Giornale della Sezione ANA Monte Grappa n 104 di Ottobre 2015

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POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 2, DBC VICENZA - CONTIENE INSERTO REDAZIONALE

QUADRIMESTRALE DELLA SEZIONE A.N.A. “MONTE GRAPPA” DI BASSANO DEL GRAPPA ANNO XXXIV - N. 104 - OTTOBRE 2015


Sul Ponte di Bassano

il saluto del presidente

Esserci o non esserci di Giuseppe Rugolo

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Una bella immagine conclusiva dell'esercitazione della Protezione Civile nella caserma Montegrappa.

PERIODICO QUADRIMESTRALE DELLA SEZIONE ANA “MONTE GRAPPA” DI BASSANO DEL GRAPPA Anno XXXIV - N. 104 - Ottobre 2015 Direttore Editoriale: Giuseppe Rugolo Direttore Responsabile: Gianfranco Cavallin Comitato di Redazione: Piero Demeneghi - Fidenzio Grego Alfeo Guadagnin - Gianni Idrio Alberto Strobbe - Gianantonio Codemo Alessandro Ferraris - Alessandro Dissegna Dario Canesso - Francesca Cavedagna Direzione, Redazione, Amministrazione: Sezione A.N.A. “Monte Grappa” Via Angarano, 2 36061 Bassano del Grappa Impaginazione e stampa: Laboratorio Grafico BST Via Lanzarini, 25/b - Romano d'Ezzelino (VI) www.graficabst.com Autorizzazione del Tribunale di Bassano del Grappa n. 2/ 81 Reg. P. - 9/4/ 81 Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Vicenza Tassa pagata - Taxe perçue E-mail: redazione@anamontegrappa.it Sito della Sezione: www.anamontegrappa.it

SOMMARIO • Esserci o non esserci del Pres. Rugolo • Monumento al Gen. Cadorna • Piena solidarietà a Beppe Parazzini • Racconti alpini • Dal museo: mazze ferrate • Esercitazione Triveneta di Prot. Civile • Studenti in prima linea • Inc. reg. dei Donatori di Cima Grappa • Pellegrinaggio Monte Tomba • Adunata Sezionale Enego • Bosco Penne Mozze • Cerimonia Cima Grappa Inoltre inserto staccabile su Gavotti

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o notato nelle ultime adunate, nazionali, trivenete e sezionali, una certa disaffezione a parteciparvi da parte di tanti alpini della nostra Sezione. Premesso che il parteciparvi è alla base del nostro statuto, il primo pensiero che mi porta a pensare in negativo riguarda la sfera emotiva del “fare adunata”. Conosciamo tutti (perlomeno quelli che ne hanno fatta una!) l’emozione che si prova nel raggiungere la città ospitante, scoprendone, man mano che ci si addentra, suoni, colori e profumi. E se la città, oltretutto, si trova fuori regione, anche la curiosità di ascoltare un’altra parlata, frammischiata inevitabilmente alla miriade di dialetti che vi confluiscono con l’avvento di un così gran numero di alpini. È sentimento comune l’accorgersi come man mano che passano le ore la città si lasci abbracciare e, quasi dolcemente, invadere da una moltitudine così variegata di persone giunte da tutte le parti d’Italia. Esserci significa godere del privilegio unico di incontrare una miriade di persone che condividono i tuoi stessi sentimenti e valori, guidati dal puro orgoglio dell’appartenere a una unica grande famiglia. Esserci vuol dire gridare idealmente “presente!” di fronte alla nostra Storia rappresentata dal Labaro Nazionale carico di medaglie d’oro dei nostri Padri, i nostri eroi. Esserci con la semplicità del nostro fare quotidiano ma ricco del nostro impegno datato nel tempo, consapevoli di rappresentare una Storia grande e generosa. Esserci per il semplice orgoglio di essere un Alpino ! Io sono un alpino e voglio godere dell’abbraccio dei miei fratelli di penna e all’Adunata li trovo tutti … o perlomeno la stragrande maggioranza. Quanti aneddoti, quante storie e risate pensando ai tempi belli della gioventù, quando si era in caserma insieme e si condividevano fatiche e responsabilità e anche le bravate, immancabili e quasi puntualmente punite. Straordinarie istantanee di ricordi lontani sotterrati nelle nebbie del tempo riaffiorano d’incanto nell’incontrarsi e riabbracciarsi, condividendo un buon bicchiere di quello buono e una fetta di pane e salame. Capita a volte di lasciarsi andare e accompagnarsi per ore a persone conosciute lì per lì come facessero parte della tua vita da sempre. Magia dell’Adunata … unica e irripetibile … ognuna così uguale nei suoi precetti ma così diversa per situazioni e sensazioni. Quanti incontri, quante amicizie nate all’ombra di un campanile nuovo, con la colonna sonora di estenuanti “33”, suonati e risuonati all’infinito da bande di tutti i generi che percorrono in lungo e in largo le vie cittadine, senza quasi, soluzione di continuità. Quante cene condite da risate, canti, anche sguaiati, con i cappelli di tutti ammassati in un angolo o sopra l’unica mensola libera e che poi, a cena terminata, dopo tante ore ognuno ritroverà sicuro della sua unicità, perché ogni cappello d’alpino, all’apparenza uguale uno all’altro è in verità profondamente diverso, non solo per appartenenza di Reggimento, Battaglione, Gruppo, Compagnia o Batteria ma anche per personalizzazione, è unico e ben distinguibile dal suo proprietario fra tutti. Unico e straordinario il colpo d’occhio di certi viali centrali stipati all’inverosimile di alpini che si danno allo “struscio“, moda che non risparmia neanche i “rudi” alpini . Se ci si ferma ad osservare la scena, all’apparenza può sembrare perfino un po' grottesca nel suo apparente disordine ma in realtà si intuisce che ognuno si muove come guidato da una linea invisibile. Avete mai osservato l’incedere sontuoso che hanno gli alpini in sfilata? Se avete occasione fateci caso perché l’emozione ti prende la bocca dello stomaco nel vedere l’ondeggiare ritmato dei cappelli dettato dal passo cadenzato dai tamburi che accompagnano lo sfilamento. Lo stare in accampamento per qualche giorno a strettissimo contatto con l’amico di sempre, dividendo il pane e il salame con un bicchiere di vino, non ti fa solo rivivere le sensazioni della naja ma rinsaldare ancora di più lo spirito di corpo condividendo sentimenti, sogni e progetti futuri. Fa ancora più male sapere che ci sono persone che con noi condividono tutto ma che per regolamento non possono provare l’emozione “dell’esserci“, quando chi ne sarebbe titolare per diritto di naja snobba questi momenti straordinari. Avete mai incrociato gli occhi di qualche vostro parente o amico mentre ci osserva dal lato dello sfilamento e applaude commosso quasi a ringraziare, lui, per le emozioni che

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noi, inconsapevolmente, gli facciamo vivere? Beh … se non l’avete ancora fatto ricordatevene alla prossima, sempre che vogliate esserci. Incrociate gli occhi lucidi di commozione di chi ci applaude e vorrebbe con tutto il cuore essere in fianco a noi e provate a pensare se ne è valsa la pena esserci, senza ipocrisie e falsi pudori. Vivete le emozioni che solo un’Adunata vi sa regalare, con tutta la passione che si sprigiona da quei momenti magici e unici. Non esserci significa perdersi tutto questo, non vivere momenti e sentimenti straordinari, talmente unici da non poterli né ritrovare né tanto tantomeno replicare in nessun altro contesto o situazione. Voi che sapete essere così sensibili e altruisti, generosi nel vostro volontariato, correndo primi fra tutti nel momento del bisogno, non potete essere sordi alla chiamata al ritrovarci, per una volta tanto, in allegria, memori del patto stipulato con chi ha fondato la nostra Associazione, ricordando che in definitiva ci si ritrova “Per non dimenticare”. Lasciamoci prendere per mano dal giovanile istinto che ci faceva anche gonfiare il petto nelle occasioni importanti, facciamo che siano i sentimenti, che sicuramente albergano dentro il cuore di ognuno di noi, ad avere il sopravvento su logiche e calcoli. Torniamo per queste occasioni un po' guasconi e scanzonati, che certamente male all’anima non fa; sicuramente non con l’intento di riappropriarsi dei vent’anni, oramai,

ahimè, perduti per sempre, ma di riviverne le sfumature migliori con la saggezza della maturità. E poi succede che, come dice sempre un mio amico, artigliere da montagna tutto d’un pezzo, anche il cappello nelle settimane subito precedenti l’Adunata, “sente” l’avvicinarsi della partenza e “vibra” dalla voglia di “esserci” ...; peccato che questa voglia sia rimasta solo al suo cappello. Affinché vi ritorni la voglia di “esserci”, ricordando che l’Adunata non deve essere un noioso timbrare il cartellino ma una gioia dello spirito e della mente. Un abbraccio alpino.

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iamo arrivati alla seconda esperienza con la nuova Redazione. Il primo impatto è stato sorprendentemente soffice. Si trattava di imparare a comunicare tra noi, senza asprezze e con reciproca comprensione. Operazione riuscita. Adesso si dovrà procedere a esplorare il terreno in modo da rendere il periodico più aderente al pubblico dei lettori, quasi tutti Alpini o amici degli Alpini. Per questo è importante riuscire a creare una rete di corrispondenti che forniscano notizie, informazioni e interrogativi che possano rendere il giornale di Sezione uno strumento di dialogo fra uomini e donne forniti di buona volontà. Segnalate nomi e numeri telefonici in Segreteria della Sezione. Non ci si deve preoccupare di scrivere forbitamente. Gli articoli e le notizie saranno sistemati in modo che siano comprensibili a tutti e scorrevoli alla lettura. E sarà necessario che chi vuole ricordare i propri cari "andati avanti" o voglia rivedere le immagini dei giorni più felici si dia da fare affinchè il materiale pervenga per tempo in Redazione. Troppe le segnalazioni che arrivano fuori tempo massimo. Da parte nostra cercheremo di mettere presto a punto un sito al quale accedere per avere notizie più diffuse su appuntamenti e cerimonie, con foto che documentino questi momenti importanti per la vita associativa. Probabilmente non riusciremo a preparare il numero successivo prima delle feste di fine anno e voglio quindi approfittare per augurare a tutti un buon Natale 2015 ed un migliore 2016. Gianfranco Cavallin

Caserma Monte Grappa

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la riparazione e la manutenzione degli automezzi. È stata intitolata alle medaglie d'oro del Grappa in onore ai combattenti della prima guerra mondiale sul monte sacro alla Patria, nonchè alla medaglia d'oro, Tenente della fanteria alpina, Efrem Reatto. Nel 1971 su proposta del comando di Presidio militare di Bassano del Grappa due palazzine interne alla caserma vennero intitolate alla medaglia d'oro al valor militare Marco Sasso da Valstagna ed al Ten. Col. alpino Giovanni Fincato da Enego. Ha ospitato vari reparti, ma il ricordo più significativo è quello di avere avuto dal 1934 al 1943 la scuola allievi ufficiali di complemento alpini, che per anni, nel dopoguerra trovarono modo di ritrovarsi in diverse occasioni a Bassano e dintorni. Fu anche sede del battaglione addestramento reclute della Julia dal 1955 al 1962. Per chi volesse altre informazioni potremo fornirle con maggior precisione, a richiesta.

a questo numero cercheremo di avvicinare i nostri lettori ad una migliore conoscenza della Caserma di cui andiamo fieri. È una costruzione relativamente recente ma ha segnato la vita di molti concittadini ed ha caratterizzato un periodo storico ancora vivo nel ricordo della città. Per questo, grazie alla collaborazione di alcuni iscritti, ma di uno in particolare, cercheremo di dare alcune informazioni di base utili per conoscere meglio la nascita e l'evoluzione della Caserma stessa. La infrastruttura, ai confini tra Bassano e Cassola, con fronte su viale Venezia e il lato ad est, sul quale venne aperta la porta carraia, era stata ceduta dal cav. Giuseppe Fabris all'amministrazione militare. I lavori di costruzione iniziarono il primo settembre 1913 e terminarono nel 1919. Negli anni successivi vennero ampliati i fabbricati destinati agli alloggiamenti, i parchi della motorizzazione e furono costruite le officine per

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una pagina di storia

Il Monumento al Generale Cadorna a Romano d’Ezzelino di Alfeo Guadagnin

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La strada Cadorna inizialmente era stata costruita per il transito delle batterie e del suo personale, ma la sua costruzione si dimostrò un provvidenziale colpo di fortuna durante la battaglia d’arresto sul Grappa nel novembre-dicembre 1917, e determinante anche nel giugno 1918, in quanto la strada Semonzo-Cima Grappa, che prese il nome di “Giardino” non era stata ancora completata. Grazie a questa importante arteria, le nostre truppe ebbero indubbiamente un netto vantaggio sul nemico per far arrivare in prima linea uomini, mezzi e approvvigionamenti e ancora al giorno d’oggi, opportunamente allargata e messa in sicurezza è la strada più trafficata per raggiungere Cima Grappa. Un anno dopo la delibera del 1924, l’11 novembre del 1925 avvenne l’inaugurazione ufficiale con l’intitolazione a Cadorna della strada Romano-Cima Grappa e lo scoprimento della colonna con l’effige in bronzo del Generale e riportante le seguenti parole:

ebbene il Generale Luigi Cadorna sia uno dei personaggi più controversi della storia italiana, che divide da sempre l’opinione degli alti ranghi del nostro Esercito come pure degli storici, numerose sono le vie e le piazze che portano il suo nome. La stessa Bassano ha voluto intitolare al “Generalissimo” uno dei piazzali più trafficati della città, nelle immediate vicinanze del Tempio Ossario. Negli ultimi periodi grazie all’interesse suscitato dalle commemorazioni sul Centenario della Grande Guerra, gli italiani hanno acquisito notizie tramite libri, documentari e serate, informazioni che la Scuola non ha fornito. Probabilmente vari amministratori sparsi in tutta la Penisola, sono venuti in quest’ultimo anno a conoscenza dell’operato di Cadorna nel suo periodo al Comando Supremo dell’Esercito e da ciò le richieste del cambio di denominazione di vie e piazze. In effetti basta digitare sul web il nome di Cadorna che escono le parole “spallate”, “fucilazioni sommarie”, “siluramenti” e soprattutto “Caporetto”, che decretò la fine della sua carriera. C’è tutto il materiale per aprire una discussione, ma questa è un’altra storia e si andrebbe inevitabilmente per le lunghe. Al termine della Grande Guerra, conclusasi con il successo dell’Italia e dei suoi alleati, i vari Comuni vollero dare ai protagonisti della vittoria un segno tangibile di riconoscenza che si sarebbe protratto nel tempo.

