Perchè sono qui in terapia

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PERCHÈ SONO QUI IN TERAPIA? Berne e Weiss: confronto tra modelli teorici L'obiettivo del lavoro consiste nel trattare “l’ingresso” in una stanza clinica in un'ottica di processo, attraverso i contributi del modello Analitico Transazione di Eric Berne e del modello del Controllo e del Padroneggiamento (Control Maseter Theory) di Joseph Weiss e Harold Sampson (del gruppo di Ricerca in Psicoterapia di San Francisco). Dei due modelli cercherò di individuare le assonanze teoriche. Dicembre 2008

Andrea Marconcini a.marconcini@gmail.com Psicologo

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Perchè sono qui in terapia? Berne e Weiss: confronto tra modelli teorici

“Il Bambino Libero sia lo stato dell'Io più importante ed i restanti Stati dell'Io siano configurati in modo da proteggerlo” (Karpman, p. 13, 2006)‫‏‬ 1 - Introduzione Scrive Berne “La posizione dello psichiatra è simile a quella di un pediatra che non può mandare fuori dalla stanza né la madre né il bambino. Così ogni psicoterapeuta deve fare contemporaneamente il terapeuta infantile e il terapeuta per adulti, anche se la sua attività è limitata agli adulti” (Berne, p. 115, 1957)‫‏‬ Si riferiva al momento del colloquio rappresentandolo con una metafora molto efficace. Il paziente intraprende la terapia con un Bambino, un Adulto e un Genitore1 e l'obiettivo finale della terapia afferma lo stesso Berne è quello di mettere il Bambino in condizione di dare il massimo contributo alla personalità del soggetto con l'Adulto in posizione esecutiva e il Genitore in posizione protettiva (Berne, 1957b, p. 136). Un risultato sicuramente auspicabile. Un finale che in alcuni casi può essere molto lontano dal momento in cui la porta si apre. Ma come dice Berne, tutto quello che succede fra il ciao e l'arrivederci rientra nella struttura specifica della personalità (Berne, 1964, p.17). In quell'azione vi è dunque un'implicita domanda di psicologia clinica: “Perchè sono qui in terapia?” Perchè i pazienti non solo aprono quella porta ma la valicano pure? Per attacchi di panico, per ricercare un orientamento e un significato “profondo” alla propria esistenza, perchè si è inviati dai familiari o per moltri altri casi di “pseudo-comprensione”.. Ovviamente i motivi a livello di contenuto possono andare a delineare una casistica molto ampia e anche più drammatica. Quello che intendo trattare oggi è quello stesso ingresso in una stanza clinica in un'ottica di processo, attraverso i contributi del modello Analitico Transazione di Eric Berne e del modello del Controllo e del Padroneggiamento (Control Maseter Theory) di Joseph Weiss e Harold Sampson (del gruppo di Ricerca in Psicoterapia di San Francisco). Dei due modelli cercherò di individuare le assonanze teoriche. 2 – Gioco e test “Il nevrotico non viene in cura per stare meglio ma per imparare a come essere un nevrotico 1 Nell'articolo della citazione non compare la realtà del Genitore, che verrà introdotta sempre nel 1957 ma in un altro articolo. Berne E. (1957) Stati dell'Io in psicoterapia in The American Journal of Psychotherapy, 11, pp. 293-309

