amici del
musical
Othello & Oblivion Grease GalĂ del musical Magazzino 18 Mauro Simone Andrea Marchetti Gaia Bellunato La bella e la bestia Spring Awakening Die 3 Musketiere Vienna in musical
09|2014 w e b z i n e
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ri musical italiani originali!
al 30 marzo 2014
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Amici del Musical www.amicidelmusical.it sito ideato da Franco Travaglio webzine issuu.com/amicidelmusical ideazione e coordinamento editoriale Francesco Moretti
in redazione Alessandro Caria, Enrico Comar, Laura Confalonieri, Sara Del Sal, Diana Duri, Matteo Firmi, Roberta Mascazzini, Roberto Mazzone, Valeria Rosso, Enza Adriana Russo, Franco Travaglio n. 09|2014 06 gennaio 2014
Abbiamo fatto il possibile per reperire foto autorizzate e ufficiali. Per ogni informazione e/o chiarimento scrivete a: francesco.moretti@gmail.com
Facts & Figures
Othello, l’H è muta Lorenzo Scuda e gli Oblivion Grease Galà dell’Operetta e del Musical Spring Awakening Magazzino 18 Gianluca Sticotti in concerto Waiting for the diva: Gaia Bellunato Andrea Marchetti Mauro Simone La Bella e la Bestia a Parigi Desideri di Natale Vienna, il musical prossimo venturo Die 3 Musketiere Un po’ di news
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L’H sarà anche muta
Ma loro cinque sono strepitosi
Un’altra conferma dell’eccezionale bravura e versatilità degli Oblivion, con la loro personale rilettura del classico di Shakespeare di Enrico Comar
Apertura di stagione decisamente positiva per il Teatro Comunale di Monfalcone, con il dissacrante Othello - La H è muta degli Oblivion, prodotto dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia in collaborazione con la Malguion Srl. Inutile dilungarsi in presentazioni dell’ormai celebre quintetto musical-teatrale formato da Graziana Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda e Fabio Vagnarelli, il cui stile vulcanico e irriverente è ormai ben noto al pubblico. Interessante è invece vedere i cinque artisti alle prese, per la prima volta, con uno spettacolo unitario, di cui curano in prima persona ogni aspetto dell’ allestimento (con la collaborazione di Giorgio Gallione in qualità di “consulente registico”). La storia del Moro di Venezia viene sezionata e frammenta in una serie apparentemente caotica di scene
più o meno strettamente collegate alla trama principale, diventando a tratti solo un pretesto per dare vita a gag esilaranti, alcune delle quali autenticamene geniali, alternate ad altre più prevedibili e meno incisive, ma sempre ottimamente concepite ed eseguite, che, nel complesso, danno forma ad uno spettacolo, se non propriamente compatto, sicuramente molto ben equilibrato e senza cali di tensione. Verdi e Shakespeare, apparentemente vittime perfette della comicità degli Oblivion, alla fine
diventano invece quasi complici di questo gioco dissacrante, che colpisce senza timore icone grandi e piccole della cultura pop e dell’attualità (la canzone italiana ed internazionale, i classici Disney, figure e situazioni topiche del mondo contemporaneo), che non si fa problemi ad infilare le “solite” battute su argomenti e personaggi tra i più abusati del repertorio parodistico (da Vasco Rossi ai politici italiani), sfruttandoli in modo (quasi) sempre originale, si compiace di giocare con l’intertestualità e i paradossi (i
personaggi che interrompono l’azione per discutere sulle differenze tra Boito e Shakespeare, le necessità interpretative stanislavskiane di Cassio che si scontrano con le esigenze della trama, il pianista che interviene negli eventi). Uno spettacolo godibile ed efficace su tutti i livelli, con una comicità diretta e “popolare”, che non scade mai nella banalità, ed un’intelligenza che non si trasforma mai in intellettualismo esibito, in cui i cinque interpreti hanno finalmente occasione di sfoggiare singolarmente i loro ta-
lenti e le loro potenzialità (che in altri spettacoli restavano spesso u po’ in ombra) dimostrando un eclettismo (a tratti deliziosamente narcisistico) sempre sorprendente. Menzione speciale per il Maestro Denis Biancucci, non solo abilissimo nell’eseguire i non facili accompagnamenti pianistici (su arrangiamenti, splendidi e mai banali, di Lorenzo Scuda), ma in grado di mettersi in gioco scenicamente diventando quasi un “sesto Oblivion” e un co-protagonista dello spettacolo.
Uno per cinque, cinque per uno
A tu per tu con Lorenzo Scuda, uno delle anime degli Oblivion
Avevo preparato una serie di domande sugli Oblivion, la loro storia e la loro fortuna, ma dato che mi sono appena accorto che sono identiche alle domande di tutte le interviste agli Oblivion lette fin’ora, ho deciso per altro… Gli Oblivion: cinque persone che collaborano costantemente da ormai dieci anni. Quali sono secondo te i vantaggi e svantaggi del lavoro di gruppo? Innanzitutto la presenza di cinque cervelli anziché uno solo. Lavorando in gruppo e confrontandosi continuamente, c’è sempre una sorta di autovalutazione e di critica al lavoro svolto. Quando tutto il gruppo è convinto di una cosa, il più delle volte significa che effettivamente funziona. Inoltre, in caso di dubbi e incertezze, c’è sempre chi può offrire una soluzione o trovare un‘idea che agli altri è sfuggita. Ovviamente, lavorando in questo modo, la creazione di uno spetta-
di Enrico Comar
colo può diventare un processo complesso e laborioso.
Ecco, parliamo di questo, come avviene il processo creativo di uno spettacolo? è un lavoro lungo e articolato. Si inizia naturalmente dalla scrittura di un testo iniziale, di cui ci occupiamo io e Davide, che viene poi sviluppato in fase di laboratorio, in cui si crea la vera essenza dello spettacolo: gli attori si confrontano e si mettono in gioco, provando su situazioni a volte solo abbozzate, che vengono poi costruite passo dopo passo, facendole aderire agli interpreti. Questo è molto importante, perché permette di mettere qualcosa di ognuno all’interno di ogni progetto. è una realtà ben diversa rispetto ad essere scritturati da terzi. In un lavoro come il nostro c’è molta più partecipazione e motivazione, e anche una maggiore responsabilità verso lo spettacolo.
Al momento di andare in scena dobbiamo sapere che tutto funzionerà perfettamente. Uno spettacolo di questo tipo è una macchina complessa i cui meccanismi devono essere impeccabili. Malgrado le apparenze, abbiamo una natura per certi versi anglosassone e un po’ fredda, necessaria in un teatro come il nostro. Ci vuole una grande componente, non dico di distacco, ma quantomeno di lucidità, perché un solo pezzo che si inceppa può rovinare tutto. In questo senso, Ot(h)ello è uno spettacolo che ci ha messo maggiormente alla prova, costringendoci ad un maggior coinvol-
gimento scenico. Una storia unica, con personaggi fissi, necessita un maggiore lavoro ed una maggiore concentrazione in scena. Una perfetta preparazione a priori non è più sufficiente, bisogna dare costantemente il massimo sul palco. Non ci si può permettere cali di tensione
Dare vita ad uno spettacolo unitario quindi è stata un’esperienza in qualche modo diversa rispetto al passato? Sotto molti aspetti si. Abbiamo sempre lavorato su numeri brevi e autonomi. Una caratteristica di cui rimane traccia evidente anche in
questo lavoro, sviluppato in una sequenza di scene chiuse incatenate tra loro. Naturalmente in questo caso i tempi di lavorazione sono stati molto più lunghi (la sola fase di laboratorio è durata 4 mesi), e si è giocato di più sugli interpreti, le cui abilità e caratteristiche distintive sono emerse con maggiore vigore rispetto ai precedenti spettacoli. Abbiamo avuto anche la possibilità di lavorare con un pianista (Denis Biancucci) di altissimo livello, in grado di mettersi in gioco sia dal punto di vista musicale che scenico, che mi ha oltretutto permesso di “osare” arrangiamenti e invenzioni
musicali che in una situazione diversa sarebbero state improponibili.
Verdi, Shakespeare… due tra i massimi nomi della cosiddetta “cultura alta“. Credi che per un artista sia importante contribuire a diffondere e a far apprezzare la grande arte del passato? Il teatro deve avere sicuramente una funzione divulgativa, ma all’occorrenza anche di sberleffo. Questa idea di un passato mitico e “sacralizzato” alla fine risulta sterile e controproducente; queste opere “intoccabili” sono state fatte diventare forzatamente vecchie. La loro grandezza deve essere alleggerita,
proprio per epurarle da questa immagine di pesantezza di cui le hanno circondate; a volte bisogna arrischiarsi a sporcarle in qualche modo, a scherzare con esse, per permettere al pubblico di avvicinarsi senza timore. Noi utilizziamo due grandi nomi del passato, come Verdi e Shakespeare, giocando con loro e cercando di sdrammatizzarli, di lavare via quella patina di sacralitĂ che troppo
spesso mette il pubblico in soggezione e lo tiene a distanza
Voi, come molti altri artisti del settore, sembrate muovervi tra due punti cardinali rappresentati da Bologna e Trieste. Cosa rappresentano queste due cittĂ per il teatro musicale in Italia? Trieste e Bologna sono diventati due realtĂ di riferimento per chiunque faccia musical nel nostro paese, anche grazie a due figure come Ste-
O B L I
fano Curti e Shawna Farrell, che hanno sempre svolto un lavoro essenziale a riguardo. La BSMT è un tesoro per la città di Bologna. Oltre ad offrire ai suoi allievi una preparazione completa e molto apprezzata, si prodiga per portare titoli in Italia insoliti e nuovi e per dare una spinta autentica al mondo del teatro musicale, cercando di diffondere la cultura del musical in Italia.
