Giornale della sezione ana monte grappa n 101 di ottobre 2014

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POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 2, DBC VICENZA - CONTIENE INSERTO REDAZIONALE

QUADRIMESTRALE DELLA SEZIONE A.N.A. “MONTE GRAPPA” DI BASSANO DEL GRAPPA ANNO XXXIII - N. 101 - OTTOBRE 2014


Sul Ponte di Bassano

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ontinua con successo il servizio dell’ANA al Sacrario di Cima Grappa. In tutti i fine settimana i volontari alpini e aggregati delle Sezioni di Bassano, Feltre, Treviso e Valdobbiadene si alternano nell’affiancamento al personale militare, garantendo così una più efficace sorveglianza della zona sacra; tale presenza permette di rendere più accessibili le testimonianze storiche come il museo e la Galleria Vittorio Emanuele. Con l’accordo quadro firmato il 9 luglio 2014 dal presidente nazionale Sebastiano Favero e dal ten. col. Riccardo La Bella, per conto del Commissariato Generale Onoranze Caduti, è stata ufficializzata questa importante collaborazione estesa successivamente a tutti gli altri Sacrari d’Italia. Proseguono anche i lavori di manutenzione del sito ai quali dedicheremo ampio servizio sul prossimo numero del nostro giornale. Ai volontari la riconoscenza dell’Associazione e di tutti i visitatori che, sempre più numerosi, giungono a rendere omaggio ai nostri Caduti.

Il pensiero del Presidente Giuseppe Rugolo Volontari in servizio a Cima Grappa (F. Gollin)

PERIODICO QUADRIMESTRALE DELLA SEZIONE ANA “MONTE GRAPPA” DI BASSANO DEL GRAPPA Anno XXXIII - N. 101 - Ottobre 2014 Direttore Responsabile: Flavio Gollin Comitato di Redazione: J. Cristofari - P. Demeneghi F. Grego - A. Guadagnin - G. Idrio M. Sartore - I. Zordan Foto Raduno Triveneto di C. Gollin - G. Zanolla Direzione, Redazione, Amministrazione: Sezione A.N.A. “Monte Grappa” Via Angarano, 2 36061 Bassano del Grappa Impaginazione e stampa: Laboratorio Grafico BST Via Lanzarini, 25/b - Romano d'Ezzelino (VI) www.graficabst.com Autorizzazione del Tribunale di Bassano del Grappa n. 2/ 81 Reg. P. - 9/4/ 81 Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Vicenza Tassa pagata - Taxe perçue E-mail: redazione@anamontegrappa.it Sito della Sezione: www.anamontegrappa.it

SOMMARIO • Il Cristo dei recuperanti

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• L'opinione

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• Dal museo

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• Adunata sezionale

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• Il Ponte degli Alpini

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• Inserto sulla G.G.

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• Cronache sez.li e dei Gruppi

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Chi ha paura di una preghiera? “…rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana…”. Sono queste, a detta di alcuni, preti soprattutto, le parole considerate troppo forti e anacronistiche che disturberebbero la sensibilità di chi ascolta la “Preghiera dell’alpino”. Ora, visto che negli ultimi tempi mi sono giunte all’orecchio lamentele sempre più insistenti circa il diniego a recitarla nei luoghi di culto, nelle chiese, mi sono deciso a provare a ragionarci su, non con l’intento di emettere una sentenza ma di cercare un punto di incontro soprattutto fra la sensibilità dell’uomo di chiesa e il nostro granitico attaccamento alle tradizioni; preghiera per prima. È logico che se si prende alla lettera ciò che è scritto quel “…rendi forti le nostri armi…” stride con la coscienza del cristiano ma, come tutte le preghiere, essa va interpretata nel suo significato intrinseco più che nella forma esteriore. Se quando fu scritta (immediato 2° dopo guerra) quelle parole non creavano scandalo, vista la drammatica situazione da cui si usciva, unita alla drammaticità del sopravvivere, con le ferite ancora aperte di due guerre mondiali devastanti, vissute direttamente sulla propria pelle e quindi, recitandola, ci si poteva tranquillamente immedesimare alla lettera nelle sue parole; adesso sta a noi, uomini nuovi, saperle interpretarle estrapolandone il significato intrinseco e figurativo. La nostra preghiera si può suddividere in tre atti: 1. COLLOCAZIONE ETICO-GEOGRAFICA: “Su le nude rocce, sui perenni ghiacciai, su ogni balza delle Alpi, ove la Provvidenza ci ha posto a baluardo fedele delle contrade…” Stabilisce il campo di azione degli alpini sia in campo geografico (nude rocce, perenni ghiacciai, balze delle Alpi…) che di intenti (..a baluardo fedele delle nostre contrade...); forti del sapersi in comunione con Dio (..eleviamo l’animo a Te…), qui si peccando un po’ di presunzione (peccato veniale comunque !) ma subito mitigata dalla certezza di poterselo concedere, perché “..purificati dal dovere pericolosamente compiuto..”, con la fede cieca e assoluta di affidare a Lui i propri cari (..proteggi le nostre mamme, le nostre spose…). 2. ESORTATIVA: a Dio onnipotente che governa tutti gli elementi per preservarci dai pericoli della montagna ( ..salvaci dal gelo implacabile, dai vortici della tormenta, dall’impeto della valanga, fa che il nostro piede posi sicuro sulle diritte pareti, oltre i crepacci insidiosi…). All’interno di questo periodo si può notare un primo orgoglioso appello, forte di una consolidata certezza (..salva noi armati come siamo di fede e di amore..) e poi di rincalzo il passaggio più “duro” e anche più discusso ( ..rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana…). 3. SUPPLICHEVOLE: Dopo granitiche certezze e ferrei intenti anche il sia pur duro animo dell’alpino si scioglie in un’invocazione accorata alla Madonna (E tu Madre di Dio, candida più della neve..), elevandoLe una supplica ad alleviare i dolori e le sofferenze di tutti gli alpini vivi ed in armi, certi che Ella conoscendo il segreto del cuore di ognuno di noi saprà, in virtù della sua infinita misericordia, proteggere tutti.

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Sul Ponte di Bassano È peccato supplicare la Madonna? Del resto lo fece anche Dante Alighieri per bocca di S. Bernardo, nel 33° Canto del Paradiso della Divina Commedia,affinché intercedesse presso l’Altissimo. La nostra preghiera, dopo averla sviscerata e analizzata, ha bisogno di essere studiata profondamente, perché se è vero che quando fu scritta rischiava di essere pregna della retorica del tempo è altresì vero che, essendo una preghiera si avvicina a qualcosa di perfetto e come tutte le preghiere la forza che sprigiona non sta tanto nel semplice significato delle parole quanto nella loro interpretazione in senso figurato. Siamo in definitiva di fronte a uno scritto dallo straordinario valore etico-morale che supera i confini temporali. Non troviamo forse pericoli nella società attuale? Difficoltà in famiglia, nel lavoro, nei rapporti quotidiani fra di noi che, per infiniti motivi, sono sempre più tesi, sono all’ordine del giorno. E queste difficoltà non sono forse le “nude rocce, perenni ghiacciai, balze e crepacci insidiosi “, paragonandole ai pericoli dell’andare in montagna? È solo una questione figurativa! È così strano e difficile paragonare le difficoltà del vivere quotidiano con le fatiche e i pericoli di un “crepaccio insidioso” da superare, sperando che il “piede posi sempre sicuro” anche nelle scelte e decisioni di ogni giorno? Può, nel 2014, offendere un’invocazione a Dio Onnipotente sottolineando la certezza dell’essere “armati di fede e di amore” per gli altri; i bisognosi di qualsiasi razza, religione, credo politico, senza chiedere niente in cambio e tutto dare? Invocazione per essere sempre pronti a partire per un nuovo “fronte”, ovunque ce lo venga richiesto; nel fango di un’alluvione, sulle macerie di un terremoto, nelle opere missionarie dall’Africa al Sudamerica, negli interventi umanitari nei martoriati paesi dell’Est europeo e ancora, emergenza dei giorni nostri e di casa nostra, nelle raccolte di generi alimentari per i bisognosi della porta accanto, per non tralasciare il quotidiano impegno nelle nostre parrocchie a favore della comunità. È offesa lanciare, in definitiva, un accorato appello al Signore affinché ci faccia stare saldi e vigili nei nostri principi “rendendo forti le nostre armi “che non sono altro che la solidarietà, il volontariato totalmente gratuito a qualsiasilivello, lo spirito di sacrificio, il senso del dovere, il culto della Memoria el’orgoglio profondo dell’appartenere a una nazione, a una Patria? Non è forse minacciata la nostra società moderna nelle sue fondamenta stesse se si considera la crisi economica con la conseguente devastazione sociale in atto? Badate che nell’invocazione incriminata “..rendi forti le nostre armi…” non si intende combattere tanto un probabile nemico incombente, come atteso per una vita intera dal ten. Drogo nella fortezza Bastiani ne“ Il deserto dei Tartari “, quanto un nemico ancora più infimo e subdolo, perché annidato nei tessuti della nostra

società che in nome del “ Dio profitto “ a tutti i costi ha finito per devastare usi, costumi e morale, propinando solo indifferenza e superficialità! Chiedo a voi, a voi tutti, alpini e uomini di chiesa, se è giusto abdicare ai nostri princìpi in nome della vanità, dell’indifferenza, dell’ipocrisia, della corruzione latente di cui è pregno il nostro mondo? Ma non capite che il nemico che ci minaccia sono i nuovi falsi idoli propostici quotidianamente dai media come modelli assoluti di vita, quali unici ed essenziali per raggiungere il successo? Chiedetevi il perché i giornali e le Tv sono pieni di notizie negative e dallo scoop infangante e infamante a ogni costo pur di fare “audience “ invece di parlare delle innumerevoli iniziative di volontariato silenzioso sparso per il territorio nazionale! Perché le cose belle, positive, buone, giuste non “vendono “ e nessuno se ne cura anche per paura dello “ share “ quale unica unità di misura del valore di un articolo o di una trasmissione. Lo trovate ingiusto ribadire con forza l’abissale distanza che passa fra il politico corrotto che specula sul benessere collettivo se non addirittura sulla pelle della gente e il nostro agire, mosso dal generoso altruismo gratuito? Pensate che sia cosa sbagliata coltivare con passione il culto della Memoria in una società ormai priva di qualsiasi punto di riferimento e che anzi tende ad appiattire qualsiasi valore? Possiamo stare tranquilli in una società che ha il prurito di negare la magia del Natale, anche se non altro per millenaria tradizione se non per fede, per paura di offendere la sensibilità di qualcuno, come se un bambino che nasce possa scatenare chissà quali devastazioni morali o psicologiche? O ancora per lo stesso motivo per cui un uomo raffigurato inchiodato su una croce scatena discussioni senza fine? Vogliamo parlare del brutale appiattimento famigliare a cui stiamo assistendo passivamente per cui si stanno sostituendo la “mamma” e il “ papà” con un angosciante “ genitore 1” e “ genitore 2”, alla stregua di qualsiasi allevamento animale? E vogliamo dimenticare l’apparato politico che vergognosamente ha abbandonato oramai da tre anni due suoi soldati in India, incarcerati con l’inganno e trattenuti ingiustamente senza possibilità di difendersi in un tribunale? Io penso che in momenti di debolezza delle istituzioni come quella che stiamo vivendo ci si debba tutti quanti “stringere a coorte”, ovverossia fare quadrato e ancorarci ai capisaldi del nostro credere comune, sia laico che religioso e fare del senso di appartenenza e della coscienza di popolo le virtù fondanti che accompagnino il nostro cammino, il cammino degli italiani; sicuramente anche recitando la nostra preghiera. “…rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana…”.

Aiutiamo il Ponte di Bassano Tra le tante iniziative rivolte alla raccolta di fondi per aiutare il nostro Ponte e, senza dimenticare tutte le altre non meno meritevoli, segnaliamo quella dell’alpino Giovanni Schiavotto dell’omonima Società, socio della Sezione ANA di Vicenza, che ha donato il 10% dell’intero incasso di una giornata delle tre sedi commerciali vicentine e quella del nostro socio alpino Fausto Maculan di Breganze, titolare dell’omonima Cantina, che ha offerto una botte di pregiato vino Cabernet Sauvignon che è stata imbottigliata dagli stessi offerenti nei pressi del ponte. La botte di 225 litri è stata aperta domenica 01 giugno alla presenza dei vertici della Sezione Monte Grappa con la straordinaria partecipazione del presidente nazionale Sebastiano Favero. Le trecento bottiglie sono andate naturalmente a ruba!

