Sul ponte di bassano n 110 Novembre 2017

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POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 2, DBC VICENZA - Contiene inserto redazionale

QUADRIMESTRALE DELLA SEZIONE A.N.A. “MONTE GRAPPA” DI BASSANO DEL GRAPPA ANNO XXXVI - N. 110 - NOVEMBRE 2017


Sul Ponte di Bassano

il saluto del presidente

Alpini brava gente. Vale ancora…? di Giuseppe Rugolo Significativa immagine del Monte Tomba sorvolato da aerei d'epoca. Foto Alessandro Dissegna

PERIODICO QUADRIMESTRALE DELLA SEZIONE ANA “MONTE GRAPPA” DI BASSANO DEL GRAPPA Anno XXXVI - N. 110 - Novembre 2017 Direttore Editoriale: Giuseppe Rugolo Direttore Responsabile: Gianfranco Cavallin Comitato di Redazione: Fidenzio Grego - Gianni Idrio Alfeo Guadagnin - Alberto Strobbe Gianantonio Codemo - Alessandro Ferraris Alessandro Dissegna - Dario Canesso Rosario Demeneghi - Leonardo Bortignon Direzione, Redazione, Amministrazione: Sezione A.N.A. “Monte Grappa” Via Angarano, 2 36061 Bassano del Grappa Stampa: Laboratorio Grafico BST Via Lanzarini, 25/b - Romano d'Ezzelino (VI) www.graficabst.com Autorizzazione del Tribunale di Bassano del Grappa n. 2/ 81 Reg. P. - 9/4/ 81 Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Vicenza Tassa pagata - Taxe perçue E-mail: redazione@anamontegrappa.it Sito della Sezione: www.anamontegrappa.it

SOMMARIO • Alpini brava gente. Vale ancora...? • Occhio indiscreto • Scambio consegne • Racconti alpini • Dal museo: le armi della 1a Guerra Mond. • Pellegrinaggio alpino sul Grappa • Il ponte nuovo • Cartolina ad un alpino mai arruolato • Trofeo Memorial Bortolo Busnardo • Premio "Uti Fabris" 2017 • Storie di naja • "6 giorni con gli alpini" • Costruzione nuova scuola in Brasile • Triveneta a Chiampo • Malga Fossetta • Genti Venete • Gruppi • Avvenimenti • Andati avanti Inserto staccabile ¨Le case del soldato¨

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Alpini brava gente”. Così recita un vecchio adagio popolare nel sintetizzare la storia degli alpini e il loro operare generoso fin dalle origini dell’A.N.A. Ma tutto questo credito accumulato in oramai cento anni di storia, alla luce di scorrettezze comportamentali e inaccettabili personalizzazioni, sempre più frequenti da parte di qualche socio, è ancora integro? La domanda sorge spontanea e merita una analisi schietta e onesta per lasciare fuori dalla porta dubbi e, peggio ancora, compromessi. E’ noto a tutti che gli alpini negli anni si siano guadagnati cotanto rispetto distinguendosi per intenti, azioni e opere ma non lo è altrettanto il percorso difficile che li ha portati a raggiungere i tanti prestigiosi traguardi. Non è altrettanto chiaro però quanta tenacia e determinazione siano all’origine dei successi dell’A.N.A., intendendola nella sua totale organizzazione : gruppo, sezione, sede nazionale. Non illudiamoci facendoci abbagliare dai risultati ricordando, invece, che ogni medaglia luccicante ha un rovescio opaco. E’ pur vero che gli alpini riscuotono ancora così tanta ammirazione riconoscendogli l’assoluta capacità di essere tanto onesti quanto efficaci in quello che fanno. Qualità innate, figlie del sacrificio e del senso del dovere, nutrite solo ed esclusivamente di antichi valori morali ed etici quali il lavoro duro e onesto senza dover mai scendere a compromessi con la propria coscienza. E’ da questa dura scuola di vita che provenivano i meravigliosi combattenti della Grande Guerra, emulati di lì a qualche decennio da altri alpini altrettanto generosi e che nell’immenso carnaio della 2a guerra mondiale riuscirono perlomeno, quasi sempre, a non perdere la dignità di uomo. E poi ancora gli stessi, chi in Italia chi per il mondo, rimboccatesi le maniche, contribuirono dapprima alla ricostruzione e quindi al proprio riscatto sociale non tralasciando di “ritrovarsi” per fare memoria avvertendo quel bisogno ancestrale di stare insieme, costruendo le sedi dei gruppi, chiamate con malcelata enfasi “baite”, perché “perdio”, gli alpini non possono avere una casa normale sennò non si chiamerebbero più “alpini”! Ed è così che opera dopo opera, intervento dopo intervento, a partire dal più clamoroso, il “Friuli ’76”, da cui nacque il progetto Protezione civile, passando per tutte le calamità naturali italiane per non tacere dei grandi progetti all’estero, agli alpini è stato riconosciuto un ruolo che non trova riscontri in nessun’altra associazione in Italia. L’impegno costantemente profuso con gratuità e serietà ha portato la nostra associazione ad essere amata in modo viscerale dalla gente, rispettata dalle autorità e ancorché invidiata dai più. Se vogliamo però guardare al futuro con senso di responsabilità siamo tutti chiamati a un bell’esame di coscienza, perché negli ultimi tempi si percepiscono, al nostro interno, segnali poco confortanti, considerata la malcelata disaffezione, da parte di qualcuno, al rispetto delle regole statutarie se non addirittura il “prurito” di interpretarle “ad personam”. Ed per questo che la responsabilità di chi è preposto al comando, a prescindere dal livello, si aggrava dal momento che al nostro interno si vivono situazioni e dinamiche completamente nuove, se non addirittura contrarie, a quelle che ci hanno accompagnato fin qua. Si riscontra e fa male ammetterlo, ma bisogna farlo, che qualche volta ai ruoli di responsabilità vengono proposte persone non sempre all’altezza sia per impreparazione che superficialità, se non addirittura, per pura vanità personale. Salvo poi sentire lamentele un volta constatane l’inefficienza e la scorrettezza. Sta a chi ha a cuore il futuro dell’associazione alzare il livello di guardia, vigilando e segnalando comportamenti che possano minare la credibilità costruita con tanto sacrificio e onestà. Diciamolo chiaro e forte : nella nostra associazione non c’è posto per opportunisti e avventurieri, perché volergli bene significa anche, “extrema ratio”, avere il responsabile

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Sul Ponte di Bassano

coraggio di allontanare chi non è puro di cuore e sincero di animo. A questa associazione non servono i fenomeni da operetta, perché ha sempre vissuto degli umili, i silenziosi, gli invisibili, ma che con tanta serietà e generosità ne hanno costruito la storia meravigliosa. Guardiamoci dentro il nostro cuore e chiediamoci se noi alpini dell’oggi, a cui tocca in sorte il privilegio di celebrare il centenario di fondazione, siamo ancora “degni delle glorie dei nostri avi”. Chiediamocelo senza ipocrisie e sconti. E se dovessimo accorgerci che non siamo più quella “brava gente” avere almeno il pudore di lasciar perdere, riconoscendo onestamente in

chi è passato prima di noi alpini dai valori puri e assoluti, ammettendo amaramente di averli barattati per tornaconto personale e ipocrite presunzioni. Ricordiamoci però chi siamo, da dove veniamo, quanta strada (e che strada!!!) abbiamo fatto e… soprattutto, cosa abbiamo costruito. A noi, solo a noi, decidere quanta altra strada fare e… in che modo. A noi le sorti del nostro destino. Un abbraccio alpino. Giuseppe Rugolo

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' l'ora delle donne. Se ci guardiamo intorno vediamo sempre più donne protagoniste in vari settori. Una bella differenza per chi ha vissuto una parte degli anni migliori in un mondo in cui le donne erano solo moglie, madri, figlie e operaie. Adesso assistiamo ad un pullulare di dirigenti d'azienda, di imprenditrici, di professioniste e di politiche che in qualche caso fanno vedere i sorci verdi ai maschi. Non c'è settore della vita civile in cui le donne non abbiano preso piede e dimostrato con le indubbie doti di determinazione e di perseveranza che non si fanno superare da nessuno. Chi scrive ricorda che ai tempi delle scuole dell'obbligo nei banchi c'era, fra i maschietti, chi si imponeva di far bella figura solo nel timore che qualche ragazza facesse meglio di lui. Ora le cose sono cambiate. Le donne, le ragazze fanno la gara per dimostrare che valgono di più dei maschi e ci riescono. Ne abbiamo avuto un esempio nella stessa ultima edizione della Sei giorni con gli alpini. Le ragazze si sono date da fare ed hanno mostrato grinta da vendere, persino nell'esposizione del loro pensiero su questa bella esperienza. Ormai le donne soldato, le donne poliziotto, le donne pilota, non sono più rare eccezioni. Accogliamo quindi questa realtà e aspettiamoci presto, alle sfilate degli alpini, che ci siano tante donne da invogliare gli uomini a competere con loro in bravura, costanza e generosità. Da parte nostra al viva l'Italia, viva gli alpini potremo aggiungere un bel: viva le donne! Gianfranco Cavallin

In questo numero troverete aggiunti nuovi nomi di redattori. E' in corso una importante operazione di rinnovamento dei collaboratori. Ringraziamo intanto calorosamente Francesca Cavedagna che ci lascia e contiamo sul suo prezioso contributo anche in futuro.

Auguriamo a tutti un buon Natale e un felice 2018

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Occhio indiscreto

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uesta volta la rubrica contiene due personaggi che fanno la “storia” della nostra sezione. Partiamo dal col. Ceccon che è un vero “pilastro” ma che mostra in tutta la sua umanità semplice e simpatica nelle foto tratte dal cartellone esposto al pubblico in sede a Santa Croce. I commenti riportati sono quanto di più umano e comprensibile si possa scrivere quando le chiacchiere superano il limite nelle occasioni di incontro. L'altra foto scattata a Cima Grappa sulla scalinata del Sacrario mostra il fotografo onnipresente Michelino di Cartigliano in un suo tipico atteggiamento come “in agguato”. I suoi detrattori dicono che scatti le scatti le foto senza rullino. In realtà registra dei video che talvolta fa vedere a pochi eletti. Bravo Michelino e bravo col. Ceccon! E' il caso di dire: “se non ci foste si dovrebbe inventarvi!”

80° Anniversario di fondazione

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l 25 giugno scorso è stata celebrata con tutti i crismi la cerimonia della ricorrenza di questa importante data per i due gruppi valligiani, che in origine erano nati come gruppo unico. L'idea di unire in una sola giornata i due gruppi potrebbe essere in primo passo per una rifusione, che appare ancora una prospettiva in itinere. Bella e coinvolgente la cerimonia religiosa con un sacerdote simpatico e apprezzatissimo nella chiesetta dell'Onda. Poi le foto scattate nell'occasione e quindi il pranzo comunitario con intervento di molte consorti negli stands predisposti dalla Pro Loco a Carpanè. Un grazie ai capigruppo Franco Vialetto e Diego Scotton che hanno collaborato per il successo dell'iniziativa. Il 14 ottobre successivo il gruppo di San Nazario ha commemorato in centro il 40° di fondazione nel pomeriggio con una messa nella chiesa parrocchiale e successiva festa in piazza.

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l'opinione

Scambio di consegne di Alberto Strobbe

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on la prematura scomparsa di Piero Demeneghi, non abbiamo perso solo un Amico, ma anche una Penna prestigiosa, intesa sia in senso Alpino, che professionale, giornalistico in questo caso. Piero ha lasciato, nella nostra redazione, un vuoto anche “tecnico” che non sarà facile colmare. Ci siamo guardati in faccia in una recente riunione, cercando di capire chi fra gli attuali componenti del comitato redazionale avrebbe potuto raccogliere il testimone che Lui ci ha lasciato e tutti ci siamo detti, ma non per la solita piaggeria che si ha nei confronti di Chi non c’è più, ma perché intimamente convinti, che al momento non si profila un suo “erede”, per una eredità peraltro pesante, perché comporta essere alla Sua altezza per acume, equilibrio, saggezza, conoscenza dei fatti e capacità di scrivere. E scusate se è poco!

Scelta difficile, quindi, seppur necessaria. Come spesso succedeva – se ben ricordate - anche quando eravamo sotto naja, quando alla richiesta “i volontari facciano un passo avanti”, che rimanesse l’unico che… non aveva fatto in tempo un passo indietro, beh - ad interim - e sottolineo questa precarietà, sembra che dovrete, dal prossimo numero (Vi faccio grazia per questa uscita) sopportare (e supportare) il sottoscritto in tale funzione, senza alcun merito particolare per tale designazione. Non aspettatevi quindi da me sagge disamine o analisi approfondite di temi importanti. Come avete avuto già modo di capire dai miei “racconti senza pretese”, sono più portato per i temi semplici, un po' scanzonati ed irriverenti: mi cimenterò quindi nei dubbi e nelle domande semplici (senza ovviamente aver la pretesa di dare anche le risposte) che spesso un po' tutti ci poniamo. Mi auguro di essere all’altezza del compito affidatomi.

Carosello della fanfara Cadore

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repariamoci ad un avvenimento importante per noi alpini: la presenza in città, il 20 gennaio prossimo della fanfara congedati della “Cadore” che si esibirà con un carosello in piazza Libertà, dopo avere allietato con le sue musiche una sfilata che partirà da Palazzo Bonaguro fino in centro città. A conclusione del Carosello si riformerà il corteo che attraverso via Matteotti imboccherà via Gamba per riattraversare, in fondo, il nostro amato Ponte, per raggiungere Angarano, ove il corteo di scioglierà. Alle 19 rinfresco per la fanfara al gruppo alpini di Angarano. Successivamente il complesso bandistico raggiungerà il Teatro Remondini accanto alla chiesa di Santissima Trinità per un concerto.Ci si augura che in questa occasione ci sia un grande afflusso di pubblico. I capigruppo sono pregati di farsi parte diligente per il successo della importante iniziativa.