Trieste, grazie al lavoro del Teatro Rossetti, è diventato invece la porta del musical dell’Italia nel mondo Il Rossetti ha saputo osare, ha rischiato, con scelte spezzo azzardate e coraggiose (è stato uno tra i primi a credere negli Oblivion, ben prima del “botto”) e ha dato un contributo significativo allo sviluppo del musical italiano.
V I O N
You’re the one that we want
Sedici anni, ma non li dimostra: anche con il nuovo cast, Grease si rivela sempre un grande successo di Sara Del Sal
Grease saluta l'Italia da Milano, dal Teatro della Luna in cui resta in scena fino al 19 gennaio, confermandosi una hit strappa applausi. Dopo 16 anni e numerosi avvicendamenti nel cast, questo ultimo allestimento riesce ancora una volta a vincere, dimostrando, senza ombra di dubbio, che non servono affatto i nomi televisivi per richiamare pubblico. Il lavoro di Saverio Marconi e Marco Iacomelli alla regia ha dimostrato come, anche da uno show che ha già fatto un lungo e fortunato percorso, si possa fare uscire qualcosa di nuovo; e alla prima milanese le novità sono state numerose ma significative. Il ritorno di Filippo Strocchi nel ruolo di Danny è stato salutato con calore. Strocchi è un artista che ha le caratteristiche giuste, e che, essendo completo, sul palco sa bene come gestire il personaggio, abbi-
nandosi perfettamente a quella che è l’idea registica di dare al pubblico italiano uno show molto vicino al film che tutti conoscono e amano da decenni. Per lui Grease sarà anche una buona palestra prima di trasformarsi in Rum tum Tugger nel Cats inglese che farà tappa anche in Italia il prossimo marzo. Al suo fianco una nuova Sandy, Silvia Contenti (che ha sostituito Serena Carradori per le prime repliche) finalmente fresca e dolce ma anche determinata. Un bel debutto nel ruolo per la Contenti, quindi, che ne ha generati altri due di rimando. Si, perché il suo ruolo solitamente era quello di Marty, che è stato invece affidato a Roberta Miolla, che a sua volta è stata dirompente, riuscendo a centrare il personaggio arricchendolo di sfumature e portandosi a casa un enorme applauso, con Freddie my love.
Ed anche Beatrice Berdini, che ha sostituito la Miolla interpretando Frency è stata perfetta. Un bel debutto per tutte e tre, quindi, che sono state ripagate dal calore del pubblico. La storia storia ambientata tra i banchi di scuola di Rydell
è un evergreen e quei ragazzi, simpatici, scanzonati, che guardano al futuro senza pensarci troppo, e che fondamentalmente si dividono tra amici e primi amori restano nel cuore anche per la loro verosimiglianza.
Va detto che la Rizzo di Floriana Monici è e rimane un fiore all’occhiello dello spettacolo, come il Kenickie di Gianluca Sticotti, il primo artista che in quel ruolo si è rivelato in grado di tenere testa alla potenza e alla capacità di catturare
l’attenzione della Monici, strappando applausi a ogni replica. Insomma... dopo sedici anni di attività in Italia... Grease è più in forma che mai... e restano poche repliche per vederlo, tutte milanesi!
Daniela Mazzuccato e Mirko Ran첫
Metti una serata tra Operetta e Musical Un grande Galà per consegnare il Premio dell’Operetta a Max Renè Cosotti e il Premio Massimini a Mirko Ranù di Sara Del Sal
L'Associazione Internazionale dell'Operetta di Trieste da anni strizza l'occhio con simpatia al musical, arrivando quest'anno a intitolare il suo tradizionale Gala, proprio Gala dell'operetta e del Musical. Due generi non cosi distanti, uno anziano parente dell'altro. Lunedi 16 dicembre 2013, al Rossetti, ha avuto luogo questa serata-cerimonia, all'interno della quale sono stati consegnati anche i premi dell'Associazione. Il maestro Romolo Gessi ha quindi diretto per l’occasione l’Orchestra Filarmonica della Fondazione Teatro Verdi di Trieste, offrendo un supporto cosi raro nel panorama italiano, da sembrare quasi surreale. La partenza è stata tutta operettistica, con brani da Lo Zingaro Barone, La Contessa Mariza, La Principessa Ninetta e Una notte a Venezia, eseguiti dall’orchestra, da Andrea Binetti in duetto con Ilaria Zanetti e da Max Renè Cosotti, che ha quindi
ricevuto il Premio Internazionale dell'Operetta, regalando al pubblico una accorata Tu che m'hai preso il cuor in duetto con colei che è sua compagna di vita e in scena, Daniela Mazzucato. La seconda parte della serata è stata indubbiamente quella più ricca di sorprese e più moderna, aperta con Moonlight Serenade di Glenn Miller per lasciare spazio a Christmas Lullaby interpretata con grande intimità da Stefania Seculin, che ha poi anche duettato con Gianluca Sticotti nel duetto più frequentato di Elisabeth, quella Wenn ich tanzen will che avevano già incontrato nello spettacolo On Air. Peccato che proprio nel crescendo il maestro abbia portato l’orchestra verso altre direzioni, costringendo i due solisti a salvare la situazione con la massima nonchanlance. Fosse stato un cantante di quelli fastidiosi sul palco, lo avrebbe abbandonato arrabbiato
senza finire il pezzo. Un discorso a parte merita invece la scelta di affidare un brano come Kein Lacheln war je so kalt da Rebecca a Sticotti. Non è una canzone facile, ha cambi continui e richiede una grande maturità interpretativa. Sticotti ha dimostrato di possedere tutte le caratteristiche nescessarie, tenendo il pubblico in sala sospeso per gli oltre sei minuti del brano e guadagnando l’applauso più partecipato della serata. Poco dopo a Mirko Ranù è stato consegnato il Premio Nazionale Sandro Massimini, con il conduttore della serata Umberto Bosazzi che ha fatto il possibile per metterlo a suo agio. Ma l’emozione a volte gioca brutti scherzi e da sfrontata drag queen chiamata Fe-
licia in Priscilla, sul palco del Gala ecco arrivare un bravo ragazzo, che vive la sua carriera come se fosse un po’ nata da Saranno Famosi, con le sue puntate legate alla scuola per diventare performer, e la sua mamma. La sua interpretazione di Out here on my own ha toccato i cuori per la sua dolcezza ma di certo non ha brillato per precisione o per vocalità. Il finalone con A christmas Festival di Anderson ha fatto tuffare tutti in un’atmosfera natalizia, riportando il calore in sala e confermando ancora una volta la Seculin e Sticotti come due artisti molto amati a Trieste, che sanno essere generosissimi ma anche gioiosi, scherzosi e perfetti per ogni situazione.
Il dramma di Wedekind per la prima volta in Italia nella versione in musical, tra luci e ombre di Enrico Comar e Roberto Mazzone
Spring Awakening, presentato a pochi giorni di distanza a Torino e a Trieste, è sicuramente uno spettacolo tra i più attesi di questa stagione. Uno spettacolo decisamente importante e significativo per il musical italiano, in grado di far discutere, anche all’interno della nostra stessa redazione. Tratto dal Risveglio di primavera, dramma rivoluzionario (e all’epoca giudicato scandaloso) scritto nel 1891 (ma allestito per la prima volta, dopo notevoli tribolazioni, solo nel 1906) da Frank Wedekind e divenuto nei decenni successivi uno tra i classici del teatro moderno tedesco, il musical di Steven Sater (testi) e Duncan Sheik (musiche) ha debuttato a Broadway nel 2007, aggiudi-
candosi 8 Tony Awards e conquistando buona parte di critica e pubblico. Lo spettacolo racconta - attraverso il tema della scoperta, a volte in toni nettamente drammatici, della sessualità e del mondo “adulto” da parte di un gruppo di adolescenti nella Germania di fine Ottocento - il conflitto tra il desiderio di libertà giovanile e la mentalità ipocrita e ottusa degli adulti, e soprattutto il ritratto di un mondo e di un’epoca che vedono l’affacciarsi di una nuova generazione, destinata ad essere soffocata e spezzata da una ferrea cultura dominante ormai in agonia, ma incapace di piegarsi o dialogare con il futuro. Ambientazione e soprattutto contestualizzazione storico-culturale che vengono in parte a mancare nel pur pregevole allestimento di Emanuele Gamba, prodotto dalla giovane compagnia toscana Todo Modo Music-All
diretta Pietro Contorno. Dalla Germania del diciannovesimo secolo, si è dichiaratamente passati, nell’edizione italiana, all’Italia del ventennio fascista. Una ricollocazione temporale che si percepisce a fatica, secondo il parere di Roberto Mazzone, data la capacità dell’opera di adattarsi a qualsiasi epoca possa essere
tacciata di un certo oscurantismo, che invece appare poco giustificata agli occhi di Enrico Comar, recensore della prima triestina, il quale ritiene il testo di Wedekind (e conseguentemente quello di Sater) inscindibile dalla precisa connotazione storico geografica che lo caratterizza (gli anni della rivoluzione
culturale e artistica tedesca immediatamente precedenti la prima guerra mondiale e lo Spartakusbund, l’epoca di Max Reinhardt, di Freud e di Schnitzler) e inevitabilmente muti-
lato di alcuni tra i suoi aspetti più significativi da una simile scelta registica, di cui tuttavia riconosce la notevole efficacia scenica e una certa solidità nella resa drammatica d’insieme.
