Giornale della Sezione ANA Monte Grappa n 107 ottobre 2016 bst

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POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 2, DBC VICENZA - CONTIENE INSERTO REDAZIONALE

Sul Ponte di Bassano

QUADRIMESTRALE DELLA SEZIONE A.N.A. “MONTE GRAPPA” DI BASSANO DEL GRAPPA ANNO XXXV - N. 107 - OTTOBRE 2016

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Sul Ponte di Bassano

Performances militari di Franco Bizzotto detto "Cita" classe 1938 artigliere alpino del terzo contingente 1938 distintosi nelle gare di atletica in occasione della festa di Santa Barbara alla caserma d'Angelo di Belluno, caserma del 6°. Si era esibito nel salto del mulo, nel cerchio di fuoco ed altro, guadagnandosi meritatamente un secondo posto e il plauso di colleghi e superiori. Gli avevano scritto anche una poesia.

PERIODICO QUADRIMESTRALE DELLA SEZIONE ANA “MONTE GRAPPA” DI BASSANO DEL GRAPPA Anno XXXV - N. 107 - Ottobre 2016 Direttore Editoriale: Giuseppe Rugolo Direttore Responsabile: Gianfranco Cavallin Comitato di Redazione: Piero Demeneghi - Fidenzio Grego Alfeo Guadagnin - Gianni Idrio Alberto Strobbe - Gianantonio Codemo Alessandro Ferraris - Alessandro Dissegna Dario Canesso - Francesca Cavedagna Direzione, Redazione, Amministrazione: Sezione A.N.A. “Monte Grappa” Via Angarano, 2 36061 Bassano del Grappa Stampa: Laboratorio Grafico BST Via Lanzarini, 25/b - Romano d'Ezzelino (VI) www.graficabst.com Autorizzazione del Tribunale di Bassano del Grappa n. 2/ 81 Reg. P. - 9/4/ 81 Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Vicenza Tassa pagata - Taxe perçue E-mail: redazione@anamontegrappa.it Sito della Sezione: www.anamontegrappa.it

SOMMARIO • Figli di nessuno pag. 2 • Occhio indiscreto pag. 4 • Denigrazione delle forze armate pag. 5 • Racconti alpini pag. 6 • Dal museo: i rievocatori del btg Bassano pag. 7 • Gli alpini chiamano, i giovani rispondono? pag. 8 • L'angolo della memoria. Il Ten. E. Velo pag. 9 • Pellegrinaggio al Tomba 2016 pag. 10 • 4° Memorial Bortolo Busnardo pag. 11 • 13° Campionato Triveneto marcia pag. 12 • Intervista al Presidente Favero pag. 17 • Alpiniadi pag. 18 • Commemorazione a Malga Pat pag. 19 • Gruppi pag. 20 • Avvenimenti pag. 23 • Andati avanti pag. 26 Inserto staccabile ¨Sacerdoti nella Grande Guerra¨

il saluto del presidente

Figli di nessuno di Giuseppe Rugolo

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ercoledì 7 settembre 2016, aeroporto Marco Polo di Venezia, ore 6.05, sala d'attesa stracolma di passeggeri in attesa di imbarco; chi inganna l'attesa chattando con lo smartphone e chi, con un'espressione mista fra la noia e la stanchezza cerca di rilassarsi allungandosi come può sulle poltroncine esibendosi in improbabili posizioni. Un po' in disparte un gruppetto si attarda al bar gustandosi, nonostante l'ora, un ultimo bicchiere di vino, considerato che, a detta loro, sarà l'ultimo di quello veramente buono per i prossimi 45 giorni. Non stanno partendo per le vacanze esotiche né per riunioni di alta finanza, le loro valigie sono piene solo dell'essenziale, visto che la meta finale è Fortaleza nello Stato del Cearà, nord-est del Brasile e lì c'è una scuola da costruire anzi da raddoppiare. Altri 500 metri quadri che si aggiungono agli esistenti per ospitare ulteriori 150/200 bambini che frequenteranno la scuola primaria. Ci ritornano dopo 16 anni perché quella costruita allora non basta più, tanta è la richiesta di iscrizioni. E dopo di loro altri alpini partiranno a gruppi di 4/6 per turni di 45 giorni, così fino al completamento di tutta l'opera. Sono alpini, uomini stagionati ed abituati da anni a partire in missione, dal Mozambico al Kosovo, da Capo Verde alla Lituania, passando per le ultime calamità, alluvione di Asti, terremoto dell'Umbria, l'Aquila ed Emilia Romagna. C'erano ancora loro nel 2000 a costruire l'attuale scuola in Brasile e adesso ci ritornano per raddoppiarla adattandola alle nuove esigenze di utilizzo. Quell'opera nel 2000, pensata e voluta dal Sen. Giuseppe Saretta e progettata dall'allora Presidente Bortolo Busnardo, vide il concorso degli alpini della Sezione “Monte Grappa”, che con entusiasmo la realizzarono in poco tempo. Ora come allora c'è bisogno ancora una volta di noi e, come sempre, abbiamo risposto: PRESENTE! La scuola costruita 16 anni fa ha avuto un impatto così grande e riscosso un successo tanto lusinghiero da attirare studenti dai territori limitrofi necessitando, inevitabilmente, di un ampliamento che in realtà la vedrà raddoppiata. Ancora una volta il “deus ex machina” dell'iniziativa è Giuseppe Saretta, sicuro che negli alpini bassanesi avrebbe trovato pronta e sincera adesione, considerato anche che la nuova ala sarà intitolata a Bortolo Busnardo. La maggior parte del materiale sarà reperito quasi per intero fra le aziende bassanesi e del territorio limitrofo, con anche il concorso di donazioni spontanee. Il progetto dell'opera non cambia di firma, perché a realizzarlo, questa volta, ci ha pensato Fabrizio Busnardo. E non poteva essere altrimenti! Mentre a mettere ancora una volta le mani ed il cuore ci pensano sempre loro, quegli infaticabili, un po' pazzi anche, ma fantastici uomini dal cuore grande e generoso, pronti a mettere a disposizione di chi ha meno, se non addirittura niente, la propria professionalità di muratori, idraulici, elettricisti e falegnami. E' un agire che contrasta in modo stridente con quello che l'attuale società ci impone con fare crudele e cinico: profitto ad ogni costo. Forse siamo dinosauri in via di estinzione, sicuramente inguaribili romantici che spinti solo da nobili ed antichi ideali vediamo il bisogno dove i più, distratti, si girano dall'altra parte. Sicuramente amiamo il nostro essere particolari, unici ed irripetibili, tanto da farne la nostra bandiera, da esibire con orgoglio senza ostentazione ipocrita. Ci hanno da sempre affibbiato l'etichetta di “beoni” tralasciando di sottolineare la generosa e gratuita opera di volontariato spesa in Italia e all'estero, solo per il fatto di non essere “politicamente corretti”. Non sempre ci tengono da conto, perché non costiamo visto che tutto quello che facciamo è gratuito.

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Forse siamo ingenui, forse sì, ma di sicuro non siamo fessi; sappiamo distinguere benissimo la sincera riconoscenza dall'ipocrita adulazione. L'alpino è buono per tutto ma non è per tutti! Guardiamo con occhi pieni di orgogliosa soddisfazione di chi fa del bene e facciamone la nostra ricchezza interiore. Facciamo nostra la lezione di dignitosa disponibilità che ci viene trasmessa da chi non antepone meschini calcoli personali o effimere vanità al proprio essere uomo libero da schemi imposti o da etichette modaiole. E questo vale tanto per la politica quanto per noi, perché troppo spesso si assiste anche in casa nostra, nei nostri Gruppi, a situazioni figlie dei vizi piuttosto che di virtù. Guardiamoci in faccia con onestà e chiediamoci se anche noi, tutti noi, siamo pronti a partire, con in valigia lo stretto necessario, il sorriso in bocca e l'animo sincero; guardiamoci e mentre lo facciamo pensiamo ai nostri amici che, chini sotto il sole brasiliano, queste do-

mande non se le pongono, perché loro... la risposta ce l'hanno… ed è nel segreto del cuore e forse è sintetizzata nelle parole di una vecchia canta che ogni tanto amiamo intonare: “Siamo nati chissà quando, chissà dove, allevati dalla pura carità, senza padre, senza madre, senza nome, noi viviamo come uccelli in libertà. Figli di nessuno, fra le rocce noi viviam, ci disprezza ognuno, perché laceri noi siam...” Parole profetiche: meglio derisi da “laceri” che assoggettati, meglio vivere in libertà (di spirito) che aggiogati alle dinamiche approfittatrici, vincolo di logiche meschine. E allora che fra qualche mese in Brasile, a Fortaleza, ultimata la nuova ala della scuola, idealmente insieme a Bortolo Busnardo, salga alto il coro: “FIGLI DI NESSUNO...”! Un abbraccio alpino, Giuseppe Rugolo

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ditoriale del direttore Ho notato, ma non sono rimasto sorpreso, che la proposta di sottoporre al Presidente Rugolo domande di storia, non ha fatto affluire in Sede un flusso di richieste. Proseguo quindi anche stavolta, imperterrito, nel sottoporre idee su rubriche da aggiungere per rendere il nostro periodico quadrimestrale più interessante e, spero, stimolante. Due titoli per il momento: "occhio indiscreto" per stimolare il racconto di qualche fatto che altrimenti sarebbe affidato alla tradizionale chiacchiera da osteria e "la bacheca" in cui appuntare e dire osservazioni a appuntamenti di una certa rilevanza, che rischierebbero di sparire nel cumulo delle notizie che affollano le nostre pagine. Concludo con una raccomandazioni ai capigruppo: siate concisi nei vostri appunti, ma dite sempre se chi volete ricordare sia alpino o artigliere alpino, a che gruppo è iscritto e in che anno è nato. E inoltre chiedo scusa per i disservizi che ci possono essere anche in questo numero, dagli errori ai ritardi di consegna. L'ideale sarebbe poter depositare le copie del giornale nei rispettivi gruppi. Ne stiamo parlando, ma temo sia una strada irta di difficoltà di sesto grado. Un rispettoso saluto. Gianfranco Cavallin

Caserma Monte Grappa 41^ REGGIMENTO ARTIGLIERIA 1/06/1947÷10/061953 Si acquartiera1 nella Caserma Monte Grappa il 1° giugno 19472, proveniente dalla sede di Firenze. Il 10 giugno 1953 lascia la sede di Bassano del Grappa e si trasferisce nella sede di Padova, seguono altri trasferimenti. La sua storia originaria è quella che segue: Nel maggio 1915 si costituisce il 41° rgt. a. c. su 4 gruppi di nuova formazione; partecipa alla Guerra 1915/18 ed è sciolto il 17 marzo 1919. Ricostituito il 15 settembre 1939 come 41° rgt. a. “Firenze”, inquadrato nella divisione di fanteria omonima e prende parte al secondo conflitto mondiale; è sciolto il 28 settembre 1943 in Albania ma due btr. (6^ e 9^) si affiancano ai movimenti di insurrezione locali con i quali proseguono la lotta sino al gennaio 1945. Si ricostituisce il 1° maggio 1947 quale 41° rgt. a. cam. c/c, poi 41 rgt. a. c/c nel1951. Nel quadro del potenziamento delle artiglierie pesanti campali, dal aprile 1952 muta ancora denominazione in 41° rgt. a. pe. cam. alle dipendenze del V C.M.T. di Padova (f.n.650-R/Ord. I del 28 marzo 1952 di SME) e tale rimane sino al 3 giugno 1973 quando si scioglie. Nello stesso giorno la bandiera viene ceduta al V° gr. sp. a. “Cordenons” ed eredita anche le tradizioni reggimentali. Nel 1999 è trasformato in 41° gr- SORAO ed destinato ad inquadrare le componenti del sottosistema di sorveglianza ed acquisizione obiettivi. Il 19 settembre 2001 assume la denominazione di 41° rgt. a. ter. “Cordenons” (SORAO) che muta in 41° rgt. “Cordenons” quando assume l’attuale configurazione, con l’assegnazione alle dipendenze della Brigata RISTA-EW. La Bandiera del reggimento è insignita di Medaglia d’Argento al Valor Militare per i fatti d’arme 1943/45 (Albania) e dell’attestato di Pubblica Benemerenza al Valor Civile per le operazioni di soccorso alle popolazioni alluvionate del novembre 1966. Aiutante t. (tlm) Pasquale CESARE 1 Si noti nello stemma del 41° rgt. le armi della città di Bassano a significare il legame con la città. 2 Riceve in Bassano del Grappa la nuova bandiera di guerra istituita con dispaccio n. 117607/I.2 datato 17 ottobre 1947.

