Notiziario Novembre 2015

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COLLEGIO DEI COSTRUTTORI EDILI DI BRESCIA E PROVINCIA

MONTACARICHI

RIVISTA MENSILE NOVEMBRE 2015

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IL MONDO CHE CRESCE SALE CON ELMA

ELMA s.p.a. via San Desiderio, 31 25020 Flero - (BS) Italy tel. +39 030 3580936 fax +39 030 3580190 SOA categoria OS04 classifica lll-bis www.elmaonline.it - elma@elmaonline.it Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 n째 46) art. 1, comma 1, LO Brescia

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COLLEGIO DEI COSTRUTTORI EDILI DI BRESCIA E PROVINCIA

RIVISTA MENSILE DEL COLLEGIO COSTRUTTORI EDILI DI BRESCIA E PROVINCIA NOVEMBRE 2015

Editore: C.E.R. S.r.l. Unipersonale - Via Foscolo, 6 - Brescia Redazione e Direzione: Collegio Costruttori Edili di Brescia e provincia Via Foscolo, 6 -PANTONE Brescia281

CMYK 100 - 72 - 0 - 32 Direttore Responsabile: Zanframundo RGB 0 - 40 -Francesco 104

SOMMARIO Ecobonus verso la proroga: detrazioni

anche PANTONE COOL GRAYnel 9 2016 in attesa della... stabilità CMYK 0 - 0 - 0 - 60 RGB 135 - 135 - 135 cambia connotati: la Regione L’Ape

Comitato di redazione: Arturo Dotti Emilia Ardesi Paolo Bettoni Mauro Biondo Ernesto Bruni Zani Giorgio Cadeo Angelo Deldossi Alberto Mazzola Registrazione del Tribunale di Brescia 5 settembre 1951 n. 54 Stampa: Tipolitografia Istituto Artigianelli Via Ferri, 73 - Brescia Pubblicità: CER - Via U. Foscolo, 6 - Brescia Tel. 030399133 r.a. – Fax 030381798

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Lombardia già allineata alla riforma

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Dai settemila cantieri per l’emergenza terrritorio al ponte sullo Stretto

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Manutenzione strade: c’è un piano provinciale per nove milioni di euro

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Coperture in amianto: verso il credito d’imposta sulla bonifica capannoni

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Architettura e stili: verticalità di Rotterdam e suggestioni di Parigi

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Un quinquennio orribile, ma nel 2014 gli indicatori tornano a ridare speranza

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Prezzo numero singolo anno 2015: 5 euro Quote di iscrizione, che danno diritto a ricevere tutte le pubblicazioni curate dal Collegio Costruttori ANCE Brescia, escluse quelle destinate riservatamente ai soci: ■ Gruppo Corrispondenti: 120 euro + IVA 22% pari a 146,40 euro; ■ Architetti, ingegneri, geometri iscritti ai rispettivi Albi: 60 euro ■ Gruppo Giovani Costruttori: 30 euro

La collaborazione al Notiziario è aperta a tutti. Gli articoli devono essere trasmessi - sempre dattiloscritti ed in duplice copia - alla Redazione del Notiziario e la loro pubblicazione è subordinata al giudizio insindacabile del Comitato di Redazione. L’accettazione di uno scritto non implica da parte del Comitato di Redazione e del Collegio di cui il Notiziario stesso è l’organo, riconoscimento od approvazione delle teorie o delle opinioni dell’autore. Gli articoli non pubblicati non vengono restituiti. La riproduzione, anche parziale di articoli o disegni è subordinata alla citazione della fonte

PRONTUARIO GIURIDICO AMMINISTRATIVO Lavoro Tributi

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Indici

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Lavori pubblici

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Urbanistica Tecnica edilizia

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Varie Ance informa

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CQOP-SOA

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SUCCESSO DELL’ANCE CHE OGGI CHIEDE UN SISTEMA DI INCENTIVI STABILE PER PROSPETTIVE CERTE

ECOBONUS VERSO LA PROROGA: DETRAZIONI ANCHE NEL 2016 IN ATTESA DELLA… STABILITÀ PANTONE 281 CMYK 100 - 72 - 0 - 32 RGB 0 - 40 - 104

Pur con alcune significative novità, il provvedimento - di fatto - conferma detrazioni che vanno dal 50% al 65% su interventi di riqualificazione degli immobili, sul loro miglioramento a livello di prestazioni energetiche e sull’acquisto di grandi elettrodomestici e di arredi. Prima di affrontare analiticamente le più importanti novità dei bonus governativi, va ribadito quanto abbiano significato, a livello di investimenti (e, quindi, dal punto di vista occupazionale) i bonus governativi nel corso di questi anni. Come riportato da uno

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Buone notizie per il comparto e per l’ambiente. La Legge di Stabilità prevede infatti la proroga anche per il 2016 del bonus ristrutturazioni, il bonus mobili e l’ecobonus per l’efficientamento energetico degli immobili. L’unica pecca: l’ecobonus continua ad essere reiterato anno dopo anno e non diventa strutturale.

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studio del Cresme, nel solo 2014 i bonus legati a risparmio energetico e ristrutturazione hanno generato, nel nostro Paese, un giro di affari di 28,5 miliardi di euro di investimenti, con ben 425mila posti di lavoro (indotto compreso). Di quei 28,5 miliardi, 24,5 sono relativi alle ristrutturazioni, segno di un effetto se non salvifico, quantomeno rigenerante per il settore edilizio. Ampliando il calcolo al periodo 2008-2015, sono ben 207 i miliardi investiti grazie a questi incentivi fiscali, 178 dei quali generati dal recupero edilizio. Se invece ci soffermiamo sul


IL PROVVEDIMENTO CONFERMA DETRAZIONI CHE VANNO DAL 50 AL 65% SU INTERVENTI PER RIQUALIFICARE GLI IMMOBILI

2015, nei primi otto mesi dell’anno c’è stata una flessione rispetto a 2013 e 2014, gli anni più floridi dal punto di vista degli investimenti, ma ciò nonostante il Governo ha deciso di confermare gli ecobonus. Tra le new entry per i bonus 2016 va segnalata, innanzitutto, l’estensione degli sgravi fiscali agli enti di gestione delle case di edilizia residenziale pubblica (qui si parla di un fondo di 170 milioni di euro per le manutenzioni), mentre rimarranno invariati l’econbonus al 65% (che è stato però esteso a tutti i lavori realizzati entro il 31 dicembre 2016 e che consiste in

detrazioni su Irpef e Ires, spalmabili su 10 anni, per un incentivo massimo di 100mila euro) e il bonus del 50% sulle ristrutturazioni. Tornerà, tra gli altri, anche lo sgravio sui lavori finalizzati all’adeguamento sismico o sui lavori di messa in sicurezza. Tornando alla detrazione del 50%, questa è relativa a lavori che non riguardano l’efficientamento energetico e si può richiedere per interventi con importo massimo di 96mila euro. Si tratta di un’agevolazione della quale possono beneficiare anche gli inquilini, non solo i proprie-

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tari dell’immobile in questione. Infine, confermato anche il bonus mobili, che si tradurrà in detrazioni per al 50%, per chi investirà - sempre entro il 31 dicembre 2016 - fino ad un massimo di 10mila euro per rinnovare gli arredi. Una buona notizia che potrebbe anche diventare in futuro migliore. L’Ance, infatti, da tempo preme affinchè cessi la reiterazione degli sgravi e diventi permanente e stratturale per consentire adeguati piani di programmazione.


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L’ATTESTATO DI PRESTAZIONE ENERGETICA INTRODUCE PARAMETRI OMOGENEI PER TUTTO IL PAESE

L’APE CAMBIA CONNOTATI LA REGIONE LOMBARDIA GIÀ ALLINEATA ALLA RIFORMA PANTONE 281 CMYK 100 - 72 - 0 - 32 RGB 0 - 40 - 104

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Le classi, da sette che erano, passano a dieci, con la G che indica la classe energetica peggiore e l’A4 che, invece, indica la migliore. La normativa - approvata di recente - è già stata recepita dalla Regione Lombardia. Un Attestato di prestazione energetica (Ape) tutto nuovo, che prevede - questa la novità principale - calcoli omogenei su tutta la Penisola e al quale le Regioni avranno due anni (a partire dall’1 ottobre di quest’anno) per adeguarsi. Ma la Regione Lombardia non ha perso tempo: se infatti il via libera a livello nazionale è avvenuto lo scorso mese di giugno, la Giunta del Pirellone ha votato la relativa delibera nella seduta del 17 luglio, adeguandosi quindi in tempi record alla normativa. Normativa che, come detto, ha il merito di inserire calcoli omogenei su tutto il territorio nazionale, calcoli che danno il via a un iter che, alla fine, consentirà il rilascio di una “targa energetica”. Andiamo con ordine,

osservando cosa prevede il nuovo un indice di prestazione energetica, Ape. A livello pratico, l’Attestato ovviamente espresso in classi. dovrà esplicitare come si comporta Classi che, da sette che erano, pasuno stabile a livello di prestazioni sano a dieci, con la G che indica la energetiche, tenendo in considera- classe energetica peggiore e l’A4 zione sia l’energia primaria totale che, invece, indica la migliore. sia quella non rinnovabile. Ma non Ma, questo è bene sottoliè tutto: la struttura analizzata verrà nearlo, l’Ape non è solamente passata ai raggi X per una fotografia dello quello che concerne “stato energetico” La struttura i consumi energetici di una casa o di un analizzata verrà per riscaldamento e edificio. Nell’Attepassata ai raggi raffrescamento, per stato andranno infatti l’uso di fonti rinnovaindicate le azioni per X per verificare bili (con dati di conconsumi energetici un miglioramento sumo annessi), per dell’efficienza enerdi riscaldamento le emissioni nell’atgetica, con una netta raffrescamento mosfera di anidride distinzione tra intercarbonica. Il tutto venti che attengono nell’ottica di contenere i consumi. la ristrutturazione e lavori di Questo tipo di indagine esplo- riqualificazione energetica, con le rativa permetterà poi di esprimere indicazioni su eventuali incentivi 533


NELL’ATTESTATO ANDRANNO INDICATE LE AZIONI UTILIZZATE PER IL MIGLIORAMENTO DELL’EFFICIENZA ENERGETICA

per la realizzazione. Per effettuare tali operazioni di calcolo Enea ha aggiornato il software Docet. Ma a chi spetta la compilazione di un Attestato di prestazione energetica? L’incarico andrà assegnato ad un “certificatore energetico” riconosciuto, tenuto ad almeno un sopralluogo nella struttura che dovrà “giudicare”. La norma stabilisce anche sanzioni per il certificatore e il costruttore (proprietario) in caso di mancata presentazione al Comune di riferimento dell’Attestazione. Quanto a costi e dettagli, Enea metterà sul proprio sito una sezione dedicata proprio all’Ape, così da aiutare a districarsi tra tutte le novità dell’Attestazione, che diventerà uno dei parametri da indicare negli annunci immobiliari. Ma l’Enea avrà anche il compito di istituire il Siape, che altro non è se non il luogo virtuale dove i dati relativi agli Ape verranno raccolti costituendo un database nazionale cui Regioni e Provincie autonome dovranno obbligatoriamente rivolgersi. Il Siape comprenderà anche un vero catasto nazionale unificato degli Attestati di prestazione energetica. Per quello che concerne la norma regionale, vengono esclusi “dall’obbligo di applicazione dei requisiti di prestazione energetica gli immobili che, pur non essendo soggetti al vincolo di cui al Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio”) rientrino in piani di recupero dettati dallo strumento urbanistico locale, allorché l’intervento edilizio dovesse implicare, al fine del rispetto delle prescrizioni regionali in materia di efficienza

info: info:ufficio .... tel. 030030 399133 399133

energetica, un’alterazione sostanziale del loro carattere e/o del loro aspetto, sotto il profilo storico, artistico e architettonico; le strutture temporanee autorizzate per non più di sei mesi”. Le nostre imprese sono già attrezzate per affrontare anche 534

questo cambiamento. Peraltro gli uffici di via Ugo Foscolo sono a disposizione per ulteriori chiarimenti e consulenze in materia. Anche i potenziali committenti possono rivolgersi ai nostri tecnici per chiedere informazioni.


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PROGETTI IN ANTITESI? NO, SOLO IL SEGNO DI UNA MANCATA PROGRAMMAZIONE E UN PIANO STRATEGICO

DAI SETTEMILA CANTIERI PER L’EMERGENZA TERRITORIO AL PONTE SULLO STRETTO PANTONE 281 CMYK 100 - 72 - 0 - 32 RGB 0 - 40 - 104

Settemila cantieri per la bonifica del territorio, di cui solo il 10 per cento è finanziato, e il ponte sullo stretto di Messina. Sono due strade destinate a non incontrarsi mai? Due percorsi in antitesi? Sì e no, verrebbe da dire, ma risulterebbe una lettura superficiale di quella che è una situazione complessa, che non riguarda solo cifre e progetti, ma anche la capacità di guardare oltre un orizzonte a breve termine. In questo senso, è bene cominciare il ragionamento dalla questione legata al dissesto idrogeologico, una spina nel fianco

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Cantieri ancora da finanziare e un progetto faraonico. Necessità territoriali e ambizioni a parecchi zeri. Ovvero, l’emergenza dissesto idrogeologico e il “sogno” del ponte sullo Stretto di Messina. della sicurezza del nostro Paese, che avrebbe bisogno (come confermato senza mezzi termini proprio all’inizio del 2015 da un report 535

illustrato in un convegno organizzato dall’Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni-Anbi) di ben settemila cantieri per poter risolvere le necessità più impellenti. Una prospettiva di intervento che, per essere concretizzata, necessiterebbe di fondi per ben 19 miliardi di euro. Allo stato attuale risulta finanziata solo una goccia in questo mare di progetti. Parliamo di un migliaio scarso di cantieri: anzi, per la precisione sono 700 quelli pronti alla gara d’appalto, per un valore di 1,2 miliardi di euro. E gli altri 6mila?


OGNI ANNO L’EMERGENZA IDROGEOLOGICA PRESENTA UN CONTO DI 3,5 MILIARDI: SERVE UN’IDEA DEL FUTURO

Beh, qui la situazione si complica, nel senso che si è ancor lontanissimi dall’avere buone notizie, visto che - sempre come ribadito al convegno dell’Anbi in molti casi mancano le basi per poter pensare ai progetti, ovvero gli studi e gli approfondimenti necessari. In quest’ottica la questione è doppiamente sfavorevole: da un lato continuano a persistere fronti di rischio idrogeologico sparsi un po’ per tuta la Penisola, senza la minima certezza di quando (e se) potranno mai essere eseguiti i lavori necessari. Dall’altro, ci sarebbero fondi che rischiano di non venire mai utilizzati per dare respiro alle imprese della Penisola, che contemplano un tesoro che - se i vari iter non subiranno un’accelerazione improvvisa - mai e poi mai potranno sfruttare. Ma non è tutto: perché questi ritardi hanno un costo, e non parliamo di cifre teoriche. Ad esempio, si stima che ogni anno si spendano 3,5 miliardi di euro per riparare ai danni del dissesto idrogeologico, palliativi costosissimi per mettere una toppa laddove, con una programmazione ragionata ed efficace (ed investendo, ragionando sul lungo periodo, meno risorse) si potrebbe risolvere appieno determinate emergenze. Ad esempio, fra 2010 e 2012 i costi del dissesto idrogeologico sono stati all’incirca di 7,5 miliardi di euro. Facile comprendere che, se certe somme fossero subito state indirizzate per cantieri risolutivi, probabilmente quei settemila cantieri sarebbero già stati realizzati. Un discorso a parte merita poi il ponte sullo Stretto di Messina, una di quelle opere di cui si parla da talmente tanto tempo che

non si sa più se si tratti di realtà o leggenda. Fino ad ora il ponte che dovrebbe unire Calabria e Sicilia è già costato 1 miliardo di euro, spesi tra progettazioni e opere preliminari, ma il Cipe conta che la sua effettiva realizzazione di miliardi ne costerebbe oltre otto. Sarà un sogno impossibile? Di certo difficile, perché una simile opera deve essere adeguatamente 536

connessa e armonizzata con il territorio, e poi perché in Italia certe cantierizzazioni a troppi zeri diventano sempre buchi neri a livello economico. E allora? Allora iniziamo dalla risoluzione del “caso 7mila cantieri”. E’ una priorità, questo non si discute. Sul resto, eventualmente, si potrà ragionare dopo.


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L’ENTE DI SECONDO LIVELLO DELINEA LE PRIORITÀ: AL PUNTO UNO LA RETE VIARIA DI PERTINENZA

MANUTENZIONE STRADE: C’È UN PIANO PROVINCIALE PER NOVE MILIONI DI EURO PANTONE 281 CMYK 100 - 72 - 0 - 32 RGB 0 - 40 - 104

Governare l’ordinario, farsi trovare pronti in caso di “eventi straordinari” e garantire una rete stradale efficiente. Seppur in una veste istituzionale nuova, e sempre in bilico sul fronte della apparente dicotomia risorse-incombenze, l’Amministrazione provinciale di Brescia mantiene ancora in capo alcune funzioni di primaria importanza. Tra le quali spiccano le opere pubbliche, intese in modo particolare come interventi sulla rete viaria del territorio, a cominciare dalle manutenzioni. Come spiegato dal presidente della Provincia Pier Luigi Mottinelli, “le manutenzioni straordinarie prevedono interventi finalizzati alla conservazione del patrimonio esistente e per tale ragione hanno priorità assoluta. Riasfaltature. L’importo previsto per tali interventi è pari a 8.850.000 euro e comprende il rifacimento del manto stradale, la posa di reti paramassi, la sistema-

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zione o la posa di nuove barriere guardrail. A questa cifra va aggiunto un budget di 1.500.000 di euro per piccoli interventi di importo inferiore a 100.000 euro”. Gallerie. “Particolare rilievo - conferma in una nota il consigliere delegato Antonio Bazzani - viene dato agli interventi di riqualificazione impiantistica delle gallerie, con investimenti per 6.600.000 euro. In particolare, è necessario incrementare la sicurezza di tali infrastrutture attraverso il miglioramento della loro illuminazione, il collegamento alle reti di trasmissione dei dati informativi, nonché l’installazione degli impianti per garantire la continuità delle frequenze radio delle Forze dell’Ordine e di Soccorso, dall’altro perseguire obiettivi di economicità riducendone i costi di gestione”. Continuiamo con il capitolo gallerie: in programma ci sono due interventi di rifacimento del sistema di captazione delle acque meteoriche, uno relativo al tunnel sulla Sp 11 nel territorio del Comune di Bedizzole (importo 600mila euro), l’altro alla galleria Ronco Grazioli sulla Sp 510 (anche qui 600mila euro l’importo previsto). A Concesio. Tra gli interventi urgenti c’è poi la sistemazione dell’impalcato da ponte sulla Sp 19 537


COMPLETARE LA SISTEMAZIONE DELLA SP18 IMPLICA UN INVESTIMENTO DI QUASI 10 MILIONI DI EURO

a Concesio, il cui importo è stimato in 3.300.000 euro. In montagna. A livello di strade montane, sono previsti interventi per il ripristino di danni causati da condizioni meteorologiche avverse ovvero all’eliminazione di strettoie o alla formazione di marciapiedi per un importo complessivo di 2.778.347 euro. Prevista inoltre la realizzazione di un paravalanghe al sito valanghivo “canale Rotto” sulla Sp 669 “Del Crocedomini” (Bagolino) per un investimento di 1.100.000 euro. La Sp18. A livello di riqualificazione, è in programma la sistemazione della Sp 18 quale opera complementare alla BreBeMi, con il finanziamento previsto con trasferimenti da BreBeMi e Rete Ferroviaria Italiana. Il progetto esecutivo dell’opera è stato predisposto ed è in corso la sua verifica al fine di procedere all’appalto dei lavori. L’importo dell’opera è di 9.754.420 euro. Se invece ci concentriamo sulle nuove realizzazioni, il cantiere clou resta quello della deviante all’abitato di Barghe sulla Sp 237 “del Caffaro”: solo il primo lotto, da Vestone Nord a Idro Sud, costa 55.000.000 di euro. Così a Pontoglio. Il Piano prevede poi il completamento della deviante all’abitato di Pontoglio, per il quale la Regione Lombardia ha accolto ulteriore proroga al finanziamento concesso: è in corso la revisione e l’aggiornamento della progettazione al fine di appaltare l’opera il cui costo complessivo è pari a 9.052.000 euro. Sempre a livello di varianti, altri progetti a molti zeri sono la variante all’abitato di Isorella della Sp (2.500.000 euro), e quella all’a-

bitato di Montichiari (9.500.000 euro). Un ultimo approfondimento lo meritano i cantieri che si trovano ancora in fase progettuale, ovvero - sulla Sp 24 “ChiavicheCadimarco” - la messa in sicurezza dell’intersezione in località Corvione (Gambara) con le vie IV novembre e strada per Remedello per 400mila euro e la realizzazione di una nuova intersezione tra 538

Sp 27 e via S. Stefano a Prevalle (240mila euro); la nuova rotatoria a S. Fermo tra Sp 72 “Chiari - Roccafranca” e la Sp 20 “Maclodio(550mla euro). Rudiano” Infine, tra i lavori in corso vano citati quelli sulla Sp 510 “Sebina Orientale” per il completamento dell’intersezione con la Sp 19 a Rodengo Saiano, per un importo complessivo di 2.600.000 euro.


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EMENDAMENTO AL SENATO CON UNA COPERTURA FINANZIARIA DI 11,5 MILIONI PER IL BIENNIO 2016/17

COPERTURE IN AMIANTO: VERSO IL CREDITO D’IMPOSTA SULLA BONIFICA CAPANNONI PANTONE 281 CMYK 100 - 72 - 0 - 32 RGB 0 - 40 - 104

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Rimuovere l’amianto giova all’ambiente, alla salute dei cittadini e al “peso fiscale”, nel senso che, se confermata la legge, sarà possibile rimuovere le coperture di amianto dai capannoni godendo di un significativo credito d’imposta. E’ stato approvato dalla Commissione Ambiente del Senato un emendamento che prevede un credito di imposta del 50% per quelle imprese che rimuoveranno le coperture in amianto dai loro capannoni. Si tratta di un provvedimento che definisce uno stanziamento da 5,536 milioni per il 2015 e di 6,018 milioni sia per il 2016 sia per il 2017. Nello specifico, l’emendamento stabilisce che gli interventi

di bonifica si concentrino su beni e strutture produttive, interventi che permetteranno di maturare un credito (riconoscibile ai titolari di reddito d’impresa) valido - questo va sottolineato - solamente come compensazione per debiti pregressi nei confronti della Pubblica Amministrazione. A livello economico, il credito verrà suddiviso in tre quote, di uguale valore, relative al altrettanti anni. La prima quota sarà fruibile dall’1 gennaio dell’anno successivo a quello dell’intervento. Per cui, ad esempio, le bonifiche realizzate nel 2016 garantiranno un credito di imposta - che non verrà conteggiato per la formazione del reddito o per definire la base imponibile dell’Irap - da utilizzare nelle dichiarazioni dei redditi del 2017, 539

del 2018 e del 2019. Tale beneficio non è riconosciuto per interventi di importo inferiore ai 20mila euro. Concentrandoci sui dati, secondo quanto comunicato dall’Asl lo scorso mese di Aprile, nel Bresciano ci sarebbero ancora ben 29mila manufatti contenenti amianto da bonificare. Ampliando il discorso a livello regionale, i dati della mappatura presentata dall’assessorato regionale all’Ambiente lo scorso mese di maggio hanno rivelato come in Lombardia ci siano ancora oltre due milioni di metri cubi di coperture in cemento amianto, con un calo, rispetto al 2007, di 780mila metri cubi. Dati incoraggianti, ma che danno l’idea di un problema ancora lontano dall’essere risolto.


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CON I GRATTACIELI DI REM KOOLHASS, RENZO PIANO E ÁLVARO SIZA: L’URBANIZZAZIONE DEL FUTURO DIVENTA PRESENTE

ARCHITETTURA E STILI: VERTICALITÀ DI ROTTERDAM E SUGGESTIONI DI PARIGI PANTONE 281 CMYK 100 - 72 - 0 - 32 RGB 0 - 40 - 104

Inaugurato con il ponte circolare di Copenaghen, continua il nostro viaggio tra le opere innovative dell’architettura europea, alla ricerca di ispirazioni e suggestioni contemporanee.

Non poteva mancare un capitolo destinato a quella che viene definita universalmente la «capitale dell’architettura». Così è viene definita la Rotterdam attuale. Uscita dalla guerra praticamente rasa al suolo, la seconda città olandese ha sperimentato con edifici d’avanguardia e invenzioni urbane. Considerata lungamente una città degli affari, con un’identità strettamente legata al suo porto, il più grande d’Europa, Rotterdam è invece una città dinamica, alla ricerca continua di nuovi stili di vita e modi innovativi di abitare e vivere la città. Che si manifestano in coraggiose realizzazioni architettoniche come la «città verticale», un quartiere portuale completamente ridisegnato dai grattacieli di Rem

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Koolhass, Renzo Piano e Álvaro Siza. Completato all’inizio del 2014, il più grande edificio multifunzionale dei Paesi Bassi, lungo il molo Wilhelmina Pier, il grattacielo De Rotterdam è formato da tre torri trasparenti interconnesse, accatastate e distanziate a 7 metri dalla base di sei piani. Situata sulla riva sud del fiume Mosa, affacciata sul ponte Erasmo, questa colossale struttura diventata già icona, ridefinisce la skyline di Rotterdam. Alta poco più di 150 metri, con una superficie lorda pari a circa 150mila metri quadrati, questa gigantesca torre in vetro è formata da blocchi separati e spostati che offrono una sovrapposizione programmatica degli spazi. Per evitare l’aspetto di massa monolitica, le torri verticali sono state assemblate in un gruppo leggermente irregolare che rifiuta di risolversi in una forma singolare. Progettato con il focus sull’iperdensità e sulla diversità, l’architetto Koolhaas ha donato una flessibilità dinamica alla struttura, una caratteristica che si riflette nella sua molteplicità di vedute in continuo mutamento. Oltre ai 60mila metri quadri di uffici, il De Rotterdam offre spazi di vendita e ristoranti, un hotel a quattro stelle da 280 stanze con strutture per conferenze ed eventi, 540

I grattacieli di Rem Koolhass


LA NUOVA FILARMONICA DI PARIGI DIVENTA CITTADELLA DEDICATA ALL’ARTE DELLA MUSICA

un parcheggio da 670 posti e 240 appartamenti. Degli atrii condivisi si trovano nel punto d’intersezione tra ogni blocco. Avvolto in una facciata di vetro con eleganti montanti in alluminio, il grattacielo ha finestre a tutta altezza che sfruttano le straordinarie vedute e la luce naturale. Ospita una media di 5mila persone al giorno. Le torri fanno parte di un ambizioso progetto di ristrutturazione in corso da tempo della zona del vecchio porto, accanto al ponte Erasmus e lungo la Mosa. Questo quartiere, il Kop van Zuid, è un vero laboratorio architettonico. Qui sorgono già molti grattacieli, opera di archistar. Come il World Port Center, palazzo di 124 metri di Norman Foster. Il New Orleans di Álvaro Siza che, con i 43 piani e 158 metri, è il più alto grattacielo residenziale d’Olanda. E poi i 96 metri del Kpn Telecom Building di Renzo Piano. Contributo di De Rotterdam è quello di creare nei suoi spazi la zona più densamente popolata del paese e trasformare il quartiere in una vivace area dove confluiscono le attività cittadine con negozi, uffici, alloggi e spazi per il tempo libero. Non da meno Parigi con la costruzione che ospita la nuova Filarmonica. Nel gennaio di quest’anno, è stato inaugurato, all’interno del Parco della Villette, il nuovo complesso dedicato alla musica, composto da un nuovo e avveniristico edificio progettato da Jean Nouvel e dalle strutture dell’ex Città della Musica, progettate venti anni fa da Christian de Portzamparc. La vecchia Cité de la Musique, con il museo dedicato agli strumenti musicali,

La nuova Filarmonica di Parigi

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BERLINO È IL LUOGO DELLE DIVERSITÀ LIBERARE LE IDEE HA FATTO NASCERE ANCHE IL SONY CENTER

entra quindi a far parte del nuovo complesso, che ospita stabilmente l’Orchestra di Parigi e l’Ensemble Intercontemporain, formato da solisti che esplorano la musica contemporanea. Il progetto di Nouvel, che aveva sbaragliato nella gara di aggiudicazione le proposte di colleghi assai noti come l’archistar irachena Zaha Hadid, ruota intorno a un gioco di piani inclinati, omaggio al suo maestro Claude Parent e all’architettura obliqua. Un sistema di geometrie all’esterno che all’interno invece si trasforma e vede il prevalere di spazi caratterizzati da curve armoniche, mentre i visitatori potranno passeggiare in corridoi che sono petali applicati sull’esterno della struttura alta 38 metri e realizzati in ghisa e in alluminio. L’auditorium, che ha capienza di 2400 spettatori, è stato disegnato pensando di creare uno spazio continuo tra musicisti e spettatori, riducendo il più possibile la distanza tra i due. Le balconate dell’auditorium, inoltre, hanno una struttura che le vede stagliarsi come nuvole sospese nello spazio e colpite da giochi di luce. Il progetto, oltre all’auditorium, comprende un centro per la formazione, spazi espositivi, locali per le prove, biblioteca, ristorante e uffici. La Philarmonie, costruita in 8 anni, è costata 390 milioni di euro, quasi il doppio di quanto previsto inizialmente. Berlino è oggi un concentrato di architettura e design contemporaneo, che ne fanno una capitale all’avanguardia, dove il design fonde passato e presente e si proietta costantemente verso il futuro. Non poteva mancare una visita veloce a Berlino, città simbolo

Potsdamer Platz di Berlino con il Sony Center

dell’attenzione alle nuove tendenze e ai progetti urbani. Meno prorompente e appariscente rispetto ad altre città, Berlino va scoperta come città delle diversità. Lo si intuisce dall’architettura, dalle diverse culture che popolano la città, dalle atmosfere decadenti anni Venti, che convivono insieme ad un design e ad un’anima assolutamente contemporanea. Espressione della modernità berlinese è Potsdamer Platz, proprio dove sorgeva il Muro, ora centro di un nuovo quartiere residenziale, direzionale e commerciale, con edifici progettati da architetti cult come Renzo Piano. Devastata dalla guerra e drammaticamente segnata dall’erezione del Muro, Berlino ha costituito negli anni novanta il più 542

ambizioso progetto urbano della città riunificata. Qui si trova uno degli hotel di design più cool di Berlino. Adiacente alla piazza si trova il Sony Center, che si potrebbe definire un compendio dell’architettura contemporanea. Progettato su commissione della Sony dall’architetto Helmut Jahn, è un complesso di sette edifici, disposti su una superficie di circa 26mila metri quadrati in cui predominano vetro e acciaio. All’interno, un forum e una piazza ovale coperta da una spettacolare opera di architettura, ingegneria e design: un articolato tetto a ombrello, fissato con dei tiranti a un enorme anello di acciaio che si poggia sugli edifici circostanti. Wilda Nervi


COLLEGIO DEI COSTRUTTORI EDILI DI BRESCIA E PROVINCIA

L ‘ANALISI ECONOMICO FINANZIARIA DEL PROF. RENATO CAMODECA FA IL PUNTO SULLA SITUAZIONE DELL’EDILIZIA

UN QUINQUENNIO ORRIBILE, MA NEL 2014 GLI INDICATORI TORNANO A RIDARE SPERANZA PANTONE 281 CMYK 100 - 72 - 0 - 32 RGB 0 - 40 - 104

PANTONE COOL GRAY 9 CMYK 0 - 0 - 0 - 60 RGB 135 - 135 - 135

Il Rapporto economico finanziario, redatto dal prof. Renato Camodeca, Dottore Commercialista e Professore Associato di Economia Aziendale presso il Dipartimento di Economia e Management dell’Università degli Studi di Brescia che trovate allegato alla rivista, fotografa il periodo 2010-2014, analizzando le condizioni di equilibrio reddituale, finanziario e patrimoniale delle imprese associate al Collegio Costruttori ANCE Brescia. Il quadro che risulta dai dati, in particolare con riferimento all’aggiornamento dei valori riferiti all’anno 2014, è fortemente preoccupante, seppur con qualche segnale di miglioramento. Dall’analisi sono emersi valori e indicatori che rispecchiano lo stato di crisi economica generalizzata che ha investito il settore ormai dal 2009 e che nel 2014 ancora contraddistingue un contesto generale nel quale risaltano l’incertezza, la scarsa prevedibilità degli scenari dei prossimi anni e

una generale stretta creditizia che Volumi di attività. Dopo influenza le condizioni di opera- il lieve aumento del fatturato tività. (+2,7%) registrato tra il 2009 e Con riferimento specifico il 2010, il settore è incappato in all’anno 2014, esaun triennio nero, nel minato nell’ambito quale la contrazione Il quadro denota del quinquennio, la dei volumi di vendita gli effetti di una sintesi dei risultati agè stata del 26%. Il gregati, unitamente al situazione negativa fatturato è transitato quadro complessivo da 1.528 milioni di senza precedenti degli indicatori del euro del 2011 a 1.130 bilancio, consente di milioni di euro del riprendere alcune considerazioni 2014. in relazione a volumi di attività, Confrontando il valore delrisultati economici e flussi di cassa. le vendite all’inizio e alla fine 543


PUR RIMANENDO IN TERRENO NEGATIVO, LA REDDITIVITÀ NETTA MOSTRA SEGNI DI MIGLIORAMENTO NEL CORSO DEL 2014

dell’arco temporale esaminato, si riscontra una riduzione complessiva del 24%, segno di una costante e consistente contrazione dell’attività. Tale trend è sostanzialmente confermato anche dall’andamento del Valore della Produzione che si riduce del 30% nel quinquennio, passando dai 1.519 milioni del 2010 ai 1.067 milioni del 2014. Risultati economici. I risultati economici a livello aggregato risentono degli effetti negativi determinati sia dal ridimensionamento dei volumi di vendita, sia dalla struttura rigida dei costi. Nell’ultimo anno osservato vanno segnalati miglioramenti sul fronte sia del MOL sia del Reddito Operativo. In particolare, in rapporto al Valore della Produzione, il Margine Operativo Lordo (MOL) muove da un peso del 5,35% nel 2010 per giungere a un’incidenza del 6,13% nel 2014. Il tutto sebbene a livello assoluto la grandezza si riduca del 19% da 81,3 milioni a 65,4 milioni. Nell’ultimo anno si sono pertanto registrati progressi sul fronte della marginalità, anche se il livello raggiunto nel 2014 risulta inferiore a quello di inizio periodo. Tale effetto si riscontra anche con riguardo al Risultato Operativo che si riduce in termini assoluti nel quinquennio da 45,1 a 31,1 milioni di euro (-31%), sebbene i termini percentuali l’incidenza sul Valore della Produzione passi dal 2,97% al 2,92%. La redditività netta, infine, risulta sempre negativa, seppur con accenti diversi nel lustro indagato. Si comincia su valori di sostanziale pareggio nel 2010 (- 0,1 milioni di euro), si passa ad una leggera perdita (2 milioni di euro) nel 2011, mentre nel 2012 (45,2 milioni) e

Renato Camodeca

nel 2013 (40,6 milioni di euro) si raggiungono livelli elevati di assorbimento delle risorse economiche. Infine, nell’ultimo anno osservato il dato migliora, seppur attestandosi a quota -9,2 milioni di euro. Flussi di cassa. L’andamento dei flussi di cassa è stato sempre positivo nel quinquennio con un conseguente costante miglioramento della Posizione Finanziaria Netta a livello aggregato. Tale indicatore, infatti, si riduce drasticamente nell’ultimo quinquennio passando da 581 milioni di euro del 2010 a 529 milioni del 2011, a 517 milioni di euro del 2012, a 431 milioni di euro nel 2013 e a 348 milioni del 2014: in termini percentuali si registra un calo del 40% nel quinquennio 2010-2014. Il decremento dell’indebitamento finanziario, confermato nel 2014 in coerenza con la tendenza del periodo precedente, attesta dunque sia la riduzione degli utilizzi di linee autoliquidanti a valere 544

sui volumi di attività, sia - più in generale - gli effetti di una politica delle imprese volta a ricomporre il quadro delle fonti e a ridurre la dipendenza dal sistema bancario. Il tutto va comunque inserito in un quadro generale di grave crisi sul piano dei fatturati e dei margini operativi, nonostante su quest’ultimo aspetto siano continuati nel 2014 alcuni segnali di miglioramento. Per quanto riguarda la struttura patrimoniale e finanziaria, dal confronto fra i rapporti di indebitamento per il decennio 2005 - 2014 si coglie un significativo miglioramento della capitalizzazione delle imprese: gli indicatori in parola, infatti, si collocano su valori inferiori a cinque per tutto il periodo 2005 - 2014, con un’evoluzione positiva a partire dall’esercizio 2008 e il raggiungimento del livello più contenuto nell’ultimo anno indagato, il 2014, con un parametro che si attesta su un valore di 2,17. Per quanto attiene alla redditività, dal confronto fra gli indicatori per il decennio 2005- 2014 emerge una progressiva erosione della marginalità operativa fino al 2012 e una leggera ripresa nell’ultimo biennio osservato. Tale trend è sostanzialmente confermato anche sulla redditività netta: il ROE risulta infatti sempre superiore al 9% nel periodo 20052007, poi in calo al 3,4% nel 2008 e infine negativo dal 2009 in poi. Il dato, che è conferma della situazione di difficoltà del settore, è tuttavia da calare nell’ambito del contesto macroeconomico di riferimento, che attraversa una crisi di sistema senza precedenti.


