ITALIA REALE DICEMBRE 2012

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Mensile di politica, cultura e informazione ANNO XLVI - n. 11 Dicembre 2012

A cura dell’Alleanza Monarchica - Casella Postale n. 1 - 10121 Torino Centro - C.C.P. n. 30180103 (Codice IBAN: IT 74 V 07601 01000 000030180103 - Codice BIC: BPPIITRRXXX) - Poste Italiane Spedizione in a.p. - 70% - D.C. - D.C.I. - Torino - N. 11/2012- In caso di mancato recapito rinviare all’Uff. C.M.P. Torino Nord per la restituzione al mittente, che si impegna a corrispondere il diritto fisso dovuto.

TAXE PERÇUE Tassa riscossa TORINO - C.M.P.

Giancarlo Vittucci Righini

PANORAMA POLITICO NEL MONDO Le elezioni per la presidenza degli Stati Uniti hanno visto la conferma di Barack Obama, candidato del partito democratico (centrosinistra), il quale ha sconfitto di misura il repubblicano Romney (centrodestra). Il presidente americano nelle scorse elezioni aveva vinto con una maggioranza schiacciante ed era considerato a torto l’uomo nuovo della politica mondiale, che avrebbe dato una svolta straordinaria all’economia e rivoluzionato la politica estera; invece si è adeguato prontamente al sistema di governo americano limitandosi a gestire alcune modeste riforme in materia economica e sociale, ed a seguire pedissequamente la politica estera del suo predecessore, il tanto vituperato dalle sinistre George W. Busch, il quale aveva dichiarato una guerra implacabile al terrorismo. Oggi anche gli Stati Uniti stanno attraversando un periodo di recessione e non riteniamo che il programma di Obama (più tasse per ripianare il debito pubblico), simile a quello del governo Monti, sia il più adatto per uscire dalla crisi a differenza di quello del suo antagonista Romney, il quale invece programmava una riduzione delle tasse e degli interventi statali auspicando una maggiore libertà e minori vincoli all’iniziativa privata. Per quanto riguarda la politica estera appare chiaro che l’interesse degli USA è ormai rivolto principalmente all’Asia, all’Estremo ed al Medio Oriente, mentre quello per l’Europa, ridimensio-

nata dall’U.E. al ruolo di nano politico, è ridotto ai minimi termini. A sua volta la Cina si appresta a sostituire i propri massimi dirigenti. Al 18º Congresso del Partito Comunista cinese tenuto a novembre, farà seguito il Congresso del Popolo che si concluderà con la nomina del nuovo Consiglio di Stato, cioè il nuovo governo. Xi Jinping (59 anni) sarà il futuro presidente della repubblica popolare cinese e Li Kequiang (57 anni) sarà il futuro capo del governo in sostituzione di Wen Jiabao, assai criticato per la spropositata ricchezza (tre miliardi di dollari) accumulata in anni recenti dalla sua famiglia. Come si vede i capi comunisti cinesi non sono secondi a nessuno per quanto si riferisce alla corruzione. Il governo cinese dovrà affrontare il problema del calo demografico provocato dalla politica del figlio unico e dalla conseguente futura riduzione della forza lavoro. Ad Hong Kong, Regione amministrativa speciale tornata sotto la sovranità cinese nel 1997 - dove vige una legislazione diversa da quella della Cina comunista, si verifica da tempo l’arrivo di migliaia di donne incinte provenienti dalle varie regioni dell’interno allo scopo di partorire in violazione della legge del figlio unico, al fine di ottenere per il neonato la cittadinanza locale. In un anno 420 donne cinesi sono state arrestate e detenute per due mesi subito dopo il parto. Il fenomeno è molto esteso, tanto è vero che degli 88.000 bambini nati nello scorso anno, ben la metà è figlio di non residenti.

Il capo del Governo tibetano in esilio Lobsan Sangay, ha ricordato l’invasione della propria Nazione da parte della Cina comunista avvenuta nel 1950 e denunciato il genocidio anche culturale del suo popolo. Ha affermato che la situazione è “gravissima. Il Tibet è isolato. I giornalisti non possono entrare, i diritti umani sfregiati. Chi ha una foto del Dalai Lama viene imprigionato, in alcune città per fare la spesa occorre passare al check-point. I tibetani sono trattati come terroristi, mentre invece sono gli oppressi”. Si è detto contrario alle auto-immolazioni, tragicamente in costante aumento, di tibetani che si sono dati fuoco per protestare contro il governo di Pechino ed ha chiesto una reale autonomia amministrativa per la sua patria, ed il ritorno del Dalai Lama. In Africa prosegue l’offensiva degli integralisti islamici. In Libia i salafiti hanno fatto ricorso ai bulldozer per distruggere i monumenti sufi; in Egitto le televisioni estremiste minacciano gli avversari; in Tunisia si sono verificate aggressioni nelle università per imporre il velo integrale.

IN ITALIA Proseguono le grandi manovre. Le primarie di sinistra che vedono la contrapposizione tra Pier Luigi Bersani (ex PCI) e Matteo Renzi (ex DC), con la partecipazione di Niki Vendola (ex? Comunista) e quelle della destra con la partecipazione di Angelino Alfano e di altri candidati tra i quali la Santanchè. Secondo i sondaggi il PD sarebbe attualmente il pri-

mo partito con circa il 29% dei voti, seguito dal Movimento 5 Stelle di Grillo con il 18% circa, dal PDL con il il 15-16%, e poi dall’UDC, dalla Lega e da Sel. Comunque risulta che la maggior parte dei voti presi da Grillo sono di elettori di sinistra, mentre quelli di destra preferiscono astenersi. In Sicilia la destra è riuscita a perdere le elezioni contrapponendo due candidati, Musumeci e Miccichè, che si sono elisi a vicenda, consentendo a Crocetta, candidato del PD e con il sostegno dell’UDC, di essere eletto presidente della regione. In campo nazionale PDL, Lega, UDC e FLI con un colpo di mano hanno ad inizio novembre approvato un emendamento alla legge elettorale che consente al partito o alla coalizione che raggiunga il 42,5% dei voti di ottenere il premio di maggioranza. Così facendo si impedirebbe alla coalizione PD - Les (più forse l’IdV di Di Pietro) di conseguire il suddetto premio per cui le prossime elezioni politiche non sarebbero vinte da nessuno e l’unica soluzione possibile sarebbe arrivare ad una riconferma del Governo Monti, soluzione comunque preferibile a quella di un governo delle sinistre, anche se il futuro programma prospettato dei “tecnici” è demenziale. Secondo il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo “Stiamo vivendo al di sopra delle nostre possibilità. E naturalmente non possiamo permettercelo. Quando è così bisogna ridurre i consumi”. E quindi peggiorare la recessione, aggiungiamo noi. ■

ROMA: ONORE A RE UMBERTO II ED ALLA REGINA MARIA JOSÈ a pag. 2

COSTITUENTE MONARCHICA a pag. 3

RE VITTORIO EMANUELE III a pag. 8

L’ORA DI RELIGIONE a pag. 17


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ROMA PER IL RE E LA REGINA o scorso 27 ottobre, la CittĂ di Roma ha onorato l’impegno - a suo tempo assunto, e di cui abbiamo dato notizia sul numero di Ottobre - di onorare la memoria delle LL.MM. il Re Umberto II e la Regina Maria Josè, con l’intitolazione di pubblici siti. Infatti, nonostante un cielo plumbeo e la costante minaccia di pioggia, lo slargo su cui sorge il monumento (che il Principe Vittorio Emanuele volle erigere in memoria del padre nel 1896) è stato battezzato con il nome di Umberto II - Re d’Italia, mentre il viale alberato che da quel sito diparte è stato intitolato Regina Maria Josè, nel corso di un’affollata pubblica cerimonia. I due siti sono all’interno dell’attuale Villa Ada (Villa Savoia), residenza privata, fino al 1943, dei Sovrani d’Italia. Avremmo preferito una strada o una piazza vissute giornalmente dal popolo romano, ma comunque, meglio di niente.

L

Ad inaugurare le targhe è stato il Sindaco Alemanno, che nel proprio intervento ha ricordato il merito di Casa Savoia di aver unificato l’Italia. Egli ha poi evidenziato “che è l’amore verso la nostra patria quello che oggi ci unifica tutti, nel dare un tributo per Maria Josè e Umberto II, due figure controverse che, però, hanno fatto un grande gesto quando, dopo il referendum, preferirono l’esilio ad una possibile spaccatura o guerra civile nel Paeseâ€?.

NOTA STAMPA DI S.A.R. IL PRINCIPE VITTORIO EMANUELE DI SAVOIA ,1 2&&$6,21( '(//¡,17,72/$=,21( ', VIA RE UMBERTO II E DI VIA REGINA MARIA JOSĂˆ A ROMA ROMA ² 27 OTTOBRE 2012 ORE 12.00 Dalle ore 11.30 di oggi, nel parco di Villa Ada in Roma, alla presenza di numerose AutoritĂ Civili e di molti cittadini si sta svolgendo la cerimonia G¡LQWLWROD]LRQH GL GXH YLH DOOD PHPRULD GL 5H 8PEHUWR ,, H GHOOD 5HJLQD 0DULD -RVp XQ PRPHQWR VWRULFR SHU OD SULPD YROWD QHOOD VWRULD GHOO¡,WDOLD post 1946. Il Sindaco Alemanno saluta il Principe Vittorio Emanuele alla presenza dei Principi Emanuele Filiberto e Marina.

Ăˆ intervenuto anche l’assessore alla cultura, Dino Gasperini, che ha ricordato come la “decisione di apporre queste targhe è stata presa all’unanimitĂ dall’Assemblea capitolina come momento di approfondimento a favore soprattutto delle giovani generazioniâ€?, nonchĂŠ l’on. Giovanni Quarzo, il consigliere comunale cui si deve il merito di aver portato la proposta nell’aula Capitolina. Dopo gli interventi politici, ha preso la parola il Principe Vittorio Emanuele, il quale ha ringraziato l’amministrazione comunale di Roma, ha ricordato brevemente la sua presenza da bambino piccolissimo nella resi-

denza dei nonni paterni, ed ha concluso l’intervento ricordando la necessitĂ che i propri avi, ancora seppelliti in esilio, trovino il definitivo riposo nel Pantheon di Roma. Oltre al Principe, alla Consorte Marina ed al Principe Emanuele Filiberto, in ottima forma, centinaia di romani hanno affollato il luogo della cerimonia fin da molto prima dell’inizio. Tra costoro, i membri del Comitato Promotore Mario Filippo Brambilla, Francesco Di Bartolomei, il giĂ ricordato assessore Giovanni Quarzo, e molti dei componenti del Comitato d’Onore. Ampio spazio è stato riservato all’evento dagli organi di informazione, sia televisivi sia a stampa. â–

S.A.R. il Principe Vittorio Emanuele, presente alla cerimonia con S.A.R. il Principe Emanuele Filiberto, ha rilasciato la seguente dichiarazione: 3HU OD SULPD YROWD QHOOD VWRULD G¡,WDOLD GRSR LO OD SL importante Amministrazione Comunale della nostra Patria, quella di Roma Capitale, ha voluto intitolare due strade alla memoria dei miei Augusti Genitori, il Re Umberto II e la Regina Maria JosÊ. Ricordo questo parco con grande emozione pensando ai primi anni della mia infanzia, in particolare a Zia Mafalda, ai miei Nonni, il Re Vittorio Emanuele III e la Regina Elena, che insieme ai miei Genitori attendono ancora la giusta e definitiva sepoltura nel Pantheon di Roma. Tale gesto sarebbe molto significativo: lancio nuovamente, a nome di tutta la mia Famiglia questo appello alle Istituzioni, perchÊ con questo ultimo atto di giustizia storica si possa finalmente chiudere il periodo della transizione istituzionale. Sono grato al Sindaco On. Gianni Alemanno per la Sua sensibilità , ULQJUD]LR O¡2Q. Giovanni Quarzo per il suo impegno e tutto il Consiglio Comunale di Roma che ha voluto, in modo bipartisan, tributare questo omaggio ai miei GHQLWRUL HG DOOD VWRULD G¡,WDOLDª 8IILFLR 6WDPSD GHOOD 5HDO &DVD G¡,WDOLD

Parte del pubblico; alla sinistra in prima fila i tre Principi.


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Franco Ceccarelli

COSTITUENTE MONARCHICA UN PASSO AVANTI Al termine di piĂš di sei mesi di lavoro - che sono una prima fase di attivitĂ - gli sforzi di un gruppo di amici appartenenti a piĂš realtĂ

monarchiche, sono sfociati nell’Assemblea di Roma dello scorso 13 ottobre.

vo, portato avanti “rubando� spazi al lavoro e alla famiglia, in spirito di totale volontariato.

Un incontro unitario, fortemente voluto, frutto di un impegno continuati-

Devo confessare che inizialmente, e parlo a titolo personale, essendomi

ormai da alcuni anni distaccato da un impegno attivo - fatte salve le modeste collaborazioni con “Italia reale� dove ogni tanto ho il piacere di vedere pubblicato un mio articolo - l’essere stato chia-

mato a partecipare a tale iniziativa mi aveva quasi lasciato indifferente. Però nel tempo, riunione dopo riunione, sono rimasto sempre piÚ convinto nel vedere che nei discorsi, nei confronti, nelle proposte, sempre tutto si è svolto in un clima di totale collaborazione reciproca, stima e fattiva collaborazione. (segue a pag. 4)

MESSAGGIO DI S.A.R. VITTORIO EMANUELE DUCA DI SAVOIA PRINCIPE DI NAPOLI

MESSAGGIO DI S.A.R. EMANUELE FILIBERTO DI SAVOIA PRINCIPE DI PIEMONTE E DI VENEZIA

IN OCCASIONE DELLA PRIMA ASSEMBLEA COSTITUENTE MONARCHICA UNITARIA

IN OCCASIONE DELLA PRIMA ASSEMBLEA COSTITUENTE MONARCHICA UNITARIA

GINEVRA ² 13 OTTOBRE 2012

GINEVRA ² 13 OTTOBRE 2012 Carissimi amici,

Monarchici! Carissimi Convenuti, è con vero piacere che, rispondendo al Vostro saluto, formulo i miei piÚ sinceri auguri di buon lavoro per questa prima Assemblea Costituente, in cui molti di Voi ripongono la speranza per un futuro migliore e per una maggiore collaborazione tra le organizzazioni monarchiche italiane. Il vostro consesso si riunisce in un momento terribilmente drammatico per la nostra Patria, piegata da una crisi che prima di essere economica è SULPD GL WXWWR XQD FULVL GHOOH FRVFLHQ]H GHOO¡LQFDSDFLWj JHQHUDOH di rispondere in modo forte e chiaro al vuoto che ci circonda. Quello che manca oggi nella nostra Italia, in particolare a moltissimi giovani, è la certezza e la fiducia nelle nostre capacità . Come detto dal mio Augusto Genitore, S.M. il Re Umberto II, dobbiamo avere fiducia nelle forze sane della Nazione: è quella certezza che potrà far riprendere alle leve della produzione quel continuo cammino che porta il capitale a creare nuovo lavoro; lavoro ben UHPXQHUDWR JDUDQWLWR GDOOH OHJJL H LQVHULWR QHOO¡RUJDQL]]D]LRQH JLXULGLFD dello Stato, aperto alla tutela della Famiglia ed alla valorizzazione dei nostri giovani.

