto buona, siamo riusciti a concettualizzare ciò di cui aveva bisogno e pianificare con lo staff la soluzione di alcuni problemi. I pz sono individui le cui esperienze di vita non li hanno preparati adeguatamente a lottare autonomamente e che hanno appreso un certo numero di comportamementi disfunzionali, che sono le loro più importanti alternative alla soluzione dei problemi. Pur tuttavia la maggior parte di essi è in contatto con una spinta imperativa a star bene e la spinta alla salute rifiorisce. I pz iniziano a incorporare pensieri, sentimenti, azioni e adattamenti di problem-solving nuovi e più funzionali. Tutti i nostri pz hanno bisogni insoddisfatti fin da quando il loro normale sviluppo cognitivo ed emotivo fu ostacolato nei primi periodi della loro vita. Il livello del loro funzionamento è spesso equivalente a quello di un bambino, ed è risultato vantaggioso regolare le aspettative dei pz rispetto alla facoltà di funzionamento sano piuttosto che all’età anagrafica. All’interno dell’ambiente protetto della relazione terapeutica essi possono affrontare percorsi regressivi durante i quali impegnarsi in problem-solving (energizzazione del Bambino). Struttura della terapia a programmazione Genitoriale Penso che sia impossibile insegnare a delle persone come vivere se non si danno loro delle definizioni che li guidino e che siano basate su un sistema di valori. Esempi di messaggi genitoriali indicativi sono: “Sei responsabile per quello che dici e che fai”; “ Ci sono sempre dei motivi”; “ I sentimenti sono ok”; “ puoi risolvere i problemi”; “vogliamo che tu pensi”; “ Non è ok svalutare te stesso, gli altri o la realtà”; “ No, io non sparisco quando tu vai nell’altra stanza” ; “ Non è ok dire bugie ”. I pz inseriti in contesti terapeutici di questo tipo sono incoraggiati ad incorporare un nuovo Genitore e a potenziare un Bambino che usi adattamenti nuovi e funzionali, in grado di definirli internamente e di affrontare le richieste sociali. In questo processo occorre energia poiché si tende ad usare rigidamente le strutture incorporate e si diventa inflessibili. A questo fine abbiamo operato in team con i servizi costituendo uno staff a programmazione genitoriale ricco di carezze e permessi. L’atteggiamento direttivo da Genitore Affettivo e Genitore Normativo è stato necessario adottarlo nei momenti di sconforto e di abbandono di X.X. Abbiamo visto che la genitorizzazione è stato uno dei metodi più efficaci nel lavoro di strutturazione della personalità Le figure genitoriali di X.X. sono state molto svalutate in passato e inadeguate al ruolo: la madre psicotica, il padre assente e troppo conflittuale. Il ragazzo aveva operato una grossa svalutazione, del proprio e dell’altrui comportamento, che gli aveva fatto perdere la consapevolezza del proprio effetto sugli altri e svalutare i comportamenti inappropriati. Il comportamento folle è spesso il risultato di una tale svalutazione, poiché la sola alternativa che molti individui disfunzionali riescono a trovare è quella di intensificare il comportamento non appropriato finchè esso non può più essere svalutato, e così si gioca un gioco sempre più alto fino al terzo livello che porta alla patologia. Contratti Al fine di assicurare un livello costante di feedback si richiede sia ai pz che allo staff di impegnarsi in un contratto generale di confrontazione. I contratti sono molto importanti, tuttavia molti dei nostri pazienti, nella fase iniziale della terapia, sono troppo disfunzionali per poter fare un contratto generale di terapia che abbia un significato. Per questo motivo spesso iniziamo con un contratto 7


