Caratteri e ruoli delle reti ecologiche

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Caratteri e ruoli delle reti ecologiche di Biagio Cillo Le attività antropiche, nel corso dei millenni, hanno apportato profonde trasformazioni all’ambiente naturale. Ciò non va visto in assoluto in termini negativi, in quanto gli esseri umani hanno così inteso adattare l’ambiente naturale ai propri bisogni. I processi di adattamento, tuttavia, negli ultimi due secoli ha assunto caratteri molto estesi e intensi, tali da produrre eccessivi fenomeni di frammentazione e semplificazione degli ecosistemi. Frammentazione, perforazione e conseguente semplificazione degli ecosistemi rendono sempre più difficile gli scambi di materia, energia e informazioni fra i diversi ecosistemi e fra gli insiemi di ecosistemi. Impedendo la connessione biologica fra i diversi ecosistemi si mettono in pericolo i processi evolutivi delle diverse specie vegetali e animali e, più complessivamente l’evoluzione naturale; mentre la semplificazione degli ecosistemi mette in pericolo la loro capacità di rigenerazione. In altri termini se attraverso la semplificazione degli ecosistemi aumenta la produttività degli stessi per quanto riguarda piante e animali utili agli esseri umani, diminuisce la loro capacità di rigenerazione e, nel contempo diminuisce fortemente la complessità dei paesaggi che sono la loro espressione visibile. (Cfr. Fig. 1 e Fig. 2)

Fig. 1 – Processi di frammentazione ecologica e ripristino della connettività biologica.

Fig. 2 Effetti della semplificazione degli ecosistemi (da P. Fabbri, Natura e cultura del paesaggio agrario)

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Pertanto costruire in ambiti antropizzati la rete ecologica vuol dire mettere in atto una serie di interventi tendenti ad attenuare gli effetti negativi prodotti dalle azioni umane sull’ambiente naturale attraverso fenomeni quali frammentazione, perforazione, segmentazione degli ecosistemi, riduzione degli habitat naturali. Mediante la costruzione delle reti ecologiche vengono messi in atto una serie di interventi di deframmentazione spaziale finalizzati a ripristinare la continuità ambientale o, quanto meno, a facilitare lo scambio di materia energia e informazioni fra gli ecosistemi, sia quelli prevalentemente naturali che quelli prevalentemente antropici. Da più parti si ritiene che nei paesi più industrializzati e di più antica antropizzazione la costruzione delle reti ecologiche rappresenti una sfida impossibile, sia per la densità della popolazione che per gli effetti negativi sulle attività economiche. Un confronto fra l’Italia e la Germania va contro questa tesi. L’Italia ha una superficie di circa 300.000 chilometri quadrati e una popolazione di circa 60 milioni di abitanti con una densità di circa 200 ab/kmq. La Germania ha una superficie di circa 350.000 chilometri quadrati e una popolazione di circa 82 milioni di abitanti con una densità di circa 230 ab/kmq. Essendo la Germania notoriamente più industrializzata e maggiormente popolata ci si potrebbe aspettare una maggiore difficoltà nella costruzione delle reti ecologiche. Invece il confronto delle foto aeree di alcune aree del Mezzogiorno d’Italia e dell’area metropolitana di Monaco di Baviera, una delle regioni europee di massima industrializzazione e, nel contempo, di massima produttività agricola, dimostra il contrario.(Cfr. Figg.3, 4, 5, 6, 7, 8)

Fig. 3 Media valle del Volturno

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Fig. 4 Il fiume Sarno nei pressi di Scafati

Fig. 5 La piana del fiume Simeto nei pressi di Catania

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Fig. 6 La media valle dell’Inn in Baviera

Fig. 7 La bassa valle dell’Inn in Baviera

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Fig. 8 L’area metropolitana di Monaco di Baviera