Le musiche di Duncan Sheik, nota Mazzone, dovrebbero essere una esplosione a tutto tondo, invece sono poche quelle che procedono in questa direzione (cito Mama Who Bore Me all’inizio del primo atto, ma soprattutto Totally Fucked e The Song of Purple Summer nel secondo, n.d.r.). Una sequenza di brani, generalmente piuttosto brevi, in netto contrasto con le sequenze di prosa, dei quali Comar loda gli efficaci arrangiamenti e la dinamica e sensibile direzione musicale di Stefano Brondi, così come la scelta di lasciare i testi in lingua originale, affidandosi, con una soluzione registica funzionale e di grandissimo effetto scenico, ad una
grande lavagna in cui vengono proiettate le traduzioni italiane (trasformando così un apparente handicap in una efficacissima trovata teatrale) . Concorde giudizio positivo invece per la compagnia dei ragazzi, formata prevalentemente da giovani talenti che si stanno affacciando al teatro musicale nostrano. Spicca l’ottimo Federico Marignetti, qui alla sua prima esperienza importante nel mondo del musical, in grado di dare ottima prova di se nei panni del “contestatore” Melchior Gabor, mentre conferma la sua simpatia e versatilità il giovane Flavio Gismondi, nel ruolo dell'insicuro e fragile Moritz; nel cast femminile, che
nel complesso emerge un po’ meno, nonostante la solida preparazione, rispetto alla compagine maschile, si fanno comunque notare, secondo Comar, la Wendla di Arianna Battilana e soprattutto l’ottima Tania Tucciardini, in grado di dare il meglio di se nel breve ma determinante ruolo di Ilse. Fanno invece discutere le interpretazioni di Gianluca Ferrato e Francesca Gamba, molto efficaci, secondo Mazzone, nel non facile compito di dare vita a tutti i ruoli adulti previsti da questo copione, inutilmente grotteschi e sopra le righe (anche se probabilmente più per precise scelte registiche che per
effettive carenze attoriali) agli occhi di Comar, che sottolinea la scelta di una caratterizzazione forzatamente caricaturale ed enfatica, estesa, in parte, anche ad altri personaggi. In generale, pur ammirando l’operazione compiuta dalla compagnia livornese, sia per il coraggio dimostrato che per l’efficacia complessiva dell’esecuzione, resta il dubbio se il pubblico italiano sia preparato (e quindi pronto) ad apprezzare fino in fondo un musical così innovativo per il graffiante modo di affrontare tematiche quali la masturbazione, l’omosessualità, il suicidio, l’aborto.
Magazzino 18
La Storia più difficile
Tante polemiche, tante domande irrisolte, tante storie a cavallo di due mondi nel musical civile di Simone Cristicchi di Sara Del Sal
Uno spettacolo che si è trasformato in un evento. Sì, perché all’alba del debutto tutti ne parlavano, gridando allo scandalo, senza nemmeno sapere cosa fosse: ma Magazzino 18 ha saputo mettere a tacere tutti, andando a scavare dentro ai cuori del pubblico, riuscendo, nella maggior parte dei casi, a fare scendere qualche lacrima. Simone Cristicchi, diretto da Antonio Calenda, ha dato una prova d’attore più che convincente, unendo la recitazione al canto. Qualcuno lo ha definito un musical civile, il primo in italia, e con le sue 16 canzoni originali non puo' che essere così. Magazzino 18 è uno spettacolo complesso che sta tutto sulle spalle di Cristicchi, che diventa tante voci. Bello vederlo arrivare a Trieste, in un magazzino da anni abbandonato. Lui, romano, alle prese con l’inventario delle cose degli esodati. Senza nemmeno sapere che
cosa sia l’esodo. Un viaggio tra gli altrui ricordi, tra frammenti di fotografie e tra storie, toccanti, simpatiche, ma tutte con un punto di domanda finale. Dove sono finite quelle persone? Perché non si sono riprese le loro cose? Perché ci sono tanti, troppi casi di persone scomparse? Cosa avveniva nelle foibe? Chi erano i cattivi? Perché da un giorno all’altro delle persone italiane si sono ritrovate fuori dal loro stato? Storia recente, storia ormai passata, storia ancora non dimenticata, in una città come Trieste, che ancora ne porta i segni e le ferite. Eppure si sanno così poche cose a riguardo. Masserizie, il cimitero degli oggetti, Dentro la buca... anche i titoli delle canzoni diventano emblematici. Essere a Trieste la sera della prima è stata un’esperienza, per chi non è nato in quella città. Quante cose interessanti stava narrando quel ragazzo con tanti riccioli in
testa. Quante cose mai sentite prima. Quindi certe cittĂ erano in Italia? E quelli che hanno preferito tornare indietro in uno stato che non era il loro per restare nelle loro case e nelle loro terre? PerchĂŠ alla fine sono stati trattati come dei traditori? Facile a capirsi, difficile da
comprendere. Cristicchi gioca su questo, su una semplicitĂ disarmante che sa andare a fondo. Orchestra e coro fanno da contorno, i bambini dello Starts Lab rendono ancora piĂš vivido il racconto, di quel pomeriggio in cui una deflagrazione ha decimato i loro coetanei,
tanti anni prima, mentre giocavano. Questo spettacolo, che ormai è diventato un libro e un cd, sta girando l'Italia, e di certo resterà nel cuore e nella memoria di coloro che lo vedranno. Perché la musica e le parole in questo caso si fondono come nei musi-
cal internazionali, portando avanti un discorso, e quel discorso è importante. Non serve avere in famiglia qualcuno che abbia vissuto in prima persona quegli eventi, basta andare a teatro. Ci penserà Cristicchi a fare tutto il resto. Brividi compresi.
Pianoforte e voce, che altro?
Un’altra bella prova per la grande abilità di Gianluca Sticotti, in un concerto live a Milano di Sara Del Sal
Poteva essere l’ennesima serata in un locale milanese, con un tipo che offriva un accompagnamento musicale alle diverse storie delle persone che in quel piovoso lunedì milanese avevano comunque scelto di uscire di casa per un aperitivo o un drink dopocena. Ma il tipo sul palco era Gianluca Sticotti, e con lui anche una serata in un locale può trasformarsi in un evento. Lunedi 29 ottobre, al Mister, è quindi andato in scena Canzoni della mia vita di e con Gianluca Sticotti. Un concerto-spettacolo, nel quale il Kenickie italiano ha intrattenuto il pubblico in modo brillante attraverso le canzoni che si sono trovate un posto nella sua vita e attraverso i suoi racconti. E allora via con Stevie Wonder, perché va bene per dare il giusto ritmo alla giornata, per poi lasciare spazio alla Houston di I wanna dance with somebody. Tra un racconto di uno Sti-
cotti bambino con la frangetta e per giunta bassino rispetto agli altri, e altri buffi aneddoti, ecco You make me feel like a natural ...man con una licenza più che concessa sul titolo originale, visto il modo in cui è riuscito ad interpretarla. E Ancora via, dai Green Day ai ritmi latini... fino ad arrivare agli anni della BSMT e a Wicked, con una For good da ricordare, prima di una I love you, I do da Dreamgirls da brividi. Sticotti ha una gran voce e più passano gli anni più riesce ad aumentarne l’importanza.Vederlo passare da registri pop rock al musical con tanta naturalezza, ma riuscendo sempre a raccontare qualcosa, è stato entusiasmante. Bellissimo il duetto con Alice Mistroni di I'd give it all for you da Songs for a new world, e molto toccante quello con Maria Silvia Roli sulle note de La notte di Arisa. E tra Adele, Beyoncè e Tiziano Ferro la serata è andata avanti
con un tributo a Sister Act prima di chiudersi con Girls just wanna have fun della Lauper. Diciannove canzoni, per circa due ore di live show, per la maggior parte voce e tastiera. Tantissimi applausi per celebrare una serata stupenda, grazie alla versatilità di Sticotti, che con il suo ormai consolidato carisma, ha tenuto incollati a sé gli occhi di tutti per tutta la durata del suo live. Sticotti riesce a dire sempre qual-
cosa, e qui, va detto, si vede l’impronta del musical, che richiede che le canzoni non vengano solo cantate seguendo la musica, ma che portino con loro sempre i loro significati. Grande interprete e generosissimo artista, Sticotti non si è certo risparmiato, riuscendo tingere la serata con i mille colori della sua voce, confermando il suo talento a chi già lo conosceva e lasciando sbalorditi quelli che non lo avevano mai sentito prima.
foto: Studio Fidemi
Waiting for the Diva Un pianoforte e la voce di Gaia Bellunato per un concerto che è molto di più di un semplice recital di Marco Bellucci
Lo spettacolo Waiting for the Diva è uno spettacolo teatrale, molto piu musical theatre di quanto gli autori stessi non abbiano il coraggio di dichiarare. Denso, delicato e incisivo al punto giusto, emotivamente appagante, razionalmente un pò “distante” perché l'uso di tante lingue (francese, tedesco, inglese e ovviamente italiano) presuppone la precisa conoscenza dei brani presentati al fine di seguire il filo narrativo. Gaia è generosa, passionale e precisa; vocalmente avrei desiderato un po’ più di spazio nelle zone di climax drammatico mentre lei risultava un po’ “stretta”, ma forse è semplicente la bilancia tra canto e recitazione che in quel momento si è ‘sbilanciata’ verso la recitazione. Certo è che Gaia Bellunato è una performer della nuova generazione, quelle a cui non devi spiegare cosa significa “cantare recitando” e
conferma di avere molta pratica in questo senso; ogni singola parola viene vissuta a pieno ed una notevole mimica facciale aiuta lo spettatore a sentirla nel suo più profondo significato. E questo, come dicevo prima, anche quando canta in lingue che non sono la sua lingua madre: notevole. Sempre adeguato e pienamente in linea con l'emozione espressa è l’accompagnatore al piano Marco Bosco che ha collegato con stile tutti i brani previsti dando allo spettacolo una buona uniformità musicale; quella uniformità che permette anche alla colonna sonora di trasmettere il racconto che gli autori hanno immaginato: “un viaggio dell’arte e della musica dai fumosi cabaret berlinesi di Kurt Weill e Marlene Dietrich fino agli sfavillanti teatri di Broadway, dove risuonano le note di George Gershwin e Cole Porter, non senza una breve sosta
nei locali parigini, in cui Edith Piaf incanta gli avventori con le sue chanson graffianti.” Nell’insieme si tratta di un concerto teatrale godibile per tutti i gusti: dai palati raffinati amanti del fil di voce con deliziosi e sostenutissimi pianissimo ai ricercatori di emozioni più aggressive e dinamiche, dai cultori del musical theatre del primo XX secolo a chi è stanco di vedere alla TV bambini cantare come finti grandi, amatori urlare canzoni di Sanremo e altre oscenità comuni ai giorni nostri. Una buona, sana, densa ora di relax emozionante (sembra un ossimoro ma non lo è) ve la regalano Gaia Bellunato accompagnata al piano da Marco Bosco eseguendo un progetto di E. Metalli e J. Santallà.