“soffice” per fare successivamente un contratto specifico o per suddividerlo in mini - contratti man mano che la terapia procede. Nel settembre del 2003 abbiamo scritto insieme il progetto terapeutico riabilitativo con gli obiettivi di massima riguardanti tutte le aree importanti per la sua crescita e autonomia, area di igiene personale e cura di sé dell’ambiente e dell’ aspetto, area sonno-veglia, alimentazione, gestione soldi, area affetti, area impegni sociali e lavorativi. Ritenendo pertinente la filosofia per cui il paziente sa di cosa ha bisogno siamo andati avanti per contratti successivi definendo micromete attraverso progetti condivisi con i servizi inserimento socio terapeutico, tirocinio formativo, che vedevano X.X. impegnato in più fronti, con materiale di contratto e confrontazione. Così fattori culturali, sociali, psico-dinamici e biologici sono diventati il centro specifico della terapia. La prospettiva è stata quella di correlarli a fenomeni inizialmente di esperienze passate successivamente al qui-e-ora e a proiezioni nel futuro. Passività Partendo dall’assunto che un organismo sano è reattivo, un punto importante della ricerca è stato indagare su come le persone non agiscono o non lo fanno efficacemente. La passività nei sentimenti, nel pensiero o nell’azione disorganizza il funzionamento sociale e determina sofferenze interne o disturbi comportamentali. Considero la passività come il risultato di una dipendenza non risolta ( simbiosi). Il suo meccanismo si basa sulla svalutazione, e, la grandiosità ( distorsione della realtà), ne fornisce la giustificazione. Simbiosi Si ha una simbiosi quando due o più individui si comportano come se formassero una sola persona. La relazione è strutturalmente caratterizzata dal fatto che nessun individuo energizza completamente tutti i propri stati dell’Io. Simbiosi sane: La simbiosi è un evento naturale tra genitori e figli: essa è necessaria per la sopravvivenza di questi ultimi, dal concepimento fino a quando non sono abbastanza maturi da provvedersi autonomamente di cibo, vestiario, abitazione, carezze. Se questa relazione è infranta è necessario che ne venga fornito un sostituto. Una simbiosi diviene patologica quando interferisce con lo sviluppo della spontaneità della consapevolezza e dell’intimità. Es. “ madri opprimenti” che sobissano troppo il figlio di “affetto”. La spontaneità subisce un’interferenza in quanto il figlio non ha l’opportunità di essere lui ad iniziare un atteggiamento affettivo. L’intimità subisce un’interferenza poiché l’affetto e la sua accettazione non sono bilaterali. La consapevolezza subisce un’interferenza poiché il bambino non ha né il tempo, né la motivazione a esplorare il mondo. Il tempo del bambino e la sua energia sono strutturati dalla richiesta di attenzione della madre. Così nel caso di X.X. l’eccessiva apprensività della nonna verso il nipote genera una simbiosi disfunzionale poiché interferisce con la sopravvivenza e la gratificazione. X.X. e la nonna usano solo parte delle loro abilità o della struttura interna di cui hanno bisogno, ogni partecipante in una relazione simbiotica non è libero di avere emozioni e sensazioni in modo indipendente. Il rapporto di X.X. con la nonna paterna è di natura simbiotico disfunzionale, ma il ragazzo narra che già dai suoi primi anni di vita ha sopportato un’atmosfera di iperprotezione e di ingiunzioni bloccanti con frasi del tipo “ non sudare”, “non correre” *…+ 8


Relazione con i giochi psicologici I giochi sono tentativi di rivivere dei rapporti simbiotici non risolti tra il bambino e i suoi genitori, oppure sono una reazione di rabbia a questi rapporti. Rivivere una relazione simbiotica dà un senso di sicurezza, sia che i bambini siano nella condizione di coloro che vengono accuditi, sia che siano in quella di coloro che accudiscono. I giochi che derivano dalla rabbia verso il rapporto simbiotico in realtà lo rinforzano perché non lo interrompono. L’atteggiamento di X.X. verso i familiari è molto rabbioso, passa da un rifiuto totale ad un attaccamento eccessivo e morboso alla