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Editoriale
In vista del pensionamento di Daniela, collega di Roma ACC ormai in cortissimo finale, ho pensato di chiederle di raccontarci qualche aneddoto di questo meraviglioso volo che la sta portando ad una nuova destinazione.
“Dopo più di trent’anni di cuffia, vado in vacanza permanente. Sono stata testimone di cambiamenti notevoli nell’ambiente dei controllori, che un tempo erano quasi tutti uomini, per la maggior parte gentili e corretti, e sono stata felice di lavorare con loro. Ma voglio anche ricordare che… C’era una volta, in un millennio lontano, un Paese dove molte cose erano vietate a chi non faceva la pipì in piedi: era vietato lavorare in polizia o nell’esercito, fare il controllore del traffico aereo, guidare il tram o fare l’arbitro in una partita di calcio. Poi, la Comunità Europea ha detto che, se non cambiava le regole, quel Paese finiva fuori dall’Europa; ha anche sovvenzionato l’AAVTAG, oggi ENAV, perché i corsi di formazione professionale venissero aperti anche alle donne, come lo fu il primo corso base del 1989. Ho abitato in quel Paese e, grazie alla CEE, ho potuto fare il lavoro che volevo; ma era tutto scomodo per chi, come me, non faceva la pipì in piedi. Per esempio, ricordo che al radar di avvicinamento di LIMF, nel 1993, c’era solo il bagno per gli uomini. Eravamo solo 2 donne radariste in tutto il Paese: la pipì era un nostro problema. C’era comunque la toilette dell’aerostazione, a 5 km. Mentre a LIRR in quegli anni erano più pragmatici: visto che i bagni erano solo per gli uomini, le richieste di trasferimento da parte delle donne non venivano proprio prese in considerazione. Una collega con la passione per il radar -avevamo la passione per il lavoro a quel tempo- considerò che la questione non fosse attinente ai vettoramenti ed inoltrò comunque la domanda di trasferimento. Aspettò. Aspettò. Tutti i suoi colleghi furono trasferiti, e lei aspettava. Aspettò tanto che, infine, anche LIRR fece spazio a chi non fa la pipì in piedi, e divenne la prima…”uoma radar” di regione. In effetti c’erano problemi lessicali all’epoca, nessuno sapeva il femminile di “uomo radar”. Forse questo era legato alla diceria che “ci vogliono le palle per questo lavoro”. Io penso che ci vuole il cervello, per questo lavoro! Oggi sono piacevolmente stupita dai colleghi giovani, i “nuovi uomini”: non mostrano difficoltà nell’inserirsi in un ambiente misto e mi lasciano ben sperare per un futuro sempre più equo. Per i posti direttivi, care colleghe, c’è ancora tanta strada in salita: non mollate!”
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Daniela
Tutto questo mi ha incuriosito ed ho fatto un salto indietro al 1990 per vedere cosa proponeva l’almanacco del giorno dopo di ANACNA. Nr. 54 di marzo 1990 : a pagina 23 “Anche il controllo italiano si tinge di rosa”, il servizio di Elio Pinchera, annuncia l’ingresso delle prime 13 donne “controllori” dopo aver superato brillantemente presso il centro di formazione dell’Azienda Autonoma di Assistenza al Volo del Traffico Aereo Generale, il corso che le abilitava alla professione. L’autore dell’articolo riporta che sono state selezionate e scremate da una lista di circa 1000 concorrenti, e di averle conosciute in occasione di una conferenza di medicina ATC presso la scuola di Pratica di Mare. Dal suo racconto si evince che tutte abbiano una ottima formazione scolastica, e bagaglio culturale, e che siano determinate, motivate e preparate. Lo definisce, “un avvenimento importante, una nota piacevole, un tocco di femminilità che si inserisce nei nostri ambienti di lavoro”. E continua raccontando che comunque di donne-radar al lavoro all’estero le aveva già viste, infatti il centro di controllo di Lisbona era diretto da una signora di 35 anni, e questo traspariva dall’igiene impeccabile delle toilettes e da un mazzolino di fresie sulla sua scrivania. In Svizzera le prime donne controllori c’erano già dal 1966, discorso lontano anni luce in Italia per l’ambiente prettamente ed esclusivamente militare... Poi prende in considerazione gli aspetti medici, psicologici e sociali che questo cambiamento potrà comportare all’interno dell’ambiente del controllo e come potrebbe influenzare la tempesta ormonale che inevitabilmente mensilmente colpirà queste donne, che potrebbero causare qualche assenza in più dal servizio, ma che forse proprio quegli stessi ormoni le rendono più resistenti allo stress e meno vulnerabili a malattie cardiovascolari. Altro problema da tenere in considerazione dal punto di vista sia medico che economico sarà l’assenteismo dovuto ad eventuali gravidanze.” Però, lato positivo, il senso innato di competitività e di “apparire più bravi e più professionali” porterà gli uomini-CTA ad avere una maggiore cura degli ambienti di lavoro comuni e del loro look personale, quindi anche un aumento generale delle performance.”
Ma queste giovani donne sono forti, resistenti, sanno cosa vogliono e sono attratte da questa avventura, nulla le spaventa grazie anche una sana e misurata incoscienza.
Nr. 59 giugno 1991 pag. 38 La donna e l’ATC In questo articolo vi sono le esperienze riportate dai colleghi che per primi si sono trovati ad affrontare questa novità e sono in genere commenti positivi, in particolare il commento di un controllore anziano che sostiene che “il loro comportamento in posizione operativa a volte è molto più professionale di tanti altri colleghi, non perché sono donne, ma soltanto perché rappresentano le nuove leve che hanno avuto sicuramente un iter formativo più elevato dal punto di vista professionale”
Quindi grazie Daniela, grazie anche a tutte le colleghe e a Giovanna con le quali abbiamo iniziato questa avventura. Un grazie anche alle colleghe donne pilota, un grande aiuto perché hanno spianato la strada, anzi solcato le aerovie e le piste prima di noi. Un grazie profondo, lo rivolgo alla Com.te Fiorenza De Bernardi, prima donna di linea italiana, fondatrice dell’Associazione Donne dell’Aria ADA, che riunisce principalmente tutti i diversi volti femminili e non del mondo aeronautico.
La VicePresidente
(Patrizia)