Gen / Feb 2010
Anno II
Poste Italiane spa - spedizione in abbonamento postale - D.L.353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 1, CNS VI
N°
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Il teatro Volare alto Il Teatro
Il Veneto verso la nuova legislatura: opportunità e aspettative
Il Labirinto Il nucleare conviene? Il Cantiere
Jonathon Porritt spiega i vantaggi di un’edilizia green
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EST
indica un territorio reale come il Veneto di oggi e ideale come il Veneto che vogliamo
EST
segnala una direzione, verso oriente, verso un’area destinata allo sviluppo e a cui l’economia del Veneto da sempre guarda e che si va allargando a Nord come a Sud
EST
vuol dire essere, esserci per essere protagonista
EST
afferma il ruolo dell’edilizia quale motore dell’economia
EST
è la rivista del mondo delle costruzioni promossa da ANCE Veneto e dalle Associazioni Provinciali
Edilizia Sviluppo Territorio UN TERRITORIO DA ESPLORARE EST è un progetto culturale che si declina in un percorso guidato e che ha come riferimento un’idea, o meglio un’idealità. Un territorio ideale che ha nelle sue città la sua forza. Un percorso che vuole richiamarsi al Rinascimento e che trova in luoghi simbolici la propria sostanza. Così si entra da una Porta (Editoriale) e si arriva in un Teatro (In primo piano), dove ci si rappresenta e ci si confronta attraverso un tema (In scena), Gli attori (la politica) e il Dietro le quinte (i commenti dei tecnici). In coda l’anticipazione sul tema in scena nel prossimo numero: In cartellone e, a volte, la possibilità di approfondire temi trattati nei numeri scorsi ne La replica Si attraversano un Labirinto (L’inchiesta), il Palazzo comunale (l’indagine sui comuni del Veneto) e La torre (osservatorio). Si attraversa La Piazza (Gli articoli di approfondimento): luogo del confronto e delle idee per nuove tematiche. Ci si ferma a riflettere sul Mercato (focus economico) e ad ammirare da un Belvedere (inserto architettura) le opere che verranno, siano esse case, viadotti, scuole, ospedali. Si riparte dalla complessità del Cantiere con i suoi materiali, le macchine, la tecnologia e le innovazioni. Il percorso si chiude con nuove notizie, strumenti per approfondire le conoscenze attingendo alla Biblioteca e si conclude con l’informazione “locale” scandita dai rintocchi del Campanile (Ance news), in attesa del prossimo viaggio…
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Editoriale Dopo le elezioni un’accelerazione delle decisioni
di Stefano Pelliciari Presidente ANCE Veneto
Tra pochi giorni vi saranno le elezioni e avremo un nuovo Governatore regionale. Molte sono le questioni sul tavolo. Le prospettive di sviluppo per la nostra Regione dipenderanno molto dalle scelte che verranno fatte immediatamente dopo le elezioni. Oggi gli Enti locali stanno temporeggiando sull’adozione di scelte che riguardano la gestione del territorio, e quindi in primo luogo infrastrutture e urbanizzazione, in attesa che il Ptrc, il piano territoriale regionale di coordinamento che contiene le linee guida, ampiamente condivise da ANCE Veneto, trovi applicazione attraverso la necessaria regolamentazione. Gli strumenti di indirizzo adesso ci sono, ma, con grande rapidità, bisogna pensare a realizzare concretamente i progetti (Quadrante di Tessera, porto di Marghera) puntando alla valorizzazione del “cuore” del Veneto, caposaldo infrastrutturale e urbanistico, assetto economico e strategico. Innanzitutto bisogna pensare alla riqualificazione delle aree industriali di Marghera che, con il porto e con nuovi insediamenti produttivi, rappresenterebbe il più importante snodo logistico dell’Europa meridionale, cerniera tra Est e Ovest, tra Nord e Sud. Il nostro sistema produttivo, quello che è nato e cresciuto nel dopo guerra, dalla ricostruzione prima e dall’impetuoso sviluppo economico poi, sta subendo dei contraccolpi che, nella migliore delle ipotesi, produrranno trasformazioni profonde ma sostenibili. Nella peggiore, se riteniamo di voler semplicemente aspettare che “passi la nottata della crisi” senza fare nulla, si potrebbe arrivare a una sostanziale distruzione di un intero sistema produttivo con conseguenze persino difficili da immaginare sull’economia dell’intero Paese, sull’occupazione, sulla competitività e sulla capacità (o possibilità) di realizzare le opere e gli investimenti necessari a mantenere un livello di servizi e di vita “occidentale” o europeo. Io sono sicuro che le nostre imprese, nonostante tutto, vogliano che questo non avvenga. Sono altrettanto sicuro, però, che non basti la volontà degli imprenditori: tutti, perché è un interesse collettivo (che riguarda lo Stato, il governo, gli Enti locali, le rappresentanze sindacali e dei datori di lavoro, le istituzioni finanziarie), devono rendersi conto delle urgenze e individuare le strategie per cercare di gestire questa situazione. Fare delle scelte vuol dire decidere e quindi scontentare qualcuno nell’interesse della maggioranza dei cittadini. Per questo ai candidati governatori domando: siamo sicuri che i no aprioristici ed esclusivamente ideologici agli impianti di smaltimento dei rifiuti e a una improcrastinabile politica energetica (nucleare compreso) siano effettivamente la volontà della maggioranza dei cittadini veneti, quella che non urla e organizza comitati? Io credo che a questa maggioranza di cittadini, fatta di gente che ha voglia di lavorare, interessa di più vivere in un territorio prospero e pulito. E allora troviamo rapidamente le soluzioni affinché si riattivino investimenti e lavoro, che sono le risorse indispensabili per la salvaguardia del territorio, delle acque, del suolo e su cui costruire qualunque nuovo modello di sviluppo.
