Sul ponte di bassano n 109 giugno 2017

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POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 2, DBC VICENZA - Contiene inserto redazionale

QUADRIMESTRALE DELLA SEZIONE A.N.A. “MONTE GRAPPA” DI BASSANO DEL GRAPPA ANNO XXXVI - N. 109 - GIUGNO 2017


Sul Ponte di Bassano

Foto Alessandro Dissegna

Riccardo Cerantola 10.01.1974 2° scaglione 93 167° cp mortai del btg Pieve di Cadore a Tai. Saluto del Presidente Nazionale Sebastiano Favero e del Presidente Sezionale Giuseppe Rugolo.

PERIODICO QUADRIMESTRALE DELLA SEZIONE ANA “MONTE GRAPPA” DI BASSANO DEL GRAPPA Anno XXXVI - N. 109 - Giugno 2017 Direttore Editoriale: Giuseppe Rugolo Direttore Responsabile: Gianfranco Cavallin Comitato di Redazione: Piero Demeneghi - Fidenzio Grego Alfeo Guadagnin - Gianni Idrio Alberto Strobbe - Gianantonio Codemo Alessandro Ferraris - Alessandro Dissegna Dario Canesso - Francesca Cavedagna Direzione, Redazione, Amministrazione: Sezione A.N.A. “Monte Grappa” Via Angarano, 2 36061 Bassano del Grappa Stampa: Laboratorio Grafico BST Via Lanzarini, 25/b - Romano d'Ezzelino (VI) www.graficabst.com Autorizzazione del Tribunale di Bassano del Grappa n. 2/ 81 Reg. P. - 9/4/ 81 Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Vicenza Tassa pagata - Taxe perçue E-mail: redazione@anamontegrappa.it Sito della Sezione: www.anamontegrappa.it

SOMMARIO • La scelta di essere forte pag. 2 • Occhio indiscreto pag. 4 • A chi la gestione delle emergenze? pag. 5 • Racconti alpini pag. 6 • Il Battaglione "Monte Grappa" pag. 7 • Dal museo: le armi della 1a Guerra Mond. pag. 8 • Il gen. Giardino premia i suoi soldatini pag. 9 • I cippi sul Tomba pag. 10 • Papà, mamma: voglio fare l'Alpino pag. 12 • L'esperienza da VFP1 pag. 14 • Gemellaggio tra Mondovì e Bassano d/Gr. pag. 16 • Premio "Il milite... non più ignoto" pag. 21 • CISA di Biella pag. 22 • Riapertura chiesetta di S. Bartolomeo pag. 23 • Ambasciatore slovacco a Cima Grappa pag. 24 • Adunata a Treviso pag. 25 • Gruppi pag. 26 • Avvenimenti pag. 30 • Andati avanti pag. 35 Inserto staccabile ¨Medaglie d'oro sul M. Grappa¨

il saluto del presidente

La scelta di essere forte di Giuseppe Rugolo

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omenica 14 maggio, Treviso, 90° adunata degli alpini, ore 19.30 circa, la sfilata della sezione Monte Grappa d’improvviso si ferma, non per un intoppo tecnico ma piuttosto per una questione di cuore. Il Presidente nazionale Sebastiano Favero è appena sceso dal palco d’onore per abbracciare un alpino, un “cadorino” come lui: Riccardo Cerantola, classe 1974, leva del 2°/93 nella 167^ compagnia mortai del “Pieve di Cadore”, a Tai. Riccardo è un alpino un po’ speciale, comunica solo attraverso un computer, perché da 8 anni soffre di una terribile malattia, la SLA, sclerosi laterale amiotrofica, che lo costringe su un lettino vista la totale immobilità del corpo. Riccardo, socio del gruppo di Rosà, approfittando della vicinanza con Treviso ha chiesto e ottenuto dal COA (Comitato Organizzatore Adunata) di poter sfilare, sia pur menomato nel fisico, per rivivere quelle emozioni che solo la sfilata di un’adunata sa trasmettere. Cosa sia passato per la sua mente in quel lunghissimo lasso di tempo rimarrà nel segreto del suo cuore anche se i suoi occhioni sgranati manifestavano il turbinio di sentimenti che stava vivendo: la gioia dell’esserci, l’orgoglio per avercela fatta e sicuramente la meraviglia per tutta l’attenzione riservatagli, per essere diventato, suo malgrado, in quei lunghissimi minuti IL protagonista. Lui forse ha vissuto questa emozione ignaro di aver sintetizzato su di se il nostro essere A.N.A. che ancora una volta ha saputo distinguersi per sensibilità e rispetto, facendo della malattia di un fratello sfortunato non tanto un trofeo da esibire per mera ostentazione quanto l’occasione per lanciare un messaggio forte, quasi un grido, alla società civile che guarda con curiosità al nostro mondo: gli alpini non lasciano indietro nessuno, prestandosi piuttosto con attenzione particolare e affetto speciale proprio a quelli in difficoltà. Quando guardi Riccardo ti viene subito da pensare dove possa trovare tutta questa forza interiore con l’orgoglio di esserci ancora una volta sia pur con lo spirito imbrigliato in un corpo diventato ormai una prigione. Poi, leggendogli attraverso gli occhioni spalancati la gioia di vivere da protagonista, sia pur a modo suo, momenti così emozionanti, comprendi quanto siano futili e sterili le nostre debolezze quotidiane, figlie di piccolezze e ipocrite presunzioni. E ti senti improvvisamente “diverso”, quasi inadeguato, scoprendo che quello forte è lui e non tu “normale”. E capisci così che la forza ti viene, perché a volte non hai altre scelte, perché se non lo fai tu non lo farebbe nessuno per te. E lo fai per chi hai vicino… e lo fai anche per te. Perché alla fine è una sfida per dimostrare a te stesso che non ti arrendi ma che ce la farai… in un altro modo, ma ce la farai. E Riccardo anche stavolta ce l’ha fatta, decidendo di rimettersi in gioco, riuscendo a tagliare il traguardo di questa ennesima sfida con se stesso, fregandosene del suo “non perfetto” incedere, forte solo della sua infinita determinazione, sospinto dal tifo di tutti gli alpini presenti che con calore hanno accompagnato ogni metro della sua personale sfilata. Disse una volta un poeta che gli occhi sono lo specchio dell’anima, perché attraverso lo sguardo si riesce a comprendere il carattere di una persona riuscendo a scrutarne le pieghe più recondite dell’animo. Beh… chi, domenica 14 maggio a Treviso, ha scrutato nel profondo degli occhi di Riccardo ha potuto vedere un alpino orgoglioso, tenace e combattivo, dall’animo generoso e dal cuore grande. Degno erede dei veci “cadorini”. E forse è proprio questo il segreto per cui la nostra Associazione è ammirata e invidiata da tutti ma, privilegio assoluto, unica e irripetibile! Un augurio a tutti i miei alpini di saper sempre scegliere, nella vita, di essere forti. Un abbraccio alpino. Giuseppe Rugolo

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Sul Ponte di Bassano

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bbiamo fatto ancora una volta un piccolo passo avanti, ma il destino avverso ci ha costretto a fermarci per riflettere sulle difficoltà della vita. Due lutti nei quadri della nostra sezione con la perdita prima di Antonio Bordignon e quindi di un altro eminente rappresentante della nostra Redazione, il prof. Piero Demeneghi. Solo le prossime settimane ci faranno capire la gravità di queste due assenze, ma gli alpini sanno rimboccarsi le maniche e, per onorare tutti gli "andati avanti", riusciranno a fare in modo che questo impoverimento delle nostre file si trasformi in una gara per riempire i posti vacanti. Abbiamo scelto la copertina dopo un ampio dibattito, che ha visto in gara immagini di grande impatto come quella della sfilata di Treviso, con un primo piano di una sfilata di camicie a quadri rossi dei bassanesi su un vialone che era letteralmente invaso dalle penne nere della nostra sezione. La discussione sulla scelta ha portato infine l'accentuazione dell'immagine simbolo, quella dell'alpino che desiderava sfilare in mezzo ai suoi colleghi per testimoniare il suo orgoglio di penna nera. E su questa scelta abbiamo concordato tutti con entusiasmo. Particolarmente ricco di notizie e di pagine questo numero che chiude in prossimità della chiusura delle lezioni scolastiche. Non perché sentiamo il bisogno di un voto, ma per ottemperare alle nuove scadenze che ci siamo dati e che consentono un lasso di tempo sufficiente per impostare il nuovo numero che uscirà, se non avverranno inghippi, entro le fine di novembre, visto che il funzionamento delle poste italiane non è dei più soddisfacenti, almeno in questi ultimi tempi. Per questo e per favorire la circolazione delle notizie, mi permetto di insistere con i capigruppo affinché pensino, se del caso, di fare come hanno iniziato a fare a Valstagna, cioè a recapitare direttamente ai loro iscritti, almeno a quelli residente nei paesi dei gruppi, i nostri periodici. Chi vive lontano aspetterà un po' di più. Se avesse fretta può leggere il giornalino nostro aprendo il sito che è stato realizzato ed è curato dal vicepresidente Ferraris e dai suoi collaboratori. Chi possiede un indirizzo mail basta faccia pervenire una segnalazione alla nostra segreteria sezionale o a qualsiasi redattore e sarà un piacere, entro limiti di tempo ragionevoli, fargli arrivare copia di qualche numero, via mail, appunto. I codici per accedere al sito, anzi ai siti, si trovano nelle pagine che spero abbiate imparato a consultare. In questo numero troverete anche una lettera (una sola) che ritengo particolarmente significativa. Spero che altri lettori seguano l'esempio degli alpini di Rossano Veneto. Mi raccomando inoltre di tenere presente che anche la prossima estate è piena di impegni, con una pausa tra luglio e agosto, anche se temo che sarà difficile trovare tregua in un fervore di iniziative che tende talvolta a rendere indigesto quel che per molti versi potrebbe essere gradito. Scusate la franchezza. Un saluto alpino. Gianfranco Cavallin

Anche quest'anno gli "Amici del Pieve" (Rep. Cdo, 37a, 38a e 50a Btr.) organizzano il consueto incontro biennale, giunto alla 17a edizione, che avrà luogo domenica 10 settembre 2017 alle ore 10.30 - presso il ristorante "Al Pioppeto" di Romano d'Ezzelino (VI). Per informazioni ed adesioni contattare Nicola RUSSO (tel. 049-8670007) e/o Alberto STROBBE (tel. 348-7052442).

Manca poca al via della "Sei giorni con gli alpini"

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ancano pochi giorni per la nuova edizione della Sei giorni con gli alpini che avrà anche quest'anno il suo punto di forza nell'utilizzazione dei locali della palazzina comando della caserma Monte Grappa. Fino a qualche giorno fa le presenze assicurate erano di una ventina di elementi, provenienti da vari punti della sezione ma anche da altre sezioni del Veneto. Erano anche in corso contatti per candidati friulani e trentini. Un vero e proprio alveare in movimento con prospettive ritenute abbastanza credibili e realizzabili di raggiungere una cinquantina di allievi (l'età è compresa tra i 17 ed i 24 anni). Finora si è calcolato che circa la metà degli aspiranti sia di sesso femminile. Una prospettiva che la dice lunga sulla capacità e tenacia del così detto sesso debole. Per iscriversi debbono utilizzare un modulo che potrà essere fornito o direttamente in sede a Bassano o dal coordinatore Fabrizio Busnardo che fornisce il numero di cellulare: 3939600288 e la mail: pc.bassano@ana.it

Foto d'archivio

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Sul Ponte di Bassano

Occhio indiscreto

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cchio indisceto anche questa volta, grazie ad alcuni attenti collaboratori, è in grado di fornire alcuni spunti ai nostri lettori.

In un'altra foto che vediamo qui sopra, un gruppo di alpini dimostra la propria solidarietà (tipo Enel) con chi provvede alla sostituzione di un pneumatico lacerato in quel di Vallison.

In primo luogo in occasione della visita a Milano per la sottoscrizione del documento di gemellaggio con la sezione di Mondovì, il nostro Presidente Rugolo è stato indotto a posare per una foto ricordo con una straniera, il segretario Ceccon non ha voluto essere da meno... complimenti.

Alpini protagonisti a quanto sembra nella condivisione di un segreto, non siamo riusciti a scoprire quale sia.

PREMIO “UTI FABRIS” 2017 Il Gruppo Alpini e Donatori di Sangue “Gen. Giardino” e la Sez. ANA “Monte Grappa” bandiscono il concorso per la borsa di studio intitolata a Uti Fabris, riservata agli studenti (figli di Alpini e Donatori) che conseguiranno nel corrente anno, un diploma di Scuola Media Superiore abilitante per l’accesso all’università. Le domande dovranno essere presentate entro il 31 luglio e la premiazione avverrà sabato 9 settembre 2017. Per informazioni sul regolamento del concorso rivolgersi al sito della Sezione ANA “Monte Grappa” www.anamontegrappa.it. Le domande dovranno pervenire entro il termine previsto ai seguenti recapiti: Sezione ANA “Monte Grappa”, via Angarano 2, 36061 Bassano del Grappa, tel. 0424/503650. Barletta Roberto, via Rovigo 16, 36022 Cassola, cell. 327 0570037. Smeragliuolo Simmaco, via Balestra 34, 36061 Bassano del Grappa, cell. 345 0883625. Sanson Giuliano, via Pio X 22, 36022 Cassola, tel. 0424/37937 - cell. 348 8750226.

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Sul Ponte di Bassano

l'opinione

A chi la gestione delle emergenze? di Pietro Demeneghi

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gniqualvolta si verifica una catastrofe naturale – fenomeno purtroppo assai frequente nel nostro Paese – non mancano le polemiche sulla vera o presunta scarsa rapidità ed efficacia dei soccorsi. Puntualmente ciò si è verificato anche in occasione del recente sisma che, tra fine estate e autunno, ha interessato il Centro Italia. Se queste polemiche talora mettono a fuoco inefficienze e manchevolezze, spesso sono del tutto strumentali. A dire il vero, in fatto di organizzazione degli interventi di emergenza, dal terremoto in Friuli del 1976, molti passi in avanti sono stati fatti come dimostra la costituzione di un Corpo di Protezione Civile, nel suo primo nucleo avviato dall'ANA, che molti paesi del mondo ci invidiano. E stato rilevato che sì, abbiamo la Protezione Civile, ma ci sono tanti altri soggetti che intervengono nella gestione dell'emergenza e non sempre il coordinamento tra loro risulta capace di farli agire con rapidità ed efficienza nelle zone colpite dalle calamità. La domanda allora è: perché non affidare ad una struttura unica coordinamento e gestione delle fasi di emergenza? E quale potrà essere tale struttura? La risposta è abbastanza semplice e sotto gli occhi di tutti: le Forze Armate, in modo particolare l'Esercito, unici soggetti in grado di intervenire con mezzi appropriati e con la necessaria celerità. Ad oggi operano in Centro Italia circa 3000 militari, un migliaio di mezzi e una trentina di elicotteri. Nessun'altra struttura dispone di forze così numerose da poterle impiegare in poco tempo dal verificarsi dell'evento calamitoso: dalle squadre specializzate in meteorologia per il controllo delle valanghe ai reparti alpini dotati di mezzi sgombraneve per raggiungere località isolate ai mezzi cingolati in grado di ripristinare con una certa tempestività le vie di comunicazione interrotte, mentre i gruppi alpini paracadutisti possono intervenire opportunamente nei casolari isolati. Un ruolo non secondario può essere svolto anche da aereonautica e marina per la messa in campo di elicotteri. Del resto, se guardiamo alla storia delle nostre assai numerose calamità che ci hanno afflitto, la fase di emergenza ha sempre richiesto l'intervento delle FF.AA e pure laddove essa è stata affidata alle autorità civili, come nel caso del Friuli con il commissario Zamberletti, è stata gestita con metodi militari dando ottimi risultati con

positive ricadute anche nella fase della ricostruzione. Nonostante la possibilità di impiego di altri enti, corpi e organizzazioni varie, i militari sono sempre stati indispensabili in qualsiasi situazione di emergenza. Tra l'altro essi dispongono di tecnici specializzati, genieri e, più di recente, perfino di squadre di psicologi. Appare allora abbastanza chiaro che la soluzione ottimale potrebbe essere quella di affidare, sia per efficacia di intervento sia per costi, il compito di affrontare l'emergenza sul territorio alle FF. AA le quali possono coordinare anche le altre strutture di intervento. Chi ha qualche anno in più ricorda come l'esercito, pur con mezzi assai più limitati di oggi, intervenne per primo a Longarone, in Friuli e in Irpinia. Il discorso però, a questo punto, apre un altro capitolo, ossia quello di fondi adeguati per fronteggiare i costi. Se è vero che impiegare i militari nella fase di emergenza evita certi costi, è anche vero che essi hanno bisogno di equipaggiamento e mezzi moderni per garantire rapidità ed efficacia necessarie. E qui entra in gioco il Ministero della Difesa il cui bilancio dovrebbe prevedere in modo specifico dei fondi, possibilmente da incrementare, per gestire le emergenze. Purtroppo i tagli effettuati dai vari governi nel settore difesa non sempre hanno tenuto conto di questo aspetto che può tradursi in un notevole risparmio di costi nella gestione dell'emergenza. Si pensi solo quali oneri finanziari occorrerebbero se il tutto fosse affidato a soggetti privati. Un altro dato non trascurabile è il fatto che i militari per loro natura sono chiamati a gestire le emergenze dentro come fuori del nostro Paese. Perciò assegnare loro la direzione degli interventi, senza aspettare che qualcuno li chiami, assicurerebbe forse maggiore tempestività con la possibilità di alleviare disagi alle popolazioni colpite e magari di salvare qualche vita in più. Purtroppo, nel nostro Paese si è ormai consolidata la consuetudine di aspettare sempre che ci sia qualcun altro che chiami assumendosene la responsabilità, nel timore – pure comprensibile alla luce di certi fatti – nel caso qualcosa non vada nella giusta direzione, che la magistratura apra un'inchiesta e, per la soddisfazione di un certo circo mediatico, si cerchi sempre un capro espiatorio. E' l'effetto di un malcostume nazionale che incide non poco nell'alimentare inefficienze e ritardi nelle situazioni di emergenza.