Per la costruzione delle reti ecologiche è di grande aiuto il metodo di studio proprio dell’ecologia del paesaggio, la disciplina che studia le complesse interrelazioni che si instaurano fra gli ecosistemi. In questa disciplina una grande importanza è attribuita alla forma sensibile che assumono gli ecosistemi e i loro insiemi; per tale motivo l’ecologia del paesaggio è di grande aiuto anche nello studio e nella pianificazione del paesaggio inteso come manifestazione sensibile degli ecosistemi. elevate qualità visive. (Cfr. Figg. 9 e 10)

Fig. 9 Paesaggio agrario nella valle dell’Ofanto a Nusco

Fig. 10 (da P. Fabbri, Natura e cultura del paesaggio agrario,1997)

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Un paesaggio dotato di una elevata complessità strutturale, quasi sempre è un paesaggio che presenta una elevata qualità del paesaggio visivo. Per questi motivi il Piano Territoriale Regionale della Campania ha attribuito molta importanza alla costruzione della RER, la Rete Ecologica Regionale.

Fig. 11 Tratta da: http://www.sito.regione.campania.it/burc/pdf08/burc48bis_08/lr13_08allegati_tomo_II.pdf

Il processo di costruzione delle reti ecologiche si basa in primo luogo sull’identificazione delle aree in cui si registra un elevato livello di biodiversità (parchi e riserve naturali, Siti di Interesse Comunitario, Zone di Protezione Speciale) e di quelle in cui i fenomeni di frammentazione sono più intensi ed estesi (aree

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Urbanizzate attraversate da grandi infrastrutture lineari) oppure di perforazione (campagne urbanizzate). Nel contempo si devono identificare le specie animali in pericolo a causa dell’erosione dei loro habitat. Infine occorre verificare in quali contesti esistono le situazioni più favorevoli a ricreare condizioni idonee alla ricostruzione di habitat oppure in grado di offrire un rifugio temporaneo o condizioni idonee agli spostamenti in tutta sicurezza delle specie animali interessate. Da questo punto di vista gli alvei fluviali costituiscono le situazioni più idonee allo scopo, ma anche piccoli boschi o macchie di alberi, siepi e perfino i parchi urbani o i giardini privati possono contribuire alla costruzione della rete ecologica. In tal senso la costruzione delle reti ecologiche richiede la partecipazione di numerosi soggetti e una capillare attività di informazione per favorire un giusto atteggiamento.

Modalità di costruzione delle reti ecologiche ed esempi La costruzione delle reti ecologiche ha bisogno di molteplici livelli di pianificazione, da quello nazionale a quello locale. In alcuni paesi europei o in alcuni stati degli Stati Uniti, è il livello nazionale a fornire linee guida e principali direttrici della rete ecologica nazionale. Nei Paesi Bassi, fin dal 1990, è stato deciso di intraprendere un programma pluridecennale finalizzato alla costruzione della rete ecologica nazionale che si prevede terminerà nel 2020. (Cfr. figg. 12, 13 e 14).

Fig. 12 tratta da :http://www.pbl.nl/en/publications/2005/NatureBalance2005-NationalEcologicalNetwork

Dall’individuazione delle aree naturali connesse fra di loro e dall’insieme di aree naturali e habitat frammentati (Fig. 12), si passa all’identificazione delle aree appartenenti alla Rete Ecologica Nazionale (National Ecological Network – NEN) e i siti di Natura 2000.

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Fig. 13 tratta da: http://www.pbl.nl/en/publications/2006/NB2006NationalEcologicalNetworkAndNatura2000

Dalle indicazioni a carattere nazionale si passa alla definizione delle caratteristiche delle singole aree appartenenti alla NEN (Rete Ecologica Nazionale), dove sono identificate le aree urbanizzate (built up areas), le aree naturali (core natural area), i corridoi ecologici su aree non umide (dry corridor zone), corridoi ecologici su aree umide (wet corridor zone), corridoi pianificati della Rete Ecologica Nazionale (planned corridor in the National Ecological Network), strade statali (national road), altre strade (other road), barriere (barrier), punti di conflitto (conflict point). Gli interventi previsti riguardano attivitĂ di tutela per le aree dove il livello di naturalitĂ e i corridoi ecologici presentano un buon livello di efficienza, oppure interventi di risanamento e di ripristino la dove le infrastrutture presenti determinano la formazione di barriere o di punti di conflitto (Cfr. Fig. 14).