foto: Studio Fidemi
Andrea Marchetti
Un performer sull’oceano Dalle tournee di Pinocchio alle grandi navi bianche di Aida: sogni, esperienze e consigli da un italiano nel mondo di Roberta Mascazzini
Andrea Marchetti, diplomato in canto lirico al conservatorio, poi alla Scuola del Musical (SDM) ed alla Musical Dance Master Accademy (MDMA), ha lavorato nel tour italiano ed estero di Pinocchio - Il grande musical, collabora con varie associazioni di musical, tra cui la Show Biz di Brescia, la Foenix di Cagliari ed il Centro Formazione Riccardo Mosca di Palazzolo sull’Oglio in qualità di regista, direttore musicale e insegnante di canto. Ora ha intrapreso una strada professionale all’estero con la Compagnia Aida Crociere: prima della partenza si preparano, in 2 mesi, ben 15 spettacoli con una media di uno ogni 3/4 giorni: totale più di 150 canzoni tra lingua inglese e tedesca, armonizzate fino a otto voci e più di 200 coreografie... Un lavoro complesso e con un ritmo acceleratissimo di apprendimento, che farebbe paura a chiunque, ma non ad Andrea. Vediamo di conoscerlo meglio.
Ciao Andrea, raccontaci qualcosa di te. Com’è stato il tuo primo incontro con il musical? Un saluto affettuoso dall'India a tutta la redazione, a te e ai vostri lettori! Fin da bambino sono stato educato alla musica e al canto raggiungendo all'età di 21 anni il diploma in canto lirico presso il conservatorio di Cremona. Il mio incontro con il musical lo devo a Cristina Spinelli, coreografa, regista e direttrice della sua scuola Show Biz di Brescia, che ho conosciuto a 17 anni. Con lei capii che non mi bastava più la bella voce per esibirmi sul palco, avevo bisogno di potermi esprimere in modo più completo, con più consapevolezza e padronanza del linguaggio del corpo. Quindi iniziai a studiare danza e recitazione sia privatamente che presso diverse scuole tra Brescia e Milano.
Quando precisamente hai deciso di stu-
diare musical o che sarebbe stato quello che avresti voluto fare “da grande”? Intorno ai 22 anni. Il conservatorio mi aveva dato un’immagine chiara del mondo della lirica, ma mi sentivo chiamato a qualcosa di più moderno, che permettesse una comunicazione più diretta e che si rivolgesse ad un pubblico più ampio. Così feci il provino per la SDM di Milano. L’audizione andò bene e presto iniziai a conoscere il mondo del musical su scala nazionale, gli artisti, gli addetti ai lavori, le personalità più autorevoli alle quali devo moltissimo e per le quali nutro una profonda stima personale e professionale. Maturai durante quei due anni di ac-
cademia la consapevolezza del voler stare in scena come musical performer. Acquisii una maggiore conoscenza del teatro musicale, della sua storia e degli strumenti necessari per farne parte.
Come hanno preso questa scelta i tuoi genitori ed i tuoi amici? Si tratta di unascelta coraggiosa: vita piena di sacrifici e dalle molte incertezze. I miei genitori sono davvero meravigliosi: mi hanno sempre lasciato libero di fare le mie scelte educandomi alla “respons-abilità”, cioè all'abilità di trovare da solo le risposte alle domande che mi si pongono lungo il percorso. Sono persone semplici e
genuine, ora in pensione, hanno cresciuto quattro figli e in famiglia sono circondato da un grande affetto. Per quanto riguarda gli amici, posso dire di aver incontrato moltissime persone sulla mia strada, l'hanno arricchita, le hanno dato più senso , le hanno dato una direzione. Alcune di esse rimangono indelebili... Molte purtroppo si perdono di vista. Comunque ho sempre ricevuto il sostegno di tutti. Credo che per raggiungere ciò che si vuole occorra sempre un po’ di sacrificio, ma che poi venga del tutto ricompensato. Credo anche che diventi molto difficile rinunciare a questo mestiere per chi sente che non potrebbe fare altro
nella vita che stare su un palco. Questo è un aut aut con noi stessi che ci obbliga a realizzare necessariamente la vita che desideriamo e a volte , quando questo non ci è possibile, ci demoralizziamo e ci abbattiamo. Credo che chi voglia fare questo mestiere debba trovare una forte determinazione ed essere disposto ad una vita centrata sul presente e sulle possibilità che ci si presentano di volta in volta. L’importante è farsi trovare pronti quando l’occasione arriva e impegnarsi molto nella preparazione del lavoro che siamo chiamati a svolgere. In ogni caso non credo sia il lavoro a fare l’artista: essere artista è un modo di vivere, è il
proprio talento, il proprio modo di essere e, affinché questo diventi un mestiere, serve che un pubblico lo riconosca.
Una domanda che si potrebbe porre a qualsiasi giovane una volta conclusi gli studi: com’è stato l’impatto col “mondo del lavoro”? Le scuole di musical, e quindi anche i diplomati e potenziali concorrenti, sono in continuo aumento. Come ti appare la situazione in Italia? Ci sono abbastanza opportunità per tutti? Il mondo del teatro ha sempre meno soldi, anche per via della crisi... Credo che sia la scuola che il lavoro siano entrambi luoghi formativi, di apprendimento, di scambio e di incontro, con la differenza che la scuola la paghi per il servizio che ricevi, mentre al lavoro vieni pagato per il servizio che offri. Per questo è molto importante tener alta la qualità del proprio pacchetto, migliorarsi sempre, crescere, conoscere, allenarsi, confrontarsi, fare esperienze e incontri. Bisogna essere sempre consapevoli di cosa si è in grado di offrire e a chi. Saverio Marconi alla SDM ci ha insegnato che avere successo nella vita significa poter vivere del lavoro che ci piace, per cui sentiamo di essere nati. Io concordo con lui. Realizzare questo sogno è una sfida, cioè vivere di questo mestiere, fare di questa passione il proprio lavoro è una sfida. Una sfida che merita di essere affrontata, quando si ha talento
e mezzi per farlo. Per quanto riguarda crisi e opportunità, credo che l’italiano meriterebbe sin da bambino di essere educato alla cultura del teatro e che la crisi di soldi sia da associare in molti casi alla crisi di valori. Se ogni italiano andasse a teatro, oggi non assisteremmo alla chiusura di grandi teatri stabili o delle grandi compagnie. Ma c’è da chiedersi perché un italiano dovrebbe desiderare di andarci se nessuno lo abbia mai istruito ed appassionato alla musica, alla danza, alla recitazione e alle arti egate alla rappresentazione e allo spettacolo. Se fosse così, certo ci sarebbero più posti di lavoro per molti più aspiranti artisti; la qualità degli spettacoli sarebbe più alta, in quanto inseriti in un sistema che permetterebbe loro di essere finanziariamente più sostenuti e di evolvere il potenziale della loro produttività.
In passato, in Germania hanno lavorato Francesca Taverni (Cats e Wicked), Simona Patitucci (Cats), Michele Carfora (Cats). Ora abbiamo Daniela Pobega in Spagna, Bruno Grassini, protagonista di numerosi musical in ambito mitteleuropeo, Marco Di Sapia che ha fatto Sweeney Todd a Vienna, ben cinque italiani nel cast di Tarzan, anche dopo il trasloco da Amburgo a Stoccarda, Nicolas Tenerani nel Sister Act ad Oberhausen... Il ruolo dello stesso Tarzan è ricoperto dall’italianissimo Gian Marco Schiaretti. Per te come è stata la decisione di cercare la-
voro al di fuori dai confini nazionali? Ho deciso di aprirmi all’estero quando ho avuto la percezione che sarebbe stato difficile per me vivere di questo mestiere nel nostro Paese, con uno stipendio mensile sicuro e adeguato ai costi della vita e che mi garantisse un po’ di stabilità .Vedere gli spettacoli di Broadway e del West End, poi della Germania mi ha dato un quadro più ampio, dimostrandomi che lo show business esiste e funziona.
La tua prima esperienza all’estero ha però avuto luogo prendendo parte al tour di Pinocchio a New York, in Corea ed in Italia. Raccontaci un po’ di questa tua esperienza estera e della Compagnia della Rancia, visto che nel 2013 ha celebrato il suo trentesimo compleanno. Penso che non ci possa essere battesimo più mozzafiato di questo, al fianco di coloro che sono i veri testimoni del teatro musicale italiano: Saverio Marconi, Fabrizio Angelini, Franco Travaglio, Manuel Frattini, e tutti i splendidi artisti di quella meravigliosa produzione. Il mio debutto con Pinocchio è avvenuto nel più grande teatro della Corea e la chiusura del mio contratto è stata a New York, a due passi da Broadway. La Compagnia della Rancia è una grande produzione, una famiglia di più generazioni e che ha visto crescere artisti in diverse fasi della loro carriera. Ha regalato negli anni grandi emozioni a tutto il suo pubblico con i
suoi meravigliosi musical. Per me è stato un grande orgoglio farne parte e colgo l’occasione per salutare con affetto amici e colleghi.