nonna paterna che diviene rifugio dal mondo sociale, se funzionale alla patologia. La simbiosi permette il passaggio da paziente curato dalla nonna a medico che si prende cura della nonna, così come ha fatto per la zia materna, così come ha fatto per la madre da piccolissimo. Le relazioni che risultano da una simbiosi sono competitive o complementari. In una simbiosi strutturale di primo ordine la relazione è tale per cui entrambe le parti o escludono interi stati dell’io o ne svalutano alcuni aspetti. In una relazione simbiotica competitiva ogni persona compete per la stessa posizione. In una relazione complementare entrambe le parti sono in accordo sulle rispettive posizioni. La simbiosi strutturale di secondo ordine è più invalidante di quella di primo ordine. Si incontrano entrambe le modalità precedenti e ciascuna modalità è stabilita nell’infanzia. Il problema di X.X. suppongo venga da questo tipo di rapporti simbiotici stabiliti dalla prima infanzia con le figure genitoriali soprattutto la materna. Interventi È importante ricordare che le relazioni simbiotiche sono labili: le posizioni, i ruoli, e il contratto simbiotico stesso sono soggetti a frequenti mutamenti. E' essenziale comprendere la funzione di una simbiosi per affrontarla con successo. La manovra principale è volta a spostare la responsabilità di un problema su una o più persone. Dopo un’accurata analisi del gioco e del problema simbiotico che ne è all’origine, il terapeuta deve decidere se le mete del contratto si possono raggiungere più efficacemente : 1) accettando la simbiosi e lavorando su di essa; 2) confrontandola; 3) interrompendola e riportando il problema sul paziente. Nella simbiosi ciascun giocatore svaluta se stesso e l’altro. Per giustificare la simbiosi si mantengono convinzioni grandiose del Genitore e del Bambino. Il gioco è così un tentativo di mantenere una simbiosi non sana o una rabbiosa reazione contro la simbiosi. Nel gioco simbiotico l’adulto è fuori uso. Si usano i giochi per giustificare una simbiosi infantile e mantenere il sistema di riferimento della posizione di vita scelta nel proprio copione e delle emozioni parassite. Ogni bambino attraversa il processo di sviluppo senza che lungo il cammino siano esauditi tutti i suoi bisogni, per questo ogni simbiosi è un tentativo di avere esauditi dei bisogni legati allo sviluppo che non sono stati esauditi nell’infanzia della persona. Le migliori strategie da bambino in simbiosi si svalutano le opzioni di persona adulta e la svalutazione è al di fuori della consapevolezza. Dall’osservazione di dinamiche familiari tra pazienti psicotici e congiunti ho rilevato l’esistenza di rapporti simbiotici di primo e secondo ordine camuffati dall’esistenza del sintomo. Il sintomo, espressione diretta del disturbo tenta di camuffare il gioco simbiotico che in realtà è alla base della relazione patologica. Lavorando sulla consapevolezza dei giochi sottesi alla relazione è possibile iniziare un processo terapeutico che avvia il percorso verso la risoluzione del sintomo che sta lì a 9


coprire e camuffare la sofferenza di una relazione simbiotica. Analizzando la situazione del caso ho iniziato a lavorare sull’aumento della consapevolezza della nonna paterna cercando di renderla cosciente dei giochi psicologici e della svalutazione che operava nei confronti del nipote e di se stessa, alimentando il sistema di funzionamento psicotico e generando malessere nella relazione. Quindi ho fatto un primo tentativo di lavorare sulla consapevolezza della nonna. Con la zia c’è un dialogo aperto; essa cerca di capire e di mettersi in discussione e sicuramente è la persona che crea meno giochi psicologici, anche se X.X. ha per lei una venerazione edipica grandiosa e a causa di una morbosa gelosia del marito la zia non partecipa al lavoro con i genitori nel gruppo familiari. Con