ITALIA REALE -
Periodico del movimento politico Italia Reale - Stella e Corona
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(Anno XLIX - N. 02)
Marzo - Aprile 2015
Libertà: attacco al denaro contante Un atto antiliberale e antidemocratico
pagina 6 L'opinione del Direttore
Non fermiamoci mai alle prime impressioni
di Maurizio Caterino Col pretesto di voler combattere l’evasione fiscale (per tale scopo si ventila l’abolizione degli scontrini), procede sottotono ed a passi felpati il subdolo tentativo di abolizione del denaro contante. Sarebbe questo l’ennesimo attacco alla libertà, all’uguaglianza ed alla democrazia. Ricordo un tempo ormai lontano in cui si vociferava che, in caso di vittoria del comunismo, sarebbe stato subito abolito il segreto bancario! Eppure siamo arrivati allo stesso identico risultato, certamente peggiore, dopo la sconfitta di tale ideologia. Se, mai sia, si dovesse passare totalmente al denaro elettronico, l’economia italiana sarebbe finita. Il Governo potrebbe dichiarare bancarotta anche in poche settimane. Certi imperdonabili cacasenno, ai quali fa eco qualche inconcludente e ciarliero zerbinotto in posizione di comando, non comprendono come la piccola evasione, così diffusa ed endemica, si sia imposta per motivi di pressante necessità, dal momento che la tassazione è diventata ormai troppo esosa ed asfissiante. Molti piccoli imprenditori, che non possono delocalizzare, sono costretti a frodare le imposte per poter semplicemente sopravvivere. Bisogna poi assolutamente smentire la falsità che questo tipo di evasione sia dannosa per l'economia. L'evasione pericolosa e nociva è quella dei grandi gruppi e delle grandi società multinazionali, che, con mille artifizi e con callidi sotterfugi, esportano enormi capitali nei paradisi fiscali, drenando risorse finanziarie e devastando il tessuto socio-economico di tante nazioni. L'evasione dei piccoli imprenditori, relativa alla cosiddetta economia sommersa, rimette in gioco i capitali quasi sempre nei circuiti dell’economia locale e nazionale ed alla fine, prima o poi, quei medesimi capitali non potranno sfuggire alla tassazione, che tra l’altro dovrebbe avere solo il compito precipuo di ridistribuire la ricchezza prodotta. Ed invece l’imposizione fiscale serve massimamente per pagare gli interessi sul debito pubblico alle banche internazionali, che detengono inopinatamente i nostri titoli di stato. Inoltre la soppressione del contante sarebbe un atto perfido e vile contro la libertà e contro la proprietà individuale, dal mo-
Sommario
Politica interna - pagina 4
Quasi pronta la nuova legge elettorale di Andrea Dusio Società e cultura - pagina 8
Noi non siamo Charlie di Massimo Mallucci Dall'Estero - pagina 10
La guerra ad est della Redazione Storia e tradizioni - pagina 12
mento che il sistema bancario privato andrebbe ad appropriarsi indebitamente dei nostri averi, contro la nostra volontà. Per di più il cittadino-utente verrebbe tracciato in ogni suo spostamento ed in ogni suo anche minimo movimento di acquisto/vendita, in barba ad ogni residua parvenza di riservatezza: ciò non è mai accaduto prima, nemmeno nella tenebrosa Albania comunista! E poi occorre soprattutto osservare, considerare e sottolineare che dopo cento passaggi di mano (transazioni) una banconota da 50 Euro conserva sempre inalterato il suo identico valore, mentre dopo cento transazioni elettronico-digitali quel valore è sensibilmente scemato a causa degli inevitabili addebiti delle commissioni bancarie e dopo centinaia di transazioni sicuramente non rimarrebbe neppure un centesimo! Non c’è che dire: sarebbe un bellissimo regalo per le banche! Per non parlare poi dei rischi di sottrazioni, furti d’identità, usi fraudolenti, clonazioni ed atti di pirateria informatica relativi a carte di credito e a conti bancari virtuali: il denaro elettronico non è certamente più sicuro ed affidabile del contante. Tuttavia non si è assolutamente contrari a priori a queste efficienti e moderne tecnologie, fino a quando non sono imposte forzosamente e non sono contro gli interessi dei popoli. ...continua a pagina 3
Grande Guerra: i combattimenti e la vita sul campo della Redazione
In Hoc Signo Vinces Cristo crocifisso, scandalo per i musulmani e stoltezza per i laicisti… di Roberto de Mattei (Corrispondenza Romana) «Marcher contre la Terreur», «Marcia contro il Terrore», è stato il titolo con cui «Le Monde», il «Corriere della Sera» e i principali giornali occidentali hanno presentato la grande sfilata laicista dell’11 gennaio. Mai nessuno slogan è stato più ipocrita di questo, imposto dai mass media come reazione alla strage di Parigi del 7 gennaio. Che senso ha infatti parlare di Terrore senza aggiungere al sostantivo l’aggettivo «islamico»?