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ed il conseguente prelievo di campioni per l’esecuzione di esami e prove. Acquisisce responsabilità anche la figura del Direttore dei Lavori, che in cantiere ha compiti di controllo e vigilanza che gli derivano dalla funzione che svolge: egli, infatti, ha l’obbligo di verificate i materiali accertandosi che gli stessi siano conformi alla normativa tecnica vigente. “ Il Direttore Lavori ha la specifica responsabilità dell’accettazione dei materiali ”. In altre parole, il suddetto professionista deve verificare, attraverso periodiche visite e contatti diretti con gli organi tecnici dell’impresa che siano osservate le norme e che ci sia corrispondenza dei materiale impiegati con le caratteristiche indicate nei contratti stipulati. Si precisa altresì che sia il produttore che l’acquirente, agendo nel mancato rispetto di quanto sopra esposto, potranno ricadere in sanzioni amministrative e penali sino al sequestro dei manufatti ed al fermo cantiere. Al fine di poter fornire un prodotto che rispetti tutte le normative richieste, la ns. azienda seguita dall’Ente Certificante ICMQ, ha ottenuto a decorrere dal 27 Luglio 2009, “ IL CERTIFICATO DI CONTROLLO DELLA PRODUZIONE IN FABBRICA - NR. 1305-CPD-0922 ” di cui alleghiamo copia. A disposizione per ulteriori chiarimenti in merito, cogliamo l’occasione per porgere distinti saluti.
Gen / Feb 2010 Anno II Numero
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Edilizia Sviluppo Territorio
Volare alto
IL TEATRO
Il Veneto verso la nuova legislatura: opportunità e aspettative
Il tema del momento sul palcoscenico di EST
In Scena
Gli Attori
Dietro le quinte
IL LABIRINTO
Interrogativi, polemiche... troviamo l’uscita in collaborazione con estmagazine.it
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Un Veneto per volare alto Una regione che può diventare leader in Europa
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Che la svolta abbia inizio! Candidati a confronto
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Bortolussi: Meno tasse e meno burocrazia per uno sviluppo basato sulle PMI • Intervista a Giuseppe Bortolussi, candidato a governatore del Veneto per il Centrosinistra
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Una collaborazione strategica tra Regione e città • Intervista a Antonio de Poli, candidato a governatore del Veneto per l’UDC
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Zaia: Politiche a sostegno del territorio • Intervista a Luca Zaia, candidato a governatore del Veneto per il Centrodestra
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Giochiamo la carta dell’eccellenza • Intervista a Elena Donazzan, Assessore alla Formazione della Regione Veneto
30
Il turista è sacro • Intervento di Franco Manzato, Vicepresidente della Giunta Regionale del Veneto e Assessore al Turismo
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Nuclear Power
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Ritornare al nucleare conviene davvero?
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Serve il giusto mix di fonti e tecnologie t Intervista a Giuseppe Zollino, Professore di “Tecnica ed economia dell’energia” e di “Impianti nucleari a Fissione e Fusione” presso la facoltà di Ingegneria dell’Univ. di Padova
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«Veneto, ti spiego i vantaggi di un’edilizia green» IL BELVEDERE Il Focus dedicato all’architettura
46 Tutte le strade portano in piazza
A Castelfranco Veneto un intervento di recupero urbano ed edilizia sociale mette al centro la piazza
52 La ricetta del successo? Bandi ben strutturati e progetti efficaci • Intervista a Franco Mancuso, Studio Mancuso e Serena Architetti Associati
LA TORRE
55 Una best practice tutta veneta
L’intervista a 360°
56 Animiamo il made in Veneto
• Intervista a Sergio Manfio, Gruppo Alcuni
ANCE VENETO ASSOCIAZIONE REGIONALE COSTRUTTORI EDILI
EST Edilizia Sviluppo Territorio
IL MERCATO Le soluzioni per essere competitivi
ANCE Veneto Piazza De Gasperi Alcide, 45/A 35131 Padova (PD) info@anceveneto.it
71 Il marchio “Qualità Veneto”
• Intervento di Gian Angelo Bellati Direttore Eurosportello – Unioncamere del Veneto
Editore
IL CANTIERE L’innovazione e i materiali
Direttore Responsabile Direttore Editoriale
Alfredo Martini
• Intervista a Jonathon Porritt, Presidente uscente della Commissione sullo sviluppo sostenibile del governo britannico
Redazione
80 «Aumentano i poteri, ma i finanziamenti sono bloccati»
Progetto Grafico e impaginazione Aurora Milazzo
• Intervista a Lino Tosini, Direttore del Consorzio di bonifica Adige-Po
Stampa
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75 Emergenza “senza fondi”
77 «Veneto, ti spiego i vantaggi di un’edilizia green»
A cura di Strategie & Comunicazione est@strategiecomunicazione.com
Concessionaria per la pubblicità
74 Difesa del suolo, tra criticità e tagli alla spesa • Intervista a Giancarlo Conta, Assessore regionale alle Politiche dell’Ambiente della Regione Veneto
Zelio Pirani