è con vero piacere che, rispondendo al Vostro gentile invito a partecipare a questo primo incontro della Costituente ed associandomi agli auspici espressi da mio Padre, S.A.R. il Principe Vittorio Emanuele, desidero formulare i miei piÚ sinceri auguri per un proficuo lavoro, nel disinteressato amore per la nostra Italia. Auspico che oggi non ci siano piÚ coloriture, contrapposizioni, GLVFXVVLRQL PD VROWDQWR FRQFRUGLD HG XQLWj G¡LQWHQWL FKH VRQR LO PRWRUH di ogni successo ed il clima in cui si compÏ il nostro Risorgimento. Con il rammarico di non potermi unire a Voi in questa giornata, ma certo di presto rivederVi, invio a tutti il mio piÚ caloroso e riconoscente saluto.

6LHWH RJJL FKLDPDWL D ULVSRQGHUH D TXHVWD VILGD WHVWLPRQLDQGR O¡DPRUH disinteressato per la Patria e la volontà di risorgere ad ogni costo da questa crisi valoriale, tenendo fede ai principi su cui i nostri Padri hanno UHVR O¡,WDOLD XQLFD libera ed operosa. Con questi sentimenti e con questi auspici, invio a Voi tutti il mio grato e memore saluto, con i migliori auguri di buon lavoro.

Roberto Vittucci Righini legge all’Assemblea i messaggi dei Principi Vittorio Emanuele ed Emanuele Filiberto di Savoia


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COSTITUENTE MONARCHICA (da pag. 3)

Anche quando si sono verificate inevitabili incomprensioni e discussioni, tutti gli attriti sono stati superati col ragionamento: dopo 30 anni d’attività in campo monarchico, un vero e proprio “Unicum”. Mai mi era capitato - “forte” delle esperienze di riunioni e/o incontri monarchici dove, presenti magari cinque persone appartenenti alla stessa associazione, tre litigavano con le altre due - di uscire dagli incontri circondato da persone sorridenti e soddisfatte. Questo mi ha stimolato ed indotto ad andare avanti. COMPATTAMENTO DEI MONARCHICI La riunione del 13 ottobre ha coronato ogni nostra migliore speranza, come meglio si vedrà di seguito. Però debbo onestamente dire che un altro dubbio che “tormentava” il mio animo, a parte le buone prospettive di un fattivo lavoro comune con altri amici monarchici, stava nella domanda: “ma vale la pena spendere tante energie per la nostra pur onesta battaglia monarchica, ancora nel 2012?”. Il mondo corre veloce, la storia e la società si evolvono con tempi pari a quelli del cambio di canale da un telecomando. Non saremo veramente, come dicono tanti nostri avversari, dei “fuori dal tempo”, persone che non riescono ad accettare il presente e che si rifugiano in un passato che, ovviamente, oggi non c’è più? Ho cercato di trovare una risposta e per questo sono partito dalla fine, e ciò proprio dalla Costituente il cui primo vagito è risuonato a Roma, il 13 ottobre. Mi sono detto, che se un gruppo di persone di cultura medio alta, professionisti, laureati con un ruolo piccolo o grande che sia, nel mondo del lavoro e nella società, hanno avvertito la necessità di proporre, o meglio riproporre, una realtà politica monarchica - non necessariamente preposta a svolgere solo un ruolo politico attivo, ma destinata, nelle intenzioni, a divenire la “casa” di tutti, tutti, i monarchici italiani - evidentemente uno stimolo in tal senso deve esserci nella società.

Oppure vuol dire che la società italiana nella quale oggi viviamo, presenta aspetti di criticità sociale, di incertezza istituzionale, di vuoto politico in cui la pubblica opinione (quella fatta dagli operai, dai contadini, dagli impiegati, dalla stragrande maggioranza dei lavoratori, insomma), si trova ormai da troppi anni, ed in cui sta sempre più precipitando. Una società che sta perdendo sempre di più punti di riferimento sicuri e che non riesce a ritrovare quelli che una volta pur aveva. Una società che quale punto di riferimento certo sembra avere solo le cartelle esattoriali di Equitalia! Onestamente un po’ poco. Allora mi sono guardato attorno osservando che tanti dei problemi nostri li hanno anche altri Paesi a noi vicini; è la carta geografica d’Europa che mi ha confermato ciò che in fondo ho sempre saputo: tutti gli Stati ancora retti dalla forma istituzionale monarchica riescono ad avere una situazione morale e sociale (non dico economica), migliore di quella italiana. In quei Paesi un punto di riferimento certo di continuità istituzionale, che si allarga, automaticamente, a più aspetti della vita pubblica, c’è. E finché durerà la Monarchia, loro avranno sempre, al di la delle capacità del Sovrano di turno, una garanzia di continuità, una garanzia dove la politica, almeno per quel che riguarda il vertice dello Stato, non potrà mai mettere bocca. Oggi che in Italia il gradimento verso il sistema politico è ai minimi termini, magari si potesse dire: almeno il vertice è salvo. All’epoca dell’elezione dell’attuale Capo dello Stato scrissi un articolo per questo Mensile, in cui

esprimevo la soddisfazione per l’elezione di un uomo che, ancora oggi, continuo a ritenere onestamente convinto di operare per il bene del Paese. Ma, al contempo, razionalmente, non posso non condividere che anche l’attuale Capo dello Stato è “frutto” di un compromesso tra partiti politici. Proprio di quei partiti che hanno perso la stima di ben oltre il 70% degli Italiani, stando agli ultimi sondaggi. Ecco quindi che in Italia una serena, onesta e democratica proposta di alternativa istituzionale, fatta seguendo pedissequamente le leggi che regolano la materia, ad iniziare dalla modifica della Costituzione (imprescindibile per giungere allo scopo), può e deve essere portata avanti. Ma per far ciò i monarchici devono essere uniti e compatti, come mai sono stati. Altrettanto vero è che per perorare le nostre istanze nelle opportune sedi legislative, non ci si può appellare a terzi bensì solamente a dei monarchici convinti, forti della serietà delle loro intenzioni. I Monarchici non possono certo salvare l’Italia, ma possono sicuramente dare un aiuto, un contributo basato sull’insegnamento dei Padri per i quali, formatisi culturalmente in periodo Regio, le parole “senso dello Stato”, avevano un valore incommensurabile, oggi quasi totalmente perso. Ben venga quindi, il “compattamento” dei monarchici, di tutti i monarchici intellettualmente onesti. L’evento dell’hotel Minerva ha visto la partecipazione di un gran numero di persone, per essere un inizio. Speriamo che il seme gettato dia buoni frutti. Probabilmente lo

aspettano molti più Italiani di quanto loro stessi sappiano. I LAVORI I lavori sono iniziati puntualmente, ma già un’ora prima lo staff aveva allestito la segreteria dei lavori dove, due giovanissime assistenti (elegantissime e totalmente volontarie), accoglievano gli intervenuti. Un quarto d’ora prima l’inizio dei lavori, la vasta sala era quasi piena e la gente ha continuato ad arrivare anche successivamente, singolarmente o a piccoli gruppi. Gli ultimi sono giunti alla ripresa dei lavori pomeridiani, venivano dalla Sicilia. Alle 11 si è toccato il massimo delle presenze contemporanee, con 164 persone (128 uomini e 36 donne) ma, complessivamente, essendo giunta gente nuova anche nel pomeriggio, sicuramente è stato superato il numero dei 200 intervenuti. Questo dato è importante anche perché importante ed attiva è stata la presenza femminile, con interventi di rilievo, di cui si darà successivamente breve conto. Per primo ha preso la parola l’Avv. Roberto Vittucci Righini, di Torino,

Roberto Vittucci Righini direttore di questo Mensile, prescelto quale Presidente dell’Assise. Dopo aver letto i messaggi pervenuti dai Principi Vittorio Emanuele ed Emanuele Filiberto, lungamente applauditi, ha ringraziato i numerosi convenuti, ripercorrendo brevemente la drammatica situazione sociale e politica italiana, che ha indotto i monarchici a guardarsi attorno, a rimboccarsi le maniche ed a decidere di offrire il loro contributo di idee e fatti al Paese. Un Paese, ha continuato, da ricostruire ed è questa opera di ricostruzione, che deve vederci presenti.

l’associazionismo monarchico, non ha saputo realizzare alcun progetto concreto e duraturo. Oggi, invece, è importante e necessario che sia mantenuta viva ed attiva, nel panorama politico italiano, una “questione monarchica”, senza rischiare di storicizzare il concetto di Monarchia. La profonda crisi del sistema Italia e di quello repubblicano in particolare, offre delle prospettive di alternativa importanti ma, per portarle avanti occorre convogliare tutte le forze che hanno nella Corona un simbolo di riferimento, rispettando, nell’unità, le convinzioni ed il credo di ognuno, verso un soggetto politicamente attivo. È intervenuto poi il giornalista e politologo Dr. Fabio Torriero, di Roma, al quale si deve l’idea,

Fabio Torriero

Massimo Mallucci Ha poi dato la parola all’Avv. Massimo Mallucci, di Chiavari, tra i massimi promotori della Costituente, il quale prima di iniziare il proprio intervento, ha chiesto di ricordare, in piedi, i morti suicidi causati da un’opprimente fiscalità ed i morti sul posto di lavoro, fenomeno che dà al nostro Paese nel settore un triste primato. Ha poi ribadito che

politicamente vincente, di denominare l’iniziativa del 13 ottobre, “Costituente”, per il valore propositivo del termine. Egli ha evidenziato l’evidente crisi sociale del sistema Italia, in cui ai concetti di “Dio, Patria e Famiglia”, tradizionali per il nostro Paese, sembrano essersi sostituiti quelli di “Io, Patrimonio e Tengo famiglia”. Gli ultimi scandali, che interessano un po’ tutte le forze politiche, ne sono drammatica testimonianza e conferma.Ad una riforma, anche culturale del sistema Italia, i monarchici possono e devono offrire il loro contributo. Oggi si presenta l’occasione di indirizzare


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tale contributo, tramite questa iniziativa; non sprechiamola. Terminata questa prima fase, hanno preso liberamente la parola tutti coloro che avevano chiesto di intervenire, secondo l’ordine di prenotazione. Il Dott. Dario de Siena, di Catanzaro, ha subito dichiarato, da monarchico convinto, la propria devozione alla Dinastia Borbonica, ma ciò non toglie

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rientro nell’agone politico, non sprechiamola.

Marisella Notarnicola Ana Maria Norero

Dario de Siena che fosse assolutamente lieto di prendere parte ai lavori, nella convinzione che un’azione unitaria può coniugare le varie anime del pensiero monarchico. Sia che si tratti di una monarchia imperiale, umanista, illuminista, la fedeltà alla Corona, il sentimento monarchico, debbono travalicare le Dinastie. L’importante non è tanto chi sia il Re, l’importante e che un futuro Re sappia di esserlo. È seguito l’intervento dell’Avv. Fabrizio de Lorenzo, di Roma, il quale ha ribadito che senza un partito dichiaratamente monarchico non si può aspirare ad alcun risultato, in un’Italia, quale quel-

La Sig.ra Ana Maria Norero, di Chiavari, ha sottolineato come l’iniziativa della Costituente sia ottima ed appassionante, per le prospettive che apre, soprattutto per quel che riguarda la salvaguardia della nostra cultura e delle nostre tradizioni. Una classe politica monarchica, in repubblica, deve saper dimostrare di essere attenta alle istanze sociali che vengono dal popolo e, inoltre, deve fornire un esempio di rettitudine di cui, ormai, nel nostro Paese sembra essersi persa anche la memoria. Il Dott. Giacomo Scarsi, di Genova, ha iniziato rivolgendo il pensiero a Re Umberto II, ai Caduti monarchici di Via Medina ed a tutti coloro che, dall’avvento della repubblica, hanno continuato a bat-

la di oggi, ormai totalmente politicizzata. Per di più, ha evidenziato il professionista romano, non è nemmeno sufficiente un eventuale risultato a livello locale: è indispensabile mirare al Parlamento, in quanto solo dagli scanni di Montecitorio e di Palazzo Madama, sarà possibile, finalmente, tornare a far sentire la nostra voce nelle sedi idonee. Oggi il popolo è sbandato ed il sistema Italia sembra quasi si stia smantellando da solo. Abbiamo davanti un’occasione storica di

tersi per l’alternativa istituzionale. Per il movimento che sta nascendo ha proposto il recupero dell’antico nome “Partito Nazionale Monarchico”, un partito che dovrà impegnarsi per il ricupero della nostra identità nazionale che, in quasi 70 anni di repubblica, si è andata perdendo e che dovrà considerare primariamente i problemi sociali. Per far ciò occorre però che siano superate beghe e distinzioni tra i monarchici tra i quali dovranno esserci non avversari, ma solo amici. È intervenuta quindi la Prof.ssa Marisella Notarnicola, di Chiavari, che ha ricordato come in tutta la sua vita e carriera lavorativa si sia sempre ispirata al pensiero politico di tre dei maggiori intellettuali italiani del ’900: Benedetto Croce, Luigi Einaudi e

un movimento, di cui la “Stella” può essere valido strumento di identificazione, piuttosto che un Partito vero e proprio. È stata quindi la volta dell’Avv. Romano Scarpa, di Roma, il quale ha evidenziato come il concetto base del pensiero monarchico deve essere quello della Sovranità. Per l’affermazione degli ideali che ci accomunano ha poi detto

Nicola Squiccimarro faccia riferimento o al nome del Principe Emanuele Filiberto oppure, al risorgimentale motto “W V.E.R.D.I.”. È seguita una breve pausa, durante la quale il Dr. Angelo Novellino ha rivolto un saluto al Principe Don Ferdinando Massimo, Savoia-Genova per parte materna, che ha voluto essere presente ai

presenta. Ha poi affermato di riconoscersi in molte delle proposte che i monarchici portano avanti e di aver apprezzato la collaborazione di questi nelle iniziative che a volte li hanno visti affiancati con i “garibaldini”. Ha voluto poi ricordare una frase pronunciata in punto di morte dall’illustre Avo, perfettamente pertinente alla realtà dei nostri tempi: “questa non è l’Italia per cui abbiamo combattuto”. Ha quindi affermato di condividere ogni possibile collaborazione con i monarchici, finalizzata a rendere quanto più possibile, questo nostro Paese, vicino a quello che Garibaldi avrebbe voluto far nascere. Ha inoltre lamentato, con profondo rammarico, gli ostracismi che ha incontrato al momento in cui ha chiesto la riesumazione, per una ricognizione storica, del corpo del Bisnonno, inspiegabilmente osteggiata in ogni modo dalle autorità preposte. Infine ha rammentato come il Generale, prima di morire, avesse

