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Gaza /Approfondimenti

GAZA

di Mouhamed Cissé

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L’8 luglio 2014, le forze di difesa israeliane lanciano l’operazione “protective edge”, un’operazione aerea nella “banda di gaza” con l’obiettivo di rispondere ai lanci di razzi di Hamas. Successivamente, il 17 luglio 2014, parte un’operazione terrestre al fine di distruggere i tunnel costruiti da Hamas.

La banda di Gaza è un territorio di 6-12 km di larghezza e 41 km di lunghezza in cui risiedono 1.800.000 abitanti. E’ un territorio circondato dal Mar mediterraneo, da Israele e dall’Egitto.

2/3 dei gazaoui ha lo status di rifugiato e vive negli 8 campi costruiti dall’ONU dal 1948. Gaza rappresenta una delle due regioni che compongono il territorio palestinese oltre la Cisgiordania.

Occupati dall’esercito israeliano dal 1967, questi territori sono stati affidati all’autorità palestinese nel 1994 in conformità degli accordi di Oslo. Se nel 1994 l’autorità palestinese controllava i 2/3 della banda di Gaza, nel 2005 con lo smantellamento delle colonie ebraiche, tutta la Striscia passa sotto il suo controllo all’eccezione dello spazio aereo e marittimo. Nel 2006 Hamas vince le elezioni legislative contro Fatah, partito politico dell’attuale presidente dell’autorità palestinese, Mahmoud Abbas. A causa della sua ideologia, il risultato delle elezioni non è riconosciuto dalla comunità internazionale e nasce uno scontro tra i due partiti, dal quale Hamas esce vincitore.

Le conseguenze sono disastrose per gli abitanti di questa lingua di sabbia: Gaza subisce un isolamento diplomatico, economico e politico imposto da Israele. L’unico valico con l’Egitto, il valico di Rafah, è stato chiuso nel 2013 a seguito del colpo di Stato in Egitto.

Le zone limitrofe tra Gaza ed Israele hanno 5 valichi di cui tre ( Oz, Karni e Soufa ) chiusi e due aperti. Il passaggio di Karem Shalom è aperto per il transito delle merce, mentre il valico di Erez è aperto esclusivamente per il personale internazionale e le urgenze mediche.

Per quanto riguarda le frontiere marittime, i gazaoui non vi hanno accesso. L’accordo di Oslo aveva previsto una zona di 20 miglia per la pesca ma di fatto Israele ha ridotto questa a 6 miglia e, nei periodi più aspri del conflitto, a 3. Secondo le Nazioni Unite, le zone più pescose si trovono nelle zone al di là delle 8 miglia. Questa questione è stata, durante l’ultima guerra, una delle rivendicazioni avanzate da Hamas.

Secondo i dati dell’OCHA, durante l’ultimo scontro armato tra Hamas e l’esercito Israeliano, alla data del 22 agosto 2014, tra i palestinesi i morti sono 2042 di cui 1444 morti civili e 478 bambini ; tra gli israeliani, i morti sono 67 di cui 3 civili. Israele è parte alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 che regolano il diritto internazionale dei conflitti armati ed è anche firmatario del III protocollo aggiuntivo alle IV Convenzioni di Ginevra adottato a Ginevra l’8 dicembre 2005.

Il 10 aprile 2014, la Palestina ratificava le 4 Convenzioni di Ginevra. I testi fondamentali del diritto umanitario internazionali sono pertanto applicabili alle due parti (1).

Il conflitto in questione è un conflitto armato internazionale. Secondo quanto riportato dall’ormai famoso rapporto “Goldstone” (2), la banda di Gaza risulta essere un territorio occupato da Israele e pertanto vigono tutte gli obblighi e diritti relativi ai territori occupati conformemente alla IV Convenzione di Ginevra sui civili . In ogni caso vige il diritto internazionale consuetudinario. Di per sé , la guerra non è proibita dal diritto internazionale umanitario ma vi sono delle regole relative alla condotta delle ostilità. Secondo la regola fondamentale della condotta delle ostilità, “le Parti in conflitto dovranno fare, in ogni momento, la distinzione fra la popolazione civile e i combattenti…” (3). Il conflitto è iniziato perché Hamas avrebbe ucciso tre civili israeliani violando anche l’interdizione di rappresaglia contro la popolazione civile (4). Sempre come rappresaglia, Israele ha colpito e distrutto dei siti ( edifici privati, palazzi) senza che ci fosse necessità militare (5). Il rapporto dell’OCHA sul conflitto scoppiato l’8 agosto 2014 (divulgato alla data del 22 agosto 2014 ) sul numero di morti da una parte e dall’altra non lascia dubbi: in Palestina 70% di morti civili e circa 23,4% bambini morti. La proporzione dei civili morti rispetto ai combattenti porta a pensare che Israele abbia violato la regola fondamentale della condotta delle ostilità.