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migliore” (Berne, 1993, p. 55). Tale visione “pessimistica” viene sottolineata da Berne nel riferimento ai giochi che il paziente fa nella stanza del terapeuta: alle volte i pazienti diventano esperti addestratori di giovani terapeuti imparando a giocare i giochi da terapia (Berne, 1964, p. 177). Da questa prospettiva Berne si risolleva proponendo per ogni gioco la sua antitesi2 (Berne, 1964) e in particolare quando afferma che la conduzione del colloquio può procedere in maniera appropriata quando il paziente incontra un terapeuta comprensivo che non si fa ingannare dal suo comportamento. Berne aveva quindi osservato che nel corso della terapia il paziente mette alla prova il terapeuta, cioè il paziente come giocatore è preparato ad affrontare una vera e propria sfida (Berne, 1964). A quali mosse del gioco il terapeuta risponderà durante questa attività di ricerca dei vantaggi ? Il terapeuta interpreterà del gioco la funzione omeostatica cioè stabilizzatrice cioè di conferma di una posizione esistenziale (quindi di una convinzione circa il modo di rapportarsi a sé, gli altri e alle situazioni)? Come il terapeuta reagirà a questa attività di verifica del paziente? 3A questa attività sostanzialmente di esplorazione il cui fine è, per Weiss (1999), quello di stabilire quali sono i pericoli e quali le opportunità nella terapia. Il terapeuta si opporrà o incoraggerà la realizzazione di un piano inconscio e la disconferma delle credenze patogene, per dirla con termini weissiani? Il concetto di piano è per Weiss (1999) una sorta di progetto interiore adattivo la cui persona tende attraverso la messa in discussione delle proprie credenze patogene. Se il terapeuta risponde bene ai test, alla sfida che il paziente gli rivolge, fornirà un salutare senso di sicurezza e il paziente progredirà (Weiss e Sampson, 2001). Progressi che in terapia possono portare il paziente a sperimentare verifiche successive, cioè portare le proprie credenze patogene in prove distinte (“il terapeuta non godeva per i fallimenti [del paziente] [...] il terapeuta non sarebbe stato geloso *del successo del medesimo paziente+” Weiss, 1999, p. 91). Un concetto che ritroviamo nella classificazione dei giochi come dinamiche che possono avere una progressione da primo a terzo grado (Berne, 1964, p. 73). Inoltre la funzione del gioco è simile a quella di una verifica della credenze patogena, cioè la convinzione costruita nell'infanzia che organizza la percezione di sé, degli altri, dei propri sentimenti e ambizioni, dal momento che oltre a fornire una strutturazione del tempo ha una funzione di portare avanti il proprio copione e di mantenere rapporti emotivamente intensi (Berne, 1964; Moiso e Novellino, 1982). “Mi divertivo di più quando ero un paziente “ si legge in Berne (1993, p. 20). Tale affermazione rappresenta certamente una resistenza allo stare meglio, ma anche un'espressione di sicurezza sperimentata in terapia con cui il paziente smentisce una credenza patogena: la salute mentale è 2 L'intervento attivo del terapeuta per interferire con il gioco: che va dal contestare la svalutazione iniziale, al fornire una risposta imprevista al lavoro emotivo sul bisogno nascosto alle transazioni ulteriori (Moiso e Novellino, 1982). 3 Esemplificativo l'esempio della paziente che giocava all'Alcolizzata che alle lusinghe dei compagni rispose con un tentativo di ricercare in maniera stereotipata un diverso tipo di risposta per instaurare la situazione in cui il suo Bambino potesse essere rimproverato “No, no! Voglio sapere che cosa ne pensate veramente di me.” (Berne, 1964, p. 87) 3