È andato - prematuramente - avanti Pietro Demeneghi, storica “penna” del nostro giornale sezionale, di cui ha curato per anni la rubrica “L’opinione”. Uomo di grande cultura, insegnante per una vita al Liceo Scientifico cittadino, e di grande umanità, Alpino ed amante della montagna, Piero lascia moglie e 2 figli adolescenti. Assieme a loro, lo piangono il fratello Rosario, pure Alpino, e tutti i Familiari e gli innumerevoli amici. Ci mancherà la Sua pungente ironia e la Sua puntuale visione critica di tanti temi di attualità. Ci mancherai Tu, Piero. La Redazione

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Sul Ponte di Bassano

testimonianze

Racconti alpini così, senza pretese di Alberto Strobbe

VITA VISSUTA ALLA CASERMA SAUSA di FOLIGNO L'INIZIAZIONE

camerate con le finestre spalancate in gennaio e con le lenzuola umide, che a strizzarle ne usciva acqua; era “normale” starsene chiusi per 15-20 giorni in caserma fino a che non fossimo stati in grado di sembrare dei soldati, quanto meno di salutare in modo corretto, evitando di scambiare qualche gallonato portiere d’albergo per chissà quale ufficialone. Come sarebbe stato “normale”, in seguito, affrontare ore di marcia in cravatta (così uscivano gli Allievi, anche in montagna), portare zaini realmente pieni di tutto quanto ci veniva prescritto di farci stare, di accudire ai muli anche se per la maggior parte di noi l’animale più grosso fino ad allora avvicinato era il cucciolo di casa. Ma tant’è: naja era! Passano alcuni giorni, ed intanto cominciano a darci le divise in sostituzione di una tuta ginnica, primo ed unico indumento dei momenti iniziali; ci mandano a rapare i nostri bei ciuffi; si fanno i primi approcci di quelle amicizie che resteranno tra le più belle di tutta la vita: ma l’attesa è tutta, almeno per me e per la maggior parte di quelli con cui ho stretto amicizia, per la selezione e la destinazione di specialità. Rimaniamo tutti male quando uno dei “nostri” con tutte le carte in regole (sciatore, rocciatore, distretto alpino e via enumerando) viene destinato ad altra specialità perché di un paio di centimetri più basso di quanto prescriveva il regolamento per un ufficiale di Artiglieria da Montagna. Pensi subito “almeno questa la supero, col mio metro e ottantacinque!” e già ti vergogni di pensare a te stesso e non al dramma dell’amico. Alla fine, complice forse - spero non solo - anche l’altezza, entro nel numero dei destinati alla specialità alpina. E subito ci sentiamo, tutti, speciali: siamo una cinquantina su quasi 300, se ben ricordo, ma immediatamente cominciamo, quasi fosse una cosa preordinata, a far gruppo, a sentirci dei prescelti, a darci delle arie, a guardare dall’alto in basso (l’altezza conta, eccome) gli altri nostri colleghi, per noi già etichettati come “buffi”. Che volete che vi dica? Eravamo di tutte le estrazioni, con età dai 18 ai 25 anni, con esperienze di vita, di studio, di lavoro diverse, di idee politiche diverse, anche se non ricordo discussioni sul tema: ma tutti ci sentivamo (senza per la verità averne ancora alcun titolo o merito, che tutto era ancora da fare) Alpini! Qui gioca la retorica, l’Amor di Patria, le canzoni sentite fin da ragazzi, le poesie sentite dalle mamme, i racconti dei nostri padri, quel che volete: ma ci sentivamo ed eravamo Alpini, da quel momento e per tutta la vita. Quella sera stessa, alla mensa, con un passaparola da cospiratori, facciamo cose che, a ragionarci adesso, ci sarebbero potute costare l’allontanamento dal Corso. Ognuno di noi “procura” qualcosa da bere e da mangiare: bottigliette da quarto di vino con la stella d’Italia sul tappo, pane, mele, altre prelibatezze del genere, finiscono, con fare da consumati rapinatori, nelle capientissime (per nostra fortuna) tasche della mimetica (mica roba da “signorine”, tutta bella attillata, come quella dei giovani soldati d’oggi!!!) per fare poi festa in camerata. Bravi, ma come si fa, con il contrappello, il silenzio, le luci spente e solo le luci di guerra funzionanti, e con l’ufficiale di picchetto che gira come un forsennato tutta notte per la caserma? Si aspetta il momento buono, che arriva dopo il giro d’ispezione di mezzanotte: appena passato l’ufficiale di picchetto, sotto gli sguardi attoniti dei “non alpini” dell’immensa camerata, uno si alza, un secondo lo imita subito, in un attimo tutti cinquantaquattro siamo nella “sala dei rinfreschi” (la zona latrine riservata ai lavabi funge perfettamente allo scopo) e cominciamo, non senza una certa emozione, la cerimonia: non è solo una bevuta e la soddisfazione di farla in barba a tutti i regolamenti. Senza che ne avesse il rituale, perché fu cosa assolutamente spontanea e non di tradizione, per noi fu una vera e propria iniziazione: entravamo, con tutto l’orgoglio dei nostri vent’anni, a far parte di un Corpo che ormai

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Chi ha fatto la naja qualche decennio fa, ricorderà senz’altro i suoi primi momenti dell’arrivo alla caserma. Nel gennaio 1970 arrivavo (o meglio… giungevo, come avrei imparato alcuni mesi dopo, al 6° da Montagna, dove, con fine sottigliezza, contrappuntata da qualche sano moccolo, si sottolineava che gli arrivati erano solo e soltanto i congedanti), a Foligno, per frequentare il 58° Corso AUC. Già alla stazione, la ronda, in attesa, individuava ed intruppava questi baldi giovanotti che con aria, chi smarrita, chi da uomo di mondo, scendevano dal treno, che grazie al biglietto gratuito del Ministero della Difesa - ahimè di sola andata - li aveva portati dalle comodità di casa ad affrontare l’incognita della vita militare. Forte dei suggerimenti di mio fratello maggiore, che già c’era passato, sono riuscito a svicolare ed a godermi ancora un paio d’ore di “libertà” prima di presentarmi all’ingresso della SAUSA, da cui sapevo non sarei più potuto uscire per parecchi giorni, avendo così modo di prendere un po’ di confidenza con questa cittadina che sarebbe stata la mia dimora per quasi 6 mesi. Foligno era, allora, prevalentemente, il Corso, che come avrei appreso in seguito, era tutte le sere affollato dai militari in libera uscita. Ma in quel primo pomeriggio del 10 gennaio era praticamente tutto per me. E lì fu amore a prima vista. Passando davanti ad una botteguccia di articoli militari, quali all’epoca non mancavano di certo nel Corso di Foligno, vidi in vetrina un Bantam e mi fermai incantato. Il proprietario si accorse di questo mio sguardo concupiscente, ed aprendo l’uscio mi disse “Allievo” - come facesse a sapere che ero un allievo, era allora per me un mistero, ma in seguito capii che vedendo a migliaia di ragazzi come me ovviamente li inquadrava subito - “bello, eh!? Perché non se lo prova?”. Superato il primo attimo di imbarazzo scaramantico, accettai: ed era perfetto per me. Concordammo un’opzione proprio su quel Cappello, che, semmai avessi superato il Corso (ecco che torna la scaramanzia) sarebbe stato il mio, per sempre. La SAUSA, Scuola Allievi Ufficiali Sottufficiali Artiglieria, comprendeva allora 4 specialità di artiglieria: la Campale, la Pesante Campale, la Pesante e l’Artiglieria da Montagna. Non era quindi affatto certo che la mia destinazione sarebbe stata la Montagna, anche se ci speravo, temendo, tra l’altro, di dover raccontare a casa, io di Bassano del Grappa, patria riconosciuta degli Alpini, di essere finito nella “Buffa” (non me ne vogliano i colleghi senza Cappello Alpino, ma questa era la terminologia in voga). Entro e, dopo i preliminari di riconoscimento, subito mi intruppano con una schiera di altri giovani di varia provenienza, dall’aria altrettanto confusa e smarrita. Neanche il tempo di cominciare a prendere confidenza con qualcuno, che siamo subito inquadrati, con le modalità rese famose ormai in tanti film - basti uno per tutti, “ufficiale e gentiluomo” con un piglio però, per nostra fortuna, più casereccio, con un sapore tutto nostrano. Tant’è che il caporalmaggiore che ci seguirà fino al termine del Corso si meriterà l’appellativo di “mamma” e da tutti era conosciuto come tale, avendoci, lui più giovane di qualche anno della maggior parte di noi, preso sotto la sua ala, come fa la chioccia con i suoi pulcini. Perché tali eravamo agli inizi, anzi non pulcini, ma pistrini come si usava chiamare quelli dell’ultimo corso da parte dei corsi anziani. A ripensarci, in quei primi giorni non c’è stato nulla di glorioso o di particolare che altri prima e dopo di me non abbiano parimenti vissuto: e da cosa “normale” si accettava, in quei primi momenti, di dormire in

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Sul Ponte di Bassano era nella Storia non solo Italiana ma del mondo intero, di un Corpo, come meglio avremmo appreso con passare degli anni, diverso da tutti per l’umanità che ha sempre contraddistinto in pace e in guerra chi ha avuto l’onore di indossare il Cappello Alpino. Rischiamo addirittura di farci beccare, quando, seppur sottovoce, intoniamo “Sul Cappello”: non tutti la sanno, è vero, ma tutti mugolano qualcosa seguendo quelli di noi che sanno anche le parole. Il momento ha realmente una sua magia, irripetibile. Si stava creando lo spirito di Corpo, la consapevolezza di una appartenenza elitaria, nel senso migliore del termine, riservata a pochi. Grossissimo contributo a ciò ci venne dal nostro comandante di sezione, splendida figura di soldato, dal fisico imponente, prematuramente scomparso pochi anni dopo. Un insegnamento che in me è rimasto tuttora vivo, come simbolo della tenacia alpina da applicarsi in ogni ambito della vita, non solo quello militare, era il suo comportamento nei nostri confronti dopo

una marcia. Ogni rientro era invariabilmente oggetto degli scherni dei “buffi” che ci vedevano stanchi, sudati e con i muli da accudire prima di poter pensare a noi stessi: inevitabilmente si aspettavano di trovarci sfiniti, buttati per traverso sulle brande senza capacità di reazione. Lui ci diceva: “Se siete stanchi, vi capisco. Se non avete voglia di andare in libera uscita, vi capisco. Ovvio che chi rimane in camerata e va a nanna presto, domani sarà più riposato ed avrà maggiori energie degli altri, per cui potrà dedicarsi con impegno alle pulizie a fondo delle latrine”. In tante marce, non ricordo uno che non uscisse a pavoneggiarsi per il Corso sotto gli sguardi stupiti ed increduli dei altri “buffi” colleghi, a volte riuscendo a mascherare sotto un sorriso di superiorità, una reale sfinitezza. Ed intanto, proprio in quel negozietto del Corso, il mio Cappello era sempre lì, sempre in vetrina ad attendermi: è lo stesso che porto con immutato orgoglio dalla fine del 58° Corso nel giugno di quel 1970.

La nostra Storia: Il Battaglione “Monte Grappa” di Giuseppe Zonta

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e acque del Brenta infuriato hanno sconvolto l’archivio storico della Sezione ANA di Bassano. Questa notizia del 1966, anche se mitigata da cento altre disgrazie nel territorio bassanese, non è ancora stata dimenticata, basti ricordare il Ponte ligneo, patrimonio ed emblema della città degli Alpini, paurosamente incurvato e quasi divelto dalla furia del fiume, ma tenacemente aggrappato alla Sede alpina sulla sponda. Tra le vecchie carte, tuttora in fase di recupero e catalogazione, abbiamo trovato un quaderno che raccoglie alcuni fogli dattiloscritti: il titolo di copertina è «Squadrario Anno XXI – Btg. Alpini Monte Grappa». All’interno, in prima pagina «10° Regg. Alpini – Battaglione Monte Grappa – Bassano del Grappa» ed il completo Quadro Comando: COMANDANTE: VICECOMANDANTE: AIUTANTE MAGGIORE: ADDETTI: CAPPELLANO: ALFIERE:

nomi. In essa appaiono, oltre ai nomi già visti nel “Quadro Comando”, quello di molti nomi illustri bassanesi dell’epoca: Azzalin Dr. Ettore, Bellò Arrigo, Dall’Oglio, Gasparotto, Nardini, Stecchini, Velo Cons. Naz. Prof. Nino; ed anche altri in servizio militare come De Cia Gen. Comm. Amedeo, Zilio Giovanni Maria, ecc. Note: Nella tabella non appaiono molti Gruppi ANA attuali, semplicemente perché di costituzione successiva, oppure perché non ancora aderenti alla Sezione bassanese. L’anno XXI dell’Era Fascista corrisponde al periodo dal 29 ottobre 1942 al 25 luglio 1943. Dal 1° settembre 1938 per disposizioni superiori, miranti a una militarizzazione più marcata delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma, l’A.N.A. obbligatoriamente mutò denominazione con «10° Rgt. Alpini», le Sezioni e Sottosezioni con «Battaglioni e Compagnie», i Gruppi con «Plotoni», infine tutti i Presidenti e responsabili ai vari livelli divennero «Comandanti». Questo cambio di denominazione rimarrà in vigore fino ai noti eventi legati all’8 settembre 1943 e alla caduta definitiva del Regime. Lo schema organizzativo delle Compagnie che raccoglieva insieme più Plotoni viciniori rimane (probabilmente) ancora oggi con la suddivisione dei numerosi Gruppi della Sezione “Monte Grap-pa” in vari «Mandamenti». Analogo discorso vale poi per il nome stesso «Monte Grappa» della Se-zione prontamente ricostituita e rinnovata in Bassano dopo la guerra. Infine, la considerazione sul numero alquanto ridotto dei Soci dei Plotoni, dovuto al fatto che non pochi Alpini erano stati richiamati alle Armi per le varie campagne di guerra.

Ten. Col. CIMBERLE Dr. Cav. Ugo Cap. BALESTRA Sig. Giovanni Cap. GIACOBBO Cav. Giovanni Magg. SOLAGNA Bruno; Ten. AGOSTINELLI Dr. Ettore; Cap. BELTRAME Cav. Orazio; Maresc. PAROLIN Domenico Cap. Magg. MAGNAGUAGNO Don Antonio Alp. DAL SASSO Giovanni Il quaderno continua con lo schema delle otto Compagnie e relativi Comandanti e, a fondo pagina, la Scuola Allievi Ufficiali Alpini. Ancora, nelle pagine successive, il dettaglio dei singoli Plotoni con elenco dei Soci iscritti, ma, per semplicità riassumiamo tutto in tabella indicando solo il numero soci. Ci soffermiamo un momento, però, sul primo elenco, quello titolato “SEZIONE”, poi, nella tabella, “Stato Maggiore” con una lista di 50

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Sul Ponte di Bassano

dal museo

Le armi della Prima Guerra Mondiale Gebirgskanone 7,5 cm Model 15 di Gabriele Peruzzo

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l nostro museo sezionale conserva ormai da molti anni un ospite che si è distinto in 50 anni di servizio attivo, stiamo parlando del Gebirgskanone 7,5 cm Model 15 (secondo la corretta dizione austriaca) o obice da montagna 75/13 come meglio lo conoscono i nostri più anziani artiglieri da montagna italiani. Questo pezzo di artiglieria è legato a doppio filo con la storia dell’impiego delle truppe alpine nella prima e seconda guerra mondiale, per intenderci Giulio Bedeschi in “Centomila gavette di ghiaccio” racconta le vicende della 26° Batteria in terra di Russia, equipaggiata proprio con questo obice di provenienza austriaca. L’obice da montagna in questione nacque dall’esigenza di equipaggiare con materiale più moderno, i reggimenti di artiglieria da montagna dell’Imperiale e Regio Esercito Austroungarico, le maggiori industrie Asburgiche presentarono i prototipi già nel 1911 ma fu la Skodawerke A.G. Waffenfabrik di Pilsen a superare i severi test iniziali. Test che portarono all’evoluzione del modello iniziale denominato M11 in M12 e successivamente con ulteriori miglioramenti in M15 che vide l’adozione e l’assegnazione ai Gebirgs-Artillerie-Regiment solo a guerra iniziata.