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Battaglione Alpini Bolzano Bassano del Grappa: 1935 – 1940

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l btg. alpini “Bolzano” venne costituito dal deposito del 6 rgt. nell’estate del 1935 a BATTAGLIONE ALPINI "BOLZANO" Bassano del Grappa. Il btg. fu trasformato in battaglione scuola allievi ufficiali di (1935) complemento ed era formato da: cdo e pl. cdo e dalle compagnie 92, 141, 142. Le compagnie provenivano dal disciolto btg “M. Baldo” durante la prima guerra mondiale. Nel mese di gennaio 1936 il “Bolzano” è posto alle dipendenze del 12° reggimento Comando c.p. S.M. (costituito nell’ambito della Divisione Alpina “Julia”, in sostituzione del 7° rgt. Alpini inviato in A.O. per prendere parte alla guerra contro l’Etiopia). Al rientro della Divi141^ cp. f. sone “Pusteria” e del 7° rgt. dall’A.O. il 12° rgt. Alpini 92^ cp. f. venne sciolto ed il “Bolzano”, pur rimanendo distaccato alla SAUC, ove inquadrava gli AUC alpini. Il 12 aprile 1937 venne assegnato all’11° rgt. alpini alle dipendenze 127^ cp. acp. (1942) 142^ cp. f. della Divisione Pusteria (V^), divenuta poi il 24 agosto 1939 5^ Divisione Alpina Pusteria. Allo scoppio della seconda guerra mondiale il “Bolzano” sempre inquadrato nell’11 rgt. prese parte alla campagna di Francia. Successivamente combatté sul Fronte Greco - Albanese, ove operò inizialmente alle dipendenze del XXV° Corpo d’Armata, poi a quelle delle Divisioni “Modena” e “Sforzesca”. Prese parte ad operazioni di controguerriglia in Montenegro. Rientrato in Italia nel 1942, ricevette la 127^ cp. ar. acp. e successivamente prese parte all’occupazione della Francia ove fu colto dall’Armistizio e sopraffatto dai Tedeschi (12 settembre 1943). Il btg. alpini “Bolzano”. Venne ricostruito nel gennaio 1946 su cp. cdo, 92^, 141, 142 e 127 cp. ar. acp. inquadrato nel 6° rgt. alpini della Brigata alpina Tridentina. Il 1° giugno 1950 la 127^ cp. ar. acp. divenne 127^ cp. mortai. Nel 1975 in seguito alla ristrutturazione dell’Esercito divenne battaglione “Quadro” per essere sciolto definitivamente nel 1991. Meritò una Medaglia d’Argento al Valor Militare sul fronte greco 1940/41 appuntata sulla Bandiera di Guerra del 12° rgt. alpini.

Occhio indiscreto

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cchio indiscreto con due foto che mostrano aspetti di vita alpina in occasione della sfilata al raduno del quarto raggruppamento alpino svoltosi ad Ascoli Piceno all'inizio di ottobre. Un nostro simpatico amico il cerimoniere Piazzetta ha avuto un attimo di involontaria notorietà perché, fustigatore dei costumi dei colleghi, si è trovato a sfilare (scoperto dal presidente Rugolo e da altri componenti la nutrita delegazione) con calzini fuori ordinanza. Ad un altro componente la delegazione, l'alpino Mazzeracca, è toccata una sorte peggiore: gli è scoppiata la suola di un paio di scarpe praticamente nuove, che aveva indossato, dopo qualche mese di sosta, per l'occasione, Motorizzato a piè, come nella canzone... Chiediamo umilmente perdono per le indiscrezioni trapelate...

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l'opinione

Denigrazione delle Forze Armate: malattia degli anni settanta di Pietro Demeneghi

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eggo, da un articolo del giornalista Michele Brambilla tratto dal mensile Il Timone n. 43 del 2005, alcune considerazioni sui frutti avvelenati di certa contestazione giovanile studentesca degli anni '70. L'articolo si apre ricordando una denuncia della Procura della Repubblica di Torino nei confronti di dirigenti e militanti di un noto gruppo extraparlamentare per istigazione a delinquere. Tra le altre cose gli imputati, in un loro volantino, avevano dichiarato che “l'esercito è strumento del capitalismo, mezzo di repressione della lotta di classe”. A difenderli erano scesi in campo ben cinquanta esponenti del mondo dell'arte, della cultura e dello spettacolo. Nomi del calibro di Eco, Zavattini, Argan, la Ginzburg e tanti altri che più tardi ci ritroveremo come eminenti giornalisti, registi cinematografici, filosofi, addirittura ministri. Questi signori nell'ottobre 1971 firmarono una lettera al procuratore di Torino per esprimere pieno appoggio a dirigenti e militanti summenzionati. Quando si dice i cattivi maestri! Ve li ricordate? Nel passaggio finale quella lettera riporta testuale: “Quando essi (cioè i suddetti militanti e dirigenti n.d.a.) si impegnano a combattere con le armi in pugno contro lo Stato fino alla liberazione dallo sfruttamento, ci impegniamo con loro”. Siamo nello stesso anno in cui, qualche mese prima, un gruppo di ben ottocento rappresentanti del mondo della cultura italiana aveva sottoscritto un documento, pubblicato in un noto settimanale, in cui il Commissario di P.S. Luigi Calabresi era definito “torturatore” responsabile della morte dell'anarchico Pinelli. Come ricorderà chi era giovane a quei tempi, ne derivò una campagna di odio e di denigrazione di quell'onesto servitore dello Stato che fu all'origine dell'agguato in cui rimase vittima l'anno successivo. A puro titolo informativo, Calabresi sarà riconosciuto dalla Magistratura estraneo ai fatti di cui lo si accusava, ma di quegli ottocento uno solo si dichiarerà pentito di averlo ingiustamente accusato. Ma, per ritornare a quei dirigenti e militanti sostenuti dai cinquanta di cui sopra, la campagna di odio nei confronti delle nostre Forze Armate incomincia in quel tempo penetrando nelle scuole, nelle università e nelle istituzioni educative del nostro Paese, ossia dove era più facile carpire le menti delle giovani generazioni. Ci fu una campagna di odio contro la divisa militare e diversi giovani (anche chi scrive ne ha un ricordo diretto), su istigazione dei loro insegnanti, rifiutarono di prestare il servizio di leva ignari (perché disinformati) delle conseguenze penali a cui si esponevano con serie ripercussioni negative anche nella vita civile. Naturalmente l'avversione al servizio di leva veniva giustificato con tanto di Costituzione alla mano laddove all'art. 11 essa recita che “l'Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. A dar man forte a queste posizioni scendeva in campo il variegato mondo dei movimenti sedicenti pacifisti e non violenti. Peccato che a nessuno veniva in mente quell'altro articolo, il 52, della stessa Costituzione, il quale, al primo comma, recita che “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”. Forse una svista? Difficile pensarlo in uomini di cultura, più facile immaginare una ben orchestrata omissione. Sappiamo che allora come oggi le citazioni sono tirate fuori quando torna conto. Furono fatidici quegli

anni settanta per il disorientamento che colpì le giovani generazioni di allora vittime di una campagna di disinformazione che purtroppo, su altri versanti, prosegue ancor oggi. Nessuno, tra i nomi che allora contavano, ricordava il ruolo che le nostre FF AA avevano come strumento di dissuasione e quindi di difesa dell'Europa e dell'Italia in un contesto in cui, piaccia o meno, la guerra fredda e lo scontro ideologico politico tra blocchi contrapposti era una realtà che solo gli ingenui potevano ignorare. Senza tuttavia sconfinare sui grandi temi di politica internazionale e per restare in un ambito più domestico, a nessuno dei signori che firmavano appelli contro le FF AA è mai venuto in mente il ruolo che l'esercito ha svolto e svolge nelle grandi o piccole calamità naturali purtroppo ricorrenti nel nostro Paese? Dal disastro del Vajont ai terremoti alle inondazioni e quant'altro sempre si sono mobilitati per primi i militari e senza il loro intervento sarebbe stato ben difficile portare soccorso alle popolazioni colpite. Mentre stiamo scrivendo, da poche settimane sono in atto i soccorsi ai paesi del centro Italia colpiti dall'ennesimo sisma, ne è protagonista la Protezione Civile che non è sempre esistita, ma è nata con il terremoto esattamente di quarant'anni fa in Friuli e proprio in ambito alpino. Ma anche in quell'occasione furono sempre i militari, e nella fattispecie le truppe alpine, a portare i primi soccorsi, a sostenere la popolazione friulana e a gettare le basi per la ricostruzione. Sempre dall'ANA nacque l'idea di un piano di ricostruzione che non sradicasse la gente in anonime tendopoli o baraccopoli, come anche certe forze politiche allora avrebbero voluto, ma, con l'impiego di roulottes e camper, si intendeva favorire l'insediamento delle persone vicino alla propria abitazione distrutta o inagibile. E fu una soluzione vincente la quale concorre ancor oggi a far parlare di “miracolo del Friuli”. Se dunque le nostre FF AA in quei fatidici anni settanta dovettero stringere i denti di fronte alla marea montante di denigrazione proveniente da certi ambienti, ne uscirono con il prestigio intatto. Nessuno, nemmeno tra quei cinquanta nomi prestigiosi di cui sopra, si sognerebbe oggi di contestarne il ruolo. Nulla, o quasi, è rimasto di quei gruppi e movimenti che essi avevano con tanto ardore difeso. La storia, come è risaputo, sa dare a ciascuno il suo e contro il suo verdetto non esiste ricorso in appello.

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testimonianze

Racconti alpini così, senza pretese di Alberto Strobbe

VITA VISSUTA ALLA CASERMA MONTEGRAPPA PURGA AL CAMPO

simpatie, né tra la truppa, né tanto meno tra gli ufficiali e l’occasione era ghiotta. Viene, per competenza medica, incaricato Nico di istruire per bene il nostro mensiere, cui consegna una boccetta di Guttalax, spiegandogli a puntino le dosi da impiegare. Poi lascia al fato di compiere il suo corso. Si dice che la fortuna è cieca, ma quella volta per mia buona sorte, non lo fu. Nel momento in cui entro nella malga, per l’occasione elevata al rango di mensa ufficiali, vedo tutta la scena: il mensiere che esce dalla stanzetta adibita a cucina e porge, ovviamente in ordine di grado, il primo piatto di fumante pastasciutta, quello debitamente purgato, al maggiore comandante di gruppo. “E’ troppa per me” esclama quello, e poi rivolto al suo aiutante maggiore “la prenda lei, capitano” e gli passa il piatto. Ma anche per il capitano la porzione risultava essere troppo abbondante. La scena si ripete con un “la mangi lei, tenente”, rivolgendosi a Nino. Nonostante il fresco che ci circondava cominciai a vedere qualche gocciolina di sudore sulla fronte di Nino, che al corrente del misfatto in essere, veniva ora a trovarsi in una scomoda posizione. Ma il grado ha le sue prerogative. Con un sorriso tra il feroce ed il goliardico, Nino passa il piatto a Marco, che, a sua volta, con lo stesso sorriso stampato sul volto, lo passa a Nico che lo passa… al mio posto ancora vuoto. Io, l’ideatore dello scherzo, ero diventato la vittima sacrificale. E qui salta fuori l’addestramento della Scuola Militare, in cui ci insegnavano che prendere decisioni difficili e “sul tamburo” è prerogativa di ogni buon ufficiale. Realizzo che non posso più passare il piatto a nessun altro ed allora, con fare sicuro e voce tonante, richiamo il mensiere, lo prego di mettermi in caldo il piatto, inventando non so più quale scusa per tornare fuori dagli artiglieri che stavano tranquillamente mangiando. Il ragazzo che dalla porta della cucina, inorridito, aveva assistito a tutta la scena, intuendo la scappatoia, reagisce in maniera pronta, si prende la porzione di pastasciutta, la porta in cucina, la divide in due parti e le porge entrambe ai due ospiti. Missione compiuta. Solo alla sera di quel fatidico giorno venimmo a sapere che il mensiere, per rifarsi della paura passata nella prima fase dell’operazione, si era vendicato versando nelle due mezze porzioni, alla faccia delle precise istruzioni mediche, l’intero contenuto della bottiglietta. Da allora, non so perché, non ricevemmo più visite durante il campo.