La fanfara Cadore in un'immagine d'archivio

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Sul Ponte di Bassano

testimonianze

Racconti alpini così, senza pretese di Alberto Strobbe

VITA VISSUTA ALLA CASERMA SAUSA di FOLIGNO LA MARCIA DELLA PENNA

Meta è la Rocca di Scandolaro. Sembra sia in capo al mondo, ma in realtà è un poco più di una passeggiata che servirà ad appurare le doti fisiche e soprattutto di grinta e caparbietà di ognuno degli allievi. Si rivelerà anche qualcosa di più: dimostrerà che abbiamo già sviluppato, sia pure in forma embrionale, un certo spirito di corpo. Succede infatti che dopo la prima sgambata facile cominci la salita. Mica roba pesante per carità: ma per chi non è abituato, può già questa costituire un problema. Quando ormai manca poco, a detta del tenente, alla Rocca, Francesco, simpaticissimo ingegnere friulano, “tira l’ala”, sembra non farcela, si attarda, ci dice di lasciarlo perdere perché altrimenti perdiamo il corso anche noi, già in cuor suo rassegnato a lasciarci. Ma, perbacco, siamo o non siamo Alpini? Che si lascia così uno dei nostri? Non c’è neanche bisogno di parlarci. I più vicini a lui si incaricano di portare chi l’arma, chi lo zainetto e soprattutto di stargli vicino e convincerlo che «sì, ce la puoi fare, eccome no! Dai, dai, ancora un passo, recupera il fiato, non fermarti, siamo qui noi, o tutti o nessuno». Il tutto evitando di far chiasso o di far insospettire il tenente, che non può e non deve esserne informato, ne va della faccia di Francesco. Siamo quasi alla Rocca. Occorre che Francesco riprenda il suo equipaggiamento e che tutti ci ricomponiamo. Quelli di noi che con lui si sono un po’ attardati si beccheranno un cazziatone dal tenente che, usando un termine in voga al tempo per i giocatori di calcio, coniato se ben ricordo da Gianni Brera, ci apostroferà come “abatini”. Per fortuna, pensiamo, non si è accorto di niente, e poi si sa, le parole vanno e vengono. Nessuno è stato punito, e, quel che più importa, Francesco ha ritrovato fiato e grinta. Il ritorno è sulle ali della gloria. Quelli che qualche anno prima avevano conquistato il K2, probabilmente non avevano provato la nostra stessa soddisfazione per quella che ci era sembrata una vera e propria impresa. Si rientra in caserma. Dopo gli inevitabili attenti - riposo - presentat-arm e via enumerando, il tenente ci consegna, uno per uno, la Penna. L’emozione si taglia col coltello. Anche i più cinici hanno un brivido giù per la schiena. Solo ora possiamo dire di essere entrati nella Famiglia Alpina. E non è finita qui: stasera si esce in libera uscita, per la prima volta. Le gambe, le giunture, la schiena fanno un po’ male, d’accordo, ma chi ci tiene? Foligno è tutta nostra. Ci sembra quasi che la gente del posto ci guardi con ammirazione: «eccoli, guarda: sono i nuovi Artiglieri da Montagna!!». Col senno di poi capiremo che agli abitanti di Foligno non passa neanche per la testa di dedicarci uno sguardo più del normale, abituati come sono a vedere migliaia di allievi che di corso in corso ripercorrono tutti, inevitabilmente, le stesse tappe. A fine corso, verremo poi, per vie traverse, a sapere che il tenente aveva visto tutto di quella prima marcetta, ci aveva lasciato fare, salvo cazziatone, come da libretta, e aveva anzi intimamente approvato.

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’è un fermento nuovo stasera tra noi della Specialità Montagna, alla SAUSA di Foligno: il 58° Corso domani farà la sua “Marcia della Penna”, quella prima marcia, cioè, che fa da primo discriminante tra chi resta e chi viene “invitato” a soprassedere al corso, alla fine della quale i sopravvissuti si saranno guadagnata, al posto di quella di gallina, la penna nera di corvo. Scusate se è poco. Un’ultima corsa in fureria per imparare bene “l’attacco di batteria”, ossia l’ordine di marcia. È la prima prova di un certo livello, anche se solo qualche mese dopo ci renderemo conto che cosa ciò significhi per davvero, con escursioni di gran lunga più impegnative. Almeno non abbiamo, in questa prima uscita, l’onere di portarci (o sono loro a portare noi?) i muli. Per la verità non abbiamo, di conseguenza, neanche gli obici e neppure lo zaino alpino, solo lo zainetto tattico e l’arma, la carabina Winchester, residuato americano della guerra in Corea. Ciononostante per noi è la marcia per antonomasia. La sveglia mattutina, questa volta, non coglie nessuno di sorpresa. Anche i più recidivi a questa quotidiana tortura sono già svegli al suono della tromba, ed i più previdenti si sono già alzati, anticipando le abluzioni, con annessi e connessi, del mattino. Controlliamo l’equipaggiamento, quasi dovessimo partecipare ad un’operazione bellica. Non contenti delle nostre personali verifiche, chiediamo agli amici di controllare se abbiamo tutto: divisa prescritta ed in ordine, scarponi puliti, zainetto come da libretta, arma. Ci avviamo alla colazione con un anticipo sostanzioso sulla tabella di marcia delle altre mattine: un po’ perché ci siamo alzati per tempo, un po’ perché cominciamo a prendere il giusto ritmo. Vien alla mente la difficoltà dei primi giorni a conciliare il poco tempo a disposizione con tutte le cose da fare. «Ma questi qua non si rendono conto che un cristiano non può in così poco tempo fare tutto quanto chiedono?». Non sembra possibile che di lì a un paio di mesi non solo si riuscirà a fare tutto, ma resterà anche il tempo per fumarsi una cicca. «1a Batteria: Adunataaaa!!!». Veloci, ordinati, riuscendo a stupire noi stessi di esserne in grado in tempi così rapidi, ci troviamo inquadrati in attesa del nostro Tenente. Poche parole, l’inquadramento dell’escursione essendo già stato fatto in precedenza, per darci la giusta carica, se mai ne avessimo bisogno, e poi via. Ordinatamente, in fila per uno si passa dalla carraia e poi fuori. C’è un po’ di batticuore. È la prima volta che usciamo dalla Caserma “Gen. Gonzaga del Vodice Ferrante” da quando quasi tre settimane prima ci abbiamo messo piede. La penna di corvo vuol anche dire, finalmente, libera uscita.

Ricordiamo che con il vostro smartphone, attraverso il QR Code riportato a sinistra, potete collegarvi direttamente al sito dell'ANA MONTAGRAPPA per leggere ulteriori notizie non riportate nel Ponte.

Inoltre attraverso il QR Code riportato a destra potete vedere l’elenco completo e le condizioni di sconto applicate dalle attività commerciali convenzionate con la Sezione Monte Grappa.

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Sul Ponte di Bassano

dal museo

Le armi della Prima Guerra Mondiale Gebirgskanone 7,5 cm Model 15. Cronaca del restauro di Gabriele Peruzzo

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ello scorso numero de “Sul ponte di Bassano”, ho presentato l’obice da montagna 75/13 Mod.15 che conserviamo in museo già da molti anni, avevo anche anticipato la necessità di operarne un profondo restauro conservativo. Bene, dalle parole (poche) ai fatti (tanti) in puro spirito alpino. In occasione dell’opera di risanamento del piano inferiore del museo fatta in luglio (che vi presenterò in futuro), si è colta l’occasione per procedere con il restauro dell’obice grazie alla caparbietà del nostro socio Tiziano Simeoni, coadiuvato dai figli Jimmy e Johnny e di Corrado Dissegna. La pianificazione dell’intervento non è stata semplice in quanto bisognava superare diversi problemi operativi iniziali per poter procedere con l’intero progetto. In primo luogo ricordiamo che il protagonista pesa 613 kg e la mole non ne consente un agevole spostamento, dunque bisognava procedere con lo smontaggio da campagna, smontaggio reso difficoltoso dall’ossidazione delle parti metalliche e dalle procedure di inertizzazione operata dall’arsenale militare che aveva a suo tempo messo in fuori uso il pezzo. Capacità tecnica e qualche “moccolo”, sono bastati per disassemblare il tutto, restavano tuttavia unite canna-slitta-culla per un peso di 300 kg e farle risalire per le strette scale del museo con la sola forza delle braccia è stata un operazione rischiosa e faticosissima. I nostri uomini non si sono fatti intimorire e pian piano il nostro pezzo ha rivisto la luce del sole ed è stato trasferito nei locali della ditta ST di Simeoni Tiziano dove materialmente si è fatto il lavoro. Le nuove dottrine sul restauro conservativo prevedono di riportare gli oggetti allo stato originale senza aggiungere alcunché, dunque si è operato per asportare dalla superficie i vari strati di vernice accumulati nel tempo (almeno 6) mediante sabbiatura a pressione con sabbia silicea e ripristino dei movimenti meccanici dove possibile. Ovviamente non è stato possibile salvare la vernice originale dopo la sabbiatura, le superfici ripulite sono state trattate

con una soluzione protettiva per prevenire l’ossidazione che ha ridato un aspetto molto autentico e serio al nostro pezzo. Tutte le lavorazioni sono state svolte all’aperto sotto il sole d’agosto!!! Quando vengono fatti interventi così radicali su di un oggetto è possibile ricostruirne la vita operativa, nel caso specifico si è supportato che il nostro Gebirgskanone Model 15 è un vero e proprio sopravissuto. L’intero affusto e freno di rinculo sono stati prodotti in Austria durante gli anni della prima guerra mondiale e di conseguenza si può affermare che questo esemplare è stato utilizzato nella grande guerra. Alla fine del conflitto, il pezzo rimasto in Italia come preda bellica o in conto riparazione danni di guerra, è stato subito adottato per equipaggiare le Divisioni di artiglieria da montagna del Regio Esercito Italiano, nel 1935 è entrato in arsenale per una revisione completa che ha richiesto la sostituzione della canna e culatta con materiale di produzione italiana (Ansaldo s.a. concessione Dozzuoli). Rinvenuto uno strato di vernice giallo sabbia, è verosimile che il pezzo sia stato assegnato ad un reparto di artiglieria da montagna inviato in Africa Orientale per la campagna iniziata nel 1936. Rientrato in Italia, il reparto in questione è stato aggregato all’Armata inviata in Russia nel 1942, lo si può dedurre dal fatto che l’intero scudo di protezione per i serventi era stato dipinto di bianco!!! Incredibilmente rientrato in Italia, ancora non era maturato il tempo del riposo per questo esemplare. Alla fine del secondo conflitto mondiale, a causa della penuria di materiale d’artiglieria, riassegnato ad un Reggimento di artiglieria da montagna del nuovo Esercito Italiano, ha finito la sua opera a Bassano del Grappa come monumento al dovere e monito alle nuove leve della caserma “Monte Grappa” di Bassano ai primi degli anni ’60. Il nostro plauso và ancora una volta ai soci Tiziano, Jimmy, Johnny e Corrado che in vero spirito alpino, volontariamente e a titolo assolutamente gratuito, hanno ridonato giovinezza al nostro obice da montagna, PER NON DIMENTICARE!

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Sul Ponte di Bassano

una pagina di storia

Pellegrinaggio alpino al massiccio del Grappa sul monte Tomba di Gianni Idrio

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na cerimonia suggestiva, ricca di motivazioni, attesa da tempo, quella del 58° pellegrinaggio al Tomba. Diventata, per decisione del C.D.N. di alcuni anni fa, “Pellegrinaggio alpino al massiccio del Grappa sul monte Tomba”, con rilevanza nazionale per la presenza del Labaro dell’ANA, ogni 5 anni, ha assunto un tono di ufficialità e di solennità del tutto

ti il Labaro Nazionale dell’ANA ed il suo Presidente Favero, con un consistente gruppo di Consiglieri Nazionali, ed inoltre i vessilli di 31 Sezioni e i gagliardetti di oltre 150 gruppi alpini da tutto il Tri-Veneto ed altre regioni. Preceduta il sabato 2 da una marcia rievocativa da Cima Grappa al Tomba, la cerimonia, splendidamente gestita dal gruppo alpini di Cavaso in collaborazione con la Sezione Monte Grappa di Bassano, è risultata particolarmente suggestiva. Gli organizzatori hanno cercato di non trascurare alcun dettaglio. E’stata fatta persino una simulazione di combattimento, con la presenza di un folto gruppo di rievocatori in divisa d’epoca. C’erano due obici da 75/13 che, con i loro colpi, hanno segnato l’inizio e la fine della manifestazione. Non è mancato nemmeno il ripetuto passaggio a bassa quota di tre aerei, uno SPAD (italiano), un Fokker (tedesco), un Tiger (inglese), con tanto di scia a mo’ di frecce tricolori. il Presidente Rugolo, della Sezione Monte Grappa di Bassano, ha voluto ricordare che proprio laddove, un secolo fa, i nonni si erano combattuti senza risparmio di colpi e di sangue, ora si incontrano i nipoti di entrambi gli schieramenti, in un clima di grande amicizia e di grande rispetto reciproco. Il Presidente Favero, a chiusura di una stupenda mattinata, ha ricordato, uno per uno, i nomi delle vette circostanti, accomunando nel ricordo e nella commozione tutti i combattenti, sia italiani sia austriaci, degni di essere sempre inseriti nella memoria collettiva.

particolari. Significativa la data: 2017. Cento anni fa, proprio sulle balze del Tomba, si combatté, per circa due mesi, tra il novembre ed il dicembre 1917, una battaglia d’arresto che si rivelò determinante per le sorti della prima guerra mondiale. La XIV Armata austro-tedesca del gen. Von Below aveva sfondato a Caporetto, dilagando rapidamente ovunque ed occupando tutto il Friuli, l’intera provincia di Belluno e tutta la riva sinistra del Piave fino al mare.

Il gen. Alfred Krauss, comandante austriaco del settore del Grappa, avrebbe voluto ripetere la tattica vittoriosa di Caporetto, la tattica dell’infiltrazione profonda, spingendo le sue divisioni lungo le valli del Piave (ad est) e del Brenta (ad ovest), per stringere poi e soffocare in una morsa fatale la IV armata, arretrata dal Cadore e schierata sul massiccio del Grappa. Per sfociare in pianura, occorreva scavalcare il m. Tomba (ed il vicinissimo Monfenera), che, data la modesta altitudine (876 metri) sembrava facilmente superabile. Così non fu. Si opposero, vittoriosamente, i fanti delle brigate Re, Basilicata, Calabria, Trapani, Como, i bersaglieri del 3° reggimento, gli alpini dei battaglioni Val Varaita, del Val Piave, del Val Cordevole, del Val Pellice, del Val Toce, del m. Arvenis, del Courmayeur. Difficile ricordarli tutti. Per ricordare tutto questo, domenica 3 settembre sono convenuti sulla cima del monte Tomba i rappresentanti delle Nazioni allora in guerra: gli austriaci di Graz, gli ungheresi di Kiskun Majsa, i riservisti tedeschi di Dingolfing, Landau e Landshut, oltre alle varie Associazioni d’arma italiane: alpini, fanti, bersaglieri, artiglieri. Ad onorare la manifestazione erano presen-

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Sul Ponte di Bassano

una pagina di storia

L'angolo della memoria Il ponte nuovo di Alfeo Guadagnin

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a sua denominazione esatta è “Ponte della Vittoria, ma i bassanesi lo conoscono semplicemente come “Ponte nuovo”. Nella Bassano dei primi anni del ‘900 i trasporti si riducevano a pochi carri trainati da animali da soma, eleganti carrozze condotte da cavalli e biciclette, ed il passaggio da una riva all’altra del Brenta era riservato all’unico ponte della città, quello palladiano realizzato nella forma odierna nel XVI secolo ma già presente dal 1200. Con l’avvento dei veicoli a motore e l’incremento delle industrie, il solo vecchio ponte era insufficiente al crescente traffico cittadino, tanto che già nel 1910 la Giunta comunale bassanese propose la costruzione di un nuovo viadotto. Si dovettero attendere però altri quattro anni prima che i lavori iniziassero, poi finalmente nel settembre 1914 si aprì il cantiere, quasi in contemporanea con quello della nuova caserma di Viale Venezia. Piacque il progetto del ponte disegnato dall’ingegnere Menotti Marchiori e la costruzione dell’opera venne assegnata, dopo regolare concorso, all’impresa torinese Pollino con maestranze locali. La Grande Guerra era iniziata nel luglio dello stesso anno e anche se l’Italia era rimasta neutrale il Regio Esercito e quello Imperial-Regio austro-ungarico (allora nostro alleato) lungo il confine trentino, a scopo precauzionale, avevano fatto a gara per edificare una serie di opere fortificate. La costruzione del ponte dunque poteva essere di primaria importanza in caso di conflitto, che si verificò con l’entrata in guerra dell’Italia il 24 maggio 1915 contro l’AustriaUngheria. Con il succedersi degli eventi e l’avvicinamento del fronte alla pianura veneta nel maggio-giugno 1916, i lavori per il ponte in cemento armato vennero accelerati per dar modo a truppe, mezzi e artiglierie di

raggiungere l’Altopiano di Asiago nel minor tempo possibile. Sebbene il transito militare fosse già in atto per ovvi motivi, il 30 aprile 1917 il ponte venne benedetto ed il giorno successivo ci fu l’inaugurazione ufficiale, cerimonia svolta sotto un bombardamento aereo. L’uso del viadotto dunque, inizialmente fu di carattere militare e su esso passarono truppe destinate sull’Altopiano dei Sette Comuni e successivamente anche sul fronte del Grappa, apertosi nel novembre del 1917. La sua solidità permise il transito di un trenino decauville proveniente da Vicenza, rete ferroviaria che venne mantenuta anche nel dopoguerra per scopi civili ampliando il servizio con motrice e vagoni adeguati. Il trenino soprannominato “vaca mora” aveva il capolinea nell’odierno Viale De Gasperi, poco più a sud dell’entrata dell’attuale Park Cadorna. Al termine del conflitto il Comune di Bassano battezzò la struttura “Ponte della Vittoria” e chiese ai Comandi Militari di poter esporre sulle sue testate, i pezzi di una batteria campale nemica situata a S. Marino in Val Brenta (preda bellica) che avevano colpito ripetutamente la città e provvisoriamente esposti in piazza Libertà. Gli organismi militari risposero picche ed i pezzi furono probabilmente fusi o riutilizzati da qualche reparto di artiglieria. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il Ponte della Vittoria subì diversi violenti bombardamenti alleati, per interrompere il traffico militare germanico, azioni che coinvolsero duramente anche il Ponte Vecchio, già provato da una temeraria azione partigiana. Nell’aprile del 1945 il ponte in cemento armato crollò e del manufatto del 1917 rimase in piedi solamente il pilone centrale, che venne successivamente abbattuto per permettere la costruzione della struttura che vediamo al giorno d’oggi, la cui inaugurazione avvenne il 3 agosto 1947. L’anno seguente, il 3 ottobre 1948, grazie all’opera delle Penne Nere della Sezione bassanese, si completò la ricostruzione anche del Ponte Vecchio, da allora il “Ponte degli Alpini”.