Cetteo Cipriani

parte e, quindi, fattore di divisione. Negli anni i monarchici, con una sciocca campagna di competizione tra loro, sono riusciti quasi ad “autodemolirsi”. Oggi abbiamo la possibilità di risorgere e di presentarci alla pubblica opinione con le mani pulite. Il giovane Avv. Alberto Barbarisi, di Savona, ha portato il saluto del delegato nazionale giovanile di Alleanza Monarchica, Dr. Lorenzo Beato, di Roma, che ha definito un classico esempio di cervello italiano “in fuga” essendo stato costretto,

Alberto Barbarisi

Anita Garibaldi

Giacomo Scarsi

Fabrizio de Lorenzo

Francesco Saverio Nitti, tutti e tre uniti, oltre che dal pensiero liberale, da una concreta fedeltà monarchica. Sulla base di queste premesse, ha ricordato come nell’Italia monarchica l’equilibrio ed il rispetto, erano elementi portanti della Società e mai, da italiana, avrebbe potuto immaginare di vedere oggi nel nostro Paese tanta decadenza, morale e materiale. La Signora Anita Garibaldi, di Roma, pronipote dell’Eroe dei Due Mondi, ha ringraziato vivamente per l’invito rivoltole a partecipare, portando il saluto delle Associazioni che rap-

espresso il desiderio di non essere inumato, ma cremato, in modo che ognuno che lo avesse voluto, avrebbe potuto avere un pizzico delle sue ceneri con cui concimare un albero da piantare in ogni dove della Nazione, così che potesse nascere una “foresta della nuova Italia”. Il Dott. Nicola Squiccimarro, di Trani, ha condiviso pienamente l’iniziativa di rilancio politico dei monarchici ma ha ribadito, intervenendo sia dal palco che, più volte, dalla sala, che a suo parere occorre dare al Movimento una marcata caratterizzazione dinastica che

Angelo Novellino lavori dell’Assemblea. Sono quindi ripresi gli interventi. La parola è stata data al Dott. Carlo Cetteo Cipriani, di Pescara, che ha evidenziato come una delle maggiori difficoltà per i monarchici sia far giungere il proprio “messaggio” di alternativa alla gente, all’opinione pubblica, insomma. Per permettere il ritorno di un Sovrano a capo dello Stato, è essenziale che il popolo comprenda la valenza e l’utilità di tale proposta. Occorre rivalutare quelli che, una volta, erano i valori di base della società e per far ciò è probabilmente più utile

Romano Scarpa che, a parer suo, non bisogna puntare su un movimento dichiaratamente “istituzionale”, ma ad un movimento principalmente patriottico. Ove questo riuscisse ad affermarsi, la questione monarchica verrebbe a ripresentarsi quasi automaticamente. Il Sig. Tullio Alberico, di Corato, ha metaforicamente affermato con orgoglio, considerata la zona da cui proviene, assai prossima alla città di Barletta, che oggi si inizia la nostra “disfida”. Ormai in Italia manca qualunque punto di riferimento e lo sbando è totale. Gli avversari sono tanti, ma noi abbiamo in mano una carta importante: quella di un Re possibile. Quella figura di Re che rappresenta sempre un fattore di unità mentre un presidente è, sempre e comunque, di

per trovare un lavoro, ad emigrare in Russia per insegnare la nostra lingua ai giovani di quel Paese. Il giovane professionista ha poi lamentato come, per troppi anni, i movimenti giovanili monarchici siano stati troppo poco aiutati e, soprattutto, sia mancata una scuola di formazione politica atta a dare una base culturale storico/politica ai tanti ragazzi e ragazze che, nell’alternativa monarchica, si riconoscono. Solo “seminando” efficacemente, infatti, sarà possibile vedere rifiorire ed affermarsi il nostro pensiero. Èintervenuto quindi il Dott. Gian Piero Covelli, di Roma, uno dei promotori della Convenzione, figlio minore dell’ On. Alfredo, padre politico di quello che fu il grande Partito Nazionale Monarchico che, all’apice del suo successo, giunse a contare su una rappresentanza

Gian Piero Covelli di 40 deputati e 16 senatori, negli anni ’50 del secolo scorso. Egli ha condiviso pienamente le tesi del giovane oratore che lo aveva preceduto, sottoliTullio Alberico

(segue a pag. 6)


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COSTITUENTE MONARCHICA (da pag. 5)

neando l’assoluta necessità di creare una scuola di formazione monarchica diretta non solo ai giovani, ma anche a tutti coloro che, dovendo rappresentare il Movimento, dovranno irrobustire la loro preparazione sociopolitica. Inoltre, ha aggiunto, è indispensabile puntare anche sull’elemento femminile, da sempre sensibile alle istanze monarchiche ma, inspiegabilmente, sempre distante da un impegno diretto sul territorio. Il Dott. Roberto Tomao, di Formia ma residente a Novara per motivi di lavoro, ha preso la parola per salutare i tanti convenuti ma anche, soprattutto, per leggere una lunga lettera del Dott. Alberto Conterio, di Biella, impossibilitato ad essere presente.

“cassa di risonanza” sia un portavoce unico, che riporti, solo lui, il pensiero ufficiale dei monarchici sulle varie tematiche da trattare politicamente. Fondamentale, altresì che vengano affrontate, in maniera efficace, le problematiche del mondo del lavoro e del mondo femminile, in particolare. Oggi la proposta monarchica deve essere popolare, diretta alle masse, e deve basarsi su un concetto semplice e comprensibile a tutti: “Popolo e Famiglia”. L’Ing. Pasquale Doronzo, di Barletta, ha affermato che i tanti piccoli rivoli del

Alberto Scardino

Paolo Accusani di Retorto

Domenico Giglio

la Monarchia - quale istituzione - sulla forma repubblicana. Il Prof. Raffaele Cecchetti, di Viareggio, ha evidenziato che uno dei principali problemi della struttura sociopolitica italiana di oggi, sta nel fatto che ormai si è distrutta la possibilità per lo Stato di esercitare un proprio effettivo potere al suo interno. La parcellizzazione del potere, infatti, in una miriade di competenze affidate a più soggetti, grandi e piccoli, ad iniziare dai vertici dello Stato

proposta monarchica è valida e proponibile. Il Dott. Nicola Barile, di Bari, nel proprio intervento ha affermato di condividere la necessità di un’attiva presenza monarchica nell’agone politico italiano, ma non con una diretta connotazione di identificazione istituzionale ed ha concluso proponendo, la denominazione, “Nuovo Risorgimento”. Il Dott. Paolo Rutili Dragonetti, di Roma, ha iniziato rendendo omaggio alla memoria dell’on. Alfredo Covelli ed ha condiviso la necessità di un impegno politico ma, a suo dire, non con una connotazione esplicitamente monarchica, pur proponendo un progetto di alternativa istituzionale. Tra i punti da aggiornare nel programma politico del Movimento, importante quello relativo alla questione dell’Ambiente. Ritiene inoltre, fondamentale, una Scuola di

ta” deve essere valore assoluto ed indiscutibile, non solo per i monarchici, ma per tutti gli Italiani. Il Comm.Alberto Claut, di Padova, tra i promotori della Costituente,ha rimarcato l’esigenza che tutti i monarchici si ritrovino, per

Pasquale Doronzo

Roberto Tomao Il Sig. Massimo Nardi, di Modena, ha sottolineato come oggi la situazione sia favorevole per una democratica riproposta della nostra alternativa. Per riproporci validamente deve però essere considerato il problema economico in quanto, per far politica, occorrono risorse che attualmente non ci sono. Fortunatamente, ha proseguito Nardi, ormai l’informatica offre delle immense possibilità che permettono, almeno in parte, di ovviare a tale problema. Già la creazione di un sito Internet preposto a fornire notizie in diretta sulle nostre attività, permetterebbe di potenziare il nostro radicamento sul territorio. Fondamentale è però che a fungere da

Massimo Nardi

mondo monarchico, devono oggi obbligatoriamente confluire in un unico grande fiume che trasporti le nostre idee, idee concrete che ci permettano di conquistare sempre più ampi spazi nella società, finalizzate ad un unico grande progetto di alternativa monarchica comune, indispensabile per poter proseguire. Dall’esperienza maturata in tanti anni di impegno sul fronte monarchico, ha proposto 3 punti di azione: uno basato su una proposta monarchica che non si occupi di questioni dinastiche; uno basato sulla creazione di una formazione politica autonoma che si presenti attraverso i mass media, il WEB, pubblici gazebi e manifestazioni; oppure, infine, la scelta di affiancarsi, sin dal principio, a gruppi politici di riferimento, anche non monarchici, della cui collaborazione, però, si possa essersi sicuri. L’Avv. Alberto Scardino, di Grottaglie (Taranto), ha ricordato come, giovanissimo, abbia fatto in tempo, pur se solo per un anno, ad iscriversi al movimento giovanile dell’allora PDIUM, essendo poi intervenuto lo scioglimento del Partito. È quindi tornato sul concetto dell’indubbia superiorità, da un punto di vista istituzionale, della figura del Re costituzionale rispetto a quella di un presidente di repubblica e proprio su questo assioma deve fondarsi la nostra lotta, finalizzata a dimostrare la preminenza del-

Raffaele Cecchetti fino ai municipi ed alle circoscrizioni nelle grandi città, ha fatto si che, di fatto, nessuno ormai comandi più effettivamente, con il conseguente continuo scarico di responsabilità da un soggetto ad un altro. Oggi, ha concluso, va avanti solo chi dispone di idonee risorse economiche. Primo atto da compiere, per tentare il salvataggio della Nazione, dovrebbe essere la ricostruzione di un effettivo potere dello Stato, così che questo possa tornare ad agire efficacemente. È stata la volta dell’Avv. Paolo Accusani di Retorto, di Pinerolo, il quale ha espresso dubbi sulla possibilità di costituire, al momento, un vero e proprio partito o movimento politico mentre, invece, va vista con favore la creazione di un’Associazione. In seguito, ma solo in seguito, si potrebbe esaminare la possibilità di incrementare la nostra presenza politica. Ha poi aggiunto che dovremmo porci la domanda:“siamo ancora attuali”? Per lui la risposta è, ovviamente, positiva, ed inoltre, a suo parere, mai come oggi la

Paolo Rutili Dragonetti Formazione Politica, non solo per i giovani. L’Ing. Domenico Giglio, di Roma, ha innanzitutto portato il saluto del Circolo di Educazione e Cultura Politica “Rex”, antica ed autorevole istituzione di cultura e formazione monarchica, attiva sin dal 1947, ricordando i nomi di alcuni dei prestigiosi ed illustri presidenti che, nel tempo, hanno retto il Sodalizio. Ha poi evidenziato la necessità, assoluta che chi porta avanti la battaglia monarchica possa contare su una solida formazione storica e politica, che gli permetta di affrontare ogni tipo di dibattito e contraddittorio. Ha inoltre ribadito che il concetto di “Patria uni-

in linea di massima buona ma che è necessario procedere a miglioramenti in alcuni punti. Il Dott. Luigi Mastroianni, di Milano, ha invitato a riflettere sul fatto che, purtroppo, quelli che una volta erano i valori fondanti della Società italiana, oggi si sono in gran parte persi per l’incapacità delle generazioni precedenti, di “trasmettere” il testimone” alle nuove. Una volta si poteva contare su concetti quali

Luigi Mastroianni

Alberto Claut unire le forze e rinnovarsi nell’impegno, comunque volto ad una causa comune. Possiamo avere idee contrastanti ma, essendo il fine lo stesso, tutte le differenze possono e devono venir superate per ritrovare un’Italia guidata da un Sovrano. In tale contesto vede con favore un’azione politica comune, che permetta ai monarchici un peso politico, necessario per contribuire a modificare la drammatica situazione nella quale si trova l’Italia. L’Ing. Andrea di Gropello, di Torino, un altro tra i principali promotori della Costituente, dopo aver evidenziato come oggi possa esserci confusione per quel che riguarda un sicuro riferimento istituzionale, ha espresso la certezza che se le cose proseguiranno positivamente, come sembra, grazie alla Costituente il problema si risolverà da se. Ha poi evidenziato come la bozza di programma presentata, sia

Andrea di Gropello

l’amicizia, l’onestà, l’onore, in gran parte persi. Impegno dei monarchici deve anche essere quello di ritrovare tali valori, fondanti per una società sana com’era, una volta quella italiana, nella quale, tra l’altro, non si faceva carico all’Amministrazione pubblica di spese di carattere privato. È intervenuto, a questo punto l’Avv. Vittucci Righini che, a supporto delle parole dette dal giovane professionista milanese, ad evidenziare la serietà di una certa Italia di una volta ha ricordato, a mò d’esempio, come il Conte di Cavour fosse uso, anche nello svolgimento delle sue funzioni di carattere istituzionale, pagare di tasca propria i ricevimenti offerti adducendo a riprova che un antico Caffè torinese - a suo tempo fornitore del Primo Ministro del Regno di Sardegna e poi d’Italia - in occasione del 150° del Regno d’Italia ha, tra l’altro, esposto nelle proprie vetrine una serie di gigantografie delle fatture, emesse a carico dello stesso Cavour, per le forniture da questi pagate in proprio. Scusandosi per l’interruzione, è poi tornato a dare la parola ai relatori iscritti a parlare. Il Dott. Manuel Pezzoli, di Varese, ha evidenziato come, ormai, la situazione economica e sociale italiana sia realmente drammatica e ha detto, ad esempio, che nella provincia di confine in cui risiede, la limitrofa Svizzera appaia come un’utopia, per l’ordine e la serietà che vi regnano, rispetto alla nostra realtà. Su questo fronte la repubblica ha in pieno fallito,


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Manuel Pezzoli come ha totalmente fallito nella gestione della cosa pubblica, ove si guardi all’ammontare del Debito Pubblico, assolutamente impensabile in epoca monarchica. Ha inoltre espresso il desiderio di meglio comprendere come dovrà essere strutturato il Movimento che và a nascere e, soprattutto, ha chiesto di sapere se, tra le nostre fila, siano già stati individuati dei tecnici,nelle varie discipline, in grado di dare un fattivo, reale, contributo alla soluzione dei tanti problemi sociali che sono stati evidenziati nel corso dei lavori. Il Presidente ha ritenuto a questo punto di intervenire, spiegando all’oratore che le sue domande sono pienamente legittime ma che, essendo quella di oggi la prima riunione unitaria, dopo tanto tempo, l’individuazione di persone tecnicamente preparate da inserire nei quadri, è uno dei prossimi passi da compiere, ma richiede dei tempi tecnici inevitabili. Dovrà lavorarci la Commissione che avrà l’incombente di procedere al varo degli atti necessari, al termine dell’Assemblea Costituente. La parola è poi andata al Com.te Ugo d’Atri, di Roma, Presidente dell’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon, che ha voluto innanzitutto salutare il Dott. Ernesto Capece Minutolo, di Roma ed il Dott. Giorgio Selvaggi, di Salerno, presenti in sala. Riallacciandosi all’intervento

Ugo d’Atri dell’Avv. Mallucci, ha poi evidenziato l’assoluta necessità che venga bloccato il processo di “storicizzazione” del concetto

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di Monarchia che, invece, è vitale e proponibilissimo. Ha altresì detto di non riconoscersi nella realtà che ci circonda, una realtà che non ci appartiene e verso la quale abbiamo il dovere di intervenire. Occorre che i monarchici si attualizzino. Per troppi anni gruppi e gruppuscoli con a capo, troppo spesso, gente che rappresenta poco più di se stessa, hanno impedito che si giungesse ad una unificazione totale del nostro mondo. Occorre finirla con le “conventicole” e solo superando questa situazione potrebbe realizzarsi, finalmente, la possibilità di vedere la figura di un Principe, all’orizzonte dell’Italia. La crisi del sistema ci offre l’occasione di riproporci. Basti pensare che l’ultimo sondaggio Eurispes ha rilevato come il 76% degli Italiani non abbia, più fiducia nelle istituzioni! Oggi, il Paese, ha bisogno di ritrovare la propria identità nazionale. Con il Regno ciò è possibile, con la repubblica si continuerebbe in questa situazione di sudditanza, politica ed economica, oggi agli americani ed ai tedeschi, domani, forse, ai cinesi. Il Dott. Franco Ceccarelli, di Roma, ha chiesto nel proprio intervento che nel programma venga evidenziata la ferma volontà dei monarchici di battersi per un importante taglio alle spese della politica (riduzione del numero dei parlamentari, dei senatori,delle indennità, del numero dei consiglieri regionali, nonché la riduzione delle

rideputato, che in una pubblica intervista ha “lamentato” come suoi colleghi ex-deputati, ormai non riescano più a campare con un vitalizio di “soli” 4.000 euro al mese (più 800 euro/mese, per spese di viaggio). Poveretto!