un obiettivo per nulla auspicabile. “L'impulso inconscio raggiunge la coscienza quando il paziente si rende conto di poter fare esperienza di questo impulso senza sentirsi minacciato”. (Weiss e Sampson, 2001, p. 69). Weiss scopre attraverso le ricerche sulle terapie un processo contrario all'ipotesi dinamica classica che impone una maggiore ansia nel paziente a seguito della frustrazione dell'impulso portato in terapia (ad esempio il desiderio di spostare la fine della terapia che il terapeuta interpreta come compiacenza del paziente, come un pensiero di ferirlo). I risultati sostengono l'ipotesi che “i pazienti si sentano rassicurati nel constatare che il terapeuta è a suo agio, dopo di che possono eliminare le loro rimozioni. I pazienti si dimostrano meno ansiosi e più rilassati di quanto siano abitualmente; essi acquistano anche maggiore sicurezza in se stessi e si sentono più affezionati nei confronti del terapeuta” (Weiss e Sampson, 2001, p. 68). La stessa resistenza Berne la interpreta con il Bambino del paziente che è spaventato all'idea di stare bene e non può alle volte accettare il permesso di stare meglio offerto dal terapeuta, perchè se così facesse, la madre lo abbandonerebbe. Non ha importanza quanto si senta infelice con tutte le sue paure, angosce, ossessioni e sintomi fisici. La convinzione patogena del paziente è che se starà meglio sarà fuori nel mondo senza la protezione del Genitore. Berne procederebbe sperimentalmente a dimostrare l'infondatezza del gioco con la sua analisi della tesi, antitesi, ruoli, vantaggi: nella sequenza delle manovre emerge l'influenza dell'ipotesi dinamica classica di frustrare l'impulso del paziente al gioco eppur tuttavia quando parla di presa di coscienza dell'Adulto “Ecco che ricomincio” lo fa attribuendo al processo terapeutico sentimenti di speranza, entusiasmo e interesse per l'ambiente circostante (Berne,1964 , p. 61). Forse nel linguaggio metaforico di Berne possiamo ritrovare in luce la medesima intuizione di Weiss, che la sicurezza in terapia determina progressi e un aumento delle capacità di insight del paziente (Weiss, 1999) e come ci ricorda Filippi (2000b) il gioco come momento di possibile scacco al copione. 3 – Copione e credenze patogene Il paziente di Weiss al pari del paziente di Berne muove la sua vita secondo una motivazione di adattamento alla realtà del suo mondo interpersonale, del mondo familiare. L'individuo comincia nella prima infanzia e nella fanciullezza a cercare di adattarsi al suo mondo interpersonale e continua per tutta la vita. Lo stesso concetto è si legge in Berne, quando afferma che il copione deve scendere a compromessi con le possibilità reali, cioè il paziente che cerca un adattamento del copione alla sua vita reale (Berne, 1961). Berne definisce il copione “E' un piano di vita basato su una decisione presa nell'infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli eventi successivi, e che termina con un'alternativa prescelta dalla persona” (Moiso e Novellino, 1982, p. 57). Quindi la teoria dell'A.T. Afferma che il copione di vita si basa su decisioni, cioè su quelle modalità di agire scelte dal bambino a partire dalle convinzioni che ha su di sé, sugli altri e sulla qualità della vita. Si basa su convinzioni, dette in altro modo su credenze. Tale processo si apre e si chiude in senso dinamico attraverso il passaggio di una serie di sequenze: 4


1) C'è un messaggio esterno spesso proveniente da un genitore (o caregiver) reale che nega il soddisfacimento di un bisogno. 2) il Bambino nel Bambino reagisce con uno stato d'animo (B1). 3) l'Adulto nel Bambino (A1) a partire dai messaggi provenienti dall'esterno o dall'interno (dialogo interiore) e dalle reazioni emotive a questi messaggi, elabora una chiusura cognitiva (una deduzione): se il bisogno originario non è stato soddisfatto può decidere di agire secondo quello che reputa il sistema migliore per ottenere gratificazione (cioè un processo di adattamento). 4) se la decisione si rivela efficace, cioè ottiene dei rinforzi dall'ambiente esterno (famiglia) dà luogo a un pattern ripetitivo di comportamento e di atteggiamento (G1) emotivo che diventa decisione di copione. Come già evidenziato nei vari step questo è un processo deduttivo che parte da una premessa: è il bambino che “decide” all'interno di una relazione. La prospettiva odierna dell'analisi transazionale potremmo inquadrarla all'interno della psicologia del Sé, (modello che è dietro anche la teoria del controllo e padroneggiamento di Weiss). In altre parole si parla di un bambino che cresce in certe condizioni e fa subito emergere questo tipo di motivazioni di adattamento. (Migone, 2000). Weiss suppone in maniera similare che le motivazioni del bambino siano modellate da esperienze vissute con i suoi genitori. L'infante può essere danneggiato da un fallimento di empatia da parte dei genitori e presuppone un processo che agli occhi di un analista transazionale non è così estraneo: 1) il bambino può essere danneggiato dal genitore non empatico. 2) il bambino reagisce alla mancata empatia dei genitori. 3) il bambino deduce dalle esperienze traumatiche una convinzione non adattiva che lo ostacola nel raggiungimento di certi obiettivi desiderabili. I convincimenti che un bambino deduce da esperienze traumatiche con i genitori possono essere definiti patogeni. Il paziente ricreerà con il terapeuta la situazione infantile nella quale i genitori avevano mancato di agire nel suo interesse. Egli agisce in questo modo per mettere alla prova il convincimento patogeno nella speranza che il terapeuta non si comporti nello stesso modo (avverso) dei genitori. (Weiss e Sampson, 2001, pp.73-5). 4 – Ingiunzioni e colpe Abbiamo quindi visto come la persona tenda ad avviare quello che è un processo di apprendimento psicologico fin dalla prima infanzia, nell'esperienza con i genitori e i fratelli. Le credenze così acquisite sono fondamentali per la vita dell'individuo: organizzano la sua personalità, daranno senso alle sue aspirazioni, ai suoi affetti e stati d'animo. Se tali credenze sono patogene, drammatiche esse avvertiranno la persona come una guida, la orienteranno nel suo percorso di vita in modo che se tenterà di perseguire certi obiettivi desiderabili metterà se stesso o gli altri in condizioni di pericolo (Weiss e Sampson, 2001; Frati, 2000). La terapia è il processo nel quale il paziente lavora sulle decisioni prese nell'infanzia con lo scopo di 5