Giovani L

in cammino

o scorso 2 settembre, giorno precedente al pellegrinaggio solenne, i giovani del Triveneto hanno marciato dalla Cima del Grappa fino al Monte Tomba. La camminata intitolata "1917-2017 sulla via degli eroi cento anni dopo", è stata organizzata dal Coordinamento Giovani del 3° e ha visto la partecipazione di 43 alpini provenienti anche da altri Ragruppamenti, in particolare dalle Sezioni di Cuneo, Bergamo, Padova, Conegliano, Trento, Bassano, Treviso. Mille metri di dislivello su 12 km in un percorso che si snoda principalmente in vetta, su lunghi tratti di trincea dove, nell'ottobre-novembre 1917, i giovani di tutta Italia fermarono l'offensiva austro-tedesca.

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vivaio alpino

Cartolina ad un Alpino mai arruolato (ma non tutto è perduto… forse) di Gianantonio Codemo

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nazionale ed internazionale; e) contribuire alla propria formazione civica, sociale, culturale e professionale mediante attività svolte anche in Enti ed Amministrazioni operanti all'estero.” A ciascuno dei lettori il compito di riflettere/approfondire convergenze/ divergenze. A me colpisce che al primo punto degli scopi del SCNV si parli di “difesa della Patria con mezzi ed attività non militari” e qui va bene perché compito dei militari; suppongo quindi in maniera non violenta, sfuggendomi però la modalità di “difesa proporzionata”, oggi molto in voga, a fronte dell’offesa. Nessun accenno all’apartiticità degli aderenti…! Quindi il SCNV c’è ed è in vigore, ma l’ANA lo vuol far diventare obbligatorio. I primi 3 punti del nostro statuto fanno riferimento a scopi specifici degli Alpini associati che non troviamo in nessuno dei punti del SCNV, per cui perché tanto prodigarsi? La domanda è fin troppo banale e a nessuno di noi sfugge l’obiettivo urgente primario della nostra associazione che è quello di rimpinguare le fila, altrimenti in continuo irreversibile depauperamento. In questo contesto però non è immaginabile concordare gli intenti dei due Enti, quindi bisogna trovare il modo di convogliare questi giovani volontari in un servizio prossimo alle finalità dell’Associazione ed ecco quindi: “… Ma l’Associazione sta guardando avanti nel cercare le vie possibili per poter coinvolgere e formare, soprattutto i giovani, con modalità che possano permettere di assimilare il periodo formativo e di volontariato a quello in passato tipico della leva. Per quanto concerne il nostro progetto, relativo al terzo settore, abbiamo già provveduto ad accreditarci presso il Ministero del Lavoro e in collaborazione con il Ministero della Difesa stiamo predisponendo quanto serve per poter, attraverso i decreti delegati, avviare un bando, da noi gestito, per l’attuazione concreta di una prima fase sperimentale con il coinvolgimento di circa 6.000 giovani per 6/8 mesi.” Così il presidente nazionale annunciava nella recente Relazione Morale a Milano. La chiave di volta sembra essere quest’ultimo proponimento, seppur sperimentale qualora approvato e specialmente nelle parole “da noi gestito” che presuppone il dirottamento verso i valori dell’Associazione sopra menzionati e quelli scontati e a noi molto cari come ad esempio la Patria , la Bandiera, il signor-si incondizionato e mettiamoci pure anche qualche salutare “calcio in culo”, figurato e non, che faceva intendere all’istante senza spendere troppe parole per quelli di noi più recidivi. In questo ambito il Ministro della Difesa Roberta Pinotti si sta impegnando per cercare di soddisfare l’iniziativa patrocinata dall’ANA, inoltre sembra essere favorevole al ripristino eventuale della leva obbligatoria, “visti i tempi che corrono” e a quanto pare anche con l’approvazione dei nostri vertici militari, qualora nuovi scenari bellici si presentassero all’orizzonte e in virtù di pari intenzioni dei partner europei. Ma attenzione, non vorremmo arrivare all’eventuale mai augurabile accadimento bellico, ancora una volta impreparati e male equipaggiati. La storia del 1° Conflitto Mondiale che stiamo commemorando, dovrebbe averci insegnato qualcosa a tal proposito, poiché le drammatiche conseguenze, in termini di vite umane e non solo, ci pesano ancora oggi come macigni che mai si dissolveranno. Quindi, cari giovani, la “cartolina di precetto” al momento non arriverà, ma la sua stesura è in fase di elaborazione e chissà, un giorno, nel periodo sociale più pacifico possibile arriverà, consentendovi di sanare quel “debito” nel “concorrere” veramente, lealmente e dignitosamente alla difesa della Patria con ogni mezzo e non più solo per sentito dire dai nonni o dai genitori.

i si perdoni l’accostamento al titolo del notissimo libro dell’illustre reporter ormai scomparsa e nemmeno mi sfiora il pensiero all’accostamento del drammatico altissimo interrogativo cui la scrittrice in esso fa riferimento. Ben più modeste sono le constatazioni e riflessioni che intendo riferire al titolo, ma che tuttavia in qualche modo mi ha sollecitato per richiamare l’attenzione verso quei giovani che ambiscono a partecipare al “Sevizio Militare Volontario” e che per condizioni varie ne vengono esclusi. Da sempre l’A.N.A. si è opposta alla “sospensione della leva obbligatoria” , per i motivi assai noti a noi tutti Alpini e non solo e da tempo si sta prodigando per sollecitare i vertici onorevoli e militari al ripristino della stessa. A tutt'oggi, stante le dichiarazioni dei responsabili citati, per ultimo e non solo alla recente adunata nazionale a Treviso, il massimo ottenibile sembra essere un non ancora definito “Servizio civile obbligatorio” rivolto ai diciottenni e a quelli compresi nel decennio successivo, di qualunque sesso biologico o dichiarato? Per un periodo non ancora precisato. L’argomento desta molta controversia e arroventa non poco gli animi dei contendenti che, in barricate opposte sponde, caldeggiano chi “la naja” chi “il servizio civile obbligatorio” o addirittura coloro che scetticamente ritengono inutili entrambe le proposte. In ogni modo per meglio intenderci sull’argomento conviene riferire sulla sequenza dei fatti: Che cos’è il servizio civile oggi: intanto va precisato che l’Istituto del Servizio Civile è figlio dell’obiezione di coscienza. In Italia possono prestare servizio civile, su base volontaria, tutti i giovani dai 18 ai 28 anni che vogliono dedicare un anno della loro vita ad attività che riguardano la solidarietà, l’inclusione sociale, la tutela del patrimonio culturale ed ambientale. Lo scopo è quello di contribuire alla difesa della Patria con mezzi e attività non militari e dare al tempo stesso un’opportunità di inserimento ai ragazzi in un’ottica di arricchimento e crescita personale. Cerchiamo di capirci qualcosa in più confrontando gli obiettivi della nostra associazione con quelli del citato servizio, magari gli scopi sono concordi quindi questo annoso complesso impegno potrà avere un senso. Statuto dell’ Associazione Nazionale Alpini: “( art. 2) - SCOPI- Associazione apartitica, l’Associazione Nazionale Alpini si propone di: a) tenere vive e tramandare le tradizioni degli Alpini, difenderne le caratteristiche, illustrarne le glorie e le gesta; b) rafforzare tra gli Alpini di qualsiasi grado e condizione i vincoli di fratellanza nati dall’adempimento del comune dovere verso la Patria e curarne, entro i limiti di competenza, gli interessi e l’assistenza; c) favorire i rapporti con i Reparti e con gli Alpini in armi; ecc... Per il conseguimento degli scopi associativi l'Associazione Nazionale Alpini, che non ha scopo di lucro, si avvale in modo determinante e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri soci.” Presidenza del consiglio dei Ministri – Dipartimento per la gioventù e del Servizio Civile Nazionale “(art. 2) Il Servizio Civile Nazionale Volontario è stato istituito in vista della riforma della leva militare obbligatoria e del conseguente venir meno dell’obiezione di coscienza al servizio militare. Il servizio civile consente ai giovani di: a) concorrere alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari; b) favorire la realizzazione dei principi costituzionali di solidarietà sociale; c) partecipare alla salvaguardia e alla tutela del patrimonio della Nazione, con particolare riguardo ai settori ambientale, forestale, storico artistico, culturale e della protezione civile; d) promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello

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Trofeo Memorial Bortolo Busnardo di Primo Malini

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presenti: il Presidente della sezione ANA Montegrappa Giuseppe Rugolo, il Capogruppo Alpini di Valrovina Alberto Tosin, il Presidente del Coordinamento Sportivo Damiano Rinaldo, il Presidente del Comitato di quartiere di Valrovina e Rappresentante dell'Amministrazione Comunale di Bassano Dott. Ing. Paolo Merlo, il Responsabile della Protezione Civile Francesco Crestani e i Consiglieri Nazionali FIE Tarcisio Ziliotto e Maria Grazia de Bortoli. Con grande sorpresa c'è stata anche la presenza dell'Emerito Presidente Nazionale FIE Giuseppe Turolla direttamente da Torino. Dopo i discorsi di rito sono iniziate le premiazioni degli atleti. Tutti hanno ricevuto un premio come da nostra tradizione, in quanto la fatica è uguale sia per il primo che per l'ultimo partecipante. Il Trofeo Memorial Bortolo Busnardo è stato aggiudicato all'Alpino Fabiano Colbertaldo del GSDS di San Zenone, che fa parte della sezione ANA Montegrappa di Bassano. Ha premiato il Presidente Giuseppe Rugolo e come da abitudine la manifestaizone si è conclusa con le foto di rito. Un ringraziamento particolare al Capogruppo Alberto Tosin e al Dott. Ing. Paolo Merlo per l'aiuto e la collaborazione data nell'organizzazione della gara.

ella splendida cornice di Valrovina di Bassano del Grappa, il 27 agosto 2017 si è svolta la 5a edizione del Trofeo Memorial Bortolo Busnardo – Gara di marcia di regolarità in montagna. Lungo la strada principale si è tenuta alle ore 8:00 la sfilata degli Alpini di Valrovina con i loro gagliardetti, accompagnati da una rappresentanza della fanfara alpina Montegrappa, quindi l'alzabandiera e l'inno di Mameli. Tutto il paese è stato imbandierato con il tricolore per l'occasione. La gara, organizzata dal GSA Montegrappa di Bassano, ha avuto inizio alle 8:30 con la partenza del primo concorrente. Numerosa la partecipazione anche in quanto quest'anno la gara era valida come 5a prova del Campionato Regionale Veneto FIE. Con una lunghezza di circa 12 Km divisi in 5 settori di cambio media, il percorso è stato giudicato dai concorrenti impegnativo per il caldo afoso, ma panoramico e molto tecnico. L'arrivo del primo concorrente è stato verso le ore 11, seguito dall'arrivo degli altri partecipanti fino alle 12 inoltrate. Le premiazioni si sono svolte verso le ore 13:30 presso il centro civico di Valrovina. Grande soddisfazione per il direttore di gara Primo Malini per le numerose autorità

Troverete la classifica delle gare sul sito appena ci sarà disponibilità

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Premio “Uti Fabris” 2017 di Alfeo Guadagnin

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l Premio Uti Fabris, tradizionale appuntamento di settembre, è arrivato alla 21a edizione. Sabato 9 settembre nella sala consigliare della Sezione. A.N.A. “Monte Grappa” si è svolta la cerimonia di consegna delle borse di studio agli studenti neodiplomati meritevoli, figli di alpini o donatori di sangue della Sezione, che hanno brillantemente raggiunto la maturità. La cerimonia organizzata dalla Sezione e dai Gruppo Alpini e Donatori di Sangue “Generale G. Giardino” è stata presieduta dal Presidente Sezionale Giuseppe Rugolo, da Lamberto Zen Presidente del Reparto Donatori di Sangue “Monte Grappa”, dal Presidente della Commissione giudicante Prof. Lucio Gambaretto, dal capogruppo del “Generale Giardino” Roberto Barletta e per il Comune di Bassano dall’Assessore alla sicurezza Angelo Vernillo. Negli ultimi anni i neo diplomati hanno raggiunto livelli di eccellenza e se nella precedente edizione i 100/100 erano stati cinque, quest’anno il numero è aumentato ancora. Ben sei sono stati i ragazzi che si sono diplomati con il massimo dei voti, condividendo ex aequo il primato e il contributo economico.

Analizzando le 13 domande pervenute, la Commissione giudicatrice ha stabilito che i premiati sono: Giordano Marchiori, figlio di Dino, donatore di sangue del Gruppo di Rossano Veneto, diplomatosi presso il Liceo Ginnasio G.B. Brocchi, con citazione al merito per la Lode ricevuta. Trento Chiara, figlia di Giancarlo, alpino del Gruppo di Rossano Veneto, diplomatasi presso il Liceo Scientifico J. Da Ponte. Alice Baggio, figlia di Elio, donatore del Gruppo di Rossano Veneto, diplomatasi presso il Liceo Scientifico J. Da Ponte. Chiara Manera, figlia di Marco, donatore del Gruppo di Valrovina, diplomatasi presso l’Istituto Tecnico Economico e Tecnologico L. Einaudi. Gambassin Rachele, figlia di Gianfrancesco, alpino del Gruppo di Crespano, diplomatasi presso l’Istituto Cavanis. Chiara Reginato, figlia di Antonio, alpino del Gruppo di Ca’ Rainati, diplomatasi presso l’Istituto Tecnico Economico e Tecnologico L. Einaudi. La Sezione A.N.A. “Monte Grappa” augura a questi eccezionali studenti le migliori fortune per una lunga e proficua carriera professionale.