STRADA CADORNA OPERA DI LUNGIMIRANTE SAPIENZA MILITARE IDEATA IN LIETA PER AVVERSA FORTUNA FECE DEL GRAPPA SIMBOLO E SALVEZZA DELLA PATRIA MCMXVI-VII LE GENTI DEL PIAVE DAL BRENTA AL MARE 11-11-1925 Nelle immagini di poco successive al 1925 la zona è irriconoscibile: l’incrocio è il medesimo ma naturalmente manca la rotatoria e dove oggi sorge l’Ufficio Postale e attualmente trova sede il monumento, si trovava un orto recintato da un’alta siepe. La sua posizione originaria era nel lato opposto della carreggiata all’interno di un cortile da cui ci si introduceva tramite un cancello, luogo in cui oggi sorgono un’abitazione e alcuni negozi. Con il boom edilizio degli anni ’50-60, la necessità di costruire in zone rurali e la riqualificazione dei centri paesani, molti monumenti hanno cambiato sede, alcuni anche più volte, e la colonna Cadorna è uno di questi. Chi passa per Romano d’Ezzelino in direzione Grappa, raramente nota il monumento, vuoi per la velocità o per la strettoia che subito dopo si incontra e che richiede attenzione ed è un peccato perché è uno dei più importanti monumenti della guerra sul massiccio. In tempi di revisionismo storico come il nostro, in cui vecchi miti vengono sfatati e se ne creano di nuovi, per gli abitanti della pedemontana bassanese, la strada che porta al Grappa è da sempre la “Cadorna” e nessuno si sognerebbe nemmeno di pensare al cambio di denominazione; l’iniziativa della costruzione spetta assolutamente al “Generalissimo” e alla sua (forse involontaria) lungimiranza.

Il Consiglio Comunale del Comune di Romano d’Ezzelino con il Sindaco Ing. Gino Gianesi, decise con la delibera del giorno 9 novembre del 1924 di porre il nome di “Strada Cadorna” alla via comunale che portava dal centro di Romano Alto a Cima Grappa. La strada era stata fortemente voluta già dalla tarda estate del 1916 dal “Generalissimo”, per fortificare il Grappa con una serie di piazzole di artiglieria da puntare verso l’Altopiano, la Val Brenta e il Feltrino. La motivazione stava nel fatto che malgrado la Strafexpedition, l’offensiva austro-ungarica del maggio-giugno 1916 nel Trentino e sull’Altopiano dei Sette Comuni fosse stata ampiamente annunciata, Cadorna aveva sempre creduto ad un “bluff” da parte del nemico. L’attacco in forze degli imperiali in un settore dal nostro Esercito poco fortificato, lo aveva ampiamente spiazzato; respinta con valore dalle nostre truppe l’offensiva, il Capo di Stato Maggiore pensò di costruire delle linee stagne sull’Altopiano di Asiago e nella Val Brenta e attrezzare anche il massiccio del Grappa con varie batterie di artiglieria che avrebbero dato mano forte in caso di nuovi attacchi in quei due settori.

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l'opinione

Piena solidarietà e un grazie corale a Beppe Parazzini di Piero Demeneghi

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eggo sul sito online del settimanale Tempi del 9 maggio 2015 un breve articolo dell’alpino Stefano Gandini. A lato compare una sequenza di immagini di un distinto e dignitoso signore che si affaccia al balcone di un appartamento esponendo il Tricolore. Ma verso di lui volano uova e quant’altro lanciate dal basso. È la vigilia dell’apertura di Expo 2015 e un qualche centinaio di scalmanati sedicenti “studenti no Expo” stanno preparando la strada ai black bloc i quali il giorno successivo - 1 maggio - faranno quello che tutti abbiamo potuto vedere dalle immagini trasmesse dai media. Degni battistrada dei black bloc i suddetti “studenti” (le virgolette sono d’obbligo anche perché piacerebbe sapere quanto hanno studiato e imparato in educazione civica) ci danno un saggio delle loro prodezze con i soliti muri imbrattati, le solite vetrine infrante e i soliti esercizi pubblici sconquassati, salvo poi defilarsi nell’anonimato come faranno i loro sodali black bloc il giorno dopo per non essere identificati e adeguatamente sanzionati. E poi magari questi signori (si fa per dire) potrebbero anche alzare il ditino per darci qualche lezione sulle nostre responsabilità di fronte ai problemi del pianeta. Nel marasma vandalico della ciurma degli sbracati di cui sopra risalta viceversa la figura di un signore (questo sì autentico) che espone al balcone il Tricolore. Ha la faccia dell’uomo mite, pacifico, non pacifista, ma anche determinato di chi sa di fare la cosa giusta. È Beppe Parazzini, nostro ex presidente ANA, il quale, nell’indifferenza dei più, manda un chiaro messaggio di civiltà e contemporaneamente di monito contro l’imbarbarimento di una società che sembra aver perso la sua stella polare in riferimento ai valori che stanno a fondamento della convivenza civile. Scontato quindi che un gesto del genere per i soliti noti gruppuscoli in servizio permanente effettivo abbia il significato di una provocazione. Ed ecco la reazione con il lancio di uova sul Tricolore e sulla persona che lo espone, la quale tuttavia non arretra di un millimetro né si scompone nemmeno quando qualche schizzo ne imbratta il vestito. Guardando quella sequenza di immagini non si può non vedere un insulto non solo al Tricolore, ma anche a tutta l’Italia onesta e laboriosa costituita - fortunatamente - dalla stragrande maggioranza dei cittadini, e, da ultimo, a noi Alpini che, di questo Paese, ci sentiamo parte attiva. Giustamente osserva l’articolista - dietro quella bandiera imbrattata e dietro la persona di Beppe Parazzini “c’eravamo tutti noi, i 340 mila soci ANA, e tutti gli italiani di buona volontà”. Ma il messaggio è diretto anche alle istituzioni che permettono alla ciurma di insultare, danneggiare e distruggere senza pagare il conto. Abbiamo ancora dinanzi le immagini del giorno successivo con le auto incendiate, le sedi delle banche e i bar devastati perché espressione di ricchezza. Per non parlare della dichiarazione di

quel giovanotto che a TG-COM 24 si rammaricava di non aver avuto tra le mani mazza e bastone per partecipare più attivamente a quegli atti vandalici, perché, aggiungeva, nel casino lui ci si divertiva! E intanto onesti cittadini, per far divertire tipi come lui, sono rimasti qualche giorno senza lavoro. Evidentemente questi giovanotti quando credono di colpire la ricchezza a loro dire sempre disonesta e sfruttatrice - non si rendono conto in realtà di colpire persone che si guadagnano onestamente da vivere. Di fronte a fatti del genere le istituzioni, a cominciare dall’amministrazione comunale che è a più diretto contatto con i cittadini, sono chiamate a privilegiare la sicurezza dei cittadini a loro affidati, in particolare quelli che pagano le tasse, si guadagnano la vita onestamente e, col loro lavoro, mettono anche altri in condizione di poterlo fare. Duole invece constatare che per certe amministrazioni cittadine le priorità sembrano essere i registri delle coppie gay o i moduli di iscrizione alle scuole pubbliche in cui si cancellano i nomi di padre e madre sostituti da genitore 1 e genitore 2 o la tutela di quei sedicenti centri sociali da cui provengono i facinorosi che mettono a soqquadro una città e diffondono paura e insicurezza. Penso quindi di interpretare i sentimenti di tutti gli Alpini nell’esprimere piena solidarietà a Beppe Parazzini per aver manifestato a viso aperto i valori della nostra tradizione e ancor più il coraggio di fronte ai violenti capaci solo di distruggere coprendosi nell’anonimato. Grazie Beppe!

Prima e dopo il lancio di uova.

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testimonianze

Racconti alpini così, senza pretese di Alberto Strobbe

VITA VISSUTA ALLA CASERMA MONTEGRAPPA PORTA MANAZZO

mani uno scavalcamento della Porta Manazzo per scendere giù a Strigno, tappa successiva. Di neve ne era venuta tanta quell’anno, anche per epoche in cui le nevicate abbondanti erano più la regola che l’eccezione, talmente tanta che erano state completamente sommerse, e quindi sparite alla vista, le paline (alte un paio di metri) che erano state in precedenza poste durante una ricognizione sul terreno per individuare il percorso adatto al passaggio della batteria. Per tutto il giorno intere squadre di uomini si danno da fare alla ricerca del percorso. Non si trova nulla, non una sola palina. La coltre bianca è talmente alta che inutili risultano tutti i tentativi fatti. Il dilemma del tenente comandante di batteria è cosa fare ora. Ritirare la batteria dalle escursioni è fuori discussione: ne va non solo della sua carriera, ma soprattutto del buon nome della “Nobile” e su questo non si transige. Scavalcare egualmente affidandosi solo alla memoria di chi ha fatto la ricognizione? Rischioso, talmente rischioso che una attenta valutazione dei pro e dei contro lo porta ad una sofferta decisione che decide di comunicare a tutta la batteria riunita. Viene chiamata l’adunata serale. Sui volti, stanchezza, incertezza, apprensione, ma anche grinta e nessun segno di cedimento. Immaginatevi i ragazzi che abbiamo lasciato alla cena sopra descritta, vogliosi solo di starsene al sicuro, magari al calduccio, intenti in qualche comodo servizio di caserma: ebbene, tutti quei giovanotti che appena qualche giorno prima avrebbero fatto carte false per imboscarsi, come un sol uomo incaricano i loro capipezzo di rappresentarli chiedendo al Comandante di ritornare sulla sua decisione, disposti a rischiare, consciamente, anche la pelle, per non far la figura dei vigliacchi e per non sfigurare con i commilitoni dell’altro reparto. Fu una riunione strana, dove i capipezzo perorarono appassionatamente la loro causa nell’intento di smuovere il tenente dalla sua decisione, ed il tenente, che in cuor suo aveva più voglia di loro di fare lo scavalcamento della forcella che gli stava dinnanzi, che doveva rintuzzare i loro accorati attacchi. Il senso di responsabilità, primo pensiero di un Comandante degno di questo nome, ebbe per fortuna il sopravvento, e l’escursione continuò con l’aggiramento della montagna che si sarebbe dovuta scavalcare, pagandone il prezzo con qualche giorno di supplementari marce forzate. La leggenda vuole che in quel fatidico giorno nascesse un nuovo motto della 37^ batteria, quasi ad esorcizzare l’accaduto, alternativo a quello ufficiale, e che per un certo periodo lo soppiantò, e che recitava così “ Della Porta Manazzo non ce ne frega un ca … volo”!

Febbraio 1971. La 37^ batteria si accinge ad affrontare le escursioni invernali. Se ne parla da tempo, da settimane fervono i preparativi per quello che viene da tutti considerato l’impegno più gravoso dell’intera naja. Le tradizioni orali tramandate da generazioni di “Veci” ingigantiscono oltremisura i timori per i pericoli e le fatiche che si dovranno affrontare. Anche alla 50^ c’è movimento, pur non partecipando direttamente al campo. Buona parte dei suoi effettivi verranno comunque aggregati alla 37^ dell’allora Tenente Napoli e ciò non serve di certo a scatenarne gli entusiasmi. Né basta l’eterna rivalità della 37^ con la batteria gemella, la 38^ a far intimamente convinti i partecipanti. Qualche giorno prima della partenza, come da tradizione, viene fatta una cena con tutti gli artiglieri che saranno poi i protagonisti di questa avventura. La serata comincia spavaldamente con grinta e battute, poi man mano che le portate finiscono ed i bicchieri ingollati aumentano, la spavalderia lascia il posto alle “bale tristi” e allora capita anche di vedere dei ragazzoni grandi e grossi che cominciano a frignare, convinti che, se vanno al campo, non ne tornano vivi. È ovviamente un copione che si ripe-

te di anno in anno, ma gli attori sono sempre diversi e nulla sanno che anche chi li ha preceduti ha avuto gli stessi timori e analoghi momenti di debolezza. Finalmente si parte. Al mattino presto c’è un bel daffare a caricare tutti i muli sui carri biga, che avranno il compito di portare questi insostituibili compagni degli artiglieri da montagna su ad Asiago, per il primo acquartieramento, in vista dell’inizio vero e proprio del campo. Seguono gli artiglieri, a loro volta caricati sui CL (carri leggeri), a “sventolarsi” per bene nel più puro stile najesco dell’epoca nella diaccia mattinata invernale, con l’aria fredda che entra da ogni dove di sotto ai teloni, e tutto il resto, dai pezzi da 105/14 alle provviste e quant’altro possa servire per muovere una colonna marciante di oltre 120 uomini e 48 muli, viene ammassato sui CM (carri medi). Ora che si è in ballo non c’è più tempo per le fisime e le paure, anche se la neve è tanta ed effettivamente di pericoli ed insidie nascoste può essere pieno il cammino da fare. Il primo trasferimento avviene verso Cima Larici. La 37^ parte in ordine di marcia, composta e fiera, da Asiago e si dirige alla sua prima meta. Da Cima Larici è previsto per l’indo-