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Sul Ponte di Bassano

Il Cristo dei recuperanti di Ivano Zordan

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ltrepassata la chiesa di Semonzo, imboccata la provinciale Giardino, dopo un centinaio di metri, a destra, una strada sale ad un colmello fra i più suggestivi del paese, Cà Frison. Percorrendo questa via che si inerpica nel silenzio e nel verde della montagna, ci si imbatte in un gruppo statuario di forte impatto emotivo. Due figure di colore nero fumo, dall’alto di un rialzo, dominano il visitatore: un Crocifisso che porta nell’edicola la scritta “Cristo dei recuperanti” e un soldato che trattiene nella mano il fucile, appoggiato a terra. Le figure, costruite con scaglie di granate recuperate in montagna, comunicano in modo crudo, tragico, la atrocità della guerra. Il Cristo incute il senso della disperazione: sembra emettere un urlo strozzato sbarre di ferro che deformano le labbra, mentre il soldato sembra non avere sentimenti, con lo sguardo sperduto nell’abisso del dolore. Tutt’attorno sono disseminati reperti della Grande Guerra che richiamano l’attività dei recuperanti. Grandi quantità di materiali rimasero disseminati per le montagne, teatro dei combattimenti. La prima sommaria bonifica venne condotta dai reparti dell’esercito, poi, negli Anni Venti, il governo emanò un decreto che legittimava il recupero di materiale bellico da parte di privati, la cui vendita permise di sopperire alla tristi condizioni di miseria e di povertà conseguenti alle distruzioni della guerra e alla disoccupazione delle genti di montagna L'attività presentava rischi e pericoli: molti erano ancora gli ordigni inesplosi e numerosi furono gli incidenti mortali o che procurarono gravi mutilazioni. La guerra continuava a mietere vittime, falciate dalle deflagrazioni durante le opere di scaricamento. Mario Rigoni Stern, ne“Le stagioni di Giacomo”, descrive magistralmente un uno di questi drammatici episodi:“Un pomeriggio di quella estate, sul tardi fu udita un'esplosione dalle parti del Monte Forno. Solo i recuperanti esperti capirono che non era stata preparata con arte, come quelle che tanti facevano nelle gallerie rompendo con il tritolo le bombe inesplose, causando un rumore quasi mai deflagrante ma attutito, morbido, non come questo, secco e violento seguito da uno strano silenzio su tutte le montagne. Subito la notizia che due amici di un paese vicino erano stati dilaniati da una grossa bombarda che volevano disinnescare, passando di bocca in bocca raggiunse i recuperanti, i pastori, i mandriani e ogni contrada e finché nelle case ognuno non vide tornare i propri congiunti non ci fu fine all' angoscia.

Quando poi si seppe chi erano quei due, le donne si riunirono davanti alle cappellette delle contrade per dire il rosario e le litanie ora pro eis e non ora pro nobis. Tutti i recuperanti andarono ai funerali dei due amici e i più vicini di casa portarono le due casse sulle spalle dalla chiesa al cimitero. Ma erano leggere quelle casse perché i due corpi si erano sparpagliati tra i mughi, i rododendri e le rocce, e ben poco si poté raccogliere. Non tutti lo sapevano, ma quelli che ne erano a conoscenza durante la cerimonia pensavano anche a quante migliaia di soldati avevano fatto la stessa fine e la dicitura "disperso" aveva chiuso la partita della vita tra il Distretto militare e la famiglia. E quanti recuperanti, quanti, ancora, sarebbero finiti così”. L’attività dei recuperanti, mai venuta meno, si può suddividere principalmente in tre fasi: la prima è il periodo immediatamente successivo alla conclusione della prima guerra mondiale, la seconda va collocata negli Anni Trenta, quando le esigenze dell’industria bellica reclamavano materie prime, la terza in tempi più recenti, allorchè alla necessità subentrò la passione. Scrive Angelo Nataloni: “Non più oggetti cercati per essere venduti, ma amorevolmente raccolti per rimanere a testimonianza delle sofferenze quotidiane patite dai soldati dei tanti eserciti impiegati nelle nostre terre”. Nel Cristo di Cà Frison, nel collage delle scaglie delle bombe che dà vita al complesso monumentale, troviamo una eloquente sintesi del dolore sofferto da chi ha vissuto la guerra combattendo, dei disagi e della fame patita dalla popolazione civile, della cura e della riverenza con cui le reliquie oggi vengono composte.

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Sul Ponte di Bassano l'opinione

Militari in servizio: mal compensati ma buoni per tutte le occasioni di Pietro Demeneghi tempi di tagli, la crisi morde duro e i Sfar onogoverni succedutisi in questi anni devono cassa. I modi sono due: tagli alle spese

corretto. Ora si dà il caso che, almeno da una ventina d’anni ci ritroviamo ad avere ( e a pretenderli talvolta) dei militari factotum. Se ci pensate bene, abbiamo incominciato con l’operazione Vespri Siciliani negli anni novanta per presidiare certe aree della Sicilia infestate dalla malavita mafiosa, per arrivare oggi a impegnare i militari nella salvaguardia dell’ordine pubblico e perfino del paesaggio e, buon ultimo, per l’accoglienza degli immigrati in arrivo sulle nostre coste. A quest’ultimo riguardo, abbiamo tutti sentito parlare della famosa operazione Mare Nostrum affidata alla nostra marina militare per prevenire le tragedie delle carrette del mare cariche di immigrati africani che cercano di approdare alle nostre spiagge. Ora, senza voler mettere in discussione le finalità di alto valore umanitario dell’operazione, ci troviamo con un flusso migratorio aumentato del 224% (stando agli ultimi dati) rispetto al 2012 e con un impiego di mezzi della marina militare del costo di circa cinquanta sessantamila euro giornalieri per soli oneri di gestione (anche nel merito ci sarebbe da chiedersi dov’è il resto dell’Europa sempre pronta a farci le pulci su tante altre questioni certamente di secondaria importanza in confronto a questa, ma tant’è). Non costerebbe di meno attrezzare e addestrare adeguatamente la guardia costiera per compiti simili, per il quali, del resto, è stata istituita? Ho citato solo il tema immigrazione a titolo di esempio, ma ce ne sarebbero molti altri a testimoniare l’improprio impiego delle FF.AA in compiti non di loro specifica competenza, stante il fatto che disponiamo di corpi come carabinieri, polizia, guardia di finanza ecc. destinati a mansioni indebitamente messe in carico ai militari. Ma si sa, per qualche politico riuscire a destinare i militari nel contrasto alle discariche abusive, che so?, nella Terra dei Fuochi in Campania, garantisce visibilità e consensi immediati. Peggio ancora è quando si arriva a usare i militari al posto dei netturbini (che magari ci sono e, si badi bene, regolarmente pagati) vantandosi di aver fatto risparmiare denaro pubblico con la giustificazione che i militari sono già pagati. È l’ora che anche i vertici militari la smettano di compiacere al politico di turno che va a bussare alla loro porta in cerca di popolarità usando in maniera del tutto strumentale e inadeguata le nostre FF.AA. Esse sono nate con lo specifico compito della difesa e a questo, non ad altro se non in casi del tutto eccezionali, dovrebbero essere addestrate, come avviene nel resto del mondo. O vogliamo ridurle come la scuola da cui si pretende di tutto e di più fuorché lasciare che i docenti insegnino e gli alunni studino e imparino?

e, ahinoi!, aumento della pressione fiscale. Anche le FF.AA non possono sottrarsi a questo destino. Ma nel merito qualche considerazione appare opportuna. Se da un lato militari, sottufficiali e ufficiali impegnati a livello operativo si vedono, come altri dipendenti pubblici, decurtare di fatto la retribuzione con il blocco di stipendi e contingenza che si vorrebbe estendere fino al 2020, dall’altro i supremi vertici militari continuano a percepire stipendi d’oro e liquidazioni milionarie a fine carriera. Senza contare che certi alti ufficiali sono destinati a compiti di pura, per non dire simbolica, rappresentanza lautamente compensati. Mancano però poi i soldi per pagare più dignitosamente i militari impegnati in operazioni anche ad alto rischio e per ammodernare i mezzi a loro disposizione. Continuiamo a finanziare interventi nel mondo che, di anno in anno, gravano sempre di più nelle tasche del contribuente il quale fatica a vederne una ricaduta positiva per sé e per il Paese intero. D’altro canto l’Italia in questi anni è tra i paesi che più hanno dato per numero di militari in interventi sul piano internazionale. Sarebbe il momento che anche qualche altro paese, soprattutto della nostra Europa, ugualmente, se non anche più, dotato di uomini e mezzi, desse il suo contributo e che noi riportassimo a casa i nostri militari dalle varie aree calde del pianeta. Certamente noi facciamo parte di un sistema di alleanze che ci vincola e del quale in certi momenti della nostra storia anche recente abbiamo beneficiato per la difesa della libertà e della democrazia conquistate dopo il secondo conflitto mondiale, ma pensare ad un riequilibrio di oneri e benefici non guasterebbe. Un’altra criticità che riguarda l’impiego delle nostre FF.AA si potrebbe individuare nel cosiddetto “fronte interno”. Come noto, ormai da diversi anni il servizio di leva obbligatorio è stato sospeso a tutto vantaggio - così almeno era nelle intenzioni dei promotori della sospensione - di un tipo di FF.AA più professionalizzate. Il progresso tecnologico - si sosteneva - richiede effettivi meno numerosi ma più preparati rispetto alle esigenze di una moderna difesa. Il soldato insomma deve diventare uno specialista nelle operazioni militari. Ma come mai allora constatiamo oggi che i nostri militari, non più di leva, sono chiamati a svolgere compiti e mansioni che dovrebbero essere di competenza di altri? Il militare, finché esiste, dovrebbe essere addestrato a combattere, piaccia o non piaccia questo verbo a certo pensiero politicamente

L’illustre Presidentissimo bassanese Bortolo Busnardo è entrato a far parte della schiera degli “illustri bassanesi”. L’Editrice Artistica Bassano diretta da Andrea Minchio ha dedicato al Presidentissimo scomparso il numero 150 della sua prestigiosa pubblicazione “L’illustre bassanese”. Nei numeri precedenti troviamo figure che hanno lasciato un forte segno nel comprensorio bassanese: basta citare i Dal Ponte Francesco e Iacopo, i Remondini, Teofilo Folen-

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go, Tito Gobbi, le nostre M.O.V.M. Marco Sasso e Efrem Reatto, ma anche Ezzelino da Romano e tanti altri. Nel suo pensiero il sindaco di Bassano Riccardo Poletto dice: “Quando, in futuro, si scriverà una nuova storia di Bassano, Bortolo Busnardo figurerà tra gli uomini che hanno contribuito a scrivere le pagine migliori” Un onore che Busnardo meritava e che rimarrà orgoglio per la Sezione ANA Monte Grappa.


Sul Ponte di Bassano dal museo

Le armi della prima guerra mondiale: il fucile 1891 di Gabriele Peruzzo

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potizzando l’identificazione di 10 oggetti che hanno fatto la storia d’Italia, uno di questi spetterebbe di diritto al ’91, il fucile che accompagnò i soldati italiani dal 1892, attraverso campagne coloniali e due guerre mondiali, per essere definitivamente sostituito dal Garand M1 solo negli anni ’60. Frutto del’ingegno del capotecnico d’Artiglieria Salvatore Carcano e del col. Parravicino, il fucile Carcano-Mannlicher modello 1891, fu una delle prime armi ad essere concepite per l’utilizzo delle nuove polveri infumi sintetizzate dal francese Paul Vieille nel 1884: scoperta che aveva di fatto reso antiquate tutte le armi allora esistenti e che, in virtù della maggiore potenza, consentiva di ridurre il calibro e peso delle munizioni. Non ultima, la polvere infume rendeva le fanterie invisibili dando il via a quello sviluppo dei temi mimeticicromatici delle uniformi che dura ancora oggi. Lo sviluppo delle armi modello 1891 ha seguito criteri meramente nazionali e, come al solito, si doveva fare i conti con le ristrettezze di bilancio di una nazione che non aveva materie prime; il risultato è stato un fucile economico ma ben rifinito. Le commissioni di allora erano molto severe, una volta messa a punto la nuova munizione Mod.1890 calibro 6,5 x 52 mm (il vecchio Vetterli 1870 era cal. 10,4….), si diede il via alla gara per l’adozione del nuovo fucile d’ordinanza del Regio Esercito e il 5 marzo 1892 venne decretato vincitore il modello di Carcano. La prima versione adottata pesava 3,8 kg. ed era lunga ben 128,5 cm. Solo i fucili russi Mosin Nagant 1891 erano più lunghi del nostro ’91, và detto che per la dottrina dell’epoca il fante con fucile e baionetta inastata doveva essere in grado di controbattere le cariche di cavalleria secondo gli schemi delle guerre napoleoniche…!! La realtà delle trincee del Carso nel 1915 dimostrerà che un fucile lungo era solo d’impiccio. Il sistema di alimentazione era ad otturatore girevole-scorrevole con pacchetto di caricamento a 6 colpi sistema Mannlicher (all’epoca venne pagata l’esorbitante cifra di 5.000.000 di lire in oro per la licenza di costruzione), la canna era lunga 78 cm con rigatura progressiva a 4 principi, il tiro utile era tra i 300 e 600 metri con gittata di 2000 metri e la calciatura era all’inglese con legno di faggio finita ad olio. Tutte le superfici erano trattate con brunitura nero-blu elettrochimica ad esclusione del manubrio otturatore lasciato in bianco. Dopo il modello “lungo”, quello che ha equipaggiato la fanteria (alpini compresi), nel 1893 venne adottato in modello da Cavalleria (più