Coro Brigata Cadore

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opo il raduno Triveneto di Chiampo il Coro Brigata Cadore ha inciso un terzo CD intitolato “Di Fiabe, di Guerra, d'Amore”. Chi fosse interessato potrà telefonare al presidente Massimo Bordignon 3396781218 o inviare una mail a: info@corobrigatacadore.it

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Storie di naja In molte occasioni, soprattutto nell'attesa delle sfilate, si sentono esprimere desideri, da parte dei nostri iscritti, di condividere esperienze della naja, in modo che qualcosa resti dei brani di vita di ciascuno di noi. Da questo numero cerchiamo di accontentare, per quanto possibile, questo “sogno”. E' evidente che potremo dedicare solo spazi limitati a questo progetto. Ci auguriamo che l'invito venga raccolto.

Gli inseparabili

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passato nelle varie caserme, indubbiamente la parte più bella della loro re valstagnesi dopo il Car di Imperia sono destinati alla Brigata Julia vita, sicuramente la più spensierata. e finiscono alla caserma Spaccamela di Udine, in relazione ai fatti Il capogruppo Claudio Costa di Trieste. Sono Eraldo Lazzarotto, Angelo Negrello e Severino Pontarollo, poi congedati in agosto 1954. Inquadrati nel genio pionieri finiscono a E' una fredda mattina di febbraio nel 1953 quando alla stazione ferroSella Nevea e quindi a Cavel del Predil accanto al confine con la Jugoviaria di Carpanè si incontrano tre amici di Valstagna, destinati al CAR di slavia. In quell'epoca si forma la Cadore ed i nostri tre amici vengono Imperia alla compagnia Genio Pionieri della Julia. Giunti a destinazione trasferiti, con altri reparti, alla neonata Brigata comandata da un uffivedono il mare per la prima volta e intuiscono che la chiamata alle armi ciale che risponde al nome di Carlo Ravnich. Ravnich già comandante potrebbe trasformarsi in una mezza vacanza. Intanto il vitto era buodel I° Gruppo artiglieria da montagna “Aosta” dopo l'8 settembre '43 nissimo “pastasciutta e carne tutti i giorni”, radunati i resti della Brigata di fanteria “Vementre a casa imperava la polenta (calda, nezia”, della Divisione “Taurinense” e del fredda o brustoeà, ma sempre poenta a gera). Gruppo “Aosta”, fonda la Brigata Partigiana L'addestramento formale e le marce una Garibaldi operante in Jugoslavia e verrà despecie di scarpinata di poco conto per gente corato di varie medaglie tra cui la medaglia abituata a lavori molto pesanti, in quanto in d'argento. I nostri tre valstagnesi finiranno Vallata non si poteva a quei tempi usufruire nella caserma “Fantuzzi” in piazza dei Martiri di mezzi meccanici o altro. A ricordare tutto il 1 luglio 1953. Sono quindi da annoverare ciò il nostro Severino quasi si commuove e tra i “fondatori” della Cadore. Dopo la naja, racconta al capogruppo le avventure sue e dei come tanti paesani, sono costretti ad emigrasuoi due amici. La fatica a casa era il pane re. Eraldo Lazzarotto finisce in Canadà dove quotidiano. Ed in caserma la disciplina per i attende con ansia sia il nostro periodico che il tre vastagnoti non era un giogo vero e proprio, mensile della sede nazionale. Angelo Negrello abituati com'erano ad altri modi di comantrova lavoro a Coira nei Grigioni dove rimarrà dare o meglio di venire comandati, come era con la famiglia per 33 anni per tornare poi avvenuto a 15 anni nel 1944 quando vennero finalmente a Valstagna. Severino Pontarolinquadrati nell'organizzazione detta Todt per lo comincerà la sua seconda naja nel 1954 compiere lavori stabiliti dall'esercito nazista. a Zurigo dove lavorerà per otto anni. In quel In quell'epoca vennero spediti a liberare la periodo conosce Maria, sua futura moglie, angalleria prima di Rivalta dai detriti causati che lei emigrata in Svizzera dal Coneglianese. da una esplosione provocata dai partigiani. E “Seve”, come è chiamato confidenzialmente fu allora che sfilarono davanti ai corpi dei 44 dagli alpini del paese, è iscritto da sempre nel fucilati a Carpanè in seguito al rastrellamento gruppo di Valstagna, fa parte da moltissimi del Grappa. E poi, ricordano i sopravvissuti, anni del Consiglio direttivo. Sempre presente c'era sempre il rischio di bombardamenti daa tutte le attività, instancabile e generoso, è gli aerei americani come avvenne a Cismon, una vera colonna portante del gruppo alpino dove vennero colpite per errore le baracche di valstagnese. Quando Eraldo torna in Italia per qualche settimana i tre genieri si riuniscono Da sin. Eraldo Lazzarotto, Angelo Negrello e Severino poveri operai: 51 morti e cento feriti. e con un po' di nostalgia ricordano il tempo Pontarollo il giorno del congedo.

"Dal monte Ortigara a villa Giusti"

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l generale Vidulich, alla presenza di un pubblico delle grandi occasioni ha presentato il 6 ottobre scorso nella sala del Museo del Tabacco di Carpanè il suo libro sulla grande guerra, che aveva già presentato alcune settimane prima agli alpini di Rosà nella loro sede. L'incontro è stato organizzato dagli alpini di Carpanè il collaborazione con le associazioni locali, le amministrazioni comunali e l'Unione Montana. L'illustrazione fatta dall'autore è stata sottolineata da proiezioni ed intercalata da letture di brani del libro e vivacizzata dal coro valligiano. Serata indimenticabile.

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“6 giorni con gli alpini” Un’esperienza in movimento di Rachele Dalla Vecchia In questo numero diamo occasione ai lettori di capire cosa sia successo alla 6 giorni con gli alpini dal racconto di una testimone. L'iniziativa che sta crescendo e trova sempre più successo tra i giovani di una zona che si sta dilatando merita attenzione. Gli organizzatori stanno valutando la possibilità di aumentare il periodo di durata di questa esperienza organizzando dei corsi utili anche ai fini di una futura occupazione. Altri commenti si potranno trovare sul sito della Sezione.

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forti dell’esperienza dell’anno passato i volontari hanno saputo farsi valere e rispettare: punizioni sicure per tutti coloro che avessero trasgredito la legge, e più di qualcuno ha dovuto impegnarsi per far risplendere i bagni del proprio dormitorio. Infatti la settimana che si è svolta dal 23 al 29 luglio 2017 è la prima del suo genere, sviluppandosi dalla settimana del luglio 2016. Lo scorso anno i volontari hanno organizzato una settimana di attività con la Protezione Civile, ma senza la possibilità di dormire in caserma, possibilità che è stata data quest’anno dalla regione per poter dormire nella palazzina comando della Caserma Monte Grappa di Bassano. Il lavoro di moltissime persone, l’impegno dei volontari, l’entusiasmo delle reclute hanno permesso che questa settimana sia passata molto velocemente, nonostante le difficoltà, la stanchezza e le condizioni meteo non sempre favorevoli: come non dimenticare infatti la lunga marcia dal Monte Grappa al Monte Tomba il lunedì 23, sotto una forte pioggia incessante che ha messo a dura prova la determinazione dei partecipanti. Ma nonostante tutte le difficoltà e gli imprevisti la settimana si è svolta nel migliore dei modi regalando a tutti emozioni incredibili e profonde che ognuno porterà nel cuore. L’esperienza si è conclusa sabato 29 con la consegna degli attestati di partecipazione al corso di Pronto Soccorso e alle attività della Protezione Civile, alla presenza dei Vigili del Fuoco, dei Carabinieri dell’A.N.C., dell’Unità Cinofila, del direttore del Pronto Soccorso, dei rappresentanti delle Associazioni Donatori Organi, Sangue e Midollo, dei maestri di arti marziali, del presidente A.N.A. di Bassano, dell’assessore all’istruzione della regione, Donazzan. Ma in questi casi è difficile ricordare tutti, e si corre il rischio di dimenticare qualcuno perché, come ha detto il presidente Rugolo nel discorso conclusivo: “Le persone più importanti sono quelle che non si vedono nelle foto di rappresentanza, perché coloro che si vedono sono lì solo a rappresentare gli altri e non potrebbero fare nulla senza le persone che gli stanno dietro.” Quindi è doveroso un enorme GRAZIE a tutti coloro che si sono impegnati perché questa settimana potesse svolgersi nel migliore dei modi. Le previsioni per l’anno prossimo sono favorevoli: la partecipazione è assicurata, almeno la metà degli attuali partecipanti ha dichiarato di voler tornare nuovamente, ed è concreta la possibilità di aumentare a 10 giorni la permanenza in caserma. I ragazzi sono stati tutti entusiasti e si sono divertiti molto nonostante le rigide regole che imponevano un certo tipo di linguaggio e comportamento, dal primo alzabandiera del lunedì all’ultimo ammainabandiera del sabato. Una settimana di impegni e fatica ma che ha regalato ai giovani un nuovo modo di vedere la realtà e viverla: attraverso gli occhi di coloro che volontariamente o per obbligo, servono e hanno servito il nostro Paese, seguendo le orme dei padri e gli ideali della grande Patria Italiana. Dormire in una vecchia caserma, attraversare gli stessi corridoi, sostare nelle stesse camere e percorrere lo stesso cortile che abitarono anni fa i soldati in leva ha fatto riflettere i partecipanti su quanto la vita possa cambiare e quanto importanti siano i valori delle generazioni che con il sudore e con il sangue diedero la vita per la propria patria. Questa esperienza è stata di stimolo ed incitamento ai ragazzi per capire che nella vita non serve a nulla continuare a lamentarsi e che per cambiare le cose occorre impegnarsi in prima persona fino all’ultima risorsa.

a “mini-naja”: 25 ragazze, 33 ragazzi, 50 volontari, 6 giorni e un’unica grandiosa esperienza. Questi sono gli ingredienti di quella che è stata un’avventura che ha entusiasmato una sessantina di ragazzi tra i 17 e i 25 anni, provenienti da tutto il Veneto. La “6 giorni con gli alpini”, per gli addetti ai lavori “mini naja”, ha raggiunto il cuore di molti ragazzi che entusiasti e coraggiosi hanno prontamente partecipato ad una simulazione della vita di caserma dei militari in servizio di leva. La settimana è stata organizzata sotto l’attenta sorveglianza di un nutrito gruppo di volontari della Protezione Civile, capeggiati dal presidente di sezione Fabrizio Busnardo, e dell’A.N.A., guidati dal presidente di sezione Giuseppe Rugolo. Vita da caserma dunque, durante la quale i ragazzi hanno seguito regole ferree ed un programma dettagliato e intenso, impegnandosi in attività ad alto valore formativo: lezioni di pronto soccorso e primo soccorso al SUEM (Servizio Urgenza Emergenza Medica), simulazioni di incidenti con i Vigili del Fuoco, attività di montaggio e smontaggio tende con la Protezione Civile, ma anche lezioni teoriche sulla storia del Corpo degli Alpini e sulla vita della sezione di Bassano, e attività fisiche, dalla reazione mattutina, alle arti marziali vietnamite, il Vovinam, e autodifesa, MGA, e arrampicata. La settimana di “mini naja” è stata impegnativa per i ragazzi ma soprattutto per i volontari Alpini e della Protezione Civile, che non li hanno mai lasciati soli: i cuochi e le infermiere ma anche i piantoni di turno che impedivano a qualche furbetto di inoltrarsi nel dormitorio sbagliato. Ma ^

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Costruzione nuova scuola in Brasile a Fortin di Fortaleza di Lino Borsa

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ell’anno 2002 in una zona povera del nord est del Brasile, l’allora Presidente della sezione ANA Monte Grappa, Bortolo Busnardo, con il determinante aiuto degli alpini della Sezione, ha costruito una scuola materna ed elementare che oggi ospita 250 bambini dai 3 ai 12 anni. La Scuola è stata intestata a “Mauro Bonotto”, un ragazzo morto in un incidente in montagna e finanziata dalla famiglia di Mauro. Ora le Comunità vicine a Fortin di Fortaleza, entusiaste del nuovo edificio scolastico, chiedono di mandare nella scuola “M. Bonotto” altri 150 bambini, per cui l’on. Saretta promotore della prima costruzione ha chiesto ancora la collaborazione degli alpini di Bassano del Grappa, per la realizzazione di una seconda ala (speculare alla prima) che potesse soddisfare le nuove esigenze. Il nuovo edificio verrebbe intestato a Bortolo Busnardo. Ancora una volta gli alpini non hanno saputo dire di no e nuovi gruppi

di volontari hanno preso “cazzuola e fratton” e sono volati nuovamente in Brasile e con impegno e tanto cuore hanno iniziato la nuova opera. Ora, come risulta dalle immagini, la struttura muraria è stata completata e pronta per il montaggio del tetto in legno. Nei prossimi mesi altre squadre di alpini saranno impegnati alla realizzazione degli impianti idraulici, pavimenti e serramenti. L’obiettivo è di consegnare alle Comunità locali il nuovo edificio entro il prossimo anno così da mettere un nuovo tassello al mosaico alpino della solidarietà verso le popolazioni povere del sud America, nel ricorso del centenario della prima Guerra Mondiale. Un ringraziamento va a tutti i volontari che hanno lavorato con entusiasmo per questa importante iniziativa e un invito a quanti vorranno mettere a disposizione il loro tempo e le loro competenze per completare l’opera (muratori, idraulici, falegnami, pittori).

Monumento ai ragazzi del '99

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arie associazioni hanno lavorato nelle scorse settimane al monumento ai ragazzi del 99, in Prato Santa Caterina, che era caduto in un degrado inammissibile a causa di danneggiamenti da parte di frequentatori non educatissimi del luogo. Dopo gli accordi presi tra Amministrazione Comunale ed associazioni varie, il cui coordinamento è stato affidato all'Ana ed in particolare all'ex sindaco Gambaretto che nell'Associazione ricopre l'incarico di Direttore Generale si sono svolti i lavori necessari. Ad essi hanno partecipato in particolare oltre a varie associazioni i giovani del coordinamento sezionale. I lavori sono durati sei giorni nei fine setti-

mana e sono stati impiegati tra gli alpini 15 uomini per durata di 6 – 8 ore a ciascun appuntamento. I lavori hanno comportato pulizia di tutto il monumento con idropulitura ed uso di prodotti antivegetativi, ripristino del lucernaio e del lampadario della cripta, rifacimento di tutte le scritte riportanti i nomi dei ragazzi del '99 della cripta, lavaggio ed inceratura del pavimento della cripta e verniciatura della porta a soffietto e restauro del portone della cripta riportante tutti gli stemmi delle forze armate. Numerose le ditte che hanno contribuito con fornitura di materiali e con finanziamenti all'intera operazione. I nomi delle stesse varranno citati, se forniti, nel prossimo numero.

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Triveneta a Chiampo A Chiampo sono arrivati dalla nostra Sezione oltre un migliaio di alpini, dei quali hanno sfilato quasi in 900. Molto apprezzata dal pubblico la nostra Sezione che ha ricevuto applausi e consensi. E' in occasioni come questa che si rinsaldano amicizie e ci si immerge in uno spirito generoso e pronto al sorriso.