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dal museo

Le armi della Prima Guerra Mondiale: le mazze ferrate di Gabriele Peruzzo

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essun Stato Maggiore Europeo aveva lontanamente previsto che la guerra 1914/1918 sarebbe ristagnata all’interno delle trincee invece di manovrare in ampi spazi aperti come nelle battaglie di secoli precedenti. Questa tragica realtà portò alla luce l’inadeguatezza dell’equipaggiamento dei soldati, ancora armati con fucili e baionette troppo lunghi per essere usate facilmente all’interno delle strette trincee, mancavano inoltre, quasi totalmente armi efficaci per il corpo a corpo. Ben presto però, in tutti gli eserciti coinvolti nel conflitto furono distribuite armi d’ordinanza per gli assalti e il corpo a corpo, per lo più pugnali. Era generalizzato l’uso di pugni di ferro acquistati privatamente dai soldati, come lo era l’uso di piccozzini e vanghette come armi da trincea; diventavano armi micidiali, specie se affilate ai bordi. In questo panorama di guerra di posizione si inserisce la riapparizione, dopo circa tre secoli dalla sua scomparsa dai campi di battaglia, di una particolare tipo di arma: la mazza ferrata. Strumento di offesa di medioevale memoria, usata per sfondare e disarticolare le pesanti armature dei cavalieri e fanti che poi venivano affrontati e finiti con spade e picche, a mio avviso, la mazza ferrata sarebbe più appropriato collegarla alla clava preistorica, per analogia e finalità. È opinione comune che ad adottare tali barbare armi siano stati per primi gli eserciti Tedesco ed Austroungarico. Nulla di tutto ciò, il civilissimo esercito di sua Maestà Britannica ne aveva istituzionalizzato l’uso già durante la guerra contro i Boeri del Sud Africa del 1899/1902, adottando una mazza di legno rinforzata con borchie di ferro detta knobkerrie; la mazza ferrata riappare nella primavera del 1915 nelle mani dei soldati Inglesi con modelli specifici studiati e costruiti dal Royal Engineers (Genio Militare) e denominate flanged knobkerrie (mazza alettata). Oltre agli eserciti sopraindicati, anche quello Francese aveva in dotazione le mazze ferrate. Le mazze tedesche, analogamente a quelle austriache, erano di 2 tipi: flessibile con fusto a molla e testa di forma ovoidale o con punte rigide, con manico di legno e testa cilindrica con chiodi acuminati di vario tipo. La principale differenza tra le mazze inglesi e francesi con i modelli di produzione austro tedesca risiede nel fatto che le prime generalmente non furono mai dotate di lunghe punte, gli Inglesi le ritenevano superflue e poco pratiche. Sul fronte italiano, le mazze ferrate fecero la loro tragica comparsa in occasione dell’attacco austroungarico con gas asfissianti al cloro e fosgene al Monte S.Michele del Carso alle ore 5,30 del 29 giugno 1916. In tale occasione, i reggimenti 1 e 17 della 20° Divisione Honvèd Ungherese attaccarono, con il gas lanciato da 6000 bombole, le linee tenute dalle Brigate di fanteria Regina, Pisa e Ferrara del XI Corpo d’Armata. I colpiti Italiani da gas furono 8000, circa 5000 trovarono la morte per avvelenamento; anche gli Ungheresi rimasero colpiti dai loro stessi gas pagando un pesante contributo di sangue, l’attacco non ebbe nessun esito in quanto le linee rimasero

pressoché immutate. Molti soldati Ungheresi che erano stati catturati ancora equipaggiati di mazze, interrogati riferivano che i comandi superiori avevano ordinato di finire i soldati italiani storditi o morenti trovati nelle trincee attaccate. Questo fatto aveva impressionato molto lo Stato Maggiore che il 13 agosto dello stesso anno emanava una circolare che ordinava l’immediata fucilazione degli austriaci colti nell’atto di finire “per mezzo di mazze chiodate i nostri militari trovati feriti o svenuti”……!!!! Interessante notare che l’episodio fu enormemente utilizzato dai comandi italiani per mostrare all’opinione pubblica quanto fossero barbari e sanguinari i popoli tedesco ed austriaco: nella propaganda interna, il soldato austro tedesco era immancabilmente dipinto con la mazza ferrata grondante a fianco. L’uso strumentale della propaganda in tal senso, ebbe luogo solo in Italia in quanto gli alleati Inglesi e Francesi facevano ampio uso di tali “incivili e ciniche armi”. Presso il Regio Esercito Italiano, in luogo della mazza era usato il pugnale, arma da assassini e delinquenti secondo gli inglesi! Non si conoscono modelli di costruzione italiana se non qualche esemplare di costruzione artigianale, altresì diversi soldati si dotarono personalmente di tirapugni acquistati da ditte private. Da un punto di vista collezionistico, questi oggetti raggiungono quotazioni molto alte, vuoi per il numero ridotto di esemplari originali esistenti che del sinistro fascino che trasmettono; nel nostro Museo Sezionale ne conserviamo sia esemplari tedeschi flessibili che Austriaci di tipo rigido.

In allegato, interessante foto di un rinvenimento in zona Bassano del Grappa della testa di una mazza ferrata Austriaca e di un tirapugni Italiano (per gentile concessione Collezione DB).

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Esercitazione Triveneta di Protezione Civile Monte Grappa 2015 - sui Sentieri della Storia di Fabrizio Busnardo

A

distanza di 17 anni dall’ultima esercitazione di PC triveneta tenutasi a Bassano (19 settembre 1998), allora gestita dallo storico coordinatore Ruggero Gnesotto, è stata organizzata dalla Sezione Monte Grappa di Bassano l’esercitazione di PC Montegrappa 2015 “Sui sentieri della storia”. Le motivazioni che hanno spinto la Sezione a proporre al coordinamento l’organizzazione sono state quelle legate alla ricorrenza del centenario della Grande Guerra; ricorrenze alle quali la Sezione non poteva sottrarsi: ecco allora che l’esercitazione ha avuto come filo conduttore la storia, il ricordo di tutte quelle vittime civili e militari del primo conflitto mondiale e le attività dei volontari si sono concentrate prevalentemente, ma non solo, nella manutenzione, recupero di molti siti storici teatro di cruenti battaglie. In sintesi, alcuni dati relativi alla esercitazione: • area di intervento circa 100 kmq • 18 cantieri • 3 provincie - Vicenza, Treviso e Belluno • 14 comuni coinvolti: Bassano del Grappa Asolo Borso del Grappa Breganze Cavaso del Tomba Crespano del Grappa Enego Mussolente Possagno Pove del Grappa Paderno Pederobba San Nazario San Zenone degli Ezzelini • 850 volontari di PC • 170 alpini e amici degli alpini a supporto logistico • 16 militari dell’esercito genio guastatori alpini • 70 volontari di associazioni di PC comunali ed associazioni nazionali In dettaglio: i monti nei quali hanno operato i nostri volontari, sono stati: il Monfenera, il Tomba, il Pallon, il Grappa e zone limitrofe (cimitero del 240° Rgt F. “Pesaro” presso malga PAT) - per arrivare fino all’Ortigara e dintorni (malga Buson del campo spa), senza trascurare quella che avrebbe dovuto essere l’ultima linea difensiva sulle colline della pedemontana da Asolo a San Zenone, a Mussolente, in cui sono ancora visibili le tracce delle trincee, ora ed in parte, risistemate dai nostri volontari. Accanto a tali interventi si sono allestiti cantieri di

recupero ambientale e storico nei comuni di Breganze e San Nazario e alla Conca d’Oro di Bassano e cantieri specifici per attività di PC con i sub in interventi di monitoraggio e rilievo delle stilate del ponte degli alpini, la palestra di roccia in piazza Terraglio, le unità cinofile da soccorso con la ricerca di persone scomparse nelle colline misquillesi, l’allestimento di un campo di accoglienza con le attrezzature della CMN dell’ANA, arrivate direttamente dal magazzino di Motta di Livenza, in Prato S. Caterina a Bassano ed infine una esercitazione di “forza fisica” delle squadre AIB, coordinate dalla SAT di Enego, impegnate nell’approvvigionamento idrico in quota. Ma l’esercitazione è stata anche una prova di coordinamento assai impegnativa in parte per la segreteria e le squadre sanitarie, ma soprattutto per le nostre trasmissioni, che hanno avuto il loro “gran d’affare” nella gestione delle comunicazioni fra i cantieri e la centrale di comando operazioni. Grazie alla concessione da parte della Regione Veneto della storica palazzina comando della Caserma Monte Grappa alla Sezione di Bassano, il centro di controllo e comunicazione è stata posizionato su una parte della palazzina stessa, dove sono stati individuati gli spazi per la logistica: mensa, cucina, segreteria, comunicazioni ed alcune camere; tutto ciò è stato reso possibile grazie al grande lavoro di pulizia e di sistemazione dei volontari della Sezione che per mesi hanno lavorato nella caserma stessa. Alla gestione dell’aspetto logistico e di accoglienza dei volontari di PC dislocati nei vari cantieri sono stati incaricati i gruppi

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ed i mandamenti della Sezione i quali, armati non solo di “fede e di amore”, hanno fatto tutto quello che era possibile per accogliere degnamente gli ospiti, ottenendo un grande apprezzamento da tutti i volontari. L’esercitazione è iniziata formalmente sabato 5 settembre con un incontro formativo, organizzato dalla Sezione Monte Grappa con il CRPC di Longarone, presieduto dal dott Gianfranco Mio, inerente la formazione dei sindaci e degli amministratori sul tema “il ruolo degli enti locali in materia di PC”. Quattro ore di formazione, in sala Chilesotti del museo civico di Bassano, con i saluti del sindaco Poletto e la costante presenza dell’ass.re alla PC di Bassano Campagnolo. Grande attenzione da parte degli amministratori presenti, grazie anche alla professionalità e competenza dei relatori del CRPC. L’auspicio è che tale messaggio non sia un “seme caduto nella roccia”, ma nel terreno fertile della formazione e dell’aggiornamento. Infatti non basta avere solo volontari preparati, ma servono anche amministratori competenti, al fine di affrontare al meglio ed insieme, le emergenze che costantemente affliggono il nostro territorio. La partenza è stata ottima, infatti, la disponibilità dei sindaci ad “ospitare” l’esercitazione ed i volontari del triveneto, si è subito e positivamente dimostrata sia nel supporto amministrativo sia in quello organizzativo. Nella giornata di

sabato 12 erano circa 1100 i volontari impegnati nella esercitazione fra volontari di PC ANA del triveneto, volontari alpini e amici degli alpini della Sezione, le PC comunali di Breganze, Asolo, San Zenone, l’AIB Colline bassanesi, l’ANC di Bassano, la CNGEI, il gruppo giovani del triveneto e un gruppo del Reparto donatori di sangue della Sezione Montegrappa; era presente pure una squadra di volontari abilitati all’utilizzo dei droni, dell’Università di Genova. Una nota a parte va riservata all’esercito, presente con 16 uomini del 2° reggimento genio guastatori alpini di Trento, comandato dal Col. Luigi Musti. La loro presenza, sia alla Caserma Monte Grappa con il maresciallo di corpo Magliano, sia in cantiere con il Sten. Trapani e i suoi uomini, ha dato non solo maggior valore alla esercitazione, ma anche alla stessa organizzazione e alla presentazione della complessa operazione agli illustri ospiti che sabato 12 settembre hanno visitato la sede della esercitazione stessa. In particolare gli uomini del 2° Rgt Genio, accanto ai volontari ANA, hanno posto in opera alcuni tralicci della teleferica che da Crespano località Brusamosca portava i viveri/rifornimenti all’Ardosetta, in prossimità della prima linea. Sabato è stata graditissima la visita del capo dipartimento della PC, ing. Curcio, che assieme ai suoi collaboratori, ha fatto visita alla caserma Monte Grappa e ad alcuni cantieri. Fra gli illustri ospiti vi era anche: l’ass.re regionale alla PC Bottacin, l’ass. re Donazzan, l’ing Tonellato, il coordinatore nazionale Bonaldi, il segretario Longo e il coordinatore triveneto D’Incà. La conclusione domenica mattina con la sfilata dei volontari lungo lo storico ponte degli alpini e l’arrivo all’interno della caserma Monte Grappa, accompagnati dai tamburi della banda Montegrappa e coordinati dal servizio d’ordine della Sezione guidato dall’instancabile Piazzetta. Prima della Santa Messa, i discorsi di saluto dell’ass. re alla PC di Bassano Campagnolo, del coordinatore triveneto D’Inca, del nostro presidente sezionale Giuseppe Rugolo, del coordinatore alla PC Monte Grappa e direttore della esercitazione Fabrizio Busnardo e la conclusione del nostro presidente nazionale Sebastiano Favero. La conclusione dell’esercitazione si è avuta con la Santa messa, celebrata da Padre Ireneo e l’ammaina bandiera con in canto dell’inno Fratelli d’Italia, tutti uniti sotto il tricolore.

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Questa pagina è l'immagine di quella pubblicata nel nostro periodico all'epoca.

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Progetto “Studenti in prima linea” Cent'anni dalla Grande Guerra Gli alunni ascoltano, domandano, cercano, interpretano, drammatizzano, si emozionano, raccontano ... di Gianantonio Codemo

PROGETTO STUDENTI IN PRIMA LINEA” Cent'anni dalla Grande Guerra Progetto didattico per la programmazione, sviluppo e gestione di attività riguardanti il 100° anniversario della “Prima Guerra Mondiale” 1914-1918 (Italia 1915-1918). SCHEDA PROGETTO (sintesi)

- I costi economici, - La nostra Costituzione - Creazione di percorsi tematici:

Il progetto “STUDENTI IN PRIMA LINEA” è rivolto principalmente alle classi terminali delle scuole di ogni ordine e grado, allo scopo di sensibilizzare gli alunni coinvolgendoli, quali protagonisti delle commemorazioni, in occasione del centenario della “Grande Guerra”. Vuole essere un tentativo per creare linee di collegamento tra i giovani di allora chiamati prematuramente a essere presenti “in prima linea” nella drammatica storia e i nostri giovani chiamati anch'essi oggi “in prima linea” a ricercare ideali dialettici di comunicazione, rispetto, pazienza, conoscenza, giustizia disinteressata e quant'altro utile a non ripetere quegli stessi orrori.

A. Ricerca di lettere e diari di soldati non necessariamente caduti, nei vari paesi; ... B. Raccolta di informazioni su tutti i soldati presenti sui monumenti ai caduti: “Monumento non più ignoto”; C. Proposta di indagine su tutti i combattenti tornati a casa; D. Proposta di indagine su tutti i combattenti decorati; E. Proposta di realizzazione percorsi turistico-storici; F. Proposte di soggiorno e/o di visita ai luoghi: ... Destinatari del progetto: scuole (docenti-studenti-genitori) classi 5e scuola primaria, classi 2e - 3e scuola secondaria di 1° grado, classi 4e - 5e scuola secondaria di 2° grado; comunità locale; territorio.

La Sezione Alpini “MONTE GRAPPA” di Bassano, in collaborazione con le Sezioni Alpini limitrofe, intende promuovere un programma di interventi e coordinamento didattico per iniziative, quali progetti culturali, studi, ricerche, interventi nel campo della tutela e della valorizzazione del patrimonio storico, dedicate alla commemorazione della Grande Guerra al fine di: - favorire la conoscenza da parte della comunità educante della storia della Grande Guerra; - promuovere la conoscenza tra le generazioni più giovani di quel periodo; - rendere riconoscibile i molti segni lasciati dalla guerra sul territorio; - valorizzare l’impegno profuso dalla società comune e dalle sue istituzioni per conservare un patrimonio storico che appartiene all’identità del Veneto e alla storia italiana ed europea; - far in modo che la memoria di una tragedia diventi risorsa per una cultura di pace.