cambiare quelle che risultano essere convinzioni patogene. Le credenze producono vergogna, colpa, bassa sicurezza di sé, impediscono di attuare scopi nella vita positivi come quella paziente che arriva a credere di essere inutile e meritare di essere respinta e chiede di interrompere anzitempo la terapia. Così come credere di paralizzarsi (in una storia, in una tesi, in un esame) per il convincimento che attuare un piano deciso sarebbe la dimostrazione di una forza eccessiva nei confronti dei genitori, quindi a discapito della loro autorità. Così la patologia trova la sua origine nel mondo interpersonale e nel processo di empatia, nel bambino che percepisce in modo quasi soprannaturale gli affetti, gli atteggiamenti e le aspettative non dichiarate degli altri (Mc Williams, 1999). La psicopatologia è una patologia della lealtà. Considerare i genitori come ingiusti farebbe sentire il bambino profondamente sleale nei confronti loro e della famiglia. Non ripetere le esperienza difficili di genitori infelici, cioè non identificarsi con essi, farebbe sentire il paziente terribilmente in colpa per aver superato i genitori, per averli lasciati indietro (Weiss e Sampson, 2001, p.114). La lealtà per mantenere l'autostima di genitori (che è l'ipotesi dell'eziologia del disturbo narcisistico di personalità secondo Alice Miller (1975), porta il bambino a crescere senza sapere esattamente a chi appartiene la vita che conduce, disorientato e soggettivamente vuoto, teme di non essere adeguato e rimugina in continuazione su risorse visibili (bellezza, fama, ricchezza) ma anche sugli aspetti più privati della propria identità e integrità. Così l'importanza di essere estensioni narcisistiche connotato lo sfruttamento e la manipolazione psicologica dell'Io della persona (a cui non viene riconosciuta una realtà separata): il legame e il sostegno sono condizionati all'implicita cooperazione del bambino agli obiettivi narcisistici del genitore. L'abbandono non è reale come per la personalità psicotica, ma percepito nell'amore condizionato del genitore: ti amerò non per quello che sei veramente ma per la funzione che svolgerai (“Tu sei ok, se ..”). Il bambino può arrivare a credere che verrà rifiutato se verranno scoperti i suoi sentimenti reali, da qui la convinzione di essere cattivo ed indegno, di essere respinto se sarà amichevole con gli altri (Weiss e Sampson, 2001; Mc Williams 1999). Weiss porta numerosi esempi per tratteggiare le convinzioni patogene alla base della psicopatologia. Se i genitori per le loro nevrosi si preoccupano eccessivamente il bambino può credere che ci sia qualcosa di sbagliato in lui. Se i genitori per la propria timidezza non parleranno con lui, il bambino può sviluppare l'idea di non meritare attenzione. E così la lista delle convinzioni più comuni diviene: sono cattivo e indegno, niente di quello che faccio mai funzionerà, se sono forte farò del male ai miei genitori, se sono debole sarò un peso per i miei genitori, ogni cosa che io conquisto sarà alle spese dei miei genitori e dei miei fratelli, se io abbandonerò i miei genitori loro ci rimarranno molto male. Quindi non dovrò raggiungere molto nella vita, se io sarò amichevole con gli altri sarò respinto, 6