Hai qualche aneddoto simpatico o divertente da raccontarci circa il tour estero di Pinocchio? In fondo, dopo la premiata ditta Garinei&Giovannini, foste i primi ad esportare un prodotto del teatro musicale italiano. Beh, che dire, Pinocchio il grande Musical è un super spettacolo made in Italy di cui tutto il mondo conosce la storia. Credo abbia colpito tutto il pubblico americano e quello coreano che è venuto a vederci nello stesso modo in cui ha commosso quello italiano. L’atmosfera dello show è magica, i contenuti della storia sono molto ben rappresentati e i valori narrati nella storia sono universali: la famiglia, la coscienza, le buone intenzioni e il non dire le bugie... Che poi cresce il naso... Un naso che conoscono tutti , quello di Pinocchio, in tutto il mondo.
Evidentemente era scritto nel tuo destino che tu dovessi girare il mondo e così ora sei negli show a bordo delle navi Aida. Quali sono le caratteristiche di questi show ed qual è il tuo ruolo in essi? Se non mi sbaglio, ultimamente sei coinvolto anche a livello organizzativo, come coreografo. In sintesi, hai avuto una crescita professionale all’interno della stessa compagnia.
Gli show sono circa 15, dipende poi dalla posizione che ricopri, durano circa un’ora e sono interamente cantati in lingua tedesca o inglese. Alcuni di essi sono anche recitati in tedesco; tutti gli show prevedono molta danza a livelli diversi a secondo se sei cantante o ballerino. Il cast è formato da un ensemble di sei ragazze e di sei ragazzi. Io ho la posizione di all rounder, quindi sia di ballerino che di cantante. Ci sono poi la posizione dei ballerini, che non cantano, e dei solisti che ricoprono ruoli più frontali. Gli spettacoli sono ideati per intrattenere i clienti in vacanza e il livello delle performance è di altissimo livello. L’organizzazione dietro essa è davvero gigante e coinvolge un ampissimo gruppo creativo che ha sede ad Amburgo.
Come ti trovi a lavorare su una nave? Il gruppo dei colleghi è senz’altro internazionale.Vi siete capiti ed amalgamati subito? Questo è il mio quarto contratto con Aida ed ogni volta il cast cambia. Di solito ho già lavorato con parte del gruppo, ma spesso si fa conoscenza di nuovi colleghi. La nave è un luogo di incontri, un piccolo mondo ben organizzato in cui la vita è ricca sempre di esperienze nuove. Si ha la possibilità di vedere il mondo, di conoscere stili di vita e modi di pensare molto diversi fra loro.
Facci capire quali sono le principali differenze tra uno di questi spettacoli ed un tradizionale musical in un teatro cittadino. Il lavoro d’intrattenimento che svolgo sulla nave si rivolge ad un pubblico formato dalla clientela della compagnia per cui lavoro, che quindi si aspetta di vedere uno spettacolo diverso ogni sera per le settimane di soggiorno a bordo. La produzione di un musical “stabile” vende al botteghino e si rivolge ad un pubblico che si aspetta di assistere ad uno spettacolo che valga il costo del biglietto. La qualità delle produzioni Aida è al pari della qualità di molte altre produzioni internazionali. Le differenze sono dovute al contesto di vacanza in cui l’intrattenimento avviene e al paese di origine della clientela, la Germania.
Hai progetti o sogni nel cassetto per il futuro? Desideri, anche alla scadenza del contratto con Aida, fare dei casting e firmare contratti all’estero oppure preferiresti trovare un ingaggio in Italia, se possibile? Per il momento mi trovo benissimo con Aida, ma certamente ho i miei sogni nel cassetto. Penso di essere aperto a qualsiasi cosa mi riservi il futuro.
Hai tenuto anche corsi di canto.Ti piacerebbe ripetere l’esperienza oppure preferisci l’adrenalina delle esibizioni sul palcoscenico?
A livello amatoriale, ho avuto moltissime esperienze in diversi ruoli creativi come regista e direttore musicale. Credo di avere una vocazione per l'insegnamento che ogni volta mi viene ribadita dalle persone con cui collaboro. Mi piace apprendere e mi piace dare, mi piace vedere le facce sorridenti di chi si fida di me e si sente soddisfatto per i risultati che ha raggiunto anche grazie al mio aiuto.
Parlando con te ed avendo avuto modo di scambiare due parole con un tuo collega che lavora in Tarzan, mi pare di capire che voi performers emigrati siate
ampiamente soddisfatti delle vostre scelte e della nuova vita (in Germania). Consiglieresti ai nuovi diplomati di percorrere la stessa strada, di lanciarsi anche in esperienze professionali all’estero? Hai qualche consiglio da dare? Certamente, e l’unico consiglio è quello di essere sempre aperti a ricevere ciò che arriva sulla nostra strada, consapevoli di chi si è, di cosa si vuole e di ciò che si può dare.
Ringraziamo Andrea per la gentilezza, il tempo, la disponibilità e la simpatia e gli auguriamo di realizzare sempre tutti i suoi sogni con la tenacia che sta dimostrando.
Mauro Simone Frankenstein Jr, Re-play, l’insegnante... e una novità in arrivo a primavera di Roberto Mazzone
Dalla ripresa di Frankenstein Junior al nuovo allestimento di Replay – The Musical, fino a una novità prevista per maggio 2014: Mauro Simone racconta a tutto campo i suoi prossimi progetti professionali.
Secondo anno di tournée con Frankenstein Junior, che ti vede al fianco di Giampiero Ingrassia. Com’è il morale? Siamo subito ripartiti alla grande! Abbiamo fatto un allestimento di mezza giornata ad Ascoli Piceno, nel senso che abbiamo iniziato le prove alle tre del pomeriggio e dopo un paio d’ore eravamo già pronti per una ‘filata’. è stato pazzesco e siamo rimasti tutti molto stupiti di ritrovare immediatamente la stessa energia in questo spettacolo!
E adesso avanti fino ad aprile… Sì. Abbiamo un’ottantina di date, è una compagnia meravigliosa, ci divertiamo molto sul palco, ma anche
nella vita e questo dà ancora più forza allo spettacolo, perché quando tra colleghi si vive bene la vita fuori dalle scene, sul palcoscenico poi si acquista maggiore forza.
Quest’anno cade anche il 40° anniversario del film di Mel Brooks… Sì, esatto. è in preparazione uno speciale dvd con degli extra dello spettacolo che sono stati girati l’anno scorso. Io e Fabrizio Corucci (la Creatura, n.d.r.) siamo stati in giro per Roma vestiti da Igor e da Creatura. è stato molto divertente osservare la reazione della gente.
La gente ritrova il film nello spettacolo? C’è una battuta dell’Ispettore Kemp che ti fa capire l’indice di gradimento dello spettacolo da parte del pubblico, quando lui dice: “Mi è costato un occhio”. Io, per esempio, in quel momento mi sto vestendo da Igor e dall’interfono sento la rispo-
sta del pubblico, in base alla quale mi rendo conto se si tratta di persone che capiscono la comicità di Mel Brooks e sono appassionati del film. E poi, alla mia entrata in scena, sento il pubblico che dice prima di me le mie battute, perché sono le più conosciute del film.
Nel frattempo è tornato anche Replay – The Musical… Le date al Brancaccino di Roma sono andate in overbooking e lo spettacolo è stato davvero molto apprezzato anche al Live Forum di
Assago (MI). Quest’anno lo spettacolo è realizzato da Different Plays (io e l’altro autore, Fabio Ingrosso) in collaborazione con la Compagnia della Rancia. Ci stiamo già muovendo per la prossima stagione, anche perché rispetto alla versione del maggio 2012 lo spettacolo è stato ampliato, è cambiato il finale, abbiamo sostituito una canzone aggiungendone una ulteriore.
La tua attività didattica come sta procedendo? Procede bene, perché è una cosa
che io amo fare tantissimo. Quest’anno insegno soltanto alla BSMT di Bologna. Con loro ho tantissimi progetti: ci sarà la ripresa di Into The Woods a Cento, poi farò lo spettacolo di metà anno con i ragazzi del secondo anno, Pippin, mentre Barbara Corradini si occuperà di Sweet Charity; insieme a Shawna Farrell sarò il regista associato di Sweeney Todd, che sarà all’interno del cartellone del Summer Musical Festival organizzato a Bologna. Invece a maggio, con la Compagnia dei Duttili, curerò la regia di Outing – Il mu-
sical, che è la versione italiana di Bare, un musical off-Broadway, a cui abbiamo deciso di cambiare il titolo perché magari non tutti avrebbero potuto cogliere il riferimento in inglese. Ci saranno le audizioni per questa produzione, attualmente ancora in fase di adattamento in italiano. Sarà un musical con otto persone in scena e abbiamo scelto il 17 maggio come data di debutto (nel cartellone della cittadina di Cento) perché è la giornata mondiale contro l’omofobia.