Fig.14 (da R. Jongman, G. Pungetti, Ecological Networks and Greenways, 2004) a pag. 183

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In Italia non sono mancate iniziative simili, anche se nella realtà hanno trovato scarsa applicazione. Pressoché in contemporaneo con l’esempio olandese il programma di ricerca promosso dal Ministero dell’Ambiente denominato Appennino Parco d’Europa, anche se non esteso all’intero territorio nazionale ma limitato all’area peninsulare, ha inteso identificare le principali direttrici, le aree protette, i boschi, le zone umide e tutte le aree che possono costituire l’ossatura principale della rete ecologica peninsulare. Gli esempi riportati nella Fig. 15 riguardano alcuni degli snodi principali della rete ecologica dell’appennino centro-meridionale: 1) l’Alta Irpinia, snodo fra la principale linea di continuità ambientale che si appoggia a numerosi parchi naturali nazionale e regionali, con andamento nord-sud, e la direttrice est ovest che si appoggia a corsi d’acqua e a estese aree boscate fra la Basilicata e la Puglia; 2) il Lagonegrese, anch’esso punto di snodo fra il Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano e il Parco Nazionale del Pollino; 3) il Parco Nazionale dell’Aspromonte, punto di snodo fra la direttrice appenninica e la Sicilia, in particolare verso il Parco Naturale dei Nebrodi e il Parco Naturale dell’Etna. In questi tre snodi si evidenzia il contributo che possono dare le aree agricole e il ruolo che può essere attribuito ad alcune infrastrutture lineari come strumento di supporto alla costruzione della rete ecologica. Nel caso dell’Alta Irpinia la complessità strutturale di alcune aree agricole, la presenza di infrastrutture lineari che spesso corrono parallele ai corsi d’acqua e i numerosi Siti di Interesse Comunitario che insistono su quell’area e il ricco reticolo idrografico costituiscono l’insieme degli elementi su cui migliorare significativamente la bio-permeabilità dell’area (Cfr. Fig. 16).

Rete ecologica appennino centro-meridionale STUDI D’AREA SULL’APPENNINO MERIDIONALE C.4. LE TRE AREE INDIVIDUATE : ALTA IRPINIA (C.4.1),

LAGONEGRESE (C.4.2), ASPROMONTE (C.4.3), APPARTENGONO A 3 DELLE 18 GRANDI UNITA’ DI CONTINUITA’ AMBIENTALE. IN PARTICOLARE ESSE COSTITUISCONO 3 SNODI DI FONDAMENTALE IMPORTANZA FRA LE DIRETTICI NORD-SUD E EST-OVEST

OBIETTIVI 1 - ALTA IRPINIA DIRETTRICI NORD-SUD + EST-OVEST

LINEE DI CONTINUNUIITA’ AMBIENTALI ESISTENTI LINEE DI CONTINUNUIITA’ AMBIENTALI POTENZIALI

PARCHI NATURALI E RISERVE BOSCHI E ALTRE AREE NATURALI

a) Costituzione di una rete di corridoi ecologici che colleghi aree boscate, Siti di Interesse Comunitario e Parchi e Riserve, attraverso linee di collegamento naturali ed infrastrutture lineari, opportunamente riadeguate, al fine di migliorare significativamente la biopermeabilità dell’area.

