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Peeling dermatologici: parliamone con gli esperti

Dr.ssa Francesca Negosanti Dr.ssa Nicoletta Banzola Specialiste in Dermatologia e Venereologia - Bologna

MEDICINA ESTETICA

PEELING DERMATOLOGICI: PARLIAMONE CON GLI ESPERTI!

La dottoressa Francesca Negosanti e la dottoressa Nicoletta Banzola, specialiste in dermatologia e venereologia, ed esperte in Medicina Estetica, ci parlano della loro visione e della loro esperienza con i peeling chimici

Dottoressa, in quale tipologia di pazienti utilizza il peeling nel suo ambulatorio? «Utilizzo i peeling chimici in diverse tipologie di pazienti, dagli adolescenti con acne o seborrea, alle giovani donne con melasma, fino alle persone più adulte con problemi di lentigo solari o alterazioni legate al fotoinvecchiamento, come cheratosi o rughe attiniche. Se devo citare le aree in cui ho maturato maggiore esperienza nell’utilizzo del peeling, direi sicuramente acne e aging.»

A proposito di invecchiamento, il peeling è un trattamento antiage molto richiesto dai pazienti? «Certamente è un trattamento meno noto e diffuso rispetto ad altri in medicina estetica, come ad esempio filler e tossina botulinica, di cui i pazienti sentono parlare e leggono dappertutto. Quindi in genere è un trattamento che raramente ci viene spontanemente richiesto, ma viene sempre ben accettato dal paziente, se spiegato e proposto nel modo giusto, come possibilità per migliorare l’aspetto globale della pelle, la sua compattezza e luminosità. Dal nostro punto di vista inoltre, è un ottimo strumento per fidelizzare il paziente nel tempo, visto che richiede diverse sedute.»

Che tipo di peeling predilige? «Ho provato molte tipologie di peeling in questi anni, dai medi – profondi ai più superficiali, dai classici monoingrediente con salicilico, glicolico, TCA, ai composti con miscele di acidi al loro interno. Devo dire che generalmente prediligo i peeling combinati; il plus di combinare agenti chimici distinti in un singolo peeling è quello di aumentare l’efficacia e la tolleranza rispetto all’utilizzo separato di ogni agente. In questo modo, abbassando le concentrazioni dei singoli acidi, si riescono comunque ad ottenere risultati significativi sfruttando la sinergia delle loro azioni. Facciamo un esempio concreto; se combino un acido salicilico ad una concentrazione intorno al 20% ad altri acidi, come il piruvico o il retinoico, riesco ad ottenere un effetto paragonabile a quello di un salicilico singolo al 30 %, ma con meno rischi e un profilo di tollerabilità maggiore per il paziente.»

Quali sono gli effetti collaterali più comuni da temere quando si effettua un peeling? «Sicuramente l’effetto indesiderato più comune è l’iperpigmentazione post-infiammatoria, che può essere scatenata o peggiorata dalla fotoesposizione. Questo è un rischio legato perlopiù a pazienti con fototipo scuro, dal 3 in su. Per tale motivo in genere interrompo i trattamenti peeling in estate, e consiglio comunque, tutto l’anno, una fotoprotezione alta nel post-trattamento.»

Quanto tempo occorre aspettare tra una seduta e l’altra di peeling? «Questa è una domanda molto frequente quando si parla di peeling; la verità è che non c’è un tempo predefinito corretto per tutti i tipi di peeling. In generale, per dare un’indicazione di massima, tra le 2 e le 4 settimane, in base al tipo di peeling

utilizzato ma anche alla condizione dermatologica da trattare e al tipo di pelle del paziente.»