CARICHE SOCIALI CONSIGLIO DIRETTIVO Presidente: rag. TIZIANO PAVONI Vicepresidenti: sig. ERNESTO BRUNI ZANI dott. ARTURO DOTTI geom. MARIO PAROLINI Cassiere: sig. GIORGIO ARCHETTI Cassiere supplente geom. STEFANO VEZZOLA Consiglieri: geom. STEFANO ASSINI geom. PRIMO IDER geom. PAOLO BETTONI geom. RENATO PE geom. GIULIANO CAMPANA ing. FABIO RIZZINELLI ing. ANGELO DELDOSSI geom. ANGELO ZILIANI rag. FAUSTO GASPARINI REVISORI DEI CONTI Presidente dott. GIAMPAOLO PREMOLI Effettivi: rag. MARIA MORASCHI geom. ALBERTO SILVIOLI GIUNTA Coordinatore

rag. GIUSEPPINA LANZETTI geom. ROBERTO AIMI geom. ADRIANO ANTONUTTI sig.ra EMILIA ARDESI geom. LEONE BAFFELLI geom. FERRUCCIO BENETELLI sig. LUCIANO BERTOLASIO ing. FABRIZIO BERTOLI sig. MASSIMO BETTONI geom. MAURO BIONDO geom. GIORGIO CADEO arch. DAVIDE CAMPANA sig. RAFFAELE COLLICELLI geom. EMANUELE CORSINI sig. ANGELO DEL BONO arch. GIACOMO GAIDONI sig. RUDY GATTA sig. CORRADO GATTI

sig. PAOLO GIACOMELLI geom. SERGIO GIRELLI sig. FULVIO GOFFI geom. LORENZO GUERINI arch. AMEDEO MASCOTTO geom. ALFREDO MORANDA geom. IVAN ONESTI geom. ABBONDIO PELLEGRINI ing. ALBERTO POLA geom. NUNZIO PONZONI geom. MARIO RODA geom. GIANFRANCO RONCHI geom. ALESSIO ROSSINI geom. GUIDO ROSSINI geom. ARMANDO SINA geom. CLAUDIO TONELLI sig. GIANNINO ZANARDELLI

COMITATO DI AMMISSIONE A SOCIO E VIGILANZA Presidente: geom. STEFANO ASSINI Componenti:

geom. PAOLO BETTONI dott. ARTURO DOTTI

sig. CESARE FACCHETTI rag. FAUSTO GASPARINI

GRUPPO GIOVANI COSTRUTTORI Presidente: sig.ra EMILIA ARDESI Vicepresidenti

arch.GIACOMO GAIDONI

ing. ALBERTO MAZZOLA

Consiglieri: arch. SEVERINO ARICI sig. SANTO PRANDELLI geom. ALBERTO DI LERNIA arch. ALESSANDRA SILVIOLI sig. LUCA PAVONI geom. ANDREA STEFANINI COMITATO DI GESTIONE FONDO ASSISTENZA IMPRENDITORI SOCI Presidente: geom. ALBERTO SILVIOLI Componenti:

geom. GIORGIO CADEO arch. DAVIDE CAMPANA dott. ARTURO DOTTI

rag. FAUSTO GASPARINI geom. PRIMO IDER


PRONTUARIO GIURIDICO AMMINISTRATIVO

COLLEGIO DEI COSTRUTTORI EDILI DI BRESCIA E PROVINCIA

PANTONE 281 CMYK 100 - 72 - 0 - 32 RGB 0 - 40 - 104

PANTONE COOL GRAY 9 CMYK 0 - 0 - 0 - 60 RGB 135 - 135 - 135

LAVORO - Jobs Act - d.lgs. n. 148/2015 - riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali - G.U. n. 221/2015 - commento Ance - Jobs Act - Ministero del Lavoro d.lgs. n. 148/2015 - riforma degli ammortizzatori sociali - circolare n. 24/2015

TRIBUTI - Interventi di recupero e riqualificazione energetica (50% - 65%) - quando spettano le agevolazioni fiscali per gli interventi di demolizione e ricostruzione di fabbricati pag. 575

pag. 548

pag. 550

- Ministero del Lavoro - Jobs Act - d.lgs. 148/2015 - Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria - note integrative alla circolare 24/2015 - circolare n. 30/2015 pag. 556 - Ministero del Lavoro - distacco di personale all’estero - abrogazione della autorizzazione nota n. 20578/2015

- Delega fiscale - pubblicazione dei decreti attuativi e rinvio della riforma del catasto

pag. 576

- Riforma del sistema sanzionatorio penale e amministrativo

pag. 576

- Semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione

pag. 576

pag. 557

- Revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario pag. 577

- Ministero del Lavoro - d.lgs. n. 151/2015 Jobs Act - libro unico del lavoro, lavoro sommerso e assegni nucleo familiare - modifica delle sanzioni - circolare n. 26/2015 pag. 557

- Stima e monitoraggio dell’evasione fiscale e monitoraggio e riordino delle disposizioni in materia di erosione fiscale pag. 577

- Ministero del Lavoro - contratto di solidarietà concessione degli sgravi contributivi circolare n. 25/2015 pag. 561

- Tassa di possesso autoveicoli - Regione Lombardia regolarizzazione agevolata del “bollo” pag. 577

- Riordino delle agenzie fiscali pag. 577

- Ministero del Lavoro - tutela della maternità d.lgs. n. 151/2001 - riposi giornalieri della lavoratrice pag. 561 madre - rinuncia - interpello n. 23/2015

INDICI

- Inps - Gestione Separata - accreditamento azienda committente - rilascio nuovo applicativo messaggio n. 6531/2015 pag. 562 - Testo Unico sulla Sicurezza - d.lgs. 81/08 d.lgs. 151/2015 - semplificazione e razionalizzazione di norme

pag. 562

Legge n. 297/82 - tfr indice rivalutazione mese di settembre 2015

pag. 563

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- Equo canone - Variazione indici prezzi al consumo

pag. 578

- Tfr - legge 297/82

pag. 578

- Indice Istat del costo della vita

pag. 578


PRONTUARIO GIURIDICO AMMINISTRATIVO

LAVORI PUBBLICI - Centrali di committenza obbligatorie dal 1° novembre - Fino al 31-12-2015 l’esclusione automatica delle offerte anomale è utilizzabile per appalti fino a 5.186.000

TECNICA EDILIZIA pag. 579

pag. 579

- Requisiti di qualificazione Soa riferiti agli ultimi 10 anni scadenza del regime transitorio il 31/12/2015 pag. 579 - Soa - possibile la deroga al direttore tecnico architetto in OG2

- Per l’Anac la mancata erogazione di fondi non giustifica il mancato pagamento all’appaltatore pag. 580 pag. 581

- Le clausole del bando prevalgono rispetto a quelle di capitolato

pag. 584

- Se l’impresa rifiuta il soccorso istruttorio non è tenuta al pagamento della sanzione

pag. 584

pag. 589

- Attestato di prestazione energetica domande frequenti

pag. 590

VARIE

pag. 579

- Non esiste aclun obbligo di indicare con l’offerta i nominativo dei subappaltatori

- Obblighi in vigore dal primo ottobre 2015 in materia di certificazione energetica

- Schema di contratto di appalto tipo per lavori privati

pag. 591

- Sottoprodotti - la frantumazione è ammessa come normale pratica industriale

pag. 591

- Albo Gestori Ambientali - trasporto dei propri rifiuti da parte delle imprese iscritte nella categoria 4 e 5 pag. 591

ANCE INFORMA

URBANISTICA - Scia: il Comune non può sospendere il termine di 30 giorni per le verifiche

pag. 585

- Piano per le periferie: pubblicato il bando per presentare i progetti

pag. 585

- Differenze tra “restauro e risanamento conservativo” e “ristrutturazione edilizia”

pag. 586

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pag. 592


LAVORO COLLEGIO DEI COSTRUTTORI EDILI DI BRESCIA E PROVINCIA

JOBS ACT - D.LGS. N. 148/2015 - RIORDINO DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI AMMORTIZZATORI SOCIALI - G.U. N. 221/2015 COMMENTO ANCE A seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 221/so n. 53 del 23 settembre 2015 del D.Lgs. n. 148 del 14 settembre 2015, si forniscono in calce le prime note di commento fornite dall’ANCE in merito alle novità previste in materia di ammortizzatori sociali, attuative dell’art. 1, comma 2, lettera a), della legge 10 dicembre 2014, n. 183, riguardante gli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro. Prime illustrazioni del contenuto del D.Lgs n. 148/15 sugli ammortizzatori sociali L’intento principale del decreto in esame è quello di racchiudere in un corpo normativo unico le diverse disposizioni in materia di integrazioni salariali ordinarie, straordinarie e di fondi di solidarietà. In particolare, dal punto di vista strutturale, il decreto legislativo si compone di 47 articoli, suddivisi in quattro titoli come di seguito individuati: - Trattamenti di integrazione salariale (da art. 1 ad art. 25); - Fondi di solidarietà (da art. 26 ad art. 40); - Contratti di solidarietà espansiva (art. 41); - Disposizioni transitorie e finali (da art. 42 ad art.47). Disposizioni generali Il titolo I è articolato in tre Capi recanti, rispettivamente, alcune disposizioni generali, la disciplina in materia di integrazioni salariali ordinarie e la disciplina in materia di integrazioni salariali straordinarie. Gli articoli 1 e 2 definiscono il campo di applicazione soggettivo delle disposizioni in materia di cassa integrazione guadagni, individuando i lavoratori destinatari del trattamento di integrazione salariale ordinario e straordinario e prevedendo i requisiti soggettivi che devono sussistere in capo al lavoratore per accedere al trattamento. In particolare, i trattamenti di integrazione salariale ordinaria e straordinaria possono essere concessi ai lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, ivi compresi gli apprendisti con contratto di apprendistato professionalizzante, con esclusione dei dirigenti e dei lavoratori a domicilio. La concessione è subordinata al conseguimento di una anzianità di effettivo lavoro, presso l’unità produttiva per la quale è richiesto il trattamento, di almeno 90 giorni alla data di presentazione della domanda di concessione del trattamento. Tale ultima condizione, estesa pertanto alla cassa

integrazione ordinaria, non è necessaria solo per le domande di Cigo riconducibili ad eventi oggettivamente non evitabili nel settore industriale (meteorologico in edilizia). Come precedentemente rilevato, una delle novità della281riforma consiste PANTONE nell’ampliamento delle CMYK 100platea - 72 - 0 -dei 32 destinatari di tali trattamenti, vede RGBche 0 - 40 - 104 infatti includere anche gli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante. Per tale categoria di lavoratori, nel caso siano alle dipendenze di imprese, come quelle del settore edile, che possono accedere alle integrazioni salariali sia ordinarie che straordinarie, oppure delle sole integrazioni salariali ordinarie, è consentito esclusivamente l’accesso alle integrazioni salariali ordinarie. Resta inteso che il periodo di apprendistato dovrà essere prolungato in misura equivalente all’ammontare delle ore di integrazione salariale fruite e che, dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, le imprese sono soggette ai medesimi obblighi contributivi previsti per le integrazioni salariali di cui sono destinatari gli apprendisti. L’articolo 3 conferma quanto già previsto dalla normativa vigente in materia di misura del trattamento d’integrazione salariale, che sarà quindi d’importo pari all’80% della retribuzione globale che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate, comprese fra le ore zero e il limite dell’orario contrattuale. L’articolo 4 revisiona la durata massima complessiva delle integrazioni salariali: per le imprese industriali e artigiane dell’edilizia e affini e le imprese industriali e artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, per ciascuna unità produttiva, il trattamento ordinario e straordinario di integrazione salariale non potrà superare la durata massima complessiva di 30 mesi in un quinquennio mobile, a differenza dei 36 mesi previsti nella previgente disciplina, nella quale peraltro, il quinquennio veniva calcolato in un periodo fisso. L’articolo 5 stabilisce l’applicazione di un contributo addizionale a carico delle imprese che presentano domanda di integrazione salariale commisurato, al crescente utilizzo dei trattamenti integrativi. Pertanto, sarà pari al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate relativamente ai periodi di integrazione ordinaria o straordinaria fruiti all’interno di uno o più interventi concessi, sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile; al 12% oltre le suddette 52 settimane e sino a 104 settimane in un quinquennio mobile; al 15% oltre le 104 settimane e fino al limite massimo di utilizzo previsto per il quinquennio mobile. Resta confermato che, per i periodi di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro per i quali è ammessa l’integrazione salariale, è riconosciuto l’accredito della contribuzione

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figurativa utile per il conseguimento del diritto alla pensione anticipata o di vecchiaia e per la relativa misura. Il pagamento delle integrazioni salariali dovrà essere effettuato, di regola, dall’impresa ai dipendenti alla fine di ogni periodo di paga PANTONE COOL GRAY 9 e sarà poi la stessa impresa il rimborso all’Inps o CMYK 0 -a0 chiederne - 0 - 60 il pagamento conguaglio tra conRGB 135 - 135 - tramite 135 tributi dovuti e prestazioni corrisposte. In relazione a tal ultimo aspetto, è stata introdotta una novità consistente in un termine di decadenza, pari a 6 mesi dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata della concessione o dalla data del provvedimento di concessione se successivo, entro il quale sono ammessi il conguaglio o la richiesta di rimborso delle integrazioni corrisposte ai lavoratori. Resta confermata, sia per la Cigo che per la Cigs, la possibilità di richiedere all’Inps il pagamento diretto al lavoratore nel caso di serie e documentate difficoltà finanziarie dell’impresa. Il capo primo, relativo alle disposizioni generali, conclude ricordando che i lavoratori beneficiari di integrazioni salariali per i quali la sospensione o riduzione dell’orario di lavoro, calcolata in un periodo di 12 mesi, sia superiore al 50%, saranno soggetti alle norme sulla condizionalità e sulle politiche attive del lavoro, pena la perdita del diritto al trattamento integrativo. Cassa integrazione guadagni ordinaria (Cigo) Il capo II, dedicato integralmente alla Cassa integrazione ordinaria, non prevede modifiche sostanziali alla relativa disciplina, ma mira principalmente ad un riordino delle diverse disposizioni normative che sino ad oggi hanno regolato tale istituto. L’articolo 11 individua le causali di intervento che comportano la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro. Si tratta, in particolare, di eventi riconducibili a: • situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti (in edilizia rientrano in tale ambito la mancanza di lavoro o fine cantiere, la mancanza di commesse, fine fase lavorativa e fine lavoro etc), incluse le intemperie stagionali; • situazioni temporanee di mercato. In relazione alla durata massima della Cigo, restano confermate le disposizioni previgenti che consentono di fruire di tale trattamento per un periodo massimo pari a 13 settimane continuative, prorogabili trimestralmente fino a un massimo complessivo di 52 settimane. In questo ultimo caso, sarà possibile richiedere per la medesima unità produttiva un nuovo intervento solo se sia trascorso un periodo almeno di 52 settimane di normale attività lavorativa. Se la Cigo, invece, è fruita per periodi non consecutivi, non potrà superare complessivamente la durata di 52


LAVORO

settimane in un biennio mobile. Per la determinazione dei suddetti limiti, in edilizia è stato confermato che devono essere computate sia le settimane di sospensione che di riduzione di orario a qualsiasi titolo fruite, comprese, quindi, le settimane riconducibili ad eventi oggettivamente non evitabili, vale a dire per l’edilizia gli eventi meteorologici. Una importante novità in materia di Cigo riguarda invece la disposizione che prevede che non si possano autorizzare ore di integrazione salariale ordinaria eccedenti il limite di un terzo delle ore ordinarie lavorabili nel biennio mobile, riferito a tutti i lavoratori dell’unità produttiva mediamente occupati nel semestre precedente la domanda di concessione dell’integrazione salariale. A tal riguardo l’Inps ha preannunciato che, per il settore edile, al fine di rendere applicabile tale previsione normativa, saranno effettuate valutazioni ed approfondimenti che tengano conto delle dinamiche dei cantieri. Le aliquote della contribuzione ordinaria sono state ridotte in tutti i settori produttivi di circa il 10%, portando così il contributo a carico delle imprese dell’industria e artigianato edile per gli operai e gli impiegati, rispettivamente, al 4,70% ed all’ 1.70% (2.20% per le imprese sopra i 50 dipendenti) della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. In riferimento al contributo addizionale, come precedentemente determinato, il legislatore ha confermato che non sarà dovuto per gli interventi di Cigo concessi per eventi oggettivamente non evitabili e quindi, per l’edilizia, gli eventi meteorologici. Per ciò che riguarda gli aspetti procedurali, fermo restando che in edilizia le disposizioni concernenti l’informativa e la consultazione sindacale interessano esclusivamente le richieste di proroga dei trattamenti oltre le prime 13 settimane continuative, rappresentano due novità le disposizioni che prevedono l’obbligo di allegare all’istanza l’elenco dei nominativi dei lavoratori interessati dall’intervento della Cigo e di presentarla, sempre in via telematica, all’Inps, entro il termine di 15 giorni dall’inizio della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa. L’articolo 16, nell’ottica del legislatore di semplificare le procedure, introduce un’importante novità in merito alle competenze ed al procedimento istruttorio, prevedendo, a decorrere dal 1° gennaio 2016, l’abrogazione delle Commissioni provinciali Inps. A seguito di tale novità, i trattamenti salariali ordinari saranno concessi dalle sedi Inps territorialmente competenti solo in presenza di determinate condizioni e criteri di valutazione, individuati da un decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali che dovrà essere emanato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo. Eventuali ricorsi dovranno essere presentati entro 30 giorni dalla comunicazione

del provvedimento di rigetto al Comitato amministratore della gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti. Cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs) Il Capo III, che disciplina esclusivamente il trattamento straordinario di integrazione salariale, conferma il precedente ambito applicativo, facendo rientrare nella disciplina in materia di intervento straordinario di integrazione salariale e dei relativi obblighi contributivi le imprese, tra cui, ovviamente, quelle industriali del settore edile, che nel semestre precedente la data di presentazione della domanda abbiano occupato mediamente più di quindici dipendenti, inclusi gli apprendisti e i dirigenti. Viene altresì confermato che, nel caso di richieste presentate prima che siano trascorsi sei mesi dal trasferimento di azienda, il requisito relativo alla classe dimensionale deve sussistere, per l’impresa subentrante, nel periodo decorrente alla data del predetto trasferimento. Una delle principali novità della riforma è contenuta nell’art. 21, il quale riduce sensibilmente le causali d’intervento per l’accesso alla Cigs. In sostanza queste saranno tre ed interesseranno le imprese che, in presenza dei requisiti di seguito illustrati, vorranno attuare una sospensione o una riduzione dell’attività lavorativa per: a) riorganizzazione aziendale; b) crisi aziendale, ad esclusione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa; c) contratti di solidarietà. Per la causale riorganizzazione, nell’ambito della quale rientreranno anche la ristrutturazione e la riconversione, dovrà essere presentato un piano di interventi volto a fronteggiare le inefficienze della struttura gestionale o produttiva oltre ad un consistente recupero occupazionale, che contenga indicazioni in merito agli investimenti e all’eventuale attività di formazione da attuarsi durante l’intervento dell’ammortizzatore sociale. Per ciascuna unità produttiva, la durata massima di tale causale sarà pari a 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile. In relazione alla crisi aziendale, il programma presentato dalle imprese dovrà contenere, come nella precedente disciplina, un piano di risanamento volto al riequilibrio dei fattori di natura produttiva, finanziaria, gestionale. Il programma dovrà, altresì, indicare gli interventi volti a realizzare gli obiettivi finalizzati alla continuazione dell’attività aziendale e alla salvaguardia occupazionale. Per tale causale, la Cigs potrà avere, per ciascuna unità produttiva, una durata massima di 12

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mesi, anche continuativi. Una nuova autorizzazione potrà essere concessa trascorsi i due terzi del periodo relativo alla prima autorizzazione (ossia 8 mesi). Rispetto alla causale di crisi aziendale, è prevista una deroga alla disciplina ordinaria applicabile in materia di durata dei trattamenti di cui all’art. 4, comma1, applicabile nel triennio 2016 – 2018 e nei limiti di spesa di 50 milioni di euro per ciascun anno, deroga che consente alle aziende, escluse quelle del settore edile, di accedere ad un ulteriore periodo di Cigs nel limite rispettivamente di dodici, nove e sei mesi, nel caso di crisi aziendale per cessazione di attività produttiva, a condizione però che sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell’azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale. Per le suddette causali di intervento (riorganizzazione e crisi), la previsione secondo la quale potranno essere autorizzate solo sospensioni che non comportino una riduzione di orario nell’unità produttiva superiore all’80% delle ore lavorabili, entrerà in vigore trascorsi 2 anni dal 24 settembre scorso, ossia dall’entrata in vigore del decreto in oggetto. Nell’ambito delle causali delle integrazioni salariali straordinarie, il legislatore ha inserito, infine, i contratti di solidarietà difensivi, c.d. di “tipo A”, ai quali viene estesa anche la disciplina relativa alla misura delle prestazioni e dei massimali precedentemente indicati, nonché la relativa contribuzione a carico dell’impresa. Fermo restando che la riduzione media oraria non potrà essere superiore al 60% dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di solidarietà, il nuovo dettato normativo prevede che, per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non potrà superare il 70% nell’arco dell’intero periodo per il quale il contratto di solidarietà è stipulato. Tale causale consente, per ciascuna unità produttiva, la concessione del trattamento straordinario per una durata massima di 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile. La disposizione relativa alla durata massima dei contratti di solidarietà, che prevede che sia computata nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente non verrà applicata alle imprese edili e affini. Tale principio derogatorio scaturisce, secondo il legislatore, dalle specificità del settore che non consentono, pur non escludendolo, l’utilizzo dei contratti di solidarietà. Per questo motivo, comunque, il comparto edile potrà beneficiare di una durata massima degli ammortizzatori pari a 30 mesi in un quinquennio mobile, e non 24 come gli altri settore dell’industria. Una nuova disciplina regolerà la materia relativa alle


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quote di accantonamento del TFR relative alla retribuzione persa a seguito della riduzione dell’orario di lavoro, le quali restano a carico della gestione di afferenza, con l’eccezione delle quote relative a lavoratori licenziati per motivo oggettivo o nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo, entro 90 giorni dal termine del periodo di fruizione del trattamento di integrazione salariale, ovvero entro 90 giorni dal termine del periodo di fruizione di un ulteriore trattamento straordinario di integrazione salariale concesso entro 120 giorni dal termine del trattamento precedente. Anche per le altre causali di Cigs, l’impresa non potrà recuperare le quote di TFR versate in corrispondenza delle integrazioni salariali in caso di licenziamento del dipendente al termine del periodo di cassa integrazione. Relativamente al divieto assoluto previsto dalla precedente normativa di richiedere la Cigs per le unità produttive per le quali l’impresa, con riferimento agli stessi periodi, abbia in corso l’intervento ordinario, il nuovo dettato normativo dispone che tale divieto varrà solo per causali sostanzialmente coincidenti tra i due ammortizzatori sociali. Con riguardo alla contribuzione ordinaria per il finanziamento degli ammortizzatori sociali straordinari, restano confermate le aliquote sino ad oggi applicate, pari allo 0,90% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali dei lavoratori, di cui lo 0,30% a carico del lavoratore. Per ciò che riguarda il contributo addizionale, fermo restando quanto indicato precedentemente in merito alla misura, il legislatore ha previsto che, un apposito decreto, da emanarsi entro 60 giorni dall’entrata in vigore della riforma in oggetto, definirà un incremento delle citate aliquote addizionali, applicabile a titolo di sanzione per il mancato rispetto delle modalità di rotazione tra i lavoratori. Le fasi più strettamente operative impegnano l’impresa richiedente la Cigs per riorganizzazione o crisi a presentare una comunicazione, direttamente o per il tramite dell’associazione imprenditoriale cui aderisce, alle rappresentanze sindacali aziendali, nonché alle articolazioni sindacali territoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, contenente le seguenti indicazioni: - le cause della sospensione o riduzione dell’orario di lavoro; - l’entità e la durata prevedibile della sospensione o della riduzione; - il numero dei lavoratori interessati dal programma. Entro i successivi tre giorni dal ricevimento della comunicazione, una delle parti suddette dovrà presentare istanza di esame congiunto, la quale che dovrà essere trasmessa ai competenti uffici regionali o al Ministero del lavoro nel caso di unità produttive ubicate in più regioni. Nell’ambito dell’esame congiunto, le imprese dell’edilizia che richiederanno la Cigs per riorga-

nizzazione o crisi aziendale non saranno tenute a dichiarare espressamente la non percorribilità della causale riconducibile al contratto di solidarietà, condizione invece prevista obbligatoriamente per le imprese degli altri settori industriali. La suddetta procedura dovrà concludersi entro 25 giorni (10 per le imprese fino a 50 dipendenti), decorrenti dalla richiesta di esame congiunto. L’articolo 25, l’ultimo del Titolo I, fornisce infine le nuove indicazioni circa i tempi e le modalità di presentazione delle domande di Cigs. Queste dovranno essere presentate, in via telematica ed in unica soluzione, contestualmente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e alle Direzioni territoriali del lavoro competenti per territorio, entro sette giorni dalla data di conclusione della procedura di consultazione sindacale o dalla data di stipula dell’accordo collettivo aziendale. L’istanza dovrà essere corredata dall’elenco nominativo dei lavoratori interessati dalla Cigs (precedentemente tale obbligo interessava solo i contratti di solidarietà), per consentire le attività e gli obblighi attinenti alle politiche del lavoro, divenuti obbligatori per il mantenimento del diritto alla prestazione integrativa. Un altro elemento di assoluta novità è quello relativo alle decorrenze delle sospensioni o della riduzione dell’orario, che non potranno iniziare prima del trentesimo giorno successivo alla data di presentazione della domanda. Tale previsione, ad ogni modo, interesserà le istanze presentate successivamente al 1° novembre 2015. Sempre con riferimento agli adempimenti relativi alla presentazione delle istanze, in caso di presentazione tardiva, il trattamento decorrerà dal trentesimo giorno successivo alla presentazione della domanda e, se l’omessa o tardiva presentazione della domanda cagionasse a danno dei lavoratori una perdita parziale o totale del diritto all’integrazione salariale, l’impresa sarà tenuta a corrispondere una somma di importo equivalente all’integrazione salariale persa e non della retribuzione piena. Nei tre mesi antecedenti la conclusione dell’intervento di integrazione salariale, le DTL competenti effettueranno le verifiche sugli impegni aziendali, e in caso di mancato svolgimento del programma presentato dall’impresa, sarà avviato un procedimento di riesame del decreto di autorizzazione della Cigs, che dovrà concludersi nei successivi 90 giorni con un nuovo decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il sistema dei Fondi di solidarietà, istituti dalla L. n. 92/12, trova ampia trattazione nel titolo II del decreto in oggetto. L’ambito applicativo di tali Fondi e la relativa disciplina, peraltro, non interessando le imprese del comparto dell’industria edile in quanto ampiamente tutelate dalla normativa

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in materia di integrazioni salariali ordinarie e/o straordinarie, non saranno oggetto di approfondimento nella presente nota. Su tale aspetto, ad ogni modo, sarà cura dell’Ance fornire, nell’ambito di una prossima comunicazione, opportuni chiarimenti in relazione alla particolare disciplina dei c.d. Fondi di solidarietà residuali che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, interesseranno il sistema Associativo nazionale e territoriale, nonché il sistema della bilateralità, nei casi in cui non siano previste le tutele garantite dagli ammortizzatori sociali ordinari e/o straordinari. Il titolo III disciplina i contratti di solidarietà espansivi, i quali consentono, per i primi 12 mesi, di ottenere un contributo pari al 15% della retribuzione lorda prevista dal contratto a carico dell’Inps per ogni nuova assunzione a tempo indeterminato, a fronte della riduzione stabile dell’orario di lavoro e della retribuzione dei lavoratori già in organico. Il titolo IV, infine, richiama una serie di disposizioni transitorie e finali tra cui, in particolare, si evidenzia quella che prevede che le nuove regole contenute nel decreto siano applicabili solo ai trattamenti richiesti a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo, ossia dal 24 settembre 2015. Pertanto, gli accordi sindacali conclusi prima di tale data, anche se la cassa integrazione non è stata autorizzata, restano validi anche se prevedono durate maggiori. I periodi fruiti successivamente al 24 settembre 2015 verranno, però, conteggiati ai fini dei nuovi limiti di durata previsti dall’art. 4 del Decreto in esame. In questo modo si precisa che nel nuovo quinquennio mobile non verranno computati i periodi fruiti antecedentemente al suddetto 24 settembre e che le aziende, quindi, possono considerare azzerati i rispettivi contatori. Si fa riserva di fornire tempestiva comunicazione delle circolari esplicative delle suddette disposizioni normative che l’Inps e il Ministero del lavoro pubblicheranno sui rispettivi portali informatici.

JOBS ACT - MINISTERO DEL LAVORO - D. LGS. N. 148/2015 - RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI - CIRCOLARE N. 24/2015 Si informa che il Ministero del Lavoro n. 24 del 5 ottobre 2015, che si riproduce in calce alla presente, ha fornito prime indicazioni di natura operativa in merito alle nuove disposizioni concernenti la riforma degli ammortizzatori sociali di cui al D.Lgs.


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n. 148/2015. Si fa pertanto riserva di fornire ogni ulteriore ed opportuno approfondimento qualora emergessero nuove indicazioni operative. Ministero del Lavoro Roma, 5 ottobre 2015 Circolare n. 24 Oggetto: Decreto legislativo n. 148 del14 settembre 2015 recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”. Causali d’intervento, durata del trattamento e procedimento amministrativo per la concessione del trattamento straordinario d’integrazione salariale. ll decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015, recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatoti sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge l O dicembre 2014, n. 183 “ (da ora, il decreto legislativo n. 148), è stato pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 23 settembre 2015, Serie generale, ed è entrato ~n vigore il giorno 24 settembre (cfr. articolo 47 del decreto legislativo), Nell’abrogare gli articoli l, 2 e da 12 a 14 della legge 23 luglio 1991~ n. 223 e il decreto del Presidente della Repubblica 10 giugno 2000, n. 218 (articolo 46, comma l, lettere m) e o), il decreto legislativo n. 148 ha contestualmente introdotto, tra l’altro, nuove disposizioni in materia di causali d’intervento, durata del trattamento e procedimento amministrativo per la concessione del trattamento straordinario d’integrazione salariale. Acquisito il parere dell’Ufficio Legislativo prot. 4705 del 2 ottobre 2015, si forniscono, dunque, di seguito le prime indicazioni e chiarimenti operativi in merito alle nuove disposizioni recate dal provvedimento normativo di riordino della materia degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, con particolare riferimento al trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria. 1. Entrata in vigore del decreto legislativo n. 148 e decorrenza delle nuove regole. Il Decreto Legislativo n. 148 è entrato in vigore il giorno 24 settembre 2015. L’articolo 44, comma 1, dispone che, quando non diversamente indicato, la nuova normativa si applica ai trattamenti di integrazione salariale richiesti a decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento. Pertanto, ai trattamenti per i quali è stata presentata istanza a decorrere dal 24 settembre 2015, si applicano le nuove disposizioni in materia di cassa integrazione

guadagni straordinaria recate dal decreto legislativo n. 148, non incidendo i precedenti interventi di CIGS sull’applicazione della nuova normativa, fatto salvo quanto riportato nel paragrafo 4.2.1 con riferimento alla fattispecie della crisi aziendale. 2. Campo di applicazione. L’articolo l del decreto legislativo n. 148 stabilisce l’ambito di applicazione soggettivo dell’istituto con riferimento ai lavoratori, disponendo che sono destinatari dei trattamenti di integrazione salariale i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, ivi compresi gli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante (cfr. articolo 44 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 ), con esclusione dei dirigenti e dei lavoratori a domicilio. Al fine di beneficiare del trattamento d’ integrazione salariale, i lavoratori innanzi citati devono possedere, presso l unità produttiva per la quale è richiesto il trattamento, un’anzianità di «effettivo lavoro» di almeno novanta giorni alla data di presentazione della relativa domanda di concessione. Tale condizione non è necessaria per le domande relative a trattamenti ordinari di integrazione salariale per eventi oggettivamente non evitabili nel settore industriale. Il requisito dell’anzianità pari a novanta giornate di effettivo lavoro del lavoratore che passa alle dipendenze dell’impresa subentrante nell’appalto si computa tenendo conto del periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata. Per giornate di «effettivo lavoro» si intendono le giornate di effettiva presenza al lavoro, a prescindere dalla loro durata oraria, ivi compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività e infortuni. Alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 423 del 6 settembre 1995, sono computati anche i periodi di astensione dal lavoro per maternità obbligatoria. L’articolo 20 del Decreto Legislativo n.148 stabilisce poi, l’ambito di applicazione oggettivo dell’istituto con riferimento ai datori di lavoro, individuando i settori che rientrano nel campo di applicazione del medesimo. La disciplina in materia di intervento straordinario di integrazione salariale e i relativi obblighi contributivi trovano applicazione in favore delle seguenti imprese, che nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente più di quindici dipendenti, inclusi gli apprendisti e i dirigenti: a) imprese industriali, comprese quelle edili ed affini; b) imprese artigiane che procedono alla sospensione dei lavoratori in conseguenza di sospensioni o riduzioni dell’attività dell’impresa che esercita l’influsso gestionale prevalente; c) imprese appaltatrici di servizi di mensa

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o ristorazione, che subiscano una riduzione di attività in dipendenza di situazioni di difficoltà dell’azienda appaltante che abbiano comportato per quest’ultima il ricorso al trattamento ordinario o straordinario di integrazione salariale; d) imprese appaltatrici di servizi di pulizia, anche se costituite in forma di cooperativa che subiscano una riduzione di attività in conseguenza della riduzione delle attività dell’azienda appaltante, che abbiano comportato per quest’ultima il ricorso al trattamento straordinario di integrazione salariale; e) imprese dei settori ausiliari del servizio ferroviario, ovvero del comparto della produzione e della manutenzione del materiale rotabile; f) imprese cooperative di trasformazione di prodotti agricoli e loro consorzi; g) imprese di vigilanza. La disciplina in materia di intervento straordinario di integrazione salariale e i relativi obblighi contributivi trovano altresì applicazione in relazione alle imprese seguenti, che nel semestre precedente la data di presentazione della domanda abbiano occupato mediamente più di cinquanta dipendenti, inclusi gli apprendisti e i dirigenti: a) imprese esercenti attività commerciali, comprese quelle della logistica; b) agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici. La medesima disciplina e i medesimi obblighi contributivi in materia trovano, altresì, applicazione, a prescindere dal numero dei dipendenti, in relazione a: a) le imprese del trasporto aereo e di gestione aeroportuale e società da queste derivate, nonché imprese del sistema aeroportuale; b)i partiti e movimenti politici e loro rispettive articolé1Zioni e sezioni territoriali e nei limiti di spesa di 8 5 milioni di euro per l anno 2015 e di 11 25 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2016, a condizione che risultino iscritti nel registro di cui ali articolo 4, comma 2, del decreto legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13. Ai fini dell’individuazione della sussistenza del requisito dimensionale di cui all articolo 20 comma l , occorre far riferimento al numero di lavoratori occupati mediamente nell’azienda nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, secondo i criteri già applicati in materia. Vale la pena di precisare a questo riguardo che la disposizione dell’articolo 20 comma l prevale su quella dell’articolo 27 del decreto legislativo n. 81 del 2015, relativa al computo dei lavoratori a tempo determinato,in quanto norma speciale per la materia della cassa integrazione guadagni straordinaria.


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3. Durata massima complessiva dei trattamenti. Quanto alla durata dei trattamenti d’integrazione salariale, l’articolo 4 ridetermina la durata massima complessiva delle integrazioni salariali, sancendo che, per ciascuna unità produttiva il trattamento ordinario e quello straordinario di integrazione salariale non possono superare la durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 22 comma 5. L’articolo 22, comma 5 dispone infatti che «ai fini del calcolo della durata massima complessiva di cui ali articolo 4, comma 1, la durata dei trattamenti per la causale «contratto di solidarietà» viene computata nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente». Premesso che il decreto legislativo n. 148 trasforma il contratto di solidarietà difensivo da istituto autonomo a causale dell’intervento di integrazione salariale straordinaria (art. 21, comma l , lett. c) e infra, sub paragrafo 4), in forza del combinato disposto degli articoli 4 e 22, comma 5, ai fini del rispetto della durata massima complessiva dei 24 mesi nel quinquennio mobile, il trattamento di integrazione salariale per la causale «contratto di solidarietà» viene computato per metà della sua durata. Ne consegue, ad esempio, che se nel quinquennio mobile il datore di lavoro chiede il trattamento di integrazione salariale solo per la causale «contratto di solidarietà» la durata massima dell’intervento potrà raggiungere i 36 mesi (fino a 24 mesi infatti l’ intervento sarà computato per 12 mesi, cui potranno aggiungersi altri 12 mesi fino al raggiungimento del tetto dei 24 mesi complessivi). Se invece, nel quinquennio mobile il datore ha già richiesto il trattamento di integrazione salariale ordinaria e/o straordinaria per causali diverse dalla causale «contratto di solidarietà» per 18 mesi, potrà richiedere il trattamento di integrazione salariale straordinaria per la causale «contratto di solidarietà» per ulteriori 12 mesi (i 12 mesi di trattamento per la causale «contratto di solidarietà» saranno computati per 6 mesi che aggiunti ai 18 già goduti, portano al raggiungimento del tetto dei 24 mesi complessivi). Se nel quinquennio mobile il datore ha, invece, già richiesto il trattamento di integrazione salariale ordinaria e/o straordinaria per causali diverse dalla causale «contratto di solidarietà» per 12 mesi potrà richiedere il trattamento di integrazione salariale straordinaria per la causale «Contratto di solidarietà» per ulteriori 24 mesi (i 24 mesi di trattamento per la causale «contratto di solidarietà» saranno computati per 12 mesi, che, aggiunti ai 12 già goduti, portano al raggiungimento del tetto dei 24 mesi complessivi).