Obiettivi per i destinatari finali del progetto: Il progetto mira al conseguimento dei seguenti obiettivi:

Contenuti: per creare un filo conduttore della memoria “STUDENTI IN PRIMA LINEA” non basta ricordare, bisogna rievocare, specie per i più giovani. Costruire atmosfere, sfatare la finzione o il centenario sarà inutile. Si tratta di un progetto didattico modulare, pluriennale incentrato sulla Prima Guerra Mondiale, e sulle dinamiche belliche. È promosso con la collaborazione dell'ANA, le associazioni del territorio, le amministrazioni locali. Tratta tematiche trasmesse prevalentemente dalla “piccola storia”, puntando sull’interpretazione critica ed è finalizzato all’approfondimento delle vicende della Prima Guerra Mondiale e delle tematiche ad essa correlate.

• Promuovere nei ragazzi e negli adulti, nella cittadinanza e nel territorio la costruzione della propria identità culturale come presa di coscienza della realtà in cui vivono, rendendoli consapevoli del patrimonio storico esistente sul loro territorio e della loro responsabilità nel rispetto e nella conservazione della memoria; • avvicinare i ragazzi e gli adulti al tema della Grande Guerra in maniera nuova, invitandoli a scoprire i “musei” non solo come contenitori di documenti ma luoghi di memoria viva • Promuovere una cultura di rete ha il valore di recuperare positivamente il valore della complessità e di raccogliere con fiducia la sfida dell’oggi. • Organizzare la restituzione al territorio dei risultati del lavoro attraverso l’utilizzo dei linguaggi: manipolativo, scritto, informatico, iconico; • Sviluppare il senso di responsabilità; • Sviluppare il rispetto delle professionalità coinvolte: - Guide museali - Storici - Rappresentanti dell’A.N.A. - Artisti - Insegnanti - Studenti;

Temi: Ricordi di guerra - Vita in trincea - I soldati e il cibo - Perdita dell’identità - Storie di soldati - Gli armamenti, le strutture, la logistica, l'equipaggiamento, - I campi di battaglia, le strategie militari - I reparti impegnati nei vari fronti - La popolazione civile

Prodotti: Spettacoli teatrali, depliant, cartelloni, manifesti, eventi, siti web, stand espositivi, cd-rom contenenti la documentazione complessiva dei percorsi realizzati, una pubblicazione, piacevole e suggestiva che possa dare in sintesi il senso e la storia del lavoro svolto.

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19° Incontro regionale dei Donatori di Sangue a Cima Grappa di Lamberto Zen

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l giorno 5 luglio 2015 si è svolto il 19° incontro Regionale dei Donatori a Cima Grappa. Alla manifestazione sono convenute più di 1500 persone con Gruppi di Donatori di tutto il territorio veneto ed anche da fuori Regione. La festa organizzata dal Reparto Donatori di Sangue “Monte Grappa” ha avuto inizio alle ore 9,30 con l'ammassamento presso il Rifugio e l'accoglienza dei vari Gruppi, con l’offerta di panini e bibite a tutti i convenuti. Di seguito ha avuto luogo la sfilata con la partecipazione, oltre alla banda Sezionale e a numerosi donatori e striscioni dei vari Gruppi, del Gonfalone del Comune di Crespano del Grappa e di più di 25 sindaci del territorio. Dopo la disposizione sui gradoni dell'Ossario di tutti i partecipanti alla cerimonia è arrivata la fiaccola, portata da 8 tedofori, partita il giorno prima dall'Ossario di Bassano del Grappa per onorare gli oltre 5.000 caduti sepolti Tempio Ossario e i 23.000 di Cima Grappa. La fiaccolata è stata organizzata per ricordare le tante vite umane sacrificate per la difesa della Patria e per testimoniare il legame tra coloro che un tempo persero la vita per la nostra libertà e quanti oggi donano con

atto sublime dell’amore verso il prossimo e gesto che scaturisce da un elevato spirito di altruismo. Il Presidente ha poi annunciato ai propri soci che era stato superato il problema delle prenotazioni, sorto nel 2014, avendo già raggiunto nei primi 6 mesi del 2015 la quota +568, e li ha incitati a donare almeno 2 volte l'anno per aiutare il prossimo in difficoltà ed onorare le nostre feste e la nostra Associazione. Ha ricordato che essere per gli altri, ma soprattutto essere con gli altri, è un’occasione di arricchimento reciproco per la realizzazione del bene comune. Essere donatore vuol dire credere nei valori della solidarietà, dell'amore verso il prossimo, trasmettere speranza, essere testimoni di generosità,

umiltà e servizio. Per finire ha ringraziato tutti per la partecipazione e per il bene che andranno a compiere con le loro donazioni soprattutto sapendo che “i malati non vanno in ferie”. Di seguito ha preso la parola il Presidente della Sezione ANA “Monte Grappa” Giuseppe Rugolo portando il saluto della Sezione e del suo Direttivo. Anche il Presidente degli alpini ha ricordato le importanti motivazioni che ogni anno spingono alla partecipazione di tante persone a Cima Grappa e ha ringraziato tutti i donatori per gli importanti gesti di generosità che ogni giorno compiono con la loro donazioni di sangue e di organi. Rugolo ha avuto parole di plauso per la presenza significativa dei due cori, con un accento particolare per i sardi, gli unici che potevano scattare dalle trincee anteponendo ”Sassari” al grido di Savoia. Per finire ha ricordato a tutti i donatori, maschi e femmine con o senza cappello alpino, che li aspetterà l'ultima domenica di luglio all'Adunata sezionale ad Enego.

generosità il loro sangue, riaffermando il motto “Ieri alla Patria, oggi all'umanità”. La cerimonia è poi continuata con il saluto al Tricolore, la resa degli onori ai Caduti e la deposizione della corona d'alloro presso la tomba del Generale Giardino. Di seguito si è celebrata la S. Messa, officiata dal Parroco di S. Vito e donatore di sangue Don Enrico Bortolaso. La funzione liturgica è stata accompagnata dai cori “Paulicu Mossa” di Bonorva (Sassari) e “Vecchio Ponte” di Bassano. Al termine, dopo la preghiera del Donatore ed il saluto di Don Enrico, il Presidente del Reparto Donatori di Sangue, Prof. Lamberto Zen ha portato il saluto a tutti i partecipanti ricordando che ci si ritrovava in quei luoghi per rammentare tre temi importanti: La Pace, condizione personale, sociale, relazionale, politica, caratterizzata da una condivisa armonia ed assenza di tensioni e conflitti. Pace, faticosamente conquistata e custodita, che si respira in questi luoghi sacri per il loro importante ruolo e intrisi di quiete e silenzio, che la stupenda natura ci offre e che dobbiamo salvaguardare. Il Ricordo, importante strumento della mente umana, per non dimenticare il tragico e sciagurato evento della guerra e le migliaia di caduti, soldati di tutte le regioni d'Italia, che 100 anni fa hanno versato il loro sangue per la nostra libertà e si sono spesi per un’Italia più unita e più salda nella propria identità. La Solidarietà, opera di notevole carità, che tutti i donatori di sangue e di organi esprimono perché donano vita. La solidarietà come

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LA GRANDE GUERRA Gavotti e la sua leggendaria figura di Gianni Idrio Tra i molti protagonisti della Grande Guerra che meritano una approfondita rivisitazione non può mancare, di certo, un personaggio dello spessore del ten. col. Nicolò Alberto Gavotti. Le opere realizzate da lui e dal suo gruppo di lavoro stanno ormai compiendo i cento anni, ma conservano tutt’ora un fascino ed una ammirazione incondizionata. Le numerose comitive o scolaresche che in questi mesi salgono a Cima Grappa chiedono tutte di poter visitare la Galleria Vittorio Emanuele III, meglio conosciuta come Galleria Gavotti. Il Manzoni direbbe: “ma chi era costui?” Apprendiamo così, leggendo i Quaderni Savonesi - un agile opuscolo pubblicato a cura dell’ISREC, di Savona - che Nicolò Alberto Gavotti, marchese, era nato a Genova nel 1875, figlio di Giuseppe, Ammiraglio della Regia Marina, che aveva partecipato alla battaglia navale di Lissa nel 1866, e figlio altresì di Anna Laura Vivaldi Pasqua, dei duchi di S. Giovanni. Per rimanere in tema di nobiltà aveva sposato Adelia dei conti di Broglio (di Resana), da cui nacquero sei figli. Morì ad Albisola Superiore ( Savona) nel 1950. Laureatosi a Roma in Ingegneria Civile ed Elettrotecnica all’età di 22 anni, iniziò subito a lavorare con incarichi prestigiosi e di grande rilevanza, come l’Acquedotto Pugliese. Fu in quella occasione che imparò a

l’unità combattente da lui comandata fosse la sola a prendere il nome del suo Comandante. Col grado di Maggiore e di Ten. Colonnello diresse il Gruppo Lavoratori Gavotti, del 3° Reggimento genio della 4^ Armata, con una forza complessiva di oltre 1500 uomini, formato appunto dalla 310^ Compagnia e da numerose “Centurie di lavoratori”. Gli inizi della sua carriera l’hanno visto realizzare strade

e fortificazioni sul monti Lessini, nel Veronese. In tre piacevolissimi libri intitolati “La guerra del mio gruppo all’Austria” egli ha esposto con fine ironia le sue concezioni tattiche ed operative, dimostrandosi anche un sorprendente psicologo e conoscitore dell’animo umano. Voleva bene ai “suoi” soldati, quasi tutti padri di famiglia, ed ai suoi collaboratori. Per ciascuno cercava l’impiego più naturale e si curava di ogni necessità. Esilarante, addirittura, quando descrive la vestizione del personale a Verona, nel 1915, prima di iniziare tutta una serie di lavori sui Lessini. “E che vestizione! Figuratevi 350 uomini grandi e grossi, che si dovevano inventariare, misurare e rivestire con corredi da fanteria …meridionale. Ma la fatica più

costruire opere in galleria, in trincea, su viadotti, per portare acqua all’assetata Puglia, superando i rilievi e le pendenze degli Appennini. Congedatosi col grado di sottotenente di complemento del Genio nel 1900, allo scoppio della guerra, nel 1915, chiese di essere arruolato come volontario, ritenendo un dovere morale, per lui, figlio di un Ammiraglio, dare un personale contributo per le sorti della Patria. La sua progressione di carriera fu impressionante. Oltre a lui solo un altro ufficiale, il generale Emanuele Pugliese (ossia il famoso colonnello “Carriera”- nomen omen - di Emilio Lussu), ebbe ben quattro promozioni per meriti di guerra e da Ufficiale di Complemento divenne Ufficiale Generale. Col grado di Tenente e di Capitano comandò la 310^ Compagnia del Genio. Ma forse è ancora più rilevante che


Sul Ponte di Bassano atroce fu quella di far indossare i capi di vestiario più grandi ai soldati di grossa corporatura, i quali mi venivano sempre davanti o con pantaloni a mezza gamba o con le giacchette distrutte dagli sforzi per indossarle o coi berretti per un quarto sulla testa e col sottogola che giungeva ad afferrare il naso. Dove, poi, ogni più elastica facoltà intellettuale e manuale non aveva assolutamente avuto fortuna era nelle scarpe. Fra tutti, io avevo il soldato Zancanaro, un vero gigante, basti questo, che mi veniva sempre tra i piedi a dirmi che i suoi (piedi) erano certo i più grandi di tutto l’esercito e mi mostrava le scarpe, le maggiori che io avessi potuto trovare, e che gli avevo affidato con un sospiro di soddisfazione, e mi diceva che, forse, sarebbero bastate per le sue mani. Allora io gli proponevo di tagliare la parte davanti come i frati oppure la parte dietro a mo’ di zoccoli. Ma non se ne dava per persuaso e mi veniva a cercare in continuazione. La scelta dell’attendente fu anche più originale. Scelsi un lungagnone che si offrì subito volontario e venne, secondo il regolamento militare in uso, spartito tra me ed il capitano Barbantini. Si chiamava Telemaco Bonfante e fu il più premuroso scansafatiche che io abbia mai conosciuto! Per darci l’idea di aver ciascuno un servitore, io lo chiamavo Telemaco e Barbantini lo chiamava Bonfante. Il più delle volte mi sentivo rispondere, proprio quando ne avevo più urgente bisogno, che Telemaco non poteva venire perché Bonfante stava ungendo di grasso i numerosissimi scarponi da montagna di Barbantini. Tele-

maco Bonfante, due nomi, col corpo di uno che faceva il lavoro di… mezzo.” Gavotti prestò la sua maestrìa lungo tutti i 41 mesi di guerra, partecipando alle campagne militari di Ala, Verhovljie, Sabotino, Vodice, Kuk, San Gabriele, Piave, Ponte della Priula, Monfenera ed infine, per un intero anno, del Grappa. Lasciò ovunque i segni del suo valore e della sua fattiva genialità. Sul Sabotino, prima, e sui monti Vodice, Kuk e San Gabriele, egli, benché Ufficiale di complemento, riuscì a far prevalere il suo concetto delle fortificazioni in caverna, in luogo dell’allora prevalente criterio di realizzare trincee e camminamenti scoperti, vulnerabilissimi dalle artiglierie avversarie, trincee che, qualche volta, si arrestavano a più di un chilometro dalla linea nemica. Nelle sue memorie egli dice, giustamente: “I nostri attacchi (1915- 1916) contro le ben fortificate posizioni austriache di montagna non avevano una base di partenza sicura; la nostra prima linea era costituita di solito da trincee realizzate con uno scavo poco profondo, completate da muretti in rialzo e non davano riparo contro le artiglierie avversarie, cosicché i reparti destinati all’assalto dovevano iniziare l’azione dopo aver subìto, già in partenza, ingenti perdite. I rincalzi, ammassati in terreno scoperto, dietro le prime linee, dovevano procedere in zone completamente vedute e battute

dal nemico e spesso non riuscivano, a causa delle perdite, a raggiungere le truppe cui dovevano portare rinforzo. Nella prima fase degli assalti al Sabotino, i fanti dovevano fare, sotto il fuoco nemico ed allo scoperto, su terreno in salita ed a fondo sassoso, il chilometro che li separava dalle posizioni nemiche, che, ben costruite e protette, erano state appena sfiorate dalle nostre artiglierie”. Dopo essersi fatto “le ossa” nei primi mesi di guerra sui monti Lessini, a nord di Verona, fu spedito sul fronte isontino, verso la fine del 1915. E fu sul Sabotino che egli ebbe modo di mettere in atto le sue teorie del tutto innovative sull’impostazione delle manovre sia d’attacco che di difesa. Fu l’ideatore ed il costruttore della rete di gallerie italiane, sia prima che dopo la conquista del monte stesso, e ciò permise alle truppe italiane lo sfruttamento al meglio delle particolarità del terreno. Dopo la conquista da parte italiana (6 -7 agosto 1916) il Sabotino andava fortificato per due motivi: innanzitutto per dislocare in maniera ottimale il maggior numero di artiglierie possibili, e poi per creare una seconda linea difensiva lungo tutto il fronte dell’Isonzo, per arginare un eventuale contrattacco nemico. Per fare tutto questo c’era bisogno in maniera assoluta della persona giusta, dotata di “fattiva genialità”, che non attendeva altro se non di mettersi in moto: Gavotti ! In tempi rapidissimi (il comandante della 2^ Armata, generale Capello, gli concesse 40 giorni di tempo per realizzare tutta quella grande fortificazione), come era sua consuetudine, con turni di lavoro continuo e massacrante, egli fece costruire 42 postazioni in galleria per pezzi da 105, cisterne d’acqua sotterranee, depositi munizioni, dormitori per truppa, posti di medicazione. Gli stessi criteri di progettazione e di concezione tattica furono da lui usati, ovviamente, nella sua opera principale, la Galleria intitolata a Vittorio Emanuele III a Cima Grappa. Dotato di una personalità carismatica, estrosa ed intraprendente, ebbe il grosso merito di farsi ben volere dai suoi uomini, che si sarebbero buttati nel fuoco per lui. Ciò è tipico dei grandi. Gavotti, molto acutamente, osserva nelle sue memorie: “Un armigero vince per la sua abilità. L’ammiraglio Persano (che non ne aveva) insegna. Un capo di lavoratori consegue il successo per l’ascen-