Un altro principio è stato violato, quello che prevede che “gli attacchi indiscriminati sono proibiti” (6) e che le parti sono sempre tenute al rispetto della regola generale del principio di precauzione durante gli attacchi (7). I razzi lanciati in modo indiscrimato da Gaza verso Israele hanno colpito dei centri abitati: il centro metropolitano di Tel Aviv (4 razzi m75), nelle città israeliane di Beer Sheva, Haifa (un razzo R160) e Jerusaleme (4 razzi M75). Questi attacchi contro delle zone non militari né contro obiettivi militari viola i principi appena citati. Niente giustifica l’attacco di persone civili e di beni a carattere civile.

Israele, dal canto suo, ha bombardato numerosi centri medici tra cui l’ospedale di Deir El- Balah il 22 luglio (8), una scuola delle Nazioni Unite violando anch’esso il principio di discriminazione che vieta di dirigere gli attacchi indiscriminati contro degli obiettivi non militari (9). La definizione dell’obiettivo militare è un tema di fondamentale rilevanza: Israele ha infatti spesso giustificato i suoi attacchi contro beni civili affermando che i razzi palestinesi partano volutamente da zone densamente popolate, dagli ospedali o scuole, in tal modo trasformando di fatto dei beni civili non attaccabili in obiettivi militari legittimamente attaccabili. Se ciò dovesse essere verificato, i combattenti palestinesi potrebbero esssere accusati di violare il principio che proibisce l’uso di scudi umani.

Si ritiene che i combattenti palestinesi, non disponendo di armi sufficienti per vincere la guerra contro Israele, hanno usato il lancio di razzi in modo indiscriminato per diffondere il terrore, violando così l’art.51§2 del PA I.

I due belligeranti hanno violato un numero elevato di regole previste dal diritto internazionale umanitario. Qualora questi avessero ratificato il Trattato di Roma che istituisce la Corte Penale Internazionale, queste violazioni potrebbero portare a delle incriminazioni per crimini di guerra secondo lo statuto della Corte. Israele ha firmato il trattato di Roma, ma ha dichiarato di non aver l’intenzione di ratificarlo. Per quanto riguarda la Palestina , nella sua ultima intervista (10) all’indomani dell’ennesimo cessate-il-fuoco tra Palestina e Israele, il Procuratore della Corte Penale Internazionale Fatou Bensouda dichiara che la Palestina, dopo essere stata riconosciuta dall’Assemblea Generale delle Nazioni come Stato osservatore (e non più come entità osservatrice) non ha più chiesto di essere parte al trattato di Roma né ha invocato l’apertura d’indagini da parte della corte in conformità dell’articolo 12.3 dello statuto della Corte Penale Internazionale che prevede che uno Stato non membro possa chiedere al procuratore di fare delle indagini sul proprio territorio per verificare una potenziale violazione dello statuto.

Pertando solo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (11) potrebbe chiedere al Procuratore della Corte Internazionale di aprire delle indagini su quant’è successo in quei territori.

Amnesty Sicilia chiede ai belligeranti di onorare le regole che avevano preso l’impegno di rispettare, firmando entrambi le convenzioni di Ginevra in modo tale da risparmiare la popolazione civile.

(1) - http://www.icrc.org/fre/assets/files/annual-report/current/icrc-annual-report-map-conven-a3.pdf

(2) - UN General Assembly A/HRC/12/48, 25 Septembre 2009, “Human Rights in Palestina and other occupied arab Territories “, Report of the UN Fact-finding Mission on the Gaza Conflict

(3) - PA I, art.48.1. Israele non è parte al Protocolo aggiuntivo I delle Convenzioni di Ginevra. In questo documento ci limitiamo ad indicare le violazioni delle regole esistenti oggi nei trattati internazionali.

(4) PAI , art. 51.6

(5) - Proibito dalla Statuto di Norimberga, dalle convenzioni di Ginevra (art. 50/I, 51/II, 147/III); Incriminazione prevista dallo statuto del TPIY (Tribunale Penale per l’ex Yugoslavia) (art. 2,d e 3,b) e dalla Corte Penale Internazionale (art. 8,§2, a.IV e b.XIII) e nel progetto del codice dei crimini contro la pace e la sicurezza dell’umanità (art. 20 a,IV)

(6) - PA1 , art. 51.4-5. Questo principio non si applica in una zona con una concentrazione di civili dove sono nascosti degli obiettivi militari.

(7) - Art.51§8 , 56§7 , e 57 del PA I, che obbliga i belligeranti in modo costante a prendere delle misure di precauzione per non colpire i civili ed i loro beni (si tratta di verificare se l’obiettivo da colpire è davvero un obiettivo militare, scegliere bene le armi e il metodo che rischia il meno di causare dei danni collaterali.

(8) - E proibito attaccare delle località sanitarie o delle zone di rifugio di civili (CG I art 23 ; CG IV art 14)

(9) - L’interdizione di colpire i beni civili è rilevata in modo generale all’art.23 g del regolamento dell’Aia e alla IX Convenzione dell’Aia del 1907. Pero è sottolineato che le caratteristiche esterne del bene non sono sufficienti per dire che un bene è civile.

(10) - http://www.theguardian.com/commentisfree/2014/aug/29/icc-gaza-hague-court-investigate-war-crimes-palestine

(11) - In virtù dell’articolo 13.b dello statuto della corte penale internazionale

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