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Diritti umani, diseguaglianze economiche e il nostro futuro /Economia

DIRITTI UMANI, DISEGUAGLIANZE ECONOMICHE E IL NOSTRO FUTURO

di Vincenzo Fazio

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La connessione tra diseguaglianze economiche e concreta possibilità dell’esercizio dei diritti umani fondamentali (salute e libertà), non è da tutti riconosciuta.

Intanto, non può negarsi che le diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza e del reddito sono in parte la conseguenza della diversa capacità di cui sono dotati gli esseri umani, della diversa fortuna, delle differenti opportunità contingenti e, non ultimo dalla diversità di talenti che ognuno di noi possiede grazie ai doni di madre natura.

Peraltro, in qualche misura, tali disuguaglianze sono funzionali allo sviluppo stesso della società, favorendo il processo di accumulazione che agevola la realizzazione di investimenti per lo sviluppo futuro.

Tuttavia, vi è un limite oltre il quale le diseguaglianze economiche divengono il contrario di tutto questo, causando squilibri che possono divenire un reale ostacolo anche allo sviluppo economico perché impediscono alla capacità produttiva realizzata di trovare un livello di domanda che consenta di remunerare gli investimenti realizzati.

Gli studi economici in materia non mancano; ma riguardano l’influenza che la distribuzione del reddito tra capitale e lavoro può avere sulla crescita del reddito stesso, oppure fino a che punto la distribuzione del reddito tra consumi e risparmi investiti possono inoltrarsi senza oltrepassare i limiti della convenienza economica generale, ecc.

Con riferimento invece al rapporto tra distribuzione del reddito a livello personale e sviluppo economico, le analisi, seppure adombrate in alcune ricerche, non sono ancora spinte fino a mostrare oltre quale limite la concentrazione del reddito nelle mani di pochi finisce per ostacolare lo stesso sviluppo economico dell’intero sistema.

Trovare la misura o un indicatore di tale limite non è certamente agevole.

Le ricerche scientifiche in merito, non v’è dubbio, richiedono il riferimento combinato a diversi fattori da rapportare, peraltro, alla diversità delle strutture economico- sociali interessate, alla stessa evoluzione degli stili di vita in ordine alle tipologie dei consumi, ecc.

Il cammino da compiere da parte degli studiosi è quindi, al riguardo, interessante e in massima parte ancora da esplorare.

In ogni caso, nella dinamica attuale, a livello globale, l’acuirsi della concentrazione della ricchezza e del reddito nelle mani di pochi non si accompagna né ad un arretramento dell’economia mondiale, né alla riduzione degli scambi internazionali, anche se il futuro non appare del tutto chiaro in merito.

Dal punto di vista economico il problema, quindi, sembrerebbe tuttavia non esistere, almeno allo stato attuale.

Dal punto di vista sociale, però, le cose, già oggi, stanno diversamente.

Le diseguaglianze costituiscono, anche nella economie più avanzate come quella statunitense ed europea, un reale ostacolo alla concreta possibilità di esercitare i diritti umani fondamentali, costringendo una parte della società – la più povera – a divenire schiava del bisogno e l’altra parte – la più ricca – oltre a divenire oggetto di invidia, si trova anch’essa ad essere condizionata nell’esercizio dei propri diritti a causa dall’odio e dalla violenza diffusa che mette a rischio la stessa sicurezza e la stabilità politica.

L’esigenza di non pregiudicare in modo irreversibile gli equilibri sociali e politici di quasi tutti i paesi, impone quindi di ritornare a riflettere sulle cause economiche all’origine del problema delle diseguaglianze.

In Italia, ma non soltanto, il dibattito si accentra su questioni politico-istituzionali, come le conseguenze dell’Unione europea, dell’euro, del jobs- act, della corruzione politica, quando non si chiama in causa l’immigrazione o altro.

Ma in misura più o meno rilevante questi fenomeni esistono da tempo. Il problema vero è, a mio avviso, la crescente diseguaglianza!

Certamente due fattori emergono nella realtà contemporanea come cause delle diseguaglianze crescenti che si presentano in quasi tutti i paesi: La ormai inarrestabile globalizzazione planetaria e la tecnologia digitale supportata dalle applicazioni sempre più diffuse di intelligenza artificiale.

Entrambi i fenomeni non sono del tutto nuovi, né sarebbe corretto dar loro una connotazione negativa in assoluto. Anzi, dal punto di vista logico e storico le cose stanno diversamente: l’internazionalizzazione dell’economia e il progresso tecnico sono sicuramente fattori di benessere per l’umanità, specialmente nel lungo periodo.

Dove si annida allora la gravità del problema attuale? Nella mancata consapevolezza e conseguentemente nell’assenza di politiche capaci di affrontare degli enormi scompensi che i due fenomeni in precedenza richiamati causano, specialmente nel breve e medio periodo, tra la disoccupazione creata e nuova occupazione che si accompagna al loro manifestarsi, specialmente se si tiene conto della rapidità con cui tali scompensi si susseguono e della rapida diffusione delle conseguenze che ne derivano sui diversi strati sociali, grazie alle nuove tecnologie di comunicazione.

La gravità del problema si acuisce se si pensa che la soluzione richiede iniziative e progetti a carattere sovranazionale e una cultura improntata a valori di solidarietà fondata su criteri di razionalità di lungo periodo. Soprannazionalità, solidarietà e razionalità di lungo periodo sono, purtroppo, “merci” rare, ma costituiscono i veri fattori economici di cui abbiamo bisogno e che purtroppo oggi sono scarsamente disponibili.

In futuro, bisogna aumentarne la “produzione”!

Membri del MILPAH e altri difensori dei diritti umani. La Paz, Honduras 2016 / Ph.: Anaïs Taracena - Amnesty International

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