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LA GRANDE GUERRA Le case del soldato di Gianni Idrio Anche il primo conflitto mondiale,come tutte le guerre, era iniziato con la convinzione che sarebbe durato poco. “A Natale saremo a casa”, rassicuravano tutti gli alti Comandi e la classe politica che aveva voluto le ostilità. Così non fu, come noto. Dal prolungarsi della guerra oltre ogni più pessimistica previsione nacque tutta una serie di conseguenze che i combattenti, le loro famiglie e l’intera Nazione pagarono a carissimo prezzo. In tutta la sua drammaticità la guerra rivelò quanto impreparati fossero i reparti, nell’armamento, nel vettovagliamento e soprattutto nella conduzione tattico-strategica delle battaglie. Battaglie che furono mal concepite e peggio gestite da una casta di generali, impreparata e boriosa, che facevano a gara per dimostrare chi era il peggiore (salvo qualche lodevole, ma limitata eccezione). Ne pagarono il conto i soldati. Si trattava di un nuovo modo di fare la guerra, con manovre che non si concludevano in combattimenti di una o massimo due giornate, come molti condottieri fin dai tempi dei Greci, dei Romani per scendere a Napoleone ci avevano abituato. Era arrivato il tempo della cosiddetta guerra di posizione, che fu in realtà guerra di materiali. A Cadorna, ad esempio, interessava di più sapere quanti cannoni e mitragliatrici aveva perso che non quanti suoi soldati erano morti. Fu una guerra di tipo nuovo, che richiedeva un adattamento nell’animo dei combattenti. Il primo, e forse più difficile adattamento, quello che consisteva nell’accettazione di una guerra “lunga”, fu reso possibile dal fatto che le truppe continuarono sempre a credere in una guerra breve. Se alla fine del 1915 l’Esercito avesse saputo di dover trascorrere in trincea non uno, ma ancora tre inverni, probabilmente quell’adattamento non sarebbe stato possibile. In primavera si attendeva la pace per l’autunno, in autunno per la primavera successiva, e così di seguito, finché, nell’autunno del 1918, furono ancora in molti ad ingannarsi, pensando che la pace tanto attesa non sarebbe arrivata prima del 1919. Per tralasciare molti altri aspetti, che pure meriterebbero di essere trattati, ci soffermiamo sulla vita in trincea e sulle sue conseguenze.

La trincea stessa, intanto, era un’assoluta novità. Vivere per mesi, e poi per anni, a strettissimo contatto di gomito con gli altri combattenti, in un budello di terreno non più largo di 1 metro e mezzo, due metri al massimo, al sole, sotto la pioggia, sotto la neve, subendo inevitabilmente i bombardamenti distruttivi, fu un’esperienza alla quale il fante, il bersagliere, l’alpino dovettero necessariamente adattarsi. Durante le prime settimane di guerra, le truppe non sapevano neppure come dovessero essere scavati i ripari nel terreno. Poi impararono a costruire i più complessi sistemi di camminamenti e trincee, nei quali condurre un’esistenza da talpe, in mezzo al fango ed alla sporcizia, sotto il tiro dei cannoni nemici e dei cecchini.

Padre Agostino Gemelli, direttore del laboratorio psicofisiologico del Comando Supremo, ed intimo di Cadorna, scrisse, ad esempio,: “La vita di trincea, ad eccezione dei periodi di azione difensiva (i bombardamenti) o offensiva (gli attacchi), è così monotona e scolorita che determina un caratteristico fenomeno, una specie di restringimento del campo della coscienza. Il soldato in trincea – spiegò sempre Gemelli – pensa poco, perché vede poco; pensa sempre le stesse cose. La sua vita mentale è assai ridotta e niente la alimenta.” Il prolungarsi della guerra oltre ogni previsione deteriorò le condizioni psicologiche dei combattenti. Crebbero a dismisura i casi di pazzia, accompagnati da fenomeni diffusi di diserzione, di autolesionismo, di insubordinazione, repressi dagli alti Comandi con le fucilazioni e le decimazioni. Apparve evidente che occorreva trovare un diversivo, uno sfogo, una sistemazione che consentisse ai soldati di tornare ad essere efficaci. C’erano due strade, alternative tra loro, ma che, pure, vennero percorse assieme: aprire dei bordelli, nelle immediate retrovie, o dar vita ad ambienti dove il combattente potesse trovare quel riposo e quella, anche se momentanea, tranquillità di cui aveva estremo bisogno. Di quest’ultima iniziativa si rese protagonista don Giovanni Minozzi istituendo le Case del Soldato.


Don Giovanni Minozzi (1884 – 1959) nacque a Preta, frazione di Amatrice, all'epoca territorio d'Abruzzo e oggi provincia di Rieti. Nel 1912 divenne cappellano militare, durante la guerra italo-turca. Nel corso della Prima guerra mondiale, fondò la rete delle "Case del soldato": strutture di tipo scolastico e ricreativo con biblioteche, sale di scrittura, lettura e scuole per analfabeti. In quel contesto la Chiesa Cattolica aveva capito che la guerra rappresentava il momento più opportuno per re- inserirsi nella vita pubblica del Paese ed assumervi un ruolo di primo piano. L’anticlericalismo a quel tempo era molto diffuso in Italia e la massoneria molto potente nell’Esercito (soprattutto tra gli ufficiali). I cappellani si lamentavano nei loro diari delle molestie e delle interferenze da loro subite nei reparti comandati da ufficiali anticlericali o massoni. Va tenuto presente che all’inizio del 1915 l’esercito italiano non aveva cappellani. Essi erano stati aboliti tra il 1865 ed il 1878 e riammessi nel 1911, in numero molto ridotto, una ventina appena, al momento della campagna di Libia. Allo scoppio delle ostilità italo-austriache la Santa Sede decise di istituire un Vescovo Castrense, che venne scelto nella persona di mons. Angelo Bartolomasi. Egli aveva il diritto di indicare i cappellani militari e di proporli al Ministero della Guerra per la nomina. Gli venne assegnato il grado di maggior generale dell’esercito, con relativo stipendio, mentre i cappellani furono equiparati ai tenenti. Non tutti i sacerdoti sotto le armi, però, divennero cappellani militari; i più rimasero semplici pretisoldati. Secondo i dati della Sacra Congregazione Concistoriale, durante l’intero corso della guerra gli ecclesiastici alle armi furono 24.446 ed i cappellani 2.400. In una situazione del genere, l’iniziativa di don Giovanni Minozzi non era l’unica da parte di esponenti della Chiesa, ma divenne rapidamente

la più significativa e la meglio organizzata. Anch’egli pensava che “in trincea non ci sono atei” e la guerra avvicinava i soldati alla pratica religiosa. La prima Casa del soldato venne da lui aperta, a sue spese, già nell’estate del 1915 in Cadore, a Calalzo, “dove s’addensavano migliaia di combattenti, annoiati di se stessi e degli altri, inaspriti in un odio acido e rissoso”, come egli stesso ebbe modo di scrivere nei suoi “Ricordi di guerra”. Per poter aprire le successive sedi di ritrovo egli andò a bussare a molte porte, per ottenere i necessari fondi. Non sempre queste porte gli furono aperte, specie da parte delle gerarchie militari, che frapposero, almeno inizialmente, una serie di ostacoli burocratici. Queste difficoltà non erano di natura esclusivamente economica. Prevaleva ancora un atteggiamento pregiudiziale di chiusura da parte degli Alti Comandi, dovuto a remore massoniche ed anticlericali, ma anche al timore che queste iniziative diminuissero, nei soldati, la volontà di combattere, che doveva essere sempre tesa al massimo. Col tempo anche le gerarchie militari capirono che l’opera di don Minozzi era invece utile a risollevare lo spirito dei combattenti per cui egli venne aiutato, in misura significativa, addirittura dalla contessina Carla Cadorna, figlia del comandante supremo e cattolico convinto. Numerose società come l’Ansaldo, la Fiat, la Terni, la Navigazione Generale, e vari altri enti contribuirono finanziariamente all’iniziativa. Perfino il sen. Luigi Albertini, influentissimo direttore del Corriere della Sera e convinto interventista, promosse una pubblica sottoscrizione sul suo giornale.

L’attività di don Minozzi fu intensissima: viaggiava instancabilmente tra le immediate retrovie del fronte, prendeva contatti con molti comandanti, proponeva la creazione di un sempre maggior numero di case. Soprattutto nel Bellunese, dove era schierata la Quarta Armata nei primi due anni e mezzo della guerra, furono molte: Calalzo, Caprile, Cortina, Fiera di Primiero, Fonzaso, Canal S. Bovo, Rocca Pietore, Pian dei Salesei, S. Stefano e S. Vito di Cadore Il 12 ottobre 1916 don Minozzi si spinse ad inviare una corposa relazione al gen. Porro – sottocapo di Stato Maggiore, in pratica il vice di Cadorna - con la quale lo informava dettagliatamente della sua opera, suggeriva la costituzione di nuove case, proponendogli il proprio trasferimento dai ranghi del Sovrano Ordine Militare di Malta a quelli dell’Esercito. “Queste case sarebbero destinate a diventare centro di divertimento per i soldati, che li sollevi e li rianimi dalle fatiche delle trincee. Il sottoscritto propone di mettere un cinematografo, un grammofono, una bibliotechina, dei giochi vari (dama, scacchi, etc). Il costo previsto è di circa mille lire per ogni nuova casa”. Fece breccia nelle convinzioni del generale e fu da lui autorizzato formalmente a creare subito ed ovunque quelle che ufficialmente vennero chiamate “Le case del soldato alla fronte” di cui venne riconosciuto Di-


rettore. Fu accolta anche la richiesta di don Minozzi di un suo inquadramento nelle fila dell’Esercito (col grado di capitano). Tuttavia, l’incubo delle spese ossessionava il ministero ed irretiva i comandi. Nel febbraio del 1917 l’Intendenza rifiutò di spendere 600 lire per portare l’energia elettrica (necessaria per le proiezioni cinematografiche) alla casa di S. Maria La Longa, una località “ove si ammassavano a migliaia i poveri soldati, in una specie di accampamento alla Sciangai”. Non mancarono gli scettici. Nell’estate del 1917 il giornalista Luigi Barzini, corrispondente di guerra, scrisse che nell’esercito italiano quasi nulla era stato tentato per rendere meno squallida la vita del soldato: “Da noi si sono istituite, qua e là , per cura dei cappellani di don Minozzi, le così dette case del soldato, delle ridicole baracchette nelle quali non ci sta in più di trenta persone”. Il giudizio si rivelava sostanzialmente giusto, anche se l’alacrità dei cappellani era,talvolta, riuscita a creare case ampie ed accoglienti, capaci di ospitare ben più di trenta persone. Ma molto spesso si trattava di modeste costruzioni, realizzate con tavole di legno, miseramente adattate a sale di lettura, dove i soldati trovavano qualche libro, qualche strumento musicale, una lanterna magica (una sorta di proiettore di immagini), e talvolta un conferenziere, inviato dal comando a tenere un’orazione patriottica. Ancora nel 1916 le case furono, nell’arco dell’intero fronte, solo poche decine. Nel maggio del 1917 diventarono 100 (25 delle quali con cinematografo), nel luglio erano 125, e nell’ottobre quasi 250, fra grandi, piccole

e piccolissime, per un esercito che aveva superato i 2 milioni di uomini. Con il crollo di Caporetto anche la vasta rete di case aperte da don Minozzi rischiò di saltare. Ma fu solo un attimo di sbandamento. Con la tenacia che lo aveva sempre contraddistinto, l’instancabile sacerdote abruzzese ricominciò a tessere la tela. Con tutto il Friuli, l’intera provincia di Belluno e tutta la sinistra Piave trevigiana in mano agli occupanti austro-tedeschi, con la Quarta Armata riposizionata sul monte Grappa, già l’11 febbraio 1918, il gen. Stefano Lombardi – comandante del Sesto Corpo d’Armata - scriveva all’Intendenza Generale che il suo comando aveva “la possibilità di istituire in ognuno dei villaggi (sic) sotto indicati delle case del soldato: Borgo Piazza (cioè Mussolente), Liedolo, Borso, S. Eulalia, Cassanego. Pregasi pertanto,come da accordi presi verbalmente con un delegato di codesta direzione (don Minozzi !) di voler disporre per il sollecito invio a questo Comando di tutti i mezzi istruttivi, educativi e di divertimento dei quali è possibile disporre,mezzi che saranno convenientemente ripartiti tra le cinque case del soldato proposte.” Un ulteriore elenco di case del soldato, con data 3 maggio 1918, risulta citato in un documento dell’Ufficio storico dello Stato Maggiore dell’Esercito: Asolo, S. Apollinare e Casella d’Asolo, col Campeggia, Fonte

Alto, Cima Palla, Zovon, VIII Reparto d’Assalto, ospedale da campo 0112, brigata Emilia (nella foto, a riposo a Paderno d’Asolo). Poco dopo anche Crespano Veneto e Fonte si aggiunsero alla lista. Ma i tempi stavano cambiando. Non tutti gli ufficiali con cui era venuto a contatto gradirono l’iniziativa di don Minozzi. Soprattutto era mal digerita l’idea che a capo dell’organizzazione ci fosse un prete e non ufficiale dell’esercito (sebbene don Minozzi lo fosse a tutti gli effetti). Alcuni comandanti di reggimento cominciarono a scrivere all’Intendenza Generale che erano in grado di organizzare le case del soldato in maniera del tutto autonoma e svincolata da quella del sacerdote abruzzese. L’Intendenza stessa rifiutò in un paio di occasioni di assecondare le richieste di assegnare a don Minozzi dei collaboratori da lui segnalati. Aumentarono anche le difficoltà di ordine finanziario, per cui dovette intervenire la YMCA (Young Men Christian Association) o “Fratellanza Americana”, un’organizzazione assistenziale in pieno sviluppo, una cui “baracca” sorgeva poco a nord di Bassano, all’entrata di Pove. Il 14 giugno 1918 don Minozzi venne privato del suo incarico di Direttore a seguito di una disposizione dell’Intendenza di Bologna. Molto utile, per la ricostruzione dei fatti durante e dopo la battaglia del Solstizio, è la relazione del 30 giugno 1918 ad opera del ten. Edoardo Lanzetti, prete e laureando in matematica e fisica, direttore delle “Case del Soldato alla Fronte” della Terza Armata. Tra l’altro, costui, in forza della circolare del 13 maggio 1918 della stessa Intendenza, era il superiore diretto italiano da cui dipendeva il ten. Ernest Hemingway (in quel periodo, presente sull’ansa del Piave di Fossalta). Della Relazione del Lanzetti merita sottolineare il fatto che è, polemicamente,ancora indirizzata “ al Direttore generale delle Case del soldato alla Fronte capitano don Giovanni Minozzi”, silurato 15 giorni prima, e non al nuovo Direttore generale Maggiore dei RR. Carabinieri Vernetti-Blina cav. Angelo. La “militarizzazione” dei servizi assistenziali dell’esercito, come già accadeva in Francia, stava avvenendo anche da parte delle autorità italiane. Nel giugno 1918 – annota lo storico D. Wannamaker, presente ai fatti come funzionario della YMCA, - avvenne un cambiamento vitale nella Direzione delle Case del Soldato alla Fronte. Il loro controllo divenne strettamente militare”.