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68 Crisi = Pericolo + opportunità
• Intervento di Marco Ciabattoni, Dottore Commercialista e Professore presso l’Università di Padova
Proprietà Editoriale
S.I.C.E.T.A. S.r.l. Via Bonifacio, 8 31100 Treviso
60 Nel 2009 calo degli investimenti in costruzioni del 10,6%
LA BIBLIOTECA Recensioni, segnalazioni, news
IL CAMPANILE ANCE Informa
84 Aspettando la primavera... - Seminari per piccole e medie imprese - Veneto in tasca: on line la guida ai servizi Birdwatching: passione all’aria aperta
87 ANCE Belluno, ANCE Padova, ANCE Treviso, ANCE VENEZIA, ANCE VICENZA
75 Emergenza “senza fondi”
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Un Veneto per volare alto Una regione che può diventare leader in Europa
I
l Veneto è stato per trent’anni il principale laboratorio d’innovazione industriale e imprenditoriale d’Italia e tra i più importanti d’Europa, insieme al Sud della Gran Bretagna, alla Baviera, alla Catalogna, alla Danimarca. Nella lunga fase di crisi della grande industria siderurgica, metal-meccanica e chimica iniziata con le ristrutturazioni degli anni 70 e da cui le aree strategiche del Mezzogiorno e della fascia costiera del Nord Ovest non si sono ancora sollevate, il Veneto ha aperto strade nuove e gettato le fondamenta per una nuova fase di sviluppo, che ha consentito all’Italia di restare in Europa, entrare nell’euro, reggere l’impatto delle delocalizzazioni e della nuova concorrenza globale asiatica e infine sostenere l’urto della
Grande Recessione iniziata nel 2007 meglio di altri grandi paesi europei. I passaggi di questo percorso si chiamano distretti industriali, specializzazione e innovazione, radicamento territoriale, coesione sociale, integrazione tra industria, agricoltura, turismo e servizi. Quando si parla di modello Veneto non ci si riferisce al territorio delimitato dai confini regionali, ma ad un’area molto più vasta, che da Bergamo arriva a Est fino al confine con Austria e Slovenia e dalla costa adriatica da Ferrara alle Marche si spinge a Nord fino a Trento e Bolzano. Il Veneto ha fatto questo percorso non solo in assenza di importanti investimenti pubblici, ma anche in assenza, anzi a volte in controtendenza rispetto alla direzione della politica industriale nazionale.
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Quando la parola d’ordine era la crescita dimensionale, il raggiungimento della massa critica per competere con le multinazionali americane, europee e asiatiche, l’imprenditoria veneta ha dimostrato che la massa critica e la dimensione sono fattori di successo solo se conseguite in virtù di una leadership di prodotto, non in quanto tali. Ha dimostrato che la specializzazione e la qualità sono le armi vincenti e che la dimensione è il premio per chi sa stare sul mercato globale, non la premessa. Un’indipendenza di giudizio e un’autonomia nel fare che hanno radici molto antiche. Il Veneto, come la vicina Baviera, è stata una delle prime identità geo-politiche ad emergere dal collasso dell’Impero Romano nel quinto secolo dopo Cristo, centinaia di anni prima di molte nazioni europee. Facendo un salto di un millennio e mezzo, come la Baviera ha saputo inventare un modello di sviluppo fuori dagli schemi e in controtendenza sia rispetto alle tendenze economiche prevalenti in Europa sia rispetto alle politiche industriali nazionali e europee. La politica regionale sinora ha seguito, assecondato, non guidato. Ha svolto un’azione meritoria e lungimirante in alcuni settori chiave
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propri della politica, a cominciare dalla sanità che ha saputo portare a livelli di eccellenza europea. Il buon governo a livello comunale ha contribuito a rafforzare una coesione sociale che affonda le radici nel tempo. Ha contribuito a sostenere il formidabile impatto migratorio seguito alla caduta del muro di Berlino realizzando il miglior sistema di integrazione del paese.
È arrivato il momento di fare di più. Di volare alto e non aver paura di pensare in grande. Proviamo a individuare le principali criticità che una politica capace di volare alto può pensare di affrontare e superare. Il denominatore comune di queste criticità è la loro natura infrastrutturale. Infrastruttura fisica, ovviamente, dal sistema dei trasporti, alla logistica, all’intermodalità, all’energia. Ma anche infrastruttura in senso più ampio: efficienza e modernizzazione della pubblica amministrazione, amministrazione della giustizia inclusa, e infrastruttura finanziaria. Uno dei principali nodi da sciogliere riguarda l’assenza nell’area e nel Veneto in particolare di un polmone finanziario adeguato rispetto alle potenzialità dell’apparato produttivo. Il processo di consolidamento e concentrazione che ha investito – positivamente – la foresta pietrificata delle banche italiane dagli anni 90 ha di fatto spostato il baricentro verso Nord-Ovest come esito delle aggregazioni successive del vecchio Ambrosiano Veneto in Intesa San Paolo, mentre una grande e innovativa realtà bancaria veneta è finita in MPS passando per l’olandese ABN Amro.
