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ANACNA Adda passà ‘a nuttata
Adda passà ‘a nuttata
Di Francesco Basile
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“Guagliù stateme a ‘ssentì, questo è il bene [Disegnando alla lavagna un punto interrogativo]... e questo è il male [Disegnando un punto esclamativo]. Il bene è il dubbio, quando voi incontrate una persona che ha dei dubbi state tranquilli, vuol dire che è una brava persona, vuol dire che è democratico, che è tollerante, quando invece incontrate questi qui [Indicando il punto esclamativo], quelli che hanno le certezze, la fede incrollabile, e allora stateve accorte, vi dovete mettere paura, perché ricordatevi quello che vi dico: la fede è violenza, la fede in qualsiasi cosa è sempre violenza. Gli uomini, invece, si dividono in uomini d’amore e uomini di libertà, a secondo se preferiscono vivere abbracciati gli uni con gli altri, oppure preferiscono vivere da soli e non essere scocciati.” Il professor Bellavista, alias Luciano De Crescenzo, in un capolavoro letterario e cinematografico, aveva messo in guardia, in tempi non sospetti, sulla natura pericolosa di coloro che osteggiano un’incrollabile fede, i quali, soprattutto grazie alle nuove tecnologie, hanno negli ultimi anni rigurgitato le loro deliranti tesi complottistiche a tal punto da riuscire ad ottenere tutta quella attenzione che tanto bramano, aiutati finanche da una certa parte politica e dell’opinione pubblica che, fino a qualche anno fa li avrebbe, a giusta ragione, zittiti con una pizza in faccia. E in un periodo storico come quello attuale, dove in ballo c’è la salute dell’intera umanità, l’inflessibilità dei negazionisti della pandemia o dei complottisti più in generale, sta avvelenando la nostra società. L’onestà intellettuale, che è la prerogativa fondamentale del dubbio, si sta velocemente estinguendo e la presunta tuttologia ci sta facendo precipitare nel caos più totale. Nel nostro ambiente lavorativo, dove questo fenomeno è fortemente limitato o, spero, inesistente, il buon senso e la capacità di raziocinio hanno fatto sì che tutte le difese preventive, in primis i dispositivi di protezione individuale e gli accorgimenti sul distanziamento sociale, fossero assimilati in tempi ristretti e comunque visti come necessari. Questo ha prodotto nella nostra mente una nuova e strana reazione, inimmaginabile fino a 10 mesi fa. Quella sensazione di inadeguatezza che si insinua nella nostra mente ogni volta che vediamo una foto, un video o anche un film precedente all’emergenza sanitaria. La vicinanza a meno di un metro, le strette di mano o gli abbracci immortalati un anno fa ci sembrano così strane, inopportune. Ora potrebbe essere interessante come questo allontanamento sociale sia stato diversamente percepito in aree diverse. Tornando infatti alla teoria del Professor Bellavista, il popolo napoletano è un popolo d’amore, un popolo espansivo dove il contatto fisico con il prossimo era molto presente e il passaggio all’attualità è stato quantomeno traumatico. “Gli uomini” afferma il suo personaggio “si dividono in uomini d’amore e uomini di libertà. Gli uomini d’amore dormono abbracciati e fanno il presepe. Gli uomini di libertà dormono da soli e fanno l’albero di Natale. I milanesi sono uomini di libertà, votati all’efficienza e al pragmatismo. Infatti si lavano sotto la doccia. I napoletani sono uomini d’amore, non hanno bisogno di spazio, vivrebbero sempre abbracciati. E si fanno il bagno, perché il bagno è napoletano, è un incontro con i pensieri, un appuntamento con la fantasia.” Se fino a qualche tempo fa in torre di
controllo a Napoli ci si salutava con pacche sulle spalle, strette calorese di mano, pizzichi paternali in faccia, scoppole a tradimento (ma era sempre amore, anche quello violento…) Tutto ciò è ora scomparso ma lasciando degli ilari strascichi: l’input dal cervello arriva ancora, ma mentre alzi la mano per afferrare (o colpire) il collega, il movimento meccanico viene interrotto dall’epifania del dottor Spengler: “-Mai incrociare i flussi! -Perché? -Sarebbe male. -Faccio sempre confusione tra il bene e il male, che intendi per male? -Immagina che la vita come tu la conosci si fermi istantaneamente e ogni molecola del tuo corpo esploda alla velocità della luce. -Inversione protonica totale! -E quello è male... Ok, è un importante ragguaglio, grazie, Egon!” Così ti ritrovi con le braccia in movimento e accenni imbarazzato ad un timido saluto con la mano alzata e con la faccia da ebete. È un problema serio qui a Napoli!