La mattina del 26 giugno 1918 il ten. John Vanderveer, gestore della casa del soldato al Castelletto di Fornaci (Treviso), notò che il camion delle provviste, addetto ai rifornimenti, non si fece vedere. “Dovrei avere lo zaino pieno di sigarette, di cioccolato ed altro,etc. Ma non ce n’erano! Non ho idea di quando riuscirò ad averne. Non se ne vede ancora il segno”. Più che di paralisi, si trattava di una specie di “sciopero” americano a sostegno del capitano Don Minozzi, esautorato e sostituito con un Maggiore dei carabinieri. Secondo molti giornalisti questo tentativo di militarizzare le “Case” rasentava l’idiozia, significava,di fatto, l’affossamento dell’intera opera, perché essa viveva delle offerte dei privati, e quando i vari Comitati cittadini di sostegno appresero del siluramento immotivato di don Minozzi smisero di raccogliere fondi. Proteste contro l’Intendenza si levarono a tutti i livelli, anche dal fronte. Don Minozzi, trattato “da maramaldo”, passò i giorni infuocati della battaglia tra i soldati del Montello, lontano dall’Intendenza. Ma dopo,da

cocciuto montanaro abruzzese, sul suo siluramento volle vederci chiaro. Recatosi al Comando Supremo ad Abano con l’ordinario militare mons. Bartolomasi e padre Semeria, si sentì dire la verità dal gen. Badoglio, un po’ suo amico sin dalla prime case in Carnia: “Sa, lei prete a capo di tutto… abbiamo bisogno degli Americani… gli Americani sono protestanti…” Ad essere letteralmente scandalizzato della situazione fu John Nollen, direttore YMCA per l’Italia e futuro presidente dell’Associazione delle Università Americane), che giudicò il provvedimento dell’Intendenza “inconcepibile tra persone civili”; e fu lui, assieme agli ufficiali italiani di collegamento, che fece capire ai funzionari dell’American Red Cross di “andarci piano con gli aiuti e le nuove istituzioni”,almeno fino a quando non si fosse chiarito il “caso Minozzi”. Il chiarimento avvenne per merito dello stesso Nollen, che il 5 luglio 1918 organizzò una “cena di guerra” a Bologna, cui invitò i genera-

li dell’Intendenza Vittorio Zaccone e Luigi Segato, il delegato locale dell’A.R.C., molti altri e “con supplichevole insistenza” anche don Minozzi. Al brindisi i generali italiani parlarono dell’America con espressioni che a Minozzi suonarono come “un prostituirsi dell’Italia, che si vendeva in fretta e furia al compratore più ricco, nella voluttà di servire”. Fu Nollen a riportare il discorso in termini più accettabili, accennando alla cooperazione internazionale e a sforzi comuni, esaltando esplicitamente il Minozzi e le sue Case, che egli aveva abbondantemente aiutato e che bisognava imitare. Il gen. Segato, memore dei bei tempi del Cadore, dove le Case erano nate, strinse “furtivamente” la mano al cappellano. Il discorso di Nollen fu sostanzialmente una riabilitazione pubblica di don Minozzi. Torna ad onore di questo ilare e cocciuto abruzzese se, vincendo giusti risentimenti e cedendo alle insistenze di mons. Bartolomasi e di padre Semeria, egli

rimase al suo posto fino al termine della guerra, anche se in posizione subalterna. I soldati e gli ufficiali al fronte gliene furono pubblicamente grati. Gli aiuti americani ripresero ad affluire. Ci risulta doveroso aggiungere che, assieme a padre Semeria, don Minozzi fondò, nel novembre del 1918, l'Opera Nazionale per il Mezzogiorno d'Italia. La prima sede viene inaugurata il 15 agosto 1919 ad Amatrice per ospitare inizialmente dodici bambine rese orfane dalla guerra. Dopo il primo istituto per gli orfani di guerra di Amatrice, nacquero quelli di Potenza e di Gioia del Colle, seguiti da centinaia di istituzioni, nell'intero Mezzogiorno, tra orfanotrofi, asili, centri di formazione professionale di tipo agrario e di indirizzo artigianale, di tipografia, falegnameria, calzoleria ed Istituti Superiori. Il 7 maggio 1999 il Card. Camillo Ruini, Vicario del santo Padre per la diocesi di Roma, ha aperto ufficialmente il processo canonico di beatificazione,dicendo: «Un uomo capace di guardare alla storia con intuito profetico, instancabile nello spendere totalmente se stesso nella carità».


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Malga Fossetta

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a tradizionale cerimonia di Malga Fossetta nel territorio di Enego ha visto quest'anno un preludio molto interessante con l'inaugurazione di un restauro di una Fontana nota come Fontana degli Alpini, realizzata nel 1917 dagli alpini durante la Prima Guerra Mondiale. Il manufatto aveva subito l'incuria del tempo e gli alpini di Enego hanno lavorato con generoso impegno per rimettere in sesto questo “monumento” della loro storia: Dopo l'inaugurazione i partecipanti, tra cui il sindaco Cappellaro e il presidente della sezione Montegrappa Rugolo, sono confluiti in corteo fino a Sacello del Monte Fossetta per il rito religioso, cui sono seguiti i discorsi di circostanza. Qualche giorno prima a Enego era stata aperta una mostra “il rancio del soldato” nella sala superiore della Palazzina turistica. Ed il giorno precedente all'appuntamento di Malga Fossetta era stato inaugurato il Forte Lisser restaurato.

San Giacomo di G.Franco Dissegna

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Alpini e donatori insieme per Arquata del Tronto

fine giugno si è disputato il 4° torneo Alpini in erba calcetto a 5, organizzato dal gruppo alpini e donatori sangue di S. Giacomo, che a visto la partecipazione di 10 squadre rappresentanti i gruppi alpini e donatori di Liedolo, Cismon, Nove, Romano, Sacro Cuore, Fellette, San Giacomo, aperto a ragazzi dai 16 ai 24 anni per la categoria under 24, e dai 24 anni in su per la categoria over 24. Scopo della manifestazione è far conoscere le nostre due associazioni attraverso lo sport e dimostrare come un evento sportivo si può trasformare anche in una raccolta fondi da destinare a persone meno fortunate. Non è certo mancato l’agonismo ma a far rispettare le regole ci hanno pensato due amici arbitri Alessandro ed Eva che con molta professionalità hanno saputo mantenere l’ordine in campo, mentre per l’assistenza sanitaria sono venuti ad aiutarci gli amici del gruppo sanità della PC Ana Montegrappa. Per l’edizione 2017 categoria under 24, il trofeo è andato al gruppo alpini di Fellette, mentre per la categoria over 24 il trofeo è andato al gruppo Donatori Sangue di San Giacomo. Durante la manifestazione, grazie l’aiuto di una pizzeria locale, abbiamo potuto offrire un momento di aggregazione non solo per i giocatori ma anche per le famiglie, occasione dov’è uscita la vera vincitrice del torneo, la SOLIDARIETA’, che ci ha permesso di raccogliere una discreta somma, questa volta destinata all’ANA NAZIONALE per i progetti di ricostruzione del centro Italia colpiti dal terremoto dello scorso 30 ottobre 2017. Ricostruzione già iniziata, che ha visto coinvolta anche la nostra sezione ANA Montegrappa, con alpini e donatori di sangue intervenuti a fine luglio ad Arquata del Tronto per costruire una platea in calcestruzzo che ospiterà un alimentari, un bar, uno studio tecnico ed uno medico dentistico, e servirà, al loro rientro, una parte di arquatani an-

cora ospitati lungo la costa. Esperienza sicuramente positiva che mostra come il nostro silenzioso fare, valga più delle mille promesse e parole che si sprecano in catastrofi come questa, lavoro premiato dal grazie della popolazione attraverso il sindaco di Arquata. Rinnovo i miei più sentiti ringraziamenti alla sezione ANA Montegrappa, a reparto Donatori Sangue, a tutti i collaboratori, ai gruppi che hanno partecipato, invitando fin da ora tutti alla prossima edizione.

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Genti Venete

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l titolo della manifestazione più importante di Cima Grappa, in territorio di Crespano è ormai diventato un po' riduttivo, vista l'importanza che la manifestazione ha acquisito nel tempo, diventando un appuntamento non più solo di Genti Venete, ma di tutta Italia con presenze anche di numerosi stranieri. Quest'anno abbiamo registrato un notevole progresso nella

organizzazione degli accessi con notevole aumento di sicurezza per le persone. L'anno prossimo è prevedibile che, in occasione del Centenario, si debba ancora migliorare questa messa a punto della razionalizzazione delle accoglienze. Comunque anche questa volta la presenza di Alpini e protezione civile ha assicurato il pieno successo della manifestazione.

Ammaina bandiera Venerdì 9 giugno 2017 ore 11.45

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Al capogruppo il compito della presentazione cercando di far capire ai ragazzi l’importanza della Bandiera. “Il capogruppo è di per sé un’autorità per i propri soci, il Sindaco è un’autorità superiore alla quale si deve rispetto perché ci rappresenta come cittadini di Cassola. Ben altra autorità è presente e merita maggior rispetto, è pure più importante del nostro Presidente della Repubblica. Il Tricolore! Simbolo ed identità del nostro paese, come lo è la bandiera per qualsiasi altra nazione, non sia però mai pretesto di divisione ma semplice senso di appartenenza.” Un saluto del Sindaco Aldo Maroso poi si passa alla cerimonia ufficiale, non prima di chiedere ai ragazzi se sanno l’inno nazionale, qualcuno lo sa, chiedendo come inizia: “Fratelli d’Italia…”. Ci si sofferma sulla parola “Fratelli”:”… chi ha fratelli e/o sorelle… e quando andate a passeggio con mamma e papà, cosa vi viene chiesto di fare? Non vi viene forse chiesto di dare la mano al nostro fratello e/o sorella? Allora prendetevi tutti per mano, e per chi non ha fratelli e/o sorelle oggi ne trova 10, 20, 100, così dovrebbe essere. Questo sarà il Vostro saluto alla Bandiera, a noi, militari in congedo, il saluto che le spetta.” Terminata l’ammaina, il Tricolore viene piegato e consegnato ai rappresentanti di quinta che a loro volta lo consegnano a quelli di quarta per un simbolico passaggio di consegne a custodi della Bandiera per l’anno scolastico successivo.

utto ha inizio alla cena di fine anno col gemellato gruppo Alpini Treviso Centro, nell’occasione in uno schermo venivano proiettate immagini delle attività del gruppo, tra queste l’alza bandiera ad inizio anno scolastico nell’istituto adiacente alla loro sede. Già da anni appuntamento fisso al primo giorno ed all’ultimo l’ammaina bandiera. Da tempo si pensava a qualcosa per coinvolgere la scuola. L’occasione arriva quando alcuni soci, aventi i propri figli alla scuola primaria in paese, riferiscono del degrado del Tricolore lacero per la vicinanza ad un albero dove va ad impigliarsi sui rami. La proposta di spostare il pennone, la richiesta in Comune e poi alla segreteria di competenza, disposti ad eseguire personalmente il lavoro ed effettuarne una manutenzione. Lavoro eseguito sabato 25 marzo. Ora con i contatti a disposizione si approfitta per la proposta dell’ammaina bandiera.

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Donatori di sangue a Cima Grappa

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'incontro regionale dei donatori a Cima Grappa ha raggiunto la bella cifra di 21 anni, che un tempo rappresentavano il traguardo della maggiore età, vista dai giovani come un mito. Organizzato in collaborazione tra Reparto donatori di Sangue e Sezione MonteGrappa l'appuntamento ancora una volta si è rivelato un successo, a dimostrazione del comune intento delle due organizzazioni, che ricordano la comune origine. Il reparto donatori, pur formato da un volontariato complesso e non di soli alpini, è nato, come è necessario rammentare, proprio da una idea

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scaturita dai soci delle penne nere che hanno creato in città, fin dal 1962, una organizzazione di solidarietà umana speciale che sta lavorando per il bene della comunità. A Cima Grappa ogni anno si rinnova l'impegno di questo sodalizio che ha salvato e continua a salvare persone malate e bisognose di cure. Il gruppo donatori di Santa Croce, nel corso della pausa ristoro, al termine della cerimonia, ha voluto donare ai gestori del Rifugio Cima Grappa un ricordo dei momenti più significativi trascorsi insieme.

Rifugio Contrin Casa degli Alpini

a ben 34 anni l’ultima domenica di giugno al Rifugio Contrin c’è il raduno solenne degli Alpini. Quest’anno la cerimonia doveva essere più solenne per ricordare i 100 anni dalla guerra, ma purtroppo causa cattivo tempo si è dovuto accorciare i discorsi e la S. Messa celebrata da don Bruno Fasani pure senza tante reflessioni. I vari onori ai caduti e ai vessilli fatti come sempre. La pioggia è caduta al sabato pomeriggio così pure domenica mattina. Il al mattino guardavo gli alpini che arrivavano bagnati fradici ma non importava bisognava arrivare all’appuntamento. In quel rifugio sono esposti centinaia di gagliardetti dei vari gruppi alpini, quest’anno ho portato anch’io quello di Romano l’avevamo fatto in occasione dei 60 del gruppo, l’avevo tenuto a casa mia, ora ho preferito portarlo lassù così chi per gli anni futuri si recherà al Contrin vedranno che c’è anche il gagliardetto del gruppo di Romano. L’ho consegnato, assieme a mio nipote, a colui che gestisce il rifugio da oltre 44 anni l’Alpino Comm. Giorgio DeBertol. L’alpino Cav. Domenico Chemello

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Foza–Salcedo. Alpini rendono onore al Capitano Enrico Busa, eroe della Grande Guerra di Paola Viero

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pitano Busa è un patrimonio universale – commenta Mario Oro sindaco di Foza – Quanto accaduto sul nodo delle Melette durante la Grande Guerra è stato un episodio cruciale, spesso poco ricordato, per la storia del nostro Paese, dove il capitano Busa ed i suoi uomini lottarono fino all’ultimo per non cedere all’avanzata austriaca nell’autunno del ’17”. “Se morirò non dimenticatevi di me”, la preghiera di ogni soldato in fronte ripresa Luigi Montoli tenente colonnello del Comando delle Forze Operative Terrestri, intervenuto al posto dell’atteso generale Amedeo Sperotto, riassumendone lo spirito della giornata in memoria del Capitano Busa: “Al concetto della memoria va legato il concetto del dovere a tutto campo, anche morale – continua – Abbiamo il compito di esportare e divulgare quanto più possibile i valori per cui migliaia di uomini hanno dato la loro vita per la Patria”. Chi era il Capitano degli Alpini Enrico Busa Ne traccia un quadro Antonio Gasparini, sindaco di Salcedo: “Enrico Vittorio Amedeo Ottavio è nato a Salcedo il 5 agosto del 1989, ottavo di nove figli, il papà Giovanni Maria, originario di San Giacomo di Lusiana e la mamma Giovanna Zotti, originaria di Breganze. La famiglia ben presto si trasferì a Salcedo dove il padre ricopriva il ruolo di segretario comunale. Durante il primo conflitto mondiale fu chiamato alle armi ed assegnato al Battaglione Marmolada del 7° reggimento Alpini, dove ottenne il grado di Capitano di completamento ed in alterni periodi fu chiamato a comandare il proprio battaglione di appartenenza. Dalle testimonianze lasciate da chi all’epoca ebbe l’occasione di conoscerlo viene descritto come un soldato allegro, che amava la vita e l’amicizia. Il Capitano Enrico Busa morì in combattimento il 4 dicembre del 1917, dopo essersi battuto come un leone assieme ai suoi soldati, nel tentativo di arginare l’avanzata austriaca e bosniaca”.