se mi avvicino alla mamma sarò punito dal babbo con la castrazione, l'edipo come convinzione patogena (Weiss e Sampson, 2001, p.51; Filippi, 2000). Tali credenze in terapia possono possono essere rese in forma dialogica ricorrendo a particolari transazioni: le sequenze di dialogo interno introdotte da Taibi Kahler spiegano le transazioni come messaggi e ruminazioni di tipo persecutorio sequenza del Persecutore “Tu non sei Ok”, e sequenze Salvatoriali “Tu sei Ok solo se..”. Inoltre è di una certa utilità clinica nello spiegare la nascita delle convinzioni la matrice di copione di Holtby4 che propone un diagramma in cui l'ingiunzione avviene nel figlio attraverso una transazione interna. Le reazioni emotive genitoriali come provenienti dal mondo esterno vengono interpretate dall'Adulto nel Bambino (A1) alla luce dei bisogni del Bambino nel Bambino (B1). L'Adulto nel Bambino elabora la chiusura cognitiva della Gestalt che viene inscritta nel Genitore del Bambino (G1) come ingiunzione, indirizzandosi a divenire decisione di copione. Questa ipotesi ripropone l'egocentrismo cognitivo del bambino che anche in Weiss ritroviamo ma con un approccio che considera l'onnipotenza del pensiero come una sfaccettatura del senso di responsabilità. In altre parole il bambino è portato a sentirsi responsabile per i traumi e il dolore di cui fa esperienza con gli altri per lui significativi: se il normale perseguimento di una meta evolutiva si intreccia ad eventi traumatici, il bambino si immaginerà di aver fatto, sentito o pensato qualcosa che ha causato proprio quell'evento traumatico e si preoccuperà in un certo modo di rimediare sia soddisfacendo quindi il suo bisogno personale di rendere felici i genitori, sia adattandosi ai desideri genitoriali e ai messaggi che gli dicono. L'origine dell'evento traumatico verrà attribuita alla sua meta evolutiva e in questo caso il bambino sarà spinto a rinunciare ai propri obiettivi per lealtà verso il genitore (Weiss e Sampson, 2001). Ogni permesso mancato, cioè un'autorizzazione allo sviluppo del bambino, per dirla con Berne, darebbe luogo ad un'ingiunzione. Non esistere, non essere sano, non pensare, non avere successo [...] Divengono forme di controllo delle normali tendenze evolutive del bambino. La decisione operativa del bambino, visione costruttivista della realtà psicologica della persona e trait d'union fra Berne e Weiss, si basa su convizioni che nascono dalla mediazione tra ciò che l'infante vuole e le pressioni esterne. Tali credenze possono essere patogene e legarsi al senso di colpa che si basa sul timore di danneggiare gli altri nel perseguire i propri obiettivi. Weiss suggerisce il concetto di senso di colpa per spiegare l'esagerato senso di responsabilità verso gli altri. Il senso di colpa del sopravvissuto si verifica quando la persona ha sviluppato la credenza patogena che l'ottenimento di un vantaggio si verifica a loro spese. La colpa del sopravvissuto non ha a che fare con l'aggressività: sono quei casi che sono più fortunati in famiglia, sono più intelligenti .. e ritengono che sia ingiusta tale fortuna e stanno male perchè vogliono bene di più ai loro fratelli, 4