il padre ho cercato un dialogo e inizialmente ho cercato di lavorare con entrambi alla ricostruzione di un rapporto, ma il livello di conflitto e di sofferenza tra i due è troppo elevato. Per cui inizialmente ho scelto di cooperare. Poiché il padre si intestardiva sulla posizione che il figlio è un drogato, ho deciso di perseguire la strada di allenza con i servizi, rafforzare la genitorizzazione come approccio terapeutico e costruire la coppia genitoriale fantasmatica, lavorare cioè sugli oggetti interni di X.X. piuttosto che sulle relazioni con le reali figure genitoriali. Il sintomo riguarda il lavoro intrapsichico che il paziente deve fare di sé e sui suoi oggetti interni, il gioco riguarda la relazione simbiotica, la sofferenza di una relazione disturbata e si introduce il concetto di messa in atto dei giochi inconsci come mantenimento di equilibri patologici fra pazienti psicotici e loro familiari. Ho concentrato il lavoro soprattutto sull’intrapsichico di X.X. l’unico che può avere il potere di uscire dalla simbiosi con i familiari lavorando su di sé, ma purtroppo il livello di insight è assai basso e l’analisi dei meccanismi inconsci che hanno portato al costituirsi del sintomo è ancora un obiettivo da raggiungere. Per quanto riguarda la nonna ho scelto di effettuare la strada del contenimento dell’ansia e di proteggere X.X. dalle ossessive telefonate che gli fa per sentire se è ancora vivo. Di contro il nipote non le risponde mai o quasi al telefono, attivando un comportamento di passività. Esiste la possibilità di un sistema teorico di riferimento basato sulla presa di consapevolezza del familiare guidato dal terapeuta. Il paziente mette in atto inconsciamente i giochi per non abbandonare la fissazione alla simbiosi e al sistema cognitivo ad essa collegato. Il meccanismo di giochi inconsci messi in atto da paziente e familiare coinvolge stati dell’io Genitore e Bambino del familiare e del paziente in elementi copionali non risolti. La presa di consapevolezza di questi elementi potrebbe aiutare l’intero processo terapeutico, agevolare il paziente ammalato a depotenziare i sintomi, il familiare a non cadere e a non produrre ganci per i giochi e a dare risposte più adeguate. Il familiare consapevole dei giochi può evitare il proprio tornaconto così da far snaturare l’importanza del sintomo. Al lamento doloroso della nonna che mi chiedeva cosa doveva fare con il nipote ho cercato di dare delle dritte comportamentali. Sempre perseguendo queste idee di base ho proceduto come descritto sopra inizialmente lavorando con i congiunti padre e nonna e zia, continuando il lavoro basandomi sul più necessario e primitivo contenimento dell’ansia nei confronti di nonna, padre e zia e continuando il confronto con la zia paterna . Ho comunque cercato di concentrarmi sul lavoro sui sintomi e sull’autonomia di X.X. sul ripristinare abilità perdute attraverso le azione concordate con i servizi e decisi nel PIR (progetto riabilitativo individualizzato) e i colloqui in terapia con lo psichiatra cercando di stabilizzare gli obiettivi raggiunti per poi passare il prossimo anno a fare ulteriori passi in avanti nella crescita e nella cura del pz. Ringrazio X.X. di aver accettato di farsi curare e di curarsi. 10


Bibliografia Berne, E. (1957) “Guida per il profano alla psichiatria ed alla psicoanalisi”- Roma , Astrolabio Berne, E. (1961) “ Analisi transazionale e psicoterapia”- Roma , Astrolabio Berne, E. (1964) “ A che gioco giochiamo”- Milano Bompiani. Berne, E. (1957) “Principi di terapia di gruppo” - Roma , Astrolabio Berne, E. (1961) “Ciao…e poi?” - Milano Bompiani. Schiff, J.L. ( 1975) “Analisi transazionale e cura delle psicosi”- Roma , Astrolabio Rivista di Neopsiche , “Cronologia dei giochi una teoria in evoluzione”- Immacolata Savastano.

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