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Il freno di una PA rimasta indietro
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Come un evidenziatore, la Grande Recessione globale iniziata nel 2008 ha messo a nudo i problemi strutturali dell’economia veneta, ancora troppo sbilanciata verso la produzione di beni tradizionali a basso valore aggiunto. Ma ha anche sottolineato i punti di forza e indicato la strada per il futuro: hanno tenuto e in alcuni casi anche guadagnato posizioni quelle imprese che hanno potenziato i processi innovativi e soprattutto hanno puntato ad affermare il marchio sui mercati internazionali. Viceversa, a fronte di una tenuta selettiva del tessuto produttivo, la mano pubblica ha fatto un deciso passo indietro: i bilanci comunali hanno segnato un netto calo degli investimenti, già in flessione a partire dal 2004. Nel corso del 2009 il numero delle gare pubbliche nelle
costruzioni bandite dagli enti locali è calato di oltre il 40%. Il costo per le imprese è stato molto elevato: solo il 40% delle aziende con oltre 20 addetti prevede di chiudere in utile il 2009 il 60% di un anno prima, il dato peggiore da 10 anni. Ma anche qui i dati mostrano come la crisi agisca in modo selettivo: le esportazioni del Veneto verso la Cina nel primo semestre del 2009 sono aumentate del 7,5% contro un dato italiano del 2,8% trainate dai macchinari. In un panorama di generalizzata flessione produttiva l’industria alimentare veneta ha registrato, nello stesso periodo, addirittura un aumento. Il turismo, soprattutto quello estero, ha mostrato una pressoché totale impermeabilità alla crisi.
Bottom line: la crisi ha mostrato il vantaggio competitivo di chi ha saputo aggregare e crescere dimensionalmente in un’ottica di specializzazione e di qualità fino ad affermare il proprio marchio a livello globale. Chi ha saputo crescere via acquisizioni, e non solo aumentando i volumi, è riuscito ad assorbire il meglio delle altre imprese del distretto, si è affermata con un brand ormai di standing globale. La crisi ha evidenziato selettivamente. Il modello vincente dei distretti va come minimo rivisitato e forse reinventato. Il distretto basato sulla messa in comune di alcuni fattori produttivi base per agire soprattutto sul lato dei costi non funziona più. I cinesi e gli indiani sanno abbattere i costi molto meglio e molto di più, per ovvi motivi. Se invece il distretto è la messa a
fattore comune di conoscenze e competenze uniche, saldamente ancorato al mondo accademico e della ricerca, come nel caso delle nanotecnologie o della catena del freddo, con salde radici storiche nell’eccellenza in questo settore della facoltà di Fisica dell’Università di Padova, allora funziona e favorisce una crescita basata sulla qualità e sulla specializzazione, non sul contenimento dei costi. Parliamo ancora di distretti? Forse la definizione è datata e occorrerebbe trovarne un’altra. Anche perché il vecchio distretto è anonimo, richiama un prodotto, non un brand globale. Il nuovo distretto deve diventare verticale, spingere verso l’aggregazione, far emergere la leadership, l’azienda che col suo nome può vincere a livello globale.
I vecchi fattori di successo non bastano più. Ed è qui che la politica nei prossimi anni deve saper volare alto. Gli ingredienti di una svolta sono molti, complessi e articolati. Sul piano generale il quadro a cui tendere è fatto di: • una sana e leale competizione con il Nord Ovest, che riesce a esercitare un peso politico oggi molto più forte; • una politica di “attenzione nella differenza” nei confronti dell’area emiliana, dove le possibili integrazioni superano senz’altro le possibili sovrapposizioni; • sviluppo di una capacità di aggregazione e di leadership su tutte le aree limitrofe potenzialmente omogenee nei fondamentali, dalla Slovenia, al Friuli Venezia Giulia, alla Lombardia orientale, al Trentino; • aperta alleanza con la “sorella” Baviera finalizzata ad acquisire in Europa un peso proporzionato alla dimensione delle rispettive economie e aree di influenza. Sono obiettivi ambiziosi, ma perdere il treno non vuol dire restare fermi, vuol dire andare indietro per
ritrovarsi aggregati invece che aggregatori. La prima infrastruttura che una nuova politica deve portare a efficienza per puntare all’eccellenza è la Pubblica Amministrazione. Oggi l’indicatore Banca d’Italia sull’informatizzazione della PA colloca il Veneto sotto la media delle regioni del Centro-Nord in tutte le sue componenti, soprattutto nei servizi on line alle imprese. Lo stesso dicasi per l’indice di trasparenza contabile. L’indicatore di capacità competitiva delle Pubbliche Amministrazioni regionali colloca il Veneto all’ultimo posto tra le grandi regioni del Nord e più in linea con i valori del centro Italia. L’amministrazione della giustizia civile e penale in Veneto registra il livello più basso di spesa pubblica pro-capite tra le grandi regioni italiane. Passiamo alle infrastrutture fisiche. Per valenza strategica il passante di Mestre è paragonabile alla bretella dell’Autosole che bypassa il raccordo anulare di Roma connettendo Milano e Napoli senza soluzione di continuità. È arrivato oltre trent’anni dopo. Oggi le grandi infrastrutturazioni viarie, ferroviarie e aeroportuali concepite e finanziate a livello europeo “pendono” verso Ovest e mettono in coda all’agenda temporale delle realizzazioni il Nord Est. Tra Milano e Torino ci si muove in alta velocità ferroviaria oppure si gode di un’ampia gamma di opzioni autostradali. Il vecchio triangolo industriale del Nord Ovest è servito dalla più articolata - e in alcuni tratti ampiamente sottoutilizzata - rete autostradale d’occidente (fa eccezione forse la California). L’aeroporto di Malpensa è sovradimensionato e sottoutilizzato, quello di Venezia intasato e sottodimensionato.