Se nel quinquennio mobile il datore ha, invece, già richiesto il trattamento di integrazione salariale ordinaria per 12 mesi potrà richiedere, ad esempio, ulteriori l 2 mesi di contratto di solidarietà (che vengono computati per 6 mesi) potranno essere richiesti ulteriori 6 mesi di CIGO /CJGS oppure altri 12 mesi di CDS . Diversamente, se nel quinquennio mobile il datore di lavoro ha richiesto il trattamento di integrazione salariale .ordinaria per 12 mesi e ulteriori 12 mesi di CIGS {ad esempio per riorganizzazione), avendo raggiunto il limite massimo previsto dei 24 mesi nel quinquennio mobile, non potrà richiedere alcun ulteriore trattamento. Tale modalità di computo non si applica alle imprese edili e affini. Infatti, l’articolo 4, comma 2 prevede che, per ciascuna unità produttiva, il limite di durata massima complessiva dei trattamenti sia ampliato a 30 mesi in un quinquennio mobile per le imprese industriali e artigiane dell’edilizia e affini nonché per le imprese di cui all’ articolo 10, comma l, lettere n) (imprese industriali esercenti l’attività di escavazione e/o lavorazione di materiale lapideo) ed o) (imprese artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, con esclusione di quelle che svolgono tale attività di lavorazione in laboratori con strutture e organizzazione distinte dalla attività di escavazione. L articolo 44, comma 2, stabilisce che, ai fini del computo delle durate massime complessive innanzi indicate (24 mesi o 30 mesi nel quinquennio mobile) i trattamenti richiesti prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo si computano per la sola parte del periodo autorizzato successiva a tale data. Inoltre, l articolo 42, comma l, precisa ulteriormente che i trattamenti straordinari d’ integrazione salariale conseguenti a procedure di consultazione sindacale, già concluse alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, mantengono la durata prevista negli accordi, nei limiti di cui alle disposizioni di legge vigenti alla data delle stesse. Tuttavia, il comma 2 del medesimo articolo 42 prevede che, anche in tale ipotesi i trattamenti riguardanti periodi successivi ali entrata in vigore del decreto legislativo si computano ai fini della durata massima di cui all’articolo 4. In tali casi per il computo della durata dei trattamenti concessi a seguito della stipula di un contratto di solidarietà si applicheranno le disposizioni di cui ai commi 3 e 5 dell’articolo 22 limitatamente al periodo autorizzato successivo all’entrata in vigore del decreto legislativo. Le medesime disposizioni innanzi illustrate si applicano ai periodi di trattamento autorizzati ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 223 del 1991. Si evidenzia altresì che i periodi di tratta-

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mento di integrazione salariale autorizzati per qualsiasi causale secondo la previgente normativa e conclusi prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 148 non saranno computati ai fini della durata massima prevista dal’art. 4. Infine, si rappresenta che, a norma dell’articolo 21 , comma 6 l’impresa non può richiedere l intervento straordinario di integrazione salariale per le unità produttive per le quali abbia richiesto con riferimento agli stessi periodi e per causali sostanzialmente coincidenti, l intervento ordinario. Da ultimo si rileva che ai fini del calcolo per il computo del trattamento di integrazione salariale ordinario (CIGO) si applica la circolare INPS n. 58 del 28 aprile 2009 che stabilisce il criterio di calcolo della settimana integrabile computata a giorni. 4. Causali d’intervento per l’accesso al trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria e durata massima di concessione del trattamento. L’ articolo 21, comma 1, individua le causali d intervento per l accesso al trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria. L’ intervento straordinario di integrazione salariale potrà essere richiesto quando la sospensione o la riduzione dell’attività lavorativa sia determinata da una delle seguenti causali: a) riorganizzazione aziendale; b) crisi aziendale ad esclusione, a decorrere dal 1 ° gennaio 2016, dei casi di cessazione dell ‘attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa; c) contratto di solidarietà. 4.1.Riorganizzazione aziendale. Causale d’ intervento. Il secondo comma dell’articolo 21 prevede che l’intervento straordinario d’integrazione salariale possa essere concesso, invocando la causale della riorganizzazione aziendale, quando il programma di riorganizzazione presentato dall’azienda sia caratterizzato dalla presenza di un piano d’ interventi volto a fronteggiare le inefficienze della struttura gestionale o produttiva. Detto programma deve contenere indicazioni sugli investimenti e sull’eventuale attività di formazione e deve essere finalizzato a un consistente recupero occupazionale del personale interessato alle sospensioni o alle riduzioni dell’orario di lavoro. La fattispecie della «riorganizzazione aziendale», così come disciplinata dall’articolo 21 del decreto legislativo n. 148 assorbe e ricomprende in sé le fattispecie della ristrutturazione e conversione aziendale di cui al previgente articolo 1 della legge n. 223 del 1991. 4.1.1. Riorganizzazione aziendale. Durata massima di concessione del trattamento. Per la causale di riorganizzazione azien-


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dale, relativamente a ciascuna unità produttiva, il trattamento straordinario d’integrazione salariale può avere una durata massima di 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile. Si precisa che, alla luce delle nuove disposizioni normative, il periodo di CIGS concesso per riorganizzazione aziendale non potrà essere prorogato per complessità dei processi produttivi e per complessità connessa alle ricadute occupazionali, come era invece previsto dalla previgente normativa (articolo l , comma 3, legge n. 223 del 1991 abrogato dall’art. 46, comma l , lett. m), del decreto legislativo n. 148). 4.2.Crisi aziendale. Causale d’ intervento. Il programma di crisi aziendale deve contenere un piano di risanamento volto a fronteggiare gli squilibri di natura produttiva, finanziaria, gestionale o derivanti da condizionamenti esterni. Il piano deve indicare gli interventi correttivi e gli obiettivi concretamente raggiungibili finalizzati alla continuazione dell’attività aziendale e alla salvaguardia occupazionale. Nell’ambito della fattispecie della crisi aziendale sono ricomprese le fattispecie della crisi per andamento involutivo o negativo degli indicatori economico - finanziari la crisi aziendale determinata da evento improvviso ed imprevisto e, soltanto fino al 31 dicembre 2015, la crisi per cessazione di attività. Con particolare riferimento alla fattispecie della cns1 per cessazione di attività, si rappresenta che alla luce dell ‘articolo 21 comma l lettera b), del decreto legislativo n. 148, in ragione del venir meno, a partire dal l 0 gennaio 2016, della possibilità di accesso al trattamento straordinario d ‘integrazione salariale per la causale di crisi per cessazione - anche parziale - di attività entro il 31 dicembre 2015 devono perfezionarsi i requisiti per l ‘ammissione al trattamento in questione. Entro la data del 31 dicembre 2015, dunque, deve essere stipulato l accordo in sede istituzionale e deve, altresì essere presentata l istanza di ammissione al trattamento. Il decreto di ammissione potrà essere emanato anche successivamente al 31 dicembre 2015, una volta esaurita l istruttoria delle domande presentate entro il termine sopra richiamato. 4.2.1. Crisi aziendale. Durata massima di concessione del trattamento. Per la causale di crisi aziendale, relativamente a ciascuna unità produttiva, il decreto prevede che la durata massima del trattamento possa essere di 12 mesi, anche continuativi. Ai sensi dell’articolo 22 comma 2, del decreto legislativo n. 148 una nuova autorizzazione non può essere concessa prima che sia decorso un periodo pari a due terzi di quello

precedentemente autorizzato. In ragione del rapporto di continuità tra la disciplina dell’articolo 1 comma 5, della legge n. 223 del 1991 e dell’articolo 22, comma 2, del decreto legislativo n. 148 - di contenuto identico -la suddetta disposizione deve essere rispettata anche tra trattamenti autorizzati ai sensi della previgente normativa e trattamenti autorizzati ai sensi della nuova normativa. D’altro canto la presentazione di una istanza per l accesso al trattamento CIGS per crisi aziendale, immediatamente successiva ad una precedente richiesta per la medesima causale di crisi aziendale, sarebbe evidentemente indicativa della mancata attuazione da parte dell’azienda del piano di risanamento cui l’azienda si era impegnata contestualmente alla presentazione della prima richiesta di trattamento. 4.2.2. Riorganizzazione e crisi aziendale. Limiti del trattamento. Si precisa che l’articolo 22 comma 4 stabilisce che, sia per la causale di riorganizzazione aziendale che per quella di crisi aziendale, possono essere autorizzate sospensioni dal lavoro soltanto nel limite dell’80% delle ore lavorabili nell’unità produttiva, nell’arco di tempo di cui al programma autorizzato. Ai sensi dell’articolo 44, comma 3, tuttavia, tale disposizione non trova applicazione per i primi 24 mesi dall’entrata in vigore del decreto in esame. Pertanto, la disposizione si applicherà dal 25 settembre 2017. 4.3.Contratto di solidarietà. Causale d’intervento. Il comma 5 dell’articolo 21 disciplina la concessione del trattamento d’ integrazione salariale a seguito della stipula di contratti di solidarietà difensivi di cui al comma l , lettera c), del medesimo articolo. In particolare, è prevista la stipula di un accordo collettivo aziendale, ai sensi dell’articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015, che stabilisca una riduzione dell’orario di lavoro al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale anche attraverso un suo più razionale impiego. La riduzione media oraria non può essere superiore al 60 per cento dell’ orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di solidarietà. Per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non può essere superiore al 70 per cento (inteso come media di riduzione nell’arco dell’intero periodo per ciascun lavoratore) nell’arco dell’intero periodo per il quale il contratto di solidarietà è stipulato. Gli accordi devono specificare le modalità attraverso cui l’impresa, per soddisfare temporanee esigenze di maggior lavoro, può modificare in aumento, nei limiti del nom1ale

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orario di lavoro, l’orario ridotto. Il maggior lavoro prestato comporta una corrispondente riduzione del trattamento di integrazione salariale. 4.3.1.Contratto di solidarietà. Durata massima di concessione del trattamento. Ai sensi dell’articolo 22, comma 3, il trattamento straordinario d’integrazione salariale, a seguito di stipula di contratto di solidarietà, può avere una durata massima di 24 mesi, anche continuativi nel quinquennio mobile. Tale durata, come già anticipato al paragrafo 3 della presente circolare, può ampliarsi fino a raggiungere i 36 mesi, anche continuativi, nel quinquennio mobile nel caso previsto dal successivo comma 5 secondo cui, ai fini del calcolo della durata massima complessiva, la durata dei trattamenti concessi a seguito di stipula di contratto di solidarietà viene computata nella misura della metà entro il limite di 24 mesi nel quinquennio mobile. Oltre il limite suddetto, la durata di tali trattamenti viene computata per intero. Tale modalità di computo non si applica alle imprese edili e affini. 4.4.Procedure concorsuali. Causale d’ intervento. L articolo 2 comma 70 della legge 28 giugno 2012 n. 92 ha abrogato l’articolo 3 della legge n. 223 del 1991 con effetto dal l 0 gennaio 2016. Pertanto, espunta la suddetta disposizione dall’ordinamento giuridico, a decorrere dal l o gennaio 2016, viene meno la possibilità di autorizzare il trattamento CIGS conseguente all’ammissione alle procedure concorsuali individuate dal medesimo articolo 3. Fino al 31 dicembre 2015, trovano applicazione le circolari nn. 4 del 2 marzo 2015 e 12 dell’8 aprile 2015. Conformemente a quanto previsto dall’art. 3 della legge n. 223 del1991, il trattamento potrà decorrere dalla data della dichiarazione di fallimento dalla dichiarazione di apertura del concordato preventivo, dalla data di emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all’amministrazione straordinaria, e di conseguenza, l’inizio delle sospensioni potrà decorrere dalla data dei provvedimenti suindicati, applicandosi le norme procedimentali già previste per tali causali di intervento (fino al 31 dicembre 2015). Successivamente al 31 dicembre 2015, nel caso in cui l’ impresa sia sottoposta a procedura concorsuale con continuazione dell’esercizio d’impresa, ove sussistano i presupposti, la fattispecie potrà rientrare nell’ambito delle altre causali previste dal decreto legislativo 148/2015. L’articolo 44, comma 11 , del decreto legislativo prevede, limitatamente all’anno 2015 modifiche all’articolo 3, comma 5-bis, della


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legge n. 223 del 1991. Per effetto di tali modifiche, la disciplina dell’intervento straordinario di integrazione salariale e di collocamento in mobilità disciplinata dall ‘ articolo 3 per le ipotesi di sottoposizione delle imprese a procedure concorsuali si applica, previo parere motivato del prefetto fondato su ragioni di sicurezza e di ordine pubblico, oltre che ai lavoratori delle aziende sottoposte a sequestro o confisca ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, anche ai lavoratori delle imprese nei cui confronti sia stata emessa dal Prefetto un’informazione antimafia interdittiva e siano state adottate le misure di cui all ‘ articolo 32 decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge Il agosto 2014, n. 114. A tale fine, l’amministratore dei beni nominato ai sensi dell’articolo 2-sexies della citata legge n. 575 del 1965 o i soggetti nominati in sostituzione del soggetto coinvolto ai sensi dell’articolo 32 del decreto-legge n. 90 del 2014 esercitano le facoltà attribuite dall ‘ articolo 3 al curatore, al liquidatore e al commissario nominati in relazione alle procedure concorsuali. Per gli interventi di cui al predetto articolo 3, comma 5-bis, della legge n. 223 del 1991, come modificato dall’ articolo 44, comma 11 , del decreto legislativo n. 148 , è destinato per l’anno 2015 in via aggiuntiva a quanto previsto dallo stesso articolo 3 comma 5-bis, un importo nel limite massimo di 5 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo Sociale per occupazione e formazione di cui ali ‘ articolo 18 comma l lettera a) del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 2 del 2009. 5.Trattamento di fine Rapporto. 5.1. Contratto di solidarietà. Le quote di accantonamento del trattamento di fine rapporto, relative alla retribuzione persa a seguito della riduzione dell’orario di lavoro per stipula di contratto di solidarietà sono a carico della gestione di afferenza, ad eccezione di quelle relative a lavoratori licenziati per motivo oggettivo o nell’ ambito di una procedura di licenziamento collettivo, entro 90 giorni dal termine del periodo di fruizione del trattamento di integrazione salariale, ovvero entro 90 giorni dal termine del periodo di fruizione di un ulteriore trattamento straordinario di integrazione salariale concesso entro 120 giorni dal termine del trattamento precedente. 5.2 Altre causali cassa integrazione guadagni straordinaria. Si rappresenta che l’cuti colo 46, comma 1, lettera e), del decreto legislativo n. 148 reca l’ abrogazione della legge 8 agosto 1972, n. 464, che, all’ articolo 2, secondo comma, stabiliva che le aziende potessero richiedere alla Cassa integrazione guadagni

il rimborso delle quote di trattamento di fine rapporto maturate durante il periodo CIG dai lavoratori sospesi e corrisposte ai lavoratori licenziati al termine del periodo integrato. Pertanto, a seguito dell’abrogazione, le quote di trattamento di fine rapporto sono a carico del datore di lavoro. 6. Contribuzione addizionale. L’ articolo 5 del decreto legislativo n. 148 stabilisce l applicazione di un contributo addizionale obbligatorio a carico delle imprese che vengono ammesse al trattamento di integrazione salariale connesso ali ‘ effettivo utilizzo del trattamento in misura diversa rispetto a quella prevista dalla normativa previgente, e che trova applicazione limitatamente ai trattamenti di integrazione salariale per i quali viene presentata istanza a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 148. Tale contributo non è dovuto: - dalle imprese sottoposte a procedura concorsuale come già previsto dall’art 8 comma 8 bis, della legge 20 maggio 1988, n. 160; -dalle imprese che ricorrono ai trattamenti di cui all’articolo 7, comma 10-ter, del decreto legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito con modificazioni dalla legge 19luglio 1993, n. 236; - dalle imprese sottoposte a procedura concorsuale con continuazione dell’attività aziendale che, sussistendone i presupposti, accederanno, a decorrere dal l 0 gennaio 2016, al trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria per le causali previste dal decreto legislativo 148/2015 . La norma di esonero dalla contribuzione addizionale di cui dall’ art. 8, comma 8-bis, della legge n. 160 del 1988 fa infatti riferimento ad imprese sottoposte a procedure concorsuali nell’ individuare il campo di applicazione delle imprese escluse dal versamento dei contributi in parola. 7. Procedimento amministrativo. L’ impresa che intende richiedere il trattamento straordinario d’integrazione salariale, per le causali di riorganizzazione aziendale e di crisi aziendale, avvia la procedura di consultazione sindacale ai sensi dell’articolo 24, commi l e 2, del decreto legislativo n. 148. Costituiscono oggetto dell’esame congiunto il programma che l’ impresa intende attuare, comprensivo della durata e del numero dei lavoratori interessati alle sospensioni e delle ragioni che rendono non praticabili forme alternative di riduzione di orario nonché delle misure previste per la gestione di eventuali eccedenze di personale, i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere, che devono essere coerenti con le ragioni per cui è richiesto l’intervento e le modalità della rotazione tra lavoratori o le ragioni tecnicoorganizzative della mancata adozione di

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meccanismi di rotazione. Ai sensi dell’articolo 24, comma 6, del decreto legislativo n. 148 è previsto che entro 60 giorni dall’entrata in vigore dello stesso venga emesso un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, per definire l’ incremento della contribuzione addizionale dovuta a titolo di sanzione per il mancato rispetto delle modalità di rotazione tra i lavoratori previsto dal comma 3 del medesimo articolo 24. II rispetto delle modalità di rotazione sarà oggetto di accertamento ispettivo. Salvo il caso di richieste di trattamento presentate da imprese edili e affini. le parti devono espressamente dichiarare, nell’esame congiunto, la non percorribilità della causale di contratti di solidarietà ex articolo 21, comma L lettera c). A conclusione della fase procedurale dell’esame congiunto, le regioni esprimono motivato parere in merito alle richieste di intervento straordinario di integrazione salariale. Il suddetto parere è rilasciato dalle regioni entro venti giorni dalla conclusione della procedura di consultazione sindacale attivata dalla richiesta di esame congiunto della situazione aziendale. Al fine di consentire la conclusione del procedimento nei termini previsti dall’ articolo 25 del decreto legislativo n. 148, decorsi i venti giorni in questione, l’Amministrazione alla stregua dei principi di carattere generale contenuti nell’articolo 16 della legge 7 agosto 1990, n. 241 potrà procedere indipendentemente dall’acquisizione del suddetto parere. 7 .1 Modalità di presentazione dell’istanza La domanda di concessione del trattamento straordinario d’integrazione salariale deve essere presentata, con modalità telematica, per tutte le causali d’ intervento, entro 7 giorni dalla data di conclusione della procedura di consultazione sindacale o dalla data di stipula dell’accordo collettivo aziendale e deve essere corredata dall’elenco nominativo dei lavoratori interessati dalle sospensioni o riduzioni di orario. Per le causali di riorganizzazione e crisi aziendale, nell’istanza di concessione l’azienda deve comunicare altresì, il numero dei lavoratori mediamente occupati presso l’unità produttiva oggetto dell’ intervento nel semestre precedente. distinti per orario contrattuale. La sospensione o la riduzione dell’orario come concordata dalle parti, ai sensi dell’articolo 25, comma 2, del decreto legislativo n. 148, decorrono non prima del trentesimo giorno successivo alla data di presentazione dell’istanza. In caso di presentazione tardiva dell’istanza, cioè oltre il termine perentorio dei sette


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giorni, il trattamento decorre dal trentesimo giorno successivo alla data di presentazione della domanda medesima. Qualora dalla omessa o tardiva presentazione derivi a danno del lavoratore la perdita parziale o totale del diritto ali integrazione salariale l’ impresa è tenuta a corrispondere ai lavoratori stessi una somma d’ importo equivalente all’integrazione salariale non percepita. Ai sensi dell’articolo 44 comma 4 la disposizione di cui all’articolo 25 comma 2 si applica ai trattamenti straordinari di integrazione salariale richiesti a decorrere dal l o novembre 2015. Pertanto, i nuovi termini relativi alle sospensioni dei lavoratori e alla presentazione dell’istanza si applicano alle domande di integrazione salariale presentate a decorrere dal l 0 novembre 2015, che dovranno essere corredate da un verbale di esame congiunto ovvero da un accordo col1ettivo aziendale che preveda la sospensione o riduzione dell’orario di lavoro con decorrenza non prima del trentesimo giorno successivo alla data di presentazione dell’istanza che dovrà avvenire, per espressa disposizione normativa, entro il termine perentorio di sette giorni dalla data di conclusione della procedura di consultazione sindacale o dalla data di stipula dell’accordo collettivo aziendale. La domanda di concessione deve essere inviata contestualmente con modalità telematica, tramite il canale “CIGSonline” , al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Direzione Generale degli Ammortizzatori Sociali e I.O. - Divisione IV- e alle Direzioni Territoriali del Lavoro competenti per territorio. Nelle more della predisposizione dei nuovi modelli di presentazione delle istanze e delle relative schede tecniche coerenti con le modifiche normative intervenute, le imprese istanti potranno avvalersi dei modelli attualmente in uso, per quanto compatibili, e integrandoli laddove necessario. In particolare, con riferimento a tutte le causali l’istanza dovrà essere corredata dall’elenco nominativo dei lavoratori interessati dalle sospensioni o riduzioni di orario, e per le causali di crisi e riorganizzazione aziendale, l istanza dovrà essere integrata anche con l’indicazione del numero dei lavoratori mediamente occupati presso l’unità produttiva o le unità produttive oggetto dell’intervento nel semestre precedente. distinti per orario contrattuale. Per le istanze presentate precedentemente all’ entrata in vigore del decreto legislativo n. 148 e le istanze relative a proroghe dei trattamenti di CIGS nel! ambito di programmi di ristrutturazione o di riorganizzazione nonché nell’ambito di contratti di solidarietà già presentati alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 148, si applicheranno

le disposizioni relative al procedimento amministrativo di cui alla previgente normativa. 7.2. Istruttoria amministrativa. Il procedimento amministrativo si svolge esclusivamente in via telematica tramite il canale ufficiale “CIGSonline “. La concessione del trattamento avviene con decreto direttoriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per l’intero periodo richiesto. Il decreto direttoriale è adottato entro 90 giorni dalla presentazione della domanda, fatte salve eventuali sospensioni del procedimento amministrativo che si rendano necessarie ai fini istruttori. Nell’ambito del procedimento, l’Ufficio competente esamina le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l’emanazione del provvedimento finale. Inoltre, adotta ogni misura per l’adeguato e sollecito svolgimento del procedimento. In particolare, può chiedere chiarimenti, documentazione integrativa, il rilascio di dichiarazioni, la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può richiedere esibizioni documentali nonché - qualora necessario - accertamenti ispettivi ulteriori, rispetto a quelli già previsti a livello normativa. Nei casi sopra specificati, ad eccezione della richiesta d intervento ispettivo, l Ufficio invia la comunicazione di sospensione dei termini del procedimento amministrativo all’impresa istante invitandola a produrre quanto richiesto nel termine massimo di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione stessa. A seguito della ricezione di quanto richiesto, esaminato quanto prodotto e documentato dall’azienda l’Ufficio procede a riavviare il procedimento e ad adottare il provvedimento finale. In caso di mancata ricezione di quanto richiesto entro il termine di trenta giorni ovvero riscontrata la mancanza dei requisiti, presupposti e condizioni legittimanti l’accesso al trattamento si provvede all’invio della comunicazione dei motivi ostativi ali accoglimento dell’istanza, ai sensi dell’articolo l0-bis della legge n. 241 del 1990, sia in via telematica che per raccomandata AR o tramite posta elettronica certificata. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della suddetta comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. La comunicazione interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di dieci giorni. Le eventuali osservazioni presentate dall’azienda sono esaminate nei successivi trenta giorni al fine della definitiva determinazione. All’esito dell’esame si procederà all’adozio-

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ne del conseguente provvedimento finale. 7.2.1. Verifiche ispettive. Nell’ambito del procedimento amministrativo, l articolo 25, comma 6, del decreto legislativo n. 148 prevede che le DTL territorialmente competenti, nei tre mesi antecedenti la conclusione dell’intervento d’integrazione salariale, procedono alle verifiche finalizzate all’accertamento degli impegni aziendali. La relazione ispettiva deve essere trasmessa in via telematica alla Direzione Generale Ammortizzatori Sociali e I.O. - Divisione IVentro 30 giorni dalla conclusione dell’intervento straordinario d’integrazione salariale autorizzato. Nel caso in cui dalla relazione ispettiva emerga il mancato svolgimento in tutto o in parte del programma presentato, si apre un nuovo procedimento amministrativo volto al riesame del decreto di concessione che dovrà concludersi nei 90 giorni successivi alla ricezione della relazione con decreto direttoriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, fatte salve eventuali ulteriori sospensioni che si rendano necessarie ai fini istruttori. 7.2.1.2. Modalità di erogazione del trattamento. Pagamento diretto. L’articolo 7 del decreto legislativo n. 148 prevede, nei primi due commi, che il pagamento delle integrazioni salariali sia effettuato dall’impresa ai dipendenti aventi diritto alla fine di ogni periodo di paga. L’importo delle integrazioni è rimborsato dall’INPS all’impresa o conguagliato da questa secondo le norme per il conguaglio tra contributi dovuti e prestazioni corrisposte. Per i trattamenti richiesti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 148 o richiesti antecedentemente e non ancora conclusi a tale data viene introdotto un termine di decadenza pari a 6 mesi dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata della concessione entro il quale sono ammessi il conguaglio o la richiesta di rimborso delle integrazioni corrisposte ai lavoratori. In via esemplificativa, se il periodo autorizzato scade il giorno l 0 ottobre, l’azienda potrà richiedere il rimborso all’INPS o effettuare il conguaglio entro 6 mesi decorrenti dal 30 ottobre, quindi entro il 30 aprile, a pena di decadenza. Qualora il provvedimento di concessione sia successivo alla scadenza del termine di durata del trattamento autorizzato, il conguaglio o la richiesta di rimborso delle integrazioni corrisposte ai lavoratori deve essere richiesto dall’azienda entro 6 mesi dalla data del provvedimento di concessione. In via esemplificativa, nel/ ‘ipotesi in cui il trattamento sia autorizzato per il periodo dal 1° dicembre 2015 al 30 novembre 2016,


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con decreto direttoriale emesso e datato 1° gennaio 2017, i sei mesi decorrono dalla data del provvedimento, ovvero dal l 0 gennaio 2017. Per i trattamenti conclusi prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 148, per i quali non sia stato ancora richiesto il rimborso all’INPS o effettuato il conguaglio, i sei mesi decorrono dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 148, o se successiva, dalla data del decreto di autorizzazione. Ad esempio, per trattamenti relativi ad un periodo che va dal ] 0 dicembre 2013 al 30 novembre 2014, i sei mesi decorrono dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 148, ovvero 6 mesi dal 24 settembre 2015, pertanto fino al 24 marzo 2016, a pena di decadenza. In tale ipotesi se il decreto di concessione è stato emesso in data 30 settembre 2015 i sei mesi decorrono da tale data. Nel caso delle integrazioni salariali straordinarie, la competenza all’autorizzazione del pagamento diretto da parte dell’INPS rimane radicata in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. In caso di serie e documentate difficoltà finanziarie dell’impresa, infatti, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può autorizzare, su espressa richiesta aziendale, contestualmente alla concessione del trattamento straordinario d’integrazione salariale, il pagamento diretto da parte dell’INPS, fatta salva la successiva revoca nel caso il cui il servizio ispettivo competente accerti l’assenza di difficoltà di ordine finanziario dell azienda istante. In questo caso, entro 30 giorni dalla presentazione dell’istanza agli Uffici competenti, la DTL territorialmente competente invia alla Direzione Generale Ammortizzatori Sociali e I. O.- Divisione IV - un ‘apposita relazione ispettiva comprovante le serie e documentate difficoltà finanziarie dell’impresa istante. Ai fini dell’individuazione della competenza territoriale del servizio ispettivo, occorre fare riferimento ai seguenti criteri: - qualora sia coinvolta nel programma di integrazione salariale straordinaria, una sola unità produttiva ovvero più unità produttive ubicate nella stessa provincia, la verifica sarà effettuata dal servizio ispettivo competente per territorio; - qualora invece l’intervento coinvolga più unità produttive ubicate in territori di province diverse ovvero in più Regioni la verifica dovrà essere effettuata presso la sede legale dell’ impresa. Il servizio ispettivo competente deve dichiarare espressamente se l impresa versa in una situazione di difficoltà di ordine finanziario che le impedisce di anticipare il trattamento straordinario d’integrazione salariale. L attestazione deve essere basata sull’a-

nalisi dell’indice di liquidità dell’impresa istante riferita all’anno in corso come rilevabile dalla lettura dei bilanci pur provvisori dell’ultimo anno. Detto indice di liquidità deve risultare manifestamente negativo - con valore inferiore all’unità - così come risultante dal rapporto tra liquidità immediate e passività correnti. In casi assolutamente eccezionali, in cui i risultati della verifica contabile non consentano di esprimere una valutazione che sia manifestamente negativa o nei casi eccezionali in cui la verifica contabile non consenta di esprimere compiutamente una valutazione negativa, il Servizio ispettivo potrà avvalersi anche dei verbali del Consiglio di Amministrazione e delle relazioni del rappresentante aziendale, da cui si evincono le difficoltà di ordine finanziario che hanno indotto la società alla richiesta del pagamento diretto. Nel caso in cui la relazione ispettiva evidenzi l’ insussistenza dei presupposti per la concessione del pagamento diretto la Direzione Generale Ammortizzatori Sociali e I.O. procede alla revoca dell’autorizzazione al pagamento diretto a decorrere dalla data della relazione stessa . Si rappresenta, infine, che nelle more della adozione dei decreti attuativi della nuova normativa, recanti i nuovi criteri per la approvazione dei programmi e la concessione dei trattamenti, continueranno ad essere applicati ove compatibili i criteri previsti nei decreti ministeriali fino ad oggi utilizzati per la concessione dei trattamenti. In particolare: -per la causale di riorganizzazione aziendale trova applicazione il DM n. 31444 del 2002; - per la causale di crisi aziendale, il DM n. 31826 del 2002; - per la causale di contratto di solidarietà, il DM n. 46448 del 2009; -per i partiti politici, i DDMM nn. 82762 e 81401 del2014; -per le imprese dei servizi di pulizia, il DM n. 31446 del 2002• -per le imprese dei servizi di ristorazione e mensa, il DM n. 31347 del 2002; - per le procedure concorsuali di cui all’articolo 3 della legge n. 22311991, fino al 31 dicembre 2015, il DM n. 70750 del2012. Ai sensi dell’articolo 20 comma 6, del decreto legislativo n. 148, resta fermo quanto disposto dagli articoli 35 e 37 della legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modificazioni compresa la possibilità di accedere al trattamento straordinario d’integrazione salariale per la causale «contratto di solidarietà», secondo quanto stabilito dagli artt. 21 e 22 del decreto legislativo n. 148 che sostituiscono l art. l del decreto-legge n. 726 del 1984, convertito in legge n. 863 del 1984, abrogato dall’art. 46, comma l, lett. i), del decreto n. 148.

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Resta ferma la disciplina di cui ali articolo 7 comma l 0-ter, del decreto-legge n. 148 del 1993, convertito con modificazioni dalla legge n. 236 del 1993.

MINISTERO DEL LAVORO JOBS ACT D.LGS. 148/2015 CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI STRAORDINARIANOTE INTEGRATIVE ALLA CIRCOLARE 24/2015 CIRCOLARE N. 30/2015 Si informa che il Ministero del Lavoro con la circolare n. 30 del 9 novembre 2015, che si riproduce in calce alla presente, ha fornito ulteriori note esplicative alla circolare n. 24 del 5 ottobre scorso pubblicata dallo stesso Dicastero. In particolare, per quanto riguarda la Cassa Integrazione Straordinaria, il Dicastero si é espresso chiarendo taluni aspetti riguardanti la richiesta per “crisi aziendale” e le modalità di presentazione delle istanze inoltrate successivamente all’entrata in vigore del D.lgs. 148/2015. Ministero del Lavoro Roma, 9 novembre 2015 Circolare n.30 Oggetto: Decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015 recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”. Nota integrativa alla circolare esplicativa n. 24 del 5 ottobre 2015. In riscontro ai diversi quesiti posti dalle parti sociali, acquisito il parere dell’Ufficio legislativo prot. 5223 del 2 novembre 2015, si ritiene dover precisare quanto segue. Relativamente al paragrafo 2 “Campo di applicazione “, della circolare n. 24 del 5 ottobre 2015, con particolare riferimento all’articolo 20, comma 1, lettera f) del decreto legislativo n. 148/2015, si precisa che rientrano nel campo di applicazione della disposizione le imprese cooperative e loro consorzi che trasformano e manipolano prodotti agricoli. Il concetto di trasformazione include, infatti, anche il concetto di manipolazione. Si rappresenta, altresì, che anche le imprese cooperative e loro consorzi che com-


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mercializzano prodotti agricoli rientrano nel campo di applicazione dell’istituto ma il relativo riferimento normativo è da rinvenirsi all’articolo 20, comma 2, lettera a). Relativamente al paragrafo 4.2 “Crisi aziendale. Causale d’intervento “, nella parte relativa alla fattispecie della crisi per cessazione di attività, si precisa che, con riferimento all’unità produttiva oggetto di cessazione, i cui lavoratori hanno già fruito, anche in costanza della normativa previgente al decreto legislativo n. 148/2015, del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi per cessazione, non sarà possibile accedere nuovamente ad un trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria, per qualunque causale, in quanto l’unità produttiva è evidentemente cessata e i lavoratori gestiti alla luce del piano di gestione degli esuberi già articolato nella precedente istanza di accesso al trattamento per la causale di crisi per cessazione. In riferimento al paragrafo 7.1 relativo alle “Modalità di presentazione dell’istanza” di cui alla circolare n. 24 del 5 ottobre 2015, come già esplicitato, per le istanze presentate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, relative a proroghe dei trattamenti di CIGS sia nell’ambito di programmi di ristrutturazione o di riorganizzazione sia nell’ambito di contratti di solidarietà già presentati alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 148, si applicheranno le disposizioni relative alla previgente normativa. In particolare, con precipuo riferimento alla presentazione delle istanze di proroga di trattamenti CIGS relativi a programmi di ristrutturazione, riorganizzazione e conversione aziendale (di durata iniziale pari a 24 mesi) già avviati alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, si applicherà il termine già previsto dei 25 giorni dalla fine del periodo di paga in corso al termine della settimana in cui ha avuto inizio la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro. Ciò in quanto, secondo la normativa previgente, l’articolazione temporale delle istanze e dei decreti di autorizzazione dei trattamenti non poteva essere relativa a periodi superiori a dodici mesi, sia pure nell’ambito di programmi o contratti di solidarietà di durata già prevista e concordata fino a 24 mesi. Al fine di consentire, quindi, il completamento dei programmi di riorganizzazione e ristrutturazione e dei contratti di solidarietà già avviati nella vigenza della vecchia normativa, purché la domanda relativa al primo anno sia stata presentata entro il 23 settembre 2015, alle istanze di proroga si applicano le regole di cui alla normativa previgente, comprese quelle relative al procedimento amministrativo, alla con-

tribuzione addizionale e al trattamento di fine rapporto. I medesimi principi si applicano alle istanze per il secondo anno di programmi di cessazioni biennali di attività eventualmente presentate a decorrere dal 24 settembre 2015, nel rispetto di quanto indicato nelle circolari del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. I del 22 gennaio 2015 e n. 9 del 20 marzo 2015. Resta fermo che alle domande riferite al primo anno del programma di riorganizzazione e ristrutturazione o dei contratti di solidarietà, presentate dopo il 23 settembre 2015, si applica la nuova normativa di cui al decreto legislativo 148/2015, sebbene l’accordo sia stato sottoscritto e l’inizio delle sospensioni avvenga in data precedente al 24 settembre 2015.

MINISTERO DEL LAVORO DISTACCO DI PERSONALE ALL’ESTERO ABROGAZIONE DELLA AUTORIZZAZIONE NOTA N. 20578/2015 Si informa che con nota n. 20578 del 30 settembre 2015 il Ministero del Lavoro ha segnalato alle proprie Direzioni interregionali del lavoro che l’art. 18 del Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 151 ha abolito le autorizzazioni al lavoro all’estero, previste dal combinato della Legge 3 ottobre 1987, n. 398 e del Decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 346 (come modificato dal Decreto del Presidente della Repubblica 19 giugno 1997, n. 247). Nello specifico, la nota in parola precisa che dal 24 settembre 2015, data di entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 151/2015, l’impiego di lavoratori all’estero da parte delle aziende potrà essere disposto senza il vincolo della preventiva autorizzazione ministeriale. Ciò in quanto, a seguito della abrogazione della normativa sopra richiamata, viene meno il potere autorizzativo in capo alla amministrazione. Di conseguenza, l’esercizio dei poteri datoriali verrà liberalizzato anche con riferimento alle istanze presentate prima del 24 settembre 2015 ed ancora in istruttoria.

