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Ucraina oggi: legalità da ripristinare /Attualità

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Editoriale

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UCRAINA OGGI: LEGALITÀ DA RIPRISTINARE

di Giuseppe Provenza

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È sotto gli occhi di tutti quanto grave sia la situazione in Ucraina, sconvolta nelle regioni orientali, confinanti con la Federazione Russa, da una guerra civile che vede lo scontro fra i separatisti filo russi e le forze fedeli al governo di Kiev.

Ovviamente, in presenza di gravi e continue violazioni dei diritti umani in quelle regioni, l’attenzione di Amnesty International è ai massimi livelli con l’occhio imparziale che è tipico dell’Organizzazione, non influenzata da interessi politici o economici ed interessata soltanto a mettere in risalto violazioni dei diritti umani così come definiti da documenti internazionali a partire dalla D.U.D.U. fino alle principali convenzioni promosse dall’ONU a cui l’Ucraina aderisce. La realtà messa in evidenza da Amnesty è che in Ucraina ci si trova in presenza di continue violazioni dei diritti umani compiute da entrambe le parti.

Prima di addentrarci sulle più recenti relazioni di Amnesty, tracciamo brevemente la storia degli ultimi mesi.

Tutto ha avuto origine da alcuni mesi di sommosse popolari e di scontri con i servizi di sicurezza, note come le proteste di EuroMaydan, che portarono il 22 febbraio 2014 alla destituzione del presidente Janukovic, fuggito secondo alcuni in Russia e secondo altri in Bielorussia.

Stando al Ministero della Salute Ucraino, gli scontri hanno provocato la morte di 103 manifestanti e di 18 agenti delle forze di sicurezza. Fin dalla caduta di Janukovic, le relazioni fra l’Ucraina e la federazione Russa si deteriorano pesantemente.

Un referendum tenuto il 16 marzo in Crimea, non riconosciuto a livello internazionale, sancisce il passaggio della regione alla federazione Russa che viene occupata militarmente, mentre il Parlamento Ucraino dichiara la Crimea “territorio occupato militarmente dalla Russia”.

Dopo l’occupazione vengono segnalate violazioni dei diritti umani da parte delle autorità russe nei confronti della popolazione tatara che non aveva preso parte al referendum.

Negli stessi giorni la Russia comincia ad ammassare truppe lungo il confine con l’Ucraina. Ai primi di aprile organizzazioni separatiste, e filo russe, delle regioni orientali, in particolare di Donetsk, prendono il controllo di edifici governativi, episodi a cui reagisce il governo di Kiev che invia forze armate con il compito di restaurare il controllo governativo sul territorio.

Lo scontro fra le due parti ha finora provocato la morte di parecchie centinaia di persone fra combattenti e civili involontariamente coinvolti, fra cui anche alcuni giornalisti non ucraini, e ha costretto parecchie decine di migliaia di ucraini a lasciare le proprie case per rifugiarsi alcuni in Ucraina occidentale ed altri in Russia.

Il 25 maggio vengono tenute le elezioni presidenziali che vedono l’elezione di Porosenko che, a differenza di Janukovic è favorevole all’accordo di associazione all’UE. Dopo l’elezione del nuovo Presidente si susseguono i colloqui fra lo stesso ed il Presidente Putin, con dichiarazioni di buona volontà e con cessate il fuoco in verità molto sofferte.

Negli ultimi due mesi, dall’inizio di luglio all’inizio di settembre, infatti Amnesty International è intervenuta più volte per porre in risalto una situazione particolarmente pesante nonché caratterizzata da grande confusione e notevole mancanza di controllo da entrambe le parti sulle stesse proprie forze, che talvolta agiscono in condizioni di vera e propria anarchia.

In un comunicato stampa dell’11 luglio (CS099- 2014) vengono segnalati casi di rapimenti e torture da parte di gruppi armati sia separatisti che pro Kiev. Riguardo alle violenze da parte dei separatisti vengono riportate le testimonianze di Hanna e Sasha, attivisti pro-Kiev. Entrambi sono stati rapiti e selvaggiamente picchiati ed hanno mostrato le cicatrici delle ferite riportate. Riguardo alle violenze da parte di forze pro-Kiev viene riportato il caso di Vladislav Aleksandrovich, un ragazzo di 16 anni, del quale è apparso un video in cui compare un uomo in tuta mimetica che minaccia di rappresaglie lui e gli altri contrari all’unità dell’Ucraina.

Nello stesso comunicato il vice direttore di Amnesty International per l’Europa e l’Asia Centrale Denis Krivosheev ha lamentato che “a Mariupol né la polizia né l’esercito sono stati visti in alcun posto durante la nostra visita. C’era un vuoto totale di autorità e sicurezza, con la paura di rappresaglie, rapimenti e tortura pervasiva tra la gente. È riprovevole che stiamo assistendo ad una escalation di rapimenti e torture in Ucraina. Tutti gli attori di questo conflitto armato devono liberare immediatamente e incondizionatamente tutti i prigionieri ancora detenuti in violazione di legge, e garantire che fino al loro rilascio siano protetti dalla tortura e altri maltrattamenti.”

Il 22 agosto Amnesty ha denunziato che l’auto proclamatasi “Repubblica Popolare di Donetsk” ha pubblicato un documento, denominato “codice penale”, che prevede la pena di morte anche per crimini quali il tradimento, il saccheggio e lo spionaggio. Nella stessa dichiarazione Amnesty ha sottolineato che risultavano già compiute diverse esecuzioni fra cui quelle di due combattenti dei gruppi armati e di un civile, da parte di formazioni comandate del leader separatista Igor Strelkov.

Il 5 settembre il Segretariato Internazionale di Amnesty ha diffuso un’azione urgente (EUR 50/039/2014) per la sparizione di Sergei Dolgov, direttore del giornale filo separatista “Khochu v SSSR” (“Voglio essere in URSS”), rapito il 18 giugno all’uscita dalla sede del giornale in Mariupol da sei uomini armati e mascherati in abiti civili. Nulla si sa di certo sulla sua sorte, se sia stato ucciso o sia prigioniero.

Nell’appello viene sottolineato che a fianco delle forze regolari di Kiev stanno combattendo numerosi gruppi armati di volontari, non sufficientemente integrati con il comando ufficiale, che agiscono indipendentemente e spesso illegalmente.

L’azione contempla l’appello rivolto ai Ministri della Difesa e degli Interni del Governo Ucraino perché sia fatta luce sull’episodio. L’8 settembre Amnesty International ha emesso un comunicato stampa (CS124-2014) con il quale chiede la fine degli abusi e dei crimini di guerra da parte dei battaglioni volontari pro-Kiev.

Nel comunicato viene riferito che il Segretario Generale di Amnesty International, Salil Shetty, ha presentato tale richiesta al Primo Ministro Arseniy Yatsenyuk incontrato nella stessa giornata.

La richiesta è stata manifestata dopo la pubblicazione dei risultati delle ricerche svolte dall’Organizzazione nella regione di Luhansk, da cui sono emersi sequestri di persona, detenzioni illegali, maltrattamenti, rapine, estorsioni e forse anche esecuzioni, commessi dal battaglione Aidar (pro Kiev).

Il Primo Ministro Ucraino ha dichiarato ad Amnesty International l’impegno del Governo a chiamare tutti i responsabili degli abusi commessi nel corso del conflitto a rispondere del loro operato. L’auspicio è che presto la legalità ed il rispetto dei diritti umani riprendano il sopravvento in tutte le zone dell’Ucraina e che si ritorni, quindi, alla pace ed alla ragione.

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