Si differenza dalla matrice di Steiner che ingabbia in ruoli passivo (bambino) e attivo (genitori) 7


sorelle o familiari. La colpa del sopravvissuto afferma Weiss è uno dei sentimenti più pervasivi nella terapia e uno dei più difficili da eliminare: la sua forma più comune è che le persone tendono a pensare che nella vita si conquistano quello che si meritano. “Se ti trattano male, vorrà dire che sei cattivo” (Weiss e Sampson, 2001, p. 57). Ad esempio un paziente che manifesta indecisione può derivare dalla credenza che se fosse capace di prendere decisioni diverrebbe troppo potente rispetto ai suoi genitori, mettendo quindi in dubbio l'autorità dei genitori stessi. “*...+ se ti senti confuso, se non sai cosa fare nella tua vita e non puoi fare piani, progetti [...] il problema è basato su una credenza patogena [...] che non devi fare piani perchè questo ti renderebbe troppo forte” (Weiss in Filippi, 2000, p. 42) Oppure il dichiarare di non meritare la terapia e i progressi nelle sedute da parte di un'altra paziente per la colpa nei confronti di genitori e fratelli bloccati in un ambiente familiare emotivamente povero. Chi soffre della colpa del sopravvissuto può rovinare l'intesa con la moglie per paura di avere con lei una relazione migliore di quella esistente tra i suoi genitori. Se un fratello non ha avuto successo nel lavoro può cadere in depressione quando le cose cominciano ad andargli bene. Così un paziente può capire che è dopo un successo personale che manifesta sintomi che “rivelano” la vergogna per la sua sorte migliore ottenuta a spese di genitori e fratelli (Weiss, 1999). Il senso di colpa da separazione si sperimenta nella convinzione di danneggiare gli altri separandosi da loro e perseguendo la propria indipendenza. Il paziente che ne soffre ritiene che se si renderà autonomo dai genitori e dai fratelli (richiamo al concetto analitico transazionale di simbiosi) essi ne resteranno sconvolti. Tale colpa può in casi estremi diventare la convinzione di essere felice a patto di restare dipendente (Weiss e Sampson, 2001). La colpa spinge a mantenere la psicopatologia per solidarietà con i genitori (Weiss, 1999). Un paziente che soffre di senso di colpa da separazione può negare il desiderio di separarsi comportandosi come se avesse bisogno dell'approvazione del terapeuta. Un eccessivo senso di responsabilità viene scaricato sul terapeuta. Il paziente si conferma la credenza patogena di responsabilità per la felicità altrui. In realtà con questo test il paziente spera che il terapeuta non subisca il suo comportamento come lui aveva subito quello dei genitori. “Il suo scopo è di utilizzare l'esempio del terapeuta per convincersi che la sua antica sottomissione non è inevitabile e che quindi non ha bisogno di continuare a essere accondiscendente con le immagini interiorizzate dei genitori. Se il terapeuta reagisce a queste prove accettando le critiche del paziente può dare l'impressione di essere troppo accondiscendente non superando il test” (Weiss, 1999, p. 67). Il senso di colpa da responsabilità onnipotente implica un esagerato senso di responsabilità e la preoccupazione per la felicità e il benessere altrui speculare al sentirsi fortemente turbati rispetto ai propri comportamenti sbagliati da punire (Weiss e Sampson, 2001). 5 - Perchè sono in terapia? Quando due amanti litigano noi ci tratteniamo, quando si ricongiungono noi piangiamo. Il motivo è che quando gli amanti si riuniscono la persona non ha più ragione di difendersi e quindi 8