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MINISTERO DEL LAVORO D.LGS. N. 151/2015 - JOBS ACT - LIBRO UNICO DEL LAVORO, LAVORO SOMMERSO E ASSEGNI NUCLEO FAMILIARE MODIFICA DELLE SANZIONI CIRCOLARE N. 26/2015 Si informa che il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 26 del 26 ottobre 2015, ha fornito alcune indicazioni operative in merito alla modifica delle disposizioni sanzionatorie in materia di lavoro, di cui all’art. 22 del D.Lgs n. 151/2015 recante “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di lavoro e pari opportunità “. In particolare, sono state riepilogate, al fine di assicurare un’uniformità di comportamento per il personale ispettivo, le modifiche introdotte al regime delle sanzioni riferite ad illeciti in materia di lavoro nero, di libro unico del lavoro, di prospetti paga e di assegni per nucleo familiare. Facendo riserva di fornire i relativi approfondimenti, si riproduce in calce la circolare in parola. Ministero del Lavoro Roma, 26 ottobre 2015 Circolare n. 26 Oggetto: D.Lgs. n. 151/2015 recante ‘’diposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di lavoro e pari opportunità” - articolo 22 (modifica di disposizioni sanzionatorie in materia di lavoro e legislazione sociale)- indicazioni operative. Nell’ambito delle semplificazioni delle “disposizioni in materia di lavoro e pari opportunità”, l’art. 22 del D.Lgs. n. 151/2015, in attuazione della delega di cui all’art. l, comma 6 lett. f), della L. n. 183/2014, apporta importanti modifiche al regime delle sanzioni di alcune fattispecie di illeciti. In particolare trattasi degli illeciti in materia di lavoro “nero”. di Libro Unico del Lavoro, di prospetti paga e di assegni per il nucleo familiare. Al riguardo, al fine di assicurare l’uniformità di comportamento di tutto il personale ispettivo, appare opportuno riepilogare le modifiche intervenute, fornendo le prime indicazioni necessarie ad una corretta ap-


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plicazione delle nuove disposizioni. Maxisanzione per il lavoro “nero” L’art. 22, comma l, del decreto legislativo sostituisce il comma 3 dell’art. 3 del D.L. n. 12/2002 (conv. da L. n. 73/2002), già modificato in più occasioni nel corso degli anni. In questo caso, !”intervento del Legislatore non incide sulla condotta integrante la fattispecie illecita, atteso che il comportamento sanzionato resta ‘’l ‘impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con l ‘esclusione del datore di lavoro domestico”. Viene eliminata, invece, la previsione di un trattamento sanzionatorio più favorevole, nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo a quello prestato “in nero” (c.d. maxisanzione affievolita), con la conseguente equiparazione di tale fattispecie alla condotta tipica, rispetto alla quale si rinvia alle indicazioni già fornite con circolare n. 38/2010. La disposizione riformula inoltre il regime sanzionatorio. L’originaria sanzione amministrativa - già modificata dal D.L. n. 145/2013 (con importi da euro 1950 ad euro 15.600, più euro 195 per ciascuna giornata di effettivo lavoro in nero”)- è sostituita da una sanzione graduata ‘’per fasce”, in relazione alla durata del comportamento illecito: a) da euro 1.500 a euro 9.000 per ciascun lavoratore irregolare, m caso di impiego del lavoratore sino a 30 giorni di effettivo lavoro; b) da euro 3.000 a euro 18.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da 31 e sino a 60 giorni di effettivo lavoro; c) da euro 6.000 a euro 36.000 per ciascun lavoratore irregolare, m caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni di effettivo lavoro. Gli importi sanzionatori sono inoltre aumentati del 20% nel caso di impiego di lavoratori stranieri non in possesso di un valido permesso di soggiorno o di minori in età non lavorativa e rispetto ad essi non trova evidentemente applicazione la procedura di diffida di seguito indicata. Si ricorda comunque, così come già chiarito con circ. n. 38/2010 che non è soggetto alla maxisanzione il datore di lavoro che, antecedentemente al primo accesso in azienda del personale ispettivo o di una eventuale convocazione per l ‘espletamento del tentativo di conciliazione monocratica, regolarizzi spontaneamente e integralmente, per l’intera durata, il rapporto di lavoro, avviato originariamente senza una preventiva comunicazione obbligatoria di instaurazione.

La procedura di diffida La disposizione re introduce la diffidabilità della maxisanzione ai sensi dell’art. 131 del D.Lgs. n. 124/2004. Ai fini della regolarizzazione della violazione, fermi restando i connessi adempimenti formali (istituzione ovvero compilazione LUL consegna lettera di assunzione, comunicazione al Centro per l’impiego ecc.), si prevede: a) la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche a tempo parziale con riduzione dell’orario non superiore al 50%, o con contratti a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi; b) il mantenimento in servizio dei lavoratori oggetto di regolarizzazione per un periodo non inferiore a “tre mesi”. Va subito chiarito che la stipulazione di tali contratti è sottratta, evidentemente. alte eventuali connesse agevolazioni già previste dalla vigente disciplina (prima fra tutte quella di cui all’art. l, commi 118 e 119, della L. n. 190/2014 ), attesa peraltro la violazione del disposto di q.1i all’art. 1, comma 1175, della L. n. 296/2006 che subordina l’accesso ad eventuali benefici ‘’Normativi e contributivi” anche al rispetto degli “altri obblighi di legge”. Nei confronti dei lavoratori irregolari trovati “ancora in forza’’ al momento dell’accesso ispettivo, si ottempera alla diffida nel termine complessivo di 120 giorni dalla notifica del verbale unico. mediante la dimostrazione, da parte del datore di lavoro, dei seguenti adempimenti: a) la regolarizzazione dell’intero periodo di

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lavoro prestato in “nero’’ secondo le modalità accertate ivi compreso il versamento dei relativi contributi e premi; b) la stipula del contratto di lavoro secondo le tipologie contemplate dalla norma; c) il mantenimento in servizio del lavoratore per almeno ‘’tre mesi” e cioè almeno 90 giorni di calendario. da comprovare attraverso il pagamento delle retribuzioni, dei contributi dei premi scaduti entro il termine di adempimento; d) il pagamento della maxisanzione. Per inciso è opportuno ricordare che, a prescindere dalla regolarizzazione del rapporto come sopra indicata, resta fermo il recupero delle retribuzioni eventualmente non versate attraverso l’emanazione della diffida accertativa così come del resto già chiarito con circ. n. 11/2013. Circa l’operatività della diffida ex art. 3, comma 3 ter. D.L. n. 12/2002, occorre svolgere inoltre alcune osservazioni. Con specifico riferimento alle tipologie contrattuali previste dal Legislatore, si evidenzia che non risulta possibile, ai fini dell’adempimento alla diffida, la stipula di un contratto di lavoro intermittente sia a tempo indeterminato che a tempo determinato. in ragione della ratio legis che impone un’evidente continuità del rapporto certamente non compatibile con tale fattispecie contrattuale. Inoltre la stipula di un contratto a termine, pur ammessa tra le ipotesi previste dal Legislatore, potrà effettuarsi nel rispetto della disciplina prevista dal D.Lgs. n. 81/2015, lVI compresi i limiti quantitativi di cui all’art. 23 del medesimo Decreto.


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Il periodo minimo di 3 mesi di mantenimento in servizio del lavoratore va computato “al netto” del periodo di lavoro prestato “in nero”, il quale andrà comunque regolarizzato. In altri termini, il contratto decorrerà dal primo giorno di lavoro ‘’nero” mentre il periodo di 3 mesi utile a configurare l’adempimento alla diffida andrà “conteggiato” dalla data dell’accesso ispettivo. Nelle ipotesi di interruzione del rapporto di lavoro per cause non imputabili al datore di lavoro nel periodo compreso tra l’accesso ispettivo e la notifica del verbale unico, è comunque possibile ferma restando la regolarizzazione del periodo “in nero” pregresso - che l’adempimento i alla diffida avvenga con un separato contratto stipulato successivamente allo stesso accesso ispettivo. All’esito della verifica, tale contratto dovrà aver consentito un effettivo periodo di lavoro di almeno tre mesi entro il termine di 120 giorni dalla notifica del verbale unico. Per maggior chiarezza e al fine di consentire al datore di lavoro di adempiere tempestivamente agli obblighi connessi alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro ‘’nero”, il personale ispettivo in sede di primo accesso, nel relativo verbale, avrà cura di informare il datore di lavoro di quanto appena specificato. In particolare, fermi restando gli esiti dell’accertamento contenuti nel verbale unico e quanto sopra chiarito in ordine alle possibili interruzioni del rapporto. andrà spiegato che la diffida prevista dal nuovo art. 3 del D.L. n. 12/2002 richiederà la formalizzazione di un contratto decorrente dal i primo giorno di lavoro “nero” che preveda il mantenimento al lavoro del lavoratore !per almenotre mesi decorrenti dall’accesso ispettivo. Nelle ipotesi in cui il datore di lavoro abbia provveduto, prima della notifica del verbale (come può accadere anche a seguito del provvedimento di sospensione adottato ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. n. 8112008), a regolarizzare il rapporto di lavoro secondo le tipologie ;contrattuali contemplate dalla norma, il personale ispettivo procederà ad adottare ugualmente la diffida che avrà ad oggetto esclusivamente l’obbligo del mantenimento in servizio del lavoratore per) almeno tre mesi da comprovare secondo le modalità sopra indicate nonché la richiesta di pagamento del minimo della sanzione edittale. Nelle risultanze del verbale si darà altresì atto della regolarizzazione del lavoratore mediante la stipulazione del contratto. In ogni caso si ricorda che, laddove il datore di lavoro non abbia adempiuto alla diffida entro il centoventesimo giorno dalla notifica, il verbale unico, ai sensi dell’art. 13,

comma 5, del D.Lgs. n. 124/2004, produce gli effetti della contestazione e notificazione degli addebiti accertati nei confronti del trasgressore e della persona obbligata in solido ai quali sia stato notificato. A tal proposito appare opportuno specificare che entro il centoventesimo giorno dalla notifica del verbale deve pertanto trovare pieno compimento l’intero periodo trimestrale di mantenimento in servizio del lavoratore. Va inoltre precisato che l’adempimento alla diffida costituisce elemento oggettivo di applicabilità della sanzione in misura minima che, in qualche misura, bilancia gli oneri sostenuti dal datore per il mantenimento del rapporto di lavoro. Ne consegue che, in assenza di un effettivo mantenimento del rapporto di lavoro per almeno 3 mesi entro il centoventesimo gi1rno dalla notifica del verbale, qualunque ne sia la ragione, non potrà ritenersi adempiuta la diffida’. Nel caso di contestazione di più illeciti, diffidabili secondo termini diversi o anche non diffidabili, il c.d. dies a quo per il pagamento della sanzione in misura ridotta ( 60 giorni ex art. 16 L. n. 689/1981 ), decorre necessariamente dalla scadenza dei termini individuati dal Legislatore per l’adempimento alla diffida per la maxisanzione. Allo stesso modo, il termine di 30 giorni per presentare ricorso ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 124/2004, decorre dalla scadenza del termine di 120 giorni previsto per l’ottemperanza alla diffida per tutti gli illeciti contestati con il medesimo verbale, in conformità con quanto già chiarito con circ. n. 41/2010. Lavoratori regolarmente occupati per un periodo lavorativo successivo a quello prestato “in nero” Il Legislatore fa salva, in riferimento a taluni contenuti della diffida, l’ipotesi in cui i lavoratori ‘”risultino regolarmente occupati per un periodo lavorativo successivo” a quello prestato “in nero”. Trattasi, in sostanza, della precedente fattispecie oggetto della c.d. maxisanzione affievolita. In tal caso, pertanto, la diffida non avrà ad oggetto la stipulazione del contratto secondo le tipologie previste dal Legislatore né il conseguente mantenimento in servizio del lavoratore per 3 mesi ma esclusivamente la regolarizzazione del periodo di lavoro prestato in “nero”. Pertanto il datore di lavoro, nell’ordinario termine di 45 giorni dalla notifica della diffida dovrà dare dimostrazione della “copertura” del precedente periodo di occupazione irregolare, rettificando la data di effettivo inizio del rapporto di lavoro, del pagamento delle sanzioni nella misura minima e dei contributi riferibili al periodo “in nero”. Allo stesso modo dovrà comportarsi il

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datore di lavoro nel caso in cui i lavoratori irregolarmente occupati non risultino più in forza al momento dell’ accesso ispettivo, atteso che la disposizione limita la condizione del ‘’mantenimento in servizio per almeno tre mesi” ai soli lavoratori irregolari “ancora in forza’’ al momento dell’accesso ispettivo. Diffida ora per allora i Il personale ispettivo ammetterà direttamente il trasgressore al pagamento della sanzione amministrativa pari al minimo edittale (c.d. diffida ora per allora) nel caso in cui, prima della redazione del verbale, questi abbia già documentato gli adempimenti di cui alle lettere a). b) e c) sopra richiamati (regolarizzazione dell’intero periodo di lavoro prestato in “nero”, stipula del contratto di lavoro secondo le tipologie contemplate dalla norma, mantenimento in servizio del lavoratore per 3 mesi e cioè almeno 90 giorni). ivi compreso il versamento dei relativi :contributi e premi. In tal caso. il pagamento delle sanzioni andrà effettuato comunque entro il termine di 120 giorni dalla notifica del verbale. Violazioni connesse e regime intertemporale La norma, in caso di contestazione della maxisanzione, esclude l’applicazione delle ulteriori sanzioni di cui all’art. 19. commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 276/2003 relative alla mancata comunicazione obbligatoria e alla mancata consegna della lettera di assunzione, nonché delle sanzioni alternative alle violazioni in materia di Libro Unico del Lavoro il quale, evidentemente, non è mai compilato (o nei casi di prima assunzione mai istituito) qualora si faccia ricorso al lavoro “nero”. Come già anticipato con nota prot. n. 16494 del 7 ottobre u.s., la nuova disciplina della maxisanzione, ai sensi dell’art. l della L. n. 689/1981, trova applicazione per gli illeciti commessi successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo. Per le condotte iniziate e cessate nella vigenza della precedente disciplina si applica l’apparato sanzionatorio precedentemente vigente, ivi compresa la fattispecie attenuata di maxisanzione. Alle medesime condotte non si applica, invece. la procedura di diffida in considerazione dei contenuti sostanziali - e non esclusivamente procedurali -della stessa. Per le condotte iniziate sotto la previgente disciplina e proseguite dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo, stante la natura permanente dell’illecito che si consuma al momento della cessazione della condotta trova applicazione, ali’ intero periodo oggetto di accertamento, la nuova disciplina, così come richiamata nella presente circolare.


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Provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale La disposizione modifica gli importi delle somme aggiuntive dovute ai fini della revoca del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale nella misura di euro 2.000 per le sospensioni conseguenti all’impiego di lavoratori “in nero” e di euro 3.200 per le ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di salute e sicurezza. Il Legislatore introduce anche la possibilità da parte del datore di lavoro di chiedere, fermo restando il rispetto delle altre condizioni di legge, la revoca del provvedimento mediante il versamento immediato del25% della somma aggiuntiva dovuta (rispettivamente euro 500 ed euro 800), riservandosi di pagare l’importo residuo, maggiorato del 5%, entro i 6 mesi successivi alla presentazione dell’istanza di revoca (rispettivamente euro 1.575 ed euro 2.520). Qualora, nei termini di legge, l’importo residuo non venga pagato, in tutto o in parte, il provvedimento di accoglimento dell’istanza in uno al provvedimento di revoca della sospensione costituiscono titolo esecutivo. A tal fine. nel provvedimento di revoca della sospensione sarà quindi indicato: - l’importo versato nella misura di euro 500 o di euro 800; - l’importo ancora da versare maggiorato del 5% (rispettivamente euro 1.575 ed euro 2.520); - il termine di 6 mesi entro il quale dovrà essere dimostrato il pagamento dell’importo residuo; - le conseguenze del mancato o parziale versamento dell’importo residuo. Trattasi peraltro di elementi già presenti nella relativa modulistica disponibile nell’applicativo SGIL ad uso del personale ispettivo. Condizioni per la revoca del provvedimento In riferimento alle ulteriori condizioni di legge necessarie ai fini della revoca. deve ritenersi che la regolarizzazione dei lavoratori in “nero” vada effettuata di norma mediante le tipologie contrattuali indicate dalla disciplina in materia di maxisanzione (contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche a tempo parziale con riduzione dell’orario non superiore al 50% o contratti a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi). In tali casi, evidentemente, non rileva il requisito del mantenimento del rapporto per almeno 3 mesi che, come sopra chiarito. costituisce esclusivamente condizione necessaria per l’adempimento alla diffida. Così come precisato con circ. n. 33/2009. alla quale si rinvia per ogni ulteriore chiarimento, si ricorda inoltre che la regolarizzazione dei rapporti va verificata anche

in relazione agli obblighi di sorveglianza sanitaria, formazione e informazione eventualmente previsti dal’ D.Lgs. n.81/2008. In tal senso, con specifico riferimento al settore dell’edilizia, configurandosi nella quasi totalità dei casi la violazione di obblighi puniti penalmente (almeno in riferimento all’omessa sorveglianza sanitaria ed alla mancata formazione ed informazione), il personale ispettivo dovrà adottare il provvedimento di prescrizione obbligatoria relativo a tali ipotesi contravvenzionali verificare, conseguentemente, l’ottemperanza alla prescrizione impartita. Per quanto attiene alla regolarizzazione di lavoratori extracomunitari ‘’clandestini’’ e di lavoratori minori illegalmente ammessi al lavoro. fermo restando il pagamento della somma aggiuntiva ai fini della revoca e pur nell’impossibilità di una piena regolarizzazione, sarà comunque necessario provvedere al versamento dei contributi di legge ex art. 2126 c.c. Libro Unico del Lavoro, prospetto paga, assegni familiari. Il Legislatore modifica la disciplina sanzionatoria in materia di LUL, prospetto paga e assegni familiari, introducendo un criterio di commisurazione della sanzione graduato per fasce 1in relazione sia al numero dei lavoratori coinvolti che ai periodi in cui permanga la condotta illecita. Giova subito precisare che qualora la condotta sia riconducibile a due diverse fasce, andrà applicata la sanzione più elevata la quale assorbirà, evidentemente, la violazione meno grave. Libro unico del Lavoro In riferimento al LUL, viene riformulato il comma 7 dell’art. 39 del D.L. n. 112/2008 prevedendo, per le condotte di omessa o infedele registrazione dei dati, la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 150 ad euro 1.500. La sanzione è aumentata nei seguenti termini: - da euro 500 ad euro 3.000 se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero ad un periodo superiore a 6 mesi; - da euro 1.000 ad euro 6.000 se la violazione si riferisce a più di l O lavoratori ovvero ad un periodo superiore a 12 mesi. Atteso che la graduazione della sanzione tiene conto sia del numero di lavoratori che delle mensilità interessate dall’ omissione, sono evidentemente superate le indicazioni fornite con circ. n. 23/20 Il, afferenti le modalità di quantificazione della sanzione nei casi in cui la condotta illecita si protragga per più di una mensilità. Restano invece fermi i chiarimenti già forniti da questa Direzione generale, da ultimo con circolare n. 2/2012, in relazione al concetto di infedele registrazione che va riferito esclusivamente ai casi di difformità tra i dati registrati e il quantum della

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prestazione lavorativa resa o l’effettiva retribuzione o compenso corrisposto. È quindi da escludersi qualsiasi valutazione in ordine alla riconduzione del rapporto ad altra tipologia contrattuale ovvero in ordine alla mancata corresponsione di determinate somme previste dalla contrattazione collettiva applicata o applicabile, rispetto alle quali è fatto salvo evidentemente il potere di emanare la diffida accertativa al fine di dare immediata tutela ai lavoratori interessati. Si ricorda infine che le condotte di omessa e infedele registrazione - alle quali sono ;equiparate, ai fini sanzionatori, anche la tardiva compilazione del LUL - sono punibili a condizione che le stesse abbiano determinato differenti trattamenti retributivi. previdenziali o fiscali. Prospetti paga Anche l’art. 5 della L. n. 4/1953 (relativo alla mancata o ritardata consegna, ovvero 1all’omessa o inesatta registrazione sul prospetto paga) è riformulato mediante la previsione di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 150 ad euro 900. La sanzione è aumentata in ragione del numero dei lavoratori coinvolti o del periodo interessato: - da euro 600 ad euro 3.600 se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero ad un periodo superiore a 6 mesi; - da euro 1.200 ad euro 7.200 euro se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero ad un periodo superiore a 12 mesi. In conformità con le indicazioni già fornite con circ. n. 23/20 Il il Legislatore chiarisce che laddove il datore di lavoro adempia alla consegna del prospetto paga tramite la consegna di copia del Libro Unico del Lavoro, trova applicazione esclusivamente la sanzione di cui all’art. 39, comma 7, D.L. n. 112/2008. Ciò vale, tuttavia, per le ipotesi in cui il datore di lavoro, avvalendosi della facoltà di consegnare al lavoratore copia del Libro Unico del Lavoro, ometta alcune registrazioni o le effettui in maniera infedele. In tal caso andrà applicata unicamente la sanzione prevista per le registrazioni sul LUL e non quella per l’inesattezza del prospetto di paga. Diversamente, ove lo stesso ometta di consegnare la copia del LUL all’atto della corresponsione della retribuzione, non essendosi avvalso, di fatto, della facoltà contemplata dal comma 5 dell’art. 39 del D.L. n. 112/2008, non avrà assolto agli obblighi previsti dalla L. n. 4/1953 ed andrà conseguentemente incontro alla sanzione contenuta nel nuovo art. 5 della medesima Legge. Assegni .familiari Infine, viene riformulato il comma 2 dell’articolo 82 del decreto del Presidente della ‘ Repubblica 30 maggio 1955, n. 797 (omes-


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sa corresponsione degli assegni familiari), prevedendo la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 5.000. La sanzione viene aumentata in ragione del numero dei lavoratori coinvolti e del periodo interessato nei seguenti termini: - da euro 1.500 ad euro 9.000 se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero ad un periodo superiore a 6 mesi; - da 3.000 ad euro 15.000 se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero ad un periodo superiore a 12 mesi. Tutte le disposizioni sanzionatorie, così come novellate, si applicano esclusivamente agli illeciti commessi successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo.

MINISTERO DEL LAVORO CONTRATTO DI SOLIDARIETÀ CONCESSIONE DEGLI SGRAVI CONTRIBUTIVI CIRCOLARE N. 25/2015 Si informa che il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 25 del 12 ottobre scorso, ha fornito le istruzioni attuative del Decreto Interministeriale n. 17981/2015 per la concessione delle riduzioni contributive riconosciute in favore dei datori di lavoro che stipulano, a decorrere dal 15 settembre 2015, o hanno in corso alla medesima data, contratti di solidarietà previsti dal D.L n. 726/84, così come modificato dalla L. n. 863/84. Per beneficiare di tali riduzioni contributive le aziende, in particolare, devono aver “individuato strumenti volti a realizzare un miglioramento della produttività di entità analoga allo sgravio contributivo spettante sulla base dell’Accordo o di un piano di investimenti finalizzato a superare le inefficienze gestionali o del processo produttivo”. Lo sgravio in parola verrà riconosciuto quindi: - per periodi non anteriori al 21 marzo 2014, data di entrata in vigore del D.L. 34/12, convertito con modifiche dalla L. n. 78/14, e per l’intera durata del contratto di solidarietà, nel limite massimo di 24 mesi per unità produttiva interessata dal contratto stesso; - nella misura del 35% della contribuzione a carico del datore di lavoro dovuta per i lavoratori interessati da una riduzione dell’orario di lavoro in misura superiore al 20%; - comunque nei limiti di spesa pari ad euro 15 milioni.

Proprio in riferimento alla disponibilità delle risorse economiche destinate a finanziare la riduzione, il dicastero chiarisce che, all’approssimarsi del raggiungimento del limite di spesa annuo, le domande di accesso al beneficio saranno accolte con riserva. Ad ogni modo, il raggiungimento di tale limite sarà comunicato sul portale informatico del Ministero, www.lavoro. gov.it , nella pagina dedicata ai contratti di solidarietà – Tipo A. Per ciò che concerne le modalità operative, le domande dovranno essere presentate alla Direzione Generale degli Ammortizzatori sociali, con l’apposita modulistica, in bollo ed indicando il codice pratica dell’istanza del Cds, attraverso il canale Cigs on-line. Le domande, corredate dalla documentazione attestante gli strumenti adottati per realizzare il miglioramento della produttività ovvero il piano di investimenti finalizzato a superare le inefficienze gestionali o del processo produttivo, dovranno, inoltre, essere inviate, contestualmente, all’Inps ed alla DTL del luogo ove è situata la sede legale dell’azienda. Le istanze di ammissione, istruite secondo l’ordine cronologico di inoltro, dovranno essere presentate entro 30 giorni dalla stipula del contratto di solidarietà, o per quelli già in corso, entra 30 giorni dalla pubblicazione della circolare in oggetto, ossia entro il 10 novembre 2015. La Direzione Generale degli Ammortizzatori Sociali, acquisita la comunicazione dall’Inps relativa alla quantificazione dell’onere di spesa e nei limiti delle disponibilità finanziarie, adotterà entro 120 giorni un provvedimento di concessione dell’agevolazione, comunicandolo all’Inps. Tale provvedimento sarà comunque soggetto a revoca nel caso in cui, a seguito degli accertamenti ispettivi, dovessero essere disattesi i presupposti di cui all’art. 1 del Decreto Interministeriale n. 17981/2015. A tal riguardo, viene chiarito dal Ministero che le verifiche da parte delle Direzioni Territoriali del Lavoro saranno effettuate in un periodo successivo ai primi nove mesi dalla decorrenza della domanda per il contratto di solidarietà. La nota ministeriale conclude ricordando che l’efficacia del decreto interministeriale n. 17981/15 è limitata all’esercizio finanziario 2016 e nel limite annuale delle risorse stanziate. Per tale motivo, le domande presentate nel 2014/2015, che non hanno ottenuto lo sgravio a seguito dell’esaurimento dei fondi stanziati per quel biennio, resteranno definitivamente inevase.

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MINISTERO DEL LAVORO - TUTELA DELLA MATERNITÀ D.LGS. N. 151/2001 - RIPOSI GIORNALIERI DELLA LAVORATRICE MADRE RINUNCIA - INTERPELLO N. 23/2015 Si informa che con interpello n. 23 del 24 settembre 2015, che si riproduce in calce alla presente, il Ministero del Lavoro ha espresso l’avviso che Nel caso in cui la lavoratrice madre, nel primo anno di vita del bambino, presenti richiesta per il godimento dei permessi giornalieri e, successivamente, in modo spontaneo e per proprie esigenze, non usufruisca degli stessi per alcune giornate, non è ravvisabile la violazione dell’art. 39 del d.lgs. n. 151/2001. quindi a parere del Dicastero non trova applicazione nei confronti del datore di lavoro la sanzione amministrativa contemplata dall’art. 46 del medesimo decreto. A parere del Ministero infatti, dal dettato dell’art. 39 del Decreto Legislativo n. 151/2001 si evince che il diritto di fruire dei riposi in questione ha natura di diritto potestativo, inteso quest’ultimo quale situazione giuridica soggettiva consistente nell’attribuzione di un potere alla lavoratrice madre cui corrisponde, dal lato del datore di lavoro, una posizione giuridica passiva di soggezione e non di obbligo. Infatti, il datore di lavoro deve consentire alla madre la fruizione dei permessi laddove la stessa presenti una esplicita richiesta. Nello specifico, a differenza di quanto avviene nelle ipotesi del congedo di maternità, la lavoratrice madre può scegliere se esercitare o meno il proprio diritto, fruendo dei riposi giornalieri in discorso; qualora decida di esercitare tale diritto e il datore di lavoro non le consenta il godimento dei periodi di riposo trova applicazione la misura sanzionatoria comminata dall’art. 46 del Decreto Legislativo n. 151/2001. Resta ferma – rimarca il Ministero del Lavoro – la possibilità, da parte degli organi di vigilanza, di effettuare eventuali verifiche in merito alla spontaneità della rinuncia della lavoratrice al godimento dei permessi di cui trattasi. Al riguardo, il Ministero osserva che la rinuncia deve essere giustificata da ragioni che rispondano in modo inequivocabile ad un interesse della lavoratrice (ad esempio, la frequenza di un corso di formazione, l’impossibilità di rientrare nella propria abitazione a causa di uno sciopero dei mezzi pubblici, ecc.).


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Ministero del Lavoro Roma, 24 settembre 2015 Interpello n. 23 Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 - riposi giornalieri della lavoratrice madre - art. 39, D.Lgs. n. 151/2001. Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Direzione generale in merito alla corretta interpretazione dell’art. 39, D.Lgs. n. 151/2001 afferente alla disciplina dei riposi giornalieri per la lavoratrice madre durante il primo anno di vita del bambino. In particolare l’istante chiede se, nelle ipotesi in cui la lavoratrice madre non intenda usufruire, spontaneamente e per proprie esigenze, dei permessi già richiesti al datore di lavoro ex art. 39 di cui sopra, possa trovare o meno applicazione nei confronti di quest’ultimo la sanzione contemplata dall’art. 46 del medesimo decreto legislativo. Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro e delle Relazioni industriali e dell’Ufficio legislativo, si rappresenta quanto segue. In via preliminare, occorre muovere dalla lettera della disposizione ex art. 39 in virtù della quale “il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo é uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro é inferiore a sei ore”. In proposito, si precisa che i periodi di riposo hanno la durata di un’ora ciascuno, vengono considerati ore lavorative agli effetti sia della durata che della retribuzione e comportano il diritto della lavoratrice madre di uscire dall’azienda. Alla luce del summenzionato dettato normativo, si evince dunque che il diritto di fruire dei riposi in questione ha natura di diritto potestativo, inteso quest’ultimo quale situazione giuridica soggettiva consistente nell’attribuzione di un potere alla lavoratrice madre cui corrisponde dal lato del datore una posizione giuridica passiva di soggezione e non di obbligo; il datore deve, infatti, consentire alla madre la fruizione dei permessi qualora la stessa presenti esplicita richiesta. Nello specifico, a differenza di quanto avviene nell’ipotesi di astensione obbligatoria per maternità, la lavoratrice madre può scegliere se esercitare o meno il proprio

diritto, fruendo dei summenzionati riposi; nell’ipotesi in cui decida di esercitarlo e il datore di lavoro non le consenta il godimento dei periodi di riposo troverà applicazione la sanzione amministrativa pecuniaria stabilita dall’art. 46. Diversamente, qualora la lavoratrice madre presenti una preventiva richiesta al datore di lavoro per il godimento dei permessi giornalieri e successivamente, in modo spontaneo e per proprie esigenze non usufruisca degli stessi per alcune giornate, non sembra ravvisabile la violazione dell’art. 39 e di conseguenza non potrà trovare applicazione la misura sanzionatoria ad essa collegata. Resta ferma la possibilità, da parte degli organi di vigilanza, di effettuare eventuali verifiche in ordine alla spontaneità della rinuncia della lavoratrice circa il godimento dei permessi in questione. Al riguardo appare pertanto opportuno che la suddetta rinuncia sia giustificata da ragioni che rispondano in modo inequivocabile ad un interesse della lavoratrice (ad es. frequenza di un corso di formazione, impossibilità di rientrare in casa in ragione di uno sciopero dei mezzi pubblici ecc.).

INPS GESTIONE SEPARATA ACCREDITAMENTO AZIENDA COMMITTENTE RILASCIO NUOVO APPLICATIVO - MESSAGGIO N. 6531/2015 Si informa che l’Inps con messaggio n. 6531 del 23 ottobre 2015 ha dato notizia del rilascio, sul “Cassetto Previdenziale per committenti della Gestione Separata”, di un nuovo applicativo che permette la registrazione di una azienda committente che, per la prima volta, è tenuta ad inviare un flusso Uniemens per lavoratori parasubordinati iscritti alla Gestione separata, di cui all’art. 2, comma 26, della Legge 8 agosto 1995, n. 335. L’Istituto precisa che tale registrazione crea in automatico, entro il giorno successivo all’invio della comunicazione tramite il citato “Cassetto”, l’Anagrafica dell’azienda negli archivi della Gestione separata, consentendo tutti gli adempimenti previsti (dall’invio dei flussi Uniemens alla gestione delle successive ed eventuali deleghe, ecc.). Nell’allegato al messaggio in commento l’I-

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stituto illustra le operazioni da compiere per l’accesso alla procedura e l’accreditamento dell’azienda.

TESTO UNICO SULLA SICUREZZA - D. LGS. 81/08 D.LGS. 151/2015 SEMPLIFICAZIONE E RAZIONALIZZAZIONE DI NORME Si informa che dallo scorso 24 settembre 2015 é entrato in vigore il Decreto legislativo n. 151/2015 recante “disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 23 settembre 2015. Le disposizioni di cui all’articolo 20 e 21 del Decreto in commento hanno infatti apportano modifiche al D.L.gs. n. 81/2008 e s.m.i. (c.d. “Testo Unico sulla Sicurezza”) al fine di semplificare e razionalizzare taluni aspetti del Testo stesso. Si riportano di seguito le principali osservazioni sulle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro contenute nelle diverse lettere del comma 1 del già citato articolo 20 e 21. Con l’articolo 21, comma 4, è abolito, a decorrere dal 23 dicembre 2015., l’obbligo di tenuta del registro infortuni. Art. 20 Lettera c) É stata modificata la composizione della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, di cui all’articolo 6 del TU. Per quanto riguarda le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, si registra una riduzione del numero dei componenti da 10 a 6, che determinerà una minore rappresentatività delle parti sociali (sia delle organizzazioni sindacali dei lavoratori sia di quelle dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale). Tale minore rappresentatività si tradurrà in marginalità soprattutto in ambito di votazione. È stato poi modificato, tra gli altri, il comma 8, lettera g), dello stesso articolo 6 del TU, con l’attribuzione alla Commissione consultiva il compito di elaborare i criteri finalizzati alla definizione del sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi. Nella precedente formulazione la Commis-


LAVORO

sione aveva invece il compito di “discutere in ordine ai” suddetti criteri. Art. 20 Lettera d) É stato modificato l’articolo 12, “Interpello”, del TU, mediante l’estensione alle Regioni e Province autonome della facoltà di formulare quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro alla Commissione per gli interpelli. Si rileva tuttavia che la Commissione è già composta, tra gli altri, da quattro rappresentanti delle Regioni e Province autonome. Con la modifica, pertanto, i Soggetti che compongono la Commissione risponderanno a quesiti da essi stessi posti. Si ricorda che le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio dell’attività di vigilanza. Art. 20 Lettera e) É stato modificato l’articolo 28 del TU, con la previsione che l’Inail, anche in collaborazione con le Aziende sanitarie locali, renda disponibili al datore di lavoro strumenti tecnici e specialistici per la riduzione dei livelli di rischio. La previsione rende di fatto cogenti gli strumenti messi a disposizione da Inail e Asl in materia di prevenzione dei rischi. Ad avviso dell’Ance dovrebbe invece essere garantita una positiva flessibilità in capo al datore di lavoro che sceglie le misure da mettere in atto per ridurre i livelli di rischio in funzione della loro efficacia e non necessariamente sulla base delle indicazioni fornite dall’Inail o dalla Asl.

di primo soccorso, di prevenzione incendi ed evacuazione, previa comunicazione al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS). Art. 20 Lettera l) É stata modificata la definizione di “operatore” riportata nell’articolo 69 del TU relativo alle attrezzature di lavoro. Viene chiarito che operatore è non solo il lavoratore che fa uso delle attrezzature di lavoro, ma anche il datore di lavoro che ne fa uso. Pertanto anche il datore di lavoro che utilizza le attrezzature di cui all’art. 73, comma 5, del TU, deve avere la specifica abilitazione disciplinata dall’Accordo Stato - Regioni del 22 febbraio 2012. Art. 20 Lettera o) Si modifica l’articolo 98 del TU sulla formazione dei coordinatori. I corsi (limitatamente al modulo giuridico), nonché i corsi di aggiornamento - le cui modalità sono riportate in allegato XIV - possono svolgersi in modalità e-learning secondo quanto riportato nell’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011 sulla formazione dei lavoratori. L’aggiornamento dell’allegato XIV è demandato alla Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome. Art. 20 Lettera p) La modifica chiarisce che l’emissione sonora delle attrezzature di lavoro può essere stimata in fase preventiva facendo

Art 20 Lettera f) É stato modificato l’articolo 29 del TU demandando ad un decreto del Ministro del lavoro, da adottarsi previo parere della Commissione consultiva permanente, l’individuazione degli strumenti di supporto per la valutazione dei rischi di cui agli articoli 17 e 28 del TU, tra i quali gli strumenti informatizzati secondo il prototipo europeo OIRA (Online Interactive Risk Assessment). Art. 20 Lettera g) Sono state apportate modifiche all’articolo 34 del TU “Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi”. Si tratta di una modifica più formale che sostanziale dal momento che rimane al datore di lavoro la possibilità di svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione,

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riferimento alle banche dati approvate dalla Commissione consultiva permanente. La modifica suddetta è stata apportata all’articolo 190 del TU “Valutazione del rischio” rumore, e appare di carattere redazionale poiché nella sostanza non cambia il principio secondo cui si può ricorrere alle banche dati esclusivamente in fase preventiva. L’Ance ha più volte proposto di estendere l’uso delle banche dati anche alla fase di valutazione del rischio. Si evidenzia che, ad oggi, l’unica banca dati validata dalla Commissione consultiva permanente è quella realizzata dal CPT di Torino in collaborazione con INAIL Direzione Regionale Piemonte.

LEGGE N. 297/82 - TFR INDICE RIVALUTAZIONE MESE DI SETTEMBRE 2015 L’Istat ha comunicato che l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie d’operai ed impiegati per il mese di settembre 2015 è risultato pari a 107. Pertanto dal rapporto tra l’indice del mese di dicembre 2014 e quello di settembre 2015 risulta che il coefficiente utile per la rivalutazione monetaria al mese di settembre 2015 del trattamento di fine rapporto maturato ed accantonato al 31 dicembre 2014 è pari a: 1,012804


IMPIEGATI

in vigore dal 1° LUGLIO 2015 Indennità

Premio

Elemento

di produzione 1-1-2011

distinto della retribuzione ex prot.31-7-1992

TOTALE

1-7-2015

di contingenza 1-11-1991

1.680,71 1.512,63 1.260,52 1.176,51 1.092,46 983,22 840,36

533,82 529,63 523,35 521,25 519,16 516,43 512,87

397,22 363,21 301,79 274,67 252,42 226,82 194,92

10,33 10,33 10,33 10,33 10,33 10,33 10,33

2.622,08 2.415,80 2.095,99 1.982,76 1.874,37 1.736,80 1.558,48

Stipendio minimo

QUALIFICHE

Imp. 1^ cat. super Imp. 1^ cat. Imp. 2^ cat. Assistente Tecnico Imp. 3^ cat. Imp. 4^ cat. Imp. 4^ cat. 1° impiego

Indennità di mensa: dal 1/1/2013 l'indennità di mensa è fissata in euro 7,76 giornaliere

per ogni giorno lavorativo di presenza nel mese. Nel caso di presenze per l'intero mese l'indennità è erogata nell'importo mensile di euro 170,72. Indennità di trasporto: dal 1/1/2013 l'indennità di trasporto è fissata in euro 2,09 giornaliere per ogni giorno lavorativo di presenza nel mese. Nel caso di presenza per l'intero mese l'indennità è erogata nell'importo mensile di euro 46,18. AUMENTI PERIODICI DI ANZIANITA' Imp. 1^ cat. super Imp. 1^ cat. Imp. 2^ cat.

13,94 12,85 10,46

OPERAI DI PRODUZIONE CATEGORIE

Operaio di 4° livello Operaio specializzato Operaio qualificato Operaio comune

Custodi, guardiani, fattorini, uscieri ed inservienti (*)

9,62 8,99 8,22

in vigore dal 1° LUGLIO 2015

Paga base oraria dal 1-7-2015

Indennità di contingenza 1-11-1991

Indennità territoriale di settore 1-1-2011

Elemento distinto dalla retribuzione Prot. 31-7-92

6,80 6,31 5,68 4,86

3,01 3,00 2,99 2,96

1,66 1,55 1,39 1,19

0,06 0,06 0,06 0,06

OPERAI DISCONTINUI CATEGORIE

Assist. tecnico Imp. 3^ cat. Imp. 4^ cat.