leggero e corto con baionetta a spiedo integrata) e nel 1900 il modello per truppe speciali con lunghezza totale di 92,2 cm e peso di kg. 2,9 . Tra le due guerre mondiali, le armi modello ’91 diedero origine alle versioni 91/24, 91/28, ai modelli ’38 ed infine il controverso modello 91/41. L’impianto base dell’azione rimase sempre lo stesso, le varie versioni differivano per lunghezza, tipo di alzo e attacchi per la cinghia di trasporto. Una modifica del calibro in 7,35 mm per modernizzare le armi mod.38 si scontrò con l’inizio della Seconda Guerra Mondiale e la disponibilità a magazzino di milioni di cartucce in 6,5 mm. La domanda che ci si pone spesso è se il ’91 fosse un buon fucile… Se l’unico paragone reale si può fare solo con i modelli che hanno equipaggiato gli eserciti durante la Grande Guerra, obiettivamente era un fucile mediocre ma rustico che dimostrava una buona precisione in mano a soldati addestrati; nel modello “lungo” l’alzo da battaglia era tarato a 300 metri e per utilizzarlo bisognava abbattere completamente l’alzo graduato da 2000 metri altrimenti si sparava con azzeramento a 450 metri….! Durante le fasi concitate degli assalti sicuramente molti soldati non se ne avvedevano e non si esclude che gli Austriaci in trincea sentissero spesso la pallottole italiane passare alto sopra le loro teste… Il moschetto mod. 38, per ovviare al problema, aveva alzo fisso azzerato a 150 metri. Sicuramente era il più anziano come progettazione, non aveva grossi difetti ma su tutti spiccava l’assenza di una sicura a prova di errore, quella esistente era macchinosa e poteva originare gravi incidenti. La presenza di una canna lunga e sottile prodotta con acciaio senza cromo ne determinava un facile riscaldamento nel tiro rapido con cartucce a solenite e, usando la baionetta inastata, poteva piegarsi con relativa facilità. Dai nemici il ’91 era considerato un’arma “umanitaria” a causa del calibro un po’ anemico, la palla cal. 6,5 era molto pesante e la spessa camiciatura in maillechort era molto robusta e non si deformava (ancora oggi si ritrovano in eccellente stato), dunque le ferite prodotte sul corpo dei nemici erano pulite e anche quelle passanti non vulneranti guarivano spesso facilmente. Il fatto poi che i soldati italiani siano stati mandati al fronte da Mussolini con le stesse armi (sicuramente peggiorate come qualità) della Grande Guerra, non rende onore al ’91 se confrontato con i moderni Garand M1 americani o SVT 40 russi… meglio non parlarne. Và ricordato che il fucile utilizzato per uccidere il presidente americano J. F. Kennedy a Dallas il 22 novembre 1963 era un 91/38 prodotto nell’arsenale di Terni nel 1940. All’interno del nostro museo sezionale conserviamo molte della varie versioni prodotte da 7 arsenali differenti in oltre 3,5 milioni di esemplari fino al 1945, tra cui i modelli più legati alla storia degli Alpini della Grande Guerra (modello 1891 “lungo”) e della Seconda Guerra Mondiale (modello 91/41).

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Sul Ponte di Bassano

Casella d’Asolo ospita l’adunata sezionale

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li alpini della “M. Grappa” si sono ritrovati a Casella d’Asolo per l’adunata sezionale. Due giorni di sole in un periodo di piogge e disastri. Con questo raduno il Gruppo di Casella ha festeggiato il suo 45° di fondazione in concomitanza con la festa patronale di San Apollinare: una collaborazione con la parrocchia, che ha coinvolto con successo alpini e cittadini. Sabato 19 luglio, presso il centro parrocchiale, si è riunito il Consiglio Direttivo allargato ai capigruppo per un aggiornamento sulle attività della Sezione. Il presidente Rugolo ha ribadito la posizione dell’ANA in una società spesso distante dai nostri principi; su questo tema ha presentato il Libro Verde della solidarietà, biglietto da visita degli alpini e ha toccato il problema della Preghiera dell’Alpino la cui lettura in chiesa non trova il consenso di qualche nostro parroco. Era presente anche il neo eletto Sindaco di Asolo Mauro Migliorini, tenente degli alpini, che ha elogiato l’esemplare presenza delle penne nere nella società, sempre pronte in ogni evenienza e per ogni bisogno. L’incontro si è concluso con la presentazione, da parte di Vittorio Brunello, del 150° numero della rivista “L’illustre bassanese” dedicato a Bortolo Busnardo ricordato, al termine, con un corale “figli di nessuno”.

e il capitano Pezzini del 7° Alpini, i Vessilli di Alessandria, Asiago, Conegliano, Marostica, Treviso, Valdagno, Valdobbiadene, Vicenza e della più lontana Melbourne (Australia), 120 gagliardetti di altrettanti Gruppi alpini e donatori con una nutrita schiera di penne nere. Non mancavano le rappresentanze di AIDO, ADMO, AVIS, Combattenti e Vigili del Fuoco. E c’erano anche i muli, nostri vecchi compagni di naja, come sempre curiosità per i nostri bambini. All’alzabandiera e all’onore ai Caduti sono seguiti i saluti delle autorità. Per primo è intervenuto Sandro Campello, segretario del Gruppo che, anche a nome del capogruppo Gianni Marcolin, ha portato il saluto degli alpini di Casella, ricordando le tappe principali di questi 45 anni e il costante impegno che li ha visti in tante occasioni. Il Sindaco, orgoglioso amministratore alpino, ha ribadito l’impegno quotidiano delle penne nere che, pur facendosi ultime nel servizio al Paese, hanno portato nel mondo onestà, rispetto delle leggi e onore de Tricolore. Ha citato poi dei pensieri di Giovanni Paolo II sulla stima che il Pontefice aveva degli alpini, temprati dalla guerra e messaggeri della Provvidenza che guida la storia. Era presente anche l’assessore regionale Elena Donazzan che, nel suo saluto, ha ricordato la missione degli alpini nelle scuole per il centenario della Grande Guerra. Il gen. Rossi ha ricordato il legame dell’ANA con le Forze Armate, nel ricordo dei Caduti e nei valori della memoria. Rugolo, dopo aver elogiato le varie attività della Sezione, ha ricordato i sessant’anni alpini di Bortolo Busnardo che ha trasmesso a tutti coloro che gli sono stati vicino una grande eredità di valori. Massimo Bonomo ha concluso gli interventi portando il saluto del presidente Sebastiano Favero e del Consiglio Nazionale. Dopo la santa messa, celebrata dal parroco don Franco Zoggia e accompagnata dalla corale parrocchiale, sono state consegnate delle pergamene ai passati capigruppo e a chi si è particolarmente distinto nell’impegno associativo. Impeccabile l'organizzazione dell'intera manifestazione grazie al lavoro degli alpini di Casella e del gruppo spontaneo parrocchiale autore dei momenti conviviali che hanno concluso con successo le due intense e “calorose” giornate.

La giornata si è conclusa con una rassegna di cori alpini con la partecipazione del “Monte Grappa” di San Zenone e del coro sezionale “Edelweiss ANA M. Grappa”; poi tutti a cena ospiti del Gruppo di Casella. Una delle più belle adunate sezionali quella di domenica 20. La bella giornata, anche se un po’ calda, ha visto sfilare, sulle note della banda sezionale, un numero considerevole di alpini, donatori, autorità e ospiti, per un totale di oltre seicento persone. In testa la Bandiera della Città di Asolo scortata dal sindaco Migliorini e dai Comandanti dei Carabinieri e della Polizia Locale con una decina di sindaci della Sezione. Il Vessillo sezionale, oltre che dal presidente Rugolo era scortato anche dal Gen. D. Gianfranco Rossi, ormai consueto e gradito ospite dei nostri incontri. Seguivano il Consiglio sezionale con il quale hanno sfilato anche il consigliere nazionale Massimo Bonomo

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Sul Ponte di Bassano

Il Ponte degli Alpini nei ricordi di Pietro Piotto di Alfeo Guadagnin

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a alcuni mesi gli occhi sono particolarmente puntati sul nostro Ponte malato e, come nel ’48, Bassano si mobilita coinvolgendo amministrazioni, comitati spontanei, associazioni, cittadini e alpini. E il tam tam non si ferma ai confini del bassanese, ma arriva fino all’altro capo del globo, perché nessuno vuole rinunciare a quel tesoro così ricco di storia e soprattutto di ricordi. Pietro Piotto classe 1919, combattente ed ex internato, è l’ultimo componente vivente del Comitato Organizzativo che nel 1948 si occupò della ricostruzione del Ponte. «Nel 1947 - racconta Pietro - ero impegnato su vari fronti: Sindacato della CISL, Patronato ACLI, Reduci e ANEI (Associazione Naz. Ex Internati) ed in particolare ero preso a collocare gli ultimi ex combattenti disoccupati nelle varie aziende del bassanese; restavano ancora seicento persone che avevano combattuto per la patria, prive di qualsiasi occupazione. Venni inaspettatamente convocato dal presidente della Sezione “Monte Grappa”, ten. col. Bruno Solagna, che mi chiese di entrare nel direttivo per riorganizzare i Gruppi della Sezione. Inizialmente rifiutai, dati i miei molteplici impegni, ma di fronte all’insistenza del Presidente, alla fine accettai. Grazie al mio ruolo nelle varie associazioni e lavorando alle Smalterie, avevo la possibilità di contattare tanti alpini in congedo e convincerli a tesserarsi nell’ANA per far ripartire la Sezione dopo la guerra. Solagna mi promise che l’impegno sarebbe stato sporadico, le riunioni pochissime e, a tutto il resto, ci avrebbe pensato lui. Il Consiglio Direttivo era composto dal presidente Solagna, dal vice Marcello Marcadella, dal segretario Arrigo Bellò (mio ex maestro alle elementari), dal cassiere Corazzin, dall’avvocato Antonio Gasparotto, dal professor Rino Borin e dal sottoscritto. L’impegno era notevole, si lavorava tantissimo e le riunioni si moltiplicavano. Negli incontri presenziavamo generalmente in quattro: Solagna, Marcadella, Bellò ed io, mentre gli altri, impegnati sul lavoro, partecipavano quando era loro possibile. Mi era stata affidata la zona di sinistra Brenta, da Cismon a Tezze sul Brenta e a Marcadella la destra; alla sera, al sabato e anche alla domenica giravamo in bicicletta i paesi per raccogliere adesioni. Le riunioni si svolgevano in osterie ed in trattorie in particolare nella zona di Romano d’Ezzelino ed a Mussolente, dove tra un bicchiere di vino ed una partita a carte, riuscivamo a far riprendere vita i vari Gruppi. Un grosso aiuto ce lo diedero i tanti reduci che volevano mantenere

vivo il ricordo dei commilitoni che non erano più tornati; tra i più attivi Sante Zanchetta di Mussolente, Nino Ferronato e Corazzin entrambi di Casoni. Una sera in una delle tante riunioni, Solagna esordì: “E se rifacessimo il Ponte?”. A tutti parve una proposta talmente enorme da sembrare assurda, mentre il Presidente ne era convintissimo e ad ogni nostra obiezione rispondeva sicuro e convinto. Toccò a lui cercare finanziatori tra industriali e persone facoltose e lanciare appelli alla cittadinanza che (allora come oggi) partecipò con quel poco che aveva. Ricordo ancora che Bortolo Nardini firmò un cospicuo assegno “pro Ponte” di 100.000 Lire, (all’epoca una cifra molto importante). Oltre al Comitato Organizzativo, formato da Solagna, Marcadella, Bellò ed io, fu creato un Comitato d’Onore presieduto da Ivanoe Bonomi, allora Presidente Nazionale ANA e formato dal sindaco Achille Marzarotto, dal direttore del Museo Paolo Maria Tua, da un delegato delle Smalterie e dagli industriali Marzotto, Locatelli e Nardini. I lavori, affidati alla ditta Tessarolo, iniziarono nei tempi previsti, e solo allora si pensò di chiedere l’assegnazione a Bassano dell’Adunata Nazionale degli Alpini e di far cadere l’inaugurazione del ponte nel corso della stessa; proposta che venne accettata sia dal Comune di Bassano che dall’ANA nazionale. Il ponte, ribattezzato “Ponte degli Alpini”, veniva così inaugurato il 3 ottobre 1948 dal Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi e dal Presidente Bonomi, in un clima di festa che vedeva abbracciati bassanesi e penne nere. Oggi, dopo quasi settant’anni il Ponte ha ancora bisogno degli alpini e dei bassanesi, e sono sicuro che come allora l’impegno da parte di tutti restituirà il nostro simbolo agli antichi splendori, perché nei casi di bisogno la cittadinanza e le sue Penne Nere hanno sempre combattuto assieme». Pietro con rammarico aggiunge: «Con il termine dei lavori l’impegno del Comitato Organizzativo cessò. Altre volte, nel corso dei decenni, il ponte fu oggetto di interventi, sia dopo l’alluvione del 1966 che nei lavori di manutenzione del 1992, ma gli sforzi di quel Comitato del ‘48 non sono mai stati ricordati, forse per dimenticanza o forse per la prematura e triste scomparsa del grande promotore Solagna avvenuta nel 1951».