Alberto Lembo L’On. Alberto Lembo, di Vicenza ha espresso apprezzamento verso l’iniziativa, evidenziando però la necessità di modifiche al programma proponendo, soprattutto, che nel prologo allo stesso vengano inserite, in quattro/cinque righe, non di più, le motivazioni per cui i monarchici hanno deciso di riproporsi politicamente. Ha inoltre suggerito che i tanti temi trattati nel programma stesso, vengano raggruppati in macro aree, di più facile proposta e comprensione.

Nicola Todisco

Franco Ceccarelli province e l’abolizione delle regioni, oltre che di quella pletora di realtà, più o meno statali, utili solo a creare “poltrone” da far occupare al politico di turno). Questo dovrebbe essere uno dei punti principali del programma, che ci fornirebbe uno strumento importante per “fare breccia” nella gente, che non può più capire una classe politica ormai completamente discostata dai problemi veri della Nazione. A supporto di tale distacco dalla realtà, ha citato il caso dell’on. Gerardo Bianco, ex-ministro della repubblica e plu-

L’Avv. Nicola Todisco, di Napoli, che aveva accompagnato alla riunione il Prof. Mario Miale, di Napoli, impedito a muoversi autonomamente, ha espresso l’opinione che non sia necessario indicare un riferimento esplicitamente monarchico nel nome del Movimento. Il Prof. Dr. Ivanoe Riboli, di Berzo San Fermo (Bergamo), ha espresso l’auspicio che si torni nella

Ivanoe Riboli

denominazione allo storico “Partito Nazionale Monarchico”, così da non creare alcuna confusione per l’elettore, di aver davanti una formazione dichiaratamente monarchica. Ha poi ricordato come la Monarchia, ed anche il partito monarchico, nella zona di sua provenienza abbiano sempre potuto contare, contrariamente a quanto normalmente viene fatto credere, principalmente sul supporto delle masse agrarie e non su quello degli agrari, che è cosa ben diversa. Insomma una Monarchia basata sul popolo e, quindi, una Monarchia “di popolo” e popolare. La giovanissima Sig.na Marzia Elena La Piana

Marzia Elena La Piana Cipolla Cipolla, di Palermo, ha proposto che nella denominazione dell’organizzazione appaia un riferimento al termine “Reale”. Il Cav. James Minini, di Torino, ha parimenti sostenuto la necessità di un chiaro riferimento nella denominazione alla Monarchia, cemento unificante di quanti amano la nostra Patria, mentre il Cav. Enzo Migliorini, di Torino, ha ribadito quanto già detto da altri oratori sulla necessità di battersi per l’abrogazione dell’art. 139 della Costituzione e per la tumulazione al Pantheon degli ultimi due Re e Regine di Casa Savoia, terminando il suo intervento al grido “Viva il Re”, “Viva Casa Savoia”. CONCLUSIONI Terminati i numerosi interventi, si è parlato del programma presentato in apertura dei lavori. Dal momento che anche durante gli interventi, era stato chiesto di valutare la possibilità di procedere a modifiche del programma, è stata presentata ed approvata a larghissima maggioranza una mozione che ha stabilito che venga dato tempo ad ognuno di proporre liberamente dei suggerimenti, da inviare entro trenta giorni ad una commissione che

dovrà procedere alle eventuali modifiche ed integrazioni. Si è, quindi, tentato di individuare una denominazione da abbinare al simbolo, confermato, di “Stella e Corona” ma si sono presentati problemi in quanto troppe idee hanno portato ad un moltiplicarsi delle proposte. Pertanto, dopo tentativi di scelta di un nome, votato a maggioranza, è stato deciso di delegare al nuovo organigramma di vertice, di scegliere la denominazione del Movimento, avvalendosi della collaborazione di esperti di comunicazione politica. In tale ottica è stato proposto all’Assemblea e approvato all’unanimità un elenco di persone da inserire nel varato Comitato esecutivo, che sono state aggiunte ai dieci già del Comitato promotore. Il Comitato esecutivo risulta pertanto così composto: Avv. Alberto Barbarisi, Dr. Lorenzo Beato, Arch. Edoardo Brandone, Dr. Antonio Buccioni, Dr. Franco Ceccarelli, Comm. Alberto Claut, Dr.Alberto Conterio, Dr. Gian Piero Covelli, Avv. Fabrizio de Lorenzo, Dr. Dario de Siena, Com.te Ugo d’Atri, Dr. Andrea di Gropello, Dr. Luca Ferrari, Sig.ra Marzia Elena La Piana Cipolla, Avv. Massimo Mallucci, Dr. Luigi Mastroianni, Dr. Gian Luca Mazzei, Arch. Marta Navone, Sig.ra Ana Maria Norero, Dr.Angelo Novellino, Dr. Francesco Pantano, Dr. Ivanoe Riboli, Avv. Roberto Vittucci Righini Alle 18, il Presidente, ringraziati gli intervenuti, ha dichiarato chiusi i lavori, sciogliendo l’Assemblea ed auspicando che, dopo l’esperienza romana possano svolgersi altre iniziative similari, anche a livello regionale, per compattare tutti coloro che, pur presenti in spirito a Roma, non hanno potuto esserci fisicamente. CONSIDERAZIONI Una è la principale conseguenza che, a parere di chi scrive, deriva dall’evento romano del 13 ottobre: finalmente sembra sia stato posto un freno al fenomeno di storicizzazione della Monarchia, che ha, drammaticamente, estrapolato quasi completamente i monarchici dalla scena politica italiana, il che in una repubblica politicizzata oltre ogni dire, in ogni aspetto della vita economica e sociale, è fatto

gravissimo ed assolutamente riprovevole. Con un Paese ormai allo stremo, nel quale la presenza dello Stato si fa “sentire” principalmente con le cartelle delle tasse, un ritorno dei monarchici, testimoni di un’Italia che molti - tra i quali anche tanti non monarchici - considerano migliore rispetto a quella di oggi, è un dovere morale. Con la Monarchia la democrazia può raggiungere livelli altissimi, come testimoniano efficacemente tante realtà vive e vitali in Europa e non solo. Non a caso le prime istanze delle basi popolari vennero accolte proprio in Stati a regime monarchico già alla fine del XIX secolo, i primi esempi di governi riformisti si ebbero nelle realtà monarchiche del Nord Europa, in troppi Paesi la fine dei regimi monarchici si è accompagnata a feroci bagni di sangue che hanno condizionato, ed ancora in parte condizionano, la vita di troppi popoli europei e non. Infine, un grazie a tutti i numerosi convenuti ed anche a tutti coloro che, impossibilitati ad essere fisicamente presenti, hanno voluto manifestare il loro appoggio. Tra questi On. Efisio Lippi Serra, di Cagliari, Avv. Michele Forino, di Genova, Sig. Giancarlo Molli Boffa, di Torino, Prof. Sergio Bosca, dal Brasile, Rag. Armando Pupella, di Palermo, Prof. Renato Cesarò, di Nichelino, Prof. Giuseppe Chirico, di Roma, Rag. Enzo Canuto, di Torino, Sig. Marco Passeri, di Firenze, Sig.na Marina Marino, di Torino, Dama Anna Maria Bonanate■ Riccini, di Torino.

VECCHI AMICI La Costituente tenuta a Roma il 13 ottobre ha anche permesso di ritrovarsi tra vecchi amici di varie parti d’Italia che tante battaglie politiche hanno combattuto per la Monarchia. Il Direttore di questo Mensile in particolare è stato felice di poter a distanza di anni nuovamente incontrare tra i tanti altri il Prof. Mario Miale (Napoli), il Dr. Ing. Domenico Giglio (Roma), l’Avv. Bruno Melis (Cagliari), il Dr. Nicola Squiccimarro (Trani), il Dr. Fiorenzo Barbarino (Trieste), nonché di ricevere messaggi dall’On. Dr. Efisio Lippi Serra (Cagliari) e dal Prof. Sergio Bosca (Brasile). ■


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Alleanza Monarchica nel 65° anniversario della scomparsa, ricorda

VITTORIO EMANUELE III RE D’ITALIA IL RE SOLDATO

Nato a Napoli l’11 Novembre 1869 da Umberto I e da Margherita di Savoia. Sposò (1896) Elena Petrovich Njégosh, Principessa di Montenegro, dalla quale ebbe cinque figli: Jolanda, Mafalda (martire di Buchenwald), Umberto, Principe di Piemonte, Giovanna (Regina di Bulgaria) e Maria. Salì al trono nel 1900, dopo l’assassinio di suo Padre ed avviò una serie di riforme sociali, mentre la Regina Elena si conquistava l’affetto del Popolo, che la chiamò “Regina della carità”. Con la guerra contro l’Impero ottomano (1911) conquistò all’Italia la “Quarta sponda” libica. Nella prima guerra mondiale si guadagnò l’appellativo di “Re Soldato” per la sua continua presenza al fronte. Al Convegno di Peschiera (1917), dopo Caporetto, gettò le basi della Vittoria. I torbidi rivoluzionari del dopoguerra suscitarono la reazione del Fascismo. Il 28 ottobre 1922 il Re diede l’incarico di formare il Governo a Benito Mussolini, che ottenne la fiducia e poi i pieni poteri da una Camera liberamente eletta, con una maggioranza schiacciante. Non fu possibile impedire la successiva deriva autoritaria del Fascismo, per il grande consenso che l’accompagnava e che ebbe il suo culmine con la conquista dell’Impero (1935-36); tuttavia si deve al Re se il Regime non diventò mai una dittatura totalitaria. L’Impresa di Albania diede al Re l’effimera corona di quello Stato. Poi l’Italia fu precipitata, contro il suo volere, nella seconda guerra mondiale, che doveva concludersi con la sconfitta. Il Re affrontò con fermezza la crisi del Regime (25 luglio 1943), ma l’anticipato annuncio dell’armistizio da parte degli Alleati (8 settembre) mise in crisi lo Stato e l’Esercito. Il Re si trasferì a Brindisi, salvando così lo Stato legittimo: merito altissimo che gli fu rimproverato come un delitto. Abdicò il 9 maggio 1946, donando all’Italia la sua preziosa collezione di monete. Morì esule ad Alessandria d’Egitto il 28 dicembre 1947. Gli Italiani sono tutt’ora in attesa che cessi la vergogna e venga tumulato nel Pantheon a Roma, unitamente alla Regina Elena, a Re Umberto II ed alla Regina Maria Josè.


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In questa pagina la fanciullezza del Principe di Napoli, in alcune fotografie in compagnia della Regina Margherita e in una del 1882 con la Famiglia Reale. Nella pagina seguente il Principe di Napoli dalla fanciullezza alla maturitĂ : vestito da marinaretto, con la prima divisa della Scuola Militare della Nunziatella e poi con quella da Ufficiale; seguono fotografie del Re con il piccolo e poi giovane Umberto Principe di Piemonte, e in compagnia della Regina del Belgio, la Regina Elena, i figli Principi Umberto e Jolanda. Nella pagina ancora successiva, fotografie di vita familiare. A pagina 12 il “Re Soldatoâ€?.


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Gabriele d’Annunzio

IL RE D’ITALIA Nel sessantacinquesimo anniversario della morte di Re Vittorio Emanuele III, riportiamo un articolo del “Vate”, pubblicato sulla Rivista “Aprutium”, fascicolo speciale gennaio-giugno 1917. **** uando alla fine della nostra “settimana di passione”, vinta l’aspra battaglia contro i trafficatori e i traditori, ebbi l’avviso che il Re mi avrebbe fatto l’onore di ricevermi, andai verso Villa Ada con uno spirito di giovinezza. Mi s’illuminava nella memoria il lontanissimo giorno in cui per la prima volta lo vidi, Principe Ereditario, su un campo di manovre nella campagna di Bracciano bruciata dalla canicola e quasi ridivenuta vulcanica, quasi fatta di tufi roventi e di lave incandescenti nell’ora di mezzo giorno, come nelle origini quando il lago era un cratere aperto.