TOTALE

11,53 10,92 10,12 9,07

in vigore dal 1° LUGLIO 2015

Paga base oraria dal 1-7-2015

Indennità di contingenza 1-11-1991

Indennità territoriale di settore 1-1-2011

Elemento distinto dalla retribuzione Prot. 31-7-92

4,37

2,47

1,07

0,05

Custodi, portinai, guardiani con alloggio (**) 3,89 2,47 0,95 0,04 (*) Operai discontinui di cui all'art.6 e all'allegato A lett.b del ccnl 18/6/2008; (**) Operai discontinui di cui all'art.6 e all'allegato A lett.c del ccnl 18/6/2008. 564

TOTALE

7,96

7,35


TRATTAMENTO ECONOMICO PER MALATTIA, INFORTUNIO E MALATTIA PROFESSIONALE - INDENNITA' GIORNALIERE Quote a carico delle IMPRESE in vigore dal 1° LUGLIO 2015 OPERAI

MALATTIA

INFORTUNIO MALATTIA PROFESSIONALE

1° - 2° - 3° giorno (1)

dal 4° al 20° giorno

dal 21° al 180° giorno

dal 181° al 270° giorno (2)

dal 271° al 360° giorno (3)

dal 1° al 90° giorno (4)

dal 91° giorno in poi

OPERAIO IV LIVELLO

80,17

28,99

11,96

41,98

41,98

16,62

3,76

OPERAIO SPECIALIZZATO

75,91

27,45

11,32

39,74

39,74

15,74

3,56

OPERAIO QUALIFICATO

70,32

25,43

10,49

36,82

36,82

14,58

3,30

OPERAIO COMUNE

62,98

22,77

9,39

32,97

32,97

13,06

2,95

qualifiche

APPRENDISTATO APPRENDISTI MINORENNI MALATTIA

INFORTUNIO MALATTIA PROFESSIONALE

1° - 2° - 3° giorno (1)

dal 4° al 20° giorno

dal 21° al 180° giorno

dal 181° al 270° giorno (2)

dal 1° al 90° giorno (4)

dal 91° giorno in poi

1° semestre

42,19

15,26

6,29

22,09

8,75

1,98

2° semestre

45,71

16,53

6,82

23,93

9,48

2,14

3° semestre

49,22

17,80

7,34

25,77

10,21

2,31

4° semestre

52,74

19,07

7,86

27,61

10,93

2,47

5° semestre

56,25

20,34

8,39

29,45

11,66

2,64

6° semestre

59,77

21,61

8,91

31,29

12,39

2,80

7° semestre

59,77

21,61

8,91

31,29

12,39

2,80

8° semestre

59,77

21,61

8,91

31,29

12,39

2,80

APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE MALATTIA

INFORTUNIO MALATTIA PROFESSIONALE

1° - 2° - 3° giorno (1)

dal 4° al 20° giorno

dal 21° al 180° giorno

dal 181° al 270° giorno (2)

dal 271° al 360° giorno (3)

dal 1° al 90° giorno (4)

dal 91° giorno in poi

75,91

27,45

11,32

39,74

39,74

15,74

3,56

70,32

25,43

10,49

36,82

36,82

14,58

3,30

62,98

22,77

9,39

32,97

13,06

2,95

qualifica in essere 3° LIVELLO OPERAIO SPECIALIZZATO 2° LIVELLO OPERAIO QUALIFICATO 1° LIVELLO OPERAIO COMUNE

NOTE

(1) Trattamento da corrispondere soltanto nel caso in cui la malattia superi i 10 giorni consecutivi (2) Trattamento da corrispondere limitatamente alle giornate non indennizzate dall'INPS (3) Trattamento da corrispondere limitatamente alle giornate non indennizzate dall'INPS a favore dei soli operai o apprendisti con anzianità di servizio superiore a tre anni e mezzo (4) Trattamento da corrispondere dal 1° al 90° giorno successivo all'infortunio e/o malattia professionale, per gli eventi occorsi a far data dal 1° novembre 2004

565


TRATTAMENTO ECONOMICO PER MALATTIA, INFORTUNIO E MALATTIA PROFESSIONALE - INDENNITA' GIORNALIERE Quote utili per il rimborso da parte della CAPE in vigore dal 1° LUGLIO 2015 OPERAI

MALATTIA

INFORTUNIO MALATTIA PROFESSIONALE

1° - 2° - 3° giorno (1)

dal 4° al 20° giorno

dal 21° al 180° giorno

dal 181° al 270° giorno (2)

dal 271° al 360° giorno (3)

dal 1° al 90° giorno (4)

dal 91° giorno in poi

OPERAIO IV LIVELLO

76,39

25,21

8,17

38,20

38,20

15,33

2,95

OPERAIO SPECIALIZZATO

72,33

23,87

7,74

36,16

36,16

14,51

2,79

OPERAIO QUALIFICATO

67,00

22,11

7,17

33,50

33,50

13,44

2,58

OPERAIO COMUNE

60,01

19,80

6,42

30,00

30,00

12,04

2,32

qualifiche

APPRENDISTATO APPRENDISTI MINORENNI MALATTIA

INFORTUNIO MALATTIA PROFESSIONALE

1° semestre 2° semestre 3° semestre 4° semestre 5° semestre 6° semestre 7° semestre 8° semestre

1° - 2° - 3° giorno (1)

dal 4° al 20° giorno

dal 21° al 180° giorno

dal 181° al 270° giorno (2)

dal 1° al 90° giorno (4)

dal 91° giorno in poi

40,20 43,55 46,90 50,25 53,60 56,95 56,95 56,95

13,27 14,37 15,48 16,58 17,69 18,79 18,79 18,79

4,30 4,66 5,02 5,38 5,74 6,09 6,09 6,09

20,10 21,77 23,45 25,12 26,80 28,47 28,47 28,47

8,06 8,74 9,41 10,08 10,75 11,43 11,43 11,43

1,55 1,68 1,81 1,94 2,07 2,20 2,20 2,20

APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE MALATTIA

INFORTUNIO MALATTIA PROFESSIONALE

1° - 2° - 3° giorno (1)

dal 4° al 20° giorno

dal 21° al 180° giorno

dal 181° al 270° giorno (2)

dal 271° al 360° giorno (3)

dal 1° al 90° giorno (4)

dal 91° giorno in poi

72,33

23,87

7,74

36,16

36,16

14,51

2,79

67,00

22,11

7,17

33,50

33,50

13,44

2,58

60,01

19,80

6,42

30,00

12,04

2,32

qualifica in essere 3° LIVELLO OPERAIO SPECIALIZZATO 2° LIVELLO OPERAIO QUALIFICATO 1° LIVELLO OPERAIO COMUNE

NOTE

(1) Quota utile per il rimborso da parte della CAPE riconosciuta soltanto nel caso in cui la malattia superi i 10 giorni consecutivi (2) Quota utile per il rimborso da parte della CAPE riconosciuta limitatamente alle giornate non indennizzate dall'INPS (3) Quota utile per il rimborso da parte della CAPE riconosciuta limitatamente alle giornate non indennizzate dall'INPS a favore dei soli operai o apprendisti con anzianità di servizio superiore a tre anni e mezzo (4) Quota utile per il rimborso da parte della CAPE riconosciuta dal 1° al 90° giorno successivo all'infortunio e/o malattia professionale, per gli eventi occorsi a far data dal 1° novembre 2004

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QUADRO DEGLI ONERI PREVIDENZIALI E ASSICURATIVI A CARICO DELLE IMPRESE, DEGLI IMPIEGATI E DEGLI OPERAI Ente al quale sono dovuti i contributi IMPIEGATI OPERAI a carico a carico a carico a carico azienda impiegati azienda operai

I.N.P.S. Fondo pensioni lavoratori dipendenti 23,81% 9,19%(1) 23,81% 9,19%(1) ASpI e Disoccupazione Speciale Edile (2) 2,41% — 2,41% — Assegni familiari (2) 0,68% — 0,68% — Cassa Integrazione Guadagni - Ordinaria (3) 1,90% — 5,20% — - Straordinaria (4) 0,60% 0,30% 0,60% 0,30% Indennità economica di malattia — — 2,22% — Tutela e sostegno maternità e paternità (2) 0,46% — 0,46% — — 0,20% — Fondo garanzia trattamento di fine rapporto (5) 0,20% 30,06% 9,49% 35,58% 39,55%

9,49%

45,07%

(1) Aliquota aggiuntiva ai fondi pensione: 1,00% a carico del dipendente da calcolare sulle retribuzioni eccedenti la prima fascia di retribuzione pensionabile, che per l'anno 2015 è pari ad euro pari 3.844,00 (per 12 mensilità). (2) A decorrere a decorrere dal 1° gennaio 2006, è previsto un esonero dell'1,80% della contribuzione dovuta alla Cassa Assegni familiari in seguito: - alla riduzione dello 0,80% stabilita dall'art. 120, Legge 23 dicembre 2000, n. 388; - alla riduzione dell'1% stabilita dall'art. 1, commi 361 e 362, Legge 23 dicembre 2005, n. 266. Per fruire di tali riduzioni l'Inps ha previsto il ricorso alla c.d. "nettizzazione" diramando apposite istruzioni operative (cfr. Notiziario n. 12/2005 e suppl. n. 5 al Notiziario n. 12/2005). Ciò comporta che per le imprese industriali, la contribuzione dovuta alla Cassa Assegni familiari è nella percentuale indicata. Per le imprese artigiane (comprese quelle dell'indotto) la "nettizzazione" comporta che la contribuzione per l'ASpI è pari all'1,50% (2,41% - 0,91%) mentre è azzerata (ossia pari allo 0%) la contribuzione per gli Assegni familiari e per la Tutela e sostegno maternità e paternità. (3) Il contributo CIG per gli impiegati e quadri è dovuto nella misura dell'1,90% per le imprese che occupano meno di 50 dipendenti e nella misura del 2,20% per le imprese che occupano più di 50 dipendenti (D.L. 20/1/98, n. 4) (4) Il contributo CIG straordinaria è dovuto: − dalle imprese che nel semestre precedente abbiano occupato mediamente più di 15 lavoratori. − dalle imprese artigiane (con decorrenza 1° aprile 1991) aventi più di 15 dipendenti ed operanti nell’”indotto”. Ai fini del computo dei dipendenti si deve tenere conto degli apprendisti e dei lavoratori assunti con contratto di Formazione e Lavoro (5) Il contributo Fondo garanzia trattamento di fine rapporto è dovuto in misura piena solo dai datori di lavoro che non conferiscono, neppure in parte, il trattamento di fine rapporto ad un fondo di previdenza complementare ovvero al Fondo di Tesoreria presso l’Inps. Dal 1° gennaio 2013 è stato introdotto un contributo addizionale pari all'1,40% della retribuzione imponibile, a carico dei datori di lavoro, con riferimento ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato. Tale contributo addizionale non è dovuto nel caso di lavoratori assunti con contratto a temine in sostituzione di lavoratori assenti.

567


QUADRO DEGLI ONERI PREVIDENZIALI E ASSICURATIVI PER LE IMPRESE INDUSTRIALI PRODUTTRICI DI CALCESTRUZZO PRECONFEZIONATO Ente al quale sono dovuti i contributi IMPIEGATI OPERAI a carico a carico a carico a carico azienda impiegati azienda operai

I.N.P.S. Fondo pensioni lavoratori dipendenti 23,81% 9,19%(1) 23,81% 9,19%(1) ASpI (2) 1,61% — 1,61% — Contributo mobilità (art.16 L.223/1991) (3) 0,30% — 0,30% — Assegni familiari (2) 0,68% — 0,68% — Cassa Integrazione Guadagni - Ordinaria (4) 1,90% — 1,90% — - Straordinaria (5) 0,60% 0,30% 0,60% 0,30% Indennità economica di malattia — — 2,22% — Tutela e sostegno maternità e paternità (2) 0,46% — 0,46% — Fondo garanzia trattamento di fine rapporto (6) 0,20% — 0,20% — 29,56% 9,49% 31,78% 39,05%

9,49%

41,27%

(1) Aliquota aggiuntiva ai fondi pensione: 1,00% a carico del dipendente da calcolare sulle retribuzioni eccedenti la prima fascia di retribuzione pensionabile, che per l'anno 2015 è pari ad euro pari 3.844,00 (per 12 mensilità) (2) A decorrere a decorrere dal 1° gennaio 2006, è previsto un esonero dell'1,80% della contribuzione dovuta alla Cassa Assegni familiari in seguito: - alla riduzione dello 0,80% stabilita dall'art. 120, Legge 23 dicembre 2000, n. 388; - alla riduzione dell'1% stabilita dall'art. 1, commi 361 e 362, Legge 23 dicembre 2005, n. 266. Per fruire di tali riduzioni l'Inps ha previsto il ricorso alla c.d. "nettizzazione" diramando apposite istruzioni operative (cfr. Notiziario n. 12/2005 e suppl. n. 5 al Notiziario n. 12/2005). Ciò comporta che per le imprese industriali, la contribuzione dovuta alla Cassa Assegni familiari è nella percentuale indicata. Per le imprese artigiane (comprese quelle dell'indotto) la "nettizzazione" comporta che la contribuzione per l'ASpI è pari allo 0,70% (1,61% - 0,91%) mentre è azzerata (ossia pari allo 0%) la contribuzione per gli Assegni familiari e per la Tutela e sostegno maternità e paternità. (3) Il contributo di mobilità è dovuto dalle imprese (anche quelle artigiane dell'indotto) che occupano mediamente più di 15 dipendenti (compresi apprendisti). (4) Il contributo non è dovuto dalle imprese artigiane. Il contributo è del 2,20% per le aziende con più di 50 dipendenti. (5) Il contributo è dovuto dalle imprese (anche quelle artigiane dell'indotto) che occupano mediamente più di 15 dipendenti. (6) Il contributo Fondo garanzia trattamento di fine rapporto è dovuto in misura piena solo dai datori di lavoro che non conferiscono, neppure in parte, il trattamento di fine rapporto ad un fondo di previdenza complementare ovvero al Fondo di Tesoreria presso l’Inps. NOTA: La dichiarazione del numero medio dei dipendenti occupati ai fini della determinazione del contributo dovuto per la CIG va inviata all’INPS in occasione dell’inizio dell’attività con dipendenti o in caso di modificazione della forza lavoro che influisce sulla misura della contribuzione (cfr. suppl. n. 1 al Not. 12/2003). Circa il contributo addizionale per i rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato, si rinvia a quanto pubblicato nella precedente tabella.

568


INDENNITA’ SOSTITUTIVA DI MENSA Qualora non venga fornito il servizio mensa, dal 1° gennaio 2013 per ogni giornata di presenza agli operai deve essere corrisposta un’indennità sostitutiva di mensa pari a euro 8,59 giornalieri. L’indennità deve essere corrisposta in misura intera per presenze di almeno 4 ore. Per prestazioni lavorative inferiori a 4 ore, l’indennità deve essere corrisposta in ragione di 1/8 per ogni ora di lavoro. Sulla indennità sostitutiva della mensa non deve essere invece calcolata la maggiorazione C.A.P.E. del 18,50% per ferie e gratifica natalizia.

INDENNITA’ CONCORSO SPESE TRASPORTO Dal 1° gennaio 2013, l’indennità a titolo di concorso nelle spese di trasporto è fissata nelle seguenti misure: a) per spostamenti all’interno del comune di residenza o di abituale dimora dell’operaio: euro 25,00 mensili; b) per spostamenti fuori dal comune di residenza o di abituale dimora: - da 0 a 7 Km. euro 44,65 mensili, pari ad euro 2,02 per ogni presenza giornaliera - da 7,01 a 16 Km. euro 62,53 mensili, pari ad euro 2,84 per ogni presenza giornaliera - da 16,01 a 28 Km. euro 78,03 mensili, pari ad euro 3,54per ogni presenza giornaliera - da 28,01 a 41 Km. euro 87,49 mensili, pari ad euro 3,97 per ogni presenza giornaliera - oltre 41 Km euro 101,07 mensili, pari ad euro 4,59 per ogni presenza giornaliera L’indennità di cui al punto b), da erogare con le indicate decorrenze, non può, comunque, superare i limiti delle quote mensili surriportate.

PERCENTUALE COMPLESSIVA CASSA ASSISTENZIALE PARITETICA EDILE -

18,50% 2,50% 4,30% 0,05% 0,20% 2,048% 0,75% 0,27% 0,07% 0,10% 0,25% 0,50%

per gratifica natalizia e ferie, (a carico dell’impresa). per contributo alla C.A.P.E. (a carico dell’operaio 0,417%) per anzianità professionale edile ordinaria (a carico dell’impresa). per contributo oneri Fondo Prevedi (a carico dell’impresa). per fornitura calzature da lavoro (a carico dell’impresa). per quota territoriale e quota nazionale di adesione contrattuale (1,024% a carico dell’operaio) per contributo Fondo Addestramento Professionale (a carico dell’impresa) per Comitato Paritetico Antinfortunistico (a carico dell’impresa) per Fondo per la sicurezza (a carico dell’impresa) per Fondo lavori usuranti e pesanti per contributo associativo al Collegio (a carico dell’impresa) per contributo associativo all’A.N.C.E. (a carico dell’impresa)

Sistema di versamento Secondo le previsioni di cui all’allegato D al vigente C.C.N.L., a titolo di gratifica Natalizia e ferie, dal 1° ottobre 2000, l’impresa è tenuta ad effettuare il versamento alla C.A.P.E. nel limite del 14,20% anche se provvede a calcolare l’ammontare delle ritenute vigenti a carico dell’operaio sulla intera maggiorazione del 18,50%. Dal 1° gennaio 2015 la percentuale complessiva da versare alla C.A.P.E. è del 25,238% (di cui 1,441% a carico dell’operaio). Dal 1° febbraio 2002 i versamenti devono essere effettuati alla C.A.P.E. con cadenza mensile. Le percentuali complessive di cui sopra vanno computate su paga base, indennità di contingenza, indennità territoriale di settore ed elemento economico territoriale limitatamente alle ore ordinarie di lavoro. Agli operai ammalati od infortunati deve essere corrisposto il trattamento economico per ferie e gratifica con le modalità e nei termini indicati nei supplementi n.5 al Not. n. 2/88, n. 1 al Not. n. 11/00, n.1 al Not. n. 5/04, n.1 al Not. n. 11/04, n.1 al Not. n. 3/07, n. 2 al Not. n. 6/2012.

VERSAMENTI ALLA C.A.P.E. PER GLI IMPIEGATI ISCRITTI - 0,90% per contributo alla C.A.P.E. (a carico dell’impiegato 0,50%) - 0,40% per quota provinciale di servizio (a carico dell’impiegato 0,20%) La percentuale complessiva dell’1,30% deve essere calcolata per tutte le mensilità erogate a norma del C.C.N.L. 29/1/2000 su stipendio base, premio di produzione e indennità di contingenza.

569


TRATTENUTE PER IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE (I.R.PE.F.) La trattenuta per l’I.R.PE.F. deve essere effettuata sulla retribuzione totale alla mano (per gli operai paga base oraria, indennità di contingenza, indennità territoriale di settore E.D.R. e E.E.T, maggiorazione 18,50% per ferie, festività e gratifica natalizia, 4,95 per riposi annui, indennità di trasporto, eventuali integrazioni salariali) al netto delle quote dei contributi a carico dei lavoratori.

ALIQUOTE SULLA RETRIBUZIONE IMPONIBILE Scaglione di reddito

Aliquota %

Importo degli scaglioni annui

Ragguaglio a mese

fino ad euro 15.000

23

su euro 15.000

euro 1.250,00

oltre euro 15.000 fino ad euro 28.000

27

sui successivi euro 13.000

euro 1083,33

oltre euro 28.000 fino ad euro 55.000

38

sui successivi euro 27.000

euro 2.250,00

oltre euro 55.000 fino ad euro 75.000

41

sui successivi euro 20.000

euro 1.666,66

oltre euro 75.000

43

ADDIZIONALE REGIONE LOMBARDIA PER REDDITI ANNO 2014 Scaglione di reddito fino ad euro 15.000,00

Aliquota % 1,23

da euro 15.000,01 fino ad euro 28.000,00

1,58

oltre euro 28.000,01

1,73

PER REDDITI ANNO 2015 Scaglione di reddito fino ad euro 15.000,00

Aliquota % 1,23

da euro 15.000,01 fino ad euro 28.000,00

1,58

da euro 28.000,01 fino ad euro 55.000,00

1,72

da euro 55.000,01 dino ad euro 75.000,00

1,73

oltre euro 75.000,01

1,74

DETRAZIONI PER SPESE DI PRODUZIONE DEL REDDITO DA LAVORO DIPENDENTE O EQUIPARATO (Legge di Stabilità 2014) - Reddito complessivo non superiore a 8.000 euro L’importo della detrazione è fissato in 1.880 euro annui, da rapportare ai periodi di lavoro nell'anno. L’ammontare annuo non può essere inferiore a 690 euro. In caso di rapporti di lavoro a tempo determinato la detrazione non può essere inferiore a 1.380 euro. - Reddito complessivo compreso tra 8.001 euro e 28.000 euro La detrazione è fissata in via teorica, nell’importo di euro 978 aumentato dell’importo risultante dalla seguente formula: 902 X (28.000 – RC) : 20.000 = F (Importo di aumento della detrazione). Pertanto: detrazione annua complessiva = 978 euro + F Gli importi di 978 euro e 902 euro devono essere rapportati al periodo di lavoro nell'anno. - Reddito complessivo compreso tra 28.001 euro e 55.000 euro La detrazione è fissata in via teorica, nell’importo di euro 978 moltiplicato per il coefficiente risultante dalla seguente formula: (55.000 – RC) : 27.000 = Coeff

570


DETRAZIONI PER CONIUGE A CARICO - Reddito complessivo non superiore a 15.000 euro La detrazione è fissata in via teorica in 800 euro annui. Per determinare l’importo effettivo spettante si deve: - determinare il rapporto: RC : 15.000 = Coeff. Se tale rapporto, e cioè “Coeff.”, è uguale a zero la detrazione non spetta. - determinare la detrazione effettiva: 800 euro – 110 X Coeff. = Detrazione effettiva spettante - Reddito complessivo superiore a 15.001 euro ma non a 40.000 euro La detrazione è stabilita nella misura di 690 euro annui, maggiorata di un importo variabile a seconda del reddito complessivo. Pertanto l’importo complessivo della detrazione, per il caso in esame, può essere così riepilogato: Reddito Complessivo annuo del contribuente

Maggiorazione annua

Detrazione annua complessiva

da 15.001 a 29.000 euro

0

690 euro

da 29.001 a 29.200 euro

10 euro.

700 euro

da 29.201 a 34.700 euro

20 euro

710 euro

da 34.701 a 35.000 euro

30 euro

720 euro

da 35.001 a 35.100 euro

20 euro

710 euro

da 35.101 a 35.200 euro

10 euro

700 euro

da 35.201 e fino a 40.00 euro

0

690 euro

- Reddito complessivo superiore a 40.000 euro ma non a 80.000 euro La detrazione è fissata in via teorica nell’importo di euro 690 annui. Per determinare l’importo effettivo spettante si deve: - determinare il rapporto: (80.000 euro – RC) : 40.000 = Coeff. Se tale rapporto, e cioè “Coeff.”, è uguale a zero la detrazione non spetta. - determinare la detrazione effettiva: 690 euro X Coeff. = Detrazione effettiva spettante DETRAZIONI PER FIGLI A CARICO La detrazione per i figli è fissata in via teorica nell’importo di 950 euro annui per ciascun figlio a carico, elevati - a 1.220 euro per ciascun figlio di età inferiore a tre anni. - a 1.620 euro per ogni figlio portatore di handicap di età minore o sino a tre anni, oppure a 1.350 euro se di età superiore a tre anni. Per i contribuenti con più di tre figli a carico le detrazioni sono maggiorate di 200 euro per ciascun figlio a carico, compreso il primo. Per determinare l’importo effettivo spettante si deve: - determinare l’importo teorico della detrazione spettante (ITDS) Tale importo va individuato applicando i criteri visti (2 figli di cui 1 di tre anni e l’altro di 5 anni: ITDS = 950 + 1.220 = 2.170 euro) - determinare il rapporto (A – RC) : A = Coeff. Dove: A è una cifra fissa pari a 95.000 maggiorata di 15.000 per ciascun figlio a carico successivo al primo. Se “Coeff.” è inferiore o uguale a zero o uguale ad 1, la detrazione non spetta. - determinare la detrazione effettiva: ITDS X Coeff. = Detrazione annua effettiva spettante E’ prevista, come regola generale la ripartizione al 50 per cento della detrazione spettante tra i genitori. Previo accordo tra i genitori, è consentito che la detrazione venga assegnata al genitore che possiede il reddito complessivo più elevato. ULTERIORE DETRAZIONE PER GENITORI CON ALMENO QUATTRO FIGLI A CARICO Dal periodio di imposta 2007, in aggiunta alle detrazioni sopra viste, e in caso di presenza di almeno quattro figli a carico, ai genitori è riconosciuta un’ulteriore detrazione in importo fisso, pari a 1.200 euro annui, indipendentemente dall’ammontare del reddito del beneficiario. La detrazione è ripartita nella misura del 50 per cento tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati. In caso di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, la detrazione spetta ai genitori in proporzione agli affidamenti stabiliti dal giudice. Nel caso di coniuge fiscalmente a carico dell’altro, la detrazione compete a quest’ultimo per l’intero importo.

DETRAZIONI PER ALTRE PERSONE A CARICO Per le altre persona a carico, compete una detrazione teorica di 750 euro annui. Per determinare l’importo effettivo spettante si deve: Anche in questo caso per determinare l’importo effettivamente spettante è necessario: - determinare il rapporto (80.000 euro – RC) : 80.000 = Coeff. - determinare la detrazione effettiva: 750 euro X Coeff. = Detrazione effettiva spettante

NOTA BENE In tutti i casi sopra richiamati: - RC è il reddito complessivo annuo del richiedente. - il valore di “Coeff.” va assunto utilizzando solo le prime quattro cifre decimali, adottando il meccanismo del troncamento. - il valore della detrazione effettiva spettante ottenuto dalle formule è quello annuo. Pertanto va rapportato a mese.

571


Dirigenti (dal 1° gennaio 2015) TRATTAMENTO MINIMO COMPLESSIVO DI GARANZIA - TMCG 1) Dirigenti assunti o nominati dal 1° gennaio 2015 e dirigenti con anzianità di servizio nell'azienda con qualifica di dirigente pari o inferiore a 12 mesi alla data del 1° gennaio 2015: TMCG pari a 66.000 euro annui. 2) Dirigenti con anzianità di servizio nell'azienda con la qualifica di dirigente superiore a 12 mesi alla data del 1° gennaio 2015. Il parametro di TMCG è determinato aumentando il TMCG di 63.000 euro di 1/72 di 17.000 euro (arrotondati a 236 euro) per ogni mese di anzianità di servizio nell'azienda e con la qualifica di dirigente maturata alla data del 1° gennaio 2015. Il calcolo dell'anzianità viene effettuato secondo il criterio di cui all'art. 26, comma 2, del ccnl dei Dirigenti e dunque computando come mese intero la frazione di mese superiore a 15 giorni. 3) Dirigenti con almeno 6 anni di anzianità di servizio nell'azienda con la qualifica di dirigente alla data del 1° gennaio 2015 il TMCG come determinato al precedente punto 2) non può superare l'importo di 80.000 euro. - Il trattamento minimo complessivo di garanzia, negli importi sopra citati, deve essere confrontato con il trattamento economico annuo lordo percepito dal dirigente. Tale verifica deve essere effettuata entro il 31 dicembre di ogni anno. Il trattamento economico annuo lordo riconosciuto al dirigente è costituito da tutti gli elementi della retribuzione mensilmente corrisposta, e cioè tutte le voci “fisse” tradizionali (il minimo contrattuale, l’ex elemento di maggiorazione, l’importo per scatti di anzianità), i superminimi ed, inoltre, tutti i compensi, anche in natura, corrisposti in forma continuativa o no, che risultano quantificati in “busta paga”. Non vanno invece computati: il compenso di importo variabile collegato ad indici o risultati concordato individualmente o collettivamente; le eventuali gratifiche una tantum; l’importo aggiuntivo per rimborso spese non documentabili di cui al primo comma dell’art. 10 del contratto (che a decorrere dal 1° gennaio 2005 è stabilito in cifra fissa). Il trattamento economico annuo lordo da considerare ai fini del confronto del TMCG è quello che deriva dalla sommatoria di quanto effettivamente erogato di mese in mese nell’anno considerato. AUMENTI DI ANZIANITA’ - Dirigenti in servizio alla data del 24 novembre 2004 Nel limite massimo di 10 scatti, sono da riconoscersi i soli aumenti di anzianità che maturano entro il 31 dicembre 2013 nell’importo di euro 129,11 mensili. - Dirigenti in servizio successivamente alla data del 24 novembre 2004 Non maturano alcun scatto di anzianità come previsto dall’accordo sottoscritto in data 24 novembre 2004.

CONTRIBUTI DOVUTI ALL’INPS DAL 1° GENNAIO 2015 Dirigenti con anzianità contributiva all’INPDAI, o maturata precedentemente in un regime obbligatorio, al 31/12/1995 (categorie RP e CM) a carico azienda Fondo pensioni lavoratori dipendenti 23,81% ASpI 1,61% Assegni familiari (2) 0,68% Tutela e sostegno maternità e paternità 0,46% Fondo garanzia trattamento di fine rapporto (2) 0,40%

a carico dirigente 9,19% (1) — — — —

26,96% (3) 9,19% 36,15% (1) Aliquota aggiuntiva ai fondi pensione: 1,00% a carico del dirigente da calcolare sulle retribuzioni eccedenti la prima fascia di retribuzione pensionabile, che per l'anno 2015 è pari ad euro 46.123,00 (pari ad euro 3.844,00 per 12 mensilità) (2) Circa la misura della contribuzione C.U.A.F. e Fondo garanzia trattamento fine rapporto si rinvia a quanto indicato nel quadro dei contributi per operai ed impiegati (3) Le aziende produttrici di calcestruzzo preconfezionato con più di 15 dipendenti devono versare, a carico azienda, il contributo di Mobilità dello 0,30% Dirigenti iscritti successivamente al 31 dicembre 1995 e privi di anzianità contributiva maturata precedentemente in un regime obbligatorio (categoria CP) a carico a carico azienda dirigente Fondo pensioni lavoratori dipendenti aliquota da applicarsi sino al massimale di euro 96.149,00 Assicurazione disoccupazione Assegni familiari (2) Tutela e sostegno maternità e paternità Fondo garanzia trattamento di fine rapporto (2)

23,81% 1,61% 0,68% 0,46% 0,40%

26,96% (3)

9,19% (1) — — — — 9,19%

36,15% (1) Aliquota aggiuntiva ai fondi pensione: 1,00% a carico del dirigente da calcolare sulle retribuzioni eccedenti la prima fascia di retribuzione pensionabile, che per l'anno 2015 è pari ad euro 46.123,00 e fino al massimale contributivo previsto dall’art. 2 della legge 335/95, che per l'anno 2014 è pari ad euro 100.324,00. (2) Circa la misura della contribuzione C.U.A.F. e Fondo garanzia trattamento fine rapporto si rinvia a quanto indicato nel quadro dei contributi per operai ed impiegati (3) Le aziende produttrici di calcestruzzo preconfezionato con più di 15 dipendenti devono versare, a carico azienda, il contributo di Mobilità dello 0,30%.

572


Dirigenti dal 1° gennaio 2015 PREVINDAI A partire dal 2010 è stato introdotto un livello minimo di contribuzione a carico dell'azienda con riferimento ai dirigenti che versano anche la quota a proprio carico e con una anzianità dirigenziale superiore a 6 anni compiuti. Entro il 31 dicembre di ogni anno, ovvero alla cessazione del rapporto, l'impresa verifica il raggiungimento del contributo minimo a suo carico, versando l'eventuale differenza unitamente alla contribuzione del 4° trimestre. Per l'anno 2015 il livello minimo é confermato in 4.800 euro. A) Dirigenti già iscritti al Previndai alla data del 28 aprile 1993 a carico azienda

Sulla retribuzione fino a euro 150.000,00 annui

4,00%

a carico dirigente 4,00%

Unitamente al versamento dei contributi di cui alla lettera A), l’impresa deve trasferire al Previndai, a far data dal 1° gennaio 2005, una quota dell’accantonamento annuale del T.F.R., di importo pari al 3% della retribuzione lorda globale percepita dal dirigente. Il trasferimento di tale quota comporta una corrispondente riduzione dell’accantonamento annuale. B) Dirigenti con occupazione di lavoro subordinato precedente al 28 aprile 1993, ma non iscritti al Previndai alla medesima data Sulla retribuzione fino a euro 150.000,00 annui

4,00%

4,00%

Unitamente al versamento dei contributi di cui alla lettera B), l’impresa deve trasferire al Previndai, a far data dal 1° gennaio 2005, una quota dell’accantonamento annuale del T.F.R., di importo pari al 4% della retribuzione lorda globale percepita dal dirigente. Il trasferimento di tale quota comporta una corrispondente riduzione dell’accantonamento annuale. C) Dirigenti di prima occupazione successiva al 27 aprile 1993 Sulla retribuzione fino a euro 150.000,00 annui

4,00%

4,00%

Unitamente al versamento dei contributi di cui alla lettera C), l’impresa deve trasferire al Previndai l’intera quota dell’accantonamento annuale del T.F.R. afferente il periodo cui è riferito il versamento contributivo. FASI a carico azienda

a carico dirigente

Assistenza sanitaria integrativa per 468,00 euro dirigenti in servizio iscritti al Fondo al trimestre Assistenza sanitaria integrativa per i dirigenti in pensione 318,00 euro al trimestre

240,00 euro al trimestre

573


574

0,13 1,64 0,24 29,94 5,99 3,59 39,52

0,14 1,74 0,25 31,51 6,30 3,78 41,59

Contributo contrattuale Fondo Prevedi (comprensivo dell'aliquota INPS di solidarietà 10%) Contributi INPS - INAIL (51,08% su A(*)+B1+C+imponibile mensa) Contributi enti paritetici - premio professionalità edile - quote di adesione contrattuale primo intervento infortuni - oneri igiene del lavoro (12,76% su A) Oneri contributivi INPS/INAIL calcolati sul 15% delle quote versate alla CAPE per addestramento professionale, funzionamento CAPE e Comitato Antinfortunistico, contributo calzature, fondo lavori usuranti e pesanti Trattamento integrativo per periodi di assenza per malattia, anche professionale ed infortunio (1,21 % su 1+2+3) Trattamento di fine rapporto Contributo associativo e resp. civile (1,45% su A+B+B1+C) COSTO ORARIO Spese generali (in genere 20%) Utile (in genere 10%)

TOTALE

E) E1) F)

0,07

1,39

1,47

0,07

0,08 8,16

4,33 1,55

4,57 1,64 0,08 8,59

1,07 0,36

1,07 0,36

36,83

0,12 1,54 0,23 27,90 5,58 3,35

0,06

1,29

0,07 7,59

4,01 1,44

1,07

PANTONE 281 CMYK 1000,36 - 72 - 0 - 32 RGB 0 - 40 - 104

10,12

5,68 2,99 1,39 0,06

OPERAIO qualificato

33,32

0,11 1,41 0,20 25,24 5,05 3,03

0,06

1,16

0,06 6,85

3,60 1,29

1,07 0,36

9,07

4,86 2,96 1,19 0,06

OPERAIO comune

DI BRESCIA E PROVINCIA

COLLEGIO DEI COSTRUTTORI EDILI

N.B.: Per gli operai addetti alla costruzione di linee elettriche e telefoniche in forza alla data del 30-6-1995 l'ex indennità del 15% calcolata alla data medesima resta da erogare "ad personam".

A(*): Base imponibile della retribuzione diretta ai fini contributivi depurata della quota CAPE a carico del lavoratore (0,417%).

H) I)

G)

F1)

D)

Indennità sostitutiva di mensa Oneri medi per il trasporto Ferie, gratifica, riposi, festività, giornate di assenza pagate in caso di infortunio - oneri contrattuali vari (39,66% su A) Oneri medi lavori fuori zona (14,30% su 1+2+3)

10,92

B) B1) C)

11,53

Retribuzione diretta

6,31 3,00 1,55 0,06

A)

6,80 3,01 1,66 0,06

Paga base oraria Indennità di contingenza Indennità di settore Elemento distinto dalla retribuzione, ex prot. 31/7/1992

OPERAIO specializzato

1) 2) 3) 4)

OPERAIO quarto livello

Si riporta la tabella del costo della manodopera dal 1° luglio 2015 quale risulta a seguito della erogazione della seconda parte degli aumenti stabilito dal rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro sottoscritto in data 1° luglio 2014.