l maltempo ci ha provato, ma gli Alpini hanno reso comunque l’omaggio in memoria al Capitano Enrico Busa di Salcedo, eroe della Grande Guerra e medaglia d’argento al valore militare. La giornata di commemorazione, che comprendeva anche l’inaugurazione della trincea sulle Melette di Foza recuperata dal gruppo Alpini di Salcedo e Foza, si è tenuta comunque, non sulla cima di monte Castelgomberto dove il 4 dicembre del 1917 trovò la morte il capitano degli Alpini Enrico Busa, ucciso con un colpo di proiettile in fronte dagli austriaci, ma bensì nella sede degli Alpini di Foza. Che niente abbatta gli Alpini è cosa nota. Riprova ne è stata domenica 10 settembre, quando per le avverse condizioni del tempo, hanno invertito la colonna che si stava inerpicando sulla strada bianca dei Lazzaretti, predisponendo come luogo di cerimonia la sala della casa degli Alpini di Foza dove don Duilio, cappellano militare in congedo giunto da Castel di Godego, ha accomunato parole di fede e dovere di Patria che pulsano nel cuore di ogni alpino. Pensieri ripresi da Giuseppe Rugolo presidente della sezione Ana di Bassano del Grappa: “Don Duilio mi ha aperto ancora di più il cuore, perché noi non cerchiamo la guerra, ma ricordiamo le gesta ed il sacrificio di tutti gli alpini d’Italia, di tutti gli eroi che sul fronte di guerra e tremando, anche di paura, hanno combattuto per l’ideale di Patria”. Struggono i cuori alle penne nere quando entra in sala la famiglia del Capitano Enrico Busa, orgogliosi del loro avo e del ricordo a lui reso, ma ancor più per il buon carattere ed i valori dell’amicizia che il giovane alpino Busa che mai tradì fino all’ultimo dei suoi giorni, nella trincea recuperata dagli Alpini di Salcedo e di Foza, poco distante da Malga Lora sul monte Castelgomberto sulle Melette di Foza. “Questo progetto è partito poco più di un anno fa, alla ricerca del cippo commemorativo del capitano Busa, del quale resta solamente una foto in bianco e nero, di quasi cento anni fa – spiega Ivano Pasquale capogruppo alpini di Salcedo e fautore dell’evento – La nostra volontà è stata di mettere una nuova lapide in suo onore, ma la ricerca del cippo storico continuerà, questo grazie alla Comunità Montana dei 7 Comuni ed all’amministrazione comunale di Foza, oltre a tutti i volontari che ci hanno dato una mano”. “Non potevamo non accogliere la richiesta di Ivano Pasquale, perché anche se ricadente per territorialità nel nostro comune, la storia del Ca-

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Tezze sul Brenta

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el corso dei Festeggiamenti di San Rocco il Comitato festeggiamenti San Rocco ha presentato una mostra fotografico dal titolo: LE FEDI E LA SPERANZA Quando eravamo povera gente. O, meglio, quando eravamo gente povera. Affidavamo alla divinità il nostro destino e la nostra anima a una persona, “per tutta la vita”. Cercavamo nel lavoro il riscatto, con un orgoglio pari alla dignità. Ci dedicavamo agli altri, perché chi poco possiede riconosce nel suo prossimo – un altro sé stesso – la richiesta tacita di aiuto. Quando eravamo poveri, provavamo a sperare. Perché la speranza sopravvive al cinismo del benessere. Penne nere: a Tezze da 80 anni! Il ruolo sociale degli alpini E gli alpini? Fanno parte integrante di questo excursus storico che traccia la linea dalla speranza al benessere. Se la politica cerca di ricostruire dalle macerie belliche inseguendo il cosiddetto bene comune e l’imprenditoria prova a portare la gente dai campi alle fabbriche per migliorare le condizioni di vita sottraendole all’arbitrio della natura capricciosa, le penne nere sono precursori di quello che oggi chiamiamo terzo settore. La loro funzione sociale sostiene il paese (di Tezze) e il Paese (Italia): portano aiuto ai bisognosi, nelle emergenze e in occasione di calamità naturali, erogano assistenza e organizzano i momenti d’incontro festoso della comunità. Sempre in prima fila. 1935 Gli alpini hanno compiuto 80 anni a Tezze sul Brenta. Il Gruppo – fra i primi in Italia – è nato infatti nel 1935, ricevendo il gagliardetto fondativo su impulso del primo capogruppo Giusto Lago. Nel corso degli anni, ha creato al proprio interno il Gruppo donatori sangue, uno dei sette che hanno contribuito a fondare (nel 1962) il Re-

parto donatori sangue di Bassano. Ha favorito nel tempo la nascita di numerose ulteriori iniziative, fra cui l’Aido (nel 1981), Associazione italiana donatori organi, e l’Admo, organizzazione dei volontari della donazione di midollo osseo (1992). Nati per “fare memoria” dei commilitoni sacrificati alla Prima guerra mondiale, dopo la Seconda gli alpini hanno accentuato i propri valori di altruismo, condivisione, solidarietà. Molti elementi del Gruppo di Tezze hanno aderito a tutte iniziative condotte dalla sezione Ana Monte Grappa in contesti nazionali e internazionali (dalla Russia al Brasile). Aiutati anche da realtà economiche che hanno messo a disposizione materiali e risorse, al loro paese hanno donato il Parco dell’amicizia, iniziato nel 1996 e per la cui realizzazione gli alpini sono stati trainanti tanto quanto oggi lo sono per la manutenzione. Nel 2000 hanno costruito la nuova sede, inaugurata in concomitanza con l’ultimo giuramento di leva. Le penne nere sono il fulcro in tutte le attività locali, essendo impegnati a diffondere il senso di appartenenza e di comunità. Come amano dire, dopo 82 anni rispondono ancora e sempre “Presente!”.

Bello far l'Alpino, ma...

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l 29 settembre scorso abbiamo ospitato gli amici della Sezione di Mondovì con i quali ci siamo gemmellati pochi mesi fa. Per i nostri iscritti abbiamo disposto una rappresentazione già più volte attuata da una compagnia monregalese che ha ricevuto in varie occasioni un successo encomiabile. Ci aspettavamo un afflusso di pubblico adeguato ma purtroppo qualcosa non ha funzionato. I pochi alpini presenti hanno applaudito ed apprezzato la rappresentazione creata su appunti dello scrittore Paolo Monelli, mentre i più, forse distratti da altri impegni hanno perso l'occasione. L'esperienza potrà servire, pensiamo, per evitare in futuro altre situazioni simili.

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Ringraziamo il fotografo Danilo Omodei per la disponibilità e diamo spazio ai suoi numeri che potranno essere utilizzati dai soci in caso di bisogno.


Sul Ponte di Bassano

Mussolente di Leonardo Bortignon

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l Gruppo Alpini di Mussolente, guidato dall’instancabile Luca Barichella, ha festeggiato agli inizi di settembre il 70° anniversario di costituzione. Gli eventi celebrativi di questo importante traguardo sono cominciati la sera di venerdì 8 con la proiezione, nella sala teatro parrocchiale, di una serie di fotografie ripercorrenti le molteplici attività svolte dal Gruppo nei suoi settant’anni di storia. Sono poi stati premiati i bambini partecipanti al concorso di disegno a tema alpino, indetto nelle settimane precedenti. Sabato sera i festeggiamenti sono proseguiti con un eccezionale concerto, che ha visto protagonisti il Coro “Edelweiss” della nostra Sezione “Montegrappa” e la Banda Misquilese, complesso musicale di recente istituzione che conta tra le sue fila diversi alpini. Terminata la rassegna musicale, applauditissima dal numeroso pubblico, è stata offerta a tutti un'abbondante pastasciutta, preparata con una vera “cucina campale” militare, perfettamente funzionante. La mattina di domenica 10 settembre, nonostante la pioggia battente, gli alpini di Mussolente e dei paesi vicini si sono dati appuntamento presso la Malga Rossa per l’alzabandiera al monumento all’artigliere da montagna, meglio noto come “il vecchio cannone”. Precedute dalla Banda Misquilese, le “penne nere” hanno poi sfilato per le vie del paese; tra loro decine di gagliardetti dei gruppi della Sezione ed una delegazione dei donatori di sangue. Raggiunta la piazza, sono stati resi gli onori ai caduti con la deposizione di un omaggio floreale al monumento “alla pace ed alla concordia”, quindi gli alpini e la cittadinanza si sono portati all’interno della chiesa arcipretale per assistere alla Santa Messa. Al termine della funzione religiosa si sono tenuti i discorsi di circostanza; tra le autorità presenti il sindaco di Mussolente Cristiano Montagner e, per la Sezione “Montegrappa”, il vicepresidente vicario Lino Borsa, il vicepresidente Alessandro Ferraris e numerosi consiglieri. L’Esercito era rappresentato dal capitano Edoardo Eger, misquilese in forza al 6° Alpini di Brunico. Conclusa la parte ufficiale della giornata, è stato offerto un abbondantissimo rinfresco a tutti i presenti, che con l’occasione hanno potuto visitare anche la notevole mostra di reperti bellici dell’alpino Gabriele Parolin. I festeggiamenti ed i brindisi sono poi proseguiti fino a sera: particolarmente gradita è stata nel pomeriggio l’inaspettata visita del presidente sezionale Giuseppe Rugolo.

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Sul Ponte di Bassano

Rossano Veneto

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ella mattinata di domenica 27 agosto 2017, dopo la Santa Messa in Duomo a Rossano Veneto, si è svolta, nell'omonima via a lui dedicata, la cerimonia per il Centenario dal conferimento della Medaglia d'Argento al V.M. al Serg. Magg. Italico Girardi. Alla presenza del Vessillo della Sezione A.N.A. "Monte Grappa", del Gruppo Alpini "Ten. Cecchele" di Rossano Veneto, dei Gruppi Alpini del Mandamento e limitrofi con il Gagliardetto, del sindaco con i rappresentanti del Comune di Rossano Veneto, dei familiari e della popolazione locale, il Generale Donato Lunardon, dopo averne letto la motivazione, ha fatto un ritratto storico preciso di questo nostro eroico alpino e del glo-

rioso fatto d'arme avvenuto il 24 ottobre 1917 per il quale il Serg. Magg. Italico Girardi è stato insignito della Medaglia d'Argento al V.M. Il sindaco di Rossano Veneto Dott.ssa Morena Martini ha posto in evidenza le doti di coraggio, senso del dovere e amor patrio del Cav. Italico Girardi auspicandosi che anche le future generazioni non dimentichino queste persone che tanto si sono sacrificate per la libertà e per la nostra Patria.

Il Gruppo Alpini di Rossano V.to, il sindaco Dott.ssa Morena Martini, il Consigliere Sez.le Renato Campagnolo, l'Alpino Ennio Giovanni Girardi (figlio di Italico) e il Generale Donato Lunardon.

Inno Nazionale - Il Capogruppo Alpini di Rossano V.to Antonio Polo con il Generale Donato Lunardon, il sindaco Dott.ssa Morena Martini, il Presidente Ass.ne Combattenti Luigino Campagnolo.

Ca' Rainati di Leonardo Bortignon

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a tradizionale sagra di San Francesco, che si tiene a Ca’ Rainati in settembre, è stata quest’anno arricchitta dai festeggiamenti per il 55° anniversario del locale Gruppo Alpini e per il 50° del Gruppo Donatori di Sangue, nei giorni di sabato 23 e domenica 24. Nella serata di sabato è stata inaugurata la mostra sulla Grande Guerra, allestita dagli alpini carinatesi e da alcuni collezionisti della zona. Tra il tanto materiale esposto, spiccavano alcuni pezzi di particolare pregio: elmetti fregiati, decorazioni italiane ed austriache, documenti d’epoca e delle foto inedite dei nostri paesi durante la guerra. Una serie di pannelli fotografici, provenienti dalla Sezione ANA di Cividale, ha illustrato al visitatore l’evoluzione storica del conflitto mondiale. Hanno fatto gli onori di casa due guide d’eccezione: il capogruppo Romeo Feltracco ed il maresciallo Giuseppe Del Duca. La mattina di domenica si è invece tenuta, come da cerimoniale, la grande sfilata delle “penne nere” e dei donatori di sangue, aperta dalla Fanfara Alpina “Girasole” di San Zenone e dai tanti gagliardetti dei gruppi della Sezione. Nella piazza del paese, pavesata a festa, sono stati

resi gli onori alla bandiera ed è stato deposto un omaggio floreale al monumento ai caduti. E’ stata poi celebrata la Santa Messa nella chiesa parrocchiale, gremita di cappelli alpini e di gagliardetti. Al termine della funzione religiosa hanno preso la parola il presidente della Sezione “Montegrappa”, Giuseppe Rugolo, ed il presidente del Reparto Donatori di Sangue, Lamberto Zen: entrambi hanno espresso la loro stima ed apprezzamento per gli alpini ed i donatori di Ca’ Rainati e per le tante attività in cui si sono distinti negli anni e si distinguono tutt’ora i due gruppi del paese. Sono stati poi premiati i donatori di sangue che hanno raggiunto chi le 11, chi le 21 e chi le 31 ed oltre donazioni ed infine è stato ufficialmente siglato l’atto di gemellaggio tra il Gruppo Alpini di Ca’ Rainati e quello di Gorgo al Monticano (Treviso), già da tempo in ottimi rapporti di amicizia. Usciti dalla chiesa, alpini, donatori e popolazione si sono ritrovati sotto il tendone della sagra per il grande pranzo comunitario, che ha visto la partecipazione di oltre 400 persone.

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Sul Ponte di Bassano

San Giuseppe di Cassola di Leonardo Bortignon

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Il sorriso di un bambino o la pacca sulla spalla di un anziano siano le vostre medaglie”: con queste parole il presidente della Sezione Giuseppe Rugolo ha augurato lunga vita e proficua attività sociale agli alpini di San Giuseppe di Cassola, che domenica 15 ottobre hanno celebrato il 50° anniversario di fondazione. La festa del Gruppo, guidato da Stefano Siviero, è iniziata con la sfilata delle “penne nere”, aperta dalla fanfara sezionale e da oltre quaranta gagliardetti, ed è proseguita nella piazza d'armi dell'ex Caserma “San Zeno” (la storica “caserma dei muli”) per

l'alzabandiera e la Santa Messa. Parole di stima per l’operato degli alpini sono state espresse anche dal sindaco Aldo Maroso, che stringeva tra le mani il cappello alpino del padre, reduce del II conflitto mondiale. Al termine della cerimonia è stato offerto un ricco rinfresco, accompagnato da una graditissima pastasciutta. Numerosa la presenza, oltre che degli alpini, di familiari e simpatizzanti.

Casoni di Leonardo Bortignon

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li alpini di Casoni hanno festeggiato i settant’anni di attività del loro Gruppo con un intenso “weekend alpino”, iniziato venerdì 29 settembre con la presentazione del libro di Leonardo Bortignon “Casoni e Mussolente nella Grande Guerra”, presente, oltre all’autore, il professor Gianni Idrio. Sabato 30, nel primo pomeriggio, sono stati commemorati il dottor Domenico Ferronato ed il “presidentissimo” Bortolo Busnardo, che per tanti anni hanno guidato con dedizione gli alpini di Casoni, prima dell'attuale capogruppo Armido Dissegna: due omaggi floreali sono stati deposti sulle loro tombe, rispettivamente a Casoni ed a Possagno. Una delegazione di alpini ha poi raggiunto Mussolente, dove è stata inaugurata la mostra “Aquile sul Grappa”, dedicata alla guerra aerea sulle nostre montagne e realizzata su impulso dell'Amministrazione Comunale. La giornata si è conclusa nella parrocchiale di Casoni con il concerto del Coro ANA di Marostica e del Coro ANA “Edelweiss” di Bassano, che hanno entusiasmato il numeroso pubblico con le loro emozionanti ed a tratti commoventi cante. Al termine della rassegna canora è stata offerta a tutti i presenti un’ottima “pasta alla boscaiola” presso la sede del Gruppo.