b) Verifica sistematica della compatibilità fra la produzione di energie alternative (eolica) e l’ambiente circostante. 2 - LAGONEGRESE DIRETTRICI NORD-SUD + ESTOVEST

a) Corridoio ecologico fra il mare e l’interno e fra il Parco Nazionale del Cilento e Vallo della Lucania e il Parco Nazionale del Pollino attraverso il collegamento di siti Bioitaly e la riconversione dell’agricoltura dei sistemi vallivi.

b) Sperimentazione di forme di compatibilità fra turismo e ambiente circostante. 3 - ASPROMONTE DIRETTRICE NORD + CONTINENTE-

SICILIA Dalla Carta nazionale della biopermeabilità realizzata con l’elaborazione dei dati Corine Land Cover, Level 3(realizzazione PlanecoProject, 1999)

a) Potenziamento dei corridoi ecologici fra le aree sommitali e il mare attraverso la riqualificazione ambientale delle fiumare. b) Riconversione dell’agricoltura delle fasce collinari.

Fig.15 Appennino Meridionale, visione guida, da APE – Appennino Parco d’Europa, Ministero dell’Ambiente, Servizio Conservazione della Natura, 2002.

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APE – Visione guida

Fig. 16 Snodo dell’Alta Irpinia, da APE – Appennino Parco d’Europa, Ministero dell’Ambiente, Servizio Conservazione della Natura, 2002.

Il potenziamento della rete ecologica negli altri due esempi si fonda su diverse risorse, ma in entrambi questi casi la riconversione dell’agricoltura rappresenta il principale strumento di intervento. Nell’esempio sotto riportato viene, invece, evidenziato come una infrastruttura lineare di tipo autostradale possa diventare un elemento di connessione biologica, capace di interagire con un corridoio naturale come un fiume (nel caso in esame il fiume Sarno, ridotto oggi a una cloaca a cielo aperto e bisognoso di profondi interventi di rinaturazione). Il costo di un’operazione come quella riportata ad esempio, comprendendo anche l’importo degli espropri, se effettuata nella fase di realizzazione dell’infrastruttura, avrebbe un costo chilometrico pari a quello delle barriere antirumore che fiancheggiano lunghi tratti autostradali.

Fig. 17 Ipotesi di forestazione lineare lungo l’A30, da B. Cillo, G. Solera, Sviluppo sostenibile e città, 1996.

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Fig. 18 dal progetto per il Parco Agricolo dei Regi Lagni redatto da B. Cillo su incarico del Comune di Caivano (NA), 1998.

Sulla stessa lunghezza d’onda si pone il progetto del Parco Agricolo dei Regi Lagni, situato in un contesto di forte degrado ambientale dovuto alla proliferazione di grandi infrastrutture per il trasporto che determinano estesi fenomeni di frammentazione in un’area dove le attività agricole sono fortemente impattanti. Il progetto di Parco Agricolo prevede una serie di interventi finalizzati al ripristino della continuità ambientale attraverso la realizzazione di siepi, di piccoli boschi e di riconversione dell’agricoltura in direzione di produzioni meno dipendenti da fertilizzanti chimici, e da pesticidi, nonché estesi interventi di forestazione lineare lungo gli assi autostradali e le ferrovie che lambiscono l’area. Non manca la previsione di ricostituzione di una zona umida nei pressi dei Regi Lagni. Secondo la riorganizzazione proposta di un territorio esteso per circa 200 ettari, si verrebbe a creare una vera e propria stepping stone, un’area di passaggio, sosta e, parzialmente, di riproduzione, per numerose specie animali stanziali e di passaggio nel centro dell’area metropolitana di Napoli (cfr. Fig. 18). Le aree riconvertite al ripristino o al rafforzamento della connettività biologica, oltre a mantenere un ruolo produttivo, possono anche accogliere funzioni culturali e ricreative. Un interessante esempio è costituito dal progetto pilota per il Parco Ambientale della Valle del Salzola in provincia di Avellino (cfr. Fig. 19). Il Progetto Pilota vuole verificare la possibilità di istituire un parco ambientale in un’area agricola fortemente insidiata da processi di urbanizzazione che, attraverso il risanamento e la valorizzazione dell’alveo del torrente Salzola, del paesaggio agrario circostante (in gran parte costituito da vigneti di 11