Q

Prima che i miei occhi lo scoprissero nell’ombra del viale dove egli mi attendeva, io rividi nella mia memoria il suo sguardo di soldato, il suo sguardo acuto e azzurro che per la prima volta incontrandomi m’aveva esaminato da capo a piedi nella mia uniforme di cavalleggere d’Alessandria. Egli era a cavallo, verso sera, con i suoi ufficiali, su una via che costeggiava il lago. Io, con un mio compagno, avevo l’aria di tornare da una ricognizione delle forze e delle posizioni nemiche; ma in realtà tornavo dall’avere scoperto nella chiesa vecchia di Trevignano due quadri perugineschi, e dall’aver cercato nelle rovine del castello l’ombra di Cesare Borgia. Il Principe Ereditario arrestò il suo cavallo; e, mentre noi eravamo davanti a lui diritti nella posizione dell’attenti, egli ci scrutò con un occhio militare, severo e minuzioso, dal berretto ai gambali. Eravamo in perfetta tenuta di ordinanza. Allora soltanto, riconoscendo in me il giovine poeta delle Elegie romane, mi sorrise e mi fece un lieve cenno, con una così franca gentilezza italiana

che mi sentii subito pel suo destino fiorir nel cuore una grande speranza. Poi lo vidi allontanare nella sera luminosa tra le grida delle rondini. E mi piacque di seguire con l’augurio quel giovine che doveva essere il futuro Re latino della più grande Italia, mi piacque di seguirlo verso l’orizzonte classico del sacro Lazio, dove s’inazzurravano il Soratte e i monti della Sabina e le vette del Cimino, mentre Anguillara e Trevignano s’oscuravano su i loro promontori di lava basaltica. Nei giorni seguenti ebbi la ventura di far da guida al suo reggimento durante le manovre; ebbi la ventura di cavalcare per qualche ora al suo fianco. E due cose più mi colpirono, mentre degnava parlare con me nella noia della lunga marcia; l’ordine della sua cultura e il suo gusto per gli aspetti della bellezza terrestre, la facoltà dell’azione e la facoltà della contemplazione. L’una e l’altra io ritrovai in lui, nel mio recente colloquio, ma fatte più gravi e più profonde; e ritrovai quella gentilezza di pura qualità italiana, nel senso che davano alla parola i nostri padri del Trecento, quella gentilezza sobria e virile che gli suggerì l’atto di venirmi incontro fin quasi al cancello, non tanto per fare onore a me, umile servitore della Patria, ma per onorare in me “lo spirito che mi conduce, l’amore che mi possiede, l’idea che io servo”. Arrivando a Roma, io m’ero gettato nella mischia senza badare ai colpi. Vi fu un momento in cui credemmo che fosse veramente per compiersi su la Patria l’orribile assassinio. E da quel momento combattemmo con una specie di furore disperato, senza badare ai colpi. Nelle mie parole e nei miei atti io rappresentavo il più crudo spirito di opposizione contro un uomo politico perniciosissimo, il quale tuttavia era stato Ministro del Re, insignito della più alta onorificenza regale. Il 14 maggio, nell’adunanza del popolo, io avevo accusato di alto tradimento quell’uomo, con una determinazione implacabile, con una freddezza precisa, adducendo la prova dei fatti. Tutto il popolo ave-

va risposto con un grido di morte. Questo sapeva il Re che mi veniva incontro pel viale ombrato. E, tendendomi la mano, egli tendeva la mano al buon combattente, egli accoglieva il messaggio del popolo di Roma; con un gesto di nobile franchezza egli dichiarava da quale parte fosse il diritto e la ragione; egli sdegnava e respingeva i frodatori e i barattatori. Nessuno ormai poteva più dubitare, nessuno poteva più temere. Quella mano, tesa verso un poeta ancor caldo della battaglia combattuta, era già pronta a sguainare la spada. Per ciò la mia commozione fu tanto profonda. Io non dimenticherò mai quell’ora meravigliosa accompagnata dal battito del più ferreo destino. Egli era, come sempre, pacato. La sua voce era tranquilla e sicura. Il suo discorso era misurato e limpido. Ma egli portava già l’uniforme grigia per generali in campagna, egli era già pronto a montare a cavallo. L’esercito d’Italia era già tutto dietro di lui schierato; e mi pareva di udire, nelle pause, il ritmo lontano del passo innumerevole. Si diceva che il Re avesse lungamente esitato, prima della deliberazione suprema. Ma, in verità, di tale esitanza non appariva segno. Egli aveva il suo aspetto consueto, l’aspetto di colui che si propone di compiere il suo dovere fino all’ultimo, con tutta la sua coscienza, con tutte le sue forze. Tale è il suo aspetto consueto. Non credo che abbia mai regnato al mondo un Re più costante e più fervido nella religione del dovere. Non credo che mai Re abbia con tanta pertinacia esercitato il dovere verso il suo popolo, verso sé stesso e verso i suoi maggiori. Ed ecco che si compie in lui la sentenza d’un nostro vecchio poeta del tempo di Dante, il quale dice: “Molte cose ha in balia chi vuol quel ch’è dovere”. Ciò è: chi ubbidisce al bene ch’è dovuto da lui, le cose a lui ubbidiscono. Esercitando rigidamente e compiutamente il suo dovere, questo Re è riuscito a dominare il suo destino. Ecco che a lui, dopo tanti anni di religiosa osservanza del suo compito, il destino ubbidisce.

Ecco che, dopo tanti anni di abnegazione silenziosa, egli ha la più bella sorte. E della più bella sorte si mostra degno. La sua assunzione al trono fu accompagnata da straordinari segni. Quando la sera del 29 luglio 1900 il suo padre augusto - che non aveva mai fatto male a nessuno - cadde assassinato, egli era in alto mare, navigava sul Mediterraneo. Su la nave ebbe l’annuncio funebre, su la nave divenne Re d’Italia. La nazione che trascinava la sua vita in una specie di servaggio, incatenata ai suoi alleati odiosi, ebbe sotto quel getto di sangue regale un fiero sussulto. Le coscienze inerti si scossero. Le volontà giovenili, stanche della troppo lunga vergogna, ebbero un movimento d’insurrezione. Quando il convoglio funebre, partitosi da Monza, attraversò l’Italia per fermarsi in Roma, un gran fremito lo accompagnò sino al Pantheon. Al passaggio, Genova, madre delle navi, gli mandò un saluto eroico, la Spezia, madre delle navi, lo salutò dai suoi forti e dalle sue torri corazzate. Tutta Roma seguì con un maschio silenzio la spoglia composta sopra un affusto di cannone. Veramente l’Italia parve trasfigurarsi e rialzarsi armata di una volontà nuova. Allora al Re “che assunto dalla Morte del Re nel Mare” io dissi in un’ode che oggi risorge nello spirito degli Italiani rinnovellati: “T’elesse il Destino. Guai se tu gli manchi!”. Una necessità eroica pareva splendere sopra il giovine Re. L’Ode lampeggiante di speranze e di presagi gli domandava: “Che vorrai tu sul tuo soglio? Quale altezza è il tuo segno? Miri tu lontano?” L’Ode anelante gli domandava: “Sai tu come sia bello il tuo regno?” Conosci tu le sue sorgenti innumerevoli? Ami tu il suo divino mare?”. L’Ode imperiosa gli gridava: “Apri alla nostra virtù le porte dei dominii futuri!”. Ma il risveglio dell’anima nazionale fu breve. Ricademmo nelle mani impure dei vecchi corruttori. L’uomo che fu da me accusato e convinto di tradimento dinanzi al popolo, Giovanni Giolitti, nome oggi esecrando per tutti gli Italiani, corruppe ogni cosa, profanò ogni cosa, ridusse la vita pubblica a una miserabile competizione di piccoli

interessi loschi, a un basso mercato. Anni ed anni si fangosa oscurità passarono. Ma il genio della stirpe non fu distrutto, le sorgenti profonde non furono essiccate. Una vita occulta travagliava la nazione, pur sotto l’obbrobrio cotidiano. Un fondo inesauribile di forza creatrice, un nucleo di energie latenti era nella nostra terra. La nostra terra era pur tanto ricca da nutrire il germe della più alta speranza. Misterioso e infallibile ritmo del destino. Tanta miseria, tanta vergogna, tanta angoscia, tanto travaglio si coronano di questo splendore trionfale! All’improvviso, in un mattino di primavera sfolgorante, una voce grida, come nel poema dalla libertà: “My brethen, we are free!”. Siamo liberi, siamo pronti, siamo armati, siamo degni delle nostre sorti. Il Re eletto dal Destino, in un giorno di lutto, è esaltato dal Destino in un giorno di vittoria. Il presagio era giusto, l’invocazione era verace.“Dal sangue vermiglio fa che nasca un’aurora!”. Dal sangue vermiglio nascerà la più rossa aurora. Ora ne siamo certi, per la nostra anima e per l’anima della stirpe. E questo Re si mostra degno della sua fortuna. Il suo dovere, su la linea del fuoco, egli lo compie come può compierlo il discendente di Emanuele Filiberto e di quell’indomito Carlo Emanuele I il quale rimandò al Re di Spagna l’ordine del Toson d’oro con queste fiere parole: “Non voglio vincoli d’onore, da chi mi minaccia catene”.

Il Re d’Italia è coi suoi soldati, è di continuo alla fronte dove batte il flutto violento del più puro sangue nostro. Egli ha l’eroica gioia di sentire ogni giorno affluire la forza, il coraggio, la virtù del suo popolo intero, là dove il pericolo è più grande, là dove la prova è più dura. Non teatrale imperatore di barbari, non capo di lanzichenecchi feroci, ma re latino, semplice, sereno, intrepido, egli è un’anima sola con l’anima dei suoi soldati. L’altro giorno, su la linea del fuoco, una granata scoppiò a pochi metri da lui. Egli si gettò a terra come i suoi soldati. Rimasto incolume, si levò sorridendo, coperto di quella terra che è già libera e che resterà per sempre nostra. Tr a i l d e l i r i o d e l l e truppe, gridò: “Viva l’Italia!”. Questo grido noi lo ripeteremo fra poco, intorno al suo cavallo, nelle vie di Trieste. Ciascuno di noi, ciascuno dei nostri soldati confida di ripeterlo nelle vie di Vienna, passando dinanzi al monumento abbattuto di Tegethoff. “Viva l’Italia!”. Per ciò, nel mattino di maggio, pei viali del parco silenzioso, il Re e il poeta parlavano a voce bassa. Essi udivano avvicinarsi dalle profondità incognite il ritmo del Destino, che superava il sogno della loro giovinezza e l’aspettazione della loro fede. ■


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sarà necessario. Voi state certi che nelle quarantotto ore successive al mio discorso, la situazione sarà chiarita su tutta l’area, come dicono”. Il giorno successivo Mussolini si presentò in udienza a Re Vittorio Emanuele III e gli sottopose un decreto di scioglimento del Parlamento, ricevendone però un fermo e secco rifiuto del quale si lamentò furibondo in privato con la sua amante dell’epoca, la scrittice ebrea Margherita Sarfatti che ha riportato l’episodio nel memoriale scritto in inglese “My Fault”, il cui inedito testo integrale è stato recentemente rintracciato.

Roberto Vittucci Righini

RE VITTORIO EMANUELE III l 65° anniversario della scomparsa di S.M. il Re Vittorio Emanuele III ci induce a tornare, sia pure brevemente e in riassunto, su quanto già scritto più volte in passato. Il Sovrano è entrato nella storia d’Italia quale “Re Soldato” in relazione alla sua costante presenza al fronte, alle decisioni assunte ed al decisivo intervento nel Convegno di Peschiera l’8 novembre 1917, nella Prima guerra mondiale.

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A fronte di benemerenze che nemmeno gli avversari più ostinati possono negargli, a Vittorio Emanuele III sono stati imputati fatti che lo hanno reso il capro espiatorio di situazioni da lui non volute, il che ha permesso ai veri responsabili di nascondersi e riproporsi nelle vesti non solo di innocenti ma addirittura di implacabili accusatori. Avvento del Fascismo Il Fascismo nacque in contrapposizione allo strapotere ed alle violente azioni poste in atto dalla sinistra dopo la Prima vittoriosa guerra mondiale. Fomentata dai disertori e da quanti miravano a distruggere ogni forma di autorità e legalità in Italia, la sinistra, create le “guardie rosse” aveva fatto precipitare la Nazione nel caos con scioperi e disordini, ai quali si contrapposero i reduci della guerra vittoriosa, sputacchiati e derisi dalla marmaglia. Per porre freno a questa situazione sorsero i “Fasci di combattimento” fondati da Mussolini. I “Fasci”, inizialmente privi di peso ed importanza, con la loro organizzazione paramilitare apparvero via via agli occhi della borghesia (spaventata dalla vittoria al congresso socialista di Bologna dell’ottobre 1919 della mozione massimalista che prevedeva il ricorso alla violenza per la conquista del potere) e dei reduci di qualsiasi estrazione sociale legati dallo spirito di solidarietà nato in trincea, quale garanzia contro il pericolo socialista. Nacquero conseguentemente le prime squadre formate da ex combat-

tenti, che mai si sarebbero costituite se non vi fosse stata necessità di difendersi dalle “Guardie rosse”; più aumentavano gli attacchi contro chi aveva combattuto in guerra, più costoro si organizzarono e unirono prima per difendersi e poi per contrattaccare. Gente che aveva vissuto anni nelle trincee, che aveva preso parte ad assalti contro il fuoco austroungarico, che aveva rischiato la vita per la Patria, prese man mano il sopravvento e le squadre sorte per resistere agli attacchi della sinistra, dopo essersi collegate e unite sotto i “Fasci” affermarono il proprio diritto e non venir derise e calpestate. La supremazia dei “rossi”, inizialmente preponderante, dopo circa due anni di scontri con spargimenti anche di sangue si attenuò sino a scomparire e gli aggressori divennero aggrediti. Afflitta e stanca da 3 anni e mezzo di guerra, due anni di violenze “rosse” e altri due di reazione fascista, la stragrande parte degli Italiani auspicava la pace, pronta ad applaudire e aderire a chiunque la procurasse. Questa la verità storica dei fatti che portarono alla “marcia su Roma” il 28 ottobre 1922. Al Re si prospettavano due possibilità: dichiarare lo stato d’assedio e schierare l’Esercito in armi contro i commilitoni tornati alla vita civile aprendo così le porte ad un conflitto armato tra Italiani, oppure in conformità alle indicazioni date da numerosi politici, chiamare Mussolini a presentarsi in Parlamento per ricevere il mandato di Capo del governo, cosa che poi avvenne con mandati plebiscitari della Camera dei Deputati della quale facevano parte solo 35 fascisti (306 voti favorevoli, 116 contrari e 7 astenuti, con l’aggiunta dei pieni poteri per un anno) e del Senato (196 voti favorevoli e soli 19 contrari). La elezione a Capo del Governo di Mussolini fu, pertanto, unicamente determinata (e con quanta larga maggioranza) dal Parlamento italiano, nel quale sedevano politici liberamente eletti dal popolo.

Anche il primo governo Mussolini rispecchiava la pluralità di appartenenza politica dei suoi membri, con tre soli “fascisti” tra i più moderati: alla Giustizia Oviglio, alle Finanze De Stefani e alle Terre liberate Giuriati; due i “democratici”: ai Lavori pubblici Carnazza e all’Industria e Commercio Rossi; due i “popolari”: al Tesoro Tangorra e al Lavoro Cavazioni; un “liberale”: all’Agricoltura De Capitani; un “demosociale”: alle Poste Colonna di Cesarò: un “nazionalista”: alle Colonie Federzoni; un “indipendente”: all’Istruzione Gentile, ed alle Forze Armate: due militari, Diaz e Thaon de Revel. Dare pertanto la colpa dell’avvento del Fascismo al Re, è stato un opportunistico gioco dei tanti che con tale sleale manovra si ripulirono davanti agli Italiani la sporca coscienza.

Le leggi razziali In merito alla grave imputazione mossa a Vittorio Emanuele III di aver emanato le leggi razziali che colpirono gli Italiani di religione ebraica, la premessa d’obbligo è che il Re non soffriva certamente di razzismo e cioè non riteneva che ci siano persone superiori ad altre per color di pelle, motivi religiosi o discendenza di stirpi.

Che Casa Savoia non sia mai stata afflitta da tali assurdi pregiudizi è ampiamente provato dai collaboratori di religione ebraica dei quali si valse oltre al “Re Soldato” anche il figlio Principe Umberto, prima e dopo le leggi del 1938. Neanche Mussolini si può ritenere fosse razzista; egli fu indotto a far approvare dal Parlamento le leggi razziali solo per compiacere il dittatore tedesco Hitler che pare avesse maturato l’odio contro gli ebrei quale forma di liberazione, per il proprio cervello malato, dal discendere da persona di tale religione. Che gli Italiani non siano mai stati razzisti è d’altra parte nozione comune, suffragata dall’aiuto che molti compatrioti diedero ad ebrei nel tentativo più volte riuscito di sottrarli alle persecuzioni dei tedeschi e dei fascisti della Repubblica sociale italiana.