Sul Ponte di Bassano dente che sa conquistarsi. E non è facile conquistare tale fiducia da noi, perché gli Italiani non sono “pampani”, hanno cuore e cervello. Quante volte ho veduto io dei capi intelligenti concludere poco! Perché? Direbbe un romanziere del giorno: perché non hanno saputo far vibrare le corde sensibili. In sostanza, vi sono uomini che trascinano all’azione ed altri no: ma se si guarda nel loro intimo si vede sempre in essi qualche cosa che negli altri non c’è: la fede. Se io avessi obbedito alla lettera ed eseguite “le quisquilie” ordinatemi avrei ottenuto pochissimo. Invece l’idea principale che sorgeva in me - ed in tutti noi - appena giunti in una località, diveniva passione. Dicono che riesce nei suoi intenti chi non si lascia fuorviare da ragioni diverse da quelle che nella sua coscienza ha giudicato le migliori. Così fu per noi e nessun lavoro nostro restò incompiuto o privo di risultati. Io ricevetti soldati anziani, pacifici quanto mai, che col loro lavoro sostenevano famiglie numerosissime; ne feci l’ossatura del mio gruppo. Erano l’antitesi del soldato, ma disposti a sopportare fatiche che, nell’opinione dei più, avrebbero dovuto essere compiute dai giovani. La laboriosità soccorse loro; l’intelletto li convinse che nessun altro avrebbe potuto compiere quei lavori grandiosi per l’offesa al nemico valoroso ed avveduto. Il (loro) cuore sentì che si sarebbero salvate innumerevoli vite; i nervi restarono dominati”. Gavotti, col suo gruppo di lavoratori, dopo la rotta di Caporetto, venne spostato sul Monte Grappa a partire dal 12 dicembre 1917. Lo attendeva un lavoro immane e di grandissima importanza strategica. Col senno di poi, si può indubitabilmente affermare che la tenuta del Massiccio dipese in gran parte dalla formidabile fortezza sotterranea che venne da lui realizzata a tempo di record, ancora una volta. Il nucleo sostanziale, l’anima del Gruppo, era formato dall’ormai riconosciuta 310^ compagnia, che lo seguì sempre fedelmente su tutti i fronti, con l’aggiunta della 11^ e 27^ Compagnia ausiliaria del 54° battaglione del Genio. Gavotti vide subito che il Grappa era ben poco strutturato a difesa, ad onta di quanto fu sempre sostenuto da Cadorna, che, con la sua “naturale” modestia pari alla sua arroganza, ascrisse a proprio esclusivo merito la resistenza vittoriosa del Sacro Monte. Le ricerche storiche ed una più libera analisi dei fatti, sfrondata da suggestioni ideologiche, fiorite e volute in epoca fascista, consentono ora di rendere giustizia, una volta tanto, ai veri eroi. Gavotti fu assecondato subito dal Comando del Genio della 4^ e della 6^ Armata, che gli mise a disposizione, nei limiti del possibile, i materiali e gli strumenti tecnici per poter efficacemente operare nella fortificazione del Grappa. Lavorando in condizioni ambientali molto difficili, con temperature che toccarono anche i meno 18°, in parecchie circostanze sotto i bombardamenti dell’artiglieria austriaca, Gavotti ed i suoi uomini realizzarono una galleria lunga 1.500 metri nel braccio principale, cui vanno aggiunti i tratti laterali, per uno sviluppo complessivo di 5.150 metri. L’altezza varia dai 2,30 ai 2,80 metri, con una larghezza media di 1,8 - 2,0 metri. Vennero asportati circa 40.000 metri cubi di materiale roccioso, e furono ricavati, all’interno della galleria cisterne d’acqua (una di ben 110 metri cubi), posti di medicazione, depositi munizioni e di viveri, cucine e dormitori per truppa, spazi per gruppi elettrogeni. Il tutto poteva consentire una completa autonomia a 1.500 soldati per 15 giorni. Nell’organizzazione dei lavori Gavotti (ormai divenuto tenente-colonnello, dopo la terza promozione, sempre per merito di guerra) dimostrò, se ce ne fosse stato bisogno, che aveva in sé le doti del manager. Sarebbe stato tranquillamente un ottimo dirigente d’azienda, nella vita civile. Vediamo cosa scrive nelle sue memorie: “Oltre alla passione per

il proprio lavoro occorreva una buona preparazione e per averla non bastava la singola esperienza. Per avere dagli uomini a me sottoposti il massimo sforzo, occorreva altresì l’esempio costante, necessitava affaticarsi più di essi, vederli e conoscerli tutti personalmente, discutere con ciascuno di essi ed impiegarli in conformità delle loro attitudini, studiare per ognuno quello che più si addiceva alle loro forze fisiche, spronare e premiare i buoni e pungere o anche segregare i cattivi. Occorreva inspirare a ciascuno la coscienza della quantità del lavoro che questi doveva compiere in un certo lasso di tempo e la necessità di evitare ogni spreco che avrebbe portato ad un eccesso di lavoro allo stesso che lo spreco aveva cagionato. Il capo di un lavoro è come un cassiere: risponde di quanto spende e di come spende. Ma ciascuno è come cassiere di sé stesso”. Gavotti era esigente, ma anche giusto e generoso con i suoi uomini, e riusciva a nascondere una sensibilità non comune per un ufficiale, specialmente in un contesto di guerra. “Nel corso del conflitto uno spettacolo imponente mi dette l’impressione della tragicità, quello dei mille feriti gravi su barella che erano deposti ogni ventiquattro ore innanzi alla mia galleria del Grappa, nelle terribili giornate del 24, 25, 26 ottobre 1918. Erano tutti feriti gravi ed avevano freddo;

la notte era umida ed il giorno nebbioso; pure nessun lamento e nessun grido. Molti attesero lunghe ore e non mancavano scoppi e sinistri bagliori nella nebbia e nel freddo, prima che venisse il loro turno in teleferica, per essere portati a valle. E che dire dei miei valorosissimi? Si poteva supporre che onesti operai tutti intorno alla quarantina e padri di numerosa prole avrebbero resistito a tante fatiche? Essi si assoggettarono a disagi inauditi, a pericoli gravissimi, a lavori eccezionalissimi e mi sembrò che la natura avesse allora riunito tutte le forze disponibili attorno a loro“. Gavotti fu sempre dalla parte dei soldati (altro tratto che lo distingueva dalla maggior parte degli Ufficiali Superiori di allora) e non vedeva in loro carne da mandare al macello. Anzi. Lo dimostra tutta la sua carriera militare ed in particolare un episodio, tra i tanti, che merita di essere conosciuto. Nelle tragiche giornate del ripiegamento, dopo Caporetto, i reparti della 2^ e 3^ Armata ricevettero l’ordine di attestarsi lungo le rive del Piave e sulle cime del massiccio del Grappa. Ebbene, nella notte tra il 9 ed il 10 novembre (1917) fu impartito a Gavotti l’ordine di far saltare in aria l’ultimo ponte ancora rimasto in piedi,quello appunto di Ponte della Priula, per impedire alle truppe austroungariche di irrompere sulla sponda destra del Piave. Le disposizioni prevedevano il brillamento delle mine e la conseguente distruzione del ponte per le ore tre, ma Gavotti, avuta


Sul Ponte di Bassano

notizia che sulla riva sinistra del fiume c’erano ancora truppe italiane non ancora in salvo e a rischio di cattura, indugiò piuttosto a lungo. Un ufficiale dello Stato Maggiore, mandato di ispezione, ebbe un forte diverbio con Gavotti e minacciò di deferirlo alla Corte Marziale (che non scherzava, in quei tempi, con le condanne) per insubordinazione. L’uomo Gavotti, prima ancora che l’ufficiale Gavotti, mantenne una calma glaciale e si rifiutò di eseguire l’ordine fino a quando egli non fosse stato sicuro che tutti i reparti italiani erano al sicuro. Tornato al proprio comando l’ufficiale riferì il rifiuto. Tutto un gruppo di alti ufficiali si precipitò al ponte per rendersi conto della situazione. Il comandante Gavotti ebbe ripetuto l’ordine di far brillare le mine senza ulteriore indugio e gli fu chiesto di dare spiegazioni del suo comportamento. Egli rispose che se i signori Generali avessero spinto lo sguardo sullo stradone verso Susegana, al di là del fiume, avrebbero potuto vedere proprio in quel momento una colonna di fanti che, con ordinato passo di marcia, stava per imboccare il ponte. Erano i fanti del capitano Musinu, i mitici fanti della Brigata Sassari, 600 valorosi che il provvidenziale indugio di Gavotti aveva salvato dalla cattura e, probabilmente, dalla morte. Alle cinque, quando tutta la colonna fu in salvo, il ponte venne fatto saltare, mentre già arrivavano le prime granate austriache. A questi “colpi di testa” Nicolò Gavotti non si sottrasse mai: erano più forti di lui. La sua figura massiccia (un metro e 90 per oltre 130 chili,corredata da un robusto barbone), ma soprattutto la sua statura morale ed il suo ascendente erano ormai diventati patrimonio comune in tutto il Grappa. Nei giorni, terribili e decisivi, della battaglia del Solstizio, gli Austriaci gettarono sul campo tutte le loro residue forze offensive, nel disperato tentativo di invertire le sorti della guerra. Si accanirono soprattutto sul Grappa, che era l’ultimo caposaldo che li separava dalla pianura veneta. La sua perdita avrebbe consentito alle truppe austriache di prendere alle spalle il gruppo di Armate schierate sul Piave ed i reparti sugli Altipiani di Asiago. La mattina del 15 giugno (1918) protetti da una fitta nebbia, gli Austriaci riuscirono ad impossessarsi di gran parte dei capisaldi principali alla sinistra del loro schieramento sul massiccio e la Galleria non aveva più difese di fanteria. Già nella notte il comandante Gavotti aveva ricevuto, per telefono, l’ordine di ritirarsi con tutto il suo gruppo, per scendere al piano. Ma la fiducia che Egli nutriva nella potenza della sua opera era tale che egli non obbedì a quell’ordine (c’è forse da meravigliarsi?) e dette disposizioni perché i suoi uomini rimanessero, per tutte le necessità che avrebbero potuto presentarsi durante le battaglia. Nella mattinata la situazione si fece veramente critica e alla dodici gli pervenne l’ordine, questa volta scritto, di ritirarsi, lasciando sul posto due ufficiali pratici

dei servizi della Galleria. “Nessuno meglio di me conosce questa galleria ed i suoi punti deboli”. Detto e fatto. Rimase,rispondendo al suo Comandante d’Armata (il gen. Giardino) che intendeva assicurarsi di persona che il nemico non si impossessasse della stessa, in quanto aveva predisposto le mine per far saltare le parti che più erano minacciate, se il nemico fosse riuscito a penetrare. Così, anche in quell’occasione, Gavotti ebbe la soddisfazione, trasgredendo ad un ordine, di vedere l’efficacia della sua opera, quando il nemico, nel pomeriggio, cominciò a ritirarsi. La Galleria era salva e, con essa, tutta la linea del Grappa. Per questo ed altri gesti il ten.col. Gavotti ricevette una serie di riconoscimenti ed onorificenze di tutto rispetto: Medaglia d’Argento e Medaglia di Bronzo al Valor Militare, Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia, Croce di Commendatore dei SS. Michele e Giorgio d’Inghilterra, conferitagli personalmente dal Duca di Connaught, Croce francese delle Palme di guerra, ricevuta dalle mani dell’Ambasciatore di Francia Barrère. Il legame che univa il Grappa a Gavotti non venne mai meno e proseguì anche nel primo dopoguerra, quando quest’ultimo venne chiamato a collaborare per la costruzione del Sacrario destinato a dare sepoltura eterna a chi vi aveva lasciato la propria vita. Nel 1925 i lavori per la costruzione dell'opera erano già iniziati: si trattava di un ossario ipogeo a pianta esagonale, posto in corrispondenza della cima del monte, con sei gallerie radiali che, intersecando i lati della cripta, avevano da una parte sbocchi panoramici sui campi di battaglia e dall'altra convergevano verso il centro della cappella. Una galleria collegava la cripta-ossario alla galleria Vittorio Emanuele III. A eseguire i lavori fu proprio il Gruppo Lavoratori Gavotti, lo stesso che durante la guerra aveva scavato la galleria Vittorio Emanuele III, sempre agli ordini del mitico Nicolò Alberto Gavotti, affiancato dall’'ingegner Roberto Mentasti, suo tenente all’epoca di guerra. Nel 1927 i lavori dell'ossario ipogeo potevano dirsi conclusi: mancavano però le opere di completamento che qualificassero architettonicamente all'esterno il complesso, cioè l'ingresso monumentale e il coronamento di una torre-faro, da erigersi sul punto trigonometrico di Cima Grappa. A Mussolini il progetto, definito sarcasticamente dal generale Giardino «babilonese», non piacque e non venne più realizzato. Il completamento dell'opera non si fece e del progetto Gavotti-Limongelli fu realizzato solo il portale monumentale, modificato e battezzato con il nome di Portale Roma, che esiste tuttora e funge da osservatorio sui campi di battaglia del Grappa. Tra i tanti protagonisti della Grande Guerra a cui furono dedicate vie e piazze non figura Nicola Gavotti. Di sicuro l’avrebbe meritato molto più di altri.