Fig. 19 – Il Parco Ambientale del Salzola, Tav.3 (a sinistra) Piani attuativi; Tav. 2 (al centro) Suggestioni progettuali; Tav. 1 (a destra) Unità minime funzionali, da V. Bulgarelli, Citta e ambiente tra storia e progetto, 2004.

pregio), il recupero di interessanti testimonianze storiche e la promozione di attività economicheproduttive improntate all’ecoturismo, costituisca anche occasione per incrementare la biopermeabilità dell’area e costituire un ponte fra il Parco regionale dei Monti Picentini e il Parco regionale del Partenio. Grazie ad una accurata progettazione degli interventi nei centri abitati (cfr. Piani attuativi) e degli interventi e delle politiche da seguire nelle aree agricole e lungo l’alveo (Suggestioni progettuali e Unità Minime Funzionali). L’insieme dei suddetti interventi è stato confrontato con i potenziali corridoi di connessione biologica individuati nell’area, mentre per ciascuna unità minima funzionale sono stati definiti gli interventi più idonei. Ad esempio, nell’Unità Minima Funzionale NATFLU (Aree naturali boscate lungo il torrente Salzola), le indicazioni contenute nella scheda relativa prevedono fra i vincoli e le prescrizioni (ciò che rispettivamente non si deve fare e che si deve fare) interventi di riforestazione e di consolidamento delle sponde attraverso i metodi dell’ingegneria naturalistica; mentre fra le compatibilità e le potenzialità (rispettivamente ciò che è ammesso fare e ciò che sarebbe preferibile fare) oltre agli interventi di rinaturazione (ciò che sarebbe preferibile fare) anche interventi destinati ad attività culturali e ricreative lungo le sponde del torrente(ciò che è ammesso fare).