Ma non tutto è perduto, infatti la complicità dei colleghi con i quali condividiamo un ambiente fortemente unito è rimasta intatta e forse, grazie anche alla scarsezza di traffico, si è rinforzata. Ebbene sì, perché, se da un lato vi è apprensione per una situazione professionale che affoga nell’incertezza nazionale, l’altra faccia della medaglia è l’avere più tempo a disposizione per aggiornarsi con la normativa e con le pubblicazioni ma anche aver maggior tempo per scambiare una chiacchiera col collega. Certo, gli argomenti di discussione sono spesso legati alla situazione lavorativa percui l’orecchio è teso sempre alle ultime news:
-hai sentito? “Ansa: calo del traffico aereo del 60%” -ahia -e questa? “Easyjet chiude la base di Napoli: niente voli per la crisi coronavirus” -come direbbe il Commissario Auricchio, sono volatili per diabetici… - “Berlusconi positivo al covid dopo l’incontro in Costa Smeralda con il noto proprietario del Billionaire, Flavio Briauntore” -beh, sì…ci sta
Sul lato normativo, il nostro buon Massimiliano Ferrantino ha colto l’occasione, istituendo dei team ad hoc, per intensificare il lavoro su quegli argomenti “spigolosi”, come l’holding point category I, il cui possible superamento ha generato lunghe discussioni e intere sedute di addestramento per sviscerarne ogni possibile implicazione. Hanno dato il loro contributo i colleghi Federico Ferranti, Fabrizio Cenani e Claudio Cianchetti che hanno portato avanti il lavoro di approfondimento circa il succitato holding point, la tematica dell’utilizzo della frequenza unica per tutte le operazioni sulla pista (così come raccomandato dall’EAPPRI) e l’interpretazione del “Cop” (cut off point, il punto di avvicinamento oltre il quale un aeromobile in partenza non potrebbe più iniziare la corsa di decollo), mentre Francesco Di Maio e Simona Pascarella si sono spesi per il rinnovamento delle sale relief del nostro impianto, la cui importanza è stata troppo a lungo sottostimata. La mole e la qualità prodotta dall’associazione locale, punto di riferimento normativo, sono tali da rendere auspicabile un longevo mandato del nostro rappresentante locale ANACNA, al quale non gli si concederà il congedo almeno fino all’età pensionabile.
Le limitazioni personali dettate dalla comunità scientifica sono state recepite e assorbite, i pessimi dati di traffico e le notizie sul futuro
aziendale registrate, con l’aiuto della sportività della categoria. C’è un altro aspetto però ed è il vortice di cambiamenti operativi avvenuti sul posto di lavoro a causa del coronavirus: i primi giorni sono stati all’insegna dell’incertezza totale su tutti i fronti. Da un giorno all’altro son venute a cadere tutte le certezze su personale impiegato, layout operativo, sale accorpate o separate, interpretazione delle disposizioni aziendali…
Il primo frenetico periodo della pandemia ha stravolto le abitudini meccaniche collegate al nostro impiego e il nostro bistrattato “responsabile dell’impiego addestramento e lamentele” di Napoli, CTA Giuseppe Razzino, ne sa qualcosa. La necessità di ridurre il rischio di assembramento all’interno delle sale operative ha lasciato molti colleghi a casa, ha visto applicare regole contrattuali marginali, ha dissolto le ferie di tutta la forza lavoro. Inevitabilmente tutto ciò ha comportato un sensibile incremento dei livelli di stress nel personale, tale da indurre l’azienda a svolgere delle web conference riguardo lo human factor. Durante queste ultime, i controllori hanno potuto esternare e condividere tutte le proprie emozioni legate alla pandemia, dallo shock di veder applicate limitazioni alla libertà personale, che solo in tempi di guerra erano state precedentemente adottate, al senso di desolamento totale che si prova oramai ogni qualvolta ci si rechi al bar per un caffè, tanto da farti rivivere a Prato nel 1982, “madonna che silenzio c’è stasera”.
In conclusione, Giggino, il fedele poeta onnipresente alle lezioni del professor Bellavista, si sarebbe arreso all’incontinenza del suo talento e ci avrebbe regalato un “pensiero poetico per l’occasione”. Qui a Napoli, dove abbiamo una nostra lingua e una nostra filosofia, non possiamo che abbandonarci alla saggezza e alla bellezza delle parole di uno dei suoi più rappresentativi esponenti, Edoardo De Filippo: “Adda passà ‘a nuttata”