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Pellegrinaggio 2015 sul Monte Tomba di Gianni Idrio

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omenica 6 settembre, con la solita impeccabile organizzazione del Gruppo alpini di Cavaso del Tomba, si è svolto il 56° Pellegrinaggio sul Monte Tomba. La significativa cerimonia ha avuto luogo, come da tradizione, nell’ampio spiazzo compreso tra quota 869 e quota 876, luogo che fu teatro di importanti e decisivi episodi bellici, durante la battaglia d’arresto, nel novembredicembre del 1917. Centinaia di Alpini e rappresentanti delle altre Associazioni d’Arma hanno presenziato alla commemorazione. Non potevano mancare gli amici tedeschi del Reservisten-verband Kreisgruppe di Dingolfing-Landau, austriaci della Osterr. Schwarzen Kreuzer guidati da Peter Barnthaler ed ungheresi del Majsai Kiskun Huszar Banderium. Il Coro Valcavasia, diretto dal maestro Sabino Toscan, e la Banda di Pederobba, diretta dal maestro Cesarino Negro, hanno garantito la parte musicale. Tra i presenti: molti amministratori del territorio, una decina di vessilli sezionali, oltre 80 gagliardetti e labari di Associazioni combattentistiche e di altri Enti, e graditissimo ospite il Past President dell’ANA Corrado Perona. La S. Messa è stata celebrata da Mons. Bruno Fasani, direttore de “L’Alpino”, altro illustre amico, coadiuvato da don Francescon e don Benacchio dei Padri Cavanis. Nel suo intervento il capogruppo di Cavaso Loris Ceccato ha espresso un grazie di cuore agli oltre 100 volontari che hanno lavorato senza risparmio di energie per la perfetta riuscita di questa manifestazione ed ha ricordato l’iniziativa del recupero delle trincee del Monte Tomba, partita alcuni anni or sono e giunta alla fase realizzativa. Il Presidente della Sezione Giuseppe Rugolo ha tenuto a sottolineare che l’incontro con le delegazioni straniere avviene proprio sulle trincee di un monte che una volta era conteso ed ora è invece condiviso. Ed ha aggiunto: “segnalo che anche qui, sul Tomba, come in altri 17 cantieri, ci sarà la prossima settimana una importante esercitazione di Protezione civile che vedrà impegnate le strutture alpine di tutto il Triveneto, fortemente voluta ed organizzata dalla Sezione ANA di Bassano”. Monsignor Bruno Fasani, dopo aver espresso tutta la sua ammirazione e commozione per il magnifico colpo d’occhio offerto dal Tomba e dalla corona di cime circostanti, ha sottolineato le nuove sfide culturali e sociali imposte all’Europa dalla drammaticità della crisi economica e dai migranti, che richiedono un atteggiamento di accoglienza e comprensione. Nella magia delle luci di uno scenario splendido e suggestivo, il Pellegrinaggio era stato preceduto sabato sera da una apprezzatissima rievocazione storica. Il Coro Valcavasia, nell’ambito delle manifestazioni per il centenario della Grande Guerra, ha messo in scena uno spettacolo

di narrazione, recitazione, musica e canti (alcuni inediti), ispirandosi al percorso storico del periodo 1915-1918. Le narrazioni sono state eseguite, con mirabile intensità, dal prof. Roberto Codemo e dal poeta Sergio Mocellin. Sono stati letti appunti storici, documenti, lettere, poesie, che avevano come tema comune le vicende dolorose della prima guerra mondiale. Particolarmente commoventi sono stati gli scritti di un bambino del Feltrino, che ricordavano il terribile “anno della fame”. Gli autori, con questa rievocazione, hanno inteso coinvolgere, in particolare, le genti di questa terra del Grappa, in omaggio alla generazione dei loro nonni, che hanno conosciuto sulla loro pelle le vicende raccontate.

Pediatria chiama, e i giovani alpini rispondono di Francesca Cavedagna Grazie a oltre 550 ore di volontariato svolte dai membri della Commissione giovani della sezione Ana Montegrappa il reparto di pediatria dell’ospedale San Bassiano oggi può contare su due nuovi macchinari, indispensabili per la somministrazione dei farmaci ai piccoli pazienti ricoverati. Si tratta di due pompe a siringa, attrezzature mediche attraverso le quali è possibile controllare in modo automatico il dosaggio delle terapie somministrate ai neonati. Il costo complessivo dei macchinari è di circa 3.700 euro, che i giovani alpini hanno raccolto durante l’anno attraverso le varie attività svolte sul territorio, come concerti e banchetti natalizi. “Siamo molto orgogliosi del risultato ottenuto - spiega il presidente della commissione Alessandro Ferraris Dalla cittadinanza abbiamo avuto un grande sostegno, in tutte le iniziative avviate durante l’anno. La raccolta fondi da devolvere a cause importanti per noi è diventato un appuntamento fisso. Gli scorsi anni abbiamo devoluto il ricavato delle nostre attività per sostenere le spese mediche della piccola Bea, una bambina affetta da una malattia rara, e per l’associazione “Una casa per Luca”. Questa volta invece abbiamo scelto di lavorare per il nostro ospedale, perché sapevamo quanto fossero necessari i macchinari appena donati al reparto pediatrico. Ovviamente non ci fermeremo, stiamo già organizzando le prossime attività per sostenere una nuova causa”.

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Adunata Sezionale Ad Enego di Fidenzio Grego

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a vita della popolazione eneghese è stata profondamente segnata dagli avvenimenti bellici nel corso di tre anni della Prima Guerra Mondiale. Dalla stazione ferroviaria di Primolano salirono verso l'Altopiano i battaglioni di alpini e fanti che andavano a combattere nella Piana di Marcesina, sui monti che circondano Asiago, sulle creste dell'Ortigara. La crudeltà di questi scontri portarono alla dislocazione di quaranta ospedaletti da campo tra Enego e la contrada di Fosse. La sera del quattro novembre 1917, con l'avvicinarsi dell'esercito austro-ungarico, la popolazione eneghese fu costretta ad abbandonare il paese e andare profuga in alcune località della Calabria e Sicilia. La Sezione Monte Grappa affidando al Gruppo Alpini “Monte Lozze” di Enego l'organizzazione della Adunata Sezionale del 2015, ha voluto ricordare e celebrare il centenario dell'inizio della Prima Guerra Mondiale, in un territorio che fu uno tra i teatri più sanguinosi del conflitto. Per questo avvenimento il paese nei giorni 25 e 26 luglio si è vestito a festa, (come in occasione del 78° Campionato Nazionale ANA di sci di fondo nel gennaio 2013) e il Tricolore era il motivo dominante. Il pomeriggio di sabato, vigilia dell’Adunata, nel palazzo della Cultura e del Turismo si è riunito il Consiglio Sezionale allargato ai capogruppo. Il Presidente Giuseppe Rugolo ha tracciato le linee programmatiche dei prossimi impegni, che vede la Sezione impegnata in particolare modo nella importante organizzazione dell'Esercitazione Triveneta della Protezione Civile. Non poteva mancare a conclusione della serata la rassegna dei cori nel Duomo di Enego con la partecipazione del coro Val Bronzale di Ospedaletto (TN) e del coro sezionale Edelweiss diretto dal M° Massimo Squizzato. Molto apprezzata anche l'esibizione del duo Marta e Fabiano con inediti canti alpini. La domenica mattina l'appuntamento è entrato nell'ufficialità con la sfilata ben diretta dal cerimoniere Piazzetta e dai suoi collaboratori. Al Gonfalone comunale e al Vessillo sezionale hanno fatto seguito i gagliardetti dei 66 Gruppi, i vessilli delle Sezioni di Valdagno, Marostica, Asiago, Conegliano, dell'Associazione Nazionale Volontari di Guerra di Vicenza, i Vessilli di Aido, Admo, Donatori di Sangue accompagnati dai rispettivi gagliardetti dei Gruppi associati. Hanno preso parte alla sfilata il Sindaco di Bassano del Grappa, Riccardo Poletto, il Presidente dell'Unione Montana Valbrenta Luca Ferazzoli, il Sindaco di Pozzoleone Giada Scuccato, un rappresentante del comune di Rossano Veneto e le più alte cariche militari del territorio. Dalla località Madonnina sopra Enego il corteo composto da più di mille Alpini si è snodato per le vie del paese fino a Piazza San Marco, accompagnato dal ritmo della Banda sezionale.

Dopo la cerimonia dell'alzabandiera, e la deposizione di una corona sul Monumento ai Caduti, sono seguiti i discorsi ufficiali. Il capogruppo Mauro Gabrielli ha ringraziato i presenti della partecipazione soffermandosi sull'impegno profuso per questa circostanza dai suoi Alpini per organizzare nel miglior modo questo evento. Il vice Sindaco di Enego Loris Frison ha messo in rilievo il significato di questa Adunata e l'importante ruolo svolto dalla popolazione del suo paese nell’alleviare le sofferenze dei soldati che andavano al fronte. Ha ricordato inoltre che il locale Gruppo Alpini costituitosi nel 1936, rappresenta un fulcro vitale per la comunità dell’Altopiano. Il Presidente della Sezione Monte Grappa Giuseppe Rugolo nel suo intervento conclusivo ha evidenziato come ”in un momento dove i valori civili e morali sono ai minimi livelli”, la missione degli Alpini è quella di proseguire per la strada tracciata dai nostri padri, e rappresentata in tre semplici ma significative parole incise nella colonna mozza sul Monte Ortigara “per non dimenticare”. Ed è proprio per non dimenticare che oggi siamo qui per non disperdere la memoria di quei soldati mandati allo sbaraglio, i quali fino all'ultimo hanno compiuto il loro dovere. Nelle occasioni in cui sono stati chiamati a operare gli Alpini hanno sempre sostenuto questi ideali senza condizionamenti politici, ma fedeli alle istituzioni e al Tricolore”. Monsignor Giampiero Gloder, ha celebrato la Santa Messa nel Duomo di Enego. Nato a Gallio e alpino onorario di quel Gruppo, è Presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica (l'istituzione che forma i diplomatici della Santa Sede) e collaboratore di Papa Francesco in Vaticano. Nell'omelia l'alto Prelato ha tracciato i temi tanto cari al Santo Padre: la pace in contrapposizione con la guerra che è sempre una sconfitta dell'umanità, la solidarietà che contraddistingue gli Alpini ad adoperarsi per il bene comune al contrario dell'indifferenza che purtroppo condiziona molte persone. Ha concluso dicendo che: “troppo spesso un viaggio nei ricordi è considerato un inutile perdita di tempo e non un accrescimento culturale. Ci vuole impegno se non vogliamo essere complici dello spegnimento di quell'esile fiammella che è la memoria”. La manifestazione si è conclusa al pala-tenda con un incontro conviviale preparato dagli Alpini eneghesi in collaborazione con la Pro Loco e la Protezione Civile.

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Raduno Alpino al Bosco delle Penne Mozze Anche i Caduti di Bassano sull’Albero della Memoria

riferimento per le Sezioni di Treviso, Conegliano e Vittorio Veneto, ha tenuto l’orazione ufficiale. Il suo discorso si è concentrato sulle privazioni e sofferenze che la guerra porta, non solo per i combattenti ma anche per la popolazione civile, cose che noi non possiamo neanche immaginare perché fortunatamente abbiamo vissuto gli ultimi 70 anni in Pace. Ha concluso il suo intervento con una considerazione molto importante: “Adesso siamo sicuri che è vera pace? Con i nostri figli dobbiamo combattere una guerra più subdola, quella dei valori.” Mons. Sandro Capraro, già cappellano militare e direttore del coro della Brigata Alpina Cadore, ha celebrato la S. Messa. Ha chiaramente espresso durante la celebrazione il concetto che gli Alpini si mettono sempre in gioco, che buttano il loro cuore oltre l’ostacolo. Ha ribadito che le nostre armi sono armi legate soprattutto alla generosità di dedicarsi agli altri. “Guai a chi tocca questa nostra storia di dedizione e di amore […] Che nessuna preghiera possa mai diventare motivo di divisione e discordia”. Subito dopo la lettura della preghiera dell’Alpino da parte del Presidente di Vittorio Veneto Angelo Biz, i 10 rintocchi della campana a ricordo dei Caduti hanno concluso in modo toccante la cerimonia.

Se ogni anno, la prima domenica di Settembre, il raduno Alpino al Bosco delle Penne Mozze rappresenta un'occasione di ricordo, in questo 44° Raduno c’è stato un motivo in più per ricordare gli Alpini “andati avanti”. Com’è noto il Bosco, nato nel 1968 dalla “idea matta” del compianto Mario Altarui, non è un ossario, ma è un memoriale immerso nella natura; ogni anno nuove Sezioni aggiungono il loro nome sull’Albero della Memoria, albero stilizzato in ferro battuto, destinato alla fine a simboleggiare tutti gli Alpini Caduti d’Italia. Quest’anno è stato il nostro turno! La Sezione Monte Grappa insieme alla Sezione di Casale Monferrato, rappresentata dal suo Presidente Gianni Ravera, hanno aggiunto la loro foglia in ottone con il nome della sezione in ricordo dei loro caduti. Il bosco delle Penne Mozze ha accolto, domenica 6 settembre, gli Alpini in congedo di ogni parte d’Italia, riuniti nel ricordo delle Penne Nere che hanno perso la vita negli inferni dei fronti più disparati: l’inferno di fuoco dell’Ortigara, l’inferno di roccia dei Fronti dolomitici, l’inferno di caldo, sabbia e polvere di Adua e della Libia, l’inferno di fango della Grecia, l’inferno di ghiaccio della Russia, l’inferno d’odio della Jugoslavia e della prigionia. Ancor oggi percorrere questi sentieri, nella penombra del bosco e accompagnati dal rumore del vicino ruscello, trasmette al visitatore delle emozioni difficilmente descrivibili. Le stele, 2.403 che ricordano altrettanti alpini caduti, posizionate tra gli alberi ben rendono l’immagine del sacrificio ed allo stesso tempo l’orgoglio ed il senso della Patria. Massiccia la partecipazione, circa duemila fra civili e alpini, oltre 120 Gagliardetti e numerosi Vessilli, Labari di Associazioni d’Arma, Gonfaloni e molti sindaci. Hanno accompagnato la manifestazione il Corpo bandistico di Cison di Valmarino ed il coro ANA di Vittorio Veneto. La cerimonia si è aperta con l’intervento del presidente dell’ASPEM Claudio Trampetti, che ha voluto dedicare un pensiero ai Caduti della Grande Guerra prima di procedere con l’inaugurazione delle targhe sull’Albero della Memoria. Il gen. Renato Genovese, Consigliere nazionale di

Alessandro Ferraris

44° Campionato nazionale A.N.A di corsa in montagna individuale 2015

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rganizzato dalla Sezione di Conegliano - Gruppo di Soligo, si è disputato il 18 e 19 luglio 2015 il 44° Campionato Nazionale A.N.A. di corsa in montagna individuale. La manifestazione, nonostante le condizioni atmosferiche particolari, con caldo e temperature oltre i 30°, ha avuto un ottimo successo con oltre cinquecento concorrenti al via. Il percorso, particolarmente impegnativo, si snodava sulle colline del prosecco. La vittoria assoluta è andata all’atleta Di Gioia Massimiliano della sezione di Torino che ha tagliato il traguardo in 48’ 58”. Tre podisti della sezione “Monte Grappa” hanno disputato la gara ottenendo tra i “soci effettivi” con Mocellin Alessandro il 24° posto assoluto e l’11° della 3^ categoria, mentre Ceccato Gino si è piazzato al 20° posto nella 7^ categoria. Tra i “soci aggregati” Lazzarotto Claudio, della nostra sezione, si è piazzato al 2° posto nella 4^ categoria. Come sezione la “Monte Grappa” ha ottenuto il 28° posto su 45 sezioni. La vittoria per sezioni è andata alla sezione di Belluno. Nella categoria “aggregati” la nostra sezione si è piazzata all’11° posto su 18 sezioni con al 1° posto la sezione di Conegliano. Ottima l’organizzazione con ristori adeguati lungo il percorso e un ottimo pranzo conviviale al termine della competizione. Puntuali le premiazioni finali accompagnate dalla Banda del Gruppo Alpini di Rosà.