La Bella e la Bestia trionfa anche a Parigi
Il mega-musical Disney si rivela un grande successo anche nella sua versione francese, con una sorpresa tutta italiana... di Franco Travaglio
L'elegante Theatre Mogador, sala parigina gestita da Stage Entertainment reduce da due stagioni di successi con la versione francese di Sister Act, ospita la premiere de La Belle et la Bête con un pizzico di grandeur in linea coi tempi, e tanto glamour: tra molti vip francesi abbiamo riconosciuto Roman Polanski (che al Mogador sta per portare il musical tratto dal suo Per favore non mordermi sul collo dopo i decennali successi in Austria e Germania), Jerome Pradon (Mamma Mia!, Les Miserables, Martin Guerre, Nine alle Folies Bergere con la regia di Saverio Marconi) e ovviamente ‘mister Oscar’ Alan Menken, compositore
di entrambe le recenti produzioni parigine Stage. La celebre fiaba Disney è ormai una macchina collaudata, anche nella versione post-broadway firmata per la multinazionale olandese dal regista Glenn Casale, dallo scenografo David Gallo, dal costumista Miguel Huidor e dal coreografo John Macinnis, e andata in scena con successo dalla Spagna alla Russia, dall’Olanda all’Italia, dove aveva aperto la strada - oggi purtroppo interrotta - della lunga tenitura, con due stagioni di successi record a Milano e Roma. L’allestimento di Parigi ricalca fedelmente il format senza grandi novità,
quindi possiamo concentrare la nostra attenzione sul cast, che riserva invece piacevoli sorprese. L’elemento sicuramente più convincente - e non stupisce - è proprio il Lumiere di Dan Menasche, che dimostra un’aderenza attoriale a dir poco perfetta al francesissimo chandelier intrattenitore, a cui regala il sorriso di Fernandel e la verve da ragazzino malizioso di Tom - Amadeus - Hulce. Travolgente nel cotè brillante e focosamente sensuale in ogni dove, è però nelle scene più “vere” (sempre che sia concesso usare questo vocabolo a proposito di un candelabro parlante) che sorprende per genuinità, regalando
un’interpretazione per nulla cartoon e per questo particolarmente coinvolgente. Se come spesso accade il comprimario ruba la scena ai protagonisti, non da meno sono però Yoni Amar e Manon Taris: una bestia piena di vigore e più gotica del solito (volutamente tagliate in questa edizione tutte le gag sopra le righe del principe tramutato in mostro, con un risultato che sacrifica qualche risata alla credibilità del personaggio) e una Belle deliziosamente energica e attraente, forse dalla vocalità non sempre cristallina ma molto efficace nell’interpretazione. Se Lumiere ricordava l’interprete di
Don Camillo, il suo compare Big Ben (David Eguren) è l’idea che un orologiaio avrebbe di Louis De Funes, indimenticabile maschera della comicità francese che anche gli italiani hanno potuto apprezzare in alcune interpretazioni al cinema a fianco di Totò, tra cui l’indimenticabile avvocato arruffone de I Tartassati. I due formano una coppia formidabile, viveur degagé l’uno quanto nervosamente “pistino” l’altro e porgono con simpatia trascinante le battute non-sense del felice adattamento firmato da Ludovic-Alexandre Vidal (ad esempio l’improbabile calambour del pendolo sullo stile barocco qui
suona “le barock around the clock”). Completano il quartetto della servitù incantata la teiera “M.me Savovar” di Léovanie Raud piena di materna dolcezza, specie quando canta con grande trasporto l’indimenticabile aria Historie Èternelle (Beauty and the Beast), e il piumino (Plumette) di Alix Briseis. Gaston ha la giovanile prestanza di Alexis Loizon e in Alexandre Faitrouni (Le Fou) trova una spalla comica di grande effetto. Tutto l’ensemble brilla per preparazione e talento, ed è un piacere notare che a coprire il fondamentale ruolo di capo balletto c'è una vecchia conoscenza del musical italiano, Angelo Di Figlia.
Abbiamo non a caso lasciato per ultima la cantante lirica trasformata in cassettiera Mme Grand Bouche perché si tratta di un graditissimo ritorno, la nostra bravissima Gabriella Zanchi già interprete del medesimo ruolo nella versione italiana. “Quello di riprendere il ruolo di Madame della Grande Bouche a Parigi – ha dichiarato Gabriella a Amici del Musical - è stato un bellissimo regalo che non pensavo potesse capitare a me. Invece dal momento in cui mi sono trovata immersa nel lavoro di compagnia qui nel teatro Mogador, ho subito sentito calore ed accoglienza, e una grande emozione nel respirare di nuovo quella musica e quella storia bellissima che per 2 anni aveva già fatto parte della mia vita. Glenn Casale e Ratan Julian Jhaveri hanno un modo di lavorare che suscita entusiasmo e parla diritto al cuore dei ragazzi: questo credo sia uno degli ingredienti che rendono questo spettacolo speciale. Nella versione francese Glenn ha creato un adattamento più "noir" della storia, creando uno spettacolo che non fosse solo per bambini, ma che potesse parlare al cuore e alle emozioni di tutti, puntando l'attenzione sulla storia d'amore fra la Bella e la Bestia. Il mio personaggio è stato ancor più umanizzato e caratterizzato da un divertente accento italiano di cantante d'opera, che, omaggiando la cultura musicale francese, esegue per Belle una citazione della celebre Carmen di Bizet... “L'amour est un oiseau rebelle”...” Già, perché se la simpatia, il talento, la magnifica voce di Gabriella Zanchi sono gli stessi che gli italiani hanno avuto modo di apprezzare, il regista ha aggiunto qualche piccolo tic, intercalare e tormentone tipicamente italiani. Per scoprirli e per gustare ancora una volta questa meravigliosa fiaba raccontata da una delle più emozionanti colonne sonore della storia del musical, vi consigliamo un week end nella metropoli, soprannominata non a caso Ville Lumière… Le vendite sono aperte fino a luglio 2014. http://www.labelleetlabete.fr/
Desideri di Natale Quattro star del musical d’oltralpe per un concerto natalizio di beneficenza a Graz di Enrico Comar
Perché scrivere un altro articolo sull’ennesimo piccolo concerto di beneficenza natalizio di qualche star del musical austriaca? Generalmente mi limiterei a dire che l’eccellenza di questi artisti, e delle loro performance, potrebbe bastare da sola. La verve irresistibile di Lukas Perman, sempre spumeggiante e istrionico nel divertire e coinvolgere il pubblico, la dolcezza di Marjan Shaki, che con la sua Autumn Leaves sa commuovere l’intera platea, la voce raffinata e gentile di Ramesh Nair, e la sua simpatia quando, con un libro di fiabe sulle ginocchia, racconta la sua esilarante rivisitazione di un noto racconto natalizio, l’immensità del talento di Maya Hakvoort, che, tra l’energia esplosiva di Santa Claus is coming to town e la nobiltà di una meravigliosa Tell Him in duetto con Marjan, non scende mai sotto l’eccellenza.
Ma questa volta scrivo anche per altre ragioni. Per quattro artisti che, qualsiasi motivazione li spinga (sincera solidarietà? Un po’ di abile marketing? Chissà…) di fatto contribuiscono a migliorare la vita di migliaia di persone. Per tutti coloro che hanno ricevuto anche solo un minimo aiuto dai proventi i questo piccolo concerto. Perché, mentre queste persone si esibivano sul palco, dedicando il loro tempo e il loro talento al sostegno di attività in cui credono, mentre io li ascoltavo, attento solo alla musica, del tutto disinteressato e un po’ annoiato dai loro discorsi filantropici, perdevo, senza saperlo, una delle persone a me più care. Lo scrivo perché voglio pensare che, in qualche modo, anche i proventi un piccolo concerto come questo possano, per qualcuno, aver fatto la differenza.
Vienna,
il musical prossimo venturo
Dopo Elisabeth e Legally Blonde, grande attesa per La visita della Vecchia Signora, la nuova produzione dei Teatri Riuniti di Vienna di Matteo Firmi
La principessa Elisabeth s’appresta a fare le valigie. Il musical omonimo e il suo compagno Naturlich Blond stanno volgendo al termine le loro repliche presso i Vereignite Buhnen Wien (Teatri Riuniti di Vienna). Elisabeth è tornata in replica al Raimund Theatre nell’edizione del ventennale dopo una lunga tournee che ha toccato anche l’Italia, a Trieste, nel maggio del 2012. Le repliche viennesi sono iniziate a settembre 2012 con un cast di tutto livello. Lo spettacolo che termina le proprie rappresentazioni a fine gennaio 2014 vanta un cast cotituito da quello che ha girato l’Europa e i maggiori cantanti del musical austriaco. Elisabeth, dopo anni, resta sempre uno spettacolo che è nel sangue del pubblico. è facile vedere - e sentire - durante le varie repliche dello spettacolo gente che canticchia e questo è uno dei più bei segnali che il musical
oramai fai parte della storia. Lo spettacolo al Raimund Theatre vede una ri-progettazione delle scenografie molto interessante e curiosa (ispirata alla versione del 1992), dovuta principalmente alle diverse misure dello spazio scenico; ma comunque non perde minimamente d’interesse e di bellezza. Piattaforme girevoli e piani di movimento che si alzano e scendono portano allo spettatore una varietà di opzioni a dir poco infinita. Annemieke Van Dam nel ruolo di Elisabeth, dama snella e molto elegante, sfoggia una voce limpida, con un carattere forte e molto determinata. Questo ruolo è una degna continuazione delle interpretazioni di Maya Hakvoort e della indimenticabile Pia Douwes. Mark Seibert nel ruolo della Morte affascina il pubblico femminile.La sua voce e sempre in parte anche se talvolta non dà il 100 % della sua
potenza vocale e ahimé ciò va a discapito della musica. Kurosch Abbasi, protagonista in seconda della storia, è sempre divertente e sia come presenza scenica che vocale non lascia mai delusi. Per questo allestimento è stato inserito un nuovo numero musicale nel primo atto (Kein Kommen ohne Geh'n), duetto tra Elisabeth e la Morte molto interessante e inaspettato.
Da marzo 2014 al Raimund vedremo uno spettacolo - contenitore come Mamma Mia!: la protagonista principale dello spettacolo sarà Ana Milva Gomes nel ruolo di Donna, Madeleine Lauw nel ruolo di So-
phie, Jacqueline Braun nel ruolo di Rosie, Susa Meyer nel ruolo di Tanja e Sophia Giorgi nel ruolo di Lisa. Nella compagine maschile avremo Boris Pfeifer nel ruolo di Sam, Ramin Dustdar nel ruolo di Harry, Martin Muliar nel ruolo di Bill. Un cast nettamente molto giovane e molto ben preparato che speriamo possa portare al miglior risultato. Mamma mia!, per la prima volta in Austria, sarà diretto dalla regista Phyllida Lloyd.