sequestrato all’interno del piroscafo Bayern diretto in Cina catturato a Napoli nel 1914. L’impressione positiva destata dall’efficienza del pezzo fu tale che si decise di replicarlo assegnando la commessa alla ditta Ansaldo, tuttavia la conclusione della guerra vide la sospensione con la produzione di solo qualche esemplare. Dopo la vittoriosa fine della guerra, l’Italia si trovò tra le mani un’ingente bottino tra cui 392 pezzi completi M15, altri 268 pezzi completi e 55 bocche da fuoco furono ceduti dall’Austria successivamente come riparazione dei danni di Guerra. Rispetto al materiale in dotazione ai Gruppi di Artiglieria da Montagna Italiani nel corso della grande guerra, l’obice M15 oltre al maggior calibro e gittata, aveva anche migliori qualità balistiche, anche se più pesante, considerando le condizioni disperate delle casse del regno dissanguate da 3 anni di guerra, l’adozione del modello rinominato 75/13 ebbe luogo già dai primi anni ‘20 come nuovo pezzo da montagna. Nel corso degli anni ‘30 vennero sviluppate nuove munizioni più performanti che aumentarono la gittata fino ad oltre 9 km, munizioni a carica cava per uso controcarro e ruote in lega di alluminio per trainare il pezzo su strada. Viste le esigenze dei reparti di artiglieria da montagna e da campagna, ne fu anche ripresa la produzione a cura dell’Arsenale di Napoli sia come pezzi completi che come parti di ricambio. Nel 1939 l’Esercito Italiano poteva contare su 1200 obici circa che andavano ad equipaggiare le Divisioni Alpine, i Reggimenti di artiglieria da campagna ed i Gruppi di difesa mobile di aeroporti. Il Regio Esercito lo ha Utilizzato su tutti i fronti interessati dalle operazioni della seconda guerra mondiale dando prova di rusticità sia nel deserto dell’Africa Orientale che nelle steppe Russe. Al termine delle ostilità si poterono contare solamente 203 pezzi sopravissuti alla guerra, che furono inviati all’Arsenale di Torino per essere revisionati, ricostituito l’Esercito Italiano nel 1947, questi furono riassegnati alle Brigate Alpine in ragione di un Gruppo ciascuna su 3/4 batterie da montagna. L’obice da 75/13 restò in servizio fino al 1964, anno in cui venne definitivamente sostituito dal moderno obice Oto Melara 105/14 modello ‘59, ottimo pezzo ideato e realizzato in Italia con un buon successo commerciale con esportazione in vari paesi del mondo. L’esemplare che noi custodiamo in museo è un’originale preda bellica di produzione Skoda, ovviamente il peso degli anni si fa sentire, è già prevista una profonda opera di restauro per consentire al nostro centenario di guardare al futuro senza preoccupazione. Quello che non và mai dimenticato però è che dietro agli M15 come ai 75/13 in oggetto, c’erano artiglieri di tanti eserciti, moltissimi uomini che adempiendo al proprio dovere di soldato non sono più tornati a casa…………

Artiglieri Tedeschi con il Model 15

La bocca da fuoco calibro 75 mm è realizzata in acciaio con otturatore a cuneo scorrevole (peso totale kg 106), è accoppiata ad una slitta (kg 95) ed il tutto rincula sopra una culla che ne guida il movimento retrodago e che monta anche il freno idraulico che assorbe l’energia sviluppato dallo sparo (peso totale kg 98). Il complesso è montato su di un affusto che ne garantisce la mobilità, diviso in testata dell’affusto (kg 110), coda dell’affusto (kg 51), ruote (kg 50), scudo dell’affusto (kg 86), scudo per le munizioni (kg 65) e cassetta con 3 colpi (kg 26 circa). Il pezzo può essere someggiato dividendo il carico in soli 6 muli, inoltre può essere trasportato da 24 uomini oppure trainato con timonella da 2 cavalli, il peso totale in batteria è pari a kg 613 con cadenza massima di 20 colpi al minuto. L’M15 è in grado di fare fuoco utilizzando granate da kg 6,5 antiuomo (schrapnell), esplosive da kg 6,2, del tipo misto dirompente/ schrapnell da kg 6,3 circa ed infine granate caricate con vari tipi di gas asfissianti. La carica di lancio è divisa in 3 parti più una carica aggiuntiva, la gittata massima con elevazione a 50° è circa 7 km. Tra il 1915 ed il 1918 furono costruiti dalla Skoda ed da altre aziende subappaltatrici, oltre 2100 obici da montagna M15 che andarono ad equipaggiare anche gli eserciti Tedesco, Bulgaro e Turco. Il Regio Esercito Italiano utilizzò obici M15 già nel corso della prima guerra mondiale grazie al materiale

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Il generale GIARDINO premia i suoi soldatini di Gianni Idrio

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a ricerca storica, a volte, recupera notizie preziose attraverso percorsi strani. E’ un’esperienza che capita spesso. Qualche anno fa la Regione aveva diffuso tra le scuole Superiori di tutto il Veneto un cofanetto con un opuscolo ed alcune bandiere. L’opuscolo, in particolare, offriva una stringata ricostruzione delle principali vicende succedutesi nell’immediato periodo dopo Caporetto. C’erano anche alcune fotografie, in bassa risoluzione, e di formato molto piccolo. In una didascalia di una di esse stava scritto: “La premiazione dei difensori del Grappa. Il Generale Giardino parla ai soldati”. Non c’era alcuna indicazione né di data né di luogo. Tanto, però, fu sufficiente per attirare la mia attenzione. I nomi del Grappa e di Giardino fanno sempre presa. Era evidente che la foto riprendeva una (ancora) imprecisata località nella pianura a sud del Grappa. Crespano? Fonte? San Zenone? Non c’era molto margine di scelta. Lo sfondo era abbastanza indicativo. Ma dove, di preciso? Ed in che occasione il generale Giardino, Comandante della IV Armata, aveva premiato, con tanto di cerimonia solenne, i “suoi soldatini”, come era solito chiamarli? Alcune errate supposizioni mi avevano portato fuori strada, in un primo momento. Poi, ecco, all’improvviso, l’imbeccata giusta. Nel libro-diario “Vita in guerra. 1915 – 1918”, scritto dal fante Ciro Fanìa, della 208^ Compagnia Mitraglieri Fiat, appartenente al XVIII Corpo d’Amata, egli raccontava un episodio che aveva un diretto collegamento con la foto oggetto della mia ricerca. Dopo essere rimasta in linea per ben 100 giorni, la sua compagnia ebbe l’ordine di scendere in pianura per il tanto sospirato cambio. Partendo dal Cason del Sole, in Val delle Mure, e marciando tutta la notte del 21 giugno 1918, finalmente raggiunse la località Guardiaboschi, oggi meglio conosciuta come “Castegner dea Madoneta”, comune di Crespano. “La sera del 23 giugno il bollettino di guerra annunciò che gli Austriaci la notte del 22 si erano ritirati di là dal Piave ed i nostri li avevano inseguiti fino a raggiungere le posizioni da loro prima tenute”. In altre parole stava terminando la cosiddetta battaglia del Solstizio. “Venne il 30 giugno. Un ciclista del Comando del XVIII Corpo d’Armata portò l’ordine che il giorno dopo, 1 luglio,alle sette, ci sarebbe stata ad Onè, paesotto trevigiano situato ai piedi del Grappa, una riunione di tutti i capi disponibili della IV Armata. Marciammo per un’ora. Finalmente ar-

rivammo al luogo della riunione, che era un vasto campo, dove erano già sistemati molti soldati con i loro comandanti….. C’erano fanti, alpini, bersaglieri, artiglieri, soldati della Sanità,del Genio, della Sussistenza. Il gen. Giardino, il glorioso (sic) comandante dell’Armata del Grappa, nonché ex ministro della Guerra, diede ordine di stringere il quadrato, affinché i soldati potessero udire meglio le sue parole. Attorno al Comandante l’Armata si potevano notare i generali De Bono (con il suo caratteristico pizzetto bianco), Piacentini, Lombardi, Basso, Ponzio, Nicoletti Altimari, Galati… Il generale Giardino parlò per circa un’ora, lodando tutti, dal Re al Capo del Governo, Orlando, elogiando uno per uno i reparti che avevano profuso le loro migliori energie. Parole come: - Siete il nostro onore; vi faranno lode i vecchi, le madri, le spose, i bambini -. queste parole non le dimenticherò mai.” Ecco allora la quadratura del cerchio. La foto, quella minuscola, preziosa foto aveva finalmente un luogo ed una data: Fonte 1° luglio 1918.

Galà della solidarietà

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l gruppo alpini di Breganze, già coprotagonista, in accordo con tutta una serie di associazioni del luogo che hanno assunto la denominazione di Coordinamento Gruppi ed Associazioni del Volontariato di Breganze, di una raccolta di fondi per terremotati che ha costituito la parte più importante della somma messa a disposizione della Sezione bassanese che a sua volta la l'inoltrerà alla sede Nazionale per gli interventi già programmati in quattro Regioni del Centro Italia è ancora finito negli annali cella generosità. Con il Coordinamento ha collaborato per il successo di una ulteriore iniziativa denominata Gran Galà della solidarietà che si è tenuta nella Palestra dell'Oratorio Don Bosco a Breganze, nelle vicinanze della Chiesa. Il progetto aveva un nome: Ricominciare dalla Comunità. L'iniziativa ha avuto un successo insperato, le somme raccolte sono state ingenti e saranno dedicate, come sta nella vocazione alpina, alla realizzazione di strutture polivalenti per consentire alle comunità di riaggregarsi. Il sindaco di Breganze e le altre autorità tra cui il presidente nazionale

Favero ed il presidente della nostra sezione Rugolo hanno avuto modo di esprimere le più vive felicitazioni per questa opera di alto contenuto sociale.

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I cippi sul Tomba di Gianni Idrio

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cata, Calabria, Re, si dissanguarono subendo perdite spaventose, assieme ai battaglioni alpini del Val Varaita, del Val Pellice, del Val Cordevole, del Monte Granero, del Moncenisio, del monte Arvenis. Difficile ricordarli tutti!! Proprio il 18 novembre si immolarono due degli eroi che oggi ricordiamo: il capitano Alfredo Di Cocco ed il ten. Nino Angelo Oxilia. A mezzogiorno del 18 questi attacchi portarono alla conquista provvisoria di quota 868, quella alle nostre spalle. Ma già la sera furono respinti e dovettero abbandonare la cima del Tomba. Il giorno più difficile fu comunque il 22, sempre di novembre. Gli attacchi austro tedeschi, vista l’accanita, eroica resistenza dei reparti italiani si ripeterono con sempre maggiore intensità. Furono mandate all’assalto le truppe migliori, scelte e specializzate negli assalti in montagna, gli Jaeger, gli Schutzen ed il battaglione del Wurttemberg, nel quale militava anche il ten. Erwin Rommel, destinato a diventare famoso nella seconda guerra mondiale. Nel corso di questi attacchi perse la vita il ten. Giorgio Romani, accorso con il suo 92° della brigata Basilicata a tamponare la falla apertasi sul lato est – verso il Monfenera. I combattimenti proseguirono fino al 28 novembre, portando ad un sostanziale consolidamento delle linee difensive italiane. L’aspirante ufficiale Antonio Ciamarra, l’unico sopravvissuto, dei quattro che oggi ricordiamo, si guadagnò proprio il 28 la medaglia d’oro che gli venne conferita. Vorrei ora tracciare brevemente un profilo dei quattro eroi che oggi ricordiamo. Seguirò l’ordine cronologico dei combattimenti. Alfredo Di Cocco (M.O.V.M) Nato a Popoli (PESCARA) il 1° giugno 1885. Per poter essere ammesso nel 1904 all’Accademia Militare di Torino, dovette sottoporsi ad una dolorosa operazione agli occhi, essendo affetto da una grave forma di strabismo. Nel 1915 ottenne la promozione a capitano e fu trasferito al 5a Artiglieria da fortezza, presso il quale assunse il comando di una batteria di stanza nell’isola di Burano, nella laguna veneta. A Burano conobbe la maestra Ines Vio, che sposò nel marzo del 1917, appena 6 mesi prima di cadere qui sul Tomba-Monfenera, e da cui non ebbe figli. Nel settembre del 1917 gli venne assegnato il comando del gruppo ONEGLIA. Fu coinvolto nel gigantesco ripiegamento attraverso la pianura friulana e riuscì a raggiungere le nuove posizioni sul Monfenera, dove l’intero settore era affidato al IX corpo d’Armata, 17a Divisione, composta dalle brigate Basilicata e Como. Alle 4 del mattino del 18 novembre i pezzi imperiali schierati sulla sponda sinistra del Piave aprirono il fuoco d’infilata contro la dorsale del Monfenera, proseguendolo fino alle 8, 30, ora in cui si sviluppò l’attacco delle fanterie. Questo attacco venne fermato sul Tomba, dove gli assalitori furono respinti dal tiro violento delle artiglierie italiane, mentre riuscì sulla destra dello schieramento. Gran parte della dorsale del Monfenera andò perduta già in mattinata. E’ nel corso di questo attacco che il capitano Di Cocco ed i suoi artiglieri caddero. Le sue vicende sono ben riassunte nella motivazione con cui gli venne conferita la medaglia d’oro al valor militare.

unedì 1 maggio presso la chiesetta sul monte Tomba, nel corso di una suggestiva cerimonia, sono stati benedetti tre cippi che vanno ad aggiungersi a quello già esistente dal 2014, dedicato al ten. Nino Oxilia. Tutti e quattro i cippi hanno in comune il fatto che sono relativi a due medaglie d’oro e due d’argento al valor militare, conferite in occasione della battaglia d’arresto nel novembre del 1917. Nell’arco di 10 giorni questi eroi hanno compiuto il loro estremo sacrificio. Sembra opportuno, pertanto, rievocare quei tragici giorni. Ricaviamo alcuni spunti dalla relazione di Gianni Idrio:

“Il 24 ottobre 1917 a Caporetto le linee della II Armata italiana vennero travolte dall’offensiva, preparata con cura e scatenata nel cuore della notte, dalla poderosa XIV Armata austro-tedesca del gen. Otto von Below. L’obiettivo, nella migliore delle ipotesi, era la conquista del territorio compreso fra l’Isonzo ed il Tagliamento. Invece, il risultato di quell’offensiva andò ben oltre. Le truppe attaccanti raggiunsero, nel breve periodo di 20 giorni, il fiume Livenza e si affacciarono, ancora incredule, alle sponde del Piave. L’intero Friuli, tutta la provincia di Belluno e tutta la sinistra Piave caddero in mano agli occupanti. La 4a Armata, del gen. Mario Nicolis di Robilant, venne ritirata in fretta dal Cadore e mandata a presidio del massiccio del Grappa, dove le linee difensive erano appena abbozzate. Qui non c’erano trincee degne di tal nome, né caverne o ripari adeguati, non c’era un organizzato e significativo schieramento di artiglieria. Tutto era precario e per forza di cose improvvisato. Attaccati da Nord e da Est, fanti, alpini, artiglieri e bersaglieri dovettero arretrare, subendo progressivamente la perdita del Roncon, del Prassolan, del Tomatico, del Peurna, di Rocca Cisa, del Cornella, dello Spinoncia. Le truppe della Deutche Jaeger Division ebbero il compito di trovare un varco verso la pianura. Va ricordato che questa Divisione poteva contare su una superlativa dotazione di mitragliatrici pesanti e leggere ed era rinforzata da due battaglioni d’assalto, con ampia disponibilità di lanciafiamme. Cosa si opponeva ancora al loro sbocco in pianura? Si opponevano le ultime, modeste alture del Tomba e del Monfenera – un ostacolo apparentemente non proibitivo. A partire dal 18 novembre 1917 i versanti nord ed est del Tomba e del Monfenera furono dunque aggrediti, mentre l’artiglieria austriaca sparava implacabile dalle sue postazioni sopra Segusino e Valdobbiadene. Ed è in questa drammatica situazione che i fanti delle brigate Basili-

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Sul Ponte di Bassano seguito al crollo di Caporetto, la sua brigata il 3 novembre 1917 ricevette l’ordine di ripiegare e di schierarsi lungo la linea Osteria del Monfenera – monte Tomba – casa Naranzine (meglio conosciuta come località “alle betulle”) – Monfenera- Pederobba. Il giorno 10 novembre lo schieramento fu completato e la quota 869 risultò saldamente in mano alla brigata. Tutto precipitò il 22, quando le truppe austro-tedesche sferrarono un ulteriore poderoso attacco con l’utilizzo dei propri reparti specializzati – dotati di mitragliatrici e lanciafiamme, i famosissimi Jaeger. Il reggimento sbandò, operò un riallineamento fino al costone di Campore Alto, subendo la perdita di 88 ufficiali e 1895 soldati di truppa, con numerosi dispersi. Il giorno 26 arrivò finalmente l’ordine di scendere a Crespignaga di Maser, per ricostituirsi. Per il ten. Giorgio Romani l’ultima ora terrena scoccò tra le 10 e le 11 di quel fatidico 22 novembre, come ha dettagliatamente ricostruito nel libro “Una vita breve” la nipote avvocato Grazia Romani, che ci onora oggi della sua presenza. Motivazione della M.A.V.M. “Si slanciava spontaneamente sulla linea del fuoco, e riorganizzati alcuni reparti rimasti privi dei loro ufficiali si poneva alla loro testa e li conduceva, con mirabile coraggio e fermezza, ripetute volte all’assalto incitandoli con parole e con l’esempio, finché cadde colpito a morte al grido di “Italia, Italia.” Aspirante ufficiale Antonio Ciamarra (M.O.V.M) Nato a Napoli il 25 agosto 1891. Dopo essersi laureato in legge nel giugno del 1914 a Napoli venne chiamato alle armi ed assegnato, dapprima, al 1° reggimento bersaglieri, dal quale fu destinato, a guerra iniziata, a frequentare il corso di allievo ufficiale. Ne uscì col grado di aspirante ufficiale nel settembre del 1917, raggiungendo subito dopo il battaglione alpini Moncenisio, allora in linea in Cadore, il 30 ottobre 1917, giusto in tempo per prendere parte al ripiegamento lungo la valle del Piave, al termine del quale, prese posizione sulla sponda destra del fiume, per risalire il 27 novembre sul massiccio del Grappa, nel settore del monte TombaMonfenera. Gravemente ferito durante il contrattacco italiano del 28 novembre, venne ricoverato in ospedale, dove subì l’amputazione del braccio destro, rimasto dilaniato dalle molteplici ferite. Ritornato alla vita civile, si dedicò alla pratica forense, rivestendo numerosi incarichi nelle Associazioni combattentistiche, tra cui quello di presidente dal 1945 al 1967 del gruppo Medaglie d’Oro, del quale fu uno dei soci fondatori. Morì a Roma il 23 ottobre 1967. Motivazione della M.O.V.M. “Comandante del primo plotone di attacco contro una forte e ben munita posizione, si slanciava all’assalto con magnifico impeto. Gravemente ferito da una pallottola esplosiva, impavido incitava con la parola e con l’esempio i suoi sottoposti a proseguire nella lotta, spingendosi egli stesso fin sotto il reticolato nemico. Ferito nuovamente per ben sette volte, con fulgido eroismo continuava ad incitare i suoi soldati alla resistenza fino a che, esausto per le numerose ferite, dovette essere portato via quasi esanime.” Monte Tomba, 28 novembre 1917.