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ITALIA REALE: Marzo - Aprile 2015 Società e cultura
Noi non siamo Charlie Pubblico attacco del deputato Peillon alla Chiesa Cattolica di Massimo Mallucci Ai nostri lettori più attenti non sarà sfuggito come gli islamisti assassini e le povere vittime di un barbaro assalto terroristico siano stati strumentalizzati dagli assertori di un laicismo, altrettanto brutale ed irrispettoso per i valori che si trovano più racchiusi nel cuore degli uomini. Questi valori si chiamano «Fede». Il giornale francese è blasfemo ed insolente. Da oltre un anno e mezzo aveva pubblicato vignette indescrivibili contro i simboli più Sacri della Religione Cattolica. Tutto ciò nella più assoluta impunità e nel silenzio, quasi totale, delle gerarchie ecclesiastiche. Frasi ad effetto ed inconcludenti, parole d'ordine che vorrebbero essere «irrevocabili», ci hanno trasmesso un'immagine di libertà che non è la nostra. Si tratta di una libertà strettamente connessa alla costruzione di una Europa, impostata all'insegna del pensiero unico, della omologazione delle coscienze e della globalizzazione dei cervelli, per poter affermare un super Stato senz'anima, di tecnocrati e di banchieri, molto lontano dalla gente comune. Questa Europa è stata costruita intorno al pensiero di Voltaire che affermava, in modo prepotente, come la libertà non dovesse essere concessa a tutti quelli che le sono ostili. Certamente non è stata costruita sulla base delle comuni radici Cristiane. A seguito dei tragici fatti di Parigi, riecheggiano le parole del Cardinale Pie, antico Vescovo di Poitiers, il quale affermava «non vi è futuro per gli Stati che hanno fondato le proprie radici escludendo Dio e combattendo la Chiesa. La violenza, l'ingiustizia, l'immoralità, l'insicurezza, la disperazione, le distruzioni sono tutte conseguenze di queste ideologie» che ci stanno soffocando. Non possiamo non condividere gli ammonimenti, quasi profetici, di Maurizio Blondet che, agli inizi degli anni novanta scriveva: «Fino a ieri la rivoluzione ha aggredito gli ordini politici e sociali in cui si rifletteva un barlume della perfezione divina; da ora in poi l'aggressione è volta all'essere creato ad immagine e somiglianza di Dio. È nell'uomo interiore e nelle sue gerarchie (intelligenza, volontà, sentimento) che la rivoluzione porterà la sovversione.» L'Europa degli affaristi che accumulano grandi ricchezze per pochi e distribuiscono miseria e disperazione per molti nasce, appunto, con il prepotente rifiuto di ogni Fede. Questa Europa, non più unita dalla comune matrice Cristiana, ma dal rifiuto della Fede, sembra essere il trionfo delle concezioni di Voltaire, per cui non deve essere concessa
alcuna libertà a quelli che vengono identificati come nemici della libertà. Il culto giacobino per uno Stato onnipotente viene, ora, sommato al primato dell'economia sulle esigenze sociali e politiche. Si tratta dell'abbattimento di ogni possibilità di protesta e di affermazione di diritti, attraverso i sindacati, le associazioni di categoria, i corpi intermedi. A colpi di laicismo non si fermerà nessuna violenza, anzi, si moltiplicherà, purtroppo. In questo senso sono chiarissime le dichiarazioni del deputato francese Vincent Peillon: «Fin'ora abbiamo fatto una rivoluzione essenzialmente politica e non una rivoluzione morale e spirituale. Abbiamo lasciato che la Chiesa Cattolica controllasse il campo morale e spirituale. Ora è necessario sostituirci alla Chiesa. Non potremo mai costruire un paese libero con la religione Cattolica. Abbiamo bisogno di inventare una religione repubblicana, che dovrebbe accompagnare la rivoluzione materiale. Questa religione è, infatti, la laicità.» Con tali dichiarazioni pubbliche riteniamo che il laicismo abbia, ormai, rotto ogni argine e rappresenti se stesso senza pudore e senza timore di essere ostacolato. Gli eredi della rivoluzione ci consentono di vedere, nei fatti, come, nella storia, si sia manifestato l'orribile legame tra il terrore giacobino e quello bolscevico, tra Robespierre e Stalin, tra Carnot e Lenin. Le epurazioni giacobine, dei vari comitati di salute pubblica, hanno anticipato gli omicidi della Ceka. La barbarie avanzerà e ci troverà indifesi. È giunto il momento di ripensare la nostra modernità e rifondare i nostri Stati. Una volta insegnavano, semplicemente, che la libertà di una persona deve finire dove inizia la libertà dell'altro. Anche l'educazione, però, è stata soppiantata da questa «Calcutta» (rappresentazione teatrale sessantottina) parossistica, che è diventata la nostra società.