Passiamo all’altro teatro dei VBW, il Ronacher: fino a pochi giorni fa era in scena Legally Blonde nell’adattamento tedesco. Lo spettacolo, nato
nel 2007 e basato sull’omonimo film (tradotto in italia con il titolo La rivincita delle bionde) è incentrato sulla storia di una ragazza frivola e alla moda interpretata da Barbara Obermeier che, lasciata dal proprio fidanzato (interpretato da Jörg Neubauer) proprio per il suo modo di vivere e d’essere, riuscirà con molte difficoltà a dimostrare di essere una donna di prima categoria. Lo spettacolo è leggero e ben costruito, con qualche hit musicale di prima categoria, e regala allo spettatore una serata spensierata e leggera. Barbara Obermeir e Jörg Neubauer sfoggiano grinta e carattere, Ana Milva Gomes (nel ruolo di Paulette), a Vienna sentita anche come protagonista di Sister Act la scorsa stagione, è una garanzia per tutto lo spettacolo. Lo spettacolo lascia Vienna un po’ in sordina anche perché affiancare Elisabeth non è mai facile.
Al Ronacher arriverà direttamente dalla Svizzera, dove è stata presentata in anteprima a Thun Der Besuch der Altes Dame ovvero La visita della vecchia signora. Si tratta di un musical completamente originale e nuovo, infatti fa parte di quel piano di novità musicali che vede tra l’altro nel 2015 un'altra Weltpremiere (novità mondiale) come Schinkaneder. Il ritorno della vecchia signora è ispirato dal racconto omonimo di
Dürrenmatt del 1956. L'opera tratta i temi della vendetta, della colpa individuale e collettiva, dell’onnipotenza del denaro e della corruzione morale. Lo spettacolo riporta a Vienna, dopo anni, Pia Douwes nel ruolo principale e come protagonista maschile Uwe Kröger. I testi dello spettacolo sono del sovraintendente Cristian Struppeck, la musica di Moritz Schneider, autore giovane con un suo linguaggio molto accativante. La stampa svizzera dipinge lo spettacolo come divertente, pieno di spirito, con dei protagonisti che renderanno memorabile questo spettacolo. Il dramma si svolge nell’immaginaria cittadina di Güllen (“liquami” in dialetto svizzero-tedesco). La città sta preparando le celebrazioni per l’arrivo di Claire Zachanassian (Pia Douwes), un tempo cittadina di Güllen e ora multimiliardaria, tornata a visitare il paese natio con suo marito (durante lo spettacolo ne cambierà diversi, che Dürrenmatt suggerisce siano interpretati sempre dallo stesso attore) e con un seguito a dir poco grottesco. Dopo alcuni convenevoli, annuncia ai concittadini la vera ragione della sua visita: in gioventù rimase incinta dalla relazione avuta con il fidanzato Alfredo Ill (che sarà interpretato da Uwe Kröger), che però negò la paternità e corruppe due ubriaconi
perché dichiarassero in tribunale di aver avuto rapporti con Claire Zachanassian. La ragazza, cacciata con disonore dal villaggio e bollata come prostituta, dopo aver accumulato uno straordinario patrimonio con una serie di fortunati matrimoni, offre un miliardo di franchi alla cittadina di Güllen per l’omicidio di Alfredo Ill, che negli anni era diventato uno dei cittadini più stimati della città. Gli abitanti rifiutano energicamente, ma iniziano presto ad acquistare beni costosi a credito anche dal negozio dello stesso Alfredo Ill, come se si aspettassero l’arrivo di nuove risorse nel futuro. Alfredo Ill se ne rende conto ed inizia ad allarmarsi. Gli abitanti di Güllen iniziano lentamente ma inesorabilmente a mutare il loro atteggiamento di sostegno ad Alfredo Ill. Diventa presto ovvio che l’unica strada per sostenere un tale livello di
indebitamento è la sua morte... Inizialmente ciascuno sembra sperare che avvenga qualche incidente. Claire Zachanassian da parte sua attende soltanto che gli abitanti prendano la loro decisione (scommette che anche la giustizia può essere comprata, e che gli abitanti cederanno). L'epilogo le dà ragione. Anche l’ultimo baluardo dell’etica, il preside della scuola, cede. In un’ambigua assemblea popolare Alfredo Ill viene ucciso collettivamente, mentre il Borgomastro dichiara che giustizia è finalmente stata fatta. Claire Zachanassian consegna l’assegno ai cittadini, ma il tono cupo dell’opera cambia divenendo quasi farsesco: è proprio Claire Zachanassian a sembrare la meno soddisfatta per una vendetta attesa così a lungo. Aspettiamo con ansia la messa in scena viennese; anche i piccoli demo ora disponibili lasciano molto ben sperare.
Non basta D’Artagnan a salvare i Moschettieri Al Colosseum Theater di Essen (D) una deludente versione del musical ispirato al romanzo di Dumas di Roberta Mascazzini
La letteratura francese sembra farla da padrone nelle trasposizioni di romanzi in musical. L'opera letteraria di Alexandre Dumas non fa eccezione e si trova in buona compagnia, insieme a fantasmi e miserabili che addirittura hanno girato la boa del quarto di secolo. Nel 2003 debuttò a Rotterdam un’opera tutta olandese, prodotta da Stage Entertainment: si tratta di 3 Musketiers – de Musical con le musiche dei fratelli Bolland (quelli di Rock me Amadeus cantata da Falco) ed il libretto di André Breedland. L’opera subì poi dei riarrangiamenti a livello musicale ed un paio di cambiamenti nell’ordine di esecuzione delle canzoni quando andò in scena nella vicina Germania, al Theater des Westens di Berlino, il 5 aprile 2005. Ciò che accomunava le due produzioni non era solo la società, Stage Entertainment, ma anche l’attrice che dava vita con energia e sensualità, oltre che con la
solita perfezione, a Milady De Winter: Pia Douwes, che ormai è una prezzemolina di qualità nell’ambito del teatro musicale mitteleuropeo. La prima produzione teutonica vide di nuovo accanto all’attrice olandese il suo “compagno d’avventure teatrali”, Uwe Kroeger, nei panni del cattivo cardinal Richelieu. Il musical fece decollare all’epoca la carriera della giovanissima Sabrina Weckerlin (Constance), ancora studentessa presso la Stage Academy di Amburgo, e di Patrick Stanke (D’Artagnan), ormai divenuto l’idolo di urlanti ragazzine che esultano ancora prima che apra bocca per intonare una nota. A Stoccarda nel 2006 il musical subì lievi cambiamenti a livello musicale, con la sostituzione di una canzone e l’interpretazione di un’altra non più ad una, ma a due voci. Dal 2010, quando la produzione chiuse, si sono alternate solo produzioni su licenza
di Stage Entertainment, ma non firmate direttamente dalla stessa, e, per lo più, in occasione di festival teatrali estivi, molto in voga in Germania.Tra queste, quella della Studio T che avrebbe dovuto fare una tournée durante questa stagione 2013-14. Pur non trattandosi di un tour di lusso, le buone premesse non mancavano: Patrick Stanke avrebbe di nuovo vestito i panni di D’Artagnan e si sarebbe occupato della regia, Marc Clear avrebbe di nuovo impugnato il fioretto di Athos, e Maricel avrebbe vestito per la prima volta gli attillati panni di Milady de Winter. Il diabolico cardinale Richelieu avrebbe avuto il volto di
Michael Thinnes, cui appartiene tra l’altro la società che produce il musical e che, quindi, si è riservato il ruolo con le canzoni che dovrebbero fungere da show-stoppers. L’opera in sé sarebbe pur gradevole e divertente, se fosse messa in scena con un cast e con i mezzi economici e tecnici delle produzioni di Berlino e Stoccarda. Gli autori raccontano la storia in modo piuttosto leggero, infilando molte battute spiritose nei dialoghi; D’Artagnan è dipinto come un giovane inesperto, ingenuo ed un po’ stupido ed il suo destriero è appositamente rappresentato con due attori che si muovono goffamente dentro un altrettanto goffo costume
da cavallo. Tutto è fatto apposta perché si veda, ed in modo piuttosto esagerato, che il cavallo è finto. Nulla a che fare con i finti esemplari equini del musical War Horse, tanto perfetti da sembrar veri. Patrick Stanke si rivelò già nella prima produzione di Berlino nel 2005-2006 assolutamente a suo agio sia nella parte semicomica sia nel ruolo di spadaccino. I suoi tempi comici sono quelli giusti per far sembrare del tutto naturali le battute, come gli venissero spontaneamente chiacchierando tra amici. Nonostante siano passati 10 anni dal suo debutto in questa parte è ancora assolutamente perfetto. Anche la sua
voce regala agli spettatori le stesse emozioni di anni fa. Ad onor del vero, non si tratta di una delle voci migliori nel panorama del musical tedesco ed in altre occasioni è (stato) certamente criticabile. Eppure nei panni del personaggio di Dumas dà l’impressione di esser insostituibile. Porta lo spettatore dalla risata alle lacrime con estrema facilità e risulta particolarmente simpatico, imponendosi su tutto il cas: Patrick Stanke “è” D’Artganan. Maricel è brava nel ruolo di Milady de Winter, sa essere molto sensuale nelle mosse e canta, come al solito, bene. Eppure chi ha avuto occasione di ammirare Pia Douwes in passato