TABELLA DELLE RETRIBUZIONI E DEI COSTI DELLA MANO D'OPERA IN VIGORE DAL 1° LUGLIO 2015

PANTONE CMYK 0 - 0 RGB 135 -


TRIBUTI COLLEGIO DEI COSTRUTTORI EDILI DI BRESCIA E PROVINCIA

INTERVENTI DI RECUPERO E RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA (50% - 65%) - QUANDO SPETTANO LE AGEVOLAZIONI FISCALI PER GLI INTERVENTI DI DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE DI FABBRICATI Pubblichiamo una nota dell’ANCE che fa il punto sull’applicabilità delle detrazioni per il recupero edilizio (detrazione IRPEF del 50%), la riqualificazione energetica (detrazione IRPEF/IRES del 65%) e dell’IVA nell’ipotesi di interventi di demolizione e ricostruzione, alla luce della definizione urbanistica di “ristrutturazione edilizia” fornita dall’art.3, co.1, lett.d, del D.P.R. 380/2001 (cd. “Testo unico dell’edilizia”)[1]. In merito, si ricorda, infatti, che nella nozione di “ristrutturazione edilizia” rientrano, tra gli altri, anche gli interventi consistenti nella «demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria»[2]. In sostanza, nell’ambito di lavori di demolizione e ricostruzione, non viene più richiesto il mantenimento della sagoma originaria dell’edificio, ferma restando la qualifica dell’intervento come “ristrutturazione edilizia” in costanza di volumetria[3]. La citata disciplina urbanistica si riflette, sotto il profilo fiscale, sia sul regime applicabile ai fini delle detrazioni “potenziate” per il recupero (cd. “50%”) e l’efficientamento energetico (cd. “65%”) degli immobili, sia sull’aliquota IVA applicabile agli interventi edilizi di demolizione e ricostruzione. Infatti, entrambe le detrazioni si applicano agli interventi eseguiti su “edifici esistenti” (“ristrutturazione”), mentre sono escluse per i lavori di “nuova costruzione”. Ciò premesso, si riepiloga il regime di applicabilità delle detrazioni fiscali e dell’IVA a seconda della tipologia di interventi eseguiti (demolizione e ricostruzione con o senza aumento di volumetria e ristrutturazione senza demolizione): ■ demolizione e ricostruzione con modifica, o meno, della sagoma e con stessa volumetria In tale ipotesi, trattandosi di “ristrutturazione edilizia”, vengono riconosciute sia le detrazioni per il recupero e la riqualificazione energetica (rispettivamente, detrazione IRPEF del 50% e detrazione IRPEF/IRES del 65%)[4], sia l’IVA con l’aliquota ridotta del 10%[5]. Per completezza, si ricorda che le predette agevolazioni operano anche se, nella fase di ricostruzione, il fabbricato venisse spostato lievemente rispetto all’area di sedime

originaria (cfr. la risposta del MEF all’interrogazione parlamentare n.5-01866 del 22 gennaio 2014)[6]; ■ demolizione e ricostruzione con modifica, o meno, della sagoma e aumento di volumetria In tal caso, l’ampliamento della volumetria preesistente qualifica l’intervento come “nuova costruzione”, con la conseguenza che i bonus per il recupero edilizio e la riqualificazione energetica sono esclusi. Per quel che riguarda, invece, l’applicabilità dell’aliquota IVA, questa si differenza a seconda della tipologia del nuovo fabbricato (per le abitazioni non di lusso aliquota del 10%, con riduzione al 4% in caso di “prima casa”[7], mentre per tutti gli altri fabbricati, aliquota ordinaria del 22%); ■ ristrutturazione con aumento di volumetria senza demolizione Nell’ipotesi in cui, invece, la ristrutturazione avvenga senza demolizione dell’edificio esistente e con ampliamento dello stesso, le detrazioni del 50% e del 65% competono «solo per le spese riferibili alla parte esistente in quanto l’ampliamento configura, comunque, una “nuova costruzione”» (cfr. R.M. 4/E/2011). A tal fine, le spese di ristrutturazione (detraibili - fatture e bonifico) devono essere tenute distinte rispetto a quelle relative all’ampliamento (non detraibili). Si ricorda che, per quanto riguarda la detrazione relativa al risparmio energetico, l’Agenzia delle Entrate, con la C.M. 39/E/2010 ha chiarito che: - restano, comunque, esclusi dal beneficio gli interventi di “riqualificazione energetica globale”[8], in quanto, per questi, l’agevolazione è subordinata al rispetto di determinati valori limite di fabbisogno di energia primaria annuo, da calcolarsi con riferimento all’intero edificio, comprensivo, quindi, anche della porzione ottenuta dall’ampliamento; - di contro, possono ritenersi agevolati gli altri interventi energetici, per i quali la detrazione è subordinata alle caratteristiche tecniche dei singoli elementi costruttivi o dei singoli impianti. Resta fermo che qualora, con tali interventi, siano realizzati impianti a servizio dell’intero edificio (ivi compresa anche la parte ampliata), occorre individuare le spese riferibili alla porzione esistente del fabbricato, mediante un criterio di ripartizione proporzionale, basato sulle quote millesimali (cfr. anche C.M. 21/E/2010). In ogni caso, trattandosi di “nuova costruzione”, l’IVA si rende applicabile con le aliquote previste per tale intervento edilizio, come sopra illustrato. Si evidenzia, infine, che le agevolazioni “potenziate” per il recupero e la riqualificazione energetica, attualmente applicabili per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2015, dovrebbero essere prorogate anche

575

per il 2016 dalla legge di Stabilità, che nei prossimi giorni inizierà il suo iter al Senato. Note: [1] D.P.R. 6 giugno 2001, n.380 (“Testo unico dell’edilizia”) PANTONE 281 art. 3 - Definizioni degli CMYK 100 -interventi 72 - 0 - 32 edilizi 1. Ai fini del presente RGB 0 - 40testo - 104 unico si intendono per: (omissis) d) “interventi di ristrutturazione edilizia”, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente; (omissis) [2] Come noto, la modifica nella citata nozione urbanistica, operante dal 21 agosto 2013, è intervenuta ad opera dell’art. 30, co.1, lett.a, del D.L. 69/2013, convertito, con modificazioni, nella legge 98/2013 (cd. “Decreto Fare”). [3] Fino al 20 agosto 2013, invece, la demolizione e ricostruzione di un immobile veniva considerata come “ristrutturazione edilizia” nella sola ipotesi in cui, oltre alla volumetria, rimanesse invariata anche la sagoma del fabbricato (cd. “ricostruzione fedele”). Diversamente, fino a tale data, la variazione della sagoma dell’edificio, nell’ambito di un intervento di demolizione e ricostruzione, configurava una “nuova costruzione”. [4] Cfr. a tal riguardo anche la faq n. 68-bis dell’ENEA sull’applicabilità della detrazione del 65% alla luce della citata modifica normativa. [5] Ai sensi del n.127-quaterdecies, della Tabella A, parte III, del D.P.R. 633/1972. [6] La citata risposta ha chiarito che, in caso di demolizione e ricostruzione di un fabbricato, l’eliminazione, dalla predetta categoria

PA CM RG


TRIBUTI

di intervento edilizio, del riferimento alla sagoma, consente, sul piano urbanistico, lo spostamento «di lieve entità» del fabbricato in fase di ricostruzione, rispetto all’area di sedime originaria. Infatti, richiamando la definizione di “sagoma” contenuta in diverse pronunce giurisprudenziali (Consiglio di Stato e Corte Costituzionale) il Ministero specifica che in tale concetto rientra anche il perimetro del fabbricato, considerato in senso verticale ed orizzontale, ossia l’ “area di sedime”, oltre all’ «intera conformazione planivolumetrica della costruzione». [7] Cfr., rispettivamente, il n.127-undecies, della Tabella A, parte III, ed il n.21 della Tabella A, parte II, del D.P.R. 633/1972. [8] Ai sensi dell’art.1, co.344, della legge 296/2006.

DELEGA FISCALE PUBBLICAZIONE DEI DECRETI ATTUATIVI E RINVIO DELLA RIFORMA DEL CATASTO Sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale i cinque decreti legislativi attuativi della legge 11 marzo 2014, n. 23 (cd. “Delega fiscale”) mentre è stata rinviata la riforma del Catasto, in attesa del riordino della fiscalità locale, prevista nel DdL Stabilità 2016. I singoli Provvedimenti recepiscono alcune delle osservazioni avanzate dal Parlamento, soprattutto con riferimento ai decreti sulla riforma delle sanzioni penali-tributarie

e sulla modifica alle norme in materia di riscossione. Si riporta di seguito una breve sintesi dei principali contenuti dei cinque decreti attuativi della Delega fiscale, che entreranno in vigore, in linea generale, il 22 ottobre 2015, ad eccezione di termini di decorrenza diversi previsti da specifiche disposizioni. ► Riforma del sistema sanzionatorio penale e amministrativo Il Decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 recante “Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’art. 8, co. 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23” prevede rilevanti novità in relazione al complessivo sistema sanzionatorio penale e amministrativo, volto a dare attuazione ai principi di effettività, proporzionalità e certezza della pena di fronte a condotte illecite, rilevanti tanto in sede amministrativa che penale. A tal riguardo, viene prevista: ■ la revisione del sistema penaletributario(D.Lgs. 74/2000) In particolare, tra le novità di interesse per le imprese, in estrema sintesi, viene confermata la rilevanza penale nelle ipotesi di omesso versamento dell’IVA, ma con una soglia di punibilità più alta, che passa dagli attuali 50.000 euro a 250.000 euro. In base al nuovo art. 10-ter del D. Lgs. 74/2000, sarà punito, sempre con la reclusione da sei mesi a due anni, chiunque non versi l’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale (entro il termine di versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo), per un ammontare superiore a 250.000 euro per periodo d’imposta. Viene modificata, altresì, la disciplina del reato di dichiarazione infedele ai fini delle

imposte dirette ed IVA, prevedendo: - l’innalzamento della soglia di punibilità da 50.000 euro a 150.000 euro di imposta evasa, nonché quella legata all’ammontare degli elementi attivi sottratti all’imponibile, anche mediante l’indicazione di elementi passivi fittizi, che viene elevata da 2 milioni a 3 milioni di euro (art. 4, D.Lgs. 74/2000); - l’introduzione del principio secondo cui non si deve tener conto: degli errori relativi alla non corretta classificazione in bilancio di elementi attivi e passivi esistenti, delle violazioni dei criteri di inerenza e competenza, nonché della non deducibilità di elementi passivi (nuovo comma 1-bis, art. 4, D.Lgs. 74/2000); - la non punibilità, a titolo di dichiarazione infedele, delle valutazioni che, singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10% da quelle corrette (nuovo comma 1-ter, art. 4, D.Lgs. 74/2000). ■ la riforma del sistema sanzionatorio amministrativo tributario (D. Lgs. 471 e 472 del 1997), che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2017. A tal riguardo, di particolare interesse per il settore, appare la modifica della disciplina connessaall’errata applicazione del reverse charge, (contenuta nell’art.6, co.9-bis, del D.Lgs. 471/1997). Si osserva che, a livello generale, rispetto alla disciplina attuale delle sanzioni connesse al reverse charge, le novità possono essere valutate in modo favorevole per il contribuente poiché prevedono: - la generale applicazione della sanzione in misura fissa (invece che in misura proporzionale, come attualmente stabilito); - l’applicazione della sanzione in misura proporzionale (dal 90% al 180% dell’imposta) solo per le violazioni più gravi (intento fraudolento). Inoltre, sempre in tal ambito, rilevanti modifiche si segnalano anche con riferimento alle fattispecie di omessa presentazione della dichiarazione e infedele dichiarazione ai fini delle imposte dirette, attraverso una riscrittura delle sanzioni in chiave “proporzionale”, ossia più adeguata all’effettivo disvalore dell’illecito commesso dal contribuente. ► Semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione Il Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n. 159, in materia di “semplificazione e razionalizzazione delle norme sulla riscossione”, prevede una serie di modifiche, nell’ambito della riscossione tributaria, al fine di favorire l’adempimento da parte dei contribuenti agli obblighi fiscali. Tra le novità apportate dal Governo, in sede di definitiva approvazione, è stata introdotta la possibilità di accedere ad una ulteriore rateizzazione con Equitalia ai contribuenti che non sono stati in grado di completare

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TRIBUTI

il pagamento di piani precedenti di rateizzazione. In particolare, le somme non ancora versate, oggetto di piani di rateazione da cui i contribuenti siano decaduti nei 24 mesi antecedenti l’entrata in vigore del decreto, possono, su richiesta degli stessi da presentare entro 30 giorni dalla medesima data, essere oggetto di un nuovo piano di rateazione, ripartito fino a un massimo di 72 rate mensili. Dal nuovo piano di rateazione si decade per il mancato pagamento di sole due rate. Inoltre, sono confermate le ulteriori disposizioni contenute nella prima formulazione del Provvedimento, tra le quali si ricorda: - la possibilità di aumentare le rate dovute in caso di definizione concordata dell’accertamento. Il pagamento, infatti, potrà essere effettuato in quattro anni (anziché tre), con un minimo di 8 rate e un massimo di 16; - l’introduzione del principio di “lieve inadempimento”, secondo il quale non è prevista la decadenza della rateizzazione nel caso di ritardo del versamento fino a 5 giorni, o di un minor versamento fino al 3% del dovuto con un limite massimo di 10.000 euro; - la riduzione dell’aggio per i concessionari, che passa dall’8% al 6% e dovrà essere commisurato agli effettivi costi del servizio. Inoltre, l’aggio si chiamerà “oneri di riscossione” che andranno a confluire nelle casse dello Stato e non più di Equitalia. ► Revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario Il Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n. 156 recante “Revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario, in attuazione degli articoli 6, co. 6, e 10, co. 1, lettere a) e b), della legge 11 marzo 2014, n. 23,” assolve la duplice funzione di attuare: ■ una revisione del processo tributario, che tenga conto delle enormi dimensioni dell’attuale contenzioso pendente dinanzi alle Commissioni tributarie (favorendo forme di mediazione e accordi stragiudiziali). In merito, tra le novità principali, si evidenzia: l’estensione dell’istituto della mediazione, per le liti fino a 20.000 euro, a tutti gli enti impositori (Comuni inclusi) e la possibilità di utilizzare lo strumento della conciliazione giudiziale anche nel secondo grado di giudizio. ■ l’adozione di misure volte a rafforzare la cooperazione tra PA e contribuenti, mediante una riforma dell’istituto dell’interpello. A tal riguardo, viene previsto un incremento delle tipologie a disposizione del contribuente: ordinario, qualificatorio (per chiedere la corretta qualificazione di alcune fattispecie), probatorio (per chiedere l’accesso a determinati regimi fiscali), anti-abuso (per sapere se le operazioni che si intende realizzare costituiscano o meno abuso del diritto), disapplicativo (per non applicare limiti a

deduzioni, crediti, ecc.). Tra le ulteriori novità, in materia di interpelli, si segnala la riduzione dei tempi di risposta per gli interpelli ordinari e qualificatori che passano da 120 giorni a 90 giorni (mentre per le altre tipologie di domande la risposta deve essere fornita entro 120 giorni). Inoltre, viene prevista l’applicabilità del principio del “silenzio-assenso”, in base al quale se una risposta dell’Amministrazione finanziaria non perviene entro il termine previsto, diventa applicabile la soluzione prospettata dal contribuente. ► Stima e monitoraggio dell’evasione fiscale e monitoraggio e riordino delle disposizioni in materia di erosione fiscale Con il Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n. 160 vengono forniti gli strumenti per un costante controllo sulla revisione delle cosiddette “spese fiscali”, sulla rilevazione e l’evoluzione dell’evasione fiscale e contributiva e dei risultati conseguiti nell’azione di contrasto. In particolare, con riferimento al riordino delle “Spese fiscali”, viene introdotta un’operazione annuale di riordino di tali spese da inserire all’interno della Nota di aggiornamento al Def che precede la presentazione della legge di Stabilità. Sul punto, viene previsto che il Governo dovrà verificare le agevolazioni fiscali ogni cinque anni dalla loro introduzione, prevedendo la cancellazione, la loro possibile modifica o la stessa conferma. In merito alle novità in materia di “Evasione fiscale”, viene previsto che il Governo deve presentare annualmente un Rapporto in Parlamento, che recepisca le valutazioni effettuate dall’Istat sull’economia sommersa e contenga una stima dell’evasione fiscale e contributiva. Nello stesso Rapporto il Governo deve indicare i risultati conseguiti in termini di contrasto all’evasione e le nuove iniziative programmate. ► Riordino delle agenzie fiscali Nel complesso il Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n. 157 prevede il riordino della struttura delle agenzie fiscali e il riassetto dei servizi di assistenza, consulenza e controllo, al fine di facilitare gli adempimenti tributari, contribuire ad accrescere la competitività delle imprese italiane e favorire l’attrattività degli investimenti in Italia. In particolare, la riorganizzazione delle Agenzie deve garantire un approccio collaborativo tra amministrazione fiscale, imprese e cittadini. La loro attività deve essere ispirata al principio del “controllo amministrativo unico” evitando, così, duplicazioni e sovrapposizioni e riducendo il disagio per l’attività dell’impresa.

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TASSA DI POSSESSO AUTOVEICOLI REGIONE LOMBARDIA - REGOLARIZZAZIONE AGEVOLATA DEL “BOLLO” Si segnala che Regione Lombardia, con la Legge regionale 8/7/2015, n.20, per dare una risposta concreta ai cittadini, in considerazione delle difficoltà economiche che non hanno favorito il tempestivo adempimento degli obblighi tributari, ha avviato una campagna di definizione agevolata delle posizioni irregolari relative alla tassa automobilistica. Nel caso in cui vi siano pagamenti arretrati da regolarizzare, è possibile farlo versando gli importi corrispondenti alla sola tassa a suo tempo dovuta, senza applicazione di sanzioni, interessi e spese. L’agevolazione è estesa a tutte le annualità dal 1999 al 2014, anche nei casi di precedente emissione di rilievi, compresi gli atti di accertamento e le cartelle esattoriali di Equitalia. Sono escluse solo le cartelle esattoriali per le quali siano state già avviate azioni di carattere esecutivo (es. pignoramenti, vendite immobiliari, etc.). E’ possibile invece fruire del pagamento agevolato in presenza di fermi amministrativi iscritti al PRA. Per godere del beneficio non è necessario presentare alcuna istanza ma solo provvedere al pagamento con modalità ordinaria presso tutti i punti riscossione autorizzati da Regione. Il calcolo del dovuto verrà proposto in automatico dal sistema. Limitatamente alle posizioni per cui sono state già emesse cartelle esattoriali, sarà necessario rivolgersi ad una agenzia o delegazione ACI convenzionata. Il termine ultimo per eseguire i pagamenti per la regolarizzazione agevolata sarà il 31 marzo 2016; decorso tale termine, alle posizioni debitorie non regolarizzate verranno applicate nuovamente sanzioni, interessi e spese e verranno riattivate le procedure ordinarie per il recupero dei crediti, incluse le procedure coattive a cura del nuovo concessionario della riscossione. Ulteriori informazioni e verifiche delle posizioni tributarie potranno essere richieste : ■ al Call Center (Numero verde 800151121 - attivo da lunedì a sabato dalle ore 8.00 alle ore 20.00; ■ per mail, all’indirizzo prontobollo@regione.lombardia.it) ■ agli sportelli delle Sedi Territoriali di Regione Lombardia (www.tributi.regione. lombardia.it) e delle Unità Territoriali dell’ACI (www.aci.it).


INDICI COLLEGIO DEI COSTRUTTORI EDILI DI BRESCIA E PROVINCIA

EQUO CANONE

T.F.R. - LEGGE 297/82

Variazione indice prezzi al consumo verificatasi nell’anno precedente (art. 24 L.392/78)

Indici di rivalutazione del T.F.R. maturato al 31/12/14 e relativi ai mesi dell’anno 2015 (art.5 della legge 29/5/82, n.297)

Variazione gennaio.......13-14: ....- 0,70% Variazione febbraio.......13-14: ....- 0,40% Variazione marzo .........13-14: ....- 0,20% Variazione aprile...........13-14: ....- 0,30% Variazione maggio........13-14: ....- 0,10% Variazione giugno.........13-14: ....- 0,10% Variazione luglio...........13-14: ....- 0,10% Variazione agosto.........13-14: ....- 0,10% Variazione settembre....13-14: ....- 0,40%

febbraio........................................................................... 1,002500 marzo.............................................................................. 1,003750 aprile................................................................................ 1,005701 maggio............................................................................. 1,007652 giugno.............................................................................. 1,009603 luglio................................................................................ 1,010152 agosto.............................................................................. 1,012804 settembre........................................................................ 1,011250

ANNI 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

GEN 162,4 165,7 168,2 171,9 174,5 179,5 182,2 184,7 188,7 194,6 198,9 200,1 198,6

PANTONE 281 PANTONE COOL GRAY 9 CMYK 100 - 72 - 0 - 32 CMYK 0 - 0 - 0 - 60 --RGB ) 0 - 40gennaio. ........................................................................... 1,001250 - 104 RGB 135 - 135 - 135

( ( -- ) ( -- ) ( -- ) ( -- ) ( -- ) ( -- ) ( -- ) ( -- )

ISTAT - NUMERI INDICI PREZZI CONSUMO (ex costo vita) ITALIA (base 1989 = 100) FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV 162,7 163,2 163,5 163,6 163,8 164,2 164,4 164,8 165,0 165,4 166,2 166,3 166,8 167,0 167,4 167,6 167,8 167,8 167,8 168,2 168,8 169,1 169,6 169,9 170,1 170,6 170,8 171,0 171,2 171,2 172,3 172,6 173,0 173,5 173,7 174,1 174,4 174,4 174,1 174,2 174,9 175,2 175,4 176,0 176,4 176,8 177,1 177,1 177,6 178,3 179,9 180,9 181,3 182,2 183,1 183,9 184,0 183,6 183,6 182,9 182,6 182,6 183,0 183,5 183,7 183,7 184,4 183,9 184,0 184,1 185,0 185,4 186,0 186,2 186,2 186,9 187,3 186,7 187,1 187,3 189,2 190,0 190,9 191,1 191,3 191,9 192,4 192,4 193,2 193,3 195,4 196,1 197,1 196,9 197,3 197,4 198,4 198,4 198,4 198,0 198,9 199,3 199,3 199,3 199,7 199,9 200,6 199,9 199,7 199,1 199,9 199,9 200,2 200,1 200,2 200,1 200,4 199,7 199,9 199,5 199,1 199,3 199,5 199,7 199,9 199,7 200,1 199,3

DIC 165,4 168,2 171,5 174,3 179,0 182,6 184,4 187,9 193,9 198,6 199,7 199,5

MEDIA 164,0 167,3 170,1 173,5 176,5 182,2 183,6 186,4 191,5 197,3 199,5 199,9

INDICE ISTAT DEL COSTO DELLA VITA INCREMENTO PERCENTUALE DI CIASCUN INDICE RISPETTO ALL’INDICE SETTEMBRE 2015 CHE E’ PARI AL 199,3 ANNI 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

GEN 22,7 20,3 18,5 15,9 14,2 11,0 9,4 7,9 5,6 2,4 0,2 -0,4 0,4

FEB 22,5 19,9 18,1 15,7 14,0 10,8 9,1 7,8 5,3 2,0 0,2 -0,3 0,1

MAR 22,1 19,8 17,9 15,5 13,8 10,2 9,1 7,5 4,9 1,6 0,0 -0,3 0,0

APR 21,9 19,5 17,5 15,2 13,6 9,9 8,9 7,1 4,4 1,1 0,0 -0,5 -0,1

MAG 21,8 19,3 17,3 14,8 13,3 9,4 8,6 7,1 4,3 1,2 0,0 -0,4

GIU 21,7 19,0 17,1 14,8 13,0 8,9 8,5 7,1 4,2 1,0 -0,2 -0,5

LUG 21,4 18,9 16,9 14,5 12,7 8,4 8,5 6,7 3,9 0,9 -0,3 -0,4

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AGO 21,2 18,8 16,7 14,3 12,6 8,3 8,1 6,4 3,6 0,5 -0,6 -0,6

SET 20,9 18,8 16,6 14,3 12,6 8,6 8,4 6,7 3,6 0,5 -0,3 -0,2

OTT 20,8 18,8 16,4 14,5 12,2 8,6 8,3 6,5 3,2 0,5 -0,2 -0,3

NOV 20,5 18,5 16,4 14,4 11,8 9,0 8,2 6,4 3,1 0,7 0,1 -0,1

DIC 20,5 18,5 16,2 14,3 11,4 9,1 8,1 6,1 2,8 0,4 -0,2 -0,1

MEDIA 21,5 19,1 17,1 14,8 12,9 9,4 8,6 6,9 4,1 1,0 -0,1 -0,3


LAVORI PUBBLICI COLLEGIO DEI COSTRUTTORI EDILI DI BRESCIA E PROVINCIA

CENTRALI DI COMMITTENZA OBBLIGATORIE DAL 1 NOVEMBRE Si ricorda che il prossimo primo novembre entrerà in vigore la previsione che impone ai Comuni non capoluogo di provincia di acquisire lavori, beni e servizi in forma aggregata, mediante unioni di Comuni, accordi consortili, soggetti aggregatori o Province, ovvero ricorrendo, per beni e servizi, a Consip o ad un altro soggetto aggregatore di riferimento. Contestualmente, l’ANAC non rilascerà il codice identificativo gara (CIG) ai Comuni non capoluogo di provincia che non ottempereranno a tale obbligo. Dopo le numerose proroghe disposte dal legislatore – l’ultima delle quali avvenuta con la la L. n. 107/2015, di “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”, c.d. “Buona scuola” (cfr. news Ance n. 21901 del 10 settembre 2015) - entrerà, infatti, definitivamente in vigore il comma 3-bis dell’articolo 33 del Codice dei contratti, che contiene le previsioni sopra citate. Dal primo novembre, in particolare, solo i Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti saranno esonerati dall’obbligo di ricorrere alle centrali di committenza per l’affidamento di lavori (nonché beni e servizi) di importo inferiore a 40.000 euro (per i quali, si ricorda, l’articolo 125 del Codice dei contratti consente l’affidamento diretto da parte del RUP), mentre quelli di minori dimensioni saranno, come detto, obbligati a ricorre alle centrali di committenza anche per tali tipologie di affidamenti. In proposito, si fa presente che il disegno di legge sulla Stabilità 2016, del quale è appena iniziato l’esame al Senato, contiene una previsione che, qualora confermata all’esito dell’esame parlamentare, estenderà a tutti i Comuni la citata possibilità di procedere autonomamente agli affidamenti inferiori ai 40.000 euro

FINO AL 31-12-2015 L’ESCLUSIONE AUTOMATICA DELLE OFFERTE ANOMALE E’ UTILIZZABILE PER APPALTI FINO A 5.186.000 Si rammenta che il meccanismo di esclusione automatica delle offerte anomale è di norma applicabile negli appalti fino a 1 milione di euro.

Sul supplemento ordinario n. 63 alla Gazzetta Ufficiale n.194, del 20-8-2013, era stata pubblicata la legge 9 agosto 2013, n. 8, di conversione del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 recante “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”, cosiddetto “Decreto Fare”. Tra le altre disposizioni detta legge aveva previsto la proroga al 31 dicembre 2015 della possibilità, per le stazioni appaltanti, di applicare l’esclusione automatica delle offerte anomale per gli appalti fino alla soglia comunitaria (per il 2015 fissata a 5.186.000 di euro). Dal 1 gennaio 2015, salvo proroghe per ora non previste, né prevedibili, il meccanismo di esclusione delle offerte anomale tornerà ad essere applicabile solo agli appalti non superiori al milione di euro

REQUISITI DI QUALIFICAZIONE SOA RIFERITI AGLI ULTIMI 10 ANNI - SCADENZA DEL REGIME TRANSITORIO IL 31/12/2015 Si informa che il 31 dicembre prossimo è previsto il termine del regime transitorio stabilito dalla normativa in materia di qualificazione Soa per la dimostrazione dei requisiti riferiti agli ultimi 10 anni. In particolare, fino al 31/12/2015, le imprese che sottoscrivono un contratto di qualificazione o di rinnovo con la Soa hanno la possibilità di utilizzare i lavori il cui periodo di esecuzione risulti compreso nei 120 mesi (10 anni) a ritroso dal contratto sottoscritto con la Soa di riferimento e la possibilità di estendere all’ultimo decennio il periodo utile per la dimostrazione del possesso dei requisiti di cifra di affari in lavori, attrezzature tecniche e organico medio. Tale previsione normativa, nota come “Bonus decennale”, è stata introdotta ancora nella vigenza del D.P.R. n. 34/2000, precedente al D.P.R. 207/2010, con l’inserimento del comma 9-bis all’art. 253 del D. Lgs. 163/2006 (il Codice degli Appalti Pubblici), con successiva modifica e proroga apportata ad agosto 2013 dall’art. 26 del Decreto del Fare (L. 98/2013). Ad oggi, non si è a conoscenza di una possibile ulteriore proroga di tale regime transitorio in tema di qualificazione delle imprese. Pertanto, dal 2016, dovrebbe tornare vigente il regime ordinario di qualificazione che richiede la dimostrazione di cifra d’affari in lavori, attrezzatura adeguata e organico medio in riferimento agli ultimi 5 anni. Le imprese che volessero beneficiare

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ancora del “Bonus decennale” sono invitate a contattare, nel breve tempo, gli uffici dell’Associazione che sono a disposizione per la verifica della situazione in cui versa ciascuna impresa, al fine di valutare l’opportunità di sottoscrivere entro il corrente anno PANTONE 281 il contratto conCMYK la Soa, 100 - per 72 - 0non - 32 perdere il diritto all’agevolazione parola. RGB 0 - 40in - 104

SOA - POSSIBILE LA DEROGA AL DIRETTORE TECNICO ARCHITETTO IN OG2 Nella qualificazione in OG2 (relativa ad interventi su beni immobili sottoposti a tutela) sussiste ancora la possibilità di conservare l’incarico di direttore tecnico per quei soggetti che, indipendentemente dal titolo posseduto, erano già stati nominati quando era ancora vigente l’Albo Nazionale Costruttori (ossia ante 2000). La stessa possibilità sussiste per i direttori tecnici di imprese qualificate nella categoria OS25, concernente gli interventi su beni archeologici. E’ quanto deciso dalla VI sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 4290 del 15 settembre u.s., che è intervenuta a tutela di un’impresa cui era stato negato il rilascio dell’attestazione SOA nelle categorie OG2 e OS25, per la mancanza di un direttore tecnico provvisto degli idonei titoli elencati all’art. 248, comma 5 del D.P.R. n. 207/210, Regolamento sui contratti pubblici. In particolare, “a valle” di tale decisione, anche le imprese operanti nelle suddette categorie potranno beneficiare della previsione derogatoria prevista dall’art. 357, comma 23, laddove ricorrano le seguenti condizioni di idoneità tecnica: a. svolgimento della funzione di direttore tecnico alla data del 1. marzo 2000 (data di entra in vigore del sistema SOA); in mancanza di possesso dei titoli previsti dall’articolo 248 comma 5 del codice; b. mantenimento incarico presso la stessa impresa. 1. Precedenti a giudizio La sentenza di merito del Consiglio di Stato conferma quanto deciso dal giudice di primo grado (sentenza TAR Lazio, Sezione III, del 21 febbraio del 2014 n. 2170), sovvertendo quanto precedentemente stabilito in sede cautelare (cfr. ordinanza n. 2978 dell’8 luglio 2014), in cui era stata negata la possibilità, per tutti i direttori tecnici di imprese attestate SOA, di mantenere tale incarico anche successivamente all’introduzione del D.P.R. 34/2000.

PA CM RG


LAVORI PUBBLICI

Con la sentenza di merito, il Consiglio, ha, quindi, superato il Comunicato dell’A.V.C.P., su cui la SOA aveva basato il diniego dell’attestazione all’impresa ricorrente in primo grado. 2. Quadro normativo L’8 giugno 2011 è entrato in vigore l’art. 248, comma 5, del Regolamento sui contratti pubblici (D.P.R. n. 207/2010), il quale prevede che, per accedere alla qualificazione, il direttore tecnico dell’impresa attestanda debba essere, nell’ordine, per la categoria OG2, laureato in architettura o in conservazione di beni culturali, per la categoria OS2A e OS2B, restauratore di beni culturali (cfr. codice dei beni culturali) e, in ultimo, per la categoria OS25, in possesso dei titoli previsti dall’art. 95, comma 2, del Codice dei Contratti. La problematica (su cui è intervenuto il Consiglio di Stato) nasce dalla circostanza che l’articolo 248 del citato Regolamento 207/2010 non ha testualmente riproposto la deroga prevista dall’art. 26, comma 7, dell’abrogato D.P.R. 34/2000, concernente la possibilità, per i direttori tecnici riconosciuti dall’Albo nazionale costruttori, di poter mantenere il proprio incarico, indipendentemente dai titoli posseduti. Tale mancata riproposizione, tuttavia, è stata frutto verosimilmente, di un mero refuso, dovuto ad un non perfetto allineamento tra gli articoli 248, 87 e 357 del Regolamento. 3. Precedenti dell’ANAC (ex AVCP) La problematica dei titoli dei direttori tecnici nella categoria di qualificazione dei beni culturali non è nuova. Nella previgente disciplina, l’AVCP, con la determinazione n. 56/2000 (punto 30), aveva precisato – a fronte di un testo normativo poco chiaro - l’applicabilità anche per le categorie OG2, OS2-A, OS2-B, OS25 della deroga prevista dall’art. 26, comma 7 del D.P.R. 34/2000. Dopo l’emanazione del Regolamento 207/2010, l’Autorità era sembrata, in un primo momento, favorevole a mantenere la suddetta estensione della disposizione derogatoria a tutte le categorie SOA (vedi “Modalità di dimostrazione dei requisiti di cui agli articoli 78 e 79 del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207”). Successivamente, tuttavia, a seguito di un parere del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, l’Autorità mutava l’orientamento, specificando che la suddetta disposizione derogatoria, non essendo più prevista nel Regolamento 207/2010, rendeva necessaria la verifica sul requisito di idoneità della direzione tecnica di tutti contratti di attestazione sottoscritti a far data di entrata in vigore dello stesso 207 (Comunicato n. 74, 1° agosto 2012).

La chiave di lettura adottata all’Autorità ha comportato che moltissimi operatori economici, in possesso dell’attestazione nelle categorie suddette, sono stati costretti a ricercare un nuovo direttore tecnico, pur avendo già al proprio interno un soggetto che da più di dieci anni già svolgeva tale funzione. L’interpretazione dell’A.V.C.P. è stata, in seguito, confermata dall’A.N.AC. (cfr. p. 151 del c.d. “Manuale SOA”, adottato con il Comunicato del Presidente dell’A.N.AC. pubblicato in G.U. n. 251 del 28 ottobre 2014). 4. Motivazioni della VI Sezione del C.d.S. A favore di un’interpretazione estensiva A favore di un’interpretazione estensiva alle categorie OG2 ed OS25 della deroga prevista nel regime transitorio del D.P.R. 207/2010, il Consiglio di Stato richiama, in primo luogo, il principio della parità di trattamento. Ad avviso del Supremo Consesso, l’interpretazione dell’Autorità darebbe vita ad un’irragionevole disparità di trattamento fra le imprese che operano nelle categorie relative agli interventi sui beni culturali, rispetto a tutte le altre imprese, che possono, invece, avvalersi del sopracitato regime transitorio. Peraltro, sempre secondo il Consiglio, non può essere richiamata la presenza di una differenza tra gli interesse coinvolti, poiché nel nostro ordinamento non è affidato un valore prioritario all’interesse pubblico della tutela del patrimonio culturale, a scapito di ogni altro bene o interesse. Inoltre, sempre ad avviso di Palazzo Spada, non è dimostrabile che i direttori tecnici “in deroga” (qualificati sulla base dei certificati dei lavori eseguiti ed iscritti all’albo ANC) siano meno qualificati e, quindi, meno in grado di proteggere i beni su cui incidono i lavori affidati alla loro direzione. Non viene ritenuta significativa neanche la circostanza che la norma derogatoria dell’art. 357, comma 23, faccia espresso riferimento solo alla sola norma generale contenuta all’art. 87, poiché l’art. 248, comma 5, è una norma che specifica e esplica i contenuti dello stesso art. 87, adeguandoli alla peculiarità delle lavorazioni su beni culturali. Quest’ultimo comma, invero, non ha la funzione di derogare all’art. 87, comma 2, ma di specificare il titolo di studio richiesto per assicurare l’idonea direzione tecnica dei lavori che riguardano il patrimonio culturale. Alla luce di quanto sopra, la VI Sezione del Consiglio di Stato conclude che il rinvio dell’art. 248 al comma 7 dell’art. 87 non può essere inteso come “fisso” (perché altrimenti sarebbe un rinvio ormai inutile), ma “mobile” e deve, quindi, intendersi come rinvio alla

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disciplina transitoria, da rinvenirsi nell’art. 357, comma 23. La norma derogatoria contenuta nella disciplina transitoria del Regolamento 207/2010 deve, quindi ritenersi applicabile anche alle categorie OG2 e OS25. . 5. Conclusioni La decisione del Consiglio di Stato, pur ampiamente condivisibile nel merito, interviene in un momento in cui molte imprese interessate hanno verosimilmente dovuto nel frattempo nominare nuovi direttori tecnici. Trascorsi ormai tre anni dalla presa di posizione dell’AVCP, la sentenza potrebbe però giovare a quelle imprese in cui il direttore tecnico coincide con il titolare dell’impresa.