“Comandante di un gruppo di montagna, in posizione avanzatissima, con le sue batterie già duramente provate da intenso fuoco tambureggiane, seppe, con fuoco efficacissimo, decimare e disperdere dense masse di fanterie nemiche lanciate all’assalto. Violentemente controbattuto dall’artiglieria avversaria, rispose col suo fuoco finché, perduti a uno a uno tutti i suoi pezzi, distrutti o sepolti sotto le piazzole franate, caduti o feriti quasi tutti i suoi ufficiali, in piedi, tra i suoi cannoni smontati, chiamati a raccolta i pochi artiglieri superstiti, faceva loro inastare le baionette ed alla loro testa si slanciava contro le folte, incalzanti ondate nemiche, cadendo fulminato da mitragliatrice. Fulgidamente eroico nel suo sublime sacrificio” - Monfenera-Tomba, 18 novembre 1917. Nino Angelo Oxilia (M.A.V.M.) Nato il 13 novembre 1889 a Torino. Conseguita la maturità classica e iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Torino, cominciò ben presto a lavorare come giornalista e pubblicista. Scrisse liriche, componimenti letterari di vario tipo e, soprattutto, il suo più conosciuto romanzo intitolato “Addio, giovinezza”, tema che verrà ampiamente sfruttato in epoca fascista. Da buon patriota Oxilia si arruolò come ufficiale di artiglieria. Dopo Caporetto ricevette l'ordine di resistere e contrattaccare ad oltranza. Oxilia chiese ed ottenne un posto in prima linea. Fu al comando di alcune batterie che, sul monte Tomba, contrastarono l'avanzata dei «cacciatori del Wurttemberg», Lo sbarramento riuscì e gli austrotedeschi non poterono dilagare nella pianura trevigiana. Nel corso di combattimenti aspri e sanguinosissimi il 18 novembre 1917 il pezzo comandato dal ten. Oxilia in località Campore saltò in aria con i suoi artiglieri. Proprio in quel 18 novembre 1917 che fu fatale al ten. Oxilia il gen. Ruggeri Laderchi – comandante della 47a Divisione - faceva annotare nel diario storico del IX Corpo d’Armata: “… Confermo che bombardamento nemico continuò intensissimo su tutto il fronte della 17a Divisione, recando danni e gravi perdite anche a nostre batterie da montagna e da campagna. Forze nemiche, malgrado ininterrotto tiro delle nostre artiglierie, continuano ad addensarsi contro la nostra linea da monte Palon al Monfenera” Ten. Giorgio Romani (M.A.V.M.) Nato a Torricella Sicura (Teramo) il 13 aprile 1884. Si dedicò con entusiasmo agli studi, compiendo dapprima il Liceo a Teramo e laureandosi in legge, poi, ad Urbino. Subito si dedicò alla carriera forense. Maturò gradatamente i suoi ideali di unità nazionale e di fratellanza universale ripercorrendo l’insegnamento di Giuseppe Mazzini, fino ad abbracciarne l’idea repubblicana. Divenne un interventista convinto e svolse la sua opera a favore della partecipazione dell’Italia al primo conflitto mondiale per Trento e Trieste libere. Una volta proclamata la guerra all’Austria, fu tra i primi a partire volontario. Divenne sergente, poi sottotenente ed infine tenente. Venne inquadrato nel 92° reggimento di fanteria della brigata Basilicata. In

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vivaio alpino

“Papà, mamma: voglio fare l'Alpino” di Gianantonio Codemo

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Ho valutato quale reparto avrebbe potuto offrirmi più esperienze, ero in dubbio se scegliere Alpini o Paracadutisti, alla fine ho fatto richiesta di entrare negli Alpini dato che la montagna mi ha sempre appassionato e in questo corpo ne è la protagonista. Per accedervi ti sono stati chiesti dei requisiti particolari? Per entrare negli Alpini non ci sono ulteriori selezioni oltre a quelle necessarie per essere arruolati nell'EI, l'unica differenza è che dopo le prime 10 settimane di addestramento generico (il RAV) si viene mandati per altre 8/10 settimane in ambiente montano per l'addestramento specifico condotto dal Centro Addestramento Alpino (il modulo K), mentre gli altri corpi vengono mandati a Cesano oppure a Pisa (per i Paracadutisti). Come e dove avviene la selezione? Ti sei preparato per questa? É stata dura o semplice, perché? Le selezioni per entrare nell'EI vengono fatte nei centri di reclutamento e selezione dell'Esercito; attualmente sono a Foligno, a Roma e a Palermo. Io l'ho fatta a Foligno e si suddivide in 3 giorni: il primo giorno ho svolto le prove fisiche (corsa piana, flessioni e addominali) e due test scritti volti a valutare il carattere e la motivazione personale; il secondo giorno ho fatto il colloquio con uno psicologo e uno psichiatra militare per commentare i test del giorno precedente e valutare ulteriormente il carattere; il terzo giorno mi hanno sottoposto a tutte le visite mediche. Quando e come hai saputo di essere stato selezionato e cosa hai provato alla notizia? Qualche settimana dopo le selezioni è stata pubblicata sul sito dell'Esercito la graduatoria con i nominativi dei vincitori e le loro destinazioni per i RAV (Verona, Ascoli Piceno o Capua). I posti a disposizione erano pochi e le domande di partecipazione moltissime perciò l'ansia di non rientrare tra i selezionati era molta, una volta letto il mio nome e la mia destinazione ho provato una grande gioia e soprattutto una grande soddisfazione: è stata una vittoria e l'inizio di un'avventura. Dove sei stato assegnato subito e in quale arma del corpo? Una volta superate le selezioni si viene assegnati ad un RAV (Reggimento Addestramento Volontari), io appartenevo all'85° RAV a Verona. Sono reggimenti di fanteria dove si svolgono addestramenti basici, si impara la vita di caserma, ti insegnano a leggere una carta topografica, a prendere le coordinate, a maneggiare radio e armi, a marciare, ecc. Inoltre gli istruttori valutano la tua motivazione anche con intense attività fisiche e le prime settimane lo stress è alto appunto per scremare quelli meno portati. Terminato il Rav l'addestramento prosegue con il modulo K, io l'ho fatto a San Candido in provincia di Bolzano. Consiste in un addestramento più specifico soprattutto per quanto riguarda le armi e il tiro, si facevano molti poligoni, ma anche molte marce in montagna, pernottamenti in tenda, movimenti tattici ecc. Superato il modulo K si acquisisce la qualifica di fuciliere e poi si viene trasferiti al proprio reggimento definitivo. Puoi descrivere il tuo primo giorno da soldato? Il primo giorno arrivai con tutti i bagagli in caserma a Verona, alla carraia mi hanno controllato l'identità, poi ci hanno fatto attendere in una stanza enorme dove ci hanno fatto compilare alcuni documenti e successivamente smistato nelle varie compagnie. Dopodiché ci hanno condotto nelle camerate dove ci hanno assegnato le stanze e fatto posare i bagagli, c'era un lungo corridoio con tutte le varie stanze da 8 posti ciascuna e in fondo al corridoio c'era un unico grande bagno. Neanche il tempo di posare la valigia che ci hanno chiamato tutti fuori, ci siamo disposti a cerchio con al centro l'istruttore che ci spiegava le basi della marcia: l'attenti, il riposo, ecc. ci hanno fatto segnare il passo tutti

arco è un ragazzo della nostra terra pedemontana, cresciuto in una famiglia che si potrebbe definire normale, di sani principi si diceva un tempo, oggi invece di rilievo se paragonata alle frequenti cronache dove quei valori spesso sembrano dimenticati. Intraprendente, disponibile, disposto all'innovazione, ma anche alla fatica, dice la mamma; da tempo coltivava la volontà di intraprendere l'esperienza militare presso un reparto di rilievo: gli Alpini, che ne valorizzasse le aspirazioni e lo mettesse nelle condizioni di misurarsi con se stesso e con le sfide impegnative per un soldato di oggi. La famiglia, pur presentandogli le difficoltà evidenziando che avrebbe interrotto il lavoro sicuro, lo ha lasciato libero di decidere, e vedendone la motivazione e la convinzione, l'ha pure incoraggiato a presentare la domanda di arruolamento e affrontare le severe selezioni. Oggi Marco è un Alpino in servizio nella Brigata Julia e la conversazione con lui, di seguito riportata, ne evidenzia la maturata scelta e la soddisfazione per lo svolgimento degli impegni quotidiani “non comuni”, come avrà modo di dire. Come vuoi presentarti? Ciao mi chiamo Marco, sono un ragazzo di 23 anni e da giugno dell'anno scorso sono un volontario in ferma prefissata di 1 anno (VFP1) nell'Esercito italiano; presto servizio nel corpo degli Alpini, presso il Reggimento logistico "Julia". Qual'è la tua formazione culturale (studi frequentati)? Ho il diploma di Stato ad indirizzo agrotecnico acquisito presso l'Istituto Statale di Istruzione Superiore "A. Parolini" di Bassano del Grappa. Hai avuto esperienze professionali prima di arruolarti? Dopo gli studi ho lavorato 3 anni, ho fatto l'operaio/magazziniere e dopodiché il commesso in un paio di aziende della mia zona. Come spiegheresti la tua formazione globale (educativa, sociale, spirituale ecc.)? Ritengo che la mia formazione educativa sia normale, non diversa da tutti gli altri ragazzi della mia età. La scelta di arruolarti è stata condizionata da mancanza di altre opportunità professionali o liberamente scelta, puoi motivarla? La mia scelta di arruolarmi è stata libera. La voglia di provare questa esperienza la coltivavo da quando andavo a scuola, il desiderio di fare qualcosa "fuori dal comune" mi ha sempre attirato. Finiti gli studi mi si è presentata praticamente subito la possibilità di lavorare, quindi questo desiderio l'ho messo un po' in disparte; poi però l'anno scorso la voglia di mettermi in gioco e la voglia di cambiare è ricomparsa, così ho fatto domanda di arruolamento ed ho superato il concorso, licenziandomi da un lavoro a tempo indeterminato. Ho voluto tentare questa strada e, anche se non andrà a buon fine, è sempre meglio aver provato piuttosto di rimanere con il rimorso di non averlo fatto. Quale sequenza operativa hai seguito per fare la domanda? Ha i trovato difficoltà, quali? Mi sono informato sulle procedure di arruolamento sul sito dell'Esercito; quattro volte l'anno vengono pubblicati i bandi di arruolamento per i VFP1 dove sono indicati nel dettaglio tutte le procedure, i documenti e le analisi mediche da portare alle selezioni e tutte le notizie utili. La domanda va fatta online e sempre online viene comunicata la convocazione alle selezioni. Non è complicato, basta fare attenzione a quello che viene richiesto e seguirlo nel dettaglio. Perché hai scelto proprio il corpo degli Alpini?

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Sul Ponte di Bassano litoni tra nord, centro, sud e isole? Siete ugualmente motivati? Tutti resterete Alpini o vorrete cambiare arma/amministrazione? Più o meno il 50% proviene dal sud e isole, il 30% dal centro e 20% da nord. In media quasi tutti vogliono rimanere. Nei territori “fuori caserma” gli alpini in armi sono socialmente inseriti o in qualche modo discriminati dalla popolazione civile? Il mio reparto si trova a Merano, in provincia di Bolzano. Il rapporto con la popolazione è tranquillo, una parte della popolazione parla tedesco e poco italiano ma comunque non ci sono "discriminazioni". Hai frequentato addestramento particolare che ti abbia abilitato al conseguimento di patenti, brevetti, promozioni di grado ecc? Per ora nulla di specifico o particolare, sono in possesso della patente militare per i mezzi commerciali. Sarei dovuto partire per un corso basico di sci dove avrei ricevuto un'abilitazione, ma invece sono stato impiegato qui a Roma. Spero di avere la possibilità di farlo più avanti! Dall'inizio del tuo impiego militare hai mai cambiato reparto, arma, incarico? Perché? No, solo appena arruolato ero in un reparto di fanteria per l'addestramento base. Hai partecipato a qualche missione operativa? Se si, dove e con quale scopo? Ti sei sentito opportunamente preparato? Che giudizio puoi dedurne? Quale attività stai ora svolgendo? Come si svolge? Con quali obiettivi? …Attualmente sono impiegato in operazione Strade Sicure a Roma. Qui facciamo sicurezza in alcuni siti vulnerabili in supporto alle forze di polizia. Prima di venire a Roma ci siamo sottoposti ad un addestramento specifico necessario per operare in questo tipo di situazione. Quali sono stati i momenti più soddisfacenti e quelli più deludenti che hai provato fin'ora? Sicuramente il momento più soddisfacente è stato partecipare ai Cas.T.A. (Campionati sciistici delle Truppe Alpine) svolti a marzo dove ci siamo classificati terzi assoluti alle gare dei plotoni. Sono molto soddisfatto del risultato ottenuto, è stato il coronamento di molte fatiche poiché ci siamo allenati per 5 mesi. Stai per completare il primo periodo di ferma breve, intendi proseguire o no con la ferma? Puoi giustificare la tua scelta? Si, a giugno scade il primo anno di ferma, ma ho già fatto domanda di rafferma per un altro anno. Intendo proseguire perché sono sicuro che ci sono ancora molte esperienze che l'EI mi può offrire. Se intendi proseguire, quali sono gli ostacoli che dovrai superare per continuare il tuo impiego militare? Io da VFP1 posso richiedere fino ad un massimo di 3 anni di rafferma nei quali però non ho la possibilità di avanzare di grado. Attualmente mi sto preparando per il concorso VFP4 che dovrò fare il mese prossimo, con il quale la ferma si allunga a 4 anni e avrò la possibilità di avanzare di grado per passare poi in servizio permanente nell'Esercito Italiano. Grazie Marco, noi tutti ti incoraggiamo e orgogliosamente ti accogliamo nella Grande Famiglia Alpina.

in cerchio per non so quanto tempo! Le prime settimane sono dure sia fisicamente che mentalmente, lo fanno di proposito per spingere i meno portati ad andarsene. Puoi descrivere una settimana “tipo” di addestramento? La mattina la sveglia era all'incirca alle 6, mi facevo la barba, il “cubo” con le lenzuola e la coperta, indossavo la mimetica e alle 6.15 ci si adunava tutti fuori già inquadrati ad aspettare l'istruttore; ci portava marciando fino a mensa per la colazione e poi si faceva l'alzabandiera. Dopodiché cominciavano le attività; al RAV facevamo molto addestramento formale, lezioni in aula su topografia, trasmissioni, armi e tiro, 2 o 3 volte a settimana si andava a correre. Al modulo K una volta a settimana ci facevano sparare e si faceva un escursione in montagna con tutto l'equipaggiamento. Qualche volta si dormiva in tenda oppure facevamo escursioni notturne per migliorare l'orientamento. Ogni settimana facevamo dei test scritti per valutare quanto avevamo appreso durante le lezioni. Si dice che l'addestramento è ora molto più specifico e professionale rispetto alla leva obbligatoria (naia), cosa puoi dire a proposito? Secondo me attualmente gli addestramenti sono più specifici e approfonditi rispetto a quando c'era la leva poiché oggigiorno siamo tutti volontari, nessuno ci obbliga a stare qui (una volta facevi il tuo anno di naja e poi te ne andavi) e dato che l'EI investe soldi e tempo per formare i soldati è logico che le prospettive di carriera sono più lunghe quindi necessitano di un addestramento migliore. Ci sono femmine arruolate nel tuo reparto-caserma, in quale percentuale circa? Si ci sono ragazze, in percentuale sono circa il 10-20%. Queste ragazze osservano lo stesso vostro addestramento oppure svolgono attività in parte specifica? Che rapporto si instaura con loro? Sono all'altezza e motivate come i maschi? Le ragazze svolgono lo stesso nostro addestramento, solitamente si differenzia dai maschi solo nelle prove fisiche (ad esempio se ad un maschio viene richiesto di fare 40 flessioni in 2 minuti, ad una ragazza 30) ma per tutte le altre attività non cambia. Sono molto motivate e con loro si sviluppa lo stesso legame di amicizia e fiducia che con i maschi. Come si svolge la vita extra addestrativa: cameratismo, nonnismo, momenti liberi, orari, pasti (ranci) ecc.? Gli orari dal lunedì al giovedì sono dalle 8 alle 16.30 con una pausa a mezzogiorno per il pranzo, mentre il venerdì dalle 8 alle 12 (salvo ovviamente impegni vari che ci possono impiegare qualsiasi giorno a qualsiasi ora, comprese le festività). Se non ho altri impegni solitamente il weekend lo sfrutto per andare a casa. Episodi di nonnismo non ne ho mai visti è chiaro però che sei l'ultimo arrivato e devi portare rispetto a tutti. Nei momenti liberi ci si rilassa un po', c'è chi li dedica agli hobby, si va in palestra, qualche volta al poligono civile a sparare qualche colpo, la sera si esce con i colleghi a bere una birra, se c'è qualche evento tipo compleanni ecc. si festeggia, nel periodo invernale si va a sciare, ecc. I momenti di svago non mancano. Puoi distinguere percentualmente le provenienze dei tuoi commi-

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L'esperienza da VFP1 di Mauro Baggio