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i era nel febbraio 1971, durante le escursioni invernali della batteria, il temibile campo invernale, che tanti sonni aveva turbato in tutti i suoi futuri protagonisti. In effetti eravamo già da alcuni giorni “in bufera” e ci si era accorti, con somma meraviglia di tutti coloro che lo affrontavano per la prima volta, come la preparazione in precedenza effettuata stesse dando ora i suoi frutti. Preparazione dura, non sempre comprensibile quando gli urlacci del comandante costringevano a provare e riprovare, a montare i pezzi, a rifare il filare dei muli, a camminare oltre a quello che molti ritenevano il limite delle loro forze. Preparazione che ora permetteva di affrontare quel campo con una fiducia in se stessi via via crescente. Accadde che la 37a batteria del Gruppo “Pieve di Cadore” del 6° Rgt Art Mont della “Cadore” si fermasse, durante il suo peregrinare tra i monti del Veneto, per un paio di giorni in accantonamento al Passo Brocon. Neve a non finire. Quell’anno ne era venuta un sacco. Avevamo sistemato gli artiglieri in una grande malga, e da lì di notte, i più ardimentosi uscivano per andare a bere in non so più quale località distante appena qualche kilometro. È rimasta nella memoria di tutti noi la frase di quel caporalmaggiore che rientrando un po’ brillo (eufemismo per ubriaco “spolpo”) si mise a gridare, alle 3 di mattina, “Tubiiii, prepararsi per la svegliaaa!!!” che doveva essere alle ore 5. Con i Vibram che ricevette in omaggio avrebbe potuto aprire un negozio di scarponi. In compenso, all’indomani, un bel sole riscaldava la truppa più o meno ordinatamente in fila per il rancio di mezzodì. Io ero di servizio quel giorno e, come da copione e soprattutto da coscienza, dovevo attendere che tutti finissero di prelevare le loro razioni. Con l’ineffabile amico Marco, frate di naja dal primo all’ultimo giorno, con il “Tubo Pastiglia” come era chiamato Nico, il sottotenente medico, complice involontario Nino, il tenente a 2 stelle che comandava la batteria, avevamo deciso di purgare il comandante di gruppo e il suo aiutante maggiore che erano appena arrivati in visita al nostro accantonamento. Si, proprio purgare: i due non godevano di molte

I giovani e la grande guerra di Gianni Idrio

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er tutta la primavera e l’estate 2016 sono proseguite le visite ai siti storici del Grappa, con la collaborazione degli Alpini della Sezione. Numerose sono state le classi e numerosi i gruppi alpini, anche da fuori regione. Il Centro Studi si è attivato per fornire un servizio completo, sia per l’aspetto dell’informazione, sia per l’accompagnamento sui luoghi di battaglia. Molto opportunamente lo Statuto dell’ANA prevede di “tenere vive e tramandare le tradizioni degli Alpini, difenderne le caratteristiche, illustrarne le glorie e le gesta”. La diffusione della cultura alpina avviene in vari modi: serate con conferenze di approfondimento nei vari Comuni della Sezione, lezioni in classe, proiezioni di foto e di video. La partecipazione e l’interesse di tutti sono sempre stati incoraggianti. Un'iniziativa che si intende attuare, a partire da ottobre, sarà quella proposta dalla nostra sede nazionale e che si intitola “il Milite… non più ignoto”. Sarà rivolta alle classi della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado (praticamente le ex elementari, medie e superiori). Si tratterà di proporre alle scuole, che vorranno liberamente aderire, “l’adozione” di un monumento ai Caduti, con la raccolta di notizie sul monumento stesso, ma soprattutto sui caduti in esso citati. Dietro ad ogni nome c’è una storia, personale e di reparto, che è importante e doveroso scoprire. Avendo constatato, più volte, che in materia c’è profonda disinformazione, si vorrebbe ottenere una maggiore conoscenza dei fatti della Prima Guerra mondiale, sia da parte dei giovani allievi, sia da parte della popolazione più in generale. Tale progetto si articolerà su ricerche per l’intero triennio del Centenario e la mole di dati raccolti verrà trasmessa al Centro Studi nazionale a Milano. I progetti migliori verranno premiati e pubblicati. Per la buona riuscita del progetto si conta molto sulla collaborazione dei capigruppo e dei consiglieri mandamentali.

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Sul Ponte di Bassano

dal museo

I rievocatori del Battaglione Alpini “Bassano” di Gabriele Peruzzo

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Monte Badenecche, Monte Miela, Val Brenta, Cornone, Monte Grappa, Piave e Monte Cesen. Presenziano alle esercitazioni estive delle Truppe Alpine alle Cinque Torri, alla Manifestazione Internazionale del Monte Tomba, alla cerimonia della lampada di San Francesco a Cima Grappa, ad escursioni sui Monti Lessini con le scolaresche ed ad altre piccole cerimonie fatte da rappresentanze del gruppo ricevendo plauso da parte delle amministrazioni e dei Sindaci. Il 4 novembre 2015 il tutto è ufficializzato con l’iscrizione del Gruppo Storico all’Albo delle Associazioni e con la nomina a Presidente di Giuseppe Pillon. Prima uscita ufficiale del Btg “Bassano” è stata il 13 dicembre 2015 a Milano in occasione della Santa Messa organizzata dall’ANA, con grande emozione ed orgoglio nell’esordire in occasione di una cerimonia così importante. Presentato il loro progetto al Consiglio di Presidenza della Sez. ANA “Monte Grappa”, il Battaglione è stato accolto favorevolmente ed ufficialmente inserito nell’ordine di sfilamento della Sezione partecipando alle Adunate Sezionali, Triveneta e Nazionale. Spicca la presenza alla cerimonia di conferimento della Cittadinanza Onoraria della Città di Bassano del Grappa al Battaglione Alpini “Bassano” dell’Esercito Italiano, il vecchio e nuovo insieme. Uno dei progetti più importanti del Gruppo Storico è quello di istituire una scuola di rievocazione per i giovani, il futuro, per portarli a conoscenza della nostra storia e di chi l’ha vissuta, riproponendo la vita di caserma e portandoli in visita ai teatri delle battaglie. Spiegando loro quanto è successo e come i soldati hanno affrontato le insidie di quel tragico evento che è la guerra, per mai dimenticare e per renderli consapevoli di quali pericoli è intrisa la nostra società ai giorni nostri. Amicizia, solidarietà e collaborazione, valori che fanno parte del carattere alpino e che gli uomini del Battaglione “Bassano” vogliono fermamente trasmettere alle nuove generazioni. Va segnalato che nel panorama dei rievocatori della Prima Guerra Mondiale (nascono numerosi…), gli Alpini del “Bassano” si distinguono per serietà nella ricerca storica sulle uniformi ed equipaggiamento, l’uniformità, il rigore degli ordini e soprattutto nel contegno prima, durante e dopo gli impegni di rappresentanza. Fa sempre molta impressione nel vederli marciare al passo in tenuta da marcia con lo zaino ed il lungo fucile ‘91 e sentire lo scalpiccio dei loro scarponi da montagna chiodati, musica di altri tempi…

on l’avvento del centenario dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, l’opinione pubblica ha riscoperto la tragedia di questo capitolo di storia che ha visto direttamente coinvolte anche le popolazioni civili dei nostri territori. Depurato dalla retorica degli anni ’20-’30, il ricordo e la commemorazione dei fatti storici, ha visto in questi anni un fiorire di pubblicazioni storiche di notevoli qualità e di eventi culturali che richiamano sempre un gran numero di appassionati. Non ultime le amministrazioni comunali, con l’impegno a ridare dignità ai tanti monumenti (spesso con la collaborazione ed il lavoro dei locali Gruppi Alpini) e voce ai caduti del grande conflitto. In questo ambito va segnalato un fenomeno molto interessante che è la rievocazione storica, fenomeno già molto affermato in Europa e soprattutto in Italia. Rievocazione si badi bene, non solo di tipo militare, ma anche e soprattutto di tipo storico-culturale legata al territorio, si pensi alla famosissima Partita a Scacchi di Marostica, ai Mestieri in Piazza, alle compagnie di canti popolari ecc. ecc. La Prima Guerra Mondiale non poteva che evocare negli uomini moderni il desiderio di studiare, di capire e di ricostruire le gesta dei soldati protagonisti loro malgrado di questo periodo storico. Proprio da questo concetto nasce l’idea di creare un sodalizio con l’obbiettivo principale nel mantenere vivo il valore della memoria, non solo con le parole ma soprattutto con la presenza fisica nelle manifestazioni, commemorazioni ed eventi con tema “la grande guerra”. Nasce dunque il gruppo di rievocazione storica del glorioso Battaglione Alpini “Bassano” – 62° Compagnia. Non ancora ufficialmente istituito, molti dei futuri componenti del Battaglione “Bassano”, si ritrovano a Conegliano in occasione del Raduno Triveneto degli Alpini nel giugno del 2015, dall’incontro scaturisce il desiderio di creare un nuovo gruppo di rievocatori, gruppo a cui dare come valori fondanti il ricordo, la serietà e la correttezza storica. I fondatori decidono di intitolare la nuova compagine alla memoria del glorioso Battaglione Alpini “Bassano” del 6° Reggimento Alpini, protagonista delle epiche battaglie delle Alpi Giulie, Cukla, Altopiano di Asiago, Val d’Assa, Monte Magari, Ortigara, Passo dell’Agnella, Melette di Gallio,

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vivaio alpino

Gli Alpini chiamano, i giovani rispondono? di Gianantonio Codemo

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l grande bacino degli Alpini sta evaporando, i nostri “veci” come le goccioline salgono al cielo, ma a differenza di queste, non si ricondensano e non tornano al bacino. La conseguenza è che all'appello risulta un saldo negativo di quasi cinquemila (5000) soci Alpini, l'1,69% nell'ultimo biennio, così come risulta dalla recente relazione del Presidente Sebastiano Favero. Non godono di miglior salute le altre associazioni simili alla nostra, anzi sicuramente più in sofferenza, ma non è certo questa la consolazione. Fanno invece eccezione molte altre associazioni cooperativistiche che sbandierano anche il titolo di “volontarie”, ma che del principio nulla hanno a che vedere, ancorché lautamente retribuite o peggio ancora, fini a se stesse. Ma questa è tutt'altra storia come si suol dire e si sa comunque, poco o nulla riusciremo a smuovere. A noi tornando quindi: tutti cercano di correre ai ripari al grido quasi estremo di “si salvi chi può”, le risorse di giovani sono contese da mille istituzioni cercando ciascuna di attirare nuove forze, coscienti che si sta combattendo la fatidica “guerra tra poveri”. Anche l'ANA è nel campo di battaglia, a dir il vero da molto tempo, da quando è stata sospesa la “naia” (servizio di leva obbligatoria per i non addetti) e si pone la domanda/problema di come attirare i giovani e rimpinguarne le fila. Molte iniziative sono state e sono in corso per dar seguito all'interrogativo, tuttavia la situazione di bilancio associativo sembra non cambiare la tendenza, com'è stato rilevato. Al convegno CISA nell'Aprile di quest'anno a Belluno, il tema principale riguardava proprio i giovani e l'associazione e particolarmente quali potrebbero essere le iniziative che l'ANA si impegnerebbe ad assumere per affascinarli e farli diventare protagonisti nello spirito dell'associazione. (Si notino i condizionali). I giovani studenti invitati, quindi non Alpini, opportunamente istruiti, ma anche saggiamente provocati, non hanno perso l'occasione e, intelligentemente senza timori reverenziali, consapevoli dell'ennesima, ma nel contempo rilevante occasione, hanno dato indicazioni e contributi molto incoraggianti e concreti, mettendo in evidenza puntini focali, riconoscendo e invidiando i valori, la spontaneità, la semplicità, e quanto ancora ciascuno di noi è appassionato testimone, non trascurando tuttavia di far emergere ridondanze e fastidiose autoreferenzialità. Alcuni passaggi sono stati davvero illuminanti: “Uscite, portateci con voi, venite a parlarci, fateci vivere le vostre esperienze...” - “...noi siamo sensibili, fateci emozionare perché spesso vi invidiamo”, ma altri: “…non usateci solo come contenitori di storie...” - “quanto sarete capaci di accettarci per

non aver portato il Cappello Alpino” - “… vorremmo entrare nell'associazione da protagonisti...” - “siate consapevoli che se noi entriamo nell'associazione, questa non sarà più la stessa”. È chiaro quanto riportato? Quanti di noi saremo capaci di accettare queste, che non sono solo affermazioni, ma indicazioni di metodo. Ne siamo consapevoli e ci muoviamo o ci poniamo ancora una volta nel geloso arroccamento, cosicché non si muova passo per non cambiare nulla, “…se continuerete così vivrete certamente nell'isola felice che vi siete costruiti, ma sarete isolati...”. Il comandante delle TT. AA. gen. Enrico Bonato ricorda che un terreno praticabile è costituito dagli alpini in sevizio che spesso si iscrivono nei gruppi locali; ma dove ancora ci siano caserme alpine attive forse, la nostra più vicina è a Belluno...! E l'identità alpina? L'esercito italiano oggi è formato per più del 70% da giovani meridionali e se si guardasse al reclutamento di giovani provenienti da zone montane, oggi gli alpini non esisterebbero più. Un noto adagio dice che spesso la quantità non è sinonimo di qualità, ma il “pochi ma buoni” in questo caso, non mi pare per nulla adatto, considerato che non risulta nemmeno percentualmente rilevabile l'intolleranza verso i valori associativi ed è invece la larga diffusione nel territorio che ne determina il fascino e il successo. Di questo tema se n'è parlato diffusamente nei mezzi di comunicazione e sicuramente tutti avrete letto nelle nostre riviste periodiche e non solo: relazioni, testimonianze, dibattiti, dichiarazioni d'intenti ecc. Al convegno, oltre al Presidente nazionale vi era presente diffusa rappresentanza dell'associazione, sicuramente almeno l'eco dovrà essere giunto nelle “stanze dei bottoni” di coloro che dispongono e decidono. Corrado Perona nel suo intervento affermava: “...è da quindici anni che sento questo ritornello giovani e alpini, ma a tutt'oggi nulla è accaduto...” e io aggiungo: quindici anni e sei mesi e siamo ancora in attesa. Probabilmente l'errore è proprio l'attesa. Noi alpini siamo, anche da congedati, una struttura altamente gerarchica e guai se così non fosse, ma il rischio è che l'organizzazione così composta mortifichi le legittime iniziative individuali e le giustifichino, adattandoci spesso a perfetti esecutori mentre, pur nella sequenza statutaria, sia auspicabile la presa di posizione attraverso iniziative condivise, da attuare anche localmente e diano impulso ad attività nuove, appunto con l'inserimento attivo di giovani protagonisti e che solo loro saranno capaci di apportare. Certo bisogna avere l'umiltà di farci un po' da parte pur con gradualità, prima un passo di lato e poi un passo in dietro, ma sicuramente in tempi certi e soprattutto tempestivi, altrimenti gli Alpini continueranno a chiamare e, quando va bene, i giovani a rispondere... e basta...