PER L’ANAC LA MANCATA EROGAZIONE DI FONDI NON GIUSTIFICA IL MANCATO PAGAMENTO ALL’APPALTATORE E’ stato pubblicato dall’ANAC, Autorità Nazionale Anticorruzione, il comunicato del Presidente del 6 ottobre 2015, concernente i mancati pagamenti della Pubblica Amministrazione giustificati dal ritardo nell’erogazione dei fondi da parte di soggetti terzi. Il comunicato fa seguito ad alcune segnalazioni pervenute all’ANAC relative al fatto che, in diversi bandi di gara relativi all’affidamento di lavori pubblici, viene inserita una clausola che subordina i pagamenti dovuti all’impresa esecutrice all’ottenimento di finanziamenti (es. finanziamenti derivanti da fondi europei) ovvero a risorse non ancora a disposizione - quanto meno in termini di cassa - da parte della stazione appaltante. Nel provvedimento, l’Autorità specifica che la stazione appaltante, nel rispetto dei principi costituzionali che impongono alle amministrazioni di adottare provvedimenti comportanti una spesa solo in presenza di idonea copertura finanziaria e il rispetto dei limiti posti dal patto di stabilità, ha l’onere di verificare ex ante la sostenibilità finanziaria degli interventi che intende realizzare. La copertura finanziaria deve essere assicurata, infatti, anche in fase esecuzione dell’appalto. Tale interpretazione è peraltro coerente, secondo l’ANAC, con l’art. 64 del D.lgs. 163/2006, codice dei contratti pubblici, in cui è previsto che il bando debba contenere le informazioni di cui all’allegato IX A dello stesso Codice, ivi incluse quelle relative alle modalità essenziali di finanziamento e di


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pagamento e/o riferimenti alle disposizioni in materia. Solo in via del tutto eccezionale, il bando potrà indicare le condizioni oggettive e specificatamente individuate, che impediscono alla stazione appaltante il pagamento, purché queste non deroghino al dovere generale che grava sulle amministrazioni pubbliche di verificare la compatibilità dei pagamenti con i relativi stanziamenti e le regole di finanza pubblica. Infine, l’Autorità ha dato conferma a quanto più volte sottolineato dalla stessa ANCE, mettendo in rilievo che la previsione di termini e modalità di pagamento incerti, in quanto legati a finanziamenti ottenuti ma non ancora erogati, oltre a non poter garantire la tassatività dei termini di pagamento prescritta dal diritto comunitario e nazionale, altera la concorrenza sul mercato degli appalti, poiché introduce problematiche connesse alla sostenibilità della partecipazione alle gare stesse da parte dei soggetti privati. ANAC - COMUNICATO DEL PRESIDENTE Oggetto: clausole relative alle modalità di pagamento dei lavori pubblici finanziati in tutto o in parte da soggetti esterni. E’ stata segnalata all’Autorità la circostanza che in diversi bandi di gara relativi all’affidamento di lavori pubblici viene inserita una clausola che subordina i pagamenti dovuti all’impresa esecutrice all’ottenimento di finanziamenti da parte di soggetti terzi (es. finanziamenti derivanti da fondi europei) ovvero a risorse non ancora a disposizione - quanto meno in termini di cassa - da parte della stazione appaltante. Come noto, il principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost. unitamente alle previsioni dell’art. 81 Cost. impone che i provvedimenti comportanti una spesa siano adottati soltanto in presenza di idonea copertura finanziaria. In attuazione di tali principi, ad esempio, il d.lgs. 267/2000, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, prevede che «gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria di cui all’articolo 153, comma 5 (art. 191, comma 1)». Pertanto, la stazione appaltante ha l’onere di verificare ex ante la sostenibilità finanziaria degli interventi che intende realizzare, anche in considerazione dei limiti posti dal patto di stabilità, garantendone la permanenza anche in fase di esecuzione, coerentemente a quanto previsto nel bando di gara che, a norma dell’art. 64 d.lgs. 163/2006, deve contenere, tra l’altro, le informazioni di cui all’allegato IX A del Codice dei contratti pubblici, ivi incluse quelle relative alle modalità essenziali di finanziamento e di pagamento

e/o riferimenti alle disposizioni in materia. Su tale ultimo punto, si precisa che la specifica disciplina dei termini e delle modalità di pagamento previste nella lex specialis deve essere conforme alle prescrizioni normative di cui al d.lgs. 9.10.2002 n. 231, come modificato dal d.lgs. 9.11.2012 n. 192. Si richiama in merito la determinazione dell’Autorità n. 4 del 7.7.2010, nella quale è indicato che «non può ritenersi sufficiente che la stazione appaltante per derogare alla suddetta normativa puntuale, faccia in sede di bando di gara un generico richiamo alla necessità del rispetto del patto di stabilità interno. Eventualmente, in via del tutto eccezionale, il bando potrà indicare quelle condizioni oggettive, specificamente individuate, che impediscono alla stazione appaltante di rispettare le condizioni di pagamento imposte dalle norme, purché le stesse non siano imputabili alla violazione del dovere generale che grava sulle amministrazioni pubbliche di verificare la compatibilità del programma dei pagamenti con i relativi stanziamenti di bilancio e con le regole di finanza pubblica». Si rileva, infine, che la previsione di termini e modalità di pagamento incerti, in quanto legati a finanziamenti ottenuti ma non ancora erogati, oltre a non poter garantire la tassatività dei termini di pagamento prescritta dal diritto comunitario e nazionale, genera problematiche connesse alla sostenibilità della partecipazione alle gare stesse da parte dei soggetti privati, riducendone gli incentivi ed alterando, in tal modo, le condizioni di concorrenza sul mercato. Raffaele Cantone Depositato presso la segreteria del Consiglio in data 6 ottobre 2015

GIURISPRUDENZA

NON ESISTE ALCUN OBBLIGO DI INDICARE CON L’OFFERTA I NOMINATIVI DEI SUBAPPALTATORI l Consiglio di Stato ha risolto definitivamente un problema che gli uffici del Collegio Costruttori volutamente non hanno mai posto all’attenzione delle imprese associate. In questi ultimi anni si è imposto a livello giurisprudenziale un problema che, ad avviso di che scrive, non aveva senso di porsi: quello circa l’obbligo o meno di indicare in sede di offerta i nominativi dei subappalta-

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tori delle opere indicate dall’offerente come subappaltabili. Diverse sentenze si sono susseguite nel tempo con indirizzi di volta in volta diametralmente opposti, sia a livello di TAR che di Sezioni del Consiglio di Stato. Ci si poneva il problema cioè se, indipendentemente da una specifica previsione in tal senso, l’appaltatore avesse o meno detto obbligo di indicare una rosa di subappaltatori per ogni lavorazione che lo stesso indicava come da subappaltare. Non vi era alcuna nuova norma legislativa che potesse dar luogo ad un dibattito sull’argomento, ma solo interpretazioni di organi giudiziari. In provincia di Brescia quasi nessun ente appaltante, salvo poche eccezioni, ha ritento di cambiare prassi indicando un nuovo obbligo nei bandi di gara o nelle lettera di invito, fenomeno che viceversa in altre province era decisamente diffuso. Il Collegio Costruttori – Ance Brescia ha perciò sposato, in accordo anche con il comune capoluogo e con gli enti pubblici più rappresentativi, una linea attendista aspettando il pronunciamento ora in commento. Il Consiglio di Stato ha deciso di risolvere la questione con un pronunciamento a sezioni riunite, che oggi permette di avere una parola definitiva sull’argomento. Con la sentenza n. 9/2015 del 2/11/2015 ha definitivamente stabilito che “l’indicazione del nominativo del subappaltatore già in sede di presentazione dell’offerta non è obbligatoria, neanche nell’ipotesi in cui il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili”. Si chiude così una battaglia giurisprudenziale che ha creato non poche difficoltà alle imprese che nella partecipazione alle gare non sapevano quale indirizzo seguire. Si ritiene opportuno pubblicare integralmente il testo della sentenza, nella parte che riguarda l’argomento in commento, in quanto utile per una ricostruzione storica e sul piano del diritto utile a chi voglia approfondire l’argomento. CONSIGLIO DI STATO A SEZIONI UNITE - sentenza n. 9/2015 del 2/11/2015 . . .omissis . . . 2.1- Come già rilevato in fatto, la Quarta Sezione, registrando un contrasto giurisprudenziale sulla decisiva questione dell’obbligatorietà (o meno) dell’indicazione del subappaltatore già nella fase dell’offerta da parte dell’impresa concorrente sprovvista della qualificazione in una o più categorie scorporabili (e, quindi, a fronte di un c.d. subappalto necessario) e, quindi, sulla doverosità della sua esclusione, nell’ipotesi di inosservanza del predetto obbligo (ove


LAVORI PUBBLICI

giudicato tale), ne ha devoluto la risoluzione all’Adunanza Plenaria. Al predetto problema, infatti, sono state offerte due diverse soluzioni. Secondo una prima tesi, infatti, la necessità della dimostrazione, ai fini della partecipazione alla procedura, della qualificazione per tutte le lavorazioni per le quali la normativa di riferimento la esige implica, quale indefettibile corollario, la necessità dell’indicazione del nominativo del subappaltatore già nella fase dell’offerta, di guisa da permettere alla stazione appaltante il controllo circa il possesso, da parte della concorrente, di tutti i requisiti di capacità richiesti per l’esecuzione dell’appalto (Cons. St., sez. V, 25 febbraio 2015, n. 944; sez. V, 10 febbraio 2015, n. 676; sez. V, 28 agosto 2014, n. 4405; sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4299; sez. IV, 26 maggio 2014, n. 2675; sez. IV, 13 marzo 2014, n. 1224; sez. III 5 dicembre 2013, n. 5781); secondo una diversa, e minoritaria, lettura dell’istituto, viceversa, una corretta esegesi delle regole che presidiano i requisiti di qualificazione, e che escludono che, ai fini della partecipazione alla gara, sia necessario il possesso della qualificazione anche per le opere relative alle categorie scorporabili (esigendo il ricorso al subappalto solo per quelle a qualificazione necessaria e nella sola fase dell’esecuzione dell’appalto), impone la diversa soluzione dell’affermazione del solo obbligo di indicazione delle lavorazioni che il concorrente intende affidare in subappalto, ma non anche del nome dell’impresa subappaltatrice (Cons. St., sez. IV, 4 maggio 2015, n. 2223; sez. V, 7 luglio 2014, n. 3449; sez. V, 19 giugno 2012, n. 3563). Si tratta, come si vede, di ricostruzioni (entrambe) plausibili e ragionevoli, oltre che fondate sull’esigenza di tutelare l’interesse pubblico all’amministrazione imparziale e corretta delle procedure di affidamento dei contratti pubblici. 2.2- La scelta dell’opzione ricostruttiva più coerente con la normativa di riferimento esige una preliminare disamina del sistema di regole alla stregua del quale dev’essere affermata la sussistenza (o meno) dell’obbligo dell’indicazione nominativa del subappaltatore ai fini della partecipazione alla gara. L’art.92, commi 1 e 3, del d.P.R. 5 ottobre 2010, n.207, che disciplina i requisiti di partecipazione alla gara, stabilisce, innanzitutto, che, ai predetti fini, è sufficiente il possesso della qualificazione nella categoria prevalente (quando il concorrente, singolo o associato, non la possieda anche per le categorie scorporabili), purchè per l’importo totale dei lavori. Il combinato disposto degli artt.92, comma 7 e 109, comma 2, d.P.R. cit. e 37, comma

11, d.lgs. 12 aprile 2006, n.163 chiarisce, poi, che il concorrente che non possiede la qualificazione per le opere scorporabili indicate all’art.107, comma 2 (c.d. opere a qualificazione necessaria) non può eseguire direttamente le relative lavorazioni ma le deve subappaltare a un’impresa provvista della relativa, indispensabile qualificazione. L’art.118 d.lgs. cit. (collocato sistematicamente entro la Sezione V del codice, rubricata “principi relativi all’esecuzione del contratto”) si occupa, invece, di definire le modalità e le condizioni per il valido affidamento delle lavorazioni in subappalto e prevede, per quanto qui rileva, che all’atto dell’offerta siano indicati (solo) i lavori che il concorrente intende subappaltare e che l’affidatario depositi, poi, il contratto di subappalto presso la stazione appaltante almeno venti giorni prima della data di inizio delle relative lavorazioni (unitamente a tutte le attestazioni e dichiarazioni prescritte). 2.3- Dall’analisi delle regole appena citate si ricavano, quindi, i seguenti principi: a) per la partecipazione alla gara è sufficiente il possesso della qualificazione nella categoria prevalente per l’importo totale dei lavori e non è, quindi, necessaria anche la qualificazione nelle categorie scorporabili (neanche in quelle indicate all’art.107, comma 2, d.P.R. cit.); b) le lavorazioni relative alle opere scorporabili nelle categorie individuate all’art.107, comma 2, d.P.R. cit. non possono essere eseguite direttamente dall’affidatario, se sprovvisto della relativa qualificazione (trattandosi, appunto, di opere a qualificazione necessaria); c) nell’ipotesi sub b) il concorrente deve subappaltare l’esecuzione delle relative lavorazioni ad imprese provviste della pertinente qualificazione; d) la validità e l’efficacia del subappalto postula, quali condizioni indefettibili, che il concorrente abbia indicato nella fase dell’offerta le lavorazioni che intende subappaltare e che abbia, poi, trasmesso alla stazione appaltante il contratto di subappalto almeno venti giorni prima dell’inizio dei lavori subappaltati; e) il subappalto è un istituto che attiene alla fase di esecuzione dell’appalto (e che rileva nella gara solo negli stretti limiti della necessaria indicazione delle lavorazioni che ne formeranno oggetto), di talchè il suo mancato funzionamento (per qualsivoglia ragione) dev’essere trattato alla stregua di un inadempimento contrattuale, con tutte le conseguenze che ad esso ricollega il codice (tra le quali, ad esempio, l’incameramento della cauzione). Si tratta come si vede di un apparato regolativo compiuto, coerente, logico e, soprattutto, privo di aporie, antinomie o lacune.

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2.4- Ora, a fronte di un sistema di regole chiaro e univoco, quale quello appena esaminato, restano precluse opzioni ermeneutiche additive, analogiche, sistematiche o estensive, che si risolverebbero, a ben vedere, nell’enucleazione di una regola non scritta (la necessità dell’indicazione del nome del subappaltatore già nella fase dell’offerta) che (quella sì) configgerebbe con il dato testuale della disposizione legislativa dedicata alla definizione delle condizioni di validità del subappalto (art.118, comma 2, d.lgs. cit.) e che, nella catalogazione (esauriente e tassativa) delle stesse, non la contempla. 2.5- Secondo il canone interpretativo sintetizzato nel brocardo in claris non fit interpretatio (e codificato all’art.12 delle Preleggi), infatti, la prima regola di una corretta esegesi è quella che si fonda sul significato delle parole e che, quindi, là dove questo risulta chiaro ed univoco, quale deve intendersi il dato testuale della predetta disposizione, non è ammessa alcuna interpretazione che corregga la sua portata precettiva (per come desunta dal lessico ivi utilizzato, ove risulti privo di ambiguità semantiche). 2.6- Ma anche in ossequio al canone interpretativo espresso nel brocardo ubi lex voluit dixit ubi noluit tacuit si perviene alle medesime conclusioni. Là dove, infatti, l’art.118, secondo comma, d.lgs. cit., ha catalogato (articolandoli in quattro lettere) i requisiti di validità del subappalto, ha evidentemente inteso circoscrivere, in maniera tassativa ed esaustiva, a quei presupposti (e solo a quelli) le condizioni di efficacia del subappalto, sicchè ogni opzione ermeneutica che si risolvesse nell’aggiunta di un diverso ed ulteriore adempimento (rispetto a quelli ivi classificati) dev’essere rifiutata in quanto finirebbe per far dire alla legge una cosa che la legge non dice (e che, si presume, secondo il suddetto canone interpretativo, non voleva dire). 2.7- Dall’esame della vigente normativa di riferimento può, in definitiva, identificarsi il paradigma (riferito all’azione amministrativa, ma anche al giudizio della sua legittimità) secondo cui l’indicazione del nome del subappaltatore non è obbligatoria all’atto dell’offerta, neanche nei casi in cui, ai fini dell’esecuzione delle lavorazioni relative a categorie scorporabili a qualificazione necessaria, risulta indispensabile il loro subappalto a un’impresa provvista delle relative qualificazioni (nella fattispecie che viene comunemente, e, per certi versi, impropriamente definita come “subappalto necessario”).


LAVORI PUBBLICI

2.8- La correttezza della soluzione appena enunciata (e che risponde al primo quesito nel senso di negare la doverosità dell’indicazione nominativa del subappaltatore) risulta, peraltro, avvalorata e corroborata dai convergenti argomenti di seguito (sinteticamente) dettagliati. 2.9- L’esegesi ut supra preferita risulta, innanzitutto, riscontrata dall’esame diacronico della legislazione in materia, che consegna all’Adunanza la preziosa informazione dell’originaria previsione (nella legge 11 febbraio 1994, n.109, c.d. Legge Merloni) dell’obbligo dell’indicazione, già nella fase dell’offerta, di una rosa di imprese subappaltatrici (fino al numero di sei) entro le quali avrebbe poi dovuto essere scelta quella affidataria delle lavorazioni subappaltate, e della successiva abrogazione di tale previsione (già nella legge 18 novembre 1998, n.415, c.d. Legge Merloni ter e poi, definitivamente, con il codice dei contratti pubblici), che costituisce il più valido indice della consapevole ed univoca volontà del legislatore del 2006 di escludere, tra le condizioni di validità del subappalto, l’obbligo dell’indicazione nominativa in discussione. Non solo, ma anche nel disegno di legge di delega al Governo per il recepimento delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE (all’esame della Camera dei Deputati, in seconda lettura, al momento della redazione della presente decisione) può ricavarsi un ulteriore prezioso riscontro alla tesi scelta dall’Adunanza Plenaria, là dove si ripristina, ivi, l’obbligo dell’indicazione di una terna di subappaltatori, ad ulteriore conferma che il silenzio serbato sul punto dal codice dei contratti pubblici in vigore non può essere trattato alla stregua di una lacuna colmabile in esito ad una complessa ed incerta operazione ermeneutica, ma costituisce una scelta chiara e cosciente (tanto che la legislazione precedente e, forse, quella successiva hanno operato e, probabilmente, opereranno una scelta diversa). 2.10- La correttezza della scelta interpretativa sopra enunciata risulta, peraltro, avvalorata anche dalle determinazioni dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (l’AVCP, prima, e l’ANAC, poi) che hanno ripetutamente affermato il principio dell’obbligatorietà della sola indicazione delle lavorazioni che si intendono affidare in subappalto e contestualmente escluso l’obbligatorietà dell’indicazione nominativa del subappaltatore (si vedano la determinazione ANAC nr. 1 dell’8 gennaio 2015; il parere ANAC nr. 11 del 30 gennaio 2014 e la determinazione AVCP nr. 4 del 10 ottobre 2012), approvando, in coerenza con tali enunciazioni, gli schemi dei bandi, con il

valore vincolante ad essi assegnati dall’art. 64, comma 4-bis, d.lgs. cit. (e previo parere conforme del Ministero delle infrastrutture). Come si vede, dunque, le autorità istituzionalmente provviste di competenza in ordine alla vigilanza sulla corretta amministrazione delle procedure di affidamento degli appalti pubblici hanno costantemente espresso l’avviso della doverosità della sola indicazione delle lavorazioni da subappaltare (e non anche del nome dell’impresa subappaltatrice), validando gli schemi dei bandi confezionati in coerenza a tale regola ed ingenerando, perciò, un significativo affidamento circa la legittimità del relativo modus procedendi. 2.11- Lo scrutinio delle direttive europee non conduce ad esiti differenti, confermando, anzi, la correttezza dei principi prima affermati. Le direttive in materia di appalti pubblici hanno, infatti, rimesso alla discrezionale scelta degli Stati membri o, comunque, delle stazioni appaltanti l’opzione regolatoria attinente alla doverosità dell’indicazione del nome del subappaltatore, ai fini della partecipazione alla gara, astenendosi, quindi, dall’imporre una qualsivoglia soluzione alla pertinente questione. Orbene, in difetto di un vincolo europeo all’introduzione (in via legislativa o amministrativa) dell’obbligo in discussione, la sua positiva affermazione esige una chiara, univoca ed esplicita sua previsione (con una specifica disposizione di legge), in mancanza della quale resta precluso all’interprete (che eserciterebbe inammissibilmente, in tal modo, in luogo del legislatore o della stazione appaltante, la potestà discrezionale assegnata allo Stato membro dalle direttive) il suo riconoscimento (in esito, peraltro, a un percorso ermeneutico di dubbio fondamento positivo). 2.12- Non solo, ma la tesi contraria dev’essere rifiutata anche perché produrrebbe effetti distorsivi (rispetto al sistema) o, comunque, inutili (rispetto agli interessi che con la stessa si intendono tutelare). 2.13- In primo luogo, l’affermazione dell’obbligo di indicare il nominativo del subappaltatore all’atto dell’offerta si risolverebbe in una eterointegrazione del bando (che non lo prevedeva), mediante l’inammissibile inserzione automatica nella lex specialis di un obbligo non previsto da alcuna disposizione normativa cogente pretermessa nell’avviso (da valersi quale unica condizione legittimante della sua eterointegrazione). Mentre, infatti, l’eterointegrazione della lex specialis postula logicamente l’omessa ripetizione, in essa, di un adempimento viceversa sancito chiaramente da una disposizione

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normativa imperativa (cfr. ex multis Cons. St., sez. VI, 11 marzo 2015, n.1250), nella fattispecie in esame verrebbe, al contrario, automaticamente inserita nel bando una clausola non rinvenibile nel diritto positivo e di mera creazione giurisprudenziale. 2.14- La statuizione dell’adempimento in questione finirebbe, inoltre, per costituire una clausola espulsiva atipica, in palese spregio del principio di tassatività delle cause di esclusione (codificato all’art.46, comma 1-bis, d.lgs. cit.). Se è vero, infatti, che la latitudine applicativa della predetta disposizione è stata decifrata come comprensiva anche dell’inosservanza di adempimenti doverosi prescritti dal codice, ancorchè non assistiti dalla sanzione espulsiva (cfr. Ad. Plen. n.9 e n. 16 del 2014), è anche vero che l’applicazione di tale principio esige, in ogni caso, l’esistenza di una prescrizione legislativa espressa, chiara e cogente (nella fattispecie non rintracciabile nel codice dei contratti pubblici). 2.15- La tesi favorevole all’affermazione dell’obbligo in questione comporterebbe, peraltro, una confusione tra avvalimento e subappalto, nella misura in cui attrae il rapporto con l’impresa subappaltatrice nella fase della gara, anziché in quella dell’esecuzione dell’appalto, con ciò assimilando due istituti che presentano presupposti, finalità e regolazioni diverse, ma senza creare il medesimo vincolo dell’avvalimento e senza assicurare, quindi, alla stazione appaltante le stesse garanzie contrattuali da esso offerte. Non solo, ma il relativo assunto si rivela distorsivo del mercato dei lavori pubblici, nella misura in cui costringe le imprese concorrenti a scegliere una (sola) impresa subappaltatrice, già nella fase della partecipazione alla gara, mediante l’imposizione di un onere partecipativo del tutto sproporzionato e gravoso. 2.16- La prospettazione qui disattesa finirebbe, infine, per introdurrebbe un requisito di qualificazione diverso ed ulteriore rispetto a quelli stabiliti, con disciplina completa ed autosufficiente, dall’art.92 d.P.R. cit. (che, come si è già rilevato, esclude l’obbligo del possesso delle attestazioni nelle categorie scorporabili, ancorchè a qualificazione necessaria, ai fini della partecipazione alla gara), implicando, di conseguenza, la sua inammissibile disapplicazione, che, tuttavia, postula l’indefettibile presupposto, nella specie inconfigurabile, dell’illegittimità della norma secondaria in quanto confliggente con la disposizione legislativa primaria (come chiarito, ex multis, da Cons. St., sez. VI,


LAVORI PUBBLICI

14 luglio 2014, n.3623). Se, infatti, il fondamento logico e sistematico della tesi ricostruttiva che afferma l’obbligatorietà dell’indicazione del nominativo del subappaltatore all’atto dell’offerta dev’essere rinvenuto nell’esigenza di garantire alla stazione appaltante il controllo del possesso da parte del concorrente di tutti i requisiti di qualificazione necessari, la sua condivisione postula l’affermazione della necessità, ai fini della partecipazione alla procedura, della dimostrazione della titolarità delle attestazioni riferite anche alle opere scorporabili (ciò che, invece, risulta chiaramente escluso dalla citata disposizione regolamentare dedicata alla disciplina delle qualificazioni e che andrebbe, quindi, logicamente disapplicata, ma in difetto della indispensabile condizione, sopra ricordata, della sua illegittimità). . . . . omissis . . . 5.- Alla stregua delle considerazioni che precedono, si devono, quindi, affermare i principi di diritto che seguono: a) l’indicazione del nominativo del subappaltatore già in sede di presentazione dell’offerta non è obbligatoria, neanche nell’ipotesi in cui il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili previste all’art.107, comma 2, d.P.R. cit.; . . . . omissis . . . Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 ottobre

LE CLAUSOLE DEL BANDO PREVALGONO RISPETTO A QUELLE DEL CAPITOLATO (Consiglio di Stato sez. V 9/10/2015 N. 4684) Benché il bando, il disciplinare di gara e il capitolato speciale d’appalto, abbiano ciascuno una propria autonomia ed una propria peculiare funzione nell’economia della procedura, il primo fissando le regole della gara, il secondo disciplinando in particolare il procedimento di gara ed il terzo integrando eventualmente le disposizioni del bando (con particolare riferimento – di norma – agli aspetti tecnici anche in funzione dell’assumendo vincolo contrattuale, Cons. Stato, sez. V, 10 novembre 2005, n. 6286), tutti insieme costituiscono la lex specialis della gara (Cons. Stato, sez. VI, 15 dicembre 2014, n. 6154; sez. V, 5 settembre 2011, n. 4981; 25 maggio 2010, n. 3311; 12 dicembre 2009, n. 7792), in tal modo sottolineandosi il carattere vincolante che

quelle disposizioni assumono non solo nei confronti dei concorrenti, ma anche dell’amministrazione appaltante, in attuazione dei principi costituzionali fissati dall’art. 97)0. Quanto agli eventuali contrasti (interni) tra le singole disposizioni della lex specialis ed alla loro risoluzione, è stato osservato che tra i ricordati atti sussiste nondimeno una gerarchia differenziata con prevalenza del contenuto del bando di gara (Consiglio di Stato, sez. V, 17 ottobre 2012, n. 5297; 23 giugno 2010, n. 3963), laddove le disposizioni del capitolato speciale possono soltanto integrare, ma non modificare le prime (Consiglio di Stato, sez. III, 29 aprile 2015, n. 2186; 11 luglio 2013, n. 3735; sez. V, 24 gennaio 2013, n. 439).

SE L’IMPRESA RIFIUTA IL SOCCORSO ISTRUTTORIO NON E’ TENUTA AL PAGAMENTO DELLA SANZIONE La sanzione pecuniaria individuata negli atti di gara è comminata nel caso in cui il concorrente intenda avvalersi del nuovo soccorso istruttorio; diversamente, in caso di mancata regolarizzazione degli elementi essenziali carenti, invece, la stazione appaltante procederà alla semplice esclusione del concorrente dalla gara. E’ quanto ribadito in un recente parere del Presidente dell’Autorità, il n. 155 del 23 settembre 2015, che conferma la posizione dell’A.N.AC., Autorità Nazionale Anticorruzione, sul pagamento della sanzione prevista dal nuovo “soccorso istruttorio”, cosi come disciplinato dal comma 2-bis dell’ art. 38 del Codice dei contratti pubblici (in vigore dal 25 giugno 2014 e introdotto dall’art. 39, DL 90/2014, il cd. “Decreto Sviluppo”, convertito con integrazioni dalla L. 114/2014, in vigore dal 19 agosto 2014). Come noto, il nuovo soccorso istruttorio amplia l’applicazione del precedente istituto a fattispecie prima non contemplate; ciò, tuttavia, introducendo l’obbligo del pagamento di una sanzione a carico del concorrente che è incorso in una irregolarità essenziale delle dichiarazioni. Sul punto, l’ANAC rimane coerente con la posizione espressa sia nella determinazione n. 1 dell’8 gennaio 2015 sia nel Comunicato del Presidente del 25 marzo 2015, ribadendo che, “in caso di mancata regolarizzazione degli elementi essenziali carenti, la stazione appaltante procede all’esclusione del concorrente dalla gara. La sanzione individuata negli atti di gara sarà comminata solo nel caso in cui il concorrente intenda avvalersi

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del nuovo soccorso istruttorio”. Pertanto, laddove il concorrente non provveda alla regolarizzazione degli elementi essenziali carenti, la stazione appaltante procede all’esclusione del concorrente dalla gara. Di contro, la sanzione individuata negli atti di gara sarà comminata solo nel caso in cui il concorrente intenda avvalersi del nuovo soccorso istruttorio. Nello stesso parere, è confermata la motivazione espressa nel citato Comunicato del Presidente, e cioè «la lettura fornita dall’Autorità si è imposta come doverosa sia per evitare eccessive ed immotivate vessazioni delle imprese sia in ossequio al principio di primazia del diritto comunitario, che impone di interpretare la normativa interna in modo conforme a quella comunitaria anche in corso di recepimento». Da notare che il parere è coerente con quanto affermato dall’ANAC poco più di un anno fa. Infatti, già prima dell’avvento del nuovo soccorso istruttorio, la stessa Autorità aveva osservato che l’offerta presentata senza la garanzia ovvero con una garanzia sprovvista degli elementi di cui all’art. 75, comma 4 del Codice, era da ritenere carente di un elemento essenziale e, per ciò stesso, non ammissibile (parere ANAC n. 94 del 7 maggio 2014 e determinazione AVCP n. 4/2012). Laddove, invece, la cauzione provvisoria fosse stata di importo deficitario, era possibile l’esercizio del soccorso istruttorio, volto a fare integrare la garanzia; ciò in coerenza con i principi generali che presiedono l’applicazione dell’art. 46, comma 1, del Codice dei contratti in tema di integrazione documentale, ammissibile solo ove non incida sulla parità di trattamento tra i concorrenti e, quindi, in ipotesi di evidente errore formale. Questa linea interpretativa è stata poi confermata nella citata determinazione n. 1/2015, laddove la stessa Autorità chiarisce che il nuovo comma 1-ter dell’art. 46 del Codice, sembra ammettere la sanatoria anche con riferimento ad ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità riferita alla cauzione provvisoria, a condizione che quest’ultima sia stata già costituita alla data di presentazione dell’offerta e rispetti la previsione di cui all’art. 75, comma 5 del Codice, vale a dire decorra da tale data. Diversamente, sarebbe alterata la parità di trattamento tra i concorrenti. Sotto questo aspetto, è stato, tuttavia, osservato dalla giurisprudenza favorevole ad una completa sanabilità della cauzione provvisoria che, qualora ciò fosse sempre ammesso, non potrebbe neppure parlarsi di una violazione del canone della par condicio dei concorrenti (TAR Roma, Sez. III, 10 /6/ 2015 n. 8143).


URBANISTICA COLLEGIO DEI COSTRUTTORI EDILI DI BRESCIA E PROVINCIA

SCIA: IL COMUNE NON PUÒ SOSPENDERE IL TERMINE DI 30 GIORNI PER LE VERIFICHE L’art. 19 della Legge 241/1990 contiene la disciplina generale della Segnalazione d’inizio attività (Scia) che consente l’avvio di talune attività/interventi in via immediata e cioè fin dalla data della sua presentazione alla Pubblica Amministrazione competente. La p.a. ha a disposizione 60 giorni (30 nel caso di Scia in materia edilizia) per accertare l’eventuale mancanza dei requisiti e dei presupposti di legge e vietare la prosecuzione dell’attività con la rimozione di quanto già realizzato. Il TAR Veneto con la sentenza della sezione III, 10/09/2015, n. 958, censurando l’operato di un comune che aveva disposto la sospensione del termine di legge per la verifica dei requisiti della Scia, ha ribadito importanti principi in tema di Scia e cioè: - è del tutto illegittimo e contrario all’art. 19 della Legge 241/1990 disporre una sospensione del termine previsto dalla legge per l’acquisizione dei pareri interni degli uffici competenti. Il termine di 60 giorni (o 30 per la Scia in edilizia) è quello che il legislatore ha ritenuto congruo per l’adozione dell’atto inibitorio, meramente eventuale, non essendo la p.a. obbligata ad adottare un provvedimento a fronte di una Scia, atto privato che consente l’avvio immediato di una attività; - non trova spazio nel procedimento sulla Scia il cd. preavviso di diniego di cui all’art. 10 bis della Legge 241/1990, trattandosi di un procedimento che ha la sua principale ragion d’essere nell’accelerazione temporale; prima di notificare all’interessato il provvedimento che vieta di proseguire l’attività oggetto della Scia, la legge consente all’ente locale solo di inviare una diffida a regolarizzare l’attività, ove ciò sia possibile, per renderla conforme alla normativa vigente entro un termine non inferiore a 30 gg.; - spetta alla p.a., prima di emanare il provvedimento repressivo, vagliare la possibilità di regolarizzare l’attività già intrapresa rendendola conforme alle norme vigenti e non al privato proporre modalità di conformazione; - decorso il termine di 60 o 30 giorni per l’esercizio del potere inibitorio nei confronti della Scia, il comune conserva il potere di controllo sulla sussistenza dei presupposti per la Scia ma deve farlo nelle forme dell’autotutela (art. 21 nonies Legge 241/1990), vale a dire previo avviso di avvio del procedimento e valutazione comparativa fra interesse pubblico e privato. Si ricorda che, come evidenziato anche dallo stesso TAR Veneto, l’art. 19 della Legge 241/1990 è stato modificato di recente dalla

Legge 124/2015 cd “riforma della Pubblica Amministrazione” proprio nella parte relativa all’esercizio dell’autotutela da parte del comune, con l’introduzione di un limite temporale pari a 18 mesi per l’adozione degli atti di annullamento.

PIANO PER LE PERIFERIE: PUBBLICATO IL BANDO PER PRESENTARE I PROGETTI È stato predisposto il Piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate, cd. “Piano periferie”, previsto dall’art. 1, commi 431 – 434 della Legge 190/2014 (Legge di stabilità per il 2015), con lo scopo di ridurre in tali aree i fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale e di migliorare la qualità del decoro urbano. Nella Gazzetta Ufficiale n. 249 del 26 ottobre 2015 è stato pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 ottobre 2015 - atteso da lungo tempo e in origine previsto entro il 31 marzo 2015 - che contiene il bando per la presentazione dei progetti di riqualificazione da parte dei comuni (vedi da ultimo Piano periferie: sancita l’intesa in Conferenza unificata). Premesso che le domande dovranno essere presentate alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le pari opportunità entro il prossimo 30 novembre, si evidenzia che nel bando sono indicate, tra l’altro: - la dotazione finanziaria del Fondo per l’attuazione del Piano periferie previsto dall’art. 1, comma 434 e istituito nello Stato di previsione del Ministero dell’economia pari a € 44.138.500,00 per l’anno 2015, € 75.000.000,00 per l’anno 2016 e € 75.000.000,00 per l’anno 2017 per un totale di € 194.138.500,00 (punto 1); - le caratteristiche dei promotori e cioè i comuni, singoli o associati mediante una aggregazione temporanea, che abbiano nel loro territorio la presenza di aree urbane degradate e i criteri per individuare le “aree urbane degradate” (punto 2); - le tipologie e le caratteristiche degli interventi di riqualificazione che si intendono realizzare e che devono essere costituiti da un “insieme coordinato di interventi diretti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale” (punto 1 e punto 3);- i contenuti (punto 3), le modalità di presentazione e la documentazione da allegare alla domanda (punto 4), fra cui vi sono: la dichiarazione del responsabile dell’ufficio

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tecnico del comune relativa alla coerenza degli interventi proposti con tutti gli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti o adottati; la relazione descrittiva del progetto che evidenzia gli effetti di miglioramento della qualità della qualità del decoro e del tessuto PANTONE 281 sociale ed ambientale; CMYK 100 - 72 - 0 - 32 la delibera comunale relativa all’esistenza e RGB 0 - 40 - 104 all’entità di eventuali finanziamenti pubblici (nazionali o europei) e/o privati. I soggetti privati dovranno essere scelti attraverso procedure di evidenza pubblica; dichiarazione delle Autorità competenti in materia ambientale circa l’assoggettabilità o meno del progetto alle procedure di valutazione ambientale (VIA, VAS, VINCA a seconda delle tipologie e delle aree di intervento); - le caratteristiche dei progetti (da elaborarsi almeno a livello di studio di fattibilità, masterplan e progetto preliminare (obbligatorio per gli interventi di riqualificazione urbanistica ed infrastrutturale) (punti 3 e 4); - la procedura di valutazione e i criteri che l’apposito Comitato di valutazione, istituito presso la Presidenza del Consiglio (art. 2 del dPCM), seguirà per la selezione dei progetti (punto 5) e l’attribuzione dei relativi punteggi (punto 6). Gli interventi ritenuti ammissibili saranno inseriti in un elenco decrescente in base al punteggio ottenuto (punto 7) e con uno o più decreti del Presidente del Consiglio saranno individuati i progetti da approvare con successive convenzioni o accordi di programma (punto 8). Gli accordi di programma o le convenzioni definiscono altresì (punto 8): i soggetti partecipanti alla realizzazione dei progetti; le risorse finanziarie necessarie, pubbliche o private, comprese quelle a valere sul Fondo per l’attuazione del Piano per le periferie; i tempi di attuazione degli interventi; i criteri e le modalità per la revoca dei finanziamenti in caso di inerzia realizzativa. I progetti di riqualificazione una volta approvati dagli enti interessati con convenzione o accordo di programma costituiranno tutti insieme il Piano per le periferie. Gli interventi inseriti nel Piano sono finanziati a valere sul Fondo specifico, in ordine di punteggio decrescente ottenuto, fino al limite di capienza annuale delle risorse disponibili per ciascun esercizio finanziario 2015, 2016 e 2017. Ai fini del computo delle risorse disponibili per ciascun anno si tiene conto delle risorse indicate nel cronoprogramma per ciascun anno, al netto delle risorse provenienti da enti pubblici o privati e nei limiti delle somme indicate per ciascun anno nel quadro economico, entrambi allegati al progetto (punto 9). Disponibile sul sito internet dello scrivente collegio il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 ottobre 2015.