Il Centenario... in musica

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La giornata si è conclusa con le toccanti note dell’oboe che suonava il “Silenzio”. Un’esperienza da ripetere, arrivando magari a portare per il Centenario del ’18 una grande orchestra giovanile europea.

ltre 200 spettatori hanno assistito al concerto “Sui sentieri dei Soldati del Grappa”, organizzato dal Comitato Celebrazioni Storiche di Bassano, con la collaborazione del Comune di Pove, che si è tenuto sabato 9 agosto a Casara Andreon (zona Campo Solagna). Nella suggestiva cornice storica fatta di trincee e postazioni recuperate dai volontari dell’“Associazione Musei all’aperto del Grappa – A.M.A. Grappa” e dagli alpini, i tre giovani, ma già titolati musicisti, Marta Marinelli, all’arpa, Tommaso Antonucci con sax e oboe e Giorgio Bellò al fagotto hanno intrattenuto gli ospiti per oltre due ore.. L’omaggio dei tre musicisti ai “Soldati del Grappa” ha avuto passaggi struggenti e di commozione. Durante il concerto sono stati letti due brani, uno tratto dal volumetto “Sott’ la naja” di Mario Mariani (combattente a M. Asolone) e una lettera al padre del diciottenne sottotenente Italo Roversi, poco dopo caduto a San Giovanni Colli Alti nel luglio 1918.

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Sul Ponte di Bassano

Cerimonia a Cima Grappa

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e celebrazioni del Centenario della Grande Guerra sono proprio iniziate; e lo testimonia la straordinaria partecipazione di tante autorità, associazioni e cittadini che quest’anno ha superato ogni precedente edizione. Sempre più numerose anche le delegazioni straniere, venute a rendere omaggio anche ai loro Caduti: austriaci, ungheresi, boemi, cechi, slovacchi, sloveni, croati e bosniaci. Il programma non è cambiato di molto, ma lo spirito sì, evidenziato negli eccellenti interventi delle autorità istituzionali e religiose nelle persone del sindaco di Paderno Giovanni Bertoni, dell’assessore regionale Elena Donazzan, del sottosegretario on. Domenico Rossi e infine del Patriarca di Venezia S.E. Mons. Francesco Moraglia. Ad accompagnare l’intera celebrazione il Coro Edelweiss ANA M. Grappa, la Filarmonica di Crespano e la Banda austriaca Burghermusikkappelle Mittersil. quali fare sempre riferimento, specie oggi che, al di là delle situazioni di contingenza economiche, c’è una disgregazione di valori etica e morale ancora più grave ed è da qui, dalla cima del Grappa che possono venire per tutti noi e per tutta Italia i segnali veri della rinascita”. Il Sottosegretario ha concluso rivolgendosi ai giovani presenti invitandoli a raccogliere i “messaggi che vengono da questo Sacrario, da questi nomi, da questi comportamenti, dagli inni che abbiamo sentito, perché sono la speranza e il futuro della ripresa del nostro Paese”. Anno dopo anno l’aspetto civile e quello religioso della cerimonia si fondono sempre di più, merito dell’organizzazione e della reciproca disponibilità da parte di chi, negli anni, aveva rivendicato qualche inutile precedenza; ma è pur vero che soldati e Madonnina del Grappa hanno combattuto fianco a fianco la stessa guerra in prima linea, rimanendo, tra l’altro, entrambi caduti sotto i colpi delle granate. E il Patriarca di Venezia, nella sua omelia, ha saputo ben alternare i sentimenti di culto alla Vergine, benedetta dal suo predecessore Sarto, con quelli del sacrificio dei nostri soldati, senza dimenticare coloro che si sono immolati sugli stessi luoghi trent’anni dopo. Monsignor Moraglia si è soffermato a lungo sulla figura di Papa Pio X e sul suo presagio a pochi mesi dalla morte: il “guerrone”, come lo aveva chiamato Sarto, che si sarebbe a breve scatenato e che avrebbe lasciato una pace ancor più fragile di prima. E di pace non si è stancato di parlare da quello che ha definito “splendido, unico, elevato luogo che abbraccia tutte le stupende Terre Venete e del Nord-Est e, per il suo significato storico, l’Italia e il Mondo intero”. L’edizione di quest’anno ha avuto uno speciale prologo con un concerto del Coro Edelweiss ANA M. Grappa, tenuto all’alba sulle gradinate del Sacrario e trasmesso in diretta, come l’intera cerimonia, dall’emittente televisiva Rete Veneta. Come gli anni precedenti, autorità, rappresentanze e cittadini si sono poi spostati presso il Sacrario austroungarico per l’altrettanto doveroso omaggio ai nostri fratelli Caduti d’Oltralpe.

Dopo gli onori alle Bandiere italiana e austriaca, ai Gonfaloni decorati, ai Sacrari italiano e austroungarico, al Monumento al Partigiano e alla tomba del generale Viola, presente come sempre la signora Palma, il Sindaco di Paderno ha portato il saluto del Comitato Organizzatore dando risalto ai sentimenti che ognuno dovrebbe portare a casa da questa celebrazione: pace, rispetto, condivisione e collaborazione. In assenza imprevista del presidente della Regione Zaia, ha preso la parola l’assessore Elena Donazzan; nel suo intervento ha ribadito il ruolo del Veneto nelle celebrazioni nazionali del Centenario come Regione nella quale, dopo la sconfitta di Caporetto, si è risolto il conflitto e si è fatta l’Italia. Non è mancato un cenno all’attuale situazione nazionale che sembra portare il Paese sull’orlo di una nuova Caporetto, ma la stessa volontà degli uomini della trincea può far risollevare ancora una volta la testa al popolo italiano. Ha concluso gli interventi il sottosegretario on. Rossi che, prima dell’orazione, ha detto: “oggi non vengo a dare ma a ricevere perché mi avete dato la certezza dei valori e di un’Italia vera e viva, nata dopo la Prima Guerra Mondiale che ci ha lasciato dei valori incredibili ai

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Sul Ponte di Bassano

Monte Fior - teatro di battaglia e di amicizia

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onte Fior con i suoi 1824 m.s.m. è la vetta più alta delle Melette di Foza. Dal 5 all’8 giugno del 1916 si combatté una furiosa battaglia che vide impegnati gli alpini dei Battaglioni Val Maira, Monte Argentera, Monviso del 2° Reggimento, il Morbegno del 5° e la Brigata Sassari con i Reggimenti 151° e 152°. Le posizioni italiane di M. Fior, M. Spil e M. Castelgomberto furono attaccate dall’11ª Brigata di fanteria imperiale formata dai Reggimenti 27° (Stiriano) e 2° BosnoErzegovinese, entrambi di stanza a Graz. L’artiglieria austroungarica poteva contare su centinaia di pezzi di ogni calibro, parte piazzati nella vicina valle di Campo Mulo tra i quali i temibilissimi obici da 305 mm, mentre quella italiana era rappresentata dalla 27ª Batteria da Montagna del Gruppo Oneglia, che aveva piazzato i suoi quattro pezzi in un raggio di vari chilometri. La battaglia fu epica e le gesta di coloro che la vissero vennero citate da scrittori di fama mondiale quali Emilio Lussu e Piero Robbiati. Le perdite consumatesi nello scontro furono pesantissime da ambo le parti, tanto che i reparti sia italiani che austro-ungarici che là combatterono vennero in seguito ritirati. Restò però il ricordo della lotta che si è tramandato di padre in figlio. La battaglia sia da parte austriaca che bosniaca viene ricordata da anni a Graz e a Sarajevo e solo da alcuni anni, grazie alla passione ed all’impegno dell’Associazione “Amici della Storia di Foza” e del suo dinamico presidente Filippo Menegatti, coadiuvato dalle associazioni d’Arma dell’Altopiano, anche da parte italiana si è riusciti a dare il giusto risalto all’evento. Il 7 giugno di quest’anno a Malga Slapeur, luogo in cui è stato edi-

ficato il monumento ai fanti bosniaci del 2° Reggimento, si è tenuta la cerimonia in ricordo della battaglia di novantotto anni fa molto partecipata sia da parte istituzionale che da parte civile. Erano presenti i Sindaci dei Comuni di Foza Ing. Mario Oro, di Gallio Emanuele Munari e di Torrebelvicino Emanuele Boscoscuro, i rappresentanti di Associazioni d’Arma quali l’Associazione nel Nastro Azzurro, dei Fanti della Federazione di Vicenza e 7 Comuni e Arma Aeronautica Nucleo 7 Comuni. La folta delegazione austriaca era guidata dal dott. Herwig Brandstetter e Colonnello Dieter Allesch entrambi della Croce nera di Graz, dal colonnello Wolfgang Wildberger Presidente Ass.ne Amicizia Austro-Bosniaca, dall’Arciduca Markus d’Asburgo-Lorena pronipote dell’Imperatore Francesco Giuseppe e dal suo successore Carlo. Forte anche la presenza bosniaca che annoverava tra gli altri Zukan Hellez, Ministro degli ex combattenti di Sarajevo e Jusut Losic Presidente Ass. ne Amicizia Austro-Bosniaca. La Brigata Sassari era rappresentata dal Generale Enrico Pino e dal luogotenente Antonio Pinna che ha svolto il ruolo di cerimoniere; gli Alpini erano presenti con il Colonnello Bonivento del Comando della Brigata Julia ed un picchetto del 5° Reggimento Alpini di Vipiteno comandato dal Maresciallo Balconi, oltre che dalle Sezioni ANA di Asiago, Treviso e Bassano del Grappa. La cerimonia molto suggestiva, con gli inni nazionali eseguiti dalla banda “Note in Allegria” di Dueville, ha visto i nemici di un tempo uniti nel ricordo di coloro che sono caduti sia per difendere che per conquistare l’importante vetta delle Melette e si è chiusa con una preghiera da parte di don Valentino, parroco di Foza e delle autorità religiose ortodosse e musulmane. La Sezione Monte Grappa era presente con un buon numero di alpini e gagliardetti, con il Vessillo sezionale portato dal consigliere Gabriele Peruzzo e con il consigliere Alessandro Ferraris responsabile del Gruppo Giovani, uno degli incaricati della deposizione corona al monumento dei caduti bosniaci. Trascorsi quasi cent’anni, gli stessi luoghi che videro tanta sofferenza, ora sono testimoni di profonda amicizia e fratellanza tra gli eredi di quelli che allora erano nemici. Italiani, austriaci e bosniaci, al termine della commemorazione ufficiale, si sono ritrovati per condividere e consumare le specialità dei rispettivi Paesi, con l’impegno di ritornare tra due anni a Malga Slapeur per il centenario della battaglia. Alfeo Guadagnin

Volontari in Argentina

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nostri volontari volano in Argentina e precisamente a Cordoba su richiesta della Missione scalabriniana che segue gran parte della popolazione immigrata italiana. La Missione aveva bisogno di alcuni lavori di manutenzione agli impianti elettrico e idraulico della chiesa e ha trovato subito la risposta in un gruppo di volontari formato da alpini delle Sezioni M. Grappa e di Vicenza: Urbano Cervellin (promotore dell’iniziativa), Romeo e Maurizio Cervellin, Raffaello Geremia, Flavio Battagello, Pietro Bordignon e signora Maria, Ugo Bortolomiol e Ivano Bordignon (Sezione Carabinieri di Rosà). I quindici giorni di permanenza sono stati appena sufficienti allo svolgimento dei lavori. Rimane comunque la soddisfazione di aver lasciato anche qui un segno di generosità quasi tutta alpina.