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ono un alpino del gruppo di Rossano Veneto della sezione Monte Grappa e volevo raccontare la mia esperienza da VFP1 (volontario in ferma prefissata di 1 anno). Come tutti noi sappiamo l'ultimo giuramento di leva obbligatoria risale al gennaio 2005. Gli ultimi a partire per la “naja” furono i ragazzi della classe 1985 e, successivamente introdussero il servizio militare volontario. Io, dell'anno 1987, volevo farlo il militare e così ho iniziato ad informarmi finché il 22 luglio del 2008, in internet, ho trovato il bando di domanda di ammissione all'arruolamento per volontari in ferma prefissata di un anno nell'esercito italiano. Ho compilato la domanda e mi sono recato al Distretto di Comando militare dell'esercito “Veneto” (il nostro distretto ha sede a Padova alla caserma “Piave”) a consegnarla. Il 15 settembre sono stato chiamato a Bologna al centro selezione VFP1 per fare le visite fisico-psico-attitudinali. Ho dovuto portare anche gli esami del sangue, il certificato di buona salute, il referto dell'analisi completo delle urine e il referto dell'esame radiografico del torace. Queste sono le 10 visite a cui mi sono sottoposto: Fisiche= • visita medica generale; • visita oculistica; • visita otorinolaringoiatrica; • elettrocardiogramma e visita cardiologica; • spirometria; • esame urine + D.T. Psicologiche= • test MINNESOTA (è una prova scritta con 567 domande da rispondere vero o falso entro il tempo di 60 minuti per valutare le principali caratteristiche della personalità); • colloquio con lo psicologo; • colloquio con lo psichiatra; • colloquio con il colonnello. Dopo aver concluso tutte le visite il risultato è stato: IDONEO per il 4° blocco 2008. Il giorno 09/12/2008 mi sono presentato presso l'85° RGT “Verona” caserma “G. Duca” con sede a Montorio Veronese VR (caserma di addestramento, immensa, 5 km circa era il suo perimetro). In Italia c'erano, oltre a Montorio, solo altre 2 caserme di addestramento: Capua (CE) e Ascoli Piceno (AP), quest'ultima riservata solo alle donne. Il mio Reggimento, l'85°, era formato da circa 1200 volontari, divisi in 2 battaglioni, a sua volta divisi in 6 compagnie, ognuna divisa in 2 plotoni. Io facevo parte del secondo battaglione, 5a compagnia Cobra, primo plotone. Qui ho fatto il RAV (Reggimento addestramento volontari), ex CAR, con durata di 10 settimane. I primi 15 giorni si aveva la possibilità di prosciogliersi cioè gettare la spugna, ritirarsi e tornare alla vita di prima. Alcune attività svolte durante il RAV: ore 06.30 sveglia, igiene personale (ogni mattina dovevamo farci la barba e i capelli dovevano essere corti. Ricordo che l'acqua delle docce era gelida), fare il cubo, ore 08.00 alzabandiera, ho imparato a fare il saluto, l'”At-tenti” e il “ri-poso” (nella fase “at” bisognava “schizzare” la testa all'indietro, mentre nella fase “tenti” bisognava portare le mani e le braccia aderenti lungo i fianchi, il dito medio nella cucitura dei pantaloni, alzare il ginocchio sinistro e sbattere il tallone a terra attaccato al tallone destro e le punte erano a 45° in modo che ci passasse la punta di uno scarpone), poligono di tiro, smontaggio- montaggio (anche da bendati),manutenzione dell'arma e lancio della bomba (OD82 lanciata a Salorno BZ). Ho im-

parato a marciare senza e con il fucile; in seguito ho avuto il compito di accompagnare il plotone. A turno facevamo il piantone, prove per il giuramento, tanta attività fisica (addominali, flessioni, corsa 2000 metri, marcia zavorrata di 15 km con zaino affardellato di 10 kg ed armamento individuale) e tutte le sere ore 23 contrappello. Oltre all'addestramento pratico c'era anche l'addestramento teorico dove si studiava: il libro del manuale del combattente, primo soccorso, la Costituzione Italiana, il Codice Penale Civile, il regolamento di disciplina Militare, la protezione anti NBC (maschera M59 con filtro M58 / maschera 90 con filtro M91), topografia con uso della carta topografica, apparecchi radio, tecniche di combattimento (es. passo del leopardo), mascheramento, armi e tiro (il nostro fucile in dotazione era il beretta AR 70/90 caratteristiche= peso: 4,730 kg, lunghezza: 995 mm, lunghezza canna: 450 mm, calibro: 5,56 x 45 mm Nato, serbatoio: 30 colpi, gittata utile: 400 metri, gittata massima: 2500metri).

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Sul Ponte di Bassano Il RAV si è concluso con la cerimonia di giuramento il 27 febbraio 2009. Il 03 marzo 2009 lasciai la caserma “G. Duca” e fui destinato al corpo degli alpini, al Reparto Comando supporti tattici tridentina di Bolzano (caserma O. Huber”). Caserma logistica. Ci rimasi solo 10 giorni circa. Qui feci più che altro corveè (cioè pulizia del piazzale, delle camerate ecc, ecc) e 2 turni di guardia armata con fucile SC 70/90 (presenta le stesse caratteristiche del beretta AR 70/90 utilizzato al RAV, la differenza sta solo che l'AR è una versione standard, è in dotazione alla fanteria e ha il calcio fisso mentre l'SC è in dotazione delle truppe speciali quindi degli alpini e ha il calcio pieghevole per ridurre l'ingombro longitudinale). Il servizio di guardia era organizzato in un turno di giorno e un turno di notte alternati ognuno in 2 ore alla “porta carraia” e 2 ore “all'ingresso pedonale”. Alla “porta carraia” si segnavano su un registro tutti i mezzi militari che uscivano ed entravano nella caserma: la loro targa; il nome, cognome, grado del conducente e l'ora. Si alzava e si abbassava la sbarra. Negli alpini c'era l'usanza che quando entrava e usciva il Comandante della Caserma ci si metteva sugli attenti, con un fischietto si fischiava un colpo forte, deciso e lungo e si salutava, lui di solito contraccambiava il saluto e tutta la caserma sentendo il fischio doveva mettersi sugli attenti, poi appena passava bastavano 2 colpi forti, decisi e corti per segnalare il riposo. Alla “pedonale” invece si controllava chi entrava in caserma (a piedi) e i loro documenti. Poi fui aggregato alla Base di Corvara in Alta Badia (BZ) al Villaggio Alpino “F. Tempesti” dove ci rimasi tutti i restanti 9 mesi. Mi diedero l'incarico di: “Operatore elaboratore elettronico”. Dopo 3 mesi circa di servizio fui promosso al grado di caporale. Cosa che ora è riservata solo agli VFP4 (volontari in ferma prefissata di 4 anni). Alla Base di “Corvara” per montare di guardia dovetti rinnovare il patentino dei colpi (porto d'armi), ogni 3 mesi infatti bisognava fare un poligono altrimenti non si poteva fare il servizio di guardia, e così andai a Bolzano per fare il poligono di tiro, si sparava all'aperto non più in galleria come a Montorio Veronese, e non più con il fucile beretta AR 70/90 ma con l'SC, ad una distanza non più di 25 metri

ma bensì di 100 metri. I colpi erano 30 in piedi, 30 in ginocchio e 30 a terra. Il tenente di Compagnia gridava: caricate; il secondo ordine era: puntate; e il successivo era: bersaglio a 100 metri, fuoco. Ognuno nella sua piazzola sparava e appena finiva ci si mettevamo sugli attenti e si urlava: “Comandi, piazzola numero es1, arma scarica in sicura”. Alla fine passava il Comandante e ti faceva “l'ispezion arm”. Oltre alle guardie, al Villaggio Alpino “Tempesti” feci parte anche del minuto mantenimento (tutta una serie di piccole manutenzioni, riparazioni della caserma, es ritinteggiatura, vetri da sostituire, tagliare l'erba ecc, ecc.), feci servizio in mensa e allo spaccio (bar militare). Mi sono congedato l'08/12/2009. Erano già passati 12 mesi. All'inizio è stata un'esperienza dura: gli istruttori cercano di farti intimorire, specialmente nelle prime settimane, fanno “teatro”, cercano di stressarti al massimo a livello fisico e psicologico per farti prosciogliere, ti insultano, ti urlano dietro, ti continuano a dire: “Vali meno di una m***a, vali meno di zero”, ti lasciano ore ed ore fuori immobile inquadrati nel piazzale della compagnia sotto la pioggia. Le camerate non hanno riscaldamento, l'acqua delle docce sempre gelida per tutte le prime 10 settimane, la licenza per andare a casa la concedevano solo una volta al mese. Ma nonostante tutto questa è stata un'esperienza bella, che mi ha insegnato: – ad essere più indipendente (es. non si ha più la mamma che ti cucina o ti lava i vestiti oppure che ti fa il letto); – a sparare; – a stare con gli altri e a relazionarmi con persone differenti, con culture diverse, provenienti da tutta Italia dal nord al sud, ragazzi di città o di campagna, ricchi o poveri; – ad obbedire; – il lavoro di squadra; – la pazienza. Si entrava impauriti perché una casa nuova fa sempre paura ma si usciva quasi piangendo (dal dispiacere).

Grande successo del concerto "Aiutiamo il Ponte"

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iciamolo! È stata una sorpresa per molti! Anzi, una graditissima sorpresa! Il concerto tenuto dalla BlueSingers&Orchestra al PalaBassanoDue, lo scorso 20 maggio, fortemente voluto dalla Sez. ANA Montegrappa, ha riscosso - alla presenza di oltre 1300 spettatori - un successo enorme, pienamente giustificando l’impegno profuso dal Direttivo in primis e da tutti coloro (capigruppo in testa) che si sono a ciò adoperati. Il successo è da considerarsi importante anche perché - inutile negarlo - molti non avevano appieno compreso di cosa si trattasse e di quale importante livello musicale fosse invece la serata proposta. A fine spettacolo (perché di un vero e proprio spettacolo stiamo parlando) non si è sentita una sola voce men che entusiasta per il repertorio eseguito dai quasi 50 coristi e 20 musicisti sul palco e dalle eccezionali voci soliste che hanno impreziosito la musica offerta dalla compagine bassanese diretta da Diego Bru-

nelli. La presenza, poi, di un artista come Saverio Tasca vibrafonista di fama internazionale, ha senz’altro dato un ulteriore tocco di classe, come pure apprezzata è stata la raffinata e discreta presenza delle danzatrici della Scuola Bassano Ballet. Impeccabile la conduzione della serata di Vanessa Banzato. L’obiettivo di una congrua colletta con cui chiudere ufficialmente (anche se come ha precisato il Presidente Rugolo il conto rimane vivo e si potranno ancora fare ulteriori donazioni) la raccolta di fondi indetta dalla nostra Sezione nel 2014 per aiutare il Ponte, è stato così raggiunto. Chissà! Sarebbe bello riproporre annualmente questo concerto, di anno in anno individuando uno specifico obiettivo, tra tutti quelli che sicuramente non mancano nel carnet di impegni della nostra grande Sezione. Pensate: fare del bene (i fondi raccolti, in mano all’ANA sappiamo che vanno sempre a fin di bene) godendo nel contempo di una serata di ottima musica. E perché no?

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Sul Ponte di Bassano

Gemellaggio tra Mondovì e Bassano del Grappa Firmato il primo gemellaggio tra sezioni di raggruppamenti diversi

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l 13 aprile scorso nella sede dell'Ana a Milano è stato firmato il documento ufficiale che stabilisce un gemellaggio tra le sezioni di Bassano del Grappa e di Mondovì. Un atto ufficiale stabilito su una pergamena di cui esistono tre copie, una per ciascuna Sezione ed una per la Sede nazionale. Il presidente nazionale Sebastiano Favero ha voluto presenziare per apporre la propria firma subito dopo quella dei presidenti Giampietro Gazzano per Mondovì e Giuseppe Rugolo per Bassano del Grappa quasi a simboleggiare un atto notarile. Hanno assistito alle cerimonia due folte delegazioni in rappresentanza dei direttivi delle sezioni interessate, che, poco prima della firma si erano incontrate per una rapida rassegna sui motivi di questa decisione e sulle strade che si aprono alla collaborazione futura di sezioni e rispettivi gruppi. Il presidente Gazzano ha ricordato i primi passi che hanno portato all'evento. Sono nati dalla visita di scolaresche piemontesi a Cima Grappa. L'entusiasmo della visita e della ricognizione sui luoghi della Grande Guerra ha fatto così nascere l'dea che si è presto sviluppata in progetto operativo. Da alpini non si è perso tempo e già a metà gennaio una delegazione bassanese ha raccolto l'invito dei monregalesi in occasione della celebrazione del 74 anniversario della battaglia di Nowo Postolajoka. Nelle fasi interlocutorie pre e post manifestazione sono maturati i primi accordi concreti che hanno poi portato alla cerimonia ufficiale di Milano. Va anche detto che la data della firma del Gemellaggio costituisce, per Bassano, un motivo di rafforzamento della memoria degli eventi perché proprio il 13 aprile di due anni fa venne firmato con la consegna delle chiavi della Caserma Monte Grappa (Palazzina Comando) un importante atto per la immissione in uso ventennale degli alpini bassanesi nell'edificio in cui si è già tenuto un periodo della "sei giorni con gli alpini nella protezione civile" che avrà anche quest'anno un altro momento di addestramento riservato ai giovani ed alle giovani tra i 17 ed i 24 anni. Il gemellaggio tra Mondovì e Bassano del Grappa porta con sé anche una grande riflessione sulla opportunità di collaborazione tra le genti venete e le piemontesi. Innanzitutto, come il presidente Rugolo ha ricordato, ci sono molti alpini della sezione Monte Grappa che ricordano il periodo trascorso a Mondovì con piacere e nostalgia ed alcuni fatto parte anche del direttivo. Ma un grande entusiasmo è stato notato anche da parte dei monregalesi che hanno notato negli stessi loro figli e nipoti la gioia e la

curiosità di apprendere la storia sui campi che un tempo furono di lotta in trincea, di assalti e contrassalti, scoprendo la bellezza dei luoghi e l'importanza di riflettere alla luce dei valori di libertà e di progresso che dovrebbero ispirarci. Tutto ciò trapelava dai visi sorridenti dei partecipanti ad un appuntamento che oltre che con la storia, avrà riflessi sugli sviluppi futuri della nostra bella e solidale associazione.

Madonna del Don

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gli alpini intervenuti alla cerimonia che ha avuto inizio con una Messa nella chiesa parrocchiale e poi una sfilata con deposizione di omaggio floreale al monumento ai caduti e quindi tappa finale al monumento alla Madonna del Don dove si è svolta la parte ufficiale della cerimonia con brevi discorsi, saluto del presidente Rugolo ed orazione ufficiale del prof. Vittorio Brunello. Appuntamento all'anno prossimo, con l'impegno di procedere ad una recinzione dell'area in questione da parte del capogruppo di San Pietro.

na bella celebrazione quella svoltasi il 27 maggio scorso con inizio alle 18,30 a San Pietro di Rosà, in onore dei Reduci di Russia. Ancora una volta numerosi i rappresentanti delle varie armi e soprattutto

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Sul Ponte di Bassano

LA GRANDE GUERRA Le medaglie d’oro alpine sul Grappa di Alfeo Guadagnin Le Medaglie d’Oro assegnate sul M. Grappa furono 37, di cui 16 ai reparti alpini (14 alpini e 2 artiglieri da montagna), 14 alla fanteria (di cui 4 ai mitraglieri), 6 ai reparti d’assalto ed 1 all’artiglieria campale. Per gli Alpini il 7° Reggimento Alpini fece la parte del leone con ben 6 decorazioni, seguite dall’8° con 3, dal 3° con 2, il 4°, il 6° e l’VIII Reparto d’Assalto (Fiamme Verdi) con 1. Le prime massime decorazioni vennero conferite all’indomani della Battaglia d’Arresto del novembre-dicembre 1917, scontro che vide le truppe italiane resistere ad oltranza, contro ogni previsione, ad un avversario che pareva inarrestabile. Tre furono le Medaglie d’Oro concesse per i combattimenti su M. Tomba, anche se la decorazione ad Arduino Polla comprende una serie di imprese antecedenti e posteriori (Ponte di Vidor-Asolone) ai combattimenti del 18-22 novembre. Quattro medaglie furono assegnate per gli scontri sul fronte del Valderoa-Val Calcino e altrettante su quello di Col della Berretta-Col Caprile. Capitano Alfredo Di Cocco di Silvino e Emma Arluno, nato il 1° giugno 1885 a Popoli, all’epoca in provincia de L’Aquila, ora di Pescara. Comandante del IX Gruppo di Artiglieria da Montagna. Per poter coronare il sogno di svolgere la carriera militare, si sottopose ad una delicatissima operazione chirurgica per correggere la forma di strabismo che lo condizionava fin da piccolo. Motivazione: «Comandante di un gruppo da montagna, in posizione avanzatissima, con le sue batterie già duramente provate da intenso fuoco tambureggiante, seppe, con rara e pronta perizia, con fuoco serrato, efficacissimo, decimare e disperdere dense masse di fanteria lanciate all’assalto. Violentemente controbattuto dall’artiglieria avversaria, fiero e tenace rispose col suo fuoco finché, perduti uno ad uno tutti i suoi pezzi, distrutti o seppelliti sotto le piazzuole franate, caduti morti o feriti quasi tutti i suoi ufficiali, in piedi tra i suoi cannoni smontati, chiamati a raccolta i pochi artiglieri superstiti, faceva loro inastare le baionette ed alla loro testa si slanciava contro le folte, incalzanti ondate nemiche, cadendo fulminato da mitragliatrici. Fulgidamente eroico nel suo sublime sacrificio.» Monfenera, 18 novembre 1917. La città di Pescara intitolò una delle sue caserme ad Alfredo Di Cocco. Tenente Giuseppe Testolini di Marco e Antonietta de Bellat, nato il 30 settembre 1896 a Venezia. Ufficiale appartenente allo Stato Maggiore del Battaglione Alpini Val Brenta. Motivazione: «Addetto ad un comando di divisione, venuto a conoscenza che il proprio battaglione trovavasi impegnato in combattimen-

to, chiese ed ottenne di rientrare al proprio reparto. Ricevuto l’incarico di fronteggiare, con due plotoni, la critica situazione creatasi con l’occupazione, da parte del nemico, di una posizione dominante, egli, dopo rapida ricognizione eseguita sotto violento fuoco di artiglieria e fucileria avversaria, resosi esatto conto del terreno e del nemico, chiese l’autorizzazione di tosto contrattaccare. Alla testa dei suoi reparti, con calma serena, perizia ed ardimento sublime, attraverso una violenta cortina di fuoco si slanciò all’assalto, giungendo primo sulla trincea nemica, facendovi prigionieri e riconquistando armi e materiali già caduti in mano all’avversario. Incontrò poi gloriosa morte sulla stessa posizione riconquistata, mentre incitava i suoi alpini al grido di Viva l’Italia!». Col della Berretta, 26 novembre 1917. Aspirante Ufficiale Antonio Ciamarra di Giacinto e Adele Contieri, nato il 25 agosto 1891 a Napoli. Aspirante Ufficiale della 102ª compagnia del Battaglione Alpini Moncenisio. Motivazione: «Comandante del primo plotone di attacco contro una forte e ben munita posizione, si slanciava all’assalto con magnifico impeto. Gravemente ferito da una pallottola esplosiva, impavido incitava con la parola e con l’esempio i dipendenti a proseguire nella lotta, spingendosi egli stesso fin sotto il reticolato nemico. Ferito nuovamente per ben sette volte, con fulgido eroismo continuava ad incitare i dipendenti alla resistenza fino a che, esausto per le numerose ferite, dovette essere portato via quasi esanime». Monte Tomba, 28 novembre 1917. Sopravvissuto alle ferite, che lo costrinsero a una lunga degenza fino al 1919, fu promosso Sottotenente solamente nel settembre del 1918 e l’anno dopo a Tenente. Per i meriti acquisiti venne iscritto al Ruolo d’Onore, circostanza che gli permise (senza essere in servizio attivo) ulteriori avanzamenti di carriera fino al grado di Tenente Colonnello. Al termine della guerra iniziò una lunga e brillante carriera nell’avvocatura. Morì a Roma il 23 ottobre 1967. Tenente Marco Sasso di Bortolo e Margherita Gheno, nato il 5 aprile del 1896 a Oliero di Valstagna (VI). Medaglia d’Oro della Sezione ANA di Bassano del Grappa. Ufficiale della 149ª compagnia del Battaglione Monte Pavione. Seppure di famiglia modesta, grazie ai sacrifici dei genitori, Marco