Oggi le grandi infrastrutturazioni viarie, ferroviarie e aeroportuali concepite e finanziate a livello europeo “pendono” verso Ovest e mettono in coda all’agenda temporale delle realizzazioni il Nord Est
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Serve la lobby del Nord Est
Per colmare il gap occorre una politica forte, capace di esercitare una forte pressione su Roma e Bruxelles, in grado di darsi obiettivi chiari e di perseguirli con tenacia nel tempo. Insomma, se vogliamo, il compito della politica è la costruzione della lobby del Nord Est, capace di farsi sentire a Roma ma ancora di più a Bruxelles. Un Veneto capace di aggregare e guidare una vasta area transregionale e trans-nazionale, che potremmo disegnare sulla carta geografica come un pentagono con gli apici che toccano in senso orario Innsbruck, Graz, Zagabria, Ferrara fino a Bergamo all’estremità occidentale. Il vecchio triangolo industriale del Nord Ovest è riuscito a conservare una posizione privilegiata nelle scelte di investimento infrastrutturale grazie a una pluridecennale azione di lobby esercitata prevalentemente sul governo nazionale. Un Nord Est allargato a leadership veneta 18
può tentare un’operazione più moderna e ambiziosa. Il processo di integrazione europea va inesorabilmente nella direzione di un progressivo svuotamento di competenze e sovranità degli stati nazionali. Il federalismo è nelle carte e nel destino d’Europa. Le grandi regioni più avanzate sono in competizione per aggregare e guidare aree più vaste e interloquire direttamente con l’Unione. Sono nella condizione storica di chiedere e ottenere livelli di autonomia crescenti che investano campi finora non sfiorati dal dibattito federalista, come l’amministrazione della giustizia. Chi nei prossimi anni sarà stato capace di posizionarsi in questo territorio poco esplorato del trasferimento della sovranità avrà capitalizzato un vantaggio da cui trarranno beneficio le generazioni future per un lungo tempo.
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Che la svolta abbia inizio! Candidati a confronto Pagine a cura di Giuseppe Bucca, Alfredo Martini e Viola Moretti
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l Veneto, e più in generale il Nord Est, costituisce un’area strategica dal punto di vista geografico ma soprattutto come “potenziale” di crescita. Il nodo è di sapere individuare e sostenere un modello di sviluppo diverso da quello del passato ma che dalla tradizione e dalle vocazioni sappia trarre pulsioni nuove, adeguate ad affrontare una stazione di forte competizione tra sistemi territoriali. Determinante sarà saper dotare la regione di infrastrutture strategiche così come sapere orientare e realizzare una crescita urbanistica coerente e sostenibile. Così come andrà affrontata con decisione la principale criticità che caratterizza il Veneto: una burocrazia che non decide e che dilata i tempi del suo lavoro impedendo di fatto molte attività. Qualunque iniziativa, progetto, piano di investimento richiede, infatti, una Pubblica Amministrazione che funzioni, che abbia tempi certi, trasparenza, capacità di ingaggiare confronti con grandi soggetti economici pubblici e privati, prendere impegni e soprattutto rispettarli. Senza un’efficace PA non ci sarà sviluppo. Di fronte a chi sarà chiamato a governare vi sono inoltre questioni decisive che attengono non soltanto alla gestione e alla trasformazione del territorio ma a scelte in campo energetico, sul fronte della ricerca, in campo fiscale. Su questi temi abbiamo intervistato i tre candidati: Luca Zaia per il Centro destra, Giuseppe Bortolussi per il Centro sinistra e Antonio De Poli per l’Udc.
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Bortolussi: Meno tasse e meno burocrazia per uno sviluppo basato sulle PMI A colloquio con Giuseppe BORTOLUSSI, candidato Governatore per il Centro sinistra come piccole imprese e partite IVA, manda avanti da sempre il motore della nostra economia. Anche se il fisco non è l’unica questione che conta per il futuro del Veneto, resta una delle più importanti. La nostra è una regione che in sette anni ha perso il 20% dei trasferimenti statali ai comuni e il 10% della spesa statale diretta pro capite. Nello stesso periodo il nostro residuo fiscale, cioè il nostro contributo di solidarietà al resto dell’Italia, è cresciuto del 70%. Gli anni di governo leghista hanno prodotto questi risultati. Credo che il federalismo sia un’altra cosa. La questione fiscale è però decisiva anche per le famiglie. E io credo che si debbano adottare misure di sostegno fiscale alle famiglie numerose». «Io credo che le elezioni si vincano concentrandosi sui fatti e parlando al cuore di questa regione: cioè al mondo dell’impresa e del lavoro, che rappresentano due facce della stessa medaglia. Credo anche che le elezioni si vincano con la credibilità. Io metto in campo la mia storia, che è fatta, da trent’anni, di battaglie difficili, spesso controcorrente, ma sempre dalla parte dello sviluppo». Per Giuseppe Bertolussi, candidato Governatore per il centro sinistra, la sfida non è impossibile anche se ardua. Tra i suoi cavalli di battaglia c’è da sempre la questione fiscale. «Va vinta la sfida contro le iniquità fiscali, per un vero federalismo, per sostenere le ragioni di chi, 20
Una questione essenziale riguarda una burocrazia autoreferenziale. Siamo di fronte ad una Pubblica Amministrazione inefficiente che incide in misura notevole in maniera negativa su qualunque prospettiva di sviluppo. Che fare, come intervenire? «Le piccole imprese artigiane devono affrontare molte difficoltà, tra queste l’accesso al credito e i tempi lunghi della burocrazia, che sono sicuramente un problema serio. Una criticità che può essere affrontata e superata. Io l’ho fatto concretamente, da Assessore alle Attività Produttive del Comune di Venezia, riducendo i tempi medi di attesa dello sportello unico per le attività produttive del 4050%».