Utilizza il peeling da solo, o lo combina ad altri trattamenti? «Da dermatologa, considero il peeling uno strumento del mio armamentario terapeutico, da combinare insieme ad altri. Ad esempio, lo utilizzo in combinazione con laser o luci pulsate nel delle cicatrici da acne, insieme a trattamenti schairenti come idrochinone o acido retinoico per il melasma, o lo inserisco all’interno di un trattamento complesso, anche farmacologico, per l’acne in fase attiva. Certo quando il peeling viene inserito all’interno di un protocollo terapeutico, serve una certa dose di esperienza per scegliere la tempistica dell’applicazione, per distanziare in modo corretto le sedute, e ovviamente per scegliere la composizione di acidi giusta per il tipo di patologia o inestetismo che si intende trattare. Il rischio può essere quello di over-trattare una pelle già stressata da dei farmaci topici, come ad esempio può avvenire nell’acne con i retinoidi. In questi casi, l’occhio e l’esperienza del dermatologo è fondamentale.»

Utilizza il peeling come biostimolante? «Certo, alcuni peeling sono degli ottimi biorivitalizzanti. Ci sono acidi come il retinoico che, inseriti in formulazioni composte per il peeling, riescono a stimolare i fibroblasti a produrre neocollagene ed elastina, e quindi hanno un effetto cosiddetto “dermoplastico”. Negli ultimi mesi ho sviluppato un protocollo di trattamento, chiamato “Bright & Boost”, in cui ho combinato un peeling composto a base di salicilico, piruvico e retinoico, con due ingredienti schiarenti, Lumiskin e Sepiwhite, insieme ad un hydrobooster iniettivo contenente acido ialuronico libero e glicerolo. Ho diviso il trattamento in una fase di attacco e una di mantenimento, separate dai mesi estivi, con intervalli regolari di due settimane tra la seduta di peeling e quella della biostimolazione iniettiva. Devo dire che l’effetto sulla qualità della pelle, in termini di idratazione, texture e compattezza, oltre che di luminosità della pelle, è stato veramente soddisfacente. In un momento in cui la medicina estetica si concentra più sulla “skin quality” e su un approccio globale alla salute della pelle, piuttosto che sulla correzione del singolo inestetismo, soluzioni come questo protocollo sono un’ottima possibilità da offrire ai pazienti.»

Che tipo di peeling consiglierebbe ad un giovane medico che si approccia per la prima volta a questo strumento? «Un medico che per la prima volta si trova ad utilizzare peeling, dovrebbe sceglierne uno estremamente sicuro e prevedibile nell’azione. Un peeling maneggevole che ti consenta di ottenere un effetto più blando e superficiale, magari con una sola applicazione, o di raggiungere un effetto più importante e visibile, qualora sia applicato più volte nella stessa seduta, o in sedute ravvicinate. Inoltre, per ragioni diverse, non ultima quella del costo, un giovane medico dovrebbe iniziare a farsi esperienza con un peeling versatile, che possa essere utilizzato per diverse indicazioni, da quelle puramente estetiche alle condizioni dermatologiche più complesse.»

Esiste un peeling “ideale” ? «Direi che non esiste un peeling ideale per tutte le indicazioni, ma esiste sicuramente il peeling più adatto per il singolo paziente con una specifica necessità. Se dovessi però scegliere una caratteristica imprescindibile per un peeling, sceglierei la sicurezza e la maneggevolezza.»

Per finire, ci dica un trucco da consigliare ai meno esperti per eseguire un buon peeling. «Sembra banale, ma il primo passo per eseguire un buon trattamento peeling è un’accurata pulizia della pelle prima dell’applicazione dell’acido. Possiamo applicare il peeling più efficace del mondo, ma se prima non abbiamo tolto dalla pelle tutto il sebo, le impurità, i residui di trucco o di smog, quel peeling non ci darà mai l’effetto atteso, perchè non riuscirà a penetrare e ad esplicare i suoi effetti. Una corretta detersione pre-peeling è talmente importante che oggi esistono delle soluzioni specifiche, adatte a pelli grasse o secche, formulate proprio per detergere e uniformare il pH prima dell’applicazione del peeling.» ◼︎

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