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La sei giorni con gli alpini

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uest'anno la sei giorni con gli alpini ha subito un salto di qualità che consiste nel fatto di avere trovato base nella Caserma cara a tutti noi ed alla cittadinanza per la storia che l'ha caratterizzata e soprattutto nel fatto che hanno partecipato anche alpini e amici degli alpini di altre località del Veneto. Proponiamo un'immagine del giorno conclusivo come augurio per il successo dell'iniziativa anche negli anni a venire.

L'angolo della memoria Il Tenente Edoardo Velo di Alfeo Guadagnin

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abbandonarono la lotta, lasciando alla propria sorte i velivoli italiani, che subirono inevitabili perdite. Il SAML di Velo fu accerchiato dai nemici che lo tempestarono di proiettili da ogni direzione. Mentre Giberti si destreggiava per sfuggire a nuove scariche, Velo mitragliava senza tregua gli aerei austro-ungarici che sfrecciavano e ricomparivano all’improvviso. Nell’atto di riattivare la sua arma che si era inceppata, Edoardo Velo fu colpito in pieno da una raffica. L’aereo italiano atterrò a Sandrigo crivellato di fori, dove Velo fu trasportato nel vicino ospedale da campo in condizioni gravissime. Con le poche forze rimaste, riuscì a dettare l’ultima lettera ai famigliari. Spirò poche ore dopo. Decorato postumo di Medaglia d’Argento al Valor Militare, venne sepolto inizialmente nel cimitero militare del paese vicentino, poi nel 1921 su richiesta del padre, il suo feretro venne trasportato nel cimitero di S. Croce e tumulato nella tomba di famiglia, dove riposa tutt’oggi.

ia a Bassano del Grappa, sia a Romano d’Ezzelino troviamo una via dedicata al Tenente Edoardo Velo, un giovane combattente bassanese che perse la vita nella Grande Guerra. Edoardo Velo nacque a Bassano il 15 giugno 1896. Di famiglia agiata (il padre Giovanni era primario all’Ospedale Civile della città), abbandonò la facoltà di ingegneria di Padova per arruolarsi come volontario nell’artiglieria da montagna, dove combatté con il grado di Aspirante Ufficiale sul fronte trentino nelle fila della 377ª batteria da montagna del 3° Reggimento. Promosso Sottotenente e poi Tenente per meriti di guerra, chiese ed ottenne nella tarda primavera del 1917 di entrare in aviazione con il compito di osservatore, dove poter sfruttare al meglio la sua esperienza di ufficiale di artiglieria. Il compito dell’osservatore, era estremamente importante per localizzare truppe e pezzi nemici, il più delle volte mimetizzati, e segnalare la loro posizione agli aerei da caccia, da bombardamento o alla propria artiglieria. Venne assegnato alla 121ª squadriglia del IX Gruppo Aeroplani di stanza a Verona, con cui partecipò a varie missioni sull’Altopiano di Asiago. Il 18 novembre del 1917, nel corso della battaglia d’arresto, il velivolo biposto SAML del Capitano Eleuteri e dell’osservatore Velo, venne attaccato da tre caccia nemici e solo grazie al sangue freddo del suo equipaggio, riuscì ad evitare l’abbattimento. Pochi giorni dopo, il 7 dicembre, mentre sorvolava il cielo sopra Gallio assieme ad altri apparecchi delle squadriglia e scortato da aerei francesi del campo di aviazione di Nove, il SAML dei Tenenti Giberti e Velo fu aggredito dalla Flik 55 (squadriglia) proveniente da Pergine, nelle cui file militavano assi del calibro di Josef Kiss e Julius Arigi. Gli aerei transalpini però, dopo un primo ingaggio con gli avversari,

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Pellegrinaggio al Tomba 2016 di Gianni Idrio

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no scenario con colpo d’occhio meraviglioso, suggestioni forti, amor di patria, spirito europeo, non sono certo mancati nei partecipanti al 57° pellegrinaggio al monte Tomba, per l’occasione pavesato a festa. Con l’impegno di oltre 80 volontari, il gruppo alpini di Cavaso del Tomba ha ospitato l’annuale commemorazione dei fatti d’arme del 1917 – 18. Non è stato trascurato alcun particolare. Il risultato è stata una perfetta riuscita di una cerimonia che da quest’anno entra, con buona ragione, tra quelle che l’ANA riconosce a valenza nazionale. Nell’edizione del 2017, in concomitanza col primo Centenario della Grande Guerra, sarà presente il Labaro nazionale, che si fregia di 216 medaglie d’oro al Valor militare. Era quindi scontata la gradita presenza del Presidente nazionale degli Alpini ing. Sebastiano Favero. Con lui Giuseppe Rugolo, presidente della Sezione Monte Grappa. Non sono mancate numerose delegazioni straniere, in rappresentanza di quelle Nazioni che cento anni fa, proprio sul Tomba, si erano tanto ferocemente combattute. In particolare sono state accolte con calore le delegazioni di Austria, Germania ed Ungheria, che sfoggiavano le loro sgargianti divise. Presenti, pure, tantissimi vessilli sezionali e gagliardetti di gruppi alpini e di altre Associazioni d’Arma (Fanti ed Artiglieri, soprattutto), vari sindaci e oltre 2500 persone, favorite dal bel tempo. La S. Messa è stata celebrata da mons. Mauro Motterlini della curia di Treviso, coadiuvato da don Pierangelo Salviato, parroco di Cavaso e Possagno, e da padre Francescon dei Cavanis. Ad accompagnare tutta la cerimonia si sono prestati il Coro Val Cavasia (diretta da Sabino Toscan) e la banda di Pederobba (col maestro Cesarino Negro). Non è mancato un pizzico di commozione, in tutti, quando è stato benedetto il nuovo vessillo della Sezione di Bassano, dato che la madrina è stata la signora Renata Virago, vedova dell’alpino Graziano, da pochi giorni “andato avanti”, che al Tomba ha sempre prestato attenzioni, in tutti i modi. Dopo i saluti ed i ringraziamento di rito di Loris Ceccato – capogruppo di Cavaso - il presidente Rugolo ha significativamente ricordato che umilmente (da humus, terra) l’uomo alpino ha sempre “marcato” il proprio territorio, con una presenza attiva, costante ed amorevole. Il presidente Favero ha concluso ricordando la presenza e l’opera degli Alpini anche nelle recenti, tristissime circostanze del terremoto in Centro Italia. Le strutture della Protezione Civile sono in buona parte strutture dell’ANA, per cui non manca e non mancherà il loro apporto, nei momenti di bisogno. Come non mancheranno, sono sempre parole di Favero, senso di accoglienza e di integrazione, ma partendo dal concetto che per conoscere gli altri, bisogna prima conoscere se stessi. Al termine, un eccellente rancio alpino ha degnamente concluso la commemorazione.

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4° Memorial Bortolo Busnardo

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causa di qualche problema tecnico sorto in fase organizzativa si è deciso di anticipare la gara di marcia di regolarità valevole per l’assegnazione del trofeo “Bortolo Busnardo” giunto quest’anno alla 4^ edizione abbinandolo, nella domenica 28 Agosto 2016 alla 6^ prova del Campionato Regionale Veneto, gara di marcia di regolarità in montagna nella splendida cornice di Valrovina. Organizzata dal Gruppo Sportivo Alpini Monte Grappa di Bassano, il direttore di gara Primo Malini, assieme ai suoi collaboratori e in particolare la moglie Fiorenza Mocellin tesserata amica alpina, hanno sviluppato un percorso impegnativo molto tecnico, interessante e panoramico. Prima di iniziare la gara presso il monumento ai caduti del paese si è dato apertura della manifestazione con gli onori alla bandiera alla presenza del vessillo sezionale e dei gagliardetti alpini, rds, aido e una rappresentanza di alpini di Valrovina. La partenza era posta di fronte alla sede del locale gruppo alpini, i quali sono stati molto disponibili a dare una mano nella logistica, con la completa disponibilità della sede e l’addobbo del paese con il tricolore per celebrare in perfetto stile alpino la manifestazione. Alle ore 8:30 è partito il primo concorrente. Il percorso si snodava nel 1° settore con la salita verso località Caluga, 2° settore si scendeva verso le case del Vallison. Quindi una leggera salita verso San Bovo, poi in discesa quasi ad arrivare il località Sarson. 3° settore prevedeva la ripida salita fino a località Privà, poi il 4° un saliscendi con un cambio media che portava giù a San Michele, non prima di essere passati di fronte alle cascate del Silan, molto apprezzate da tutti i concorrenti.

Nel 5° e ultimo settore si passava a fianco della chiesa di San Michele e si saliva per Val Forame, quindi arrivo a Valrovina. Una sessantina i concorrenti, tutti soddisfatti del percorso. Verso le 13:00 si sono svolte le premiazioni presso il centro civico di Valrovina, messo appositamente a disposizione per la manifestazione. A proposito un grazie in particolare a Paolo Merlo. Folto il comitato d’onore: l’assessore allo sport del comune di Bassano Oscar Mazzocchin, il vice presidente della sezione e responsabile della protezione civile sezionale Fabrizio Busnardo, il presidente G.S.A. Monte Grappa Alessandro Mocellin, il presidente del coordinamento sportivo Damiano Rinaldo, il capogruppo alpini di Valrovina Tosin Alberto e il responsabile della protezione civile Francesco Crestani. È stato consegnato un premio ad ognuno dei concorrenti. Nella categoria alpini il vincitore è stato Lucio Corradin dell’A.N.A. Valdobbiadene, con 90 penalità, e nella categoria aggregati Giovanni Puledda, sempre dell’A.N.A. Valdobbiadene. Il trofeo ‘‘Bortolo Busnardo’’ è stato invece aggiudicato a Pietro dal Broi, come miglior classificato della sezione Monte Grappa, al terzo posto con 109 penalità. A consegnare i premi sono stati Fabrizio Busnardo e Damiano Rinaldo. L’assessore Oscar Mazzocchin ha premiato la categoria FIE consegnando il trofeo A.N.A. Monte Grappa al G.S.D.S. San Zenone per il miglior punteggio in assoluto. La manifestazione si è conclusa con la cerimonia dell’ammainabandiera.

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13° Campionato triveneto marcia regolarità

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omenica 11 Settembre 2016 si è svolto, presso la località Cozzuolo di Vittorio Veneto, il 13° campionato Triveneto A.N.A. Due le pattuglie partecipanti per la nostra sezione. Svoltasi in una bellissima ma afosa giornata, la gara prevedeva un percorso di 15 km che è stato molto apprezzato dai concorrenti. In evidenza il terzo posto assoluto ottenuto dalla pattuglia Pietro dal Broi, Pimo Malini, Antonio Rostirolla, con 84 penalità; e il quarto posto ottenuto dalla pattuglia capitanata da Francesco Silvestri. Il primo posto è stato aggiudicato all’ A.N.A. Valdobbiadene, il secondo all’A.N.A. Arzignano. Ottima l’organizzazione e grande l’euforia delle nostre pattuglie per il risultato ottenuto.

PREMIO “UTI FABRIS” 2016 Sabato 10 settembre, presso la sala consigliare della Sezione A.N.A. “Monte Grappa” si è svolta la 20ª edizione del concorso “Uti Fabris”, iniziativa che i Gruppi Alpini e Donatori di Sangue Gen. Giardino, in collaborazione con la Sezione “Monte Grappa” organizzano in favore dei figli di Alpini e Donatori di Sangue, che hanno conseguito il diploma di scuola media superiore. La premiazione è stata possibile grazie ai contributi economici della Sezione ANA “Monte Grappa”, del Reparto Donatori di Sangue e di Bassano Banca Credito Cooperativo. Quest’anno la borsa di studio di € 300 è stata consegnata a cinque “eccellenze” che hanno ottenuto la prestigiosa valutazione di 100/100, ma bisogna segnalare che gli studenti che non hanno raggiunto le posizioni di vertice, sono stati promossi con un voto superiore ai 90/100. Erano presenti alla Cerimonia, presieduta dal relatore e Capogruppo Alpini Roberto Barletta, il Direttore Generale della Sezione “Monte Grappa” prof. Lucio Gambaretto, il Presidente del Reparto Donatori di Sangue Lamberto Zen e, per il Comune di Bassano del Grappa il Vicesindaco Roberto Campagnolo. Sono stati premiati: Gio Maria Tessarolo figlio dell’alpino e donatore di sangue Graziano, del Gruppo di Romano d’Ezzelino, diplomatosi all’Istituto Liceo G.B. Brocchi, che ha ricevuto come ulteriore riconoscimento, per la lode ricevuta, il volume “Il Ponte di Bassano”. Sofia Bellò figlia dell’alpino Tarcisio del Gruppo di Santa Croce, diplomatasi presso l’Istituto G.A. Remondini, con indirizzo Servizi Socio Sanitari. Mattia Brunello figlio dell’alpino Fabio del Gruppo di Santa Croce, diplomatosi all’Istituto Luigi Einaudi, indirizzo Amministrazione Finanza e Marketing Giulia Donanzan figlia del donatore di sangue Maurizio, del Gruppo Donatori di Travettore, diplomatasi all’Istituto Luigi Einaudi indirizzo, Amministrazione Finanza e Marketing. Davide Chemin figlio dell’alpino Stefano del Gruppo di Campese, diplomatosi all’Istituto Luigi Einaudi, indirizzo Amministrazione Finanza e Marketing.