Come si giunse allora alle leggi razziali del 1938? Il 3 gennaio 1925 Benito Mussolini aveva pronunciato un discorso alla Camera riconoscendo la responsabilità politica e morale del delitto Matteotti, concludendo con le parole “L’Italia, o signori, vuole la pace, vuole la tranquillità, vuole la calma laboriosa; gliela daremo con l’amore, se è possibile, e con la forza se

Se dopo il fermo rifiuto agli inizi del 1925 di avallare un decreto fortemente voluto da Mussolini, si giunse poi alla firma del Re nel 1938 di promulgazione delle leggi razziali parimenti volute da Mussolini (plagiato da un Hitler che si era impossessato di ogni potere in Germania e che lamentava disprezzandolo, che altrettanto non facesse il duce del fascismo in Italia) e votate dal Parlamento, è chiaro che nel periodo 1925/1938 qualcosa era successo nei rapporti tra Re Vittorio Emanuele III e Mussolini e così tra Monarchia e Fascismo. Ed è estremamente semplice identificare questo qualcosa nello strapotere assunto da Mussolini anno dopo anno, grazie agli osanna ed al consenso di tutto compatto il popolo italiano che trasformarono il capo del Fascismo da presidente del consiglio in un dittatore esaltato dalle adunate oceaniche, dalle piazze straboccanti di bambini in camicia nera, giovani inneggianti, uomini in orbace, donne sbavanti al grido “duce, duce”. Una follia collettiva che innalzò sempre più Mussolini su un piedistallo, conferendogli via via maggior potere a discapito del Re considerato dalla maggior parte degli Italiani non più il Capo della Nazione bensì semplicemente l’antagonista dell’ “uomo della provvidenza”. E tra coloro che in Mussolini vedevano il nuovo Messia e nel Fascismo una specie di religione vi era quasi al completo anche la comunità ebraica.

Errore di valutazione potrà dire qualcuno, certo, al pari di quello commesso da non pochi ebrei che a fronte delle notizie delle atrocità inferte a loro correligionari in Germania, non ci credettero sino a quando non ne diventarono essi stessi vittime. Il Fascismo, dunque, si impose grazie al popolo italiano compatto e cioè ai componenti di tutte le categorie, dagli intellettuali agli aspiranti tali che concorrevano ai Littoriali della cultura (vere e proprie gare di esaltazione del Fascismo e del suo capo), dagli insegnanti agli allievi di ogni grado delle scuole, dai datori di lavoro agli impiegati ed agli operai, dai proprietari terrieri ai contadini, senza tralasciare militari, magistrati, massaie ed anche religiosi. Nel 1938 la situazione era tale che se il Re avesse rifiutato di convalidare le leggi razziali imposte da Mussolini, sarebbero stati sicuramente scatenati dai fascisti, che avevano una forte componente repubblicana, disordini che potevano portare alla eliminazione della Monarchia, con presa totale del potere da parte della dittatura, senza più la possibilità di freni moderatori ad opera del Re. Come ha riportato Ciano, Mussolini nel pieno del suo potere riconosciutogli dal compatto popolo italiano, cercava l’occasione per liquidare la Monarchia e far cessare a proprio vantaggio la diarchia. Ove Re Vittorio Emanuele III avesse rifiutato la firma si sarebbe aperto un contenzioso con il Parlamento che avrebbe emanata la legge in proprio con inevitabili abdicazione del Re, potere assoluto a Mussolini e inizio degli eccessi del Nazional-socialismo che si stava estendendo in Europa con il dilagare della potenza germanica. Il 14 dicembre 1938 i decreti pervennero alla Camera per la conversione in legge che avvenne per acclamazione, seguita da voto segreto con identico esito plebiscitario. Il 20 dicembre 1938 il Senato approvò con 150 voti favorevoli e soli 10 contrari. Questa è la pura verità e chi la nega altro non è, in buona o cattiva fede, che un falsario della storia.


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L’Italiano, come già detto, non è razzista ma nel 1938 sicuramente oltre che fascista era in gran parte menefreghista ed opportunista e lo provano la mancanza di reazioni a qualsiasi livello a fronte delle leggi razziali che vennero all’opposto accolte con evidente favore da quanti da esse e dall’allontanamento da impieghi pubblici di ebrei, trassero vantaggio con l’occuparne i posti con connessi in taluni casi avanzamenti di grado. Prova ne è che su 1.200 Professori universitari, solo 12 si dimisero per protesta contro l’allontanamento dei colleghi ebrei, mentre tra i rimasti si sviluppò la corsa ad occuparne i posti lasciati liberi, con conseguenti vantaggi di carriera. Da ultimo non certo per importanza, va ricordato che in Italia la persecuzione contro gli ebrei si sviluppò tragicamente solo con la Repubblica sociale italiana e che uno dei primi atti del Luogotenente del Regno Principe Umberto di Savoia è consistito nell’abrogazione di tali infami leggi.

Trasferimento da Roma a Brindisi La propaganda della Repubblica sociale italiana definì “fuga” il trasferimento di Re Vittorio Emanuele III e del Governo l’8 settembre 1943 da Roma a Brindisi. La situazione, però, è chiara: a seguito dell’improvvisa notizia data in anticipo dagli Alleati dell’armistizio stipulato con l’Italia si ebbe l’enorme vantaggio dell’immediato cessare dei bombardamenti sulle nostre Città, ma anche l’inizio della rabbiosa reazione dei tedeschi le cui truppe corazzate si trovavano in buona parte vicino alla Capitale. Ove il Capo dello Stato italiano ed il Governo legittimo fossero rimasti a Roma, sarebbero inevitabilmente stati catturati dai nazisti, per diventarne ostaggi a danno della Nazione. La Regina Guglielmina d’Olanda e Re Giorgio di Grecia, a fronte dell’invasione da parte dei tedeschi delle loro Nazioni, si trasferirono in Inghilterra per

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non cadere prigionieri ed a conflitto finito tornarono sui rispettivi troni; Stalin, il sanguinario despota comunista, si trasferì da Mosca in altra località distante migliaia di chilometri, per sfuggire parimenti alla cattura ad opera dei tedeschi, ed il fatto venne da sempre considerato non solo normale ma indispensabile a tutela dell’Unione Sovietica.

così il 12 settembre, ma gli Alleati, forse temendo che l’Italia cambiasse idea, anticiparono di quattro giorni la diffusione dell’accordo facendo trovare impreparato il Governo Badoglio il cui comunicato successivo a quello degli Alleati, fu frettoloso e poco chiaro sul comportamento delle nostre truppe nei confronti dei tedeschi.

Solo per Re Vittorio Emanuele III le propagande prima repubblichina e poi repubblicana definirono con scherno “fuga” il doveroso, indispensabile trasferimento non già all’estero ma in territorio nazionale, in località nella quale non vi erano truppe angloamericane.

Imputare al Re le colpe e responsabilità delle tragiche conseguenze che ne derivarono alle nostre truppe, specialmente a quelle che si trovavano fuori dai confini nazionali, è falso e frutto della propaganda antimonarchica.

La verità tarda a venir ripristinata in Italia e solo alcuni storici veri e non marionette del regime, cominciano a riconoscere che il Re ed il Governo erano tenuti a trasferirsi da Roma per non compromettere la continuità dell’ordinamento statale; tra coloro che lo hanno ammesso, anche il comunista Antonello Trombadori, ma solo con pochi altri, a dimostrazione del livore e del persistere delle falsità contro la Monarchia tanto più utili alla repubblica nell’era della disonestà morale e materiale della persistente perenne tangentopoli di gran parte dei suoi politici- amministratori.

8 Settembre L’8 settembre 1943 si verificò il tragico disfacimento dell’Esercito italiano, nonostante le strenue difese e gli atti di eroismo di intere unità e di singoli militari. La responsabilità al solito venne attribuita a Re Vittorio Emanuele III ma è bene esaminare come si svolsero i fatti. L’armistizio firmato il 3 settembre a Cassibile tra i Generale Castellano per l’Italia ed il Generale Bedell Smith per gli Alleati avrebbe dovuto, secondo le intese, venir reso noto il 12 settembre, dando così possibilità al Comando italiano di diramare le opportune disposizioni alle nostre truppe dislocate in Italia ed all’estero. Chiaramente la notizia dell’armistizio andava tenuta segreta e divulgata all’ultimo momento e

È pacifico e come verrà ristabilito quando gli storici non faranno più parte di fazioni ma saranno completamente imparziali ed obiettivi, Re Vittorio Emanuele III quale Re costituzionale, non doveva ingerirsi nelle decisioni del Governo per tutto quanto riguardava la gestione della Nazione e così anche dell’Esercito e riprova ne è che il comunicato agli Italiani ed alle nostre Truppe dell’avvenuto armistizio non venne da lui dato, bensì dal Capo del Governo, il Generale Pietro Badoglio. Re Vittorio Emanuele III era sempre stato rispettoso dei propri doveri e lo dimostrò anche in occasione delle tragiche vicende del settembre 1943 allorchè mantenne il più stretto riserbo e silenzio sul prossimo armistizio, anche con la sua Famiglia tant’è che ne fece le spese una delle sue figlie, la Principessa Mafalda che al ritorno dalla Bulgaria, dal funerale di Re Boris III marito della Regina Giovanna, si recò a Roma per poi finire prigioniera dei tedeschi e perdere la vita nel campo di concentramento di Buchenwald. La mancata tumulazione di Re Vittorio Emanuele III, della Regina Elena, di Re Umberto II e della Regina Maria Josè nel Pantheon in Roma costituiscono un permanente insulto della “casta” che tanto malamente governa il Paese, contro quanti amano la nostra Patria e coloro che in tempi belli e brutti l’hanno rappre■ sentata.

Domenico Giglio

IL RUOLO DEI MONARCHICI NELLA RICOSTRUZIONE DELL’ITALIA (1946-1961) a storia della repubblica italiana, almeno per i suoi primi anni, è una strana storia sulla quale vale la pena di soffermarsi. La repubblica voluta e votata da una maggioranza “ufficiale” di 12.717.923 elettori, vedeva in questo numero complessivo una presenza dei partiti comunista e socialista con voti 10.087.471 e degli altri partiti decisamente repubblicani (a cominciare proprio dal P.R.I., e cioè Partito d’Azione, Concentrazione Democratica Repubblicana, con voti 1.430.748) per un totale di 11.518.219, per cui rimaneva ai democristiani repubblicani ed a qualche liberale e qualunquista egualmente repubblicani il residuo di 1.199.704 voti.

L

Appare evidente che in pratica la repubblica aveva ricevuto poco più di 2.600.000 voti da elettori non social comunisti, tanto da far pensare, e questo può essere accaduto nel mezzogiorno d’Italia, a svariati voti dati da questi elettori alla Monarchia, essendo eccessivamente ridotto il numero di votanti democristiani per la repubblica, solo se si considerino gli iscritti alla DC, che nel congresso nazionale prima del referendum avevano espresso la loro scelta per la forma repubblicana. Senza dubbio quanto sopra espresso a grandi linee potrebbe essere verificato circoscrizione per circoscrizione confrontando i dati del referendum con quelli della Costituente, ma l’interesse è nel quadro complessivo e nelle sue conseguenze politiche. Dal momento che i due partiti di sinistra PSIUP e PCI furono estromessi dal Governo nel 1947 per non più rientrarvi nel quindicennio preso in esame, la ricostruzione dell’Italia, l’adesione alla Nato, l’ingresso all’ONU, l’ottenere di essere sede delle Olimpiadi Invernali nel 1956 a Cortina d’Ampezzo e nel 1960 di ospitare a Roma la XVII Olimpiade (quando invece oggi ci si ritrae anche dal presentare la candidatura per il 2020) la restituzione di Trieste all’Amministrazione ita-

liana, il miracolo economico e la grande manifestazione di “Italia 61”, a Torino (di cui ricordiamo il grandioso padiglione conclusivo con le enormi Bandiere tricolori con lo Stemma sabaudo) il merito a chi va attribuito? Solamente a De Gasperi, di cui in questo periodo si fa un gran parlare per spartirsene l’eredità, o anche al lavoro di milioni di “formichine”, che nel 1946 avevano votato per il mantenimento dell’istituto monarchico e che ora, assicuravano in tutti gli organi dello Stato, nelle altre amministrazioni periferiche, nelle istituzioni, nelle Università, la continuità delle stesse con alto senso di responsabilità, di cui si sono perse successivamente le tracce, anche se già allora vi furono diversi scandali attribuibili però alla nuova classe politica? Oltre alla “formichine”, compresi quei militari che, malgrado il Re, nel suo messaggio all’atto della partenza per l’esilio, avesse sciolto dal giuramento di fedeltà alla Sua Persona, ma non da quello alla Patria, si erano egualmente dimessi in segno di rivolta morale per le vicende del referendum, iniziando una faticosa vita ed un non facile reinserimento nella vita civile, vi furono figure di spicco, di convinzioni monarchiche, che contribuirono in maniera determinante alla rinascita. “In primis” Luigi Einaudi per la parte economica e finanziaria e successivamente Giuseppe Pella sempre in questo fondamentale settore, Raffaele Cadorna ed Efisio Marras per le Forze Armate, Giuseppe Pagano e Massimo Pilotti per la Magistratura, Luca Pietromarchi, Amedeo Guillet ed Edgardo Sogno per la diplomazia, Ettore Paratore, Luigi Origine, Orazio Condorelli e Giuseppe Menotti De Francesco per le Università, elenco indicativo, ma non certo esaustivo. Questi sono uomini e fatti sui quali meditare e da far conoscere alle generazioni più giovani, unitamente per la parte più

propriamente politica, all’atteggiamento ed all’azione responsabile dei monarchici di “Stella e Corona” in Parlamento, specie in momenti critici e determinanti dal governo De Gasperi senza i social comunisti, alla adesione al Patto Atlantico ed ai primi passi della comunità europea, coerenti e fedeli alle parole del Re: “… rivolgo l’esortazione a voler evitare l’acuirsi dei dissensi che minaccerebbero l’unità del paese …” e confrontarlo con quello dei repubblicani nei primi decenni successivi alla proclamazione del Regno d’Italia. Il confronto nei termini di un atteggiamento, sia pure a volte duramente critico verso le istituzioni repubblicane, ma mai fautore del “tanto peggio, tanto meglio” è favorevole ai monarchici in maniera netta rispetto ai repubblicani, solo si pensi ai moti di Palermo del 1866 dove i repubblicani, per avversione alla Monarchia, non esitarono ad unirsi nella protesta dei borbonici, al caporale Barsanti, ed alle tante altre manifestazioni, tra le quali ricordiamo il tumulto all’Università di Bologna, contro Carducci. Il poeta di Valdicastello venne definito “traditore”, perché nel 1891, cioè a trent’anni dalla proclamazione del Regno, aveva “osato” tenere a battesimo con un discorso il gagliardetto del Gruppo studentesco Savoia, al che Carducci, al quale non mancava certo la vena polemica, seppe dare una risposta adeguata impartendo una lezione di patriottismo ai repubblicani, il cui dovere era di rispettare la volontà popolare che aveva accettato la Monarchia dei Savoia e di non dire mai “…perisca la Patria purchè trionfi la parte …”. E questo mentre da parte della Monarchia non vi era preclusione alcuna nei confronti di repubblicani che lealmente servissero lo Stato, come non lo era stato per chi aveva servito fedelmente negli Stati preunitari, accettando poi il grande fatto dell’Unità. ■


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Maurizio Caterino

sarà mai libero, indipendente e sovrano. Lo Stato con sovranità monetaria emette la propria moneta e stabilisce quanto investire per creare posti di lavoro ed incentivare la produzione economica. Il suo limite non è il denaro, ma le risorse a disposizione nel Paese, in primo luogo le risorse umane, che almeno in Italia non mancano.