Uno dei grandi temi sul tavolo della competizione elettorale è quello dell’alimentazione energetica a cui si collega la questione degli insediamenti delle nuove centrali nucleari. Qual è la sua posizione? «Sono contrario e non per una questione ideologica. Il nucleare richiede una spesa elevata e tempi lunghi di realizzazione. In cambio non offre né una soluzione decisiva ai problemi del fabbisogno energetico, né garanzie certe sulla sicurezza. Con la conversione a carbone della centrale di Porto Tolle, l’autonomia energetica del Veneto sarebbe già al 90%. La parte restante può arrivare dall’investimento sulle energie rinnovabili, che darebbe un’occasione di specializzazione e lavoro alle nostre piccole imprese, e da politiche serie sul risparmio energetico, a partire dagli standard per le nuove costruzioni e ristrutturazioni edilizie». Siamo di fronte ad una grande riorganizzazione spaziale, del territorio e del paesaggio sotto la spinta delle nuove importanti infrastrutture. Nuovi programmi di urbanizzazione sono all’orizzonte. Si parla di area metropolitana. Qual è il suo
giudizio sull’importanza strategica di queste opere? «Premesso che il Piano territoriale regionale attualmente in vigore risale al 1992, perché il nuovo progetto non è andato oltre il documento preliminare, credo nel progetto di un Veneto città metropolitana. E credo che la candidatura di Venezia alle Olimpiadi del 2020 consentirebbe di coalizzare energie e risorse per accelerare l’attuazione di questi progetti. Devo però anche notare che il centrodestra, in questi anni, non è riuscito a concludere un’opera essenziale come la Sfmr, che nella prospettiva del Terzo Veneto è una condizione imprescindibile».
Giuseppe BORTOLUSSI candidato presidente del Veneto per PD e Italia dei Valori. Veneziano, sposato, padre di tre figlie. Dal 1980 è direttore della CGIA di Mestre, la più importante associazione sindacale di lavoratori autonomi e di partite iva del Nord - Est. Sin dall'inizio ne ha rilanciato l'immagine e il peso politico. Nel 1993 ha dato vita alla prima battaglia sindacale di respiro nazionale contro la minimum tax. Non meno significative sono state le iniziative sindacali, sempre corroborate da dati e documenti statistici, contro il concordato fiscale, la riforma pensionistica del 1995. Nel 1996 fa una breve esperienza come Assessore al Commercio, Turismo e Sport, del Comune di Venezia nella seconda Giunta Cacciari. Torna in giunta con Cacciari nel 2005 dove è attualmente assessore a commercio, attività produttive e tutela del consumatore.
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Una collaborazione strategica tra Regione e città A colloquio con Antonio De Poli, Segretario regionale dell'Udc in Veneto «è ormai tempo di dare al Veneto un’area direzionale di rango metropolitano.» Per Antonio De Poli il futuro è fatto di un processo di concentrazione e di sviluppo urbano che valorizzi il territorio in una logica di competizione tra aree. «Un’area metropolitana che è nata quasi spontaneamente sull’asse Padova-Mestre-Treviso, con la caratteristica policentrica ineliminabile del nostro Veneto. Ciò implica quattro cose: programmare qui in modo integrato interventi pubblici per la ricerca e la sanità; organizzare una mobilità estremamente efficiente, tipo SFMR, con corse ad alta frequenza; attrarre in modo coordinato investimenti nei servizi cosiddetti del quaternario, high tech, avanzati per le imprese e, infine, programmare eventi globali come si sta facendo per le Olimpiadi, facendo squadra. Da questo punto di vista la Regione può fare molto. Finora ha governato sostanzialmente ignorando le città maggiori o addirittura scontrandosi con esse. La prossima legislatura deve vedere una collaborazione strategica tra Regione e città per questo progetto metropolitano, che, oltre tutto è evocato nel PTRC. Ma per fare queste opere e per metterle a disposizione della cittadinanza e delle imprese ci vuole una Pubblica
Amministrazione che funzioni, che abbia tempi certi, trasparenza, capacità di ingaggiare confronti con grandi soggetti economici pubblici e privati, prendere impegni e soprattutto rispettarli. E questo oggi non c’è. Che fare? «è vero finora la PA non è stata all’altezza delle sfide, soprattutto perché ha più volte atteso la prima mossa dei privati, che non si sono fatti aspettare. Invece i grandi programmi del Veneto futuro dovranno vedere un protagonismo che nasce anche dal pubblico: bisogna coltivare disegni ambiziosi e riconvertire la struttura per saperli gestire. è ovvio che gestendo i processi con poteri straordinari (come ha fatto il Commissario per il Passante) li si governa in modo più efficace. Ma bisogna rendere normale ciò che oggi è straordinario: tutta la PA dovrebbe funzionare con i tempi e i risultati rapidi e certi. Non possiamo più permetterci la lentezza del passato, in un mondo in cui è sempre più forte la competizione con gli altri Paesi. Quindi, per l’area metropolitana si dovrebbe organizzare una task force presieduta dal futuro Governatore a cui vengono assegnate competenze, risorse e poteri concreti per portare a termine i programmi.»