Sasso poté frequentare con profitto le scuole superiori, diplomandosi in ragioneria. Decise di intraprendere la carriera militare e fu ammesso all’Accademia Militare di Modena, da cui uscì con il grado di Sottotenente nel marzo del 1915. Marco Sasso fu assegnato alla 24ª compagnia del Battaglione Intra (4° Regg.) e combatté sul M. Nero, dove dimostrando il suo valore ottenne la Medaglia d’Argento al valor Militare. Nel 1916 fu trasferito alla 149ª compagnia del Battaglione M. Pavione (7° Regg.), lottando sui monti che sovrastano la Valsugana e nel febbraio del 1917 ottenne la promozione a Tenente. Nel novembre del 1917 il Battaglione dovette abbandonare le dolomiti trentine e ritirarsi combattendo verso il Grappa, fungendo da retroguardia. Marco Sasso ed il suo Battaglione raggiunsero il massiccio, ponendosi a difesa del Valderoa, del Fontanel e in Val Calcino. L’11 dicembre il giovane Tenente mosse con il suo plotone all’attacco di una trincea che il nemico aveva da poco conquistato, riuscendo ad espugnarla ma pagando il suo eroismo con la vita. Motivazione del conferimento della Medaglia d’Oro: «Ufficiale di indomito coraggio, muoveva col proprio reparto all’assalto di una forte posizione, dopo di aver giurato di conquistarla o morire. Gravemente ferito in varie parti da una violenta raffica di mitragliatrici avversarie, giungeva ugualmente, per primo, sulla posizione, e gettatosi sulle armi nemiche, ne uccideva i serventi. Nuovamente e mortalmente colpito da una fucilata, rinunziava di essere trasportato ai posto di medicazione, e disposto a morire sulla posizione conquistata, incitava ancora i suoi alla lotta, col grido: “Avanti, avanti alpini, per l’onore del Re e della Patria!. Fulgido esempio di eroismo e di eccelse virtù militari». Monte Fontanel -Val Calcino, 11 dicembre 1917. Una delle palazzine truppa della nostra vecchia caserma “Monte Grappa”, porta il nome del Tenente Marco Sasso. Capitano Manlio Feruglio di Luigi e Anna Vicentini, nato il 28 novembre 1892 a San Trovaso di Preganziol (TV). Comandante della 148ª compagnia del Battaglione M. Pavione. Motivazione: «Fulgido esempio di eccelse virtù militari, durante vari violenti attacchi nemici, ritto sui ruderi della trincea distrutta dai bombardamenti avversari, sempre primo fra tutti ove più grave era il pericolo, seppe infondere alla propria compagnia la ferrea volontà di non cedere, nonostante le perdite ingenti. Ferito una prima volta egli stesso alla testa, non desisteva dal combattere, respingendo valorosamente e tenacemente, con pochi superstiti, i reiterati attacchi di forze soverchianti nemiche, finché una scheggia di granata al petto ne troncava la nobile esistenza». Val Calcino, 11 - 12 dicembre 1917. La caserma di Venzone (UD), sede del Battaglione Tolmezzo venne intitolata a Manlio Feruglio. Capitano Guido Corsi di Enrico e Angela Talkner, nato il 1° gennaio 1887 a Trieste. Comandante della 64ª compagnia del Battaglione Feltre. Motivazione: «Nato in terra irredenta, dopo avere dedicato ai diritti della sua Patria tutto il suo ingegno forte di molti studi, si offerse ai san-

guinosi cimenti della guerra, fulgido esempio di eroismo ai dipendenti che lo amarono, e che, chiamato ad altro ufficio, preferì non lasciare. Ferito mentre strenuamente combatteva, non appena guarito volle subito tornare ai fronte, e vi affrontò sempre faccia a faccia il nemico fuori delle trincee, primo fra tutti, più volte respingendolo con prodigi di valore, anche se superiore di forze. Gloriosamente cadde colpito a morte sulla inviolata trincea, mentre i pochi superstiti della sua compagnia, da lui fino all’estremo animati, rintuzzavano l’avversario». Valsugana, 26 maggio 1916; Cima Valderoa, 13 dicembre 1917. Tenente Giuseppe Caimi di Carlo e Irene Jordan, nato il 19 dicembre 1890 a Milano. Ufficiale della 66ª compagnia del Battaglione Feltre. Motivazione: «Ufficiale di leggendario valore, dopo tre giorni di violentissimo bombardamento e di disperati attacchi nemici, teneva con pochi superstiti, affascinati dal suo mirabile ardimento, una posizione montana di capitale importanza, riuscendo a scompigliare con accanita lotta corpo a corpo le soverchianti forze che l’accerchiavano. Nell’aspra lotta, colpito a morte, cadeva fra i suoi soldati, col grido di Savoia! sulle labbra, segnando ed affermando, anche nella morte, il limite oltre il quale il nemico non doveva avanzare». Cima Valderoa, 14 dicembre 1917. Trasportato nelle retrovie nei vari ospedaletti da campo, a causa della difficoltà di un difficile intervento chirurgico alla testa, i medici decisero il trasferimento in una clinica specializzata. Giuseppe Caimi morirà all’Ospedale della Croce Rossa di Ravenna il 26 dicembre 1917. Tenente Eugenio Garrone di Luigi e Maria Ciaudano, nato il 19 ottobre 1888 a Vercelli. Ufficiale della 6ª compagnia del Battaglione Tolmezzo. Motivazione: «Nonostante la precedente riforma, partì volontario di guerra e, pieno di entusiasmo e di fede, fu costante esempio di valore, di sacrificio e di emulazione fra i soldati, che lo amarono come fratello. In ogni discorso, in ogni lettera rivelò tutta la sua anima di eroico giovane che non compì azione se non prodigiosa. A Coston del Lora, a Dosso Faiti, in violenti e micidiali combattimenti si dimostrò valorosissimo trascinatore di uomini. A Col della Berretta, agognando ardentemente alla vittoria, caduto gravemente ferito, con fervide invocazioni animò i suoi alpini alla resistenza e non volle abbandonare il fratello ferito ed il terreno della lotta, sul quale venne fatto prigioniero. Morì in un ospedale austriaco, ammirato dagli stessi nemici». Coston di Lora, settembre 1916; Dosso Faiti, maggio 1917; Col della Berretta, 14 dicembre 1917. Recuperato sul campo di battaglia dal nemico, morì il 6 gennaio 1918 all’ospedale di Salisburgo.


Capitano Giuseppe Garrone di Luigi e Maria Ciaudano, nato il 10 ottobre 1886 a Vercelli. Comandante della 6ª compagnia del Battaglione Tolmezzo e fratello maggiore di Eugenio. Motivazione: «Dopo il valoroso contegno in Colonia, nonostante la grave ferita colà riportata, domandò ed ottenne un posto d’onore sul fronte d’Italia, dove combattendo con coraggio, riuscì di esempio col suo fascino ai dipendenti. Rifiutatosi di raggiungere il Tribunale di guerra, ove era stato destinato, per non abbandonare i suoi compagni di trincea, con questi, nel ripiegamento dell’Esercito facendo successive difese, si portò sul monte or sacro all’Italia vittoriosa e quivi, combattendo strenuamente, ferito grave, conduceva la compagnia a successivi contrattacchi trattenendo l’avversario, finché esausto e rifiutando ancora di allontanarsi, veniva catturato e poco dopo esalava la sua nobile anima invocando la Patria, il Re, la famiglia, come nelle sue numerose e commoventi lettere dal fronte ad amici e parenti». Carnia, 1916-1917; Col della Berretta, 14 dicembre 1917. A Vercelli la caserma Fratelli Garrone fu per molti anni la sede del 3° Gruppo Artiglieria Campale “Pastrengo”, oggi è sede del Tribunale cittadino. Sottotenente Ferruccio Stefenelli di Giuseppe e Maria Ranzi, nato il 9 luglio 1898 a Trento. Ufficiale della 102ª compagnia del Battaglione Moncenisio. Motivazione: «Nativo di Trento e volontario di guerra, fu sempre primo in ogni combattimento. Vibrante di entusiasmo e di fede, volle partecipare ad un aspro attacco per la conquista di una posizione particolarmente ardua. Conscio del pericolo cui si esponeva e che per la sua condizione speciale era di estrema gravità, alla testa di un nucleo di arditi, risolutamente si slanciava all'assalto, incurante dell'intenso fuoco nemico, che diradava sensibilmente i suoi uomini e, superati i due ordini di reticolati, con impeto travolgente raggiungeva l'obiettivo. Fatto segno a violente raffiche di fuoco da una vicina posizione avversaria con audacia indomabile si slanciava anche su questa, impegnandovi una lotta a corpo a corpo. Ferito gravemente ed accerchiato, coi pochi suoi uomini superstiti, da soverchianti forze nemiche, continuava a combattere con fulgido valore fino all'estremo, rinunciando ad ogni cura e rimanendo infine sopraffatto dal numero». Col Caprile, 16 dicembre 1917. Fu catturato dal nemico nella stessa azione, ma riuscì a salvarsi dal capestro grazie al suo pseudonimo. Al termine del conflitto iniziò una brillante carriera diplomatica. Morì nella sua casa di Mezzolombardo (TN) l’11 maggio 1980. Tenente Arduino Polla di Giovanni e Giuditta Besson, nato il 26 settembre 1884 a Venezia. Comandante dell’VIII Reparto d'Assalto “Fiamme Verdi”. Motivazione: «Ferito gravemente due volte nella stessa azione, disdegnò ogni cura, animato dal solo pensiero di offrire alla Patria ciò che ancora gli rimaneva di forze. Fulgida figura di eroe, rimase imperterrito

sulla posizione sotto l’infuriare dell’ira nemica, esempio di meravigliosa tenacia; finché colpito una terza volta e gravemente, trascinato al posto di medicazione, trovava l’energia di gridare di voler tornare ancora tra i suoi soldati. Audace tra gli audaci, temprato dal pericolo mortale più volte affrontato, abituato a volere per sè l’impresa più rischiosa e più ardita, in tutti i combattimenti fu espressione di vero eroismo, trasfondendo col suo valoroso contegno, con la costante audacia la forza e l’energia nei suoi dipendenti». Ponte di Vidor, Monfenera, Monte Asolone, 10 novembre - 20 dicembre 1917. Arduino Polla fu richiamato in servizio allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale con il grado di Maggiore, combattendo al comando del Battaglione Pieve di Cadore reparto in cui, per meriti di guerra, ottenne una Croce di Guerra al Valore. Fu congedato con il grado di Tenente Colonnello. Si spense a Belluno il 27 ottobre 1955. Nell’intervallo di tempo che intercorse tra la Battaglia d’Arresto e l’offensiva del giugno 1918, conosciuta come la Battaglia del Solstizio, venne assegnata una sola Medaglia d’Oro. La massima onorificenza fu concessa (alla memoria) al giovanissimo Gian Luigi Zucchi, volontario diciassettenne, caduto in un’azione di “rettifica del fronte”. Da fine gennaio del 1918 i battaglioni alpini furono trasferiti nelle Alpi Occidentali ed in particolare nella zona del Tonale. Nella Battaglia del Solstizio le truppe alpine (eccezione fatta per le batterie di artiglieria da montagna), non vi parteciparono e gli scontri furono condotti da reparti di fanteria e d’assalto. Alpino Gian Luigi Zucchi di Filippo e Maddalena Bonazzola, nato il 31 agosto 1900 a Tradate (VA). Soldato della 76ª compagnia del Battaglione Cividale. Motivazione: «Volontario di guerra diciassettenne, si offrì di far parte di un gruppo di arditi che doveva eseguire una incursione nelle linee nemiche. Primo si slanciò all’assalto e combattendo con la baionetta e con bombe a mano, fu di esempio ai compagni, che alla fine, sopraffatti, dovettero ritirarsi. Accortosi che l’ufficiale comandante era rimasto in mano nemica, invitò i suoi compagni a seguirlo e lanciatosi di nuovo sui nemici impegnava una lotta corpo a corpo. Riuscito ad avvicinarsi al proprio ufficiale mentre un soldato austriaco stava per vibrargli un colpo di baionetta, prontamente slanciavasi e, facendo scudo del proprio corpo al suo superiore, riceveva in pieno il colpo a lui diretto. Ferito a morte, sul punto di esalare l’anima generosa, trovava la forza di gridare:Viva l’Italia!». Valderoa, 15 gennaio 1918. Una delle caserme di Cividale (UD), sede dell’omonimo Battaglione dal 1948 al 1963 venne intitolata a Gian Luigi Zucchi. La decorazione al sergente Bucchi, rientra in un periodo di cosiddetta “quiete” delle operazioni, cioè al termine della Battaglia del Solstizio e ancora lontana dall’offensiva italiana di fine ottobre 1918. Si volle premiare un sottufficiale che rinunciò ad una tranquilla vita agiata da emigrato, privilegiando il dovere e l’amor di Patria.


Sergente Novenio Bucchi di Angelantonio e Luigia Morelli, nato il 29 novembre 1895 a Cascia (PG). Motivazione: «Accorso dalla lontana America per offrire la sua ardente giovinezza alla Patria, prese parte alla guerra sempre in prima linea dando continue prove di valore, di disciplina esemplare e di altissimo spirito di sacrificio. Puntatore di un pezzo che in circostanze particolarmente difficili, sotto violento tiro nemico, era riuscito a piazzarsi sulle linee di fanteria, con mirabile fermezza e valore non esitava per due volte, in cui granate mal calibrate incepparono la bocca da fuoco, ad uscire dal riparo degli scudi per infilare lo scovolo nella volata e tentare lo sgombero della culatta con ripetuti colpi sul proietto innescato. Nell’eseguire per la seconda volta la detta operazione, rimaneva ferito da pallottola al petto. Non ancora perfettamente guarito rinunciò alla licenza di convalescenza per rientrare alla sua batteria, ove rinnovò, in ripetute azioni, atti di valore e coraggio non comune. Durante la ritirata dall’Isonzo al Tagliamento volontariamente si offerse per prendere collegamento con la colonna autocarreggiata di munizioni rimasta in territorio già occupato dal nemico, riuscendo con somma audacia, coadiuvato da altro sottufficiale, ad incendiare gli autocarri. Più tardi lavorando in una galleria ricovero, causa lo scoppio accidentale di una mina, riportava ferite multiple e la perdita della vista. Chiudeva così dolorosamente il ciclo dei suoi atti di valore e di devozione al dovere, che quasi come un rito offriva giornalmente alla Patria». Carso (quota 208 sud), 7 settembre 1916; zona di Gorizia, novembre 1916; Pieve di Monte Aperta, 28 ottobre 1917; Monte Grappa, 10 luglio 1918. Nel 1932 fu promosso Sottotenente nel Ruolo Speciale, raggiungendo nel 1958 il grado di Colonnello. Morì a Roma il 5 luglio 1964. Le ultime tre Medaglie d’Oro assegnate agli Alpini, furono concesse per l’impegno profuso durante la Battaglia di Vittorio Veneto dove non solo le Penne Nere, ma tutte le truppe della IV Armata furono lanciate in una serie di attacchi sanguinosi per liberare il Grappa dal nemico e creare un diversivo per l’offensiva principale, che si sarebbe sviluppata sul Piave. Le tre Medaglie d’Oro furono assegnate per atti di valore sul settore orientale della IV Armata: Solaroli, Col del Cuc e Valderoa. Sottotenente Vincenzo Zerboglio di Adolfo e Maria Badoglio, nato il 10 agosto 1898 a Pisa. Ufficiale della 41ª compagnia del Battaglione Aosta. Motivazione: «Fulgido esempio di coraggio e di fermezza, in sanguinosi combattimenti, si distingueva con atti di altissimo valore. Con pochi soldati, affrontava in accanita lotta, un numero di nemici più volte superiore. Ferito una prima volta da una pallottola che gli traforava una spalla, rimaneva fra i suoi, e poiché gli avversari, avuti rinforzi, violentemente contrattaccavano, balzava dalla trincea e, trascinandosi dietro i suoi soldati, ricacciava i nemici, infliggendo loro gravi perdite. Ferito nuovamente ad una coscia, non voleva assolutamente abbandonare il reparto. Rimasto nelle linee, in una nuova