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LA GRANDE GUERRA II Vescovo e i sacerdoti della Diocesi di Padova nella Grande Guerra di Fidenzio Grego Il tre settembre 1914, alla vigilia della cruenta battaglia della Marna tra l'esercito francese e quello tedesco, i Cardinali riuniti in conclave a Roma, dopo la morte del Pontefice Pio X, elevarono al trono di Pietro il cardinale di Bologna Giacomo Della Chiesa, con il nome di Benedetto XV°. Egli si dimostrò fermo oppositore della Prima Guerra Mondiale e inviò, durante il conflitto, alle Nazioni in guerra proclami per la pace e per il dialogo, mantenendo canonicamente un ruolo neutrale. La sua supplica restò inascoltata da parte dei belligeranti. Dal 24 maggio 1915, la Santa Sede rimase isolata e così pure lo Stato del Vaticano. Ad informare il Pontefice di ogni avvenimento che successe nel Triveneto, ci pensò il Vescovo di Padova mons. Luigi Pellizzo, che dal 1907 fino al 1923 amministrò la vasta diocesi patavina, costituita da ben 469 parrocchie, dislocate su vasta area tra le province di Padova, Treviso, Venezia, Vicenza, Belluno. Nonostante una intensa attività pastorale, riuscì ad inviare al Pontefice, dall'inizio fino al termine del conflitto, ben 219 sollecitazioni, aggirando la diplomazia militare. Si trattava nel caso in questione, di veri controbollettini militari, che dimostrarono tutta la volontà del Vescovo di conoscere e seguire da vicino, o tramite fidati collaboratori, la realtà del conflitto in corso. In tal modo venivano tenuti sotto osservazione non solo i luoghi della Diocesi, ma l’intera area nordorientale, coinvolta nelle operazioni Mons. Luigi Pellizzo all'inizio dell'episcopato belliche. In particolare i territori del Friuli dove si recò più volte (era nato a Faedis), per cercare nella rete dei concittadini e conoscenti dettagliate relazioni. Si trattò di un epistolario eccezionale, redatto da un osservatore particolare, avendo la possibilità di ricevere informazioni sempre aggiornate in merito alla guerra. Nel frattempo, nel Palazzo Dolfin, a Padova, venne dislocata la sede del Comando Supremo Italiano, trasferita in tutta fretta da Udine, dopo la disfatta di Caporetto. La celebre espressione “inutile strage” contenuta nella Nota inviata

da Benedetto XV° ai Governi belligeranti il primo agosto 1917, sembra desunta proprio da una missiva di mons. Pellizzo unico Presule del nordest che si occupò dei soldati che combatterono al fronte e della loro sussistenza all’interno delle trincee. Le vicende belliche della Prima Guerra Mondiale coinvolsero molti Paesi della diocesi, che erano sull' Altopiano di Asiago, in ValBrenta e nella Pedemontana del Grappa. Altri centri abitati, meno fortunati, vennero invasi dall'esercito austroungarico-germanico: Alano, Arsiè, Arten, Fonzaso, Fastro, Incino, Mellame, Quero, Rivai, Rocca di Arsiè, San Vito di Valdobbiadene, Schievenin, Segusino, Valdobbiadene, Vas. Come riportato nel Bollettino Diocesano le ultime visite pastorali dell’ Arcivescovo, programmate nei territori prossimi al fronte, sono datate: il 27 aprile 1917 a Borso, il 3 luglio al mattino ad Arsiè e al pomeriggio a Valdobbiadene, il 10 luglio a Pove con i sacerdoti del Vicariato di Campese e Crespano. A Borso la cronaca di quel giorno riportava: “la visita Pastorale all’Ospedaletto Militare. In seguito ci fu a Crespano un incontro con l’Arciprete e la Superiora del collegio femminile. Di ritorno a Borso il Prelato entrava in chiesa, dove si erano già raccolti molti soldati e cappellani militari che intonavano “l’Ecce Sacerdos”. Nel pomeriggio si recava prima all’ospedale militare di Galliera, poi nei nosocomi di Cittadella”. Un periodo difficile, gestito da Mons. Pellizzo, sempre in prima persona,con un dialogo diretto,costante e continuo con i suoi parroci dislocati nel territorio, dai quali pretese relazioni dettagliate sullo stato delle parrocchie e su ogni situazione e risvolto del conflitto. I Cattolici della diocesi di Padova seguirono gli orientamenti del Pastore, che si schierò contro la guerra, anche se rimase il contrasto tra l’obbligato neutralismo sollecitato dalla Chiesa e la lealtà alle Istituzioni dovuta come cittadino. Si dimostrò un personaggio scomodo, sia ai Comandi Italiani, che alle autorità politiche, per la sua determinazione nel promuovere un vasto movimento religioso-sociale, soprattutto fra i contadini, e l’autorevolezza per l’opera di assistenza ai soldati e ai profughi, relegando in subordine quello che doveva essere il dovere dello Stato Italiano. Con una circolare, emanata il 12 aprile 1915, il gen. Cadorna dispose l’arruolamento di 2400 cappellani militari, che vennero assegnati uno per ogni reggimento di fanteria e uno per ogni battaglione di alpini. Con la loro presenza al fronte, secondo le intenzioni del Generalissimo, essi avrebbero dovuto favorire nei soldati, grazie al sentimento religioso, la crescita di un maggior spirito di obbedienza e disciplina. Questi “Soldati di Dio” dovettero agire nel pieno rispetto sia delle leggi ecclesiastiche, che militari, consapevoli di fare emergere nella truppa i sentimenti tanto cari allo Stato Maggiore dell’Esercito come: l’onestà, la generosità, l’amore alla Patria, l’osservanza dei doveri e la rassegnazione al sacrificio. Nel corso del Conflitto mondiale i sacerdoti, in diverse circostanze, si trovarono a sostituire gli ufficiali caduti, conducendo all’assalto del


nemico i reparti di appartenenza. Ne è una testimonianza la Medaglia d’Oro al Valore conferita a don Pacifico Arcangeli del 252° reggimento di fanteria Massa Carrara, morto in combattimento sul Monte Grappa il 6 luglio 1918. E’ inoltre memorabile l’impresa del cappellano don Amilcare Carletti, immortalata dalla sapiente penna di Achille Beltrame nella prima pagina della Domenica del Corriere del 10 dicembre 1916. Fu insignito di Medaglia d’Oro al Valore con la motivazione “ben due volte riunì militari dispersi, rimasti privi di ufficiali, e, approfittando dell’ascendente che aveva saputo acquistarsi fra i soldati, li riordinò e li condusse all’assalto”. Anche don Giuseppe Roncalli, che in seguito salì al soglio Pontificio con il nome di Giovanni XXIII° riportò tra le sue memorie la testimonianza della guerra, vissuta in prima persona. Nella diocesi patavina vennero reclutati circa 200 di questi giovani religiosi e 300 chierici (seminaristi prima dell’ordinamento sacerdotale), destinati a compiere la loro missione nelle Sezioni di Sanità nei numerosi ospedali da campo e in prima linea o di rincalzo. Molti scelsero di essere reclutati nei Battaglioni alpini: ValBrenta, Sette Comuni, Feltre, Bassano. Il Prelato comprese fino dall’inizio che tale situazione avrebbe provocato profondi mutamenti nei costumi, nella cultura e nei comportamenti delle popolazioni, prevedendo un decadimento morale e religioso soprattutto nei soldati, con il rischio concreto di coinvolgere anche la stessa Chiesa e i suoi pastori. Per sorreggere moralmente e spiritualmente quest’ultimi fondò per loro un mensile dal titolo “Vigilate”, per poter dare con una serie di suggerimenti e dialoghi un valido supporto alla vocazione, invitandoli a commentarli con la truppa nei momenti di preghiera. I cappellani militari condivisero con i soldati la problematica vita di trincea per tutta la durata del conflitto; dal Carso all’Altopiano di Asiago, dal Piave al Monte Grappa, diventando un prezioso confidente, una persona con cui potersi consigliare, aiutando anche i tanti combattenti analfabeti a tenere la corrispondenza con i propri familiari. La Santa Messa rappresentò il momento più atteso nella maggior parte dei militari, celebrata con altari di fortuna, nelle situazioni più imprevedibili e diverse; in piena tranquillità, ma anche sotto la minaccia di bombardamenti, o sotto le intemperie. Nel corso degli assalti, incuranti del pericolo, questi cappellani misero a repentaglio la propria vita, per rincuorare i feriti, confortare e dare l’estrema unzione ai meno fortunati. Al termine di ogni giornata essi trasmettevano i dati di militari caduti,

Prima pagina della "Domenica del Corriere" del 10/12/1916 di Achille Beltrame

Primo numero del periodico Vigilate per i Chierici al fronte

feriti, dispersi all’Ufficio Notizie Centrale del Comando Militare. Era un compito non certo facile, che rappresentò, per tutti i preti-soldato, la scoperta di drammi, di atrocità di ogni genere inimmaginabili all’interno del seminario, che costrinsero tanti di loro, una volta terminata la guerra, ad abbandonare la vocazione religiosa. La maggioranza della popolazione italiana, dopo qualche mese dallo scoppio del conflitto, continuò a rimanere ostile alla guerra. Le continue notizie, provenienti dal fronte non erano certo rassicuranti. Nelle parrocchie della diocesi si segnalarono ogni giorno i lutti che colpirono le famiglie, con i propri cari al fronte, lasciando nell’angoscia vedove e bambini adolescenti. Nel clero crebbe sempre più insistentemente un atteggiamento di repulsione verso la guerra. La parola pace iniziò a diffondersi in tutto il territorio, scuotendo la diplomazia politico-militare. I Parroci non furono tenuti in debita considerazione da parte dello Stato Italiano e tantomeno dai politici, i quali pensarono che potessero creare dei problemi con il continuo richiamo alla pace, che doveva essere invocata come dono da raggiungere il più presto possibile per evitare disgregazioni nelle condizioni sociali, economiche e morali della popolazione. Il religioso nelle nostre Valli visse a diretto contatto con la gente; una figura di riferimento qualificata, che, oltre a guidare spiritualmente la parrocchia, svolse una mansione che andava ben al di là del suo ministero sacerdotale, facendosi portavoce delle esigenze di una intera comunità. Il quattro ottobre 1917, venne promulgato il “Decreto Sacchi”, con l'intento di reprimere “fatti pregiudizievoli all'interesse Nazionale” con cui i sospetti sul clero si fecero molteplici. Con questo provvedimento iniziò una vera e propria caccia alle streghe e molti Parroci furono accusati di


predicare la pace e di invocare la fine del conflitto. Il reggente di Semonzo, don G. Battista Scotton, subì un processo per direttissima per una affermazione ambigua, suggerita nell’ omelia durante una celebrazione domenicale e riportata da alcuni delatori alle autorità competenti, che lo condannarono a sei mesi di carcere con l’allontanamento immediato dalla sede di servizio.