PA CM RG


URBANISTICA

GIURISPRUDENZA DIFFERENZE TRA “RESTAURO E RISANAMENTO CONSERVATIVO” E “RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA”. (CdS n.3505 del 14/07/2015) Gli interventi edilizi che alterino, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l’originaria consistenza fisica di un immobile e comportino l’inserimento di nuovi impianti e la modifica e ridistribuzione dei volumi, non si configurano né come manutenzione straordinaria, né come restauro o risanamento conservativo, ma rientrano nell’ambito della ristrutturazione edilizia. Affinché sia ravvisabile un intervento di ristrutturazione edilizia è sufficiente che risultino modificati la distribuzione della superficie interna e dei volumi, ovvero l’ordine in cui erano disposte le diverse porzioni dell’edificio, per il solo fine di rendere più agevole la destinazione d’uso esistente, atteso che anche in questi casi si configura il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio ed un’alterazione dell’originaria fisionomia e consistenza fisica dell’immobile, incompatibili con i concetti di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo, che presuppongono la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell’edificio e la distribuzione interna della sua superficie. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la presente SENTENZA FATTO e DIRITTO 1. - L’ing. ... assume d’esser proprietario d’un compendio immobiliare sito in Ro., tra il l.go delle Terme di Caracalla, il v.le omonimo ed il vicolo (omissis...) e censito al NCT fg. (omissis...), partt. nn. (omissis...), 157 e 251, da lui acquistate da terzi a più riprese nel corso del tempo. L’ing. … dichiara altresì che, fin dagli anni ‘70, il conduttore del compendio, che svolgeva una attività di architettura di interni e di esterni e di tipo florovivaistico, realizzò sulle partt. n. (omissis...) e (omissis...) vari manufatti abusivi, perlopiù adibiti ad uffici e, rispettivamente, all’esposizione ed alla vendita di mobili ed arredi per giardino. Per tali manufatti fu a suo tempo chiesto

il condono edilizio ex l. 28 febbraio 1985 n. 47, prima del passaggio di proprietà all’ing.., cui nel 2000 furono rilasciate cinque concessioni edilizia in sanatoria, precedute dal nulla-osta paesaggistico dalla Soprintendenza per i bb.aa.aa. del Lazio. In particolare, le prime quattro concessioni (le nn. 246911, 246912, 246913 e 246914 del 10 novembre 2000) riguardarono i manufatti A) / D), ricadenti sulla part. n. (omissis...). Per quello insistente sulla part. n. (omissis...), di proprietà dell’ing. ... fin dal 1971 e che ne chiese il condono, intervenne a sua volta la concessione in sanatoria n. 24372 del 26 ottobre 2000. Il compendio de quo è stato poi locato dall’ing. ... fin dal 19 marzo 2007 al Gruppo PROFIN s.r.l., corrente in Ro., che è stata autorizzata a presentare a Roma Capitale una DI., per effettuare il restauro ed il risanamento conservativo dei manufatti condonati, ai sensi dell’art. 22, commi 2 e 3 del DPR 6 giugno 2001 n. 380 e senza cambio di destinazione d’uso, né di sagoma, di altezza o di volumetria di essi. 2. - Presentata in effetti tale DI. il 23 febbraio 2009, in pari data l’arch. …, tecnico incaricato dal Gruppo PROFIN s.r.l., ha chiesto alla Soprintendenza per i beni archeologici di Roma il parere sull’intervento in questione. La Soprintendenza, con nota prot. n. (omissis...) del 30 marzo 2009 e ritenendo tra l’altro che l’intervento stesso riguardasse pure altri manufatti allocati sulla part. n. (omissis...) ed ancora con condono non definito, ha chiesto al Gruppo PROFIN s.r.l. la produzione d’una nuova relazione paesaggistica ex DPCM 12 dicembre 2005. Tanto affinché detta Società poi la producesse tanto alla Soprintendenza stessa, quanto a quella per i bb.aa.aa. del Lazio, per consentire il rilascio del nulla-osta, e ciò quantunque la relativa documentazione fosse già allegata alla DIA. Sicché il 30 luglio 2009 l’arch…., dopo averle comunicato d’aver già chiesto il predetto parere alla Soprintendenza ai bb. archeol. di Roma, ha chiesto a Roma Capitale l’attivazione della conferenza di servizi, poi convocata presso il Dip.to IX (uff. tecn. 1) per il 24 novembre 2009. Con la nota n. 34360 del successivo giorno 30, la Soprintendenza per i bb. archeol. di Roma ha comunicato a Roma Capitale che l’area d’intervento ricadeva in zona archeologica rilevante, nonché in zona T I/4 del PTP n. 15/12 (tutela integrale), oltre a sostanziarsi in una vera e propria ristrutturazione, ferma comunque l’illegittimità dei condoni a suo tempo rilasciati. È seguita la nota prot. n. (omissis...) dell’8 marzo 2010, recante il parere da parte di Roma Capitale - Dip.to V, favorevole sì, ma con prescrizioni, tra cui l’acquisizione del parere della Soprintendenza per i bb. archeol. di Roma, nonché limitatamente alla sola attività di risanamento conservativo e

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di restauro. È intervenuta anche la nota n. 6706 del 1º aprile 2010, con cui la Soprintendenza ai bb. aa. pp. per il Comune di Roma ha reso note a Roma Capitale, all’altra Soprintendenza ed alla Società istante alquante criticità sia sulla legittimazione di quest’ultima a realizzare l’intervento, sia sulla reale natura di questo (che appare più una demolizione con ricostruzione e frazionamento), sulle manchevolezze della relazione e della documentazione e sulle concessioni in sanatoria. L’arch…., con la sua missiva del 28 giugno 2010, ha ritrasmesso la documentazione per la DI. e ha precisato che l’intervento de quo avrebbe riguardato i soli manufatti edilizi esistenti e già sanati fin dal 2000. Egli ha poi ulteriormente ragguagliato la Soprintendenza per i bb. archeol. di Roma, con la missiva del 7 maggio 2010, trasmettendole ulteriori documenti. Poiché comunque la conferenza di servizi non era sta conclusa nonostante tutta la documentazione inviata, allora il Gruppo PROFIN s.r.l., con le missive del 22 ottobre e del 21 dicembre 2010, ha chiesto a tutte le Amministrazioni coinvolte la sollecita definizione di essa. Dal che l’invito diramato da Roma Capitale - Dip. to IX il 9 marzo 2011, affinché la predette Amministrazioni rendessero i loro pareri in vista della chiusura della conferenza che era stata indetta per il 24 novembre 2009. 3. - A seguito della diffida con contestuale istanza d’accesso presentata dalla Società istante, Roma Capitale - Dip.to IX ha diramato la nota n. 92188 del 5 dicembre 2011, facendo presente a tutte le predette Amministrazioni la necessità di concludere al più presto la conferenza di servizi de qua e di non aver ricevuto più alcuna loro comunicazione. In particolare, Roma Capitale ha reso noto che, in tal caso, si sarebbero dovuti ritenere acquisiti i pareri stessi, ai sensi dell’art. 14-ter, commi 6 e 7 della l. 7 agosto 1990 n. 241 e, quindi, «… conclusa la conferenza dei servizi con esito favorevole …», ma ha invitato la Soprintendenza per i bb. archeol. di Roma, ove «… fosse al corrente di motivi ostativi all’esecuzione delle opere …», di darne immediata comunicazione. È dunque intervenuta la nota n. 21238 del 19 dicembre 2011, con la quale la Soprintendenza per i bb. aa. pp. di Roma ha ribadito che le opere de quibus non erano suscettibili di sanatoria, stante il regime di tutela integrale per le aree ov’esse ricadono, per il resto ripetendo quanto detto con la nota n. 6706/2010. Con la nota n. 21239 di pari data, la medesima Soprintendenza ha reso noto a Roma Capitale - Uff. condono edil. d’aver chiesto al RUP, appunto con la nota n. 6706/2010, di chiarire «… le procedure che l’Amministrazione comunale aveva adottato per il rilascio della concessione edilizia in sanatoria per le… opere site in area sottoposta a tutela paesaggistica con


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D.M. 10. 01. 1956 e ricadente nel PTP 15/12 in zona classificata a tutela integrale T I/4 …». La Soprintendenza per i bb. archeol. di Roma, dal canto suo e con la nota n. 38736 del 20 dicembre 2011, ha: I) - richiamato quanto detto nella conferenza del 24 novembre 2009 e quanto chiarito con la sua nota n. 34360/2009; II) - contestato l’asserzione circa la sua assenza in quella seduta conferenziale; III) - affermato che le concessioni in sanatoria erano state rilasciate senza il parere della Soprintendenza ai bb. aa. pp., come già fatto presente con la propria nota n. 8894/2009 e con quella n. 21239/2011 di quest’ultima Soprintendenza. Con nota n. 97659 del 22 dicembre 2011, Roma Capitale - Dip.to IX ha dichiarato chiusa, stavolta con esito negativo, la predetta conferenza di servizi, comunicando alla Società istante di non dar corso ai lavori indicati in DIA. Con la nota n. 6542 del 27 gennaio 2012, Roma Capitale - Uff. condono edil. ha risposto alla nota soprintendentizia n. 21239/2011, precisando ad entrambe le Soprintendenze, alla Direz. region. del MIBAC ed alla Società istante che già nel 2009 aveva fatto presente qual fosse lo stato di pendenza di tutti i procedimenti di sanatoria inerenti al compendio immobiliare de quo. 4. - Avverso il citato verbale di chiusura, le soprintendentizie nn. 21238 e 21239/2011 e nn. 34360 / 2009 e 38736/2011, detta Società e l’ing. ... sono insorti innanzi al TAR Lazio, con il ricorso n. 1811/2012 RG — articolato in un gravame introduttivo ed in un atto per motivi aggiunti—, con cui deducono vari profili di censura. L’adito TAR, con sentenza n. 5209 del 27 maggio 2013, ha respinto la pretesa attorea, in quanto: 1) - le opere de quibus, oggetto dell’invocato restauro, non erano suscettibili di sanatoria; 2) - ai sensi dell’art. 42 del Dlg 22 gennaio 2004 n. 42, anche sulla particella relativa a tali manufatti il 14 marzo 2012 è stato imposto un vincolo archeologico diretto «… (oltre agli altri, paesaggistico e di PTP …), che conferma la non sanabilità dei manufatti già condonati e, quindi, la conformità a legge, ragionevolezza e proporzionalità… del provvedimento impugnato …»; 3) - l’insussistenza d’ogni disparità di trattamento con vicende similari. Appellano quindi l’ing. ... e consorte, con il ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità della sentenza citata per: A) - l’insussistenza dei tre presupposti (condono rilasciato senza parere delle Soprintendenze; conseguente chiusura della conferenza di servizi con esito negativo per la non sanabilità delle opere allora abusivamente realizzate; apposizione d’un ulteriore vincolo diretto che conferma tal insanabilità) per il diniego dell’attività richiesta; B) - l’illogica valutazione tecnica della Soprintendenza per i bb.

archeol. di Roma n. 34360/2009 e non più sottoposta ad un’ulteriore verifica (ad onta delle successive acquisizioni documentali), che ha descritto i manufatti esistenti come «… baracche di tubi innocenti con lamiera …» non ristrutturabili a causa dell’elevata valenza archeologica dell’area «… ed alla conseguente incompatibilità di tal valenza con un utilizzo diverso da quello della sua preservazione …». Resistono in giudizio tutte le Amministrazioni intimate, che concludono per il rigetto dell’appello. Alla pubblica udienza del 9 giugno 2015, su conforme richiesta delle parti, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio. 5. - L’appello è fondato e va accolto, per le ragioni di cui appresso. Quanto al primo motivo d’appello, anzitutto non può il Collegio non tener conto della circostanza che i manufatti restaurandi furono tutti condonati nel 2000 dall’allora Comune di Roma, con atti esistenti, efficaci e che finora non hanno mai formato oggetto d’autotutela dalla P.A. che allora li rilasciò. Né certo essi si potrebbero reputare nulli o, ma, al più, illegittimi, ove mai fossero stati emanati senza il prescritto nulla-osta dell’Autorità

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preposta all’unico vincolo diretto vigente a quel tempo, di tipo paesistico e stabilito dal DM 10 gennaio 1956 (Mura Aureliane). Ma così non è, ché tali condoni edilizi furono corredati dai pareri favorevoli dell’allora Soprintendenza per i bb. aa. pp. del Lazio in data 26 giugno 1987, non smentiti dalle articolazioni territoriali del MIBACT e senza che al tempo vi fossero vincoli archeologici diretti sull’area, come chiarito da Roma Capitale fin dal 2008. Sicché i condoni de quibus non possono esser disapplicate né da Roma Capitale, né da altre Amministrazioni e certo non con riguardo a vicende mai considerate, o per vincoli sopraggiunti (nel caso in esame, addirittura dopo la notificazione del ricorso al TAR) o, peggio, per un diverso avviso medio tempore maturato dalle Autorità preposte a questi ultimi. Ciò posto ed assodato che allo stato i condoni edilizi non sono revocati in dubbio (onde i manufatti de quibus vanno considerati manufatti legittimati, notano poi le Soprintendenze intimate che l’area d’intervento, oltre val vincolo archeologico diretto, comunque soggiace al PTP n. 15/12 Valle della Ca., Ap. antica e Acquedotti ed alla


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relativa tutela integrale (Capo III delle NTA), stabilito dalla delibera del Consiglio regionale del Lazio n. 70 del 10 febbraio 2010. Questo dato è vero, tant’è che l’appellante Gruppo PROFIN s.r.l., su autorizzazione del proprietario ing. ..., a suo tempo presentò la DI. con contestuale richiesta di nulla-osta e la Soprintendenza per i bb. archeol. di Roma le chiese un’integrazione documentale paesaggistica, anche ai fini del coinvolgimento dell’altra Soprintendenza, quella ai bb. aa. pp. Nondimeno, nota il Collegio che la disciplina della tutela integrale s’armonizza con quanto recato dall’art. 60 delle NTA al PTP, ossia con le regole sugli interventi da realizzare sui manufatti esistenti e legittimati e sul trattamento di quelli adibiti o da adibire a servizi. Al contempo, il precedente art. 12, quando siffatti interventi sui fabbricati esistenti coinvolgono aree a tutela archeologica — cui il Capo III sulla tutela integrale fa riferimento—, sono ammessi, tra gli altri colà elencati, pure gli interventi di restauro, nonché di risanamento conservativo. Così è definito quello dedotto dagli appellanti in DI., poiché si tratta, in base al progetto allegato alla DI. ed allo stato degli atti, se non di recuperare i manufatti condonati, molto e da lungo tempo degradati, attraverso la progressiva sostituzione delle parti ammalorate e l’adeguamento sistematico dei servizi, a quanto consta senza modifiche di sagoma e volumetria e senza cambio di destinazione d’uso. Non è allora chi non veda come, perlomeno secondo tal descrizione ed in assenza d’un nuovo e/o diverso accertamento da parte delle Amministrazioni intimate sul punto, la vicenda in esame ben s’inquadri tra i casi di restauro e di risanamento conservativo, di cui all’art. 3, c. 1, lett. c) del DPR 380/2001. Si tratta, per vero, di un’attività rivolta «… a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali (di esso) …, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili …». Poiché il restauro ed il risanamento implicano anche «… il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso …», l’eliminazione di elementi o estranei, o deteriorati di tal organismo preesistente non consente, come hanno adombrano le Soprintendenze, di confondere la relativa vicenda con quella della ristrutturazione edilizia. Invero, quest’ultima si configura nel rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio e nell’alterazione dell’originaria fisionomia e consistenza fisica dell’immobile, incompatibili con i concetti di manutenzione straordinaria e risanamento, che invece presuppongono la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell’edificio (nella sua lata accezione di componenti

strutturali originali o meramente riproduttivi) e la distribuzione interna della sua superficie (cfr., da ultimo, Cons. St., V, 17 marzo 2014 n. 1326; id., 17 luglio 2014 n. 3796; id., 5 settembre 2014 n. 4253). Di recente la Sezione (cfr. Cons. St., IV., 25 luglio 2013 n. 3968) ha ribadito i capisaldi dell’istituto, riconoscendo il restauro ed il risanamento, fin dall’art. 31 della l. 5 agosto 1978 n. 457, in quell’insieme sistematico di opere anche sulla struttura (compresi il consolidamento, il ripristino ed il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio) che rispettino gli elementi fondamentali dell’organismo edilizio e ne assicurino le destinazioni d’uso compatibili con questi ultimi. Sicché la differenza tra essi e la ristrutturazione edilizia risiede essenzialmente nella conservazione formale e funzionale dell’organismo edilizio, che connota i primi rispetto alla seconda. In assenza, allora, di dati sicuramente concludenti per descrivere l’intervento come ristrutturazione, l’assunto delle Soprintendenti intimate al riguardo è nulla più che un’imprecisa valutazione. Tanto perché nel progetto manca, per com’è redatto, quell’effetto di definitiva ed irreversibile trasformazione dei manufatti originari in altri di diverse natura e funzione d’uso, ogni eventuale abuso delle appellanti in sede esecutiva afferendo alla fase della vigilanza edilizia. Viceversa, nessun pregio ha la deduzione degli appellanti, ad avviso del Collegio superflua rispetto all’espunzione di ogni assunto erroneo delle Amministrazioni resistenti dalla fattispecie, secondo la quale Roma Capitale avrebbe dapprima chiuso la conferenza di servizi con esito a loro favorevole e poi, dopo i (pretesi tardivi) pareri negativi delle Soprintendenze, l’avrebbe riaperta per concluderla con una statuizione

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di segno opposto. Dalla serena lettura della nota comunale del 5 dicembre 2011 ben evincesi che, non essendo pervenuti i pareri delle Soprintendenze stesse, li si sarebbero dovuti ritenere acquisiti ai sensi dell’art. 14ter, commi 6 e 7 della l. 241/1990. Ma Roma Capitale, ben lungi dal definire alcunché in quel contesto, nonostante i poteri che le sarebbero spettati quale P.A. procedente ed indicente la conferenza di servizi, ha invece invitato la Soprintendenza per i bb. archeol. di Roma, ove «… fosse al corrente di motivi ostativi all’esecuzione delle opere …», di darne immediata comunicazione. Come si vede, nessuna conclusione è stata raggiunta a quella data ed il riferimento di Roma Capitale all’eventuale esito favorevole della conferenza de qua è stata differita fino all’acquisizione dei pareri delle due Soprintendenze coinvolte: tutto qui. 6. - In definitiva, l’appello va accolto nei sensi fin qui visti e con salvezza dell’ulteriore attività di riemanazione. Le spese del doppio grado di giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e son liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. IV.), definitivamente pronunciando sull’appello (ricorso n. 6124/2013 RG in epigrafe), lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado per quanto di ragione e nei sensi di cui in motivazione, con salvezza dell’ulteriore attività di riemanazione. Condanna le Amministrazioni resistenti, in parti uguali tra loro, al pagamento, a favore degli appellanti, delle spese del doppio grado di giudizio, che sono nel complesso liquidate in € 4.000,00 (Euro quattromila/00), oltre IVA, CPA ed accessori come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.


TECNICA EDILIZIA COLLEGIO DEI COSTRUTTORI EDILI DI BRESCIA E PROVINCIA

OBBLIGHI IN VIGORE DAL PRIMO OTTOBRE 2015 IN MATERIA DI CERTIFICAZIONE ENERGETICA Il Consiglio nazionale del Notariato (CNN) ha pubblicato di recente uno studio in cui illustra nel dettaglio quali sono gli obblighi in vigore dal 1°ottobre 2015 in materia di certificazione energetica e relativo attestato di prestazione energetica a seguito dell’entrata in vigore dei Decreti emanati in data 26 giugno 2015 dal Ministro dello sviluppo economico e pubblicati sulla GU n. 162 del 15/7/2015 (S.O. n. 39). In particolare, lo studio analizza, per gli effetti che possono avere per l’attività notarile e quindi per gli aspetti più prettamente giuridico civilistici: le disposizioni sulla nuova classificazione degli immobili; le prescrizioni e le informazioni che l’APE deve obbligatoriamente riportare pena la sua invalidità; le formalità da rispettare negli annunci commerciali; i casi esclusione dall’obbligo di dotazione dell’APE. Il Notariato peraltro evidenzia, in apposita nota, che la disciplina di dettaglio cui si riferisce lo studio in commento trova diretta applicazione solo nelle Regioni e/o Provincie autonome che non abbiano ancora adottato specifiche disposizioni normative in materia di certificazione energetica ovvero nelle Regioni e Provincie autonome che pur avendo legiferato in materia, abbiano recepito esclusivamente le prescrizioni della precedente direttiva 2002/91/CE e non si siano ancora conformate alla direttiva 2010/31/ UE. Non si applica invece nelle Regioni e/o Provincie autonome che abbiano legiferato in materia, in maniera conforme alla direttiva 2010/31/UE (fermo restando che non sempre risulta agevole accertare se una determinata normativa regionale possa considerarsi o meno conforme alla suddetta direttiva comunitaria del 2010); è previsto, peraltro, a carico di questi ultimi enti, nell’ottica di una omogeneizzazione della disciplina a livello nazionale, l’onere di intraprendere misure atte a favorire, entro il 1 ottobre 2017, l’adeguamento dei propri strumenti regionali di attestazione della prestazione energetica degli edifici alle nuove Linee guida approvate con il DM 26 giugno 2015. Si riporta di seguito un prospetto di sintesi dello studio del CNN al fine di metterne in evidenza alcuni contenuti. Per una trattazione più esaustiva dei vari argomenti si rinvia al documento disponibile sul sito internet dello scrivente Collegio. 1) Validità APE – dieci anni Confermata la validità massima decennale dell’APE, in conformità alla disposizione

dell’art. 6, comma 5, del decreto legislativo 19 agosto 2005 n. 192. In particolare l’APE ha una validità temporale massima di dieci anni a partire dal suo rilascio ed è aggiornato a ogni intervento di ristrutturazione o riqualificazione che riguardi elementi edilizi o impianti tecnici in maniera tale da modificare la classe energetica dell’edificio o dell’unità immobiliare. La validità temporale massima è subordinata al rispetto delle prescrizioni per le operazioni di controllo di efficienza energetica degli impianti tecnici dell’edificio, in particolare per gli impianti termici, comprese le eventuali necessità di adeguamento previste dai regolamenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 74. Nel caso di mancato rispetto di dette disposizioni, l’APE decade il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui è prevista la prima scadenza non rispettata per le predette operazioni di controllo di efficienza energetica. A tali fini, i libretti di impianto di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 febbraio 2014 e successive modificazioni sono allegati, in originale, in copia cartacea o in formato elettronico, all’APE. 2) Contenuto APE – prescritto a pena di invalidità Rispetto a prima ora sono indicate le informazioni che l’APE deve obbligatoriamente riportare per l’edificio o per l’unità immobiliare pena di invalidità dell’APE medesimo. Le Linee Guida propongono un format completamente rinnovato per l’APE (riportato nell’Appendice B delle Linee Guida), format elaborato tenuto conto delle esperienze nazionali ed europee maturate negli anni di applicazione della direttiva 2002/91/CE e per una migliore efficacia comunicativa. Considerato che la mancata allegazione dell’APE ad un atto traslativo a titolo oneroso comporta l’applicazione a carico delle parti di una sanzione pecuniaria (da €. 3.000,00 ad €. 18.000,00) si potrebbe, di conseguenza, correre il rischio di vedersi applicata detta sanzione qualora venisse utilizzato un APE non valido, in quanto privo di una delle informazioni “essenziali”. 3) APE negli annunci commerciali per vendite o locazioni Nel caso di offerta di vendita o di locazione, i corrispondenti annunci, effettuati tramite tutti i mezzi di comunicazione commerciali, devono riportare gli indici di prestazione energetica dell’involucro, l’indice di prestazione energetica globale dell’edificio o dell’unità immobiliare, sia rinnovabile che non rinnovabile, e la classe energetica corrispondente. A tal fine è fatto obbligo dell’utilizzo, con l’esclusione degli annunci via internet e a mezzo stampa, del format contenuto nell’ Appendice C alle nuove Linee Guida. 4) Ambito di applicazione dell’APE L’APE può essere redatto per l’intero edificio

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o per la singola unità immobiliare a seconda delle specifiche esigenze. Nel caso di edifici esistenti nei quali coesistono porzioni di immobile adibite ad usi diversi (ad esempio residenziale ed altri usi), qualora non fosse tecnicamente possibile PANTONE 281 trattare separatamente CMYK 100 -le 72diverse - 0 - 32 zone termiche, l’edificioRGB è valutato 0 - 40 - 104e classificato in base alla destinazione d’uso prevalente in termini di volume riscaldato. Per gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili, l’obbligo di attestazione della prestazione energetica può limitarsi alle sole porzioni di essi adibite a uffici e assimilabili ai fini della permanenza di persone, purché scorporabili agli effetti dell’isolamento termico, sempre che le residue porzioni siano escluse dall’obbligo ai sensi di quanto sopra indicato. L’attività agricola è assimilabile ad attività industriale o artigianale. 5) APE: casi di esclusione Le nuove Linee Guida, riepilogano in un apposito allegato (Appendice A) i casi di esclusione dall’obbligo dell’APE integrando e modificando (in relazione anche alle modifiche legislative intervenute in materie) l’elencazione previgente. Sono esclusi dall’obbligo di dotazione dell’attestato di prestazione energetica i seguenti casi: a) i fabbricati isolati con una superficie utile totale inferiore a 50 metri quadrati (art. 3, c. 3, lett. d) del D.lgs. 192/2005); b) edifici industriali e artigianali quando gli ambienti sono riscaldati o raffrescati per esigenze del processo produttivo o utilizzando reflui energetici del processo produttivo non altrimenti utilizzabili (art. 3, c. 3, lett. b) del D.lgs. 192/2005) ovvero quando il loro utilizzo e/o le attività svolte al loro interno non ne prevedano il riscaldamento o la climatizzazione; c) gli edifici agricoli, o rurali, non residenziali, sprovvisti di impianti di climatizzazione (art. 3, c. 3, lett. c) del D.lgs. 192/2005); d) gli edifici che risultano non compresi nelle categorie di edifici classificati sulla base della destinazione d’uso di cui all’articolo 3, D.P.R. 26.8.1993, n. 412, il cui utilizzo standard non prevede l’installazione e l’impiego di sistemi tecnici, quali box, cantine, autorimesse, parcheggi multipiano, depositi, strutture stagionali a protezione degli impianti sportivi, (art. 3, c. 3, lett. e) del D.lgs. 192/2005). L’attestato di prestazione energetica è, peraltro, richiesto con riguardo alle porzioni eventualmente adibite ad uffici e assimilabili, purché scorporabili ai fini della valutazione di efficienza energetica (art. 3, c. 3-ter, del D.lgs. 192/2005); e) gli edifici adibiti a luoghi di culto e allo svolgimento di attività religiose, (art. 3, c. 3, lett. f) del D.lgs. 192/2005); f) i ruderi, purché tale stato venga espressamente dichiarato nell’atto notarile;

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g) i fabbricati in costruzione per i quali non si disponga dell’abitabilità o dell’agibilità al momento della compravendita, purché tale stato venga espressamente dichiarato nell’atto notarile. In particolare si fa riferimento: - agli immobili venduti nello stato di “scheletro strutturale”, cioè privi di tutte le pareti verticali esterne o di elementi dell’involucro edilizio; - agli immobili venduti “al rustico”, cioè privi delle rifiniture e degli impianti tecnologici; l) i manufatti, comunque, non riconducibili alla definizione di edificio dettata dall’art. 2 lett. a) del D.lgs. 192/2005 (manufatti cioè non qualificabili come “sistemi costituiti dalle strutture edilizie esterne che delimitano uno spazio di volume definito, dalle strutture interne che ripartiscono detto volume e da tutti gli impianti e dispositivi tecnologici che si trovano stabilmente al suo interno”) (ad esempio: una piscina all’aperto, una serra non realizzata con strutture edilizie, ecc.). Per le lettere da f) a l), resta fermo l’obbligo di presentazione, prima dell’inizio dei lavori di completamento, di una nuova relazione tecnica di progetto attestante il rispetto delle norme per l’efficienza energetica degli edifici in vigore alla data di presentazione della richiesta del permesso di costruire, o denuncia di inizio attività, comunque denominato. 6) Disciplina transitoria per i “vecchi” APE Dal 1° ottobre 2015 l’APE dovrà essere redatto in conformità al nuovo format. Un APE redatto dopo il primo ottobre 2015 in conformità ai modelli previgenti deve ritenersi invalido e non utilizzabile per i fini per cui è richiesto (ad esempio per l’allegazione ad un atto traslativo a titolo oneroso). Ovviamente potranno essere ancora utilizzati, per tutti i fini per cui sono richiesti (ed in primis per l’allegazione ad un atto traslativo a titolo oneroso), gli attestati rilasciati, sulla base delle previgenti normative ed in conformità ai precedenti modelli, anteriormente al 1 ottobre 2015.

ATTESTATO DI PRESTAZIONE ENERGETICA - DOMANDE FREQUENTI Il 21/10/2015 il Ministero dello Sviluppo economico ha pubblicato sul proprio sito internet un documento, predisposto con il supporto di ENEA e CTI, contenente le risposte ai quesiti relativi ai nuovi requisiti minimi di prestazione energetica degli edifici e alla redazione dell’APE (Attestato di Prestazione Energetica), posti con maggior frequenza dai tecnici del settore. Con tale documento, il MISE fornisce chiarimenti per l’applicazione delle disposizioni contenute nei due decreti ministe-

riali del 26/06/2015[1], entrati in vigore dal 01/10/2015. Per un’analisi completa dell’argomento, si consiglia la lettura dei seguenti approfondimenti (riservati ai nostri Abbonati): •I requisiti di prestazione energetica per edifici pubblici e privati validi dal 01/10/2015 •Le Linee guida per la certificazione energetica 2015 (D.M. 26/06/2015) Nel documento sono evidenziati, per ogni disposizione oggetto di analisi, i dubbi riscontrati con maggior frequenza e i relativi chiarimenti. Si riportano di seguito alcuni quesiti particolarmente significativi: D. Non esistono norme transitorie, per cui, mentre è chiaro che per compravendite e locazioni i nuovi APE seguiranno le nuove linee guida, cosa succede per le pratiche edilizie in corso, cioè le pratiche che hanno la richiesta di permesso a costruire prima dell’entrata in vigore del decreto requisiti e/o delle linee guida nazionali (e anche i requisiti minimi)? Possono prospettarsi più casi: - Visto che nella normativa si fa riferimento alla data di richiesta del permesso a costruire, i requisiti minimi restano quelli della normativa precedente e nella redazione dell’APE/AQE finale si fa riferimento alle vecchie linee guida, a meno che non intervengano variazioni tali da richiedere un nuovo permesso a costruire. - Oppure i requisiti minimi restano quelli della normativa precedente, mentre la redazione dell’APE/AQE va fatta secondo le nuove linee guida (ma in questo caso verranno analizzati solo riscaldamento e acs o comunque tutti i servizi?). - Oppure sia requisiti minimi che linee guida non seguono “la regola” della data della richiesta del permesso a costruire e quindi si applicano i nuovi decreti anche alle pratiche edilizie in corso. C’è la possibilità di scegliere tra APE vecchio e metodo nuovo? R. I requisiti minimi da rispettare dipendono dalla data di richiesta del titolo abilitativo. La procedura e la normativa da seguire è quella in vigore a tale data. La redazione dell’AQE a cura del direttore dei lavori avverrà secondo le procedure e le metodologie di calcolo vigenti alla data della richiesta del permesso a costruire. L’attestato di prestazione energetica deve essere redatto seguendo la legislazione e la normativa in vigore al momento della produzione dell’attestato. Dal 01/10/2015 varrà quindi solo la nuova procedura (D.M. interministeriale 26 giugno 2015) di redazione dell’APE. Nel campo “informazioni aggiuntive” del nuovo APE può essere riportata la vecchia classe energetica e la vecchia prestazione energetica. ----------------------------------------------D. Cosa si intende per intero edificio, unità immobiliare e gruppo di unità immobiliari? Quando si può certificare un intero edificio, una unità immobiliare e un gruppo di unità

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immobiliari? R. Per intero edificio si intende un edificio con una sola unità immobiliare (per esempio una villetta monofamiliare, una palazzina uffici, un hotel). Per unità immobiliare si intende una sola unità in un edificio pluri-unità. Per il gruppo di unità immobiliari si deve far riferimento a quanto previsto dall’art. 6 del D. Leg.vo 192/2005: “4. L’attestazione della prestazione energetica può riferirsi a una o più unità immobiliari facenti parte di un medesimo edificio. L’attestazione di prestazione energetica riferita a più unità immobiliari può essere prodotta solo qualora esse abbiamo la medesima destinazione d’uso, la medesima situazione al contorno, il medesimo orientamento e la medesima geometria e siano servite, qualora presente, dal medesimo impianto termico destinato alla climatizzazione invernale e, qualora presente, dal medesimo sistema di climatizzazione estiva”. L’attestato di prestazione energetica, di norma, si riferisce ad una sola unità immobiliare. La certificazione per “intero edificio” è possibile quando si tratta di un edificio composto da una sola unità immobiliare (per esempio una villetta monofamiliare, una palazzina uffici, un hotel). La redazione di un solo attestato di prestazione energetica per un “gruppo di unità immobiliari” è raro e deve far riferimento a quanto previsto dall’art. 6 del D.Lgs.192/2005. In questo caso l’attestato fa riferimento ad una unità rappresentativa e i valori riportati nell’ape sono ad essa riferiti.


VARIE COLLEGIO DEI COSTRUTTORI EDILI DI BRESCIA E PROVINCIA

SCHEMA DI CONTRATTO DI APPALTO TIPO PER LAVORI PRIVATI Gli uffici dell’Ance hanno predisposto uno schema di contratto di appalto tipo per lavori privati. Detto fac-simile è stato rivisto dagli uffici del Collegio Costruttori - ANCE Brescia al fine sostituire alcune clausole (pagamenti, responsabilità solidale, etc.) che si è ritenuto bisognose di maggiore attenzione. Lo schema è pubblicato sul sito internet del Collegio www.ancebrescia.it nella rubrica “modulistica” e compilato in formato word, per poter essere copiato su un proprio foglio di videoscrittura e compilato a computer nelle parti da completare. L’obiettivo perseguito nella formulazione completa del contratto è di un corretto equilibrio tra poteri e doveri di committente e impresa esecutrice nell’ambito di lavori di modesta entità.

Si consiglia pertanto le imprese associate, laddove sia possibile, di proporre tale testo ai propri committenti prima che gli stessi ne propongano altri, normalmente decisamente sbilanciati, senza vincoli per il committente e con tante penali per l’appaltatore.

SOTTOPRODOTTI - LA FRANTUMAZIONE È AMMESSA COME NORMALE PRATICA INDUSTRIALE

(Corte di Cassazione penale, sez. III, sentenza del 6 ottobre 2015 n. 40109) Le attività di lavaggio, selezione e frantumazione sono operazioni che rientrano nel concetto di “normale pratica industriale” ai fini della qualifica del materiale come sottoprodotto: è quanto ha affermato la Corte di Cassazione con una recente sentenza

(Corte di Cassazione penale, sez. III, del 6 ottobre 2015 n. 40109). In particolare, i giudici hanno evidenziato come la “normale pratica industriale” ricomprenda tutti quei trattamenti o interventi i quali non incidono o fanno PANTONE 281 perdere al materiale la sua identità CMYK 100 e - 72le- 0caratteristiche - 32 merceologiche RGB e di0 qualità - 40 - 104ambientale che esso già possiede, ma che si rendono utili o funzionali per il suo ulteriore e specifico utilizzo, presso il produttore o presso altri utilizzatori. Ciò, peraltro, deriva dalla nuova definizione di “sottoprodotto” contenuta nell’art. 184 bis del D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente) così come modificata dal D.Lgs. 205/2010, in base alla quale, secondo i giudici, “non è più richiesto, in modo rigoroso che il sottoprodotto sia utilizzato “tal quale” in quanto sono permessi trattamenti minimi, rientranti nella normale pratica industriale”. La Corte di Cassazione ha, anche, chiarito che nel caso in cui i materiali siano gestiti/ trattati dal produttore come rifiuti (es. conferimento presso un impianto di trattamento con un formulario di identificazione), questi non potranno mai essere considerati come sottoprodotti. Ad avviso dei giudici, infatti, il produttore che manifesta la volontà di disfarsi di questi materiali, li qualifica come rifiuti, ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. a) del Codice dell’ambiente, impedendo che gli stessi possano essere ricompresi nella categoria dei “sottoprodotti”

ALBO GESTORI AMBIENTALI - TRASPORTO DEI PROPRI RIFIUTI DA PARTE DELLE IMPRESE ISCRITTE NELLA CATEGORIA 4 E 5 Con la delibera n. 2/2015 il Comitato Nazionale dell’Albo Gestori Ambientali ha definito i criteri che consentono alle imprese già iscritte alle categorie 4 (raccolta e trasporto di rifiuti speciali non pericolosi) e 5 (raccolta e trasporto di rifiuti speciali pericolosi) di effettuare anche il trasporto dei rifiuti da loro prodotti, senza la necessità di iscriversi alla categoria 2bis, e dei rifiuti costituiti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, senza necessità di iscriversi anche alla categoria 3-bis, a condizione che lo svolgimento di queste ultime attività non comporti variazioni di iscrizione all’Albo per la categoria, la classe o la tipologia dei rifiuti trasportati. La delibera prevede che le imprese interessate richiedano l’adeguamento dell’iscrizione inviando la comunicazione di variazione secondo il modello “Allegato B” alla delibera.

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ANCE INFORMA

Newsletter del 30/10/2015

In questa rubrica vengono segnalati i documenti (circolari, suggerimenti, dossier, report, news) prodotti dall’Ance. Le informazioni sono pubblicate sul Portale dell’Associazione nazionale all’indirizzo www.ance.it al quale si rinvia per un approfondimento degli argomenti trattati.

Ance: positivi i principi del ddl sul consumo del suolo, ma servono leve per promuovere la rigenerazione urbana

Newsletter del 23/10/2015 De Albertis: bene la legge di stabilità. Ora puntare all’efficienza energetica

Acquisto abitazioni ristrutturate, detrazione del 50% anche per il 2016 Ddl di Stabilità 2016, il quadro delle misure fiscali per l’edilizia

Antimafia: Ance, white list obbligatorie per tutte le attività a rischio

Ddl Stabilità 2016: il 2 novembre audizione Ance in Parlamento

Demilizione e ricostruzione: il punto sull’applicazione delle detrazioni

Consumo del suolo: ecco le modifiche approvate dalle Commissioni

Ricorsi sugli appalti, conformi al diritto Ue contributi unificati

Piano per le periferie, al via il

Certificazione energetica, dal Notariato la guida ai nuovi obblighi Bandi PhD ITalents: dottori di ricerca epr le imprese Formedil: disponibile la modulistica per accedere al programma Fixo Trattamento di fine rapporto, l’indice Istat di settembre Lavoro irregolare, dal Ministero indicazioni sulle nuove sanzioni Fondi strutturali, entro il 2015 impegnate tutte le risorse Sottoporodotti, è ammessa la frantumazione per uilteriori utilizzi 592

bando per la presentazione dei progetti Centrali di committenza, al via l’obbligo per i piccoli Comuni Edilizia scolastica: on-line il bando per le verifiche sulla stabilità dei solai Alternanza scuola-lavoro, la Guida operativa del Mur Fondo Prevedi, gli iscritti superano quota mezzo milione Dur on line, al via la verifica della matricola imprese Disparità uomo-donna, l’edilizia tra i settori beneficiari degli incentivi


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