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Difensori dei Diritti Umani ed Hate Speech /Editoriale
DIFENSORI DEI DIRITTI UMANI ED HATE SPEECH
di Liliana Maniscalco
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Quando si affronta il tema della libertà di espressione si entra nel cuore pulsante della mission di Amnesty International.
Non a caso l’organizzazione nasce a seguito di un fatto legato alla manifestazione del pensiero di due giovani studenti portoghesi che, appreso della liberazione delle colonie sotto la dittatura di Salazar, brindavano alla loro indipendenza e venivano così imprigionati per avere esposto un’idea contraria a quella governativa.
E non causalmente Amnesty nasce da un articolo su un giornale, l’Observer, dove Peter Benenson esponeva il caso dei due e di tutte le molte altre vittime di scomparsa ad opera degli Stati: i prigionieri dimenticati, coloro che per le proprie opinioni e appartenenze ideologiche, sessuali, religiose, politiche che non avevano fatto uso e non avevano promosso l’uso della violenza erano stati incarcerati.
Da allora il movimento continua a tutelare la libertà di espressione.
Sono stati innumerevoli i casi affrontati, in cinquanta anni cinquantamila liberazioni.
Al momento a livello mondiale Amnesty tutela Zunar disegnatore malese di vignette ironiche sui politici del suo paese, vittima per questo di intimidazioni.
Nel 2009 è stato arrestato e ha subito pressioni a causa dei suoi disegni. I suoi libri satirici sono stati vietati, banditi dalle librerie, persino le tipografie che li stampavano sono state minacciate di chiusura. Ma neanche questo ha fermato la sua penna. Anzi oggi grazie ai social network le sue vignette sono ancora più popolari. A febbraio 2015, dopo che Zunar ha scritto dei tweet contro l’arresto del leader dell’opposizione, la polizia ha fatto irruzione nel suo appartamento, lo ha ammanettato e lo ha arrestato. Adesso rischia molti anni di carcere.
Nonostante l’evidenza di dove alberghi la giustizia, e l’ingiustizia, spesso l’opinione pubblica si è interrogata se un linguaggio molto audace a tratti aggressivo non possa essere foriero di violazioni dei diritti umani e andare oltre il dovuto rispetto della cosiddetta libertà di espressione, intaccandone per certi verso la legittimità.
Rinomato è in tal senso il caso di Charlie Hebdo. Una rivista come questa di solito è controversa, scandalosa, e spesso offensiva, nella sua critica sociale e politica. Questa è l’essenza della satira. Ma molti musulmani si sono ritenuti offesi da alcune delle sue pubblicazioni perché la tradizione vieta qualsiasi raffigurazione del profeta Maometto.
Amnesty International non ha effettuato un’analisi completa della produzione di Charlie Hebdo e il contesto in cui è stata concepita come satira politica e sociale ma ritiene che i giornalisti e i fumettisti che lavorano con la rivista abbiano legittimamente esercitato, e non sarebbe dovuto essere impedito loro di farlo, il diritto alla libertà di espressione.
Come spesso ribadito dalla Corte europea dei diritti umani, la libertà di espressione, mentre può essere sottoposta a talune restrizioni legittime, non vale solo per informazioni o idee che vengono accolte con favore o considerate come inoffensive o indifferenti dal pubblico, ma anche per quelle che offendono, urtano o disturbano lo Stato o qualsiasi gruppo sociale.
Questa impostazione dipende dalla Dichiarazione Universale dei diritti umani e dagli standard internazionali conseguenti. Qui si afferma che ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per queste e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
Se la Dichiarazione non costituisce se non un documento morale di grande rilevanza privo di potere coercitivo nei confronti degli Stati sottoscrittori, il Patto Internazionale dei diritti civili e politici invece è legge e richiama i medesimi concetti. La libertà di espressione è anche qui strettamente connessa agli aspetti identitari e della dignità dell’essere umano ma anche alla questione del diritto all’informazione. Il diritto alla libertà di espressione esercitato da ciascun individuo, infatti, consente l’esercizio della libertà di acquisire e assumere informazioni e costituirsi un’opinione su qualsiasi fatto da parte degli altri.
Gli stessi concetti sono esposti in altri standard internazionali come la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Gli standard internazionali provano anche a delimitare dei confini per la libertà di espressione che in linea teorica dovrebbe venir meno se e causasse un abuso per una data categoria di soggetti o per un soggetto e ove questo risultasse essere più grave della limitazione alla libertà di espressione stessa.
Per esempio sempre nel Patto Internazionale sui diritti civili e politici si stabilisce che l’esercizio delle libertà di espressione comporta doveri e responsabilità speciali e può essere perciò sottoposto ad alcune restrizioni che però devono essere espressamente stabilite dalla legge e necessarie al rispetto dei diritti o della reputazione altrui e alla salvaguardia della sicurezza nazionale, dell’ordine pubblico, della salute o della morale pubbliche e che qualsiasi appello all’odio nazionale, razziale o religioso che costituisca incitamento all’odio, all’ostilità o alla violenza deve essere vietato dalla legge.
Gli stessi concetti vengono sviluppati in altri standard.
Amnesty International ritiene che la libertà di espressione possa essere limitata solo al verificarsi di alcune condizioni eccezionali.
L’ esperienza e la ricerca dell’organizzazione hanno indicato che il discorso pregiudizievole può alimentare la discriminazione e altre violazioni dei diritti umani, ma anche che una solida protezione della libertà di espressione costituisce uno strumento potente ed essenziale per la lotta agli abusi particolare riferimento alla discriminazione. Gli sforzi per vietare i “discorsi di odio” dovrebbero riflettere il principio che tutti i diritti umani sono universali, indivisibili, interdipendenti e interconnessi. La libertà di espressione è legata ad altri diritti ed è essenziale per la loro realizzazione. Restrizioni eccessive potrebbero comprometterne il godimento.
L’interdipendenza tra i diritti alla libertà di espressione e alla non discriminazione impone agli Stati di prestare attenzione alle leggi e alle politiche in materia di “discorsi di odio”. E’ necessario che vengano emanate leggi e politiche redatte con rigore e precisione affinchè non diano adito ad un’ ampia interpretatività che accidentalmente possa violare la libertà di espressione e costituire uno sforzo controproducente. Di conseguenza, Amnesty International sollecita che le restrizioni debbano come minimo essere finalizzate ad uno scopo legittimo, mantenere chiaro un legame di proporzionalità tra la violazione e la misura punitiva, presentare un approccio olistico alla questione della discriminazione considerando il contrasto all’hate speech solo uno degli aspetti di una strategia complessiva.
Appaiono infatti vincenti gli obblighi postivi dell’articolo 7 della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale. In base a questi per garantire che le misure per prevenire l’incitamento all’odio razziale siano efficaci, bisogna evitare la dipendenza esclusiva da indebite misure punitive e piuttosto adottare approcci complessivi per la lotta contro i pregiudizi e la discriminazione, con particolare attenzione alla formazione.
L’ incitamento all’odio non è che un sintomo, la manifestazione esterna di qualcosa di molto più profondo e le risposte giuridiche da sole sono ben lungi dall’essere sufficienti per apportare cambiamenti reali di mentalità, percezioni e discorsi.
Amnesty International sollecita gli Stati e continuare a sottolineare che l’educazione è la chiave perché, come direbbe il premio Nobel Malala: “un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo”.