Fig.20 Valle del Salzola - Corridoi di connessione biologica potenziali

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Elementi costitutivi delle reti ecologiche La base fondamentale delle reti ecologiche è costituita dai parchi e dalle riserve naturali. In queste aree i processi naturali presentano una minore pressione da parte delle attività umane e gli ecosistemi presenti sono maggiormente ricchi di biodiversità; base quest’ultima dei processi evolutivi. A parità di superficie di aree protette, una riserva di grande estensione risulta più efficace di numerose riserve la cui somma è di pari estensione ai fini del mantenimento o dell’incremento della biodiversità. Inoltre, quanto più le riserve naturali sono vicine fra di loro, tanto maggiore gli scambi di materia, energia e informazioni sono più intensi ed è più facile la reciproca colonizzazione. A tal fine occorre facilitare i collegamenti fra questi territori, in particolare se le riserve sono separate fra di loro da grandi distanze o da fattori di frammentazione di difficile superamento (autostrade, linee ferroviarie dell’alta velocità, estese aree urbanizzate, forte dispersione insediativa). In relazione al ruolo e alle funzioni delle reti ecologiche, si possono individuare fondamentalmente quattro tipi di reti: - le reti come sistemi di habitat interconnessi. Questi ultimi non necessariamente devono appartenere ad aree riconosciute in quanto tali e soggette a qualche tipo di tutela. In questo caso la scala territoriale della rete può essere alquanto varia, dal livello locale a quello sovra-regionale; - le reti come sistema di parchi e riserve, dove bisogna integrare nella rete anche le infrastrutture culturali e ricreative destinate alla fruizione da parte del pubblico ed evitare interferenze con le possibilità di connessione biologica. In questo caso la scala va da quella regionale fino a quella nazionale; - le reti finalizzate ad elevare a sistema diverse unità di paesaggio compresi gli agro ecosistemi. In questo caso vanno considerati attentamente sia gli aspetti produttivi che le potenzialità ricreative e culturali, al fine di evitare interferenze fra i diversi usi e nel contempo favorire la connettività biologica. La scala va da quella locale a quella comprensoriale; - le reti finalizzate a favorire forme di sviluppo sostenibile nelle aree più antropizzate, fra cui quelle caratterizzate da estesi fenomeni di urbanizzazione. In questo caso la rete è composta da una serie di aree naturali di appoggio cui si affiancano corridoi di connessione e agro ecosistemi dotati dei necessari elementi che facilitano la connettività biologica. Fra le finalità di queste reti vi è non solo la conservazione di aree naturali, ma anche la ricostruzione di unità ecosistemiche finalizzata a ridurre la pressione antropica sul sistema naturale. Gli elementi sui quali occorre concentrare l’attenzione sono: - le fasce ecotonali costituite da quelle aree in cui due ecosistemi confinanti si sovrappongono e dove si registra la massima biodiversità. In tal senso le aree di margine fra l’acqua e la terra (le rive del mare e dei fiumi, le zone umide) sono le aree più ricche di vita e di biodiversità. Per questi motivi le fasce costiere e i corsi d’acqua rappresentano gli elementi lineari elettivi sui quali basare le reti ecologiche. Queste ultime devono essere orientate a collegare principalmente le core areas e le buffer areas. Le prime costituiscono il nucleo delle aree protette dove si concentrano gli elementi di maggiore pregio ambientale; le seconde sono aree cuscinetto che contribuiscono alla protezione degli elementi di maggior pregio; - i corridoi ecologici, prevalentemente identificati all’interno delle aree agricole, ma anche le aree urbanizzate possono dare un efficace contributo, hanno la funzione di connettere fra di loro le aree naturali più distanti fra di loro, facilitando lo spostamento della fauna e gli scambi bio-geo-chimici fra un’area e l’altra. Gli elementi sui quali si possono costruire i corridoi ecologici sono molteplici. Essi vanno dalle siepi, dai boschetti in una matrice agricola, dalla vegetazione riparia che si sviluppa ai margini dei corsi d’acqua, dai 13


parchi urbani, dai giardini privati e, in genere da tutte le aree, grandi e piccole, che sono in grado di ospitare, anche temporaneamente, specie animali o di consentire l’attecchimento di vegetazione in vario modo trasportata. Secondo le più recenti teorie sulla biodiversità anche le aree abbandonate possono diventare un interessante serbatoio di biodiversità. In proposito si consiglia di leggere Il manifesto del terzo paesaggio di Gilles Clément. E’ importante sottolineare che siepi, boschetti, parchi e tutti gli altri elementi prima citati devono essere fortemente orientati nella loro struttura, in particolare dal tipo di fauna ospitata negli ambienti circostanti che li può colonizzare. In tal senso vanno evitati atteggiamenti semplicistici che fanno ritenere un’area comunque idonea a costituire un elemento della rete ecologica purché presenti un qualsiasi tipo di vegetazione, sia essa ad andamento lineare o areale (Cfr. Figg. 21°, 21b, 21c)

Fig. 21a Fig.21b Fig. 21c Corridoio ecologico tipo per l’ido: Corridoio cologico tipo per il tritone: Corridoio ecologico tipo per il tasso: corsi d’acqua e zone umide correlate. siepi, stagni e piccole zone umide. boschetti, siepi e praterie. (da R. Jongman, G. Pungetti, Ecological Networks and Greenways, 2004, pagg. 142-143)

In tutti e tre i casi sopra rappresentati è evidente che il contributo delle reti ecologiche non si limita solo alla difesa e all’incremento della biodiversità ma anche all’incremento della qualità visiva del paesaggio che si presenta altamente fortemente variato e dotato di un elevato livello di figurabilità e riconoscibilità, fattori determinanti nella definizione del valore dei paesaggi. Biagio Cillo *Tutte le foto prive di attribuzione sono di Biagio Cillo

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