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Sul Ponte di Bassano

16° Raduno del Gruppo “Pieve di Cadore”

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i scrive “Gruppo Art Mont PIEVE DI CADORE” ma si legge “CASERMA MONTEGRAPPA”! Non me ne vogliano i “Veci” di Strigno, prima sede del Gruppo dal 1957 fino al 1963, ma questo connubio tra Artiglieri da Montagna e la nostra città rimane fortissimo in tutti i Bassanesi, con la Penna o senza. Ci siamo ritrovati per la 16^ volta per un raduno che - come sempre accade - ha un po’ il sapore della nostalgia della passata gioventù e un po’ della spavalderia rispolverata dei passati vent’anni. Facce mai dimenticate, ma che devi scavare nella memoria per far combaciare i tratti senili con quelli giovanili, Amici (la “A” maiuscola non è a caso) con cui hai condiviso alcuni dei giorni più faticosi - e per questo più belli, perché guadagnati col sudore, con la caparbietà, con la solidarietà - tenentini diventati ora generali (in pensione: gli anni passano per tutti) ed ai quali dai spontaneamente del tu, come si usa fra Alpini: queste, in breve, alcune delle emozioni vissute. Nulla di nuovo, per carità, che in ogni raduno alpino si ripetono, ma che stupiscono e commuovono sempre. Ottimamente organizzata dagli “Amici del Pieve” e dal loro Presidente, Gen. Nicola Russo, con la gradita partecipazione del Sindaco di Romano d’Ezzelino, Rossella Olivo, e del Sindaco di Bassano, Riccardo Poletto, la riunione si è svolta nella bella cornice del Ristorante “Al Pioppeto” dove Sergio Dussin ci ha accolti da par suo. Dopo una breve sfilata con deposizione di una corona al Monumento ai Caduti del Sacro Cuore con un “silenzio” da brividi ottimamente suonato da Armando Sonzogni, è seguita la S. Messa per poi passare alla parte conviviale. Alla faccia dell’età che avanza e del rischio di mancanza di “rincalzi” ci siamo trovato nel numero record di quasi

400 tra Artiglieri da Montagna e gentili consorti, provenienti non solo dal Vicentino - allora primaria zona di reclutamento del Gruppo, ma da Asti, da Torino, da Domodossola, da Faenza e Forlì e chi più ne ha più ne metta, ancora una volta per dire - con la nostra fortemente sentita partecipazione - quanto quel periodo di naja sia rimasto a tutti nel cuore. L’appuntamento prossimo è fra 2 anni, nel 2017, con l’augurio di ritrovarci tutti e magari anche più numerosi. Alberto Strobbe

Premio “Uti Fabris” 2015

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Premio Uti Fabris è diventato da anni uno degli appuntamenti di spicco da parte della Sezione A.N.A. di Bassano. Sabato 19 settembre nella sala consigliare della Sez. ANA “Monte Grappa” si è svolta la cerimonia di consegna delle borse di studio ai tre studenti neodiplomati meritevoli, figli di alpini o donatori di sangue della Sezione, che si sono distinti particolarmente durante gli esami di maturità. La cerimonia organizzata dalla Sezione e dai Gruppo Alpini e Donatori di Sangue “Generale G. Giardino” è stata presieduta dal Presidente Giuseppe Rugolo, da Lamberto Zen Presidente del Reparto Donatori di Sangue “Monte Grappa”, dal Vicesindaco Roberto Campagnolo, dal Presidente della Commissione giudicante Lucio Gambaretto e dal Capogruppo del “Generale Giardino” Roberto Barletta. I primi due classificati sono un ex aequo con 100/100 che ha visto Filippo Gambasin,

figlio del socio Gianfrancesco del Gruppo di Crespano e Chiara Cortese, figlia di Lucio, Alpino e Donatore del Gruppo di Valrovina. Entrambi sono stati premiati con la somma di e 400. Il giovane Filippo Gambasin non era presente alla consegna del Premio perché impegnato nella difficile sfida di campionato Primavera del suo Vicenza contro il Palermo. Terzo classificato Enrico Zen figlio di Lamberto, Alpino del Gruppo di Rossano Veneto e Presidente dei Donatori di Sangue, che diplomatosi con 97/100 ha ricevuto la somma di e 250. La Sezione ANA “Monte Grappa” augura un futuro di successi professionali a queste nostre giovani promesse, con la speranza che mantengano inalterati i valori Alpini trasmessi dai loro genitori, di volontà, sacrificio e determinazione.

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Sul Ponte di Bassano

Pellegrinaggio Genti Venete Cima Grappa 2 Agosto 2015 di Alessandro Ferraris

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ra la prima domenica di Agosto del 1901 quando l’allora cardinale Giuseppe Sarto, Patriarca di Venezia e futuro Papa Pio X, salì al Grappa per benedire la statua della Madonna col Bambino ospitata nel piccolo Sacello. Sono passati centoquattordici anni da quella cerimonia, il Pellegrinaggio delle Genti Venete è diventato da quel momento un appuntamento fisso al quale si è aggiunta la commemorazione dei Caduti della Grande Guerra che quest’anno assume un valore ancora più forte in quanto ricorre il centenario dall’inizio del tragico Primo conflitto Mondiale. Anche se le condizioni meteo non erano delle migliori, vento, nuvole e temperature basse, l’affluenza di pubblico è stata importante. Molte le associazioni d’arma con i loro vessilli e gagliardetti, presenti anche il Presidente dell’Associazione dei Fanti, il Presidente degli Artiglieri e il nostro Presidente Nazionale Favero. Come ogni anno, a ricordare il sacrificio dei loro Caduti, anche la delegazione Austriaca di St. Wolfgang. Molte le autorità civili e militari. In gran numero i Sindaci della zona, rappresentati della Finanza, dei Carabinieri e delle Guardie Forestali e, per le Forze Armate, il Generale di Corpo D’Armata Carmine Adinolfi. La Cerimonia è stata accompagnata come consueto dalla Filarmonica di Crespano del Grappa, dal Coro Edelweiss e dalla Banda austriaca Burgermusikkappelle di St. Wolfang. Dopo gli onori alle bandiere Austriaca e Italiana, tre tedofori - rispettivamente in

rappresentanza del Pellegrinaggio “cammino delle Dolomiti, dell’Associazione G.E.M. di Crespano del Grappa e dell’Associazione Nordic Wallcking Montegrappa - hanno acceso il tripode posto sulla scalinata dell’Ossario e contemporaneamente un mazzo di fiori è stato deposto in ricordo del primo pellegrinaggio ai piedi della Madonnina del Grappa. La cerimonia è proseguita con la deposizione delle corone di alloro alla tomba del Gen. Giardino, al Cimitero Austro-Ungarico a ricordo dei soldati d’oltralpe che con onore hanno combattuto sul suolo italiano, al Monumento al Partigiano per coloro che nel secondo conflitto hanno preso parte alla “resistenza” ed infine sulla tomba del Generale Viola che con ardore ha combattuto su questo Sacro Monte. Le note del “Silenzio” in onore ai Caduti hanno accompagnato in un clima surreale la fine della deposizione delle corone, mentre una tersa nebbia avvolgeva le gradinate. Nessun rumore, fermi sull’attenti tutti, Alpini pellegrini e autorità stretti in un abbraccio simbolico attorno alle tombe che ospitano le spoglie mortali dei soldati. Prima della Messa, celebrata con trasporto dal Vescovo di Treviso Gianfranco Agostino Gardin, hanno preso la parola per i discorsi ufficiali le autorità presenti. “Noi siamo qui per rendere onore a coloro che riposano”, ha detto Annalisa Rampin sindaco di Crespano, e nel ringraziare i pellegrini presenti ha ricordato l’impegno di tutti i volontari che ogni anno lavorano per rendere possibile l’evento. L’Assessore Regionale alla Cultura, Territorio e Sicurezza Cristiano Corazzari ha portato il saluto del Presidente del Veneto Zaia. Citando le parole di Zaia, Corazzari ha detto che le vestigia dei soldati devono rappresentare per tutti un monito contro la guerra e un messaggio di pace. A conclusione è intervenuto il Sottosegretario di Stato Domenico Rossi, che ha la delega delle celebrazioni per il Centenario. “Questo luogo è uno dei simboli su cui possiamo e dobbiamo porre le basi per un’Europa unita” ha detto Rossi. Prima di concludere ha rivolto un pensiero ai due marò Massimo e Salvatore. Dopo la Messa, come consueto, autorità, rappresentanze e cittadini si sono poi spostati presso il Sacrario Austro-Ungarico per l’altrettanto doveroso omaggio ai fratelli Caduti d’Oltralpe.

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L’Europa delle Associazioni d’Arma di Ruggero Gnesotto

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ra i molti protagonisti della Grande Guerra Per i nostri amici d’oltralpe, i Riservisti tedeschi della circoscrizione Dingolfing-Landau che partecipano regolarmente all’annuale commemorazione che si tiene sul Monte Tomba la prima domenica di settembre, ricorreva quest’anno il 25° anniversario di fondazione del Gruppo. Da tempo ci avevano comunicato il loro desiderio di averci ospiti per l’occasione e così, il 30 e 31 maggio di quest’anno, una delegazione formata da alpini di Cavaso e della Sezione “Monte Grappa” si è recata a Frontenhausen, un paesino dalla Bassa Baviera vicino a Dingolfing, nel quale erano stati organizzati i festeggiamenti. La cerimonia, il cui inizio è stato annunciato con un colpo di cannone, si è svolta domenica 31 maggio con sfilata verso il centro del paese, funzione religiosa celebrata nella chiesa, deposizione corona (onorata con salva di fucileria) al monumento dei caduti e rientro, sempre in sfilata, nell’area del raduno. Qui, presenti il sindaco di Frontenhausen Dr. Franz Gassner, il vice presidente regionale dei Riservisti il Dr. Werner Gebhard, il Presidente del distretto Josef Schmidt, il presidente delle associazioni sportive Udo Egleder nonchè i presidenti ed i soci dei Gruppi di Landshut, Passau e Rottal, si è svolta, con intervalli proposti da un’orchestrina, l’ufficialità dell’evento. Più volte citati con amicizia nei discorsi, non abbiamo potuto esimerci dal ringraziare, per la simpatia e l’affetto dimostratoci da tutti, il Presidente del Gruppo Christian Albrecht ed il segretario Willi Ruhstorfer. Differenze linguistiche a parte, durante il pranzo conclusivo, solennizzato da cordiali brindisi a base di birra,

si respirava l’atmosfera che aleggia nei nostri Gruppi alpini. Nella foto da sinistra : Franz Xaver Wenzl, Christian Albrecht presidente del Gruppo Riservisti, Willi Ruhstorfer segretario, Loris Ceccato Capogruppo di Cavaso, Günther Schmid, Karl Langer, Roberto Gnesotto e Gabriele Peruzzo vice Presidente sezionale. Dietro Ruggero Gnesotto e Georg Strasser. In alto Marco Cogo e Federico Cenci.

Il “Col Moschin” sul … Col Moschin

Si è sposato con SANDRA PANGRAZIO il nostro storico redattore ALFEO GUADAGNIN: ai neo Sposi vanno gli auguri di tutta la redazione de “Sul Ponte di Bassano”.

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ol Moschin è tornato protagonista delle celebrazioni legate alla Grande Guerra, la rievocazione della Battaglia del Solstizio, di cui quest’anno ricorre il 97ª anniversario (15-22 giugno 1918). Protagonista una squadra di paracadutisti del IX Reggimento “Col Moschin”, che ha la sua base centrale alla caserma “Vannucci” di Livorno. Decollati con un aereo militare dall’aviosuperficie di Thiene, i paracadutisti si sono lanciati da un’altezza di circa 3500 metri, atterrando direttamente sul Col Moschin. L’evento, andato in scena lo scorso giugno, è stato organizzato dal Comune di Solagna e dal locale gruppo di alpini, capitanato da Giulio Nervo. Il cerimoniere d’eccezione della manifestazione è stato il colonnello Gennaro Bellò. «La rievocazione ha voluto omaggiare i soldati italiani che fermarono l’avanzata degli austriaci durante quei terribili giorni del giugno 1918 - ha commentato Nervo - In tutto hanno partecipato 8 paracadutisti: meno del previsto, a causa dei gravi lutti che hanno colpito in questi giorni il Reggimento, per la morte del parà vicentino Sergio David Ferreri in un incidente di volo e di un altro paracadutista per un malore. Proprio per questo la cerimonia è stata seguita dai partecipanti con il lutto al braccio. La rievocazione, inoltre, ha avuto i connotati di una vera e propria esercitazione». La manifestazione è stata seguita ieri da una cerimonia ufficiale, sempre sul Col Moschin, durante la quale gli incursori hanno deposto una corona al monumento ai Caduti.

Matrimonio Sandra e Alfeo. Il Sindaco di S. Nazario Ermando Bombieri, lo sposo Alfeo Guadagnin, la sposa Sandra Pangrazio, il padre dello sposo Plinio ed il fratello Nicola.