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Sul Ponte di Bassano

LA GRANDE GUERRA La difesa in Valbrenta del 1917 di Fidenzio Grego Dal novembre 1917 al 24 ottobre 1918 Cismon, ultimo baluardo della provincia di Vicenza ai confini con Trento e Belluno, fu il fronte più avanzato e base logistica dell’esercito austrungarico per le molteplici operazioni belliche che si svolsero nel massiccio del Grappa. Sui bollettini di guerra e sulle mappe militari vennero citate le località Vanini, a nord del paese, e lo sbarramento di San Marino a sud. L’estensione del territorio montano del comune comprendeva la Val Cesilla, la Val Goccia, Col dei Prai, Col Bonato, Magnola e il Monte Asolone, il Berretta, parte del Pertica. Su queste montagne, nella prima fase della battaglia d’arresto (novembre - dicembre 1917) ed in seguito la battaglia del Solstizio (luglio - agosto 1918), si verificarono cruenti scontri fra i due eserciti che cambiarono completamente l’orografia dell’area. A differenza degli altri Paesi della Valle del Brenta (Valstagna, San Nazario, Solagna ), i quali si trovarono nelle immediate vicinanze della prima linea, Cismon, Primolano ed Enego furono paesi occupati. Molti

Postazioni italiane a difesa della Valle del Brenta.

osservatori si chiesero: perché avvenne tutto questo? Per una maggior comprensione è necessario seguire gli avvenimenti che segnarono per sempre il destino dei Paesi del Medio Canale del Brenta iniziando dal 24 ottobre del 1917, giorno della disfatta di Caporetto. Dopo 11 sanguinose battaglie (denominate dell’Isonzo) entrambi gli eserciti contendenti italiano e austro-ungarico non ottennero risultati significativi sul piano militare, annullandosi a vicenda in una snervante guerra di posizione, incapaci di trovare una via di uscita per la vittoria finale. Venezia rappresentò un “miraggio” per le milizie imperiali mentre per quelle italiane la presenza del nemico venne considerata come una spina nel fianco nel settore carsico. Una eventuale offensiva italiana condotta con attacchi in profondità sull’ Altopiano della Bainsizza, che circonda la città di Gorizia, poteva mettere in seria apprensione i Comandi austroungarici. Per non venire definitivamente sopraffatti, a causa della mancanza di mezzi ma soprattutto di uomini, chiesero ed


Sul Ponte di Bassano ottennero l’aiuto del loro alleato: la Germania. In tre giorni, dal 24 al 27 ottobre nel corso di quella che venne chiamata la 12° battaglia dell'Isonzo, le truppe austroungariche - germaniche attaccarono, travolsero e conquistarono definitivamente le varie e forti difese italiane, dislocate sulle roccaforti del Rombon, Kukla, Kolovart, M.te Nero, e Canin. La strada verso il basso Friuli, le Valli del Natisone e del Tagliamento fino ad Udine era spianata. La forte spinta della 14° Armata, appositamente costituita per questa operazione, per nostra fortuna fu condizionata da profondi conflitti di competenze sulle scelte e sui modi di proseguire nell’avanzata. Un piano già stabilito trovò unanime consenso per raggiungere Longarone, Belluno e di seguito Feltre nel più breve tempo possibile per chiudere in una sacca la IV Armata italiana posizionata nel Cadore. Queste azioni dovevano permettere alla 18° Divisione di Fanteria di poter avanzare da Trento senza incontrare ostacoli e la 9° Brigata da montagna di spingersi oltre la catena dei Lagorai dove venne sempre respinta dagli alpini dopo mesi di vani assalti. Per compiere questa impresa vennero formate due colonne le quali iniziarono la loro azione il 7 novembre. La prima fu composta dal battaglione da montagna Württemberg dell’emergente tenente Erwin Rommel e dalla XLII brigata Schützen del gen. von Merten che seguì la direttrice Chievolis - Forcella Clautana - Cimolais. La seconda colonna, formata dalla Brigata Kaiserschutzen comandata dal col. brig. Von Slonika, si trasferì sulla stessa zona arrivando attraverso Maniago- Andreis - Pian Cavallo - Fara d’Alpago e Ponte nelle Alpi. Il Comandante della IV Armata gen. Nicolis di Robilant tergiversò pericolosamente di fronte ai pressanti ordini di ripiegamento, sollecitati dai continui fonogrammi inviati dal gen. Cadorna nella convinzione di poter resistere sulle vette cadorine e trentine. Per non incorrere in un fatale e disastroso aggiramento, il 6 novembre ordinò la smobilitazione per la ritirata. I Battaglioni Alpini Feltre, Val Cismon e Val Brenta abbandonarono a malincuore, sui Lagorai e su Monte Cauriol, tutte le posizioni tenacemente difese per andare a rinforzare le prime linee difensive del Grappa. Per la prima volta i reparti alpini di questi battaglioni combatterono per la difesa dei Paesi natii e delle proprie abitazioni. “Di qui non si passa” fu il loro pronunciamento che divenne, nel corso del conflitto, l’affermazione che rafforzò l’autostima per non cedere di fronte al nemico numericamente superiore. Il 10 novembre il gen. Tettoni, Comandante del XVIII° Corpo d’Armata, trasferì il comando di divisione da Arsiè a

La Galleria del Termine occupata dagli Austrungarici.

Cismon, incaricando il col. Abele Piva di proteggere, fino all’ultimo soldato disponibile, la ritirata generale. Gli affidò, in modo da renderli inservibili al nemico, la distruzione (come in realtà avvenne nei giorni 12-13 novembre) di tutte le fortificazioni militari: Cima Lan, Cima Campo, Covolo di S. Antonio, Tagliata della Scala di Primolano e Forte Tombion di Cismon. Immaginiamo la grande confusione che regnò in quei giorni sulle strade che dal feltrino scendevano lungo la Valsugana e nella Vallata del Brenta. Migliaia furono i soldati sbandati che persero i collegamenti con i rispettivi reparti. Militari della IV Armata in movimento di ripiegamento, salmerie per il trasporto di viveri e di munizioni che per la loro indeterminazione intralciavano i pezzi di artiglieria che avevano la priorità di passaggio per essere pronti alla difesa. Questa fuga precipitosa attraverso strade impervie e sterrate procurò enormi difficoltà di spostamento alle popolazioni civili costrette ad abbandonare le proprie abitazioni. Fu una guerra contro il tempo con il nemico che ogni giorno si avvicinava pericolosamente. Già dal 5 novembre il Comando italiano comunicò alle amministrazioni comunali di Feltre e della Valle del Brenta un eventuale piano di evacuazione. L’avanzata repentina dell’esercito austro-ungarico colse tutti di sorpresa e per la maggior parte della popolazione fu impossibile allontanarsi dalle loro località. I giorni 12-13 novembre avanguardie di unità nemiche occuparono Feltre, Seren e Fonzaso. La sede del comando di Divisione e del posto tappa vennero dislocati a Cismon dove si concentrarono tutti i belligeranti che ripiegavano dalle creste dei Lagorai, dalla Valsugana, dalla Valle del Vanoi e dalla Val Cismon per essere inviati poi a Bassano e inquadrati in nuove unità. Il 13-14 novembre i Genieri distrussero prima il ponte che collegava Primolano con Enego, di seguito quello stradale e quello ferroviario che attraversavano il torrente Cismon dell’omonimo Paese. I destini di queste tre località furono tristemente segnati; già dal 6 - 7 novembre rimasero isolate e abbandonate con le popolazioni costrette ad andare profughe in Sicilia per non dover convivere con il nemico. Le principali vie di comunicazioni: la strada statale 47, la linea ferroviaria Venezia - Bassano -Trento furono efficienti solo fino a Carpanè - Valstagna. Questa stazione fu il capolinea delle tradotte che trasportavano i battaglioni di fanti e bersaglieri che andavano a rinforzare e difendere le postazioni del Cornon, Sasso Rosso e S. Francesco; inoltre venne adibita come base di rifornimento di viveri e munizioni della 52° Divisione dislocata a difesa della Valle del Brenta. Tra le alte sfere dei comandi imperiali ci furono delle divergenze sul modo di condurre l’avanzata: o attraverso le valli del Brenta e del Piave, come indicato dal gen Krauss, o attraverso i monti come prospettato dagli ufficiali subalterni. Questa ultima teoria fu contrastata tenacemente dal Comandante del 1° Corpo d'Armata il quale riteneva, in virtù delle sue esperienze di guerra, che l'avanzamento di forze considerevoli nel settore interno del Massiccio del Grappa incontrasse serie difficoltà, soprattutto per lo spostamento dell'artiglieria di medio e grosso calibro. Inoltre i rifornimenti di viveri e di munizioni erano resi difficoltosi dalla situazione delle vie di comunicazione. La strada che saliva a Cima Grappa dal versante di Seren era poco più che un sentiero. Solo con l'aiuto della popolazione locale e di prigionieri russi venne riadattata alle esigenze di trasporto di materiali in quota. Ben presto questa via di accesso fu abbandonata perché facile bersaglio da parte dell'artiglieria italiana. Un altro nemico da sconfiggere fu l'inverno che, dall'inizio di novembre, mostrò tutta


Sul Ponte di Bassano la sua durezza. Questi inconvenienti causarono una perdita di tempo prezioso che permisero ai comandi della IV Armata italiana di organizzare, consolidare e potenziare le rimanenti difese esistenti e predisporre una difesa elastica sui primi contrafforti montuosi del Grappa (Roncon, Tomatico, Prassolan, Peurna, Col di Baio). La sera del 13 novembre, ad Arten, i Magg. Gen. Wieden e Muller, di “comune accordo”, stabilirono che il M.te Grappa rappresentava la porta da scardinare per poter arrivare al “miraggio” dell'agognata pianura. Il gen Krauss predispose un'azione offensiva dividendo il Corpo d'Armata in due gruppi. Le azioni principali si svolsero nello stesso tempo lungo le Valli del Piave e del Brenta e sulle creste montuose, disperdendo in questo modo risorse ed energie di interi reparti su tutto il fronte d’attacco. Al gen. Von Wieden affidò il comando del primo gruppo costituito dalla divisione Edelweiss e dalla XLIII Brigata Schutzen con l’intento di raggiungere Bassano attraverso la valle del Brenta. A Cismon, una colonna proseguì attraverso gli impervi sentieri della Gusella e Val Goccia verso il Col dei Prai, La prima linea di difesa alla Galleria del Termine. Col Bonato, M.te Asolone, Magnola e Col della Berretta. Una volta intrapresa questa tattica di combattimento in quoL’avamposto di Col Bonato venne definitivamente abbandonato dalle ta, non si poteva ripiegare perché gli obbiettivi erano le artiglierie truppe italiane il 21 novembre a causa delle difficoltà di mantenere italiane dislocate sulla parte contrapposta del M.te Asolone che colpiuna linea avanzata esposta al fuoco delle artiglierie austriache. Nesvano in modo sistematico, con il tiro a lunga gittata, tutti i rifornimensun Comando italiano pensò di avvertire dell’avvenuto sgombero gli ti delle divisioni che arrivavano a Primolano, termine della tratta ferroufficiali che con le loro Compagnie difendevano a Cismon la galleria viaria trentina. Con l'occupazione dell’ Asolone, il 18 dicembre 1917 del Termine. In questo modo tutto il settore montano fu completamenad opera del 7° Reggimento di fanteria carinziano, la situazione in te senza alcuna difesa. I Comandi austriaci colsero al volo questa quota divenne potenzialmente sicura e lo scopo di salvaguardare l’ininattesa opportunità che si concretizzò a loro favore. Il giorno 23 nocolumità dell’abitato di Primolano fu raggiunto a discapito del sacrivembre mandarono all’assalto il 14° Regg. Hessen di Linz. l pochi trinficio di tante vite umane. Le migliori milizie si dissanguarono in questa ceroni italiani, posti a difesa del tunnel ferroviario, occupati dagli almomentanea conquista. Il 15 novembre i reparti della 59° fanteria pini dei battaglioni Vestone (53a compagnia) e del M.te Spluga (136a) (Rainer di Salisburgo) occuparono l'abitato di Cismon ed un'ulteriore e della località Pieretti (destra Brenta dopo l’abitato di Collicello), reavanzata lungo il fiume Brenta venne ostacolata da un insistente tiro sistettero ai primi assalti, portati da forze consistenti. Il ten. Nickl con di artiglieria da San Marino e dal M.te Asolone. Il 16 novembre truppe audacia e coraggio riuscì con soli 18 uomini ad eludere, nel corso d'assalto della 14° fanteria e del 3° kaiserjager (CCXVII Brigata) tendell’assalto alla galleria, i difensori italiani. Attraverso due valli latetarono di portarsi fino all'abitato di Collicello, oltre al quale fu imposrali raggiunse il lato sud della galleria e, dopo un breve conflitto, cosibile proseguire per il fuoco di sbarramento delle sezioni mitragliatristrinse alla resa 12 ufficiali e 456 uomini del Battaglione Spluga, ci italiane S. Etienne posizionate nella galleria del Termine (ora rendendo inservibili 1 pezzo da 37mm e 15 bombarde da trincea. Fu località della Lupa). Negli stessi giorni, il tentativo intrapreso dalla l’ultimo combattimento di una certa consistenza che si verificò nella 13° Compagnia alle prime luci dell'alba di avanzare oltre Cismon fallì; Valle nel corso del 1917. La località Grottella, a sud dell’abitato di San il I° Battaglione del 59° Fanteria che la seguì fu investito già al marMarino, segnò la linea di confine, formando una cerniera tra il Grappa gine meridionale del Paese dal fuoco di artiglieria proveniente nuovae l’Altopiano di Asiago oltre la quale le truppe austro- ungariche non mente dal M.te Asolone e da San Marino. Il gen. von Wieden si convinse riuscirono mai a passare. Il gen. Krauss, finalmente convinto che un’ che solo con l'apporto dell'artiglieria fosse possibile ottenere in fondo ulteriore avanzata in Val Brenta avrebbe comportato serie difficoltà sia valle un risultato definitivo. I pezzi di artiglieria non poterono appogdi movimento che di rifornimento, aumentò la pressione sia di fuoco giare le fanterie nel corso dei primi attacchi perché bloccati nella che di combattimento nella Valle del Piave, Monte Fontanasecca, Queparte nord del Paese per l’interruzione dei ponti. Queste azioni non ro, Cornella, Pallon, Spinoncia per la conquista definitiva del Grappa. ebbero le caratteristiche di una manovra offensiva ma rappresentaroAl rientro dalla prigionia il ten. D’Adda (che comanderà il Battano solo la volontà di “assaggiare “ la consistenza dell'ultima resistenglione Monte Cervino nella Campagna di Russia) venne interrogato za italiana nel fondovalle, un passaggio obbligato difficilmente supeda una speciale commissione d’inchiesta, con lo scopo di verificare le rabile se non a prezzo di molte perdite umane. I comandanti di dinamiche che portarono alla perdita di questo importante caposaldo. divisione fecero notare al gen. Krauss le loro perplessità nel modo di Questa riportata è la sua deposizione originale. condurre queste azioni. Fedele alle sue convinzioni, il Comandante del Relazione del tenente Mario D’Adda - 5° Alpini- Battaglione Vesto1°Corpo d’Armata le giudicò come un pregiudizio, inasprendo oltremone - 54° Compagnia - 2°Sezione Mitragliatrici, catturato nell’ultimo do i rapporti già tesi con i subalterni. Il 16 novembre reparti del 59° attacco austriaco del 23 novembre 1917 allo sbarramento di San MaFanteria (Divisione Edelweiss) raggiunsero Col dei Prai e Val Sorda rino (Valsugana fra Cismon e Valstagna). (sud Col Bonato) e il giorno successivo occuparono la località Magnola. “Trovavansi nella trincea allo sbarramento valle la 53° Compagnia