può esprimere l'emozione che prima aveva dovuto controllare. Nel finale quindi percepiamo un maggior senso di sicurezza che nel litigio. I pazienti in terapia agiscono nello stesso modo (Weiss, 2000). In un ambiente sicuro si può sperimentare una maggiore capacità di insight e di padroneggiamento. L'idea che Weiss riprende da un passo di Freud5 è che le persone quando si sentono sicure portano nuovo materiale. Quando il paziente si accorge che il terapeuta condivide i suoi piani, reagisce sentendosi più fiducioso. All'opposto se il terapeuta si oppone si sentirà più insicuro, angosciato e sulla difensiva e con maggiori difficoltà esporrà a verifica le sue convinzioni patogene. Ciò non significa l'assunzione da parte del terapeuta di un atteggiamento di accettazione per ogni richiesta ragionevole. A volte se il terapeuta soddisfa costantemente le richieste del paziente, non riesce a superare il test e il paziente che inconsciamente desidera imparare dal terapeuta a dire di no, peggiora. Ma ci sono casi che rifiutare le richieste (seduta supplementare, cambio di orario..), regola dell'astinenza, porta allo stesso modo un peggioramento nel paziente. Il consenso in tali casi alla richiesta permette al paziente di sentirsi sicuro, quindi in grado di recuperare e padroneggiare ricordi dolorosi (Weiss, 1999). Weiss ritorna spesso sul valore di un approccio terapeutico caso-specifico: il modo in cui il terapeuta deve reagire alla richiesta del paziente varia in base al piano inconscio del paziente stesso. Il compito prioritario del terapeuta è di aiutare il paziente a sentirsi al sicuro. Tale aspetto ha la precedenza sul fatto di fornirgli degli insight attraverso l'interpretazione. Analogamente Berne, riferendosi alla terapia ci ricorda di non nuocere al paziente: nella spiegazione di tale principio affiora tutta la cautela del lavoro terapeutico e un processo di preparazione del paziente ad affrontare ciò che a lungo è stato evitato. “*il terapeuta+ non dovrà affacciarsi ad alcuna zona traumatizzata sino a che non sarà pronto a portare a termine ciò a cui dà inizio e non avrà la certezza che il paziente sopravviverà a questo trattamento” (Berne, 1966, p. 57). In questo senso Berne specifica che in analisi transazionale si stipula un contratto benevolo. Per prima cosa migliorare, poi si analizza, scherza Berne confrontando la forma psicoanalitica a quella transazionale. Lo psicoanalista può dire “Dopo che sei stato analizzato starai meglio” e il contratto sancisce una condizione imposta dal terapeuta che richiede al paziente di sottoporvisi per dimostrare che è degno della guarigione (Berne, 1966, p. 234) Il contratto in A.T. è invece definito come un processo terapeutico che sancisce un impegno bilaterale e manifesta un giusto equilibrio tra l'attività del terapeuta e quella del paziente in modo che ognuno dei due possa essere parte attiva (De Nitto, 1994). In altre parole quando è chiaro il livello di contratto di cambiamento che il cliente è disposto ed in grado di fare a un dato momento, sia il cliente che il terapeuta avranno maggiori possibilità di progredire senza ostacoli nel lavoro 5 Freud ne L'interpretazione dei sogni (1899) ipotizzò che gli impulsi affiorano durante il sonno grazie alla sicurezza di non agirli, perchè siamo paralizzati. (Weiss, 2000, p. 17) 9


comune (Loomis, 1982). Obiettivi (del piano) poco plausibili, né normali e né ragionevoli, sono probabilmente dettati da potenti credenze patogene (Weiss, 1999, p.73) quindi un contratto inaccettabile (Goulding, 1979; Miglionico, 2001) Il perchè della terapia è dunque in un incontro, quello del paziente col terapeuta (e viceversa), nel quale è possibile per il paziente mettere in discussione certe decisioni per sostituire “il mio destino è sempre stato così negativo” con un piano di vita soddisfacente (Moiso e Novellino, 1982). Portar fuori dal suo copione è un portare fuori dalle credenze patogene, fuori dal sentimento di colpa che il Bambino sperimenta nella convinzione che perseguire gli obiettivi di sviluppo possa danneggiare gli altri. Quindi afferma Weiss, il paziente che ha sviluppato tali convinzioni al fine di liberarsene, intraprende un trattamento. Il paziente intraprende una terapia per disconfermare ed eliminare convincimenti patogeni che inducono errori e scelte dolorose nel corso della vita. Quindi eliminare la convinzione formata dalle nostre prime esperienze di essere dei ranocchi e di meritarlo. L'obiettivo terapeutico per Berne è curare che significa togliersi la pelle del ranocchio e intraprendere nuovamente senza sentirsi in colpa, lo sviluppo interrotto del principe o della principessa (Berne, 1966).

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