QUANDO L’ITALIA ERA UNO STATO SOVRANO llorquando degli ineffabili demiurghi crearono l’Euro, essi ci prospettarono un paradiso di benessere e di prosperità.

A

Dopo un decennio di enormi sacrifici abbiamo popolazioni intere che scendono in piazza, sempre più spesso e rumorosamente, contro la regressione sociale indotta dalla moneta europea, che si è rivelata un orribile monstrum sotto vari punti di vista economico, giuridico, logico, umano, poiché ha solo lo scopo di drenare ricchezza dal lavoro al capitale delle multinazionali finanziarie, squali famelici che ci vogliono rubare tutto. L’austerità imposta ai popoli non solo è esiziale, ma si dimostra anche del tutto inutile. Inutile per ridurre il deficit, a meno che lo scopo recondito non sia proprio quello di trasformare l’Europa in un impero sovrannazionale totalitario sul defunto modello sovietico, perciò, al fine di raggiungere questo inquietante obbiettivo, si vorrebbero affossare il ceto medio e lo Stato democratico, mediante un formidabile attacco speculativo e predatorio. Insomma si vuole la scomparsa dello Stato, proprio come agognavano i marxisti, che ritenevano che lo Stato fosse solo uno strumento repressivo della borghesia. La mirata demonizzazione dell’attuale classe politica, seppur inetta, corrotta e gaudente, giova assai allo scopo. E così con la aberrante scusa del debito pubblico ci si accanisce furiosamente proprio contro la borghesia, cioè contro le innumerevoli piccole e medie imprese, che costituiscono il nerbo del nostro eccellente apparato produttivo e poi persino contro i lavoratori dipendenti, privati e pubblici, di questo passo tra non molto l’Italia diventerà un grande cimitero industriale, di conseguenza impoverimento, degrado, sofferenza sociale e proletarizzazio-

ne del ceto medio saranno destinati a crescere. “Al punto in cui siamo, le politiche adottate per risolvere la crisi dell’eurozona stanno facendo più danni di qualunque cosa possa aver causato originariamente quei problemi” avverte il Financial Times. Del resto le cifre del Governo Monti sono molto preoccupanti, se si considera che il debito continua ad aumentare spaventosamente, pur in presenza di un aumento delle entrate, come si desume dai dati forniti dalla Banca d’Italia. In verità non tutti sanno che all’origine del tanto vituperato debito pubblico italiano non c’è affatto un eccesso di spese sociali rispetto alle entrate, come mendacemente e pervicacemente dichiarato e sostenuto, e nemmeno la tanto famigerata evasione fiscale, che potrebbe essere considerata addirittura plausibile (absit iniuria verbis!) o almeno “fisiologica” a fronte di un fisco ingiusto ed esoso: c’è solo un’aumentata spesa per interessi, a sua volta ovvia conseguenza dell’innaturale “divorzio” fra il Tesoro e la Banca d’Italia attuato nel 1983, in virtù soltanto di un semplice “accordo consensuale”, ovvero un patto scellerato, intercorso tra lo stesso Ministero ed il Governatore della medesima, senza nemmeno consultare il Parlamento. Con tale Decreto che arricchì e continua ad arricchire beatamente i rentiers, il debito pubblico italiano cominciò a lievitare paurosamente e fu la capitolazione dell’Italia di fronte ai poteri forti internazionali. Ciononostante la soluzione c’era, c’è ancora e ci sarà sempre, purtroppo manca la volontà e la capacità politica. Diceva il compianto economista Savino Frigiola, recentemente scomparso: “Lo Stato italiano è uno dei pochissimi al mondo ad avere una centennale esperienza in merito all’emissione monetaria diretta. Per cento anni, dal 1874 al

1975 lo Stato italiano, in proprio, ha emesso la propria moneta acquisendone a titolo originario la proprietà mediante iscrizione all’attivo nel proprio bilancio. La prova dell’opportunità di ripetere quanto effettuato nel passato è fornita direttamente dalle tangibili risultanze allora conseguite, ancora presenti e visibili. Nel 1874 Umberto I si trovò con il Regno unificato ma privo delle elementari infrastrutture necessarie al buon funzionamento di una nuova ed allargata Pubblica Amministrazione, e con le casse vuote. Con i proventi conseguiti dall’emissione monetaria diretta da parte dello Stato, si riuscirono a realizzare, senza aumentare le tasse ai cittadini e senza aumentare il debito pubblico, tutte le infrastrutture necessarie, tutti i palazzi ed i famosi quartieri umbertini in grandissima parte ancora esistenti e funzionanti, contraddistinti dalle loro inconfondibili linee architettoniche. Successivamente altrettanto inconfondibili furono le linee architettoniche dei manufatti delle innumerevoli opere pubbliche realizzate nel periodo fascista riconducibili a quelle del razionalismo e a quelle del Piacentini, anch’esse tutte realizzate senza aumentare il debito pubblico e senza aumentare le tasse ai cittadini, che anzi in quel periodo videro accrescere il proprio tenore di vita”. Si potrebbe anche aggiungere la meravigliosa ed imponente bonifica pontina, affidata all’Opera Nazionale Combattenti, impresa titanica che fu realizzata spendendo meno dei fondi stanziati! “Successivamente, a guerra finita, dal 1945 al 1975, la repubblica italiana proseguì con l’emissione monetaria diretta da parte dello Stato mediante la quale fu possibile ricostruire in maniera significativa quasi tutto ciò che era stato distrutto dagli eventi bellici. Anche tutte queste opere furono realizzate senza aumentare le tasse ai cittadini e senza aumentare il debito pubblico che anzi, sino al 1940 era rimasto stabile al 20 % (tra i più bassi della storia

Non si potrà giammai trovare alcuna soluzione alla crisi in atto (che è in primis una “crisi di liquidità”), senza riprendersi innanzitutto la moneta, che deve essere del popolo ed emessa senza debito pubblico, perché senza una moneta libera da debito fin dalla sua emissione, e senza il controllo dei cittadini su di essa, qualsiasi modello o teoria politico-economica diventa improponibile e di fatto vana ed inconsistente. ■

Massimo Mallucci NEL MONDO DEL CALCIO

Alcuni esemplari di cartamoneta del Regno d’Italia, di varie epoche. Si osservi con particolare attenzione la dicitura ben visibile: “Biglietto di Stato a corso legale”, che significa, senza alcuna ombra di dubbio, che non è stato emesso da banche, ma direttamente dallo Stato, a costo zero, senza contrarre debito! d’Italia) per passare al 25% nel 1945 a guerra finita. Successivamente si continuò a battere moneta da parte dello Stato, gli introiti così incamerati hanno contribuito in maniera significativa alla ricostruzione del territorio nazionale devastato dall’invasione nemica (all’inizio degli anni 70 il debito pubblico era sceso al 20%)”. In conclusione uno Stato come oggi è l’Italia, intrappolato nell’Euro e sottoposto all’ignobile ricatto della bulimica plutocrazia europea e al sordido sciacallaggio dei “mercati finanziari”, non può più permettersi di emettere a costo zero la propria moneta ed è costretto ad adoperare obtorto collo una moneta di “proprietà di altri” cioè della BCE, che rappresenta il dispotico Supergoverno dell’UE.

Pertanto l’Italia non ha altra scelta se non quella di prelevare dalle nostre tasche, sempre più vuote, ciò che deve corrispondere come interessi agli “strozzini”. Tuttavia più passa il tempo, maggiore è la quantità di denaro e di risorse che occorre destinare al pagamento di questi interessi. Il fatto che lo Stato, ormai deliquescente, si sia piegato a queste pesanti e pressanti vessazioni senza reagire, dimostra inequivocabilmente come sia diventato un docile strumento passivo della tecnocrazia bancaria soprannazionale e conferma come sia del tutto incapace di difendere i diritti dell’uomo dalla spietata ed amara logica del profitto. Uno Stato che non ha il pieno, completo ed esclusivo controllo della sua moneta e delle politiche monetarie non

Continuano gli arresti e le denunce. I giornali titolano “Dopo la retata dei calciatori spunta l’ombra della malavita”. Mazzette sotto banco, partite comprate. A cosa servono quei milionari viziati così fragili e senza cuore, visto che non aiutano nessuno? Sono pieni di privilegi e servono soltanto a distrarre gli Italiani dalle imposizioni di una classe politica inamovibile. Ecco i tagli per risparmiare: il governo Monti taglia il 50% delle spese per le auto blu, il 10% dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, 18.000 posti letto negli ospedali, 200 milioni in meno per finanziare l’Università, 295 uffici giudiziari in meno. Non conosciamo i sacrifici della classe politica. Il risultato è che vengono tagliati i servizi per gli italiani e, per quanto riguarda il decentramento, questo riguarda le poltrone e non ciò che è necessario alla vita della gente. Pare che il Prof. Monti abbia recepito l’idea di tagliare il numero dei parlamentari. Sarebbe meglio che tagliasse i loro stipendi e mantenesse una democrazia capace di contrapporre idee, progetti e programmi, garantendo una voce per tutti. ■


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Corrispondenza Romana

Mauro Faverzani (Corrispondenza romana)

L’ORA DI RELIGIONE

NOBEL PER LA PACE ALL’UNIONE EUROPEA: UN … “MISTERO BUFFO”?

NON È UNA GRAZIOSA CONCESSIONE AI CATTOLICI ncora reazioni alle parole del ministro dell’istruzione Francesco Profumo che ha detto che “l’insegnamento della religione nelle scuole così come è concepito oggi non ha più molto senso”. Su Libero Caterina Maniaci intervista monsignor Luigi Negri, Vescovo di San Marino-Montefeltro, che dice che le dichiarazioni del ministro “appaiono frutto di una grave disinformazione, il che non è molto comprensibile per un ministro che dovrebbe avere, tra le proprie competenze, questi temi”.

Concordato esistente tra lo Stato italiano e la Chiesa. La presenza della religione cattolica, poi, è un fatto irresistibilmente esistenziale, non programmatico”.

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INCONTRARE IL CRISTIANESIMO Negri ricorda la soluzione attuale (“di grandissimo profilo culturale e democratico”) è figlia di “un lungo cammino e dialogo” partito con i Patti Lateranensi.“L’ora di religione - spiega il Vescovo deve essere impartita secondo la forma della tradizione cattolica, perché rappresenta per tutti i cittadini italiani che lo desiderano la possibilità di incontrare il Cristianesimo

Monsignor Luigi Negri come avvenimento di vita, di cultura e di civiltà”. NON È CATECHISMO L’errore da non commettere è pensare che l’ora di religione sia un’ora di catechesi.“La catechesi ha altre finalità e altri metodi e che si realizza nell’ambito della vita ecclesiale”. Tra l’altro, c’è di mezzo il Concordato:“Non c’è nessuno che possa mettere in discussione la funzione della religione cattolica nelle scuole senza aprire un contenzioso a livello internazionale, perché l’ora di religione insegnata nelle scuole fa parte del

AL BERCHET CON DON GIUSSANI Il Vescovo fa riferimento anche alla propria esperienza personale: “Nel liceo che frequentavo negli anni Sessanta - il prestigioso liceo Berchet di Milano - le materie venivano a disporsi positivamente o dialetticamente nei confronti dell’insegnamento della religione cattolica che, per grazia, ci era impartita da Monsignor Luigi Giussani. L’ora di religione non è la Cenerentola degli studi e non è una graziosa concessione al mondo cattolico. Anzi rappresenta il tentativo di realizzare una concreta pluralizzazione della scuola che, soprattutto quella statale, oggi soffre di una crescente omologazione di carattere ideologico a senso unico, in particolare nel senso del progressismo e del tecnoscientismo”. ■

Carlo Manetti (Corrispondenza romana)

SIRIA L’INSURREZIONE SUNNITA li ultimi eventi siriani, vale a dire l’insurrezione armata contro il regime ba’athista del presidente Bashar Hafez al- Assad, si presenta come il punto di incrocio di due conflitti interni al mondo islamico. Da un lato, esso è il prolungamento delle cosiddette Primavere arabe, vale a dire delle insurrezioni armate contro i regimi di nazionalismo socialista arabo, insurrezioni volute dall’Amministrazione statunitense del democratico Barak Hussein Obama.

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Esse rappresentano, nei fatti e nella strategia, la presa del potere da parte di quelli che, per comodità giornalistica, possiamo definire integralisti islamici-sunniti. L’appoggio delle Amministrazioni democratiche statunitensi all’integralismo sunnita trova la sua mente in Zbigniew Brezzinski ed ha portato l’Am-

ministrazione Clinton alla creazione del primo Stato islamico in Europa dopo la cacciata dell’impero ottomano (Bosnia-Erzegovina); all’inedita nascita dell’islamismo terrorista in Somalia; alla creazione del talebani ed alla loro presa del potere in Afghanistan, ai danni del regime uscito dalla vittoriosa resistenza antisoviatica; all’inflazione dei servizi segreti pakistani con elementi dell’integralismo deobandi (fondamentalismo sunnita del subcontinente indiano), fino al loro controllo dei medesimi ed all’organizzazione del colpo di Stato che ha portato al potere il generale Parvez Musharraf su posizioni islamiche ed anti-indiane, poi repentinamente mutate dopo il cambio di alleanze dell’Amministrazione Bush e la conseguente invasione dell’Afghanistan. Tale politica ha condotto l’Amministrazione

Obama a realizzare le suddette Primavere arabe, che rischiano di vedere il fondamentalismo sannita al potere dal Marocco allo Yemen, con l’eccezione dell’Algeria, dove la sanguinosissima guerra civile, succeduta al colpo di Stato del Fronte di Liberazione Nazionale (11 gennaio 1992) e perduta dagli islamisti, ne ha decimato il numero e colpito la capacità politica e militare in maniera tanto grave da non consentire loro di sfruttare quest’occasione. Dall’altro lato, questo conflitto segna un ulteriore tappa nello scontro che, fin dalla morte di Maometto (570 ca-632), contrappone i sunniti agli sciiti. Si potrebbe quasi dire che gli eventi siriani siano il prolungamento della guerra Iran-Iraq e dell’invasione statunitense della Mesopotamia. All’indomani della rivo-

a prima esagerazione sta nelle date: l’Unione Europea così codificata si è costituita il 7 febbraio del 1992 col trattato di Maastricht, entrato poi in vigore il primo novembre del ’93. Ed anche l’euro, tristemente unico elemento comune agli Stati aderenti, è in vigore dal primo gennaio del 1999 ed in circolazione dalla stessa data del 2002.

