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Le sfide dei diritti umani oggi /Editoriale
LE SFIDE DEI DIRITTI UMANI OGGI
di Chiara Di Maria
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La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 si pone quale punto di partenza rispetto al processo di protezione globale dei diritti umani e, rispetto ai diritti in essa proclamati, essa rappresenta un punto di arresto tutt’altro che concluso. I diritti elencati nella Dichiarazione, infatti, non sono i soli e possibili diritti dell’uomo; essi rappresentano piuttosto la coscienza storica che l’umanità ha dei propri valori fondamentali nella seconda metà del XX secolo. Da ciò deriva che la comunità internazionale ha il dovere di perfezionare continuamente il contenuto della Dichiarazione, rendendolo attuale e assicurando valide garanzie alle nuove sfide dei diritti umani già riconosciuti e positivizzando i nuovi diritti dell’uomo.
Si tratta, invero, di un processo di maturazione della Dichiarazione che ha generato e continua a generare altri documenti interpretativi e integrativi del documento iniziale.
Orbene alle soglie del XXI secolo, erano tre le sfide per l’umanità: l’aumento della popolazione, l’aumento sempre più rapido e incontrollato della degradazione dell’ambiente, l’aumento della potenza distruttiva degli armamenti. Accanto a queste importanti problematiche si registrava, comunque, il dato positivo della crescente importanza data nei dibattiti internazionali sia in ambito governativo che politico e culturale, al problema del riconoscimento dei diritti dell’uomo.
Il XXI secolo vede come protagonisti i diritti umani di quarta generazione che derivano tutti dai pericoli alla vita, alla libertà e alla sicurezza come conseguenza del rapido accrescimento del progresso tecnologico. Tra questi si annoverano, a titolo esemplificativo, il diritto a non vivere in un ambiente inquinato, il diritto alla privacy, il diritto all’integrità del patrimonio genetico dell’uomo.
Accanto ad essi tornano in auge, poiché di nuovo fortemente sotto attacco, quei diritti umani che si assumevano essere parte integrante della cultura dell’umanità e globalmente riconosciuti, si tratta del diritto all’integrità psico-fisica contro ogni forma di tortura; il diritto alla manifestazione del proprio pensiero nelle sue declinazioni della libertà di parola, libertà d’informazione e libertà di protesta quali motori propulsori della crescita della società civile; il diritto di asilo e la libertà di movimento, nonché il diritto alla cittadinanza.
Oggi, infatti, vi è un tendenziale ritorno a forme di nazionalismo con l’utilizzo di politiche e linguaggi discriminatori, si assiste ad un graduale abbandono dell’applicazione del principio della solidarietà internazionale quale risultato di una mancata volontà della comunità internazionale ad affrontare i problemi in maniera efficace, con una preferenza da parte dei singoli Stati per le politiche di esternalizzazione.
Gli esponenti politici che brandiscono la retorica deleteria e disumanizzante del “noi contro loro” stanno creando un mondo sempre più diviso e pericoloso: è questo l’allarme lanciato da Amnesty International durante la presentazione del Rapporto 2016-2017 (1).
Il Rapporto contiene una dettagliata analisi della situazione dei diritti umani in 159 paesi e segnala che gli effetti della retorica del “noi contro loro”, che sta dominando l’agenda in Europa, negli Usa e altrove nel mondo, stanno favorendo un passo indietro nei confronti dei diritti umani e rendendo pericolosamente debole la risposta globale alle atrocità di massa.
ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International
ha proseguito Shetty
ha messo in guardia Shetty.
I profondi cambiamenti politici del 2016 hanno messo in evidenza quanto la retorica dell’odio possa far emergere il lato oscuro della natura umana. La tendenza mondiale verso politiche sempre più aggressive e divisive è stata ben illustrata dalla velenosa retorica utilizzata da Donald Trump nella sua campagna elettorale. Tuttavia, anche in altre parti del mondo i leader politici hanno puntato sulla paura, sulle accuse e sulla divisione per conquistare il potere.
Questa retorica sta avendo un impatto sempre più forte sulle politiche e sulle azioni di governo. Nel 2016 i governi hanno chiuso gli occhi di fronte a crimini di guerra, favorito accordi che pregiudicano il diritto a chiedere asilo, approvato leggi che violano la libertà
di espressione, incitato a uccidere persone per il solo fatto di essere accusate di usare droga, giustificato la tortura e la sorveglianza di massa ed esteso già massicci poteri di polizia.
Per queste ragioni Amnesty International Italia ha lanciato, lo scorso 9 febbraio, la campagna nazionale “Conta fino a 10: il Barometro dell’odio in campagna elettorale” (2) con un’attivazione prioritaria che vede tutti gli attivisti protagonisti nel monitoraggio del linguaggio utilizzato dai candidati nel corso della campagna elettorale sino al 2 marzo.
La scelta di tale campagna si basa sul fatto che oggi la fabbrica della paura che produce odio è attiva in modo evidente anche in Italia. Il discorso politico, a maggior ragione in un periodo di campagna elettorale, si nutre della narrativa dell’“invasione” dell’“emergenza” da affrontare in tutti i modi. Il linguaggio d’odio, con il suo corredo di “fake news”, è moneta corrente sui mezzi di comunicazione e la retorica deleteria e disumanizzante del “noi contro loro” rischia di creare una società sempre più divisa, favorendo passi indietro nei confronti dei diritti umani.
“Conta fino a 10”, dunque, è una campagna di sensibilizzazione sull’uso del linguaggio: sugli effetti dell’uso del discorso violento, aggressivo e discriminatorio, e sulla consapevolezza che la diminuzione dello stesso conduce a una società più inclusiva e accogliente.
(1) - https://www.amnesty.it/rapporti-annuali/rapporto-annuale-2016-2017/
(2) - https://www.amnesty.it/barometro-dellodio-partito-monitoraggio-sui-social/