non può che ammettere che l’attrice olandese fosse qualche spanna al di sopra della bionda collega tedesca, soprattutto in quanto ad estensione e controllo vocale, ballo ed energia. La Milady di Pia pareva avere un carattere più forte, mentre Maricel sembra aver voluto dare un’impostazione più di donna dura fuori, ma fragile dentro. Anche i suoi costumi di scena riflettono un po’ questo cambiamento: meno colore nero, niente finta pelle o latex, in stile sadomaso, e più merletti e colori tenui. Marc Clear ha vestito per l’ennesima volta i panni di Athos e, ancora una volta, l’interpretazione della canzone Engel aus Crystall (Angelo di Cristallo), che gli valse anni fa l’assegnazione di qualche premio, ha strappato numerosi applausi con il suo facile ritmo pop. Pur essendo un collaudato moschettiere, non si può certo dire che Thomas Kuhnen / Aramis e Peter Bold / Porthos fossero da meno. Anche Michael Heuel / Rochefort non ha fatto rimpiangere l’interprete del primo cast Stage. Iris Makris nel ruolo della Regina Anna ha fatto sicuramente il suo dovere, ma non si tratta di una di quelle interpreti che lasciano il segno. Lo stesso dicasi per Gregor Eckert, suo consorte sulla scena, nei ridicoli panni di Re Luigi XIII. Il re, questa volta, più che come un debole, era rappresentato quasi come
una macchietta, simile a certi personaggi volutamente un po’ effeminati di certe scenette stereotipate da comicità spiccia. Anche Kirstin Hesse, pur brava negli sfortunati panni di Constance non riesce a far breccia. Forse Sabrina Weckerlin, scelta nel 2005 per il debutto a Berlino era ancora troppo acerba, forse ancora oggi non è quanto di meglio offra il teatro tedesco, ma in questo specifico ruolo era molto più credibile: un po’ per la giovane età ed un po’ per la voce ancora un po’ inesperta e, soprattutto, da ragazzina. La sua era, tutto sommato, una Constance più fresca, non solo per i suoi 18 anni, ma anche per il suo temperamento di allora. Quello che si è rivelato non essere all’altezza del doppio ruolo, di attore e di produttore, è Michael Thinnes. Il suo Cardinale Richelieu manca di potenza e di ritmo nella voce, ma, soprattutto, prende qualche stecca. La sua non è per nulla una voce adatta alle melodie vagamente rockeggianti-disperate di Nicht aus Stein (Non sono di pietra) e Glaubt mir (Credetemi), ma, soprattutto, non ha nessuna credibilità in un ruolo da cattivo e si muove troppo poco mentre canta. Perché invece non gli sia riuscito bene il ruolo di produttore è una storia diversa. Nulla si può dire delle scelte effettuate circa il cast o la regia di Patrick Stanke che, evidentemente, ha fatto del pro-
prio meglio poste le esigenze di un determinato budget e di andare in scena ogni sera in un teatro diverso. Una tournée di questo tipo vuol dire affrontare problemi logistici non indifferenti, quindi bisogna ridurre all’osso la scenografia che, infatti, era costituita per lo più da fondali proiettati. Il vero disastro sono stati i numerosi problemi tecnici che si son presentati fin dalla prima rappresentazione: microfoni che smettevano improvvisamente di funzionare, problemi vari all’impianto sonoro, problemi col cambio delle scene o col sipario, così da non avere mai i tempi giusti. All’inizio di dicembre, dopo varie date annullate, l’intera tournée viene ufficialmente sospesa. C’è da chiedersi se si tratti veramente di soli problemi tecnici e se fossero davvero così irrisolvibili da compromettere l’intero tour, visto che al Colosseum le cose erano andate, tutto sommato, bene. I costumi…un’altra nota dolente. Per lo più kitsch, di colori spesso troppo vivaci ed in alcune scene davvero fuori luogo. Per citare due esempi: durante la scena della festa per il compleanno del re, i due monarchi indossavano abiti in color oro e rosso: sembravano due alberi di natale decorati e stonavano con tutto il resto della scena. Durante la canzone Glaubt mir le guardie di Richelieu indossavano tutine attillate
con una sagoma di scheletro bianca disegnata: che c’azzeccava? Chi avesse avuto l’opportunità di vedere le produzioni originali non potrà non aver pensato, almeno per un attimo, che non si trattasse dello stesso musical di anni fa. La spettacolarità e la magia delle produzioni Stage sono qui del tutto svanite. Restano, per fortuna, le belle canzoni. Una su tutte, la romanticamente triste ballata Wer kann schon ohne Liebe sein (Chi può stare senza amore) cantata a tre voci da Milady, Constance e regina Anna, la triste e nostalgica Vater (Padre) che D’Artagnan canta pensando al padre, ilduetto d’amore Alles (Tutto) di D’Artagnan e Constance. Poi le canzoni più vivaci, pop o rockeggianti: la già citata Engel aus Crystall, Heut ist der Tag (Oggi è il giorno) con cui il ragazzo guascone si lancia verso l’avventura parigina. Per non dimenticare le tre canzoni cantate da Richelieu: due le abbiamo già elencate, mentre la rimanente è O Herr (O Signore) in cui il Cardinale si rivolge a Dio in una disperata preghiera. Ma in un musical sui moschettieri non poteva mancare una melodia sul motto Einer für Alle (Uno per tutti) che chiude anche i ringraziamenti finali del cast. E stavolta il sipario non è calato sulla singola rappresentazione, ma su tutta la tournée.
un po’ di
n
amici del
musical
news
un po’ di news Filippo Strocchi nel cast di Cats Grandi novità dagli headquarters londinesi della Really Useful Group, la produzione di Cats, che nei mesi scorsi era alla ricerca del nuovo Rum Tum Tugger. Dopo lunghe selezioni è stato scelto un attore italiano: Filippo Strocchi, che a partire da Atene (dal 26 febbraio) sarà in tour con il cast. Filippo sarà in scena anche nelle date italiane di Trieste e Milano.
Filippo Strocchi è un nome molto noto nel panorama del musical italiano. Sta interpretando in questi giorni il ruolo di Danny Zuko in Grease (che già aveva interpretato agli inizi della sua carriera). In passato ha lavorato spesso da protagonista in spettacoli come Poveri ma Belli con Massimo Ranieri, nella produzione tedesca di Wicked, in Hairspray, in Flashdance, in Sweeney Todd, in Giulietta e Romeo e in La Febbre del Sabato Sera.
Un bel riconoscimento per l’attore italiano: “Mi considero fortunato perché non ho scelto io di fare questo lavoro, sono stato scelto dal teatro stesso ed è proprio il suo palcoscenico che mi sta dando la grande opportunità di rappresentare da protagonista l’immenso talento che c’è nel nostro paese partendo proprio da Londra, la capitale del musical. Sono onorato e fiero di essere arrivato fin qui, ma spero con tutto il cuore di aver dato il via a qualcosa di importante.”
un po’ di news Emanuel Alba, seminario a Torino L'ArtsEd sbarca a Torino! Il 18 e 19 Gennaio 2013 Emanuel Alba, perfomer laureato alla prestigiosa scuola londinese, terrà un seminario rivolto a giovani talenti che vogliono conoscere da vicino la filosofia e la didattica della scuola. In Italia sono letteralmente esplose le scuole di musical negli ultimi anni: non tutti questi centri nascono con un progetto adeguato per formare un professionista. Molti giovani e le loro famiglie rischiano di investire 5.000/6.000 euro all’anno accorgendosi solo dopo che questi sono stati buttati via perché si renderanno conto di non aver ricevuto una preparazione professionale. C’è un modo per sapere prima se sto investendo bene il mio tempo, le mie energie, il mio talento e i miei soldi? Sì. Accademia dello Spettacolo ha creato un sodalizio con Arts Educational Schools of London, uno dei centri più rinomati a livello internazionale dedicato alla formazione del musical performer. Emanuel Alba è un giovane italiano laureato in questo centro che il 18 e il 19 gennaio terrà un seminario riservato ai giovani talenti che vogliono conoscere la filosofia e la didattica dell’ArtsEd. La conoscenza diretta di come funziona un’accademia londinese è uno strumento indispensabile anche solo per verificare le proposte che si trovano in Italia: chi ha intenzioni serie e punta a diventare un artista può avere risposte chiare e oneste. Il seminario si concentrerà sull’allestimento di una perfomance corale tratta dal repertorio musical. Lo scopo non sarà tanto mettere in scena un pezzo da esibire, piuttosto vivere un laboratorio in cui confrontarsi per capire le qualità e le competenze che sono richieste oggi ad un artista che lavora nel West End. Emanuel Alba si renderà disponibile per colloqui personali con quei giovani che vorranno confrontarsi per fare una scelta più cosciente e motivata.
Accademia dello Spettacolo - via E. Luserna di Rorà 16 - Torino Info e iscrizioni 011.4347273 - 340.7794400 info@accademiadellospettacolo.it
un po’ di news Ritorna “Questi 5 Anni” Nuove date per il musical da camera di Jason Robert Brown, interpretato da Francesca Taverni e Antonello Angiolillo.
A Firenze, sabato 11 gennaio alle 21 e domenica 12 gennaio alle 15:30, all'interno della rassegna MECENANDO.
La formula prevede un pacchetto molto interessante, ovvero per il sabato cena + spettacolo a partire dalle 19, per la domenica brunch + spettacolo dalle 13. Il costo del pacchetto è di soli 30€.
Formula particolare anche nella location, a ospitare l'evento è uno spazio artistico nel centro storico della città, un contenitore diverso per proporre uno spettacolo teatrale.
Dove: STUDIO ROSAI Via Toscanella 18 Firenze
Per info e prenotazioni chiamare allo 055285488.
è dedicato ai grandi personaggi storici in musical il Musicalendario 2014, l’imperdibile ed esclusivo regalo firmato Amici del Musical. Da Pippin a Napoleon, da Elisabeth a Mozart, da Evita a Marie Antoinette fino a Stephen Ward, a cui è dedicato il nuovo musical di Andrew Lloyd Webber, dodici grandi protagonisti della Storia al centro di musical epici ed emozionanti, ci accompagneranno per tutto il 2014. Auguri di buon 2014 a tutti gli Amici del Musical!!!
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