Altare da campo

I capi di imputazione furono sempre gli stessi: disfattismo, antipatriottismo con la logica conseguenza di procedimenti penali. Il clima di inquisizione procurato nei confronti di altri sacerdoti della stessa diocesi provocò la reazione di mons. Pellizzo, che scrisse una nota di protesta indirizzata ad ogni onorevole veneto. “Ella, Onorevole, conosce le nostre popolazioni: il Parroco per esse è tutto: levare il parroco in quel modo con tali accuse che il popolo 99 su 100 sa da chi provengono, è un deprimere lo spirito, è un vero, dunque, disfattismo. Ella Onorevole, conosce il nostro Clero tanto benemerito e conosce pure me, loro Vescovo e la rigida disciplina nella quale tengo il mio Clero. Esponga tutto al Governo e lo informi delle ingiuste accuse, del vantaggio quando anche alcunché risultasse di andar d’accordo col Vescovo per opportuni provvedimenti. Se basta un richiamo ad un sacerdote potrò mandarlo via dalla parrocchia e se, per circostanze particolari, deve essere allontanato, perché confinarlo lontano dalla Diocesi mentre qui ho tanto bisogno? Ecco quello per cui domando l’azione dei deputati, nella certezza di compiere un’opera veramente patriottica mentre l’altra è eminentemente disfattista”. Nell’assumere con ferrea determinazione la difesa dei sacerdoti il Presule avanzò l’esplicita richiesta che, in presenza di ecclesiastici in qualche modo compromessi o sospettati, egli stesso, dopo aver esaminato i singoli casi e preso gli eventuali e opportuni provvedimenti, potesse risolvere il contenzioso con procedura “canonica” e conciliativa. Il Presidente del Consiglio on. Orlando rispose con una lettera al Vescovo patavino; “Eccellentissimo Monsignore, ricevei il memoriale che la E.V. mi fece pervenire esponendomi taluni incidenti che si sarebbero verificati in codesta diocesi nei riguardi di alcuni membri del clero, a proposito di denunce e di reclami mossi contro di loro. Sui fatti esposti e sulle osservazioni fatte dalla E.V. mi sono affrettato di richiamare la diretta attenzione del Comando Supremo, e quindi voglio e debbo ritenere che, nel suo illuminato giudizio, il predetto Comando darà opera affinché, ove inconvenienti ed abusi si verifichino, questi siano eliminati o, quanto meno, attenuati”. Dopo la disfatta di Caporetto, gli Stati Maggiori Alleati (Francia e Inghilterra) decisero l’ 8 novembre 1917, nel corso del convegno di Peschiera di rimuovere il generale Luigi Cadorna e nominare in sua sostituzione il generale Armando Diaz, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito. Nei confronti del generale Diaz mons. Pellizzo ebbe una iniziale sugge-

stione negativa, che si attenuò dato il pressante bisogno delle autorità militari di contare sulla collaborazione e sull’opera del clero, per ridurre l’esasperazione popolare. Così l’ apporto del Vescovo divenne di primaria efficacia e determinazione. Appena insediato il gen. Diaz in una lettera riservata a mons. Pellizzo allegò una circolare del Comando Supremo ai Comandi delle Armate, dalla quale risulta che l’autorità militare accettava le proposte e i suggerimenti del Prelato di Padova sulla procedura da seguirsi contro i sacerdoti sospettati di azione antipatriottica: “E’ opportuno da quando i comandi delle Armate ritengono, per gravi sospetti dipendenti da equivoci atteggiamenti non corrispondenti all’attuale situazione, di dover disporre la grave misura dell’allontanamento dalla zona di guerra di ministri del culto cattolico, si rendano conto della notevole ripercussione che siffatto provvedimento produce a causa della dignità e dell’autorità della persona colpita, sia dell’influenza che specialmente nelle zone di guerra delle operazioni come ora è delimitata, i sacerdoti hanno indiscutibilmente fra le masse popolari. Si desume quindi, dall’eventuale accertamento dei fatti specifici, che essi rivestano la figura del reato e che vadano senza alcuna debolezza denunziati alle competenti autorità giudiziarie. Ciò premesso, si ritiene conveniente che le informazioni raccolte intorno ai sacerdoti siano sempre controllate opportunamente, interrogando le autorità locali, che diano sicuro affidamento, autorità politiche e di pubblica sicurezza e gli stessi superiori ecclesiastici, sospettati di fare opera dissolutrice della resistenza del Paese”. Questa lettera riservata è la prova eloquente del nuovo clima di distensione che intercorse tra i due rappresentanti militare - religioso. Nel novembre del 1917, tutti i Paesi della diocesi di Padova, che si trovarono nelle immediate vicinanze del conflitto vennero fatti sgomberare. A nulla sono valse le reiterate proteste di mons. Pellizzo, presentate ai Comandi Militari, in merito allo sfollamento dei paesi, e allo smistamento dei profughi, in modo da lasciare unita ogni comunità parrocchiale, sotto la direzione del parroco. Una moltitudine di persone fu costretta a spostarsi in varie regioni italiane, cambiando radicalmente in pochi giorni il proprio modo di vivere, particolare che mai avrebbero immaginato. Gli abitanti dello stesso paese, vissero in località diverse con la divisione di interi nuclei familiari, i quali difficilmente riuscirono a comunicare fra loro. In questo frangente storico, le situazioni che si crearono vennero diligentemente annotate dai parroci, i quali testimoniarono le sofferenze dei loro parrocchiani e, a distanza di cento anni, si può avere con certezza un quadro completo, reale e veritiero della cronistoria di tale periodo. Il Vescovo di Padova fu la persona di riferimento, il custode delle numerose corrispondenze, che ogni sacerdote doveva inviare. Già nel maggio 1916, nel corso della Strafexpedition, la popolazione dell’Altopiano di Asiago venne fatta allontanare e ai parroci di quei paesi mons. Pellizzo fece consegnare un questionario da compilare, lo stesso che inviò a tutti


Cartolina

i preti profughi alla fine di novembre del 1917. Il modulo riportava le seguenti domande, riferite alle condizioni degli abitanti: Dove sono ospitati? Come sono alloggiati? Percepiscono il sussidio governativo e quanto? Sono occupati in lavori proficui e quanto guadagnano? Quali sono le condizioni morali e religiose? I ragazzi frequentano la scuola? Vi sono delle lagnanze? Le risposte da parte della comunità laica e religiosa furono molteplici. Il 30 aprile 1918, don Giovanni Battista Ziliotto di Crespano informò il Presule con questo scritto: “Premetto che in genere i profughi sono quasi dappertutto malvisti dalle popolazioni che li tollerano appena. Le autorità invece pare facciano del loro meglio per aiutarli, benché dichiarino di poter fare poco, mancando loro i mezzi. Mi sono presentato ai sindaci ai vari comitati raccomandando loro questi pochi disgraziati come ho fatto presentandomi ai Vescovi di Pesaro, Senigallia e di Ascoli. Quanto a condotta, in generale i miei profughi si conservano buoni cristiani, benché lamentino di non trovare colà gli aiuti spirituali che trovano in parrocchia, manca specialmente la parola di Dio. Essi non hanno che un desiderio, ritornare cioè presto in Patria”. Don Ferdinando Galzignan, arciprete a Valstagna, dopo la visita ai profughi a Catania, Siracusa, Caltanisetta, constatò una sistemazione discretamente buona. Dal punto di vista religioso e morale la situazione era peggiore in Romagna. Il Parroco di Carpanè, don Ferdinando Zanocco, lamentò i disagi gravissimi della dispersione dei suoi parrocchiani a Ferrara, Firenze, Napoli, Messina, Caltagirone. Il 23 novembre 1917, scrisse “Quanti dolori, quanti pianti, e quante sofferenze”. Sulla stessa linea anche don Ernesto Raise cappellano di Romano d’Ezzelino e don Pietro Dal Maso parroco di San Nazario. Il senso di smarrimento e di avvilimento dei parrocchiani si ripercosse anche nell’animo di don Bartolomeo Codemo, arciprete di Enego, che da Napoli scrisse, in un appunto indirizzato al Vescovo: “Ho perduto i genitori, la famiglia e la parrocchia e mi vedo disperso e ramingo. I danni morali e spirituali della guerra sono disastrosi. Tanti profughi non si confessano più, tanti si sentono disorientati, si credono abbandonati, ma sanno adattarsi ai costumi di quaggiù non al linguaggio”.

Don Vittorio Lazzorotto parroco di Cismon ricevette tramite il Vescovo di Acireale Mons. Arista copia della nota pastorale inviata da mons. Pellizzo a tutti i sacerdoti profughi. Il 20 agosto 1918, da Giarre (Catania) il sacerdote cismonese inviò un resoconto che rispecchiava le reali difficoltà della popolazione. (…) come era mio dovere la lessi nella Chiesa che fu per questo assegnata e da me stesso ufficiata. Vi assicuro che la Vostra parola riempì loro, che in massima parte si conservano buoni, di tanti giovamenti e conforto. Non potrei dirvi tanta belle cose di questi disgraziati Vostri figli; ma purtroppo, Eccellenza devo invece assicurarVi che tanti di loro soffrono, e soffrono assai. Tantissimi hanno i figli malati, tanti non trovano un mezzo sufficiente di vivere col sussidio che è loro corrisposto, tantissimi hanno i figli scalzi ed indecentemente vestiti tanto da non poter frequentare la chiesa. Ogni giorno, ogni momento sono da me ad esporre i loro bisogni ed io solo posso aiutarli formulando istanze ed istanze che valgono soltanto ad infondere nei poverelli un po’ di speranza e nulla più. C’è il regolamento e non si intende di fare eccezioni. Immaginate Eccellenza, che della Vostra ultima elargizione mi sono rimaste lire 400. Ho piacere per l’occasione di scriverVi per dirVi come stanno le cose aggiungendo che se la Divina Provvidenza si serve dell’opera Vostra per aiutare i suoi figli Voi abbiate a tenere presenti i bisogni di questi infelici e li abbiate a soccorrere. Già io ho detto che scriverò anche a Voi e sarò ben felice se potrà lenire qualche dolore, asciugare qualche lacrima. Vi domando Eccellenza, la santa Benedizione per me, per i miei profughi (…) La risposta non si fece attendere. Il 28 agosto venne spedito a don Vittorio Lazzarotto un vaglia bancario di Lire 300 per i bisogni urgenti dei Cismonesi in difficoltà. Al termine del conflitto i Paesi delle nostre Valli risultavano completamente distrutti o gravemente danneggiati. L’imminente vicinanza dell’inverno e la necessità di bonificare i territori da una ingente quantità di ordigni bellici, costrinsero le Prefetture a posticipare il rientro della popolazione profuga.

Lo stato d’animo di don Lazzarotto che trapela nella lettera del 10 marzo 1919 è la testimonianza eloquente del malessere che si insinuò negli animi di quelle genti. “Desidero mille volte vivere in una baracca di legno piuttosto che continuare la mia residenza in questa terra che mi va assorbendo ogni migliore energia. Ci doni Dio la Grazia di liberarci di qui. Io non posso più resistere a lungo”. Per concludere riporto la frase finale dell’intervento di mons. Mortini nel corso di una conferenza sulla figura di mons Pellizzo: “Con i piedi per terra e gli occhi al cielo, con la forza della preghiera ha avuto il coraggio di guardare in alto per suggerire a tutti i sacerdoti, i cattolici e laici della diocesi di Padova che la guerra è dolore, distruzione e morte”. Ringrazio Michele Cerato di Enego per le preziose immagini fotografiche del suo archivio.


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Nuovo atto di vandalismo il Consiglio degli Alpini di Possagno

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’ennesimo atto di vandalismo, é probabilmente avvenuto tra la sera/ notte di sabato 24 settembre e la domenica 25 settembre, presso il Monte Palon (sopra Possagno - Treviso). In particolar modo i fatti si sono svolti presso il bivacco posto a quota 1.306 metri s.l.m., facente parte del museo a cielo aperto denominato “Il Percorso della Memoria”, ovvero appostamenti, baraccamenti, gallerie (c.a. 300 metri), trincee (oltre 1.000 metri) risalenti alla Prima Guerra Mondiale e recuperate dagli Alpini, Amici degli Alpini, numerosi appassionati provenienti da vari Enti ed Associazioni di Possagno e non che volontariamente, dal 2000 ad oggi, si sono adoperati e si adoperano per il recupero e la manutenzione di questo sito storico che dal rifugio degli Alpini (quota 1.205 metri s.l.m.) porta alla cima del Monte Palon (quota 1.306 metri s.l.m.) Dopo questo ennesimo atto vandalico (ennesimo perché già a luglio dell’anno scorso avevamo già denun-

ciato altri atti vandalici presso il Monte Palon – “Il Percorso della Memoria”), la denuncia verso ignoti presso i Carabinieri di Crespano del Grappa, la pubblicazione dei danni e la relativa sistemazione con tanto di documentazione fotografica. A tutti i visitatori chiediamo di visitare il Monte Palon e “Il Percorso della Memoria” con amore e rispetto per coloro che un tempo hanno perso la vita in questi luoghi e di riflettere sul concetto di Pace e solidarietà come unica soluzione per un futuro migliore.

Intervista al Presidente Favero di Gianni Idrio

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' un Presidente rilassato, ma anche determinato, quello che ci riceve in un caldo pomeriggio d’estate, nel suo studio a Possagno. La sua conferma per un secondo triennio al vertice dell’ANA è ormai alle spalle e si può già abbozzare un bilancio di quanto è stato fatto e di quanto rimane ancora da fare.

rapporti con le Sezioni estere e al nuovo, più chiaro inquadramento degli Amici degli Alpini. Tra gli obbiettivi che rimangono sul tappeto, vista la legge sul terzo settore (sul volontariato), tengo molto ad un progetto che coinvolga i giovani in un servizio a favore della Patria. Per ciò che ancora concerne lo Statuto, dovremo mettere a fuoco in maniera più dettagliata e precisa le procedure sui provvedimenti disciplinari e le modalità di elezione degli organi nazionali.”