repentina e furiosa ripresa di combattimento, esaltava i suoi uomini con grida di entusiasmo, contenendo prima l’urto degli avversari e ricacciandoli poi, finché colpito in fronte, gloriosamente cadeva, spirando col grido di Viva l’Italia!». Monte Solarolo, 24-26 ottobre 1918. Una delle palazzine della ormai demolita caserma Testa Fochi di Aosta, fu intitolata a Vincenzo Zerboglio. Tenente Angelo Tognali di Pancrazio e Maddalena Cupriani, nato il 14 gennaio 1897 a Vione (BS). Ufficiale della 147ª compagnia del Battaglione M. Pelmo. Motivazione: «Alla testa del proprio plotone, quantunque ammalato, volle partecipare all’attacco di un’ardua posizione fortemente difesa. Incitando, col proprio esempio, i di pendenti e travolgendo, con impetuoso slancio, in breve, ma accanito corpo a corpo, l’aspra resistenza nemica, primo giunse, col suo reparto, sull’obiettivo, validamente concorrendo a conquistarlo e da esso non volle più allontanarsi, sebbene le sue con dizioni di salute si fossero aggravate. Contrattaccato violentemente il giorno successivo, oppose, coi propri dipendenti, nel punto più pericoloso della linea, la più strenua ed ostinata resistenza. Caduti tutti i serventi di una sezione mitragliatrici che era pure ai suoi ordini, accorse egli stesso ad una delle armi, continuando ad eseguire efficacemente il fuoco, finché, reso impossibile il tiro dalla troppo vicina pressione dell’attacco, dando fulgida prova di eroismo, si slanciò, seguito dai suoi, contro l’avversario a colpi di bombe a mano, e, nella furiosa mischia, cadde gloriosamente colpito a morte». Col del Cuc (Grappa), 25 -28 ottobre 1918. Sottotenente Franco Michelini Tocci di Agostino e Antonietta Mochi, nato il 28 febbraio 1899 a Cagli (PU). Ufficiale della 68ª compagnia del Battaglione Pieve di Cadore. Motivazione: «Educato ai più nobili ideali, ebbe ancora giovinetto, sicura coscienza e ferma fede nei gloriosi destini della Patria. Ogni suo pensiero ed ogni sua azione furono un inno all’Italia, principio e fine del suo vivo amore. Nominato ufficiale degli alpini esultò di poter dare forza col braccio alla sua fede ed alla prima prova col nemico; comandante di un’ondata d’assalto contro una formidabile posizione, conduceva con grande slancio e sprezzo del pericolo i suoi soldati, nonostante l’intenso fuoco avversario di mitragliatrici e di bombe a mano, producente gravissime perdite. Costretto ad una prima sosta, raccolti i superstiti, si slanciava nuovamente all’assalto e giungeva primo sulla trincea nemica, ove cadeva eroicamente, rifiutando il soccorso dei suoi soldati e rincuorandoli, dicendo loro: Non pensate a me, alpini! ci sorride la vittoria!». Fulgido esempio di alte virtù civili e militari. Monte Valderoa, 27 ottobre 1918.


Sul Ponte di Bassano

“Il milite… non piu’ ignoto” a S. Zenone degli Ezzelini di Gianni Idrio

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’Associazione Nazionale Alpini, in occasione del Centenario della Grande Guerra, ha proposto, alcuni anni fa, alle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado di tutta Italia un’indagine storica sul primo conflitto mondiale. La guerra 1914-1918 fu un momento fondamentale nella vita di milioni di uomini e si presentò alla loro attenzione con tutta la sua terribile forza distruttiva. La morte di ogni soldato non portò unicamente alla fine della vita di una persona, ma lasciò uno strascico di dolore estremo e difficilmente misurabile. E’ come se questi morti in “grigioverde” avessero continuato ad aggirarsi inquieti, impedendo alla mente di volgersi altrove Ciò si espresse soprattutto attraverso il ricordo funerario. Fu l’epoca dei Sacrari, degli Ossari, dei Parchi della Rimembranza. Tutto doveva essere solennizzato ed osannato. Chi non ricorda il viaggio da Aquileia verso Roma del treno con la salma di quello che sarebbe diventato il Milite Ignoto, all’Altare della Patria? Ma oggi, anche se hanno un nome ed un cognome, gli iscritti nelle nostre lapidi monumentali non ci dicono più nulla o quasi. Chi si sofferma, nelle cerimonie pubbliche, a leggere quei nomi? Sembra che l’unica cosa importante sia deporre la classica corona di fiori. Epigrafi incapaci, ormai, di evocare, come un tempo, il ricordo di un’umanità popolare che ha segnato un’epoca tragica, il ricordo di esistenze mutilate, che riuscivano a trasmettere ai più il vero messaggio celato in quei nomi: MAI PIU’ GUERRE… PER NON DIMENTICARE! Lo scopo, in definitiva, del Progetto “Il milite…non più ignoto” è proprio quello del recupero dei gesti e delle idealità che hanno sanguinosamente animato le generazioni che quella guerra hanno vissuto in prima persona.

Le classi coinvolte vengono chiamate ad interrogarsi, a chiedersi: Cosa sappiamo di questi monumenti? Quanto sappiamo dei nomi riportati in questi monumenti? Quale è l’umanità, il vissuto, il contesto sociale che si celano dietro quei nomi? E’ possibile dar loro un volto? Ricostruirne la memoria? Ci sono ancora dei discendenti? La Sezione ANA Monte Grappa, come previsto dal regolamento del Concorso, ha dato vita ad una commissione per valutare i progetti partecipanti. La commissione era composta da Gianantonio Codemo, da Fidenzio Grego, da Alfeo Guadagnin e da Alberto Strobbe, tutti componenti del Centro Studi e della Redazione della rivista alpina “Sul Ponte di Bassano”. Dopo attento esame dei progetti pervenuti è stato stilato un giudizio, convalidato poi dalla sede nazionale dell’ANA, che ha portato alla seguente graduatoria: Prima e pertanto vincitrice del concorso “Il Milite… non più ignoto” è risultata la scuola primaria Noè Bordignon di S. Zenone, con le classi 5°A e 5B., con il punteggio di 5 su 5. Il massimo! Seconda la scuola primaria di S. Croce di Bassano, col punteggio di 3,2 su 5. Terza la scuola primaria G. Barbarigo di Liedolo di S. Zenone, col punteggio di 1,7 su 5. Le classi vincitrici erano seguite dalle loro insegnanti, maestre Marita BONATO, Cinzia FILIPPIN, Francesca IDRIO. La cerimonia di premiazione si è svolta mercoledì 7 giugno presso il Centro Polivalente La Roggia di S. Zenone. Si sono avuti gli interventi di Patrizia Comin - delegata del Dirigente Scolastico; di Luigi Mazzaro - Sindaco di S. Zenone e di Giuseppe Rugolo - Presidente della Sezione ANA Monte Grappa di Bassano. Tutta la festosa cerimonia è stata impreziosita dagli interventi del Coro Monte Grappa, di S. Zenone, diretto da Filippo Bontorin.

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Sul Ponte di Bassano

CISA di Biella

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ntusiasmante occasione quella di incontrarsi al 21° convegno della stampa alpina che si è svolto a Biella pochi mesi fa. Il tema del convegno tenutosi al Centro Congressi Agorà nella città laniera riguardava l'identità ed i valori collettivi. Voce autorevole al convegno quella del prof. Stefano Quaglia che ha dato come al solito una lettura puntuale degli argomenti del tema. Anche i bassanesi grazie alle riflessioni del prof. Codemo hanno dato il loro apporto che qui vogliamo riassumere. "...l'esperienza che mi porta frequentemente nelle scuole, conferma la constatazione che i giovani sono affascinati dal nostro mondo alpino e ne vorrebbero far parte, non certo o solamente attraverso il racconto storico di vicende epiche degli Alpini, spesso trite e ritrite, oppure raccontando la nostra generosità, il volontariato, l'amicizia, le feste e quant'altro che conoscono bene, bensì partecipando attivamente al quotidiano associativo, da protagonisti. I valori da trasmettere quindi sono loro stessi ben capaci di individuarli, non attraverso decaloghi, regolamenti, dichiarazioni d'intenti ecc. ma attraverso l'esempio, l'esperienza, la concessione di fiducia, anche il sacrificio imitato al nostro fianco e... finiamola di

guardarli con occhio sospettoso: loro, quelli che ci ammirano, sanno bene che prima dei diritti ci sono i doveri...". Una studentessa, invitata al convegno, dice che i giovani sono intolleranti alle imposizioni soprattutto quando si parla di "obbligo" anche se riferito ad un eventuale ripristino della leva. "Nulla di più fantasioso, affermazione poco riflettuta in considerazione del fatto che molti sono gli obblighi che i giovani oggi sono chiamati a rispettare, magari non se ne rendono conto o lo fanno mal volentieri, ma lo fanno: voglio vedere quanti vanno a scuola per loro spontanea volontà; quanti di loro rinunciano al telefonino, magari il più tecnologicamente avanzato, se non per imitazione-ostentazione e questi non sono obblighi? E di questi esempi ciascuno di noi ne avrebbe a volontà. Su questo e su altro c'è da far riflettere e da maturare..." Al prossimo appuntamento che si svolgerà a Trieste avremo modo di valutare i progressi fatti nel campo della formazione dei giovani appassionati al nostro caro tricolore.

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Sul Ponte di Bassano

Riapertura chiesetta di San Bartolomeo

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li alpini della sezione Monte Grappa hanno ancora una volta costituito il nucleo operativo che ha consentito, se vogliamo, la "riscoperta" delle radici storico religiose del nostro territorio. Tra i monumenti "adottati" dagli alpini non c è solo il Ponte che porta il loro nome, ma anche una bella chiesetta che è stata luogo in cui sono stati celebrati in passato tanti matrimoni ispirati non solo alla fede ma anche alla spiritualità del luogo, vicino al Brenta, che, con i suoi capricci ha messo in passato a dura prova le protezioni in muratura. Della storia di questa chiesetta c'è un efficace riassunto in una recente pubblicazione voluta e patrocinata dai comuni di Pove e di Bassano del Grappa con una serie di finanziamenti ad opera di enti e società benefiche e istituti bancari. Gli alpini hanno fatto, come è intuibile, la loro parte regalando l'opera generosa e senza limiti di tempo. Il coordinamento generale è spettato a Lucio Gambaretto, anima di questa iniziativa che vede in testa anche la fondazione

Pirani Cremona. Nella pubblicazione realizzata da Andrea Minchio tutte le competenze ed i meriti vengono elencati puntualmente, quindi rinviamo ad essi che volesse saperne di più. La cerimonia inaugurale con una messa celebrata dall'abate di Bassano don Andrea Guglielmi ha visto coinvolte molte persone che hanno attraversato i campi a piedi per arrivare al luogo simile ad un eremo, dal quale si domina il fiume, fonte di bellezza ma talora anche di forza irruenta. I lavori di recupero erano già iniziati tre anni fa. Ora si possono dire conclusi e forse San Bartolomeo tornerà a brillare di luce propria. Gli affreschi, recuperati, sono al museo. Le copie si trovano lì come gentili promemoria per i viandanti. Lunga vita alla chiesetta, come augura il presidente Giuseppe Rugolo nel suo discorso di prefazione.

Relazione assemblea delegati

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cercato di avere da essi più informazioni da fare circolare tra noi. Si tratta ora di trovare il giusto equilibrio per non perdere di vista l'essenziale, magari indugiando su fin troppi e frammentati episodi, pur lieti, di ricorrenze legate ad anniversari ed a nascite. Su queste ultime arrivano ormai tante segnalazioni in cui non si capisce se il nonno fotografato sia quello paterno o quello materno, o magari uno zio o un cugino. Ricordo a tutti che il desiderio legittimo di avere notizie personali può essere risolto aspettando l'inserimento nel sito che è stato predisposto di recente e che si può raggiungere componendo l'indirizzo che trovate nel periodico o usando il Codice QR riportato qui sotto. Tutti i redattori possono essere contattati via mail all'indirizzo di ciascuno. Se non lo trovaste telefonate in segreteria.

bbiamo superato il primo anno di prova con una Redazione rimasta in sostanza quella di prima, con innesti nuovi ma con l'animo simile a quello di un tempo. Qualche innovazione si è vista, almeno ci siamo sforzati, di comune accordo, ad impostare strade nuove ed a esplorare nuove forme di comunicazione, senza tradire nella sostanza il messaggio antico: fedeltà ai valori essenziali degli alpini nella solidarietà e nel perseguimento del bene comune, senza cedere alle lusinghe fin troppo facili della notorietà e dell'immagine del Mulino Bianco. La presenza alle riunioni del nostro Presidente e del vice Ferraris garantisce un collegamento diretto con gli organi sezionali in modo da tenere sempre la barra diritta verso l'obiettivo comune: informare e formare i nostri iscritti valutando e rivalutando gli obiettivi da perseguire. Abbiamo tenuto riunioni anche in trasferta in alcuni gruppi e abbiamo

Ricordiamo che con il vostro smartphone, attraverso il QR Code qui riportato, potete collegarvi direttamente al sito dell'ANA MONTAGRAPPA per leggere ulteriori notizie non riportate nel Ponte.

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Sul Ponte di Bassano

Ambasciatore slovacco a Cima Grappa di G.C.

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Un ringraziamento particolare va sia ai rappresentanti del Ministero della Difesa della Repubblica Italiana che a quelli dell’Associazione ANA che hanno dato un contributo fondamentale per la nostra iniziativa. Naturalmente, nulla sarebbe avvenuto se non ci fosse un sostegno da parte del nostro Ministero dell’Interno. Non per ultimo vorrei ringraziare anche al Direttore di questo Monumento storico che da oggi accoglie a casa sua anche questa memoria simbolica. Grazie naturalmente a tutti amici del mio Paese che ci sostenete ormai da sempre nelle nostre iniziative. Siamo quì per ricordare i momenti della storia europea che uniscono le nostre nazioni ma anche per ringraziarVi per il lavoro e l‘impegno che ponete nel salvaguardare la memoria. La memoria è fondamentale non solo per ricordare il passato ma anche per costruire il nostro futuro. Un futuro che è fragile e incerto ma che può essere affrontato con successo solo se, insieme e uniti, siamo consapevoli delle nostre radici. Come ambasciatore slovacco in questo Bel Paese sono particolarmente lieto di visitare e conoscere un luogo nuovo per me, il Sacrario Militare di Cima Grappa, che è la parte integrante del „mosaico“ della nostra storia comune e delle relazioni slovacco-italiane. Cari amici, è infatti importante commemorare i nostri antenati anche perchè, purtroppo, si tende a ripetere gli errori del passato. Come 100 anni fa, anche oggi ci troviamo davanti a numerosi dilemmi morali e sfide. Dipende solo da noi se riusciremo a essere pronti per saperle affrontare. Cari amici, grazie che siete oggi qui con noi. Gloria a voi, soldati del Grappa!"

na due giorni intensa quella che ha caratterizzato la presenza dell'ambasciatore Slovacco nel Bassanese e al Sacrario di Cima Grappa in territorio di Crespano (Treviso). In base ad accordi presi con Onorcaduti e con i vertici dell'Ana l'alto rappresentante del Governo Slovacco, accompagnato dal direttore generale del Ministero degli interni slovacco e da interpreti ha potuto realizzare un sogno della sua vita: onorare i caduti della sua terra in territorio italiano durante la prima grande guerra mondiale con lo scoprimento di una targa commemorativa all'interno del Museo storico alla Caserma Milano e testimoniare sentimento di pacificazione in un discorso che è stato molto apprezzato dai presenti. Ciò al termine di una semplice quanto solenne cerimonia di omaggio a tutti caduti di tutte le nazionalità con sfilata scandita dalle note della fanfara dell'Ana bassanese. Numerosa la presenza di vessilli sezionali intervenuti in tale circostanza e importante la presenza del presidente nazionale Favero con alcuni suoi consiglieri nazionali. Nella serata precedente c'era stato un breve incontro con i componenti il direttivo sezionale di Bassano con in testa il presidente Rugolo per lo scambio di doni ed una presa di contatto che ha costituito una primo approccio cui altri potranno seguire in un'ottica di collaborazione reciproca. Al di là delle parole riteniamo opportuno riportare il testo del breve discorso pronunciato dall'ambasciatore Jan Soth che ha espresso il significato della cerimonia nel modo più efficace possibile i vessilli delle varie sezioni. ^

"Gentili Colonello Masi, Direttore Generale Jenco, Gen. Carta, Direttore La Bella, Presidente Favero, Presidente Cisilin, Signora e Signori Sindaci, cari alpini, sostenitori, amici! Sono molto emozionato e comosso. Inauguriamo insieme la targa commemorativa dedicata alla memoria degli Slovacchi che persero la vita 100 ani fa sul fronte di battaglia in questi luoghi delle Prealpi Italiane. Noi, Slovacchi, abbiamo qui i Caduti che combattevano su entrambe le parti del fronte. Ma la morte violente rimane la morte assurda su qualunque parte del fronte. Noi oggi paghiamo il nostro debito agli nostri caduti. Per questo vorrei ringraziare a tutti i nostri amici – sostenitori della nostra iniziativa slovacchi ed italiani, tutti quelli che hanno collaborato con noi all’organizzazione di questo evento. Evento per noi così importante. Così noi percepiamo l‘inaugurazione della targa commemorativa dei soldati slovacchi caduti nelle Prealpi Italiane, così percepiamo la commemorazione di tutti i Caduti.