Sul Ponte di Bassano Alpina (3 battaglioni), la 91a Compagnia mitragliatrici S.Etienne e le sezioni del Battaglione (2M e 2P). La linea era comandata dal cap. Rèan. Comandava la 53a compagnia il cap. Slaviero e la 91a mitragliatrici il cap. Calvi. Io comandavo la 2a Sezioni mitragliatrici della 54a Compagnia. Mi trovavo in linea dalla notte del 16-17 c.m. ero appostato con 24 uomini sulla strada carrozzabile della Valsugana, al riparo di pochi sacchetti a terra senza opere in scavo. Il 21 novembre, gli austriaci, preceduti da violento e rapido tiro di artiglieria, ci attaccarono e propriamente, senza il mio appostamento, furono respinti con molte perdite. Verso le 9 del mattino una sezione mitragliatrici e circa 60 nemici riuscirono a penetrare in trincea nella estrema sinistra alla destra del Brenta (il sottoscritto si trovava alla sinistra del fiume). Nel pomeriggio furono contrattaccati e fu ripresa la trincea dalla 234a Compagnia Alpini del Battaglione Valtellina catturando una trentina di austriaci e tre mitraglie. Io ebbi un morto e cinque feriti. Una granata da 75mm mise fuori uso la mia arma di sinistra. Il giorno 22 novembre il nemico non impiegò le fanterie ma ci tenne per tutto il giorno sotto tiro insistente e preciso di mitragliatrici e di artiglieria tanto da impedire qualunque movimento in trincea. Con la seconda linea vi era solo collegamento telefonico non avendo camminamento e dovendo percorrere un tratto di circa 200 m. allo scoperto lungo la linea ferroviaria attivamente battuta da mitragliatrice. Nella notte dal 22 al 23 si udì movimento di pattuglie nemiche tanto da destare il nostro allarme. Prima dell'alba verso le 6.45 il nemico con una cannonata fece spegnere il nostro proiettore-automobile che si ritirò lasciandoci all’oscuro. Il nemico iniziò subito dopo un violento e rapido tiro a granata e shrapnel sia in trincea che nel tratto tra la nostra e la 2a linea. Dopo una ventina di minuti dall'inizio del combattimento distinsi chiaramente un razzo bianco partire dai reticolati nostri sulla mia sinistra, davanti al tratto di trincea tenuto dai sottotenenti Pagani e Cesa (33a Compagnia) e dell'Aspirante Ziliani (53a Compagnia, unico ufficiale che sfuggì alla cattura). Solo allora cominciò nella mia sinistra il fuoco poco intenso di fucileria e di mitragliatrice. Io ordinai il fuoco sin dal momento che incominciò il bombardamento. Arditi nemici si spinsero fin sotto la mia trincea difesa da reticolato ridicolo; furono respinti a bombe a mano. Anche il nemico iniziò poco

Cismon distrutto alla fine della Guerra.

dopo il lancio di bombe, mentre l'artiglieria allungava il tiro (durante il combattimento non intesi tiro di nostra artiglieria). Il mio tratto di linea essendo sulla strada carrozzabile non era in scavo, lasciava scoperte le nostre spalle favorendo così l’azione dell’artiglieria e delle bombe a mano. Prima che sorgesse il giorno, dopo circa trenta minuti dall’inizio dell’attacco, fui ferito da shrapnel alla gamba destra e caddi a terra. Chiesi del sergente per cedergli il comando ma era già stato ferito da bombe a mano, così pure i due caporali furono feriti gravemente da granata sulla mia trincea. Rimasero quattro o cinque uomini che lanciavano bombe, mantenendo un contegno coraggioso e calmo (gli altri feriti quasi contemporaneamente a me li trovai al posto di medicazione). Aiutato da un soldato mi trascinai al posto di medicazione situato in un tunnel della ferrovia a 10 metri dalla trincea. Prima di entrarvi un ardito nemico che era già entrato nella nostra posizione mi corse addosso, lo fermai un momento gridandogli in tedesco cosa volesse e riuscii a farlo cadere con due colpi di pistola in faccia; fu il solo che vidi. In galleria fui medicato da un portaferiti essendo il dottore Franceschini Marino del mio battaglione occupato a medicare i molti feriti. Fuori (dalla galleria n.d.a.) continuava il combattimento. Seppi da un ferito che alla sinistra gli austriaci erano in trincea, ma si opponeva loro una forte resistenza. Venti minuti dopo entrò un sergente ferito gridando che gli austriaci erano nella galleria. Il capitano Rean e Slaviero radunavano gli uomini validi per organizzare un'ultima resistenza sotto i roccioni sulla destra. Gli austriaci per fare arrestare chi era in galleria cominciarono a lanciare dentro bombe a mano uccidendo parecchi feriti. Uscì il dottore con uno zaino di sanità, mostrando la croce rossa. Ci fecero subito sgomberare. Verso Cismon, fui portato a spalle da un nostro soldato. In paese, un gentilissimo tenente medico austriaco mi medicò. Mi disse che avrebbe procurato una barella, chiedendomi se desideravo stare lì essendo la ferita molto dolorosa. Chiesi di essere portato in qualche letto o paglia. Mi fece caricare su di una barella e per la strada carrozzabile battuta dalle nostre artiglierie mi portarono oltre Cismon. I due portaferiti austriaci mi fecero cadere molte volte di barella. Quando sentivano l'arrivo dei nostri proiettili mi lasciavano nel mezzo della strada e si nascondevano. Fui poi messo in un carretto con un ferito austriaco e trasportato a Primolano. La sera stessa del 23 mi hanno medicato e ingessato la gamba. Con moltissimi feriti austro-tedeschi del Grappa e di Monte CastelGomberto venni caricato su un treno e trasportato a Pergine dove rimasi il pomeriggio del 24. Il 25 novembre con un treno ospedale giunsi a Innsbruk dove venivo ricoverato in ospedale adibito solo per prigionieri. Il 30 novembre mattina in treno ospedale arrivai a Mauthausen dove rimasi all'Ospedale III° B fino al giorno del rimpatrio. Non fui perquisito, ma mi sequestrarono i documenti. Fui dagli ufficiali nemici trattato con deferenza. In treno ospedale, parlando con ufficiale austriaco, seppi che nell'attacco del 21 novembre contro la nostra linea allo sbarramento di San Marino ebbero distrutte ben 2 compagnie (senza i feriti) e persero tre mitragliatrici. Seppi pure che tenevano per battere il nostro tratto di trincea ben 2 mortai da 305 che infatti si fecero sentire fin dal 20 novembre. Un colpo da 305 sfondò la galleria dove erano due pezzi da montagna. Ottenni il rimpatrio in base alla seguente diagnosi: atrofia del ginocchio in seguito a ferita dovuta a palletta di sdrapnel nella tibia senza fuoriuscita”.


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Pellegrinaggio al Tomba

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ol favore del tempo, che una volta tanto si è rivelato clemente, per la 54^ volta si è tenuto un significativo incontro sul monte Tomba, divenuto ormai luogo della memoria. Loris Ceccato, riconfermato capogruppo degli Alpini di Cavaso, ha ben puntualizzato, nelle sue parole di saluto alle delegazioni straniere presenti, la “svolta” che si ebbe nel 1980. Precorrendo i tempi, quando ancora regnava la guerra fredda, il Gruppo Alpini di allora volle fare un’apertura a tutti i Paesi che sul Tomba si erano accanitamente combattuti. Il presidente sezionale Giuseppe Rugolo ha tenuto a ribadire in prima persona questa novità: “ Ci siamo conosciuti, studiati e nel giusto modo stimati. Il Tomba è ora uno dei tanti luoghi della memoria, dove ogni pietra, ogni albero ha un suo messaggio ed un suo ricordo. La storia va scritta giorno per giorno. Abbiamo imparato che la trincea era abitata, di qua e di là, da uomini veri, forti, che volevano bene al loro Paese. La speranza e l’auspicio è che quanto viene fatto oggi vada a beneficio delle giovani e future generazioni. Amo pensare che almeno per un giorno ci sentiamo tutti un unico popolo, almeno per un giorno siamo tutti europei veri”. Alla cerimonia erano presenti Angelo Pandolfo - vicepresidente nazionale ANA - che ha portato il saluto del C.D.N. , Giovanni Natale - presidente della sezione Abruzzi, che ospiterà la prossima adunata di L’Aquila - e numerose delegazioni straniere. In particolare c’erano i riservisti tedeschi di Dingolfing e Landshut, una rappresentanza del 59° reggimento Rainer di Salisburgo, gli

Schutzen del Tirolo austriaco, gli ussari ungheresi di Kiskunmajsa e tanti, tanti amici conosciuti alle adunate di Latina e Piacenza. La santa messa è stata celebrata da don Giuseppe Francescon dei Padri Cavanis e l’intera cerimonia è stata accompagnata, come sempre, dalla Banda di Pederobba e dal Coro Valcavasia. Ottimo anche quest’anno il servizio delle cucine, coadiuvate dagli alpini di Casella d’Asolo ai quali è andato il ringraziamento degli amici di Cavaso. Gianni Idrio

Premio Uti Fabris 2014

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abato 13 settembre, presso la sede sezionale, si è svolta l’assegnazione del 18° “Premio Uti Fabris”, organizzato dai Gruppi Alpini e Donatori di Sangue “Generale Giardino” e patrocinato dalla Sezione. Erano presenti il presidente Rugolo, il vicesindaco di Bassano Campagnolo, il presidente della commissione Gambaretto, il presidente dei Donatori di Sangue Zen e il vicedirettore Marinello della sede di Bassano della Banca Popolare Vicentina, sponsor dell'iniziativa. Quest’anno si è avuto un ex aequo per cinque candidati con una valutazione di 100/100, premiati con un assegno di 300 e e sono: Amabilia Cesare del Liceo Classico “Brocchi”, figlio dell’alpino e donatore Antonio del Gruppo di Cusinati, Ganassin Giulia dell’Ist. Tec. per Geometri “Einaudi”, di Domenico, alpino e donatore del Gruppo di Rossano, Guazzo Alessandro dell’ITIS “Fermi”, figlio di Cesare del Gruppo di Campese, Manera Daniela del Liceo Scientifico “Da Ponte”, figlia della donatrice Todesco Cristina del Gruppo di Valrovina e Trento Laura del Liceo Scientifico “Da Ponte”, figlia di Paolo del Gruppo di Rossano.