1°) “Presidente, sei soddisfatto del primo triennio? Quali sono le prospettive ed i problemi per il nuovo mandato?” “Indubbiamente una certa soddisfazione non la nascondo, anche se non piena, perché non si riesce mai a fare tutto, proprio tutto, quello che ci si propone. Mi dà forza, comunque, il rapporto diretto che ho potuto avere con tutti gli Alpini, la mia seconda famiglia. Si è creato un legameponte che consentirà, ne sono sicuro, di andare molto avanti sulla strada del collegamento tra organi centrali ed organi locali dell’ANA. Questo contatto ha già dato dei risultati significativi, quali le modiche dello Statuto relative alle responsabilità patrimoniali delle Sezioni e dei Gruppi, ai

2°) “Quanto è faticoso fare il Presidente di una Associazione ampia ed articolata come l’ANA, anche se lo spirito ed il dna alpino porta a fare miracoli?” “Non c’è dubbio che l’impegno è sempre notevole, anche sotto l’aspetto fisico. Ci sono da gestire bene i rapporti con la propria famiglia, col proprio lavoro, col proprio tempo libero rimasto (pochissimo). Questo obbliga tutti ad uno sforzo che consenta di prendere, di volta in volta, le decisioni più giuste, nell’esclusivo interesse degli Alpini. Dispiace vedere, in qualche occasione, alcuni vertici periferici che non sanno cogliere l’obiettivo comune e trascurano che l’ANA è una associazione d’arma universale. Mi consola, tuttavia, sapere che la nostra storia, i nostri veci, i soci, le famiglie, la propria identità sono i fari che consentono la capacità di scelte anche difficili”. 3°) “Se potessi disporre della bacchetta magica, cosa faresti? Quale progetto ti sta più a cuore?” “Il progetto che più amo, e che ho già iniziato a perseguire da tempo, è il ritorno dei giovani al servizio della Patria (a questo punto gli occhi del Presidente si illuminano – n.d.r.), magari in forma diversa rispetto al passato, ma tale da formare coscienze ed uomini, senza i quali, con la sola cultura, non andremmo da nessuna parte e non sapremmo instaurare un dialogo con la nostra Società e con chi viene da altre esperienze umane e sociali.” Grazie, ancora una volta, Presidente, gli Alpini sono con Te.

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Alpiniadi

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utti ormai sapranno, anche perché la notizia è stata data ai capigruppo in forma ufficiale, che alla nostra sezione è stata assegnata l'organizzazione delle Alpiniadi estive, che si svolgeranno nel territorio circostante nel 2018, anno di grande rilevanza dal punto di vista della rievocazione storia della Vittoria a conclusione della Prima Guerra Mondiale. La ribadiamo in queste pagine per ricordare ai nostri soci che avremmo bisogno dello sforzo e della mobilitazione di tutti per ottenere dei risultati all'altezza del compito assegnatoci. (foto di Alpiniadi del recente passato)

I Riservisti tedeschi di Willi Ruhstorfer. Libera traduzione e note di Ruggero Gnesotto

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’Associazione dei Riservisti delle Forze Armate è istituzionalmente riconosciuta in Germania ed ha ruoli e finalità precisate dal Parlamento Federale. Vi sono ammessi, fino all’età di 65 anni, ufficiali, sottufficiali e soldati che, dopo aver prestato servizio militare nell’esercito, nella marina o nell’aviazione tedesche, decidono liberamente di tenersi pronti per essere reintegrati, in caso di necessità, nelle Forze Armate. Secondo le linee guida del Ministero della Difesa, all’Associazione è affidato il compito di coordinare le attività e l’impiego dei Riservisti nei seguenti settori: Aggiornamento sulle politiche di sicurezza Informazione e Pubbliche Relazioni Addestramento militare Assistenza e solidarietà Supporto alle forze armate Queste attività sono finanziate dal Bilancio Federale che stanzia an-

nualmente le somme necessarie. L’Associazione dei Riservisti, suddivisa in Gruppi Regionali, Distrettuali, Circoscrizionali e Locali, è oggi formata da 110.000 associati, tutti molto attivi, e lo scorso anno è riuscita ad organizzare e gestire 38.000 eventi che hanno interessato circa 3,5 milioni di persone. Gli iscritti devono conseguire e mantenere il DSA, Brevetto Sportivo Tedesco, superando le prove di idoneità fisica che l'Associazione è autorizzata ad organizzare autonomamente e nelle quali, per anni, la Circoscrizione Dingolfing-Landau (di questa fanno parte i Riservisti che partecipano alla Cerimonia sul monte Tomba) si è dimostrata la migliore della Baviera. Con l’aumentare dell’età, i Riservisti diventano, loro malgrado, meno competitivi rispetto ai militari in servizio per cui la verifica delle capacità operative avviene a mezzo esercitazioni militari nelle quali i vari Gruppi si confrontano tra loro.

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Commemorazione a Malga Pat di Alessandro Dissegna

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ome ogni anno si è tenuta a Malga Pat, domenica 21 agosto 2016, presso il Cason del Coston, una significativa cerimonia a ricordo dei gloriosi fatti d’arme del 1917-18. Numerosi furono i combattimenti che coinvolsero a più riprese tutta la zona circostante Malga Pat. A coprirsi di gloria furono, soprattutto ma non solo, gli intrepidi fanti della brigata Pesaro. Le parole del curatore della rievocazione col. Gianni Bellò sintetizzano al meglio quanto avvenuto in quei tremendi giorni della Grande Guerra

sul Grappa e combatterono nella zona Ca’ D’Anna – Lepre . Sulla dorsale da Col delle Farine a M. Rivon il 15 giugno 1918 era in linea la Brigata Pesaro, con i reparti di riserva dislocati proprio in questa area. I combattimenti sulla q. 1503 di Col delle Farine furono subito violenti, ma alla fine i fanti della Pesaro riuscirono bloccare l’avanzata avversaria e occuparono la quota. Il giorno 16 proseguirono nel contrattacco e ripresero il caposaldo sulla linea avanzata di q. 1490 arrivando fino al “Fortino Regina”. Tutta la linea Asolone – Col delle Farine – Coston

“E il sacrificio era ben evidente in questo Cimitero di Cason del Coston, dove riposavano fino agli anni ’30 255 Caduti immolatisi nell’anno di guerra sul Grappa, dall’Asolone al Pertica. L’elenco dei sepolti, compilato il 10 dicembre 1918 dal cappellano militare del 240° fanteria è agli atti presso il Comune di Borso. Esso riporta 195 Fanti (82 della Pesaro, 50 del Cremona, 23^ Compagnia. Mitragliatrici., 16 della Modena, 9 della Massa Carrara., 16 delle altre brigate), 12 dei Reparti Assalto, 10 Genieri, 7 Artiglieri, 2 Servizi, 1 Alpino e 27 Austroungarici. Fra i sepolti c’era qui anche il S.ten. Alberto Cadlolo del 240° fanteria “Pesaro”, che verrà nel ’21 insignito di M.O.V.M. La Brigata di Fanteria Pesaro, costituita nei primi del 1917, prima di giungere sul Grappa aveva partecipato alla Battaglia dell’Ortigara del giugno in zona M. Zebio, alla Battaglia della Bainsizza dell’agosto, alla ritirata di Caporetto arrivando a riordinarsi a Borso dall’8 dicembre. Borso adottò ed accolse, per un anno, questi giovani fanti provenienti da varie regioni d’Italia – Veneto - Lombardia – Piemonte – Toscana – Sicilia – Calabria, che erano stati addestrati nel Lazio – nelle caserme di Viterbo e Civitavecchia. II 15 dicembre 1917 i Reggimenti della Pesaro salirono

– Rivon cadde in mano ai fanti della Pesaro a costo di 19 ufficiali e 502 uomini di truppa fuori combattimento. Sul fronte del Grappa la 4 Armata perse, in un anno, 24.000 uomini fra morti, feriti, dispersi. I reparti più provati vennero avvicendati per circa un mese (fra luglio e agosto) compresa la Pesaro che rientrò a Borso. Poi fino a ottobre svolse normale attività di linea con avvicendamenti. Nel settore del VI C.A. (Asolone-Pertica) la brigata Pesaro accese la battaglia il 24 ottobre, andando all’attacco del M. Pertica che conquistò il 25. Cercò di riprendere anche Col della Martina; il 27 un poderoso contrattacco A.U. ebbe successo con la riconquista del Pertica, subito ribaltato dai fanti della Pesaro. Si trattò di una eroica lotta, costata 88 ufficiali e 1583 fanti fra caduti, feriti, dispersi… la brigata venne sostituita dalla Modena e inviata poi, ai primi di novembre, in quel di S. Eulalia (di Borso) per riordinarsi. Il Pertica passò più volte di mano, restando alla fine in mano austriaca fino al loro arretramento del 30 ottobre 1918. A fine guerra il Cimitero venne intitolato alla Medaglia d’Argento Cap. Enrico Picaglia del IX Reparto d’assalto, uno degli ultimi caduti – 25 ottobre 1918.” Lettera alla vedova del magg. Messe

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Alpini della Cadore

Borso del Grappa Val dea Giara Cerimonia di inaugurazione del cippo

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l 22 giugno u.s. in località Val dea Giara si è svolta l’inaugurazione di un cippo dedicato agli Alpini del 7° reggimento – battaglione Feltre. L’iniziativa è stata di Francesco Guadagnin del gruppo di Borso. La S. Messa è stata celebrata dal parroco di Borso don Fabrizio Tessarolo. Hanno partecipato il Presidente della Sezione Giuseppe Rugolo ed un coro misto di ex coristi dal Brenta al Piave.

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n occasione del raduno di Belluno del 21 aprile organizzato dal Col. Amerigo Lantieri de Paratico della 116a compagnia mortai si sono ritrovati dopo 44 anni Virginio Baggio e Sergio Caregnato. Questi Alpini sono del III 69 e I 70 e hanno fatto la naia alla caserma Salsa di Belluno al M. M. Sono, da sinistra Goglio (ospitante di Olmo al Brembo) Fortunato, Franzoia, Pianalto, Pesce, Zecchin, Calvi, Caraffini. Si sono ritrovati per la prima volta dopo una trentina d'anni, e tutt'ora continuano a trovarsi una volta l'anno. Se qualcuno li riconosce dopo tanti anni, saranno più che felici di incontrarli contattando: Zecchin 338 5807837 - Pianalto 333 6008989.

Belvedere di Tezze

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li alpini impegnati nella tinteggiatura dell'asilo Rosa Mistica di Belvedere.

Rossano Veneto

Possagno

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lpini di Rossano Veneto all'adunata di Asti con il Presidente Sebastiano Favero.

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l gruppo di Possagno sull'Adamello. Al centro il Presidente Sebastiano Favero.


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Fonte Alto Inaugurazione sede e 40 anniversario di ricostituzione del gruppo

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8 agosto 2016. Una bellissima giornata ha accompagnato questo avvenimento molto importante per il Gruppo Alpini di Fonte Alto. Sabato sera c’è stata una rassegna corale con la partecipazione dei cori “Monte Castel” e “Edelweiss”. Una buona partecipazione ha accompagnato la rassegna nel corso della quale sono stati eseguiti principalmente canti alpini anche in riferimento alla Prima Guerra Mondiale cui ricorre il Centenario. Alla domenica la cerimonia è iniziata con l’alzabandiera e la deposizione corona presso il monumento ai caduti in piazza Fonte Alto. E’ seguita la S. Messa in Chiesa Parrocchiale animata dalla Corale e celebrata da Padre Dino Cadonà (socio del Gruppo) che durante l’omelia ha ricordato come gli Alpini sono sempre in prima linea quando c’è bisogno, specialmente in questi momenti in cui il terremoto ha devastato l’Italia centrale. Ha usato

una bella espressione di papa Francesco che dice che l’aiuto deve partire dal cuore e passare alle mani. Al termine è partita la sfilata che ha condotto tutti alla Sede del Gruppo in via Fontanelle. Qui dopo i discorsi di circostanza, si è passati al taglio del nastro da parte della madrina del Gruppo con l’effettiva inaugurazione. All’interno era allestita una mostra fotografica sulla Grande Guerra a Fonte ed è stato fatto un brindisi con le autorità presenti assieme al direttivo del Gruppo. E’ seguito un ricco buffet per tutti i presenti. Una grandissima partecipazione di alpini ( erano presenti 44 tra gagliardetti alpini e bandiere ospiti) e di fontesi ha procurato una immensa soddisfazione al direttivo e a tutto il Gruppo, premiando così bene tutti i mesi di lavoro necessari per l’organizzazione. Il Gruppo Alpini ringrazia ancora tutti coloro che si sono adoperati perché questo avvenimento riuscisse nel migliore dei modi come è stato.

San Nazario

I

redattori, su invito degli amici del gruppo Grotte Giara e degli appassionati di storie e di recupero dei siti della Grande Guerra, hanno trascorso una serata immersi un ambiente affascinante e oltremodo stimolante. Sono scaturite dall'evento idee per future collaborazioni ed iniziative. Altri incontri in diversi gruppi del territorio della Sezione sono in programma, come pure sono in itinere proposte di incontri nei diversi gruppi, come già annunciato ai capigruppo recentemente dal presidente Rugolo, per spiegare le attività e le iniziative che ci consentono di essere sempre più vicini alla nostra gente. Di regola gli incontri, con pochi elementi selezionati, si terranno nelle sedi alpine dei gruppi, di mercoledì e il risultato dell'incontro sarà trasmesso attraverso un'emittente televisiva alla domenica sera. L'iniziativa sarà seguita dal vicepresidente Gabriele Peruzzo.

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Carpanè

Salcedo

i ritorno dal Raduno Triveneto degli Alpini svoltosi a Gorizia il 19 giugno scorso, gli alpini del Gruppo di Carpanè con le rispettive mogli hanno fatto sosta al Sacrario di Redipuglia per rendere omaggio ai caduti, fra i quali il nonno dell'alpino Lino Borsa, caduto sul Carso il 13 giugno 1917.