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Antonio De Poli 48 anni è Segretario regionale dell'Udc in Veneto. Nel 1990 diventa Sindaco del Comune di Carmignano di Brenta (Padova). Nel 1995 è eletto Consigliere Regionale del Veneto e viene nominato capogruppo del CCD. Dal 2000 è Assessore alle Politiche Sociali, volontariato e non profit della Regione Veneto e Coordinatore nazionale degli assessori regionali alle Politiche sociali. Nel 2004 approda al Parlamento Europeo dove partecipa ai lavori della Commissione Occupazione e Affari Sociali e diventa presidente dell'intergruppo di lavoro sul volontariato europeo da lui promosso. Dal 2005 è Coordinatore nazionale degli assessori regionali alle Politiche sociali. Nel 2006, è eletto al Senato della Repubblica italiana ed entra a far parte della Commissione Affari Sociali. Contemporaneamente viene nominato responsabile del settore Comunicazione e Attività di propaganda dell'UDC. Dal 2007 è Capo della segreteria politica dell'UDC. Con le elezioni del 2008 è eletto alla Camera dei Deputati e dove fa parte della XII Commissione Affari Sociali Sanità e nominato portavoce nazionale dell'UDC.
Vi sono poi altre due questioni sulle quali la Regione dovrà fare delle scelte importanti: nella ricerca e nell’energia. Qual è la sua opinione? «Per la ricerca mi sono già pronunciato a favore del Politecnico del Veneto. Intendo la costituzione di un unico soggetto giuridico in cui le quattro università venete condividono tutte le attività che interfacciano con le imprese, trasferendo saperi innovativi. Deve diventare il contenitore di progetti interdipartimentali che valorizzino le specificità di ogni Università. Il banco di prova della Fondazione Politecnico potrebbe essere esattamente il settore dell’energia rinnovabile, che in Veneto vede tutta la varietà dei settori con punte di eccellenza internazionale. Quanto al rigassificatore già all’opera nel mare polesano, credo che dobbiamo rivendicare delle compensazioni.» 24
In questa fase secondo lei su cosa bisogna puntare per sostenere uno sviluppo economico e sociale nel breve periodo? «Al primo posto metterei il turismo che già oggi beneficia di autentiche perle globali come Venezia e la costa, Verona e il Garda e Cortina con le Dolomiti. I motori non vanno toccati, ma certamente si può fare di più in termini di sistema, di coinvolgimento dei sistemi turistici minori o in difficoltà (vedi termalismo), di immagine promozionale unitaria all’estero e di valorizzazione delle nuove forme di turismo leggere e ecocompatibili. Poi non dimenticherei l’agricoltura dove arretrano le commodities e avanzano i prodotti di nicchia. è il momento giusto per costruire un sistema agroalimentare veneto in cui gli agricoltori siano coinvolti e le eccellenze possano trainare le filiere complete.
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Zaia: Politiche a sostegno del territorio A colloquio con Luca ZAIA, Ministro per le Politiche Agricole e Forestali Attualmente Ministro per le Politiche Agricole e Forestali, Luca Zaia è il candidato più accreditato a diventare Governatore. Se vincerà punterà sul federalismo. «Vincendo abbiamo finalmente l’occasione di mettere in pratica quella forma di governo, o meglio, di autogoverno – il federalismo – in cui crediamo fermamente e per la quale ci battiamo da anni. Il Veneto dovrà diventare il laboratorio di questo nuovo modo di intendere la politica e l’amministrazione. Per anni abbiamo dato, lasciando che altri territori traessero beneficio
dai nostri sacrifici, dal sudore dei nostri lavoratori e imprenditori, sborsando miliardi di tasse che sono andati a finire altrove. È ora di dire basta con questo sistema parassitario. Sarà questo il primo segnale di discontinuità della Lega in Regione.» E se deve individuare una priorità sceglie «un utilizzo consapevole del territorio, naturalmente senza bloccare il processo di sviluppo del Veneto. Perché è necessario tenere conto delle specificità geografiche e ambientali della regione, studiando a fondo i rischi sismici, idrogeologici, come pure quelli chimici e di inquinamento.» Come vede il futuro del Veneto alla luce dell’evoluzione infrastrutturale e rispetto alle esigenze di razionalizzare le politiche urbanistiche? «Da tempo chiedo che venga realizzato un Master Plan per valutare la sostenibilità di questo tipo di interventi nel lungo periodo. Questo ci consentirà di accordare veramente la qualità urbana alla dimensione rurale e paesaggistica della nostra regione, senza rinunciare a nessuna di esse né fare del territorio un’unica megalopoli indifferenziata. Perché vi sia vero sviluppo ogni nuova edificazione deve andare di pari passo con un ragionamento approfondito sulle vie di comunicazione, e anche di telecomunicazione, sull’uso delle risorse, sulle energie, specie quelle da fonti rinnovabili, sulle
Luca Zaia è nato il 27 marzo 1968 a Conegliano, in provincia di Treviso. È sposato dal 1998 e risiede a Bibano di Godega di Sant’Urbano. Nel 1993 si laurea all’università di Udine, in scienze della produzione animale. È eletto, nel 1993, a 25 anni, nelle file della Lega Nord Liga Veneta come Consigliere Comunale di Godega di Sant’Urbano. Nel 1995 è Consigliere Provinciale e Assessore all'Agricoltura. Nel 1998 diventa Presidente della Provincia di Treviso. È il Presidente di Provincia più giovane d’Italia. Nel 2002 viene riconfermato Presidente di una giunta monocolore. In questi anni ha rivestito anche l’incarico di Presidente dell’URPV (Unione Regionale delle Province del Veneto). È stato Vicepresidente della Giunta Regionale del Veneto dal giugno 2005 26 fino al maggio del 2008, con deleghe alle politiche del turismo, alle politiche dell’agricoltura e zootecnia, al piano di sviluppo rurale, al programma comunitario LEADER, all’economia e sviluppo montano, alle attività promozionali e commercio estero, all’identità veneta e alla promozione integrata. Attualmente è Ministro per le Politiche Agricole e Forestali.