Serietà, impegno e dedizione allo studio per una gioventù diversa da quella che spesso ci propone la nostra cronaca! Alfeo Guadagnin

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Sei giorni con gli alpini

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i è svolta anche quest’anno la “6 gg di servizio civile con gli alpini” edizione 2014 (la quinta) dal 28 luglio al 03 agosto per 32 ragazzi e ragazze del nostro territorio, organizzata dalla Sezione ANA Monte Grappa con l’assessorato alle politiche giovanili e alla PC del Comune di Bassano del Grappa. È stata, come ogni anno, una bella ed impegnativa esperienza, sia per i ragazzi che per tutti i volontari - circa 82 -. Anche quest’anno un successo grazie alle associazioni e Istituzioni che hanno collaborato: dai VVF di Vicenza, distaccamento di Bassano, ai medici ed infermieri dell’ospedale San Bassiano, al CAI, alle unità cinofile da soccorso dell’ANC, agli specialisti radio dell’ANC, al Gruppi Alpini di Sant’Eusebio, Romano, Borso, Santa Croce e Casoni e alla Autodemolizione Bresolin che come sempre ha messo a disposizione maglietta e Kw per i ragazzi e per tutti i volontari. Illustri gli ospiti che hanno accompagnato questa settimana e che hanno voluto portare il loro saluto: dal primo giorno con il nostro presidente nazionale Favero, con l’ass.re regionale Donazzan, con l’ass.re alla PC Campagnolo del Comune di Bassano, con il segretario del 3° Rgpt Vignaga. Durante la settimana sono inoltre intervenuti il coordinatore nazionale PC ANA Bonaldi, il coordinatore del 3° Rgpt D’Inca e l’ing. Roberto Tonellato dirigente regionale Veneto. Il programma ha seguito in linea generale la collaudata scaletta degli anni precedenti, con attività in aula e all’esterno, con prove e simulazioni di primo soccorso, di antincendio, di roccia, di trasmissioni radio e ricerca persone con l’aiuto dei cani, con la PC

nel montaggio delle tende e l’utilizzo delle motopompe e di storia sul Monte Grappa. Purtroppo quest’anno la pioggia ha “colpito” anche la programmazione con la modifica parziale del programma e qualche disagio per gli organizzatori, ma soprattutto perché ha letteralmente “bagnato” alpini, ragazzi e familiari nel pomeriggio conclusivo di domenica 3 agosto a Camol dove si concludeva in amicizia la settimana. Un “diluvio” in piena regola ha allagato il campo, con un fuggi fuggi generale. Meno male che l’esperienza della notte in tenda, per i ragazzi che hanno pernottato sotto il capannone degli alpini di Borso a Campo Croce, non è stata molto alterata dal rovescio delle quattro del mattino; le ragazze, più fortunate, sono invece state ospitate nella accogliente casa alpina del presidentissimo Busnardo. La programmazione della domenica, che prevedeva la partecipazione alla cerimonia di Cima Grappa, ha costretto tutti alla sveglia alle 5.30 e partenza alle 6.30, a piedi da Campo Croce per Cima Grappa, su per la “Legnarola”. Molti hanno dimostrato impegno e spirito di adattamento, sia per le variazioni del programma, sia per qualche giornata impegnativa, e lo hanno fatto stringendo i denti a dimostrazione di una forte volontà e determinazione. Si spera che la sei giorni sia stato un momento di preparazione per il nuovo anno scolastico o per l’attività lavorativa, oppure un augurio per chi invece è in attesa di una occupazione. Fabrizio Busnardo

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Cori alpini generoso preludio dell’adunata

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’annuale rassegna di cori alpini, che quest’anno ha celebrato la sua 24a edizione, ha ripetuto il suo successo di pubblico non solo in sala ma anche a casa, grazie alle telecamere di Rete Veneta che hanno ripreso e trasmesso in diretta l’intero concerto dal teatro Remondini di Bassano comunque esaurito in tutti i suoi posti. Gli ospiti del Coro Edelweiss ANA M. Grappa di quest’anno erano il Coro Voci del Pasubio di Isola Vicentina e il Coro S. Ilario di Rovereto. I brani erano accompagnati da immagini magistralmente scelte dal responsabile tecnico dell’emittente Fabio Verin che spaziavano da filmati di guerra a stupendi paesaggi montani, tutti perfettamente intonati ai motivi. E non meno professionale la conduttrice Monica Smiderle, sempre del “Team Rete Veneta” che ha coordinato esibizioni e interventi. Ma quello che ha dato più valore alla serata è stata la destinazione di un’offerta che il pubblico ha generosamente messo a disposizione di due famiglie in crisi economica, aderendo all’iniziativa “Veneti schiacciati dalla crisi” che da anni, sempre grazie all’emittente televisiva, viene in aiuto di famiglie e cittadini bisognosi. Nel corso della serata sono intervenuti il presidente della Sezione ANA M. Grappa Giuseppe Rugolo, per il saluto degli alpini bassanesi, e la signora

Mirella Tuzzato, protagonista della nobile iniziativa, che ha ricevuto dalle mani del presidente del coro Gianni Gottardi l’importante somma da devolvere alle due famiglie in difficoltà. Flavio Gollin

Il Giro d’Italia e gli alpini

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uando ce n’è bisogno, gli alpini non si tirano indietro, anzi rispondono “presente”! Anche questa volta oltre ottanta tra alpini e aggregati della “M. Grappa”, senza contare coloro che hanno collaborato direttamente con le amministrazioni comunali, hanno dato il loro contributo al buon andamento della grande manifestazione ciclistica nazionale che comprendeva la cronoscalata di Cima Grappa. Dato che la nostra Sezione copre un territorio nelle due provincie di Vicenza e Treviso la richiesta è pervenuta da ambedue le amministrazioni e ciò ha provocato non poco disagio tra i volontari che si sono trovati in situazioni organizzative e logistiche diverse e qualche volta contrastanti. La Sezione ha dovuto quindi predisporre due distinte squadre con due diversi coordinatori, uno che seguiva la zona trevigiana e uno quella vicentina in collaborazione con due ancor più distinti uffici

tecnici comunali. Risultato che, in mancanza di copertura assicurativa per tanti nostri volontari e di sostentamento alimentare per altro personale di servizio, è dovuta intervenire la Sezione. Due le sedi operative: una presso i VVF di Bassano coordinata da Alberto Grego con Giampaolo Lago e Vincenzo Alban e una a Semonzo coordinata da Diego Geremia con Marino Lago e Giovanni Alban. Le due unità e i volontari in campo comunicavano grazie al ponte radio posto in opera dai fratelli Lago. Cima Grappa era naturalmente affollatissima ma priva di volontari per disposizione dell’organizzazione in quanto “c’era già l’Esercito”. Già l’Esercito, gli alpini comandati a disporsi lungo l’ultimo tratto davanti alle transenne, forse a reggerle da chissà quale urto, mentre poche centinaia di metri più giù altri tifosi si “buttavano” letteralmente in strada ostacolando i bravi ciclisti nella loro estenuante fatica. Purtroppo alcuni tifosi avevano già perso il “senno” con un comportamento scorretto e “fuori dalle righe”. Comunque gli alpini erano presenti, anche chi, per chissà per quale recondito pericolo, è stato dislocato a presidiare una solitaria transenna in un posto isolato e abbandonato dall’uomo. Meno presente invece quella “Regia Generale” che doveva coordinare le forze in campo lasciando ai responsabili comunali tutte le decisioni. Tutto è bene quel che finisce bene ma, rivedendo le immagini della scalata allo Zoncolan del giorno dopo, dove i colleghi friulani più numerosi dei nostri si tenevano a braccetto con gli alpini in armi per creare una efficace transenna umana, torna in mente quel tifoso “esaltato” che a Cima Grappa, in zona non presidiata, spintonava un corridore che rischiava di cadere perdendo secondi preziosi. Nonostante quindi alcune carenze organizzative “agli alti livelli”, con il buon senso di tanti il ciclismo e lo sport, con tutti i loro valori di umanità, hanno alla fine vinto ancora una volta. La maglia rosa Quintana transita dalla chiesetta Pio X di Campo Croce, sotto la Bandiera il Fabrizio Busnardo cippo a Bortolo Busnardo.

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Incontro Donatori a Cima Grappa

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omenica 6 luglio i Donatori si sono ritrovati a Cima Grappa per il loro annuale raduno. Come sempre l’appuntamento ha visto una grande partecipazione che sicuramente non si scosta nei numeri dalla cerimonia di agosto. Dopo la sfilata che ha portato i partecipanti sui gradoni del Sacrario, sono stati resi gli onori al Tricolore e ai Caduti in una coreografia perfetta. I Vessilli della Sezione Monte Grappa e quello del Reparto Donatori di Sangue, accompagnati rispettivamente dal presidente Giuseppe Rugolo e dal neo presidente Lamberto Zen, erano circondati da oltre duecento tra vessilli e gagliardetti, mentre nel piazzale antistante erano sistemati una quarantina di striscioni di altrettanti Gruppi con i loro slogan dedicati alla donazione. Tra gli ospiti 25 sindaci dei Comuni del comprensorio del massiccio. Prima della santa messa, concelebrata dal Vescovo di Chioggia mons. Adriano, da don Brunetto da Siena e dal neo sacerdote di Pove don Zanchetta, è stato benedetto il nuovo Vessillo dell’AIDO del Gruppo di Romano d’Ezzelino che, con i suoi 2300 donatori, vanta il primato italiano e il secondo posto a livello europeo. La celebrazione era accompagnata dal Coro Giovani Insieme di Rossano. Molto seguita l’omelia del celebrante che ha definito donatori e alpini persone umili e allo stesso tempo forti, miti e coraggiose. Ha elogiato poi il dono di una parte di se stessi paragonandolo al sacri-

ficio dei nostri soldati che cento anni fa hanno donato tutto se stessi e ha concluso con un pensiero a chi sta percorrendo la nuova via della pace che unisce nella nuova Europa coloro che un tempo hanno percorso la via della violenza e della morte. Alla fine della funzione sono intervenuti i presidenti Zen e Rugolo: un altro doppio elogio al grande valore della donazione nel ricordo dei caduti dell’una e dell’altra parte, “perché - ha aggiunto in particolare Rugolo - il sangue che ha bagnato il suolo sacro che stiamo calpestando era dello stesso colore e tutti coloro che hanno perso la vita, al di qua o al di là della trincea, avevano un mamma”. Il presidente, orgoglioso della Sezione unica in Italia ad avere un Reparto Donatori, ha ricordato che ognuno è impegnato nella società civile per quello che sa e che può fare: “chi scava e chi dona”. Flavio Gollin

Alpini e scuole

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l primo “scaglione” di bambini e ragazzi delle scuole elementari e medie del comprensorio, accompagnanti dai loro insegnanti e dai nostri bravi alpini della Sezione Monte Grappa si è conclusa il 4 giugno con le ultime classi di Marchesane e San Pietro di Rosà. Dal 18 maggio al 4 giugno sono stati accompagnati ben 552 studenti e insegnati di 14 scuole e coinvolti oltre 90 alpini. Uno sforzo considerevole che ha consentito però di diffondere quella conoscenza della storia e della natura e del rispetto dell’ambiente che non si legge nei libri ma che si vive camminando e “vivendo” la montagna. Tutto questo intervento è stato reso possibile anche dal progetto promosso dalla Regione Veneto con l’assessore regionale Donazzan e dall’ANA con il presidente Favero: ”.. Ricordami sulle tracce degli alpini….” nel quale la Regione ha stanziato un contributo proprio per le sezioni che hanno aderito al progetto. La Monte Grappa ha predisposto un POF - piano offerta formativa - scaricabile dal nostro sito, per le scuole che intendessero aderire al progetto e, grazie anche al contributo del prof. Giuseppe Busnardo, un breve e sintetico riepilogo dei principali fiori presenti nel Monte Grappa. Grazie alla collaborazione degli amici del GEO-CAI di Bassano,

coordinati dal loro responsabile Michele Tommasi, gli studenti hanno potuto anche conoscere alcuni aspetti del carsismo del Grappa. Fortunatamente non si sono riscontrati problemi, se non quelli atmosferici: i ragazzi della scuola di S. Anna, della English School di Rosà e quelli di terza media di Fonte hanno trovato una grandinata con i fiocchi e temperature molto basse per la stagione. Un bravi quindi ai ragazzi di oggi, futuri adulti di domani e alle loro insegnati che hanno condiviso e creduto nel progetto, affinché questa esperienza di vita rimanga nei cuori e nella mente dei nostri giovani e un grazie davvero speciale ai nostri alpini in particolare a Pio Torresan, Giantino e al maresciallo Giuseppe perché, senza di loro, difficilmente si sarebbero potuto organizzare simili attività. E un grazie anche al MEL di Paderno che, in fiducia, ha messo a disposizione la malga “chiavi in mano”. Da ricordare lo spettacolo di fine anno all’auditorium Vivaldi di Cassola, realizzato dalle maestre Samanta e Adriana della scuola primaria di San Giuseppe di Cassola che, alla presenza dei genitori e dei ragazzi di quinta elementare, hanno voluto ringraziare gli alpini. Fabrizio Busnardo

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Crespano Crespano compie 90 anni

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on li dimostra affatto, ma il gruppo alpini di Crespano compie quest’anno i suoi... primi 90 anni di vita. Sono ben portati, con le energie ancora fresche di una forza di 239 iscritti, compresi gli amici degli alpini. Fondato nel 1924, il gruppo per un certo numero d’anni ha svolto attività autonoma, appartenendo alla Sezione “Naia del Grappa”. In seguito, negli anni ’50 , è confluito nella Sezione Monte Grappa di Bassano. L’occasione per iniziare le celebrazioni di questa tappa assai significativa nella vita del gruppo si è avuta domenica 6 luglio con l’inaugurazione della 39a festa alpina al “Castegner dea Madoneta”, posto caro ai Crespanesi ed agli Alpini, che proprio in quel luogo hanno voluto costruirsi la loro malga, divenuta subito una prestigiosa sede per riunioni ed incontri, molto richiesta. Moltissime persone, che nelle torride giornate d’estate cercano un po’ di refrigerio e tranquillità, da sempre avvertono la necessità quasi morale di portarsi al riparo dei frondosi rami del plurisecolare castagno (che figura già in una mappa del ‘600), ricco di storia e legato a molti episodi della Grande Guerra. E sempre stato importante ed ideale punto di riferimento anche per generazioni di emigranti. E proprio padre Maurizio Pontin, da oltre 40 anni missionario sca-

labriniano in Sud-America, ha celebrato la S. Messa di inaugurazione della festa, accompagnato dal Coro Monte Castel. In rappresentanza della Sezione è intervenuto il vice presidente Lino Borsa, che si è complimentato per i traguardi raggiunti dagli Alpini di Crespano ed ha fatto gli auguri per tanti anni ancora di futura e proficua attività. Il capogruppo Pietro Torresan ha sinteticamente voluto ricordare le numerose iniziative nelle quali sono impegnati i suoi alpini, ed ha poi inaugurato la Mostra “Come eravamo”, raccolta di fotografie molto ben curata dall’alpino Ivo Comaron, con un lavoro di ricerca lungo e paziente, ovviamente gratuito, alla moda alpina.. Sono immagini … che non hanno età, perché ritraggono i verdi anni del servizio di leva, con meno anni e meno chili per tutti e si scorgono negli occhi degli alpini fotografati la freschezza e l’energia di un’epoca ormai alle spalle. Gianni Idrio