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Dunque, assegnare il Premio Nobel per la Pace all’Unione Europea, dando quale motivazione l’aver contribuito “per oltre sei decenni all’avanzamento della pace, della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa” stride nettamente col calendario ed è quanto meno inesatto, quando non demagogico. Anche perché, come sempre, occorre intedersi sul concetto di “pace”: capire cioè se si voglia far rientrare in esso anche i silenzi sui massacri in Siria oppure le varie operazioni internazionali condotte e quelle in programma - ricordiamo ex-Jugoslavia e Libia per tutte - l’ultima delle quali predisposta nel Mali, assolutamente doverosa qualora voglia spezzare il regime di terrore imposto da Al Qaeda, meno invece quando sia mirata principalmente a tutelare l’influenza francese - soprattutto economica - in quella regione. Giustamente, osservava “il Giornale”“i soldati africani spareranno, i francesi comande-

luzione che depose lo Scià di Persia ed installò, in luogo del Trono del Pavone, la repubblica Islamica dell’Ayatollah Ruhollãh Mustafà Mosavi Khomeyni (1902-1989), le monarchie wahabite della penisola arabica, nel timore di un contagio nei confronti delle loro minoranze sciite, hanno persuaso Saddam Hussein Abd al-Majid al-Tikriti (1937-2006) ad invadere l’Iran, finanziando in gran parte l’operazione. Contro il pericolo sciita, il sunnita Ba’ath iracheno ed il fondamentalismo wahabita trovano un’alleanza, sostenuta da tut-

ranno e i partner europei pagheranno”. I sessant’anni senza guerre non si devono dunque all’Unione Europea, che ancora non era nata, ma a ben altri fattori. E già questo la dice lunga sulla retorica “politicamente corretta” intrinseca a tale riconoscimento, che giunge - va notato - nel periodo anzi di peggiore crisi istituzionale, quando cioè massimo è l’attrito tra Bruxelles e l’opinione pubblica - come denunciano i disordini di Atene e Madrid - a fronte di un’austerity, causa della pesante recessione, che stritola i contribuenti e le loro famiglie, lasciando intatti solo i privilegi della cosiddetta “casta” di burocrati e politici. Ma acuta è anche la differenza tra i Paesi membri, in particolare tra Germania, Francia, Italia, Grecia, Spagna. Non a caso il leader del britannico Independence Party, Nigel Farage, ha definito una “disgrazia totale” questo Nobel, curiosamente assegnato dal comitato norvegese ovvero di una Nazione mai entrata a far parte dell’Unione, prospettiva anzi bocciata due volte per via referendaria. Né l’Europa oggi può fregiarsi di patenti di democrazia, non essendo elettivi i suoi organi veramente decisionali, ed anzi interferendo pesantemente sulla vita democratica degli Stati membri. In una recente intervista, il filosofo Kenneth Mino-

to il mondo arabo, con l’unica eccezione della Siria. L’appoggio siriano a Teheran è dovuto al fatto che il Ba’ath al potere a Damasco è controllato dagli Alawiti, una setta sciita. Con l’invasione statunitense dell’Iraq, il potere di quel Paese passa dalla minoranza araba sunnita, di cui il Ba’ath iracheno era espressione, alla maggioranza sciita, sia pure con vastissime autonomie per le regioni settentrionali a maggioranza curda.

gue ha evidenziato come il governo italiano sia “stato scelto dall’Europa”, anziché dalle urne.Anche sul fronte etico le frizioni sono palpabili: sono inconciliabili col comune sentire e con le radici cristiane dei popoli europei pressioni quali quelle esercitate dalla Commissione Europea, ancora recentemente, a favore del riconoscimento delle coppie gay, chiedendo il “mutuo riconoscimento” in tutti gli Stati membri delle nozze omosessuali celebrate nei Paesi ove già siano ammesse, infischiandosene delle singole legislazioni nazionali. Un’assegnazione, insomma, quella del Nobel per la Pace all’Unione Europea, che lascia quanto meno sconcertati, come già fece l’analogo riconoscimento dato ad un Barack Obama da poco eletto, nonostante la sua Presidenza abbia dimostrato poi nei fatti di non esser né brillante, né esemplare. È strano come quel premio giungesse agli inizi del suo mandato come questo all’UE sia giunto alla fine, rafforzandolo proprio poco prima del giudizio degli elettori statunitensi. Tali decisioni gettano in ogni caso pesanti ombre sulla credibilità del riconoscimento, come già avvenne - ed in modo plateale - con l’attribuzione di un altro Nobel, questa volta per la Letteratura, a Dario Fo. A meno che tutto non voglia ridursi alla messinscena di un “mistero buffo”. ■

È questo il punto di maggior forza raggiunto dagli sciiti, nella loro contesa con i sunniti nell’area mediorientale. Ecco che l’insurrezione siriana rappresenta anche una significativa controffensiva sunnita. La questione religiosa si dimostra, anche nello scacchiere islamico, come l’elemento principe e come il fatto scatenante e determinante delle relazioni internazionali seguite al periodo di ibernazione culturale ed identitaria della Guerra Fredda. ■


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ITALIA REALE - 11/2012

AUTOFINANZIAMENTO Con versamenti sul c/c postale n. 30180103 (IBAN: IT 74 V 07601 01000 000030180103) intestato ad “Alleanza Monarchica, Casella Postale n. 1 - Torino Centro”.

ERINNOFILI Possediamo ancora una minima quantità di “chiudi lettera” (in foglietti di 6 erinnofili a colori con S.M. Umberto II).

5 foglietti (contenenti complessivi 30 erinnofili) con S.M. Umberto II (stampati nel 1977) verranno inviati (sino ad esaurimento delle scorte) a quanti avranno

fatto pervenire contributo di 15 Euro a mezzo del c/c postale intestato a Alleanza Monarchica, con la specificazione “Per 5 foglietti di erinnofili”. I

CARTOLINE Possediamo ancora una piccola quantità di cartoline relative all’Ostensione del 27 agosto-8 ottobre 1978 della S. Sindone, in allora edite dall’Alleanza Monarchica, dotate di francobolli con la Santa Sindone annullati con timbro dalle Poste italiane. I francobolli sono stati annullati in due posti diversi, e così sul retro oppure sul verso della cartolina. Due cartoline con francobollo e timbro sul retro ed una cartolina con francobollo e timbro sul verso, verranno inviate (sino ad esaurimento scorte) a chi ci farà pervenire contributo di Euro 20 a mezzo del c/c postale, specificando “Per 3 cartoline della S. Sindone”. I

MINIASSEGNI

LE STAMPE DI CASA SAVOIA Preziosa serie di 57 stampe di cm. 20,8 x 29,5 su cartoncino, che presentano sul retro la storia dei singoli Personaggi della Real Casa di Savoia. Una galleria di ritratti, da incorniciare, dei Conti, Duchi, Re, Regine e Prin-

cipi di Casa Savoia, unica completa mai pubblicata da altri. Un regalo prezioso che potete fare a Voi stessi o ad amici che amino la Storia e l’Italia. Le 57 stampe verranno inviate a quanti avranno fatto pervenire contributo di 140 euro, con la spec i f i c a z i o n e “ Pe r l e 5 7 stampe”. I

PACCHETTO AUTOFINANZIAMENTO I 5 foglietti di erinnofili, le 3 cartoline della S. Sindone e la serie di 6 miniassegni dell’Alleanza Monarchica, verranno inviati per raccomandata a chi farà pervenire un contributo di Euro 50, con la specificazione “Per pacchetto autofinanziamento”. I

Possediamo ancora una certa quantità dei Miniassegni della Banca Sella intestati all’Alleanza Monarchica negli anni 1976 e 1977,unica “moneta monarchica”emessa in Italia durante questa repubblica. Nell’Enciclopedia del “Collezionismo italiano” in merito si legge “Il pezzo più raro di questa produzione è un miniassegno intestato ad ‘Alleanza Monarchica’, una rivista mensile di politica, presto ritirato di circolazione per le polemiche suscitate da chi

accusava l’istituto di essersi prestato a far pubblicità ad una formazione politica”. In effetti l’Alleanza Monarchica è stata la formazione politica che per prima, bruciando sul tempo le altre, pensò a tale utilissima forma di propaganda in base al noto adagio “pecunia non olet” (il denaro non ha odore) per cui i nostri miniassegni finiti nelle mani di compagni oltre che di repubblicani in genere,non venivano distrutti, bensì rimessi in circolazione. I miniassegni monarchici vennero pesantemente at-

taccati dai giornali di numerosi partiti ed in particolare da “L’Unità” che in articolo pubblicato in prima pagina a firma del transfuga democristiano Mario Melloni,meglio noto quale “Fortebraccio”, parlò addirittura di possibilità di riciclaggio di soldi. La serie completa di 6 esemplari rispettivamente da Lire 100, 150, 200, 250, 300 e 350, verrà inviata (sino ad esaurimento delle scorte) a chi ci farà pervenire un contributo di Euro 25,con la specificazione “Per i 6 miniassegni”. I


ITALIA REALE - 11/2012

AUTOFINANZIAMENTO Vi sottoponiamo quattro proposte: 1) contributo per ricevere il Mensile a mezzo posta, stampato su carta, oppure via e-mail nel 2013: Euro 40; 2) contributo per ricevere il Mensile nel 2013 e per iscrizione al Movimento politico Alleanza Monarchica: Euro 60; 3) contributo per ricevere nel 2013 il Mensile oltre ad un omaggio: Euro 75; 4) contributo per ricevere il Mensile nel 2013 all’estero: Euro 50. Gli amici, ancora non iscritti, che aderendo alle proposte n. 2 o 3 desiderano ricevere la tessera, oltre ad effettuare i relativi versamenti sul c/c postale intestato all’Alleanza Monarchica, n. 30180103 (Codice IBAN: IT74 V076 0101 0000 0003 0180 103; Codice BIC/SWIFT: BPPIITRRXXX, Cin V, Abi 07601, Cab 01000, n. conto 000030180103) dovranno compilare il modulo di iscrizione, ricevuto il quale e previa omologa dei competenti organi del Movimento, sarà possibile inviare la tessera. Per la legge sulla privacy i contributi saranno pubblicati per esteso solo a seguito di autorizzazione da apporre sul documento di versamento.

A.M. IN INTERNET RESPONSABILE INFORMATICO Dr. Roberto Rizzo Alleanza Monarchica (nazionale): http://www.alleanza-monarchica.com E-mail: info@alleanza-monarchica.com

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GIOVEDÌ MONARCHICI A TORINO Le riunioni hanno luogo in una sala della Caffetteria di Via Madama Cristina 5 angolo Via San Pio V, sempre nel terzo giovedì del mese e precisamente: - Giovedì 20 dicembre 2012, ore 17,30. - Giovedì 17 gennaio 2013, ore 17,30. Le riunioni sono aperte ad iscritti e simpatizzanti dell’Alleanza Monarchica, per discutere i programmi di attività.

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Direttore responsabile ROBERTO VITTUCCI RIGHINI Direzione:

Cell. 333/916.95.85 E-mail: italia-reale@libero.it

Recapito lettere, esclusivamente: Alleanza Monarchica Casella Postale n. 1 10121 Torino Centro Recapito plichi o pacchi: Alleanza Monarchica Casella Postale n. 681 10121 Torino Centro Autor. Tribunale di Torino n. 2292 del 6-12-1972 ITALIA REALE (già Alleanza Monarchica)

Precedente autorizzazione (Stella e Corona) del 17-5-1967 Editore e Stampatore EDIGRAPH s.n.c.di Basso & Tasini Via Chieri, 64 - 10020 Andezeno (TO) La direzione del Mensile è presso l’Editore.

Tutte le collaborazioni al Mensile sono offerte, effettuate e ricevute completamente a titolo gratuito, e conseguentemente non comportano il minimo onere di alcun genere per l’Alleanza Monarchica, questo Mensile ed il suo Direttore. Il Direttore, rispondendo per legge verso terzi in via solidale con gli autori, ha libero e pieno diritto di ridurre e modificare gli articoli. Tutte le collaborazioni comportano l’accettazione integrale di quanto sopra.

Bandiera Tricolore con Stemma Sabaudo e Corona Reale, di cm 130 x 96 circa. Gli iscritti che desiderino riceverla, dovranno versare un contributo di Euro 25,00 sul Conto Corrente postale n. 30180103 intestato a: Alleanza Monarchica, Casella Postale n. 1, 10121 Torino Centro, precisando chiaramente “Per un Tricolore”. ■

Bandiera dell’Alleanza Monarchica, di cm. 100 x 68 circa, con Stemma su fondo celeste, stampato su un lato. Chi desideri riceverla (insieme ad un distintivo da occhiello) versi un contributo di Euro 15,00 sul Conto Corrente postale n. 30180103 intestato a: Alleanza Monarchica, Casella Postale n. 1, 10121 Torino Centro, precisando “Per Bandiera e distintivo dell’Alleanza Monarchica”. ■


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(da “Notizie”, periodico di informazione della Regione Piemonte)

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Rispondete alle definizioni qui sotto date - A,B,C, ecc. - e disponete le lettere delle parole secondo numerazione. La frase risultante nelle caselle grigie lungo il bordo esterno costituisce un pensiero dei monarchici italiani. A) Quella delle lettere è rossa. B) Capoluogo della regione della Loira. C) Altro nome della costata di vitello. D) Periodo di vacanza in estate. E) Trasportavano i colpiti dalle epidemie di peste. F) Struttura orizzontale superiore ad una porta. G) Ha prese elettriche multiple. H) La cambia chi tradisce gli elettori passando da un partito all’altro. I) Clinton, da giovane, lo era per diletto. L) Uccello rapace dei falconiformi o politico avido. M) Gravato di incombente.

Soluzione

Il Calendario di grande formato, di 16 pagine, dell’“Associazione Amici del Museo Storico dell’Arma di Cavalleria” verrà inviato sino ad esaurimento delle scorte, a quanti verseranno all’Alleanza Monarchica il contributo di cui alla proposta n. 3, in 75 euro. La quota annua di iscrizione all’Associazione, che è di volontariato, è di 50 euro; per contattarla indirizzarle alla Casella Postale n. 5 - 10121 Torino Centro.

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A U B Z M A S C Z S G

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de “Il Giuoco di Leti” pubblicato sul numero di Novembre 2012

I L P R I M O P A S

B N G P C P M C P R C

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S O V E R S O L A F

C T C I L E T C L N R

R O A O S I E A I A

O L L I A E’ C R E D

D N L T R M R C G V A

O A A A E I O O O R

E R S I S A G G I O

M D S O T C N N L N

I O E N O E O A A A

Pensiero di Fernande de Rojas: “Il primo passo verso la follia è credersi saggio”.


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