Alla ricerca della lapide scomparsa

D

S

abato 27 agosto 2016, di buon mattino con un gruppo di 7 volenterosi (Capogruppo Ivano Pasquale; Vice Gabriele Lazzaretti; i Consiglieri Cristiano Pavan, Claudio Dalla Valle, Giobatta Dalla Valle, Giulio Milani e Tiziano Minozzo), siamo saliti sul Monte Castelgomberto “Melette di Foza” alla ricerca, per la terza volta, della lapide che contrassegnava il luogo dove fu colpito a morte il nostro Capitano Alpino Enrico Busa (Comandante della 300^ Compagnia Alpini Monte Marmolada). Egli morì lì, dopo un cruento attacco austriaco, il 4 Dicembre del 1917. Per l’ennesima volta non l’abbiamo trovata. Molto probabilmente è stata trafugata da qualche brava persona; ma con spirito alpino abbiamo cercato una zona adatta per porre una lapide rifatta che è previsto per il prossimo anno. Così facendo puliremo anche un tratto di trincea, chiaramente con tutti i permessi delle varie autorità. Ci vorrà molto impegno e lavoro ma i risultati poi si vedranno. Il nostro Gruppo Alpini porta il suo nome già dal 1923. Nel 2017 saranno 100 anni dalla sua morte e lo festeggeremo in loco degnamente, con una degna cerimonia che coinvolgerà anche la sezione. Il Capogruppo Ivano Pasquale.

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ella foto al centro un alpino paracadutista in servizio a settembre a Misurata in Libia. Thomas Moro è tornato per sposarsi con la fidanzata Jessica Temperato. E' in alta uniforme e quindi riconoscibile anche se gli manda il cappello alpino, tra i suoi amici di Carpanè tra cui il capogruppo Franco Vialetto ed il vicepresidente sezionale Lino Borsa.

Hanno partecipato alla ricerca: capogruppo Ivano Pasquale, vice Gabriele Lazzaretti, cons. Cristiano Pavan, Tiziano Minozzo, Giulio Milani, Claudio Dalla Valle, Giobatta Dalla Valle.

Adunata Asti Rappresentanti dal Canada

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Avvenimenti

LONGA DI SCHIAVON: l'alpino Antonio Ruggeroni e la moglie Anna Rosa dal Cengio nel giorno del loro 50° anniversario di matrimonio, festeggiati dai figli Mirta e Milko, dai generi e dalle loro quattro nipoti.

SAN MARCO: il 18 maggio 2016 Lorenzo Tosin e Gabriella Tonellotto hanno festeggiato il loro 50° anniversario di matrimonio.

CASSOLA: Valentino Fabbian e Maria Rebesco nel giorno del loro 50° anniversario di matrimonio.

ROSA': Mario Comunello e la moglie Angelina Nichele hanno festeggiato i 50 anni di matrimonio.

CARPANE': 27 maggio 2016. Matrimonio dell'alpino Thomas Moro con Jessica Temperato.

BORSO DEL GRAPPA: 50° di matrimonio tra l’Alpino Narciso Gaio e Elsa Faoro. Ha partecipato ai soccorsi dopo la tragedia del Vajont, con tanto di attestato da parte del Ministero della Difesa.

L'alpino Ronni Bellò con la moglie Romina, sposi il 9 luglio 2016.

CARPANE': matrimonio del sottotenente alpino Andrea Borsa con Carmen Agosta celebratosi il 25 giugno 2016. Andrea è figlio del tenente Lino Borsa, Vice Presidente della Sezione ANA Monte Grappa.

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Sul Ponte di Bassano

Avvenimenti

SOLAGNA: si sono uniti in matrimonio Marco Bittante e Serena Doregato. Nella foto gli sposi con alla loro sinistra lo zio Giuseppe Bittante il papà Gianpaolo Bittante e alla loro destra gli zii Stefano Bittante e Luca Todesco.

SALCEDO: è nato Francesco Dalla Valle, figlio di Roger e Arianna Bonotto.

ROSSANO VENETO: il 3 giugno 2016 hanno festeggiato il loro matrimonio il caporale alpino Mauro Baggio e Michela Civiero. Nella foto sono presenti il papà dello sposo Bruno Baggio, il fratello della sposa Mirco Civiero, l'amico reduce della campagna di Russia Daniele Baggio, parenti, amici e il direttivo del gruppo alpini.

COSTABISSARA: il 05/09/2016 è arrivato Antonio Zilio, qui in braccio alla mamma Maria Elena e con il papà Marco Zilio.

E’ nata Alessia Dal Bello figlia del nostro socio Walter, nella foto assieme allo zio Francesco e al nonno Nazareno.

SALCEDO: il socio Cristiano Pavan mostra orgoglioso il nipotino Raul figlio di Giovanni e Giulia nato il 18 gennaio 2016.

BORSO DEL GRAPPA: il 30 giugno 2015 è nato Yago figlio di Matteo Giacomellie e nipote di Luciano.

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Sul Ponte di Bassano

Avvenimenti VILLA D'ASOLO: il direttivo gruppo alpini di Villa d’Asolo fa le più vive congratulazioni all’alpino Filippo Giomo e all moglie Angela Santalucia per la nascita del secondogenito Mattias. All’alpino Diego Zanon e moglie Valentina Milani per la nascita di Rebecca.

Il nostro socio alpino Eugenio Benacchio nel giorno del 70° compleanno con la nipotina Asia.

L'alpino Elio Codemo (caciota) orgoglioso con i nipoti Tommaso e Massimiliano, avviati nel vivaio alpino.

La “naja” non finisce mai. Giovanni Torresan (gruppo di Crespano) e Sergio Zanellato (gruppo di Trevignano), entrambi del 1945, a 50 anni dalla fine della Naja si sono ritrovati con grande emozione al Castegner dea Madoneta a Crespano, per ricordare il periodo trascorso assieme con le “stellette”.

FRIOLA: il 16 giugno a Friola di Pozzoleone è nato un aspirante alpino, uno “scarponcino” di nome Ettore, nipote del socio Umberto Gioppo. Complimenti. Auguri al socio Marco Basso e alla moglie Eleonora Sangiorgi per la nascita del figlio Filippo. Congratulazioni al socio Luca Ceccato per la nascita del figlio Christopher. Al socio Marco Rigon per la nascita della figlia ELENA avvenuta il 03/08/2016 CUSINATI: è nata Alice Sandri figlia di Mirco Sandri nostro socio alpino.

Lino Mocellin, meglio conosciuto come Vincenzino, in occasione del suo compleanno avvenuto l’8 gennaio ha offerto una cena ai componenti del consiglio del gruppo di Valstagna. Egli è stato per oltre 40 anni il segretario del gruppo, molto efficiente e scrupoloso e tutt'ora partecipa sia alle riunioni mensili del gruppo, sia alle attività dello stesso come supporto.

Cristina Farronato con i figli accanto al ponte di San Francisco. Indossano la maglietta "Aiutiamo il ponte di Bassano".

San Marco: il 17.08.2016 l'alpino Giovanni Faccio e la moglie Caterina Temperato hanno festeggiato il 50° anniversario di matrimonio.

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Sul Ponte di Bassano

Avvenimenti

Sono passati oltre 50 anni da un incontro tra alpini della scuola militare a Aosta. Poche settimane fa hanno avuto modo di reincontrarsi durante il rientro di uno di essi dalla Francia dove era emigrato per lavoro. L'incontro, immortalato nella foto a colori, a destra è avvenuto alla festa di Collicello di Valstagna. A sinistra la foto dell'epoca in cui i due amici frequentavano la scuola militare alpina di Aosta. E' stata scattata il 14 luglio 1965 ed i due allievi erano stati comandati a partecipare come componenti il picchetto d'onore stabilito nella circostanza. L'allievo sottufficiale Paolo Marini (a sinistra nella foto in bianco e nero) era stato destinato al battaglione Feltre nella caserma di Strigno, mentre Loris Moro (a destra) aveva presto poi servizio come sergente Auc a Belluno e quindi come sottotenente del Btg Mondovì nella caserma di Paularo in Carnia. Nei mesi scorsi Loris Moro ha dovuto fare i salti mortali per rintracciare l'amico. Ma alla fine ce l'hanno fatta , eccoli belli e pimpanti nella foto di destra, scambiati di posizione rispetto alla foto di 51 anni fa. Complimenti!

Sono andati avanti: alle famiglie degli scomparsi le più sentite condoglianze. Borso del Grappa

Borso del Grappa

Borso del Grappa

Breganze

Breganze

Breganze

Igino Fabbian classe 1933

Adolfo Marin classe 1943

Gioacchino Ravagnolo classe 1923

Andrea Cogo classe 1932

Luigi Covolo classe 1927

Cesare Dal Lago classe 1936

Breganze

Cà Rainati

Casella d'Asolo

Casoni

Casoni

Cassola

Pietro Novello classe 1938

Celeste Panizzon classe 1924

Enrichetto Baldisser classe 1943

Giovanni Galiotto classe 1939

Roberto Mastel classe 1950

Silvio Bordignon classe 1919

Cassola

Cassola

Cavaso del Tomba

Cavaso del Tomba

Cavaso del Tomba

Cavaso del Tomba

Francesco Farronato classe 1927

Pietro Ferronato classe 1931

Paolo Bresolin classe 1939

Pietro Foggiato classe 1945

Bruno Menegazzo classe 1945

Innocente Rossetto classe 1924

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Sul Ponte di Bassano

Cavaso del Tomba

Cavaso del Tomba

Crespano del Gr.

Cusinati

Fellette

Fellette

Antonio Toaldo classe 1934

Graziano Virago classe 1946

Italo Colombana classe 1936

Lucio Bellardo Gioli classe 1955

Sergio Guidolin classe 1964

Silvestro Tonellotto classe 1922

Friola

Friola

Godego e Castion

Marchesane

Marchesane

Marchesane

Giovanni Compostella classe 1935

Massimo Damo classe 1954

Giuseppe Baggio classe 1953

Guglielmo Basso classe 1929

Stefano Antonio Fiorese classe 1934

Antonio Lunardon classe 1939

Marchesane

Pove del Grappa

Ramon

Romano d'Ezzelino

Rosà

Rossano V.to

Giovanni Scramoncin classe 1940

Leone Faccio classe 1929

Sergio Dolfato classe 1952

Valerio Zilio classe 1929

Elio Alessio classe 1938

Bruno Brunello classe 1939

Rossano V.to

Rossano V.to

San Giuseppe

San Giuseppe

Salcedo

Salcedo

Luciano Scattola classe 1940

Tarcisio Trentin classe 19321

Lorenzino Chiari classe 1934

Moreno Lazzarotto classe 1961

Caterino Dal Ponte classe 1936

Alfonso Xilo classe 1921

San Marco

San Marco

Luciano Parolin classe 1938

Romeo Pomelari classe 1947

San Marco

Valstagna

Luigi Scremin classe 1920

Luciano Furini classe 1936

Assolviamo il compito gradito, ma impegnativo, di ricordare lo scomparso Armido Cogo, di cui proponiamo una foto in cui compare in tutto il suo aspetto autorevole ed amichevole al tempo stesso. Armido, come scrivono di lui i suoi più intimi, era persona di vasti interessi ed aveva particolare cura nel coinvolgere paesani e conoscenti che avessero raggiunto posti di responsabilità nella vita civile. E' stato nominato a suo tempo cavaliere di Gran Croce e la onorificenza di cui era giustamente fiero, gli era stata attribuita per una lunga serie di meritevoli attività svolte a favore degli interessi italiani in vari punti del mondo in collaborazione con ambasciate, consolati e rappresentanze governative. Il suo ricordo rimane scritto a caratteri indelebili nella storia dei suoi amici ed estimatori, alpini e non. Ciao, amico!

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Una significativa immagine del Tomba

BACHECA 30 dal 28 al aprile adunata sezionale ne a Pozzoleo

il 13 e 14 maggio adunata nazionale a Treviso

"A tutti gli alpini delle sezioni di Bassano, Treviso, Feltre e Valdobbiadene che hanno lavorato e preso servizio a Cima Grappa,

l'Associazione Croce Nera d'Austria ha deciso di assegnare l'insegna virtuale dell'Associazione stessa per i meriti acquisiti nelle loro attività meritorie"

dal 9 a ll'11 giugno esercita zione trivene ta di protezio ne civil e a Vicen za

il 17 e 18 giugno adunata intersezionale a Marostica

Sul Tomba , dall'anno prossimo sarà presente il Labaro Nazionale con periodicità quinquennale

il 16 e 17 settembre adunata triveneta a Chiampo

PER CONTATTARE DIRETTAMENTE I NOSTRI REDATTORI Direttore Responsabile Gianfranco Cavallin: gianfrancocavallin@alice.it Dario Canesso: dario@sem-srl.it Francesca Cavedagna: francescacavedagna@hotmail.il Gianantonio Codemo: gianantonio.codemo@gmail.com Piero Demeneghi: pieroka@tiscali.it Alessandro Dissegna: a.dissegna@yahoo.it Alessandro Ferraris: alessandroferraris@hotmail.com Fidenzio Grego: gregofidenzio@alice.it Alfeo Guadagnin: pangrazio.s@tiscali.it Gianni Idrio: idriog@tiscali.it Alberto Strobbe: albertostrobbe@hotmail.com


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