Bessica

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abato 17 maggio si è svolta a Bessica, presso gli impianti sportivi, l'annuale Festa dello Sport che ha visto i 350 alunni delle scuole primarie del Comune di Loria cimentarsi in diverse discipline sportive. La giornata è iniziata con l'alzabandiera accompagnata dall'Inno Nazionale cantato da tutti i bambini, insegnanti e genitori; erano presenti anche il sindaco Vendrasco dott. Roberto e l'assessore allo sport Silvano Marchiori. Gli alpini, assieme ai genitori, si sono occupati della logistica con la distribuzione della merenda. A fine giornata poi, presso la bocciofila, il Gruppo ha offerto un rinfresco a tutti gli organizzatori e agli insegnanti. Come ringraziamento i bambini hanno regalato agli amici con la penna un manifesto creato da loro dove ad ogni lettera della parola ALPINI è stato dato un significato. Il Gruppo, riconoscente di tanto affetto, attende con ansia la prossima edizione. Flaviano Zonta

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Cusinati Cusinati ha la sua nuova sede

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omenica 22 giugno 2014 gli Alpini e i Donatori di Sangue di Cusinati hanno inaugurato con grandissima soddisfazione la nuova sede attigua alla canonica parrocchiale. Il programma della manifestazione è iniziato già il martedì 17 giugno con una interessante serata di informazione sanitaria presso la sala video del Centro Parrocchiale riguardante gli aspetti medico-scientifici dei trapianti curata dalla dott.ssa Chiara Giurgevich, dirigente medico S.C. Anestesia e rianimazione presso l’Ospedale San Bassiano. Venerdì 20 giugno, presso lo stesso locale, Loris Giuriatti e il figlio Davide hanno presentato immagini e filmati sulla Prima Guerra Mondiale, dallo scoppio all’armistizio del 4 novembre 1918, soffermandosi in modo particolare sulle vicende legate al Monte Grappa e al territorio circostante, cercando di coinvolgere anche i tanti giovani e bambini presenti. Tutto questo per ricordare il Centenario della Grande Guerra ma anche per ricordare lo scopo della nuova sede che oltre a rappresentare un centro di aggregazione, vuole essere anche un luogo per ripassare la nostra storia e le gesta di chi, per la nostra libertà, ha dato la vita. Sabato sera è stato organizzato un concerto del Coro dell’Amicizia Alpina di Tezze sul Brenta, che ha allietato la serata con un ricco

repertorio nel quale era inserito anche l’Inno del Donatore. L’intenso programma si è concluso domenica con l’inaugurazione della sede. Il programma prevedeva la sfilata per le vie del paese imbandierate accompagnata dalla Banda sezionale. Lungo il percorso sono stati ricordati i caduti presso il capitello della Madonna Assunta con un mazzo di fiori per poi proseguire verso il monumento per l’alzabandiera e la deposizione corona. Dopo la Santa Messa presieduta da mons. Giorgio Balbo, è stata benedetta e aperta la nuova sede. Prima del taglio del nastro il capogruppo degli Alpini Luca Baggio e quello dei Donatori di Sangue Flaviano Giusti hanno ringraziato quanti hanno contribuito sotto qualsiasi forma alla realizzazione della struttura comprendendo in primis mons. Giorgio Balbo e la Curia di Vicenza. Successivamente il sindaco rag. Paolo Bordignon ha sottolineato l’importanza che questa nuova costruzione ha per l’intera comunità, mentre il neo eletto presidente del Reparto Donatori Lamberto Zen e il presidente della Sezione Giuseppe Rugolo hanno rivolto parole di apprezzamento per il lavoro svolto con l’auspicio che i giovani sappiano valorizzare questo nuovo ambiente per crescere nel mondo del volontariato, nel rispetto della nostra storia e dei doveri della vita civile. Un saluto lo ha dato anche il nuovo consigliere nazionale Fabrizio Pighin giunto con altri alpini astigiani assieme alloro Vessillo e ai loro gagliardetti. Il taglio del nastro è stato affidato ai due capigruppo unitamente al consigliere alpino Antonio Zanon, premiato per il suo prezioso contributo e determinazione nella edificazione della sede. Nell’occasione è stato consegnato dal presidente dell’Istituto del Nastro Azzurro del Gruppo di Rosà sig. Simonetto il documento relativo alla decorazione di Croce al Merito di Munari Giovanni, già capogruppo alpino di Cusinati, meritata sul fronte balcanico nel maggio del 1942 e rilasciata dal Ministero della Difesa nel novembre del 1950. Tra i presenti, anche Giuseppe Gaborin e Francesco Strappazzon ambedue reduci alpini del Secondo Conflitto Mondiale. Un ricco buffet per tutti, servito dai collaboratori e dalle collaboratrici, ha concluso la mattinata anche se i festeggiamenti sono proseguiti fino a sera.

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Sul Ponte di Bassano

Romano Romano festeggia i 90 anni

È

stato “sui sentieri dei soldati del Grappa” che gli Alpini di Romano d’Ezzelino hanno festeggiato il 90° di fondazione. Il 3 agosto 2014 gli alpini hanno marciato tra i faggi e gli abeti di Busa Campeja sul primo tratto della strada di arroccamento “Campo Solagna - Monte Palon”, al passo delle note del Corpo Bandistico di Romano, scortati dai Vessilli della Sezione Monte Grappa e dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, nonché dal Gonfalone del Comune di Romano. Tra i gagliardetti alpini, c’erano anche quelli degli amici di Monte Magrè e di Sant’Antonino di Susa, quelli dei Fanti, dell’Aeronautica, dei Marinai e dell’AIDO; suggestiva è stata la presenza del Reparto Grande Guerra del Grappa, in divisa militare storica, e del Gruppo Giovani della Sezione. Sul prato di Casara Bontorin si sono ritrovati più di 400, molti appena scesi da Cima Grappa dove si era appena conclusa l’annuale cerimonia della prima domenica di agosto. Il 90° di Romano è stato particolarmente onorato della presenza del presidente nazionale Sebastiano Favero, accompagnato dal presidente della Sezione Giuseppe Rugolo e dai consiglieri sezionali. Alle toccanti note del Silenzio è stata scoperta una targa alla memoria dei Soldati del Grappa. “Quando un Gruppo festeggia il 90° - ha detto Favero - la presenza del Presidente Nazionale non è gratuita, ma dovuta. Qui mi sento di casa, tra amici… e vedo che gli alpini e i loro amici sanno far fronte con serenità e col sorriso anche a qualche disagio”, e si riferiva all’abbondante acquazzone che stava per scendere dal cielo e dalla valle… tanto che sembrava proprio di essere alle manovre del campo estivo…

Nell’occasione è stato ufficializzato anche il passaggio della stecca tra Giovanni Bontorin, che ha guidato il Gruppo di Romano per ben dodici anni e che ha ospitato la manifestazione, e il nuovo capogruppo Valentino Mazzelli. Grazie Valentino e buon lavoro! Valter Brunello

Scarponcini e Stelle Alpine ROMANO: è nata Matilde Finco, figlia del socio Devis. Maria Carlin, figlia del socio Mirco. Oscar Bontorin, nipote del socio Giovanni. Tommaso, nipote dei soci Graziano Gnoato, Marco e Demis Settin. Emanuele Parolin, figlio del socio Andrea e nipote di Guido. SALCEDO: è nata Marisol Balzan, figlia del socio Cristian. SAN ZENO: è nato Andrea Gnoato, figlio del socio Damiano. VALSTAGNA: è nata Stella Cavalli, figlia del socio Alessio.

CASSOLA: sono nate le gemelline Sofia Antonia e Jenni Giovannina Vettorazzo, figlie del socio Claudio. CUSINATI: è nata Anna Baggio, figlia del socio Andrea. Filippo Cidonio, figlio del socio cons. Leonardo. Iacopo Loro, nipote del socio Franco. Celeste Zonta, figlia del socio Nicola. ONÈ DI FONTE: è nata Irene Minato, figlia del socio Mirco. Matteo Zamperoni, figlio del socio Marco.

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Sul Ponte di Bassano

Avvenimenti

ROMANO: 50 anni di matrimonio, 50 adunate e 50 pellegrinaggi in Ortigara per Domenico Chemello e Lidia Andriollo, qui con il presidente naz.le Favero.

CA’ RAINATI: Nicole Guglielmini ha festeggiato il primo anno con nonno Romeo, papà Valter e zio Antonio.

Si sono ritrovati a Pederobba in Monfenera gli artiglieri 1°/66 della 13a Batteria del Gruppo Conegliano. Per i prossimi incontri contattare Ugo Petrin 0423-561560.

CASELLA D’ASOLO: 25° di matrimonio per il socio Danilo Basso con Tamara Berdusco.

CAMPESE: 50° di matrimonio per Gianesin Dialma (6° Art. Mont. Gr. Cadore) e Lucia Stefani.

LONGA: 62° di matrimonio di Umberto Gili con Nelda Guzzo.

VALROVINA: 40° anniversario di matrimonio di Oriella Gaetano e Baldo Claudia.

ONÈ DI FONTE: Irene Minato è in buone mani alpine con il padre Mirko e lo zio Mauro.

BREGANZE: 60 anni di matrimonio per Umberto Guerra con Mirella Valporetti.

SANTA CROCE 50° di matrimonio per l' alpino Zanetti Marcello ( classe 3° 1939 Cadore Strigno ) con la Signora Ermida Guglielmi.

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Sul Ponte di Bassano

Sono andati avanti: alle famiglie degli scomparsi le più sentite condoglianze. Belvedere

Belvedere

Borso

Borso

Borso

Breganze

Breganze

Ca' Rainati

Aldo Marcon classe 1923

Benvenuto Pan classe 1958

Francesco Andreatta classe 1944

Antonio Bonato classe 1928

Dino Carlesso classe 1948

Aldo De Boni classe 1927

Giuseppe Vitacchio classe 1938

Francesco Bergamin classe 1965

Ca' Rainati

Campolongo

Campolongo

Casoni

Crespano

Crespano

Fonte

Longa

Romano Mazzarolo classe 1948

Fortunato Costa classe 1925

Efrem Travan classe 1930

Giovanni Facchinello classe 1955

Giorgio Marsetti classe 1953

Teodoro Vardanega classe 1934

Guido Fregona classe 1932

Iginio Bonora classe 1939

Marchesane

Marchesane

Marchesane

Mussolente

Mussolente

Mussolente

Nove

Nove

Ermenegildo Grandesso classe 1942

Silvestro Moro classe 1944

Graziano Zuinisi classe 1956

Antonio Bellon classe 1943

Luigi Dalla Valle classe 1942

Angelo Lunardi classe 1922

Guido Bertolin classe 1946

Roberto Dal Prà classe 1950

Nove

Onè di Fonte

Onè di Fonte

Onè di Fonte

Ramon

Romano d'Ezz.

Antonio Mottin classe 1930

Marino De Zen classe 1928

Ido Mascotto classe 1941

Antonio Mazzarolo classe 1928

Martino Milani classe 1948

Giovanni Carlesso classe 1934

Pietro Dissegna classe 1947

Sante Strapazzon classe 1933

Rosà

Rosà

Rosà

Rosà

Sant'Eusebio

San Lazzaro

San Marco

San Marco

Giorgio Bonato classe 1941

Adriano Frighetto classe 1940

Severino Poggiana classe 1934

Olimpio Tessarolo classe 1930

Franco Moro classe 1946

Giuseppe Sonda classe 1918 - reduce

Giuseppe Dissegna classe 1933

Gianluigi Milani classe 1931

San Marco

San Marco

San Zeno

Santa Croce

Semonzo

Stroppari

Stroppari

Stroppari

Valentino Remonato classe 1941

Livio Todesco classe 1937

Natalino Parise classe 1947

Angelo Bonamigo classe 1934

Danilo Mocellin classe 1950

Ermenegildo Campagnolo classe 1943

Angelo Geremia classe 1935

Mario Guazzo classe 1932

Tezze

Tezze

Valstagna

Giuseppe Pieragnolo classe 1927

Girolamo Todesco classe 1931

Orazio Moro classe 1957

Angelo Favero classe 1924

Romano d'Ezz. Romano d'Ezz.

POSSAGNO: Alpino e papà del presidente nazionale Sebastiano. L’ultimo saluto ha visto una grande partecipazione con rappresentanze di molte Sezioni e Gruppi Alpini, consiglieri nazionali e sezionali, alpini e cittadini che hanno gremito il Tempio canoviano di Possagno. Erano pure presenti la bandiera dei “Combattenti e Reduci”, il labaro dell’AVIS e il vessillo dei “Trevisani nel mondo” per la sua emigrazione in Australia. Al Presidente e alle famiglie Favero profondi sentimenti di cordoglio dagli alpini della Sezione Monte Grappa.

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RADUNO TRIVENETO A VERONA


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