A conclusione della “tre giorni alpina”, la mattina di domenica 1° ottobre decine e decine di alpini hanno sfilato tra due ali di pubblico festante, fino a raggiungere la piazza del paese per l’alzabandiera e gli onori ai caduti. Notevole il colpo d’occhio che si presentava allo spettatore: oltre sessanta alfieri con gagliardetto, due blocchi di alpini ed uno di donatori di sangue, un plotone in uniforme storica, associazioni d’arma, autorità e fanfara sezionale al gran completo. Una simpatica nota di colore è stata la presenza dei bambini del paese, con palloncini ed un grande tricolore. Non poteva mancare un riconoscente pensiero al compianto Bortolo Busnardo: un mazzo di fiori, scortato dal figlio Fabrizio, è stato deposto ai piedi del cippo a lui dedicato. L’esemplare figura del “presidentissimo” è stata più volte ricordata nei discorsi ufficiali, tenuti dal capogruppo Dissegna e dal presidente sezionale Giuseppe Rugolo. Dopo la Santa Messa, celebrata in una chiesa gremita di cappelli alpini, l’intera cittadinanza si è portata nella sede sociale per il buffet preparato dai bravi cucinierialpini. Tra un canto ed un brindisi i festeggiamenti si sono protratti fino a sera, in uno splendido clima di amicizia alpina.

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Sul Ponte di Bassano

Marostica

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'intersezionale di Marostica ha visto una grande partecipazione di alpini ma anche di pubblico. Dopo l'ammassamento la sfilata fino alla piazza degli Scacchi in cui le sezione partecipanti sono state sistemate in modo da poter assistere alla cerimonia conclusiva ed alla Santa Messa. L'appuntamento è stato dato per l'anno prossimo a Bassano.

Cavaso del Tomba

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nche quest'anno gli alpini del gruppo di Cavaso hanno ospitato gli amici che hanno prestato servizio nelle forze armate tedesche e in altri paesi che sono stati coinvolti nella prima guerra mondiale. Il giorno precedente alla Celebrazione sul Tomba è dedicato, di solito, ad una visita alle zone di guerra. L'anno scorso erano state prescelte la località di Fossalta di Piave e la zona di Forte Marghera, con interessanti riepiloghi di luoghi ed episodi storici. Quest'anno la scelta è caduta su Vicenza, città interessante per le numerose iniziative culturali che vi si concentrano. Il gruppo dei visitatori provenienti da Germania, Ungheria ed altre zone con rappresentanza della nostra sezione ha puntato innanzitutto su Monte Berico, da cui è sceso in centro, visitato passo passo, con una guida che spiegava con dovizia di particolari in italiano, tedesco ed inglese. Il pur rapido giro

in centro oltre Porta Castello fino alla Basilica, alla piazza dei Signori, alla casa originaria del Pigafetta ha fatto capire un po' dell'anima dei protagonisti della vita culturale dei vicentini, nel corso dei secoli passati. Alla fine un ultimo guizzo di generosa ospitalità da parte delle penne nere vicentine nella sede del gruppo Savegnago ha fatto toccare con mano agli ospiti accolti da Simonelli quanto sappiano essere disponibili e camerateschi i vicentini con un finale effervescente e scambio di doni e ricordi.

Maggiore Edoardo Eger Congratulazioni!

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rruolato nel gennaio del 1997, ha frequentato alla SMALP di Aosta il 166° corso Allievi Ufficiali di Complemento ed è stato nominato Sottotenente di Fanteria Alpina a maggio. Ha svolto il proprio servizio all’8° e poi al 5° Reggimento Alpini, mentre ora è al 6° Alpini dove, fino al 2016, è stato nel Battaglione Bassano come comandante di plotone e poi comandante della 63a e 74a Compagnia. Nella sua carriera ha avuto delle esperienze operative all’estero, in Albania, Bosnia Afghanistan e Libano. Dal settembre 2016 il Maggiore opera nello staff del Reggimento a Brunico.

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Sul Ponte di Bassano

Avvenimenti

BREGANZE: l'alpino Anacleto Zanin e la moglie Gabriella Dalla Bona festeggiano il 50° anno di matrimonio.

VALROVINA: festeggiano il loro 50° anniversario di matrimonio Bruno Mauretto e la moglie Lidia Schirato.

BELVEDERE DI TEZZE: Bruno Scapin e la moglie Stella Gnoato hanno festeggiato il 50° anniversario di matrimonio.

SAN MARCO: 50° anniversario di matrimonio per Bernardo (Mirco) Moretto, capogruppo e la moglie Luisa Zanardi.

MUSSOLENTE: Gianluca Donanzan, festeggia il 25° di matrimonio, con la moglie Antonella Cogo ed i figli Alex ( a sin.) e Davide.

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SOLAGNA: l'alpino Andrea Pivotto ha festeggiato, il 19 settembre, i 25 anni di matrimonio con Michela Bellò.


Sul Ponte di Bassano

Avvenimenti

50°anniversario di matrimonio del Vicecapogruppo Ernesto Dalla Zuanna con la moglie Mariagrazia Zabbai, nella foto con il presidente Nazionale Sebastiano Favero ed il capogruppo Ivano Perisello.

STROPPARI: 50 anni di matrimonio per Giuseppe Fantinato e Maria Elisa Marchetti.

MURE DI MOLVENA: il 28 settembre il socio Cav. Michele Mascarello e la moglie Maria Scalcon hanno festeggiato il 60° anno di matrimonio.

FONTE ALTO: Il giorno 27 maggio si sono uniti in matrimonio il nostro socio sergente Alberto Stella e Monica Ferroni. Nella foto il papà della sposa Vincenzo Ferroni (5° rgt alpini Vipiteno) ed il papà dello sposo il nostro Consigliere Mandamentale Armando Stella.

BORSO DEL GRAPPA: Francesco Guadagnin, col figlio Fabio ed i nipoti (da sin.) Alessia, Isacco, Christian ed Elia. SAN ZENONE DEGLI EZZELINI: l'alpino Francesco Pellizzari con la nipotina Noemi.

FRIOLA: Il 19 giugno è nato Alessandro figlio del socio Paride Pigatto.

I nonni Lucio Donazzan e Antonio Farronato annunciano il battesimo di Giada, figlia dell'amico degli alpini Remigio e di mamma Alessandra.

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Sul Ponte di Bassano

Avvenimenti

SANT'EULALIA: Agostino Biasion con la nipotina Giorgia.

VALROVINA: l'alpino Ivano Tosin 1°-67 c.c.sbtg Feltre ha festeggiato (aprile 2017) il 70° compleanno con i nipoti Virginia e Cesare.

ONE' DI FONTE: l'alpino Paolo Bellon con il nipotino Giovanni all'adunata di Treviso.

Foto ricordo a 50 anni dal congedo per il Gruppo Agordo - Feltre.

Raduno donatori 2017 in Grappa. Il capogruppo alpini di Santa Croce Col. Ceccon e il collega dei donatori Dalla Rizza premiano i gestori del rifugio Bassano.

Alpini della Vallata e donatori impegnati nel taglio erba e pulizie a Cima Grappa.

Onè di Fonte l'alfiere del gruppo Lino Mascotto festeggia il suo ottantesimo compleanno.

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Sul Ponte di Bassano

Avvenimenti

Chiara Reginato, figlia dell'alpino Antonio Reginato del gruppo di Cà Rainati, riceve la borsa di studio "Uti Fabris" sezione ANA Monte Grappa di Bassano. Il 3 gennaio 2017 l’alpino Ellino Moro, reduce della seconda guerra mondiale, ha compiuto 96 anni. Eccolo assieme alla moglie Santina, attorniato dagli alpini del gruppo di Carpanè .

Il gruppo alpini di Castello di Godego e Castion ha festeggiato gli ottant'anni dell'alpino e alfiere Celeste Zecchin. Il socio è stato festeggiato da numerosi parenti, nipoti e alpini. Nella foto l'alpino Zecchin con il capogruppo Sergio Ferraro e l'alpino Giulio Bonamigo.

Angelo Bertoncello di Friola di 94 anni con la moglie e i consiglieri in visita.

Simpatica, semplice ma sentita cerimonia in ospedale a Castelfranco. Protagonisti il gruppo alpini di Castello di Godego e Castion che attraverso varie iniziative benefiche sono riusciti ad acquistare due apparecchi altamente sensibili, rapidi ed efficaci per rilevare la temperatura corporea (anche nei casi di ipotermia) dei pazienti più piccoli.

I gruppi Ca' Rainati, San Zenone, Liedolo, Mussolente e Casoni con 110 ragazzi del Grest di Noale in visita a Cima Grappa con pranzo in Val dee Foje.

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Sul Ponte di Bassano

Lettere al Direttore Gent.ma Redazione A.N.A Monte Grappa, mi chiamo Simonetta e scrivo da Romano D'Ezzelino. Mio marito è abbonato alla vostra rivista, dato che è stato un alpino come lo fu suo padre. Ieri ci è arrivata tramite posta il mensile di Giugno e, scorrendo le pagine, ho letto con trepidazione l'articolo di Gianantonio Codemo "Papà, mamma: voglio fare l'Alpino". Dico con trepidazione, perché anche mio figlio tre anni fa ha fatto questa scelta e ancora oggi è a Belluno avendo passato il concorso VFP4. Il percorso di mio figlio Nicola è molto simile a quello di Marco, sia nel RAV che per il servizio a Roma per Strade Sicure. Anche lui ha partecipato ai Cas.T.Ama il suo plotone, il 7', li hanno vinti. Anche per Nicola è stata un esperienza incredibile, non solo per il grande sforzo fisico ma soprattutto ha imparato che nessuno è più bravo di un altro, che solo insieme unendo le forze, si può vincere. Ha poi proseguito con corsi di sci e di roccia, ma è stato un orgoglio, vederlo all'alza Bandiera dritto e fermo davanti al Tricolore all'ultima Adunata a Treviso! Ci sono tante cose che ha in testa mio figlio, corsi e selezioni continue, e spesso lo sento discutere con suo padre di come la preparazione oggi sia molto più qualificata e molto più impegnativa, perché non è solo questo, è una scuola di Vita, è sentirsi parte di qualcosa di più Grande! Io, come mamma, sinceramente ho un po’ paura, il futuro mi spaventa un po’, perché so veramente dove mio figlio vuole arrivare, ma conosco anche la sua grande determinazione e la sua forza di volontà! Sopra il caminetto di casa c'è sempre stato un berretto d'Alpino e le foto del nonno e dello zio vestiti da alpini, non credo al destino come tale, ma so che doveva andare così, è la sua vita e come mamma non posso fare altro che essere orgogliosa di lui e dell’uomo che sta diventando! Sono la mamma di un vero Alpino e ne sono fiera!! Grazie per la cortese attenzione Simonetta

Siamo noi a ringraziare per i suoi suggerimenti e ci auguriamo che questo spazio diventi presto sede di un colloquio periodico con i lettori.

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ono già note ad alcuni le vicende del grande Presepe che da Quartiere Firenze è “emigrato” nella sede degli alpini e di altre associazioni in via Rosmini nel piano sotterraneo. E' già stato visto da molti visitatori lo scorso anno. Trattandosi di un Presepe di grandi dimensioni con 54 movimenti ed in costante miglioramento ed espansione, meritava uno spazio fisso e ciò è stato possibile grazie al gruppo alpini ed agli altri gruppi di volontariato e del Quartiere Merlo, e soprattutto al consenso del Comune di Bassano, proprietario del locale che viene occupato dall'allestimento. Il Presepe è inserito in un circuito di Presepi della nostra Regione. Sarà visitabile dalla settimana antecedente Natale almeno fino all'Epifania. La struttura era nata dalla passione dei coniugi Artuso e Marin e per anni era stata collocata sotto la sede di Quartiere Firenze, dal quale era stato trasferito per ragioni tecniche. Gli alpini vantano una tradizione di passione per questo tipo di allestimenti e ne esiste un esempio chiaro anche nella sede del gruppo San Marco. Non poteva mancare quindi una testimonianza in quel di Santa Croce. A tempo debito in zona e nella stampa compariranno gli orari e le date per visitare il Presepe.

Giac

Il grande presepe del Quartiere Firenze "emigra" in sede alpini di Santa Croce

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Sul Ponte di Bassano

Sono andati avanti: alle famiglie degli scomparsi le piĂš sentite condoglianze. Belvedere di Tezze

Belvedere di Tezze

Borso del Grappa

Borso del Grappa

Breganze

Ca' Rainati

Elio Bisinella classe 1950

Giampietro Cesare Lorenzin classe 1949

Cristiano Antonini classe 1940

Valentino Fabbian classe 1938

Silvano Guerra classe 1934

Alfeo Vettorello classe 1931

Cartigliano

Cassola

Mure di Molvena

Mure di Molvena

Mussolente

Mussolente

Luigi Zonta classe 1937

Gaetano Fabris classe 1951

Cav. Michele Mascarello classe 1929

Giovanni Perin classe 1938

Giulio Ferrarro classe 1930

Luigi Scremin classe 1934

Pagnano

Possagno

Possagno

Possagno

Possagno

Romano d'Ezz.

Carmelo Bin classe 1942

Vittorio Biron classe 1929

Franco Fornasier classe 1942

Mario Fornasier classe 1941

Giovanni Moretto classe 1925

Silvano Binda classe 1941

Romano d'Ezz.

Rossano V.to

San Michele

San Michele

San Nazario

San Nazario

Tiberio Chemello classe 1944

Luigi Dissegna classe 1934

Giorgio Bonato classe 1939

Ermenegildo Carletto classe 1923

Armando Ceccon classe 1961

Guerrino Gheno classe 1918

San Vito

San Vito

San Zeno

San Zeno

Santa Croce

Sant'Eulalia

Gianni Fiorese classe 1938

Giuseppe Zaborra classe 1923

Giovanni Bernardi classe 1936

Pietro Meneghetti classe 1951

Severino "Lolo" Scomazzon classe 1942

Vanni Bresolin classe 1970

Semonzo

Solagna

Stroppari

Tezze sul Brenta

Tezze sul Brenta

Valstagna

Bellino Citton classe 1941

Tranquillo Secco classe 1940

Livio Simioni classe 1942

Giacomo Baggio classe 1938

Giusto Gelain classe 1944

Diego Lazzarotto classe 1947

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ADUNATA INTERSEZIONALE A BASSANO DEL GRAPPA 28 - 29 APRILE 2018

VI ASPETTIAMO ALLE ALPINIADI ESTIVE DAL 7 AL 10 GIUGNO 2018

B A C H E C A il 20 gennaio a Breganze e il 21 gennaio a Cassola commemorazio ne di Nikolajewka

26 maggio San Pietro di Rosà cerimonia al capitello Madonna del Don

il 27 gennaio riunione annuale unità di P.C. Monte Grappa

11 - 13 maggio 91° Ad unata alpini a Trent o

11 marzo assemblea sezionale delegati per rinnovo cariche CDS

5 maggio rassegna di co ri alpini prima dell'Adu nata

8 aprile accoglienza in città di 400 alpini di Isola della Scala

1 maggio i festa alpin ze e di Bregan gruppi amento del mand

PER CONTATTARE DIRETTAMENTE I NOSTRI REDATTORI Direttore Responsabile Gianfranco Cavallin: gianfrancocavallin@alice.it Leonardo Bortignon: leonardo.bortignon@gmail.com Dario Canesso: dario@sem-srl.it Gianantonio Codemo: gianantonio.codemo@gmail.com Rosario Demeneghi: demeneghi@libero.it Alessandro Dissegna: a.dissegna@yahoo.it Alessandro Ferraris: alessandroferraris@hotmail.com Fidenzio Grego: gregofidenzio@alice.it Alfeo Guadagnin: pangrazio.s@tiscali.it Gianni Idrio: idriog@tiscali.it Alberto Strobbe: albertostrobbe@hotmail.com


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