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Adunata Treviso

randissima adunata a Treviso con partecipazione di tremila penne nere della sezione Monte Grappa. Poche note per lasciare spazio alle immagini. Innanzitutto il grande abbraccio della cittĂ alle penne nere, con l'abbondanza di incontri tra colleghi ed amici di ogni parte d'Italia e provenienti da tutto il mondo conosciuto. Durante la sfilata hanno fatto vibrare le corse dell'animo non solo i richiami degli amici, ma le invocazioni giunte da ogni parte per la salvaguardia del Ponte simbolo degli Alpini e della cittĂ del Grappa. "Non lasciate che venga distrutto!" l'appello piĂš frequente. Grande commozione anche per aver visto sfilare tra i nostri ranghi l'alpino colpito da Sla che ha rappresentato l'essenza di un pensiero vitale che supera i limiti della fisicitĂ . Un grido di ribellione contro un destino che si accanisce inutilmente contro la vita che trova forme nuove per manifestarsi. Tutti noi abbiamo qualcosa da ricordare, e lo faremo, in un giorno carico di messaggi e di speranze. Per vedere tutte le foto dell'adunata collegatevi al sito ANA Montegrappa con il vostro smartphone attraverso il QR Code qui riportato.

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Sul Ponte di Bassano


Sul Ponte di Bassano

Pozzoleone

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rande meravigliosa Adunata Sezionale a Pozzoleone alla fine di aprile. Numerosa la partecipazione delle penne nere ad un appuntamento in un periodo dell'anno che avrebbe potuto essere problematico. Grande soddisfazione per il Presidente Rugolo e per i suoi collaboratori. Ricono-

scenza agli organizzatori e apprezzamento alla mostra sui veterani scomparsi, predisposta dal capogruppo di Salcedo, Ivano Pasquale. Grande successo anche per i cori che hanno spopolato in chiesa. Un esempio da ripetere.

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Sul Ponte di Bassano

Marchesane

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opo 38 anni l'Alpino Michelangelo Tosin, vice capogruppo di Marchesane (il primo seduto a sinistra), si è ritrovato con gli ex commilitoni del 4° scaglione anno 1979 della 66a compagnia del BTG Feltre.

Breganze

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itrovati dopo quasi 50 anni il 3° 68 cp. Pieve a Mondovì, convenuti a Mirabella di Breganze.

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Sul Ponte di Bassano

Valstagna

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lpini di Valstagna, e loro seguaci, che hanno lavorato alle pulizie di Brenta e dintorni.

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lpini del gruppo di Valstagna alla sfilata di Treviso.

Rosà

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40 anni dal congedo gli alpini del secondo 75° trasmissioni a Belluno si sono trovati a Rosà con il gen. Musso ai tempi della naja loro comandante.

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30 anni dal congedo si sono ritrovati per un’allegra rimpatriata gli Alpini del 3\86 Battaglione Alpini Feltre con il loro Comandante di allora, il Generale Maurizio Gorza, all’epoca Tenente Colonnello. Per informazioni per il prossimo appuntamento contattare: bordignonmauro@gmail.com, n. tel. 335 1817877- oppure baggioelia@tin.it, n. tel. 348 5508691.

Longa

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li alpini di Longa vogliono testimoniare il loro impegno con questa foto accanto alla targa collocata sul Monte Ortigara a q. 2093, a poca distanza da una postazione austriaca.

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Sul Ponte di Bassano

Fontanelle e Conco I Capogruppo Graziano Miglioretto e Giampaolo Colpo

IN CAMMINO SUI LUOGHI DELLA NOSTRA STORIA IL CENTENARIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE 1915-1918

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abato 6 maggio 2017 i ragazzi e ragazze della Scuola Media di Conco, assieme ai loro insegnanti hanno potuto vivere una giornata di scuola diversa dalle solite, partecipando a una lezione di storia “fatta all’aperto”. Accompagnati da un gruppo di Alpini di Fontanelle e di Conco, hanno camminato lungo i sentieri del nostro Comune, passando e sostando su alcuni punti dove si trovano importanti luoghi toccati dalla storia del primo conflitto mondiale del 15/18. Il meteo che inizialmente era indisponente, è gradualmente migliorato nel corso della mattinata, permettendo così di svolgere l’intero percorso previsto. Partiti dal piazzale della Scuola ci si è diretti verso Contrà Brunelli andando a visitare il luogo dove era collocato il CIMITERO MILITARE FRANCESE, per passare poi in centro a Conco sul MONUMENTO AI CADUTI. Siamo scesi poi lungo il Boale a Gomarolo, proseguendo verso Contrà Trotti per una sosta al CIPPO DELLA POLVERIERA; risaliti lungo la Val del Gato siamo arrivati alla SEDE ALPINI DI FONTANELLE dove il Gruppo Alpini ci aveva preparato un ottimo e abbondante spuntino mattutino, molto

gradito da parte di tutti i presenti. L’alzabandiera e il Canto del’Inno Nazionale hanno arricchito ancora più di Alpinità questa mattinata, che è stata vissuta con partecipazione e attenzione dai ragazzi/e. A seguire la visita al CIMITERO DI FONTANELLE ALLA TOMBA DEL CAPITANO NICOLAI, la risalita per Contrà Schiani verso Contrà Bertacchi e Contrà Costa per proseguire poi in direzione Conco alle Scuole Medie, dove abbiamo fatto ritorno verso le 13 circa. Un ringraziamento del tutto particolare a Stefani Giuseppe, per essere intervenuto nella camminata e per avere fatto davvero coinvolgere e partecipare i ragazzi/e nelle diverse soste con delle brillanti e toccanti spiegazioni; un ringraziamento agli insegnanti e al preside Dott. Tognon per averci permesso di realizzare questa uscita. Per ultimi un GRAZIE GRANDE a quanti hanno partecipato alla camminata, a quanti hanno preparato il rinfresco, a Don Davide di Fontanelle che ci ha accompagnato per un breve tragitto, ai nostri GRUPPI ALPINI DI FONTANELLE E DI CONCO, che sono stati il motore di questa semplice, ma bella e toccante iniziativa.

UN MONDO DI VANTAGGI PER TUTTI I TESSERATI

Ricordiamo ai soci Alpini e amici e ai donatori di sangue RDS che possono trovare l’elenco completo delle attività commerciali che si sono convenzionate con la Sezione Monte Grappa per il 2017 sul sito www.anamontegrappa.it. Oltre all’elenco si trovano gli indirizzi e i contatti delle singole attività commerciali e le condizioni di sconto che applicano. Abbiamo cercato di convenzionare differenti tipologie di attività. Dall’ottico alla macelleria, dal gommista al negozio di abbigliamento, dai mobili alle piastrelle, dal supermercato alla piscina, dalla carrozzeria ai ricambi auto, dalla libreria ai centri medici, dalle società di gadget all’agenzia viaggio e tante altre ancora. Usa il qrcode che vedi in questo articolo e con il cellulare entra subito nel mondo dei tuoi vantaggi esclusivi.

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Sul Ponte di Bassano

Avvenimenti

GENERALE GIARDINO: 50 anni di vita felice insieme per Gino Zampierin e Anna Grando.

BELVEDERE DI TEZZE: Giovanni Milani e Bertilla Parolin hanno festeggiato il 50° anno di matrimonio.

ROSSANO VENETO: Giovanni Ennio Girardi e Gianna Campagnolo hanno festeggiato il 50° anno di matrimonio.

ROSSANO VENETO: 50° anniversario di matrimonio per l'alpino Mario Polo e la moglie Elvira Chiurato, nella foto con il figlio Antonio Polo nostro capogruppo alpini.

ROSSANO VENETO: 50° anniversario di matrimonio per Gabriele Brunello e Agnese Artuso. CAVASO DEL TOMBA: 25° anniversario di matrimonio per l'alpino Maurizio Bisa con la moglie Letizia.

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Sul Ponte di Bassano

Avvenimenti

ROSSANO VENETO: l'Artigliere da Montagna Carlo Gastaldello e la moglie Luciana Fusti lo scorso 22 aprile 2017 hanno festeggiato il 60° anniversario di matrimonio.

CAMPOLONGO: 50° anno di matrimonio per Orlando Serradura e la moglie.

MURE DI MOLVENA: l’alpino Francesco Cogo annuncia con gioia la nascita del nipotino Zeno Battocchio, figlio della primogenita Elena e di Leonardo, e la Laurea Magistrale in Economia e Gestione delle Aziende con 110 e Lode della figlia minore Vera.

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CASELLA D'ASOLO: 50° anniversario di matrimonio per Cesare Carraro e la moglie Paolina.

RAMON: il 17 Gennaio 2017 è nato Alessandro figlio di Daniele Ceron e Ilaria Maggiotto. Nella foto con il nonno materno, l'alpino Sergio Maggiotto.


Sul Ponte di Bassano

Avvenimenti

CASONI: il bisnonno alpino Giovanni Lollato e la moglie Antonia ritratti mentre festeggiano i loro 55 anni di matrimonio con in braccio la pronipote Vera.

SANT'EULALIA: i nonni artiglieri Giorgio Ziliotto (a destra) e Gianni Benacchio (a sinistra) festeggiano il battesimo della nipotina Giorgia in braccio al papà Simone Benacchio.

CASONI: la piccola Sally assieme al fratello Ismaele e al papà Fabio Saretta.

SAN ZENONE DEGLI EZZELINI: Adunata degli Alpini Treviso 2017, il nonno alpino paracadutista Umberto Bordignon del 3/66 Bolzano, lo zio alpino Paolo Bordignon 7° reggimento battaglione alpini Feltre del 9/99 con il nipotino Edoardo Bordignon.

SANT'EULALIA: i nonni Antonio Savio e Mariangelo Baldo festeggiano il neo alpino Tommaso, assieme agli zii Alberto, Mario, Vanni.

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GRUPPO ALPINI ROMANO: il giorno 8 aprile 2017 è nata Anna Dal Fante figlia del socio Stefano. Complimenti ed auguri!


Sul Ponte di Bassano

Avvenimenti

LIEDOLO: il capogruppo Gino Gardin festeggia con la consorte Daniela Simonetto i 50 anni di matrimonio, insieme ai suoi alpini ed alcuni compaesani.

SAN GIORGIO DI PERLENA: il nonno alpino Alessandro Lavarda in posa accanto alla moglie, con i nipoti Aurora, Filippo e Tommaso.

FONTE: festa per il battesimo di Elena figlia di Donatella e di Mirco Minato (con la cravatta). Subito a sinistra della bambina lo zio Mauro Minato, attuale capogruppo degli alpini di One' di Fonte.

PAGNANO D'ASOLO: l’artigliere Flavio Visentin, a sinistra, 4° scaglione del 1982, gruppo Udine, caserma Cantore a Tolmezzo che, dopo 35 anni all’adunata di Treviso, ha rivisto l’amico artigliere Adriano Sibillin, a destra, 3° scaglione del 1982.

In occasione dell'adunata di Treviso, siamo riusciti ad ottenere una foto con quasi tutti i cerimonieri che hanno collaborato all'organizzazione della sfilata. In mezzo a loro il Capo dei Capi, cioè il Presidente Rugolo che non ha voluto perdere l'occasione per "catechizzarli".

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Uno dei cappelli che un tempo caratterizzavano gli aiutanti, figura che oggi non esiste più. Esistono gli "aggregati" che poi diventano "amici".


Sul Ponte di Bassano

Lettere al Direttore Gentilissimo Direttore, le scrivo per chiederle di pubblicare una foto nella sezione che generalmente il giornale riserva agli “avvenimenti” che accadono nelle famiglie degli alpini bassanesi. La foto, che allego, ritrae mia suocera insieme al figlio maggiore alpino Antonio Dalla Rizza e al figlio minore alpino Flavio Dalla Rizza ed è stata scattata domenica 14 maggio in occasione delle festa per il 96° compleanno di mia suocera. Io sono la moglie del più giovane, Flavio e mia suocera vive con noi. Abitiamo a Rossano Veneto. Il motivo per cui desidererei che la foto fosse pubblicata è proprio perché è stata scattata il 14 maggio, cioè il giorno dell’adunata nazionale a Treviso. Vede, gli anni scorsi, la domenica dell’adunata, mia suocera ed io generalmente la passavamo davanti alla tv, dove la nostra rete televisiva locale puntualmente trasmette la diretta della sfilata, nell’attesa paziente di veder sfilare, (o, se non li vedevamo, nella certezza che erano lì) quelli che per mia suocera sono i suoi “alpini pi bei”, perché, chi è più bello dei propri figli agli occhi di una mamma? Il compleanno di mia suocera è il 12 maggio e di solito l’abbiamo sempre festeggiato la domenica successiva l’adunata. Non nascondo che il mio stupore è stato grande, quando quest’anno mio marito Flavio mi ha proposto di organizzare la festa la domenica più vicina alla data del compleanno: il giorno della festa della mamma, ma anche il giorno dell’adunata, per una volta così vicina a casa… Dopo aver cercato di distoglierlo dall’idea, perché pensavo che facendo come gli anni precedenti, si potessero fare entrambe le cose, l’ho sostenuto nel suo progetto. L’ho sostenuto perché mi è piaciuto che mio marito abbia saputo dare il giusto valore al dono della vita: compiere 96 anni è un grande traguardo, e merita di essere festeggiato, ma è anche un grande regalo, che il buon Dio ha deciso di farci, finchè Lui vorrà. Quando arrivi ad un’età così avanzata, ogni giorno è un dono e per questo dono dovremmo imparare a ringraziare. Non solo, dovremmo riflettere che in fondo ogni giorno è un grande regalo a qualsiasi età della vita e con questa consapevolezza vivere sempre dando il meglio di noi. Con questi valori credo che, né mio marito, né mio cognato, che ha accolto l’invito del fratello, abbiano “tradito” l’ANA non partecipando all’adunata, ma piuttosto abbiano onorato “in modo diverso” la loro alpinità. Di sicuro mia suocera era realmente felice… per quest’anno, invece che in tv, i “do alpini pi bei” erano al suo fianco a farle festa, assieme a tutto il resto della numerosa famiglia. Vi auguro buon lavoro Emanuela Diamo più spazio alle osservazioni della lettrice che abbiamo gradito per l'originalità dell'impostazione e la spontaneità dei sentimenti. Speriamo che sia d'esempio ad altri lettori per un dialogo più intenso tra noi. Giac

San Michele. Bordignon Antonio, Toni per gli amici, ha segnato con la sua presenza gli ultimi 15 anni della Sezione come Revisore dei Conti. Tenente del "Pieve di Cadore", dal carattere forte e per certi versi spigoloso, ha sempre espresso nobiltà di animo e sensibilità per gli alpini e e il loro impegno. Ha elaborato e sintetizzato nel "Libro Verde" l'operato della Sezione "Monte Grappa" con certosina precisione e etica professionale. Grande cantore delle gesta eroiche degli alpini riusciva a trasmetterne il "pathos" e l'eroismo come un poeta lirico. Ci mancherai Toni.

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Sul Ponte di Bassano

Sono andati avanti: alle famiglie degli scomparsi le più sentite condoglianze. Ca' Rainati

Ca' Rainati

Casella d'Asolo

Casella d'Asolo

Casoni

Cassola

Giuseppe Frigo classe 1936

Pietro Masin classe 1943

Pietro Franco Marcolin classe 1938

Bruno Murer classe 1926

Albino Ravagnolo classe 1940

Vanillo Baggio classe 1931

Cassola

Cassola

Cassola

Cusinati

Cusinati

Fellette

Tullio Marcon classe 1931

Antonio Scotton classe 1931

Valentino Zonta classe 1936

Attilio Bernardi classe 1928

Domenico Zanotto classe 1943

Ernesto Bortignon classe 1938

Liedolo

Liedolo

Romano d'Ezz.

Romano d'Ezz.

Romano d'Ezz.

Romano d'Ezz.

Gianluigi Camazzola classe 1951

Giovanni Fietta classe 1927

Giuseppe Davide Bontorin classe 1926

Gino Camazzola classe 1949

Giulio Carlesso classe 1930

Paolo "Paolino" Finco classe 1938

Rosà

Rosà

Rosà

Rossano V.to

San Lazzaro

San Marco

Luigi Dal Fior classe 1932

Pietro Todesco classe 1948

Ferruccio Zanotto classe 1925

Bortolo Miron classe 1932

Umberto Zanotto classe 1930

Giorgio Bortignon classe 1928

San Marco

San Michele

San Nazario

Santa Croce

Santa Croce

Santa Croce

Vittorino Luciano Cenere classe 1931

Pietro "Nino" Fietta classe 1931

Antonio Bresolin classe 1958

Marco "Targa" Beraldin classe 1922

Piergiorgio Mellini classe 1941

Mario Simonetto classe 1933

Solagna

Solagna

Valrovina

Silvano Bellò classe 1949

Tiziano Moro classe 1934

Francesco "Checo" Tosin classe 1939

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Foto Alessandro Ferraris

Venerdi 12 maggio. Cerimonia di saluto alla bandiera a Cima Grappa.

il 13 agosto Enego annuale raduno a Malga Fossetta

il 6 agosto Cima Grappa Pellegrinaggio Genti Venete

29 dal 23 al luglio caserma appa Monte Gr 6 giorni ini con gli alp

B A C H E C A

il 3 settembre solenne cerimonia sul Tomba con la presenza del Labaro Nazionale

il 27 agosto Valrovina marcia di regolarità 5° Memorial Bortolo Busnar do

il 2 sette mbre cammin ata GrappaTomba giovani triveneto il 16 e 17 settembre Chiampo raduno triveneto alpini

PER CONTATTARE DIRETTAMENTE I NOSTRI REDATTORI Direttore Responsabile Gianfranco Cavallin: gianfrancocavallin@alice.it Dario Canesso: dario@sem-srl.it Francesca Cavedagna: francescacavedagna@hotmail.il Gianantonio Codemo: gianantonio.codemo@gmail.com Alessandro Dissegna: a.dissegna@yahoo.it Alessandro Ferraris: alessandroferraris@hotmail.com Fidenzio Grego: gregofidenzio@alice.it Alfeo Guadagnin: pangrazio.s@tiscali.it Gianni Idrio: idriog@tiscali.it Alberto Strobbe: albertostrobbe@hotmail.com


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