Leonardo “testimonial” dell’Italia Facciamo un esperimento: immaginiamo di essere lontani, molto lontani dall'Italia. In Cina, magari o anche di più. Immaginiamo di essere – se fosse possibile – sulla Luna. E di non sapere niente dell'Italia. Ma poi, proseguendo nell'esperimento (e nel gioco) immaginiamo di doverci spremere le meningi abbastanza da farne uscire un'idea almeno di quel Paese lontano lontano, il cui perimetro ha la forma di uno stivale, la cui storia è tanto illustre e il cui presente è in così grave ribasso... Quale sarebbe l'idea? Che cosa ci verrebbe in mente di quel Paese? Quale immagine-simbolo? Se pure la guardassimo dalla Luna, se anche non ne fossimo legati – con l'affetto di figli – dell'Italia risplenderebbero alcune gemme. Il nostro paesaggio, le nostre città d'arte, certe nostre coste, ancora preservate dall'urto selvaggio della speculazione edilizia... e così le montagne, i dorsi delle colline coltivati da generazioni e generazioni, e i nostri grandi. Il nostro Rinascimento: Leonardo, Michelangelo, Raffaello, i tanti altri – artisti, intellettuali, poeti – che ci hanno resi ricchi come siamo. Di cultura. E continuiamo a esserne ricchi, grazie a chi ci ha preceduto, nonostante la nostra incapacità di amministrarla e di prendercene cura; qualche volta malgrado sembri impossibile fare addirittura il minimo: cioè conservarla, intatta, questa nostra cultura che è un regalo troppe volte immeritato. Leonardo, certo. Leonardo è una certezza. Leonardo è un “brand”. È così che l'Italia, con Leonardo, ci riprova. Dal primo maggio prossimo, per sei mesi, Milano ospiterà l'Esposizione Universale, meglio nota come Expo. Sarà forse un “rilancio” per il nostro Paese e, nonostante i dubbi e gli scandali, non c'è chi non lo auspichi e non lo speri. L'Expo porterà in Italia – si stima – circa 20 milioni di visitatori, alcuni dei quali nuovi al nostro Paese. Quale migliore interprete, quale miglior “testimonial” dell’arte e della cultura italiana di Leonardo da Vinci? Al Palazzo Reale di Milano, per la mostra «Leonardo 1452-1519», dal 15 aprile al 19 luglio prossimi, centinaia di opere di Leonardo verranno riunite ed esposte in un percorso tra capolavori della pittura, manoscritti, molti disegni autografi, prestati sia da collezionisti privati sia da istituzioni pubbliche, tra le quali la Biblioteca Ambrosiana, la Royal Library di Windsor, il British Museum, gli Uffizi, il Metropolitan di New York, la Biblioteca Reale di Torino; opere di artisti che a Leonardo si sono ispirati e alcuni modelli delle macchine leonardesche, provenienti dal Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia. Mostre “parallele” si terranno nella Pinacoteca Ambrosiana e presso il Castello Sforzesco, nella Biblioteca Trivulziana e nella Sala delle Assempre. [S.T.]