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Sul Ponte di Bassano

Breganze a Kobarid

Mostra Centenario Casoni

di Luca Brian

di Armido Dissegna

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omenica 28 giugno, i vigili Alpini hanno organizzato - come ricompensa per le attività da loro svolte durante l’anno scolastico - una gita a Caporetto. Per tale occasione anche gli Alpini del nostro Gruppo si sono aggregati alla loro iniziativa, approfittando per collegarla alle celebrazioni per il centenario della Grande Guerra. Abbiamo preso contatti con lo storico ed editore Fulvio Aviani Guido che ci ha fatto da guida a Cividale: assieme ci siamo recati nei luoghi della celebre disfatta, con la sua grande conoscenza dei fatti e la sua fine ironia nel raccontarli ci ha fatto vivere l’emozione di quei luoghi, così ricchi di sacrifici ed atti eroici, dove gli Alpini ancora una volta si sono contraddistinti per il loro coraggio e valore. Costeggiato per diversi chilometri l’Isonzo (Soca), passati via Caporetto (Kobarid) scesi a Tolmino (Poljubinj) in mezzo ad una spianata coltivata a grano e prato stabile, Guido Aviani ha subito inquadrato, facendocele vedere, tutte e due le linee del fronte dell’alto e medio Isonzo nel periodo 1915-17 menzionando i Monti Vodil, M. Matajur, M. Mrzli, M. Rosso, M. Nero, Vrata, Vrsic, la stretta di Saga, fino ad arrivare al Monte Rombon. …..“All’alba del 24 ottobre del 1917 l’artiglieria austro-tedesca inizia un fuoco tambureggiante ed un uso massiccio di gas asfissianti lungo tutta la linea del fronte. Grazie a condizioni meteo favorevoli agli attacchi e protetti da una nebbia a fondovalle, alle ore 8 le truppe imperiali scattano all’assalto e riescono ad infiltrarsi nella vallata dell’Isonzo senza che gli Italiani possano vedere o capire i loro movimenti dagli osservatori posti in montagna. La nebbia a fondo valle causa la mancata reazione dell’artiglieria Italiana, in parte dovuta pure dall’interruzione dei collegamenti via filo provocata dai bombardamenti ed anche da un’errata azione di comando. Molti Ufficiali Italiani infatti non si assunsero la responsabilità di aprire il fuoco senza autorizzazione dei comandi superiori”. In estrema sintesi, queste poche parole ci hanno descritto, sul terreno dove è avvenuta, la disfatta di Caporetto. Impossibile citare le tante gesta, gli aneddoti, i nomi, i luoghi che Guido ci ha citato prima di andare a visitare il bellissimo museo di Caporetto come degna chiusura della mattinata. La visita è proseguita poi dopo pranzo con la visita a Cividale ed al suo nuovo museo della Grande Guerra. Molti i commenti positivi su questa nostra uscita, decisamente interessante, emotivamente intensa, didatticamente molto efficace, tanto da farci capire a fondo la tragedia vissuta dai nostri Nonni. Un grazie particolare va al Nostro amico Guido Aviani Fulvio, per la sua cortesia e competenza e soprattutto per averci fatto capire come neppure in quei luoghi della grande disfatta, vi siano stati vincitori e vinti, ma solo migliaia di vittime giovani e innocenti che chiedono ancor oggi di non essere dimenticate.

na mostra sulla Grande Guerra alla sagra di Casoni il 20 luglio, 2015 a Mussolente. Continua l'impegno del Gruppo alpini di Casoni "Bortolo Busnardo" nell'organizzazione di eventi per ricordare il Centenario dall'inizio della Grande Guerra. In occasione della Sagra del paese intitolata a Sant'Anna, svoltasi dal 17 al 27 luglio scorsi, le penne nere hanno allestito nei locali della Scuola dell''Infanzia "Angeli Custodi", una mostra fotografica con immagini inedite riguardanti il Campo di Aviazione del paese ma anche il Monte Grappa, il Col Moschin, il Piave e le Dolomiti. L'esposizione comprendeva soggetti di grande interesse per circa ottanta fotografie. È stata allestita inoltre una trincea ed una mostra di cimeli originali della Grande Guerra. Il visitatore ha potuto infine visionare dei filmati originali della guerra riguardanti il territorio che va dall''Astico al Piave, comprendendo anche il Grappa e l'Altopiano di Asiago. Sono stati esposti anche due modellini di aerei d'epoca. La Mostra è stata inaugurata dal S. E. Mons. Silvano Tommasi, delegato apostolico della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevra (Svizzera), alla presenza dei vice presidenti della sezione Gabriele Peruzzo e Fabrizio Busnardo ed i consiglieri mandamentali Alessandro Dissegna e Sergio Nichele, il Sindaco ed alcuni assessori del comune di Mussolente oltre a numerosi alpini e cittadini. L'esposizione è stata apprezzata da centinaia di visitatori durata tutte le serate di apertura. In contemporanea è stata allestita, a cura del Comitato di Gestione della Scuola dell'Infanzia, una seconda mostra fotografica, in occasione dei cent'anni di fondazione dello stesso asilo "Angeli Custodi". Le due Mostre centenarie erano rimaste aperte venerdì 24, sabato 25, domenica 26 e lunedì 27 luglio dalle 20 alle 24 con ingresso gratuito.

Incontro degli 11 fratelli Torresan

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i scrive Pio Torresan, capogruppo si S. Zenone: "Anche se solo uno dei TORRESAN vive all’estero non è mai facile che undici fratelli si trovino assieme. L’occasione è capitata il primo di agosto quando tutti e undici, i piú sessanta tra mogli mariti nipoti e pronipoti, con le nostre rispettive famiglie ci siamo ritrovati per un momento conviviale a San Zenone degli Ezzelini. Eccoci in ordine di etá da destra, Maria, Nicoló (socio aggregato), Tarsilla, Veronica, Oddo (socio aggregato, residente in Canada), Aldo (socio alpino), Ilario (artigliere da montagna), Pio (socio alpino e attuale capogruppo di San Zenone), Natalino (socio alpino), Eugenio e Valentina, e ci siamo augurati di ritrovarci ancora tutti assieme in una prossima occasione".

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Sul Ponte di Bassano

Avvenimenti

Da Ramon di Loria ci è stata segnalata una importante figura di combattente, il cui ricordo è stato rinverdito in occasione di una mostra allestita in maggio a Loria. Ad essa hanno collaborato con grande entusiasmo gli alpini. La mostra era intitolata a Giovanni Beltrame un fante che era noto in paese come <Nanon>, classe 1888. Giovanni Beltrame il 17 giugno del 1918 era stato tra i primi a gettarsi contro una mitragliatrice nemica a Candelù, uccidendo il mitragliere e costringendo i suoi compagni alla fuga. Gli erano state conferite due medaglie d'argento al valor militare. Nanon era poi morto in seguito ad un incidente sul lavoro nel 1932. La riscoperta di questo eroe è dovute all'impegno di Luigi Favaro, un appassionato di storia e costumi locali.

LA BAITA DI GINEVRA Le vacanze Pasquali e l'immancabile visita al Museo degli Alpini sul Ponte di Bassano, sono state anche l'occcazione di un importante incontro con ben 3 Padri fondatori, Silvio Forin, primo Capogruppo, Maria Serradura e Lucio Donazzan, che, nel lontano 1963, sostennero Silvio Forin nelle sue trattative con il Maggiore Gmurr allora carismatico Presidente della Sezione Svizzera, che finalizzarono la fondazione del Gruppo Alpini di Ginevra. Questo ncontro, più unico che raro, è stato possibile grazie al nostro consigliere, Antonio Cavalli che ha fatto da gancio.

MELBOURNE: Vicentini nel Mondo, Alpini di Melbourne in festa per la raccolta di fondi per il Ponte degli Alpini di Bassano. Il Presidente del Veneto Club Sig.ra Dalila Sabbadini, in occasione della festa ha partecipato con la somma di e 1.000 alla raccolta "PRO PONTE", consegnando la busta al pres. sig. Mario Pianezze rapp. dei Vicentini nel Mondo e al Sig. Aldo Zanatta pres. degli Alpini di Melbourne.

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Sul Ponte di Bassano

Avvenimenti

SAN GIORGIO DI PERLENA: si sono ritrovati presso il ristorante Pedrocchi a settembre 2014 alcuni commilitoni del 6° da montagna del Gruppo Agordo, 43° batteria. Guardando la foto da destra: prima fila Bisognin, Fabris, Saccardo, Zenere, Farronato; seconda fila: Trevisan, Bagnara e Lamesso.

I coniugi Bresolin in visita alla Sez. A.N.A. M. Grappa con il sindaco di Bassano Riccardo Poletto e il Vice Presidente Vicario A.N.A. Lino Borsa.

Gli alpini sono soliti lavorare in silenzio e senza chiedere riconoscimenti. È opportuno però si sappia che tante opere vengono realizzate con molta discrezione ma portano beneficio a tutti. Per questo riteniamo opportuno citare una delle ultime realizzazioni compiute nel piazzale del parcheggio a nord ovest del rifugio di Cima Grappa. Si tratta di canalette con griglia per lo scolo delle acque per lo smaltimento delle acque piovane. Un'opera necessaria ed apprezzata dagli organi competenti.

90° compleanno del nonno alpino Antonio Lazzarotto, del gruppo di Valrovina di Bassano del Grappa. In passato è stato per 27 anni consecutivi capogruppo di Valrovina ed è stato nominato dal presidente Pertini Cavaliere della Repubblica.

Nella foto si vedono: al centro i due sposi: Gloria Torresan (figlia di Remigio) e Alessandro Mozzo. Ai lati: a sinistra Franco (papà dello sposo) a destra Remigio (papà della sposa). Il matrimonio è avvenuto il 14 settembre 2015.

VIAREGGIO: Gli alpini di Solagna insieme con rappresentanti dell'amministrazione comunale, e rappresentanti della sezione Monte Grappa, hanno partecipato all'incontro del 4° raggruppamento svoltosi a Viareggio. Con il gruppo di Viareggio quello di Solagna ha un gemellaggio che dura da anni. Nella foto un momento del dopo incontro.

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Sul Ponte di Bassano

Avvenimenti

CASSOLA: 50° di matrimonio per Lorenzo Fusti del 6° A.R.T Gruppo Agordo, 42° battaglione Feltre con la signora Marcella Ravagnolo.

SAN VITO: 55° di matrimonio per Mario Alessio e Caterina Zonta.

50° di Gaetano Gianesin e Gabriella Brunello.

Nonno Bortolo Cirotto classe 1945 con il nipotino Alex Cirotto classe 2014.

È nato Mago Tessarolo di Attilio e Barbara Marin, nipote di Piero Marin e Fabio Tessarolo.

L'alpino Andrea Simioni, da molti anni Consigliere del Gruppo Santa Croce, è diventato nonno del piccolo Nicolò il 4 agosto 2015. ROMANO D'EZZELINO: il 29 giugno 2015 è nato Samuele Dal Fante figlio del socio Stefano. È nata Lucia Ferronato figlia di Simone Ferronato e Elena Fietta.

SAN ZENO: sono nati Fabio Vivian del socio Adriano e Filippo Gori del socio Alessandro.

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Sul Ponte di Bassano

Sono andati avanti: alle famiglie degli scomparsi le più sentite condoglianze. Belvedere

Cartigliano

Casoni

Casoni

Cassola

Cassola

Giuseppe Sgarbossa classe 1930

Arturo Gobber classe 1944

Lorenzo Busnardo classe 1949

Ivano Zardo classe 1954

Gelindo Bizzotto classe 1955

Massimo Gheller classe 1958

Crespano

Enego

Enego

Friola

Longa

Longa

Aldo Bortolazzo classe 1943

Lino Cappellaro classe 1923

Angelo Dalla Palma classe 1922

Onorino Cecconello classe 1920

Igino Barbieri classe 1926

Vittorio Fontana classe 1923

Mure di Molvena

Possagno

Rossano Veneto

Rossano Veneto

Rubbio

San Giacomo

Antonio Bonato classe 1928

Pietro Fausto Villa classe 1939

Bruno Marchiori classe 1923

Mario Trentin classe 1931

Gio Maria Cortese classe 1950

Maurizio Bonato classe 1955

San Giacomo

San Marco

San Marco

San Marco

San Nazario

San Vito

Giovanni Zonta classe 1939

Antonio Gnesotto classe 1921

Duilio Marchesan classe 1944

Onorio Scomazzon classe 1933

Annunzio Campana classe 1942

Renato Bizzotto classe 1930

San Zeno

San Zeno

San Zeno

Edoardo Alberton classe 1961

Luigi Farronato classe 1943

Francesco Scomazzon classe 1956

Semonzo

Elio Marco Citton classe 1951

È mancato all’affetto dei suoi Cari, in primis alla amatissima moglie Nica, ed a Bassano tutta, Ruggero Remonato, Alpino, grande cultore della storia della nostra Città, che amava profondamente, conoscendola a fondo e facendola conoscere a tutti noi attraverso i suoi scritti ed i suoi libri. Tra i primi coristi e colonna portante del Coro ANA Montegrappa degli anni 70 e 80, era figura notissima in città, dal tratto signorile e sempre composto, affabile e sempre disponibile con tutti. Ci mancherai Ruggero, ci mancherai!

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Stroppari

Domenico Lago classe 1923

Tezze

Antonio Andolfatto classe 1932

Il 19 giugno 2015 ci ha lasciato Nerella Pontarollo, promotrice della Squadra Sanitaria dell’Unità di Protezione Civile della Sezione ANA "Monte Grappa".


PREGHIERA DELL'ALPINO Su le nude rocce, sui perenni ghiacciai, su ogni balza delle Alpi ove la Provvidenza ci ha posto a baluardo fedele delle nostre contrade, noi, purificati dal dovere pericolosamente compiuto, eleviamo l'animo a Te, o Signore, che proteggi le nostre mamme, le nostre spose, i nostri figli e fratelli lontani, e ci aiuti ad essere degni delle glorie dei nostri avi. Dio onnipotente, che governi tutti gli elementi, salva noi, armati come siamo di fede e di amore. Salvaci dal gelo implacabile, dai vortici della tormenta, dall'impeto della valanga, fa che il nostro piede posi sicuro sulle creste vertiginose, su le diritte pareti, oltre i crepacci insidiosi, rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltĂ cristiana. E Tu, Madre di Dio, candida piĂš della neve, Tu che hai conosciuto e raccolto ogni sofferenza e ogni sacrificio di tutti gli Alpini caduti, tu che conosci e raccogli ogni anelito e ogni speranza di tutti gli Alpini vivi ed in armi. Tu benedici e sorridi ai nostri Battaglioni e ai nostri Gruppi. CosĂŹ sia.


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