infrastrutture, sui servizi e sulla qualificazione dei vari insediamenti. Non sempre è vero che “Tertium non datur”: o un Veneto industriale e urbanizzato o uno rurale. Credo che nella nostra regione vi siano le condizioni per conciliare le due esigenze in modo nuovo, rendendoci così, anche all’estero, esempio di un modello di sviluppo avanzato e sostenibile.» In questo scenario quale potrà essere il futuro dell’area industriale di Marghera? «Marghera deve rimanere, naturalmente, un nodo nevralgico del nostro territorio, e vogliamo rivitalizzarlo per far sì che sia un insediamento fondato sulla sostenibilità e la qualità della vita, riprogettando gli spazi e le diverse aree secondo quei principi cui ho accennato prima. È nostra intenzione proporre un modello che sappia accordare il territorio e le comunità a una nuova visione del tessuto economico, dei servizi e delle comunicazioni.» Tra i “temi caldi” di questa tornata elettorale inteso come una questione strategica vi è l’energia. Il governo ha individuato il nucleare come soluzione e il Veneto come una delle aree che potrebbe ospitare delle
centrali. Lei si è già dichiarato contrario. Quali soluzioni alternative propone? «La nostra regione è una tra le più densamente popolate d’Italia, dunque non ci sono i requisiti per realizzare una centrale nel territorio. Penso invece che ci si debba orientare verso la ‘green economy’, intesa come modello di sviluppo sostenibile che valorizzi le competenze locali a favore dei settori emergenti. In questo modo potremo dedicare maggiori risorse alla salvaguardia dell’ambiente e alle energie rinnovabili. Uno dei punti cruciali di questo modello di sviluppo sostenibile è razionalizzare l’esistente recuperando quello che già c’è. Nella nostra regione esistono già i termovalorizzatori, e non c’è bisogno di costruirne di nuovi per risolvere il problema della gestione dei rifiuti. Bisogna invece diffondere ancora di più la cultura della raccolta differenziata e potenziare le strutture necessarie a realizzarlo. Inoltre, credo che a quella cultura si accompagni anche quella della lotta allo spreco. Durante la mia attività ministeriale, ho avuto modo di toccare con mano quanti prodotti, alimentari e non, che potrebbero essere riutilizzati finiscono invece nella spazzatura.»
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Giochiamo la carta
dell’eccellenza di Stefano Caratelli
Nel panorama di cambiamento generale, dato dalle vicine elezioni regionali e provinciali, il futuro dipende dalle nuove generazioni e dalle azioni messe in pratica per favorire l’educazione e la formazione degli adulti di domani. La ricetta del miracolo del Nord Est è stata finora un mix di alta qualità e costi contenuti. Oggi non basta più, dicono in molti, e bisogna passare a una fase nuova e più ambiziosa: aggregarsi attorno a leadership globali di prodotto. Abbiamo chiesto all’Assessore alla formazione, Elena Donazzan, come ci si è mossi fino adesso e cosa bisognerà fare nel prossimo futuro.
Che ruolo può avere la politica dell’istruzione e della formazione in questa nuova fase? Sicuramente un ruolo fondamentale. Nel momento in cui si passa da una competitività basata ancora molto sui costi a un’economia produttiva che vuol giocare la carta dell’eccellenza e della leadership di prodotto sui mercati globali il capitale umano è la risorsa primaria.Questa tuttavia è ancora teoria, non basta per fare politica e per governare, oltretutto in una fase di transizione al federalismo in cui si stanno definendo a livello parlamentare i confini in materia di istruzione tra Stato, Regioni ed enti locali. Il nostro problema, come amministratori e politici, è gestire il presente preparando il futuro. Sapendo che giochiamo a bocce in movimento. Andando nel concreto? Quello che abbiamo fatto negli ultimi cinque anni, impegnando risorse importanti. Ci siamo concentrati sulla costruzione di una 28
delle fondamenta: la formazione iniziale. La programmazione dei percorsi triennali - da 14 a 18 anni, cioè dopo la scuola secondaria di primo grado - ha avuto inizio in Veneto nel 2002/2003 ed è venuta successivamente consolidandosi con l’entrata in vigore della riforma Moratti definendo le strutture essenziali dei percorsi (durata triennale, verifica della qualifica conseguita, strumenti di certificazione e passaggio dal sistema scolastico al sistema formativo e viceversa, competenze di base e tecnico – professionali). Abbiamo in qualche modo anticipato, e poi accompagnato, la riforma scolastica del 2007, che ha innalzato la scuola dell’obbligo a dieci anni, avviando nello stesso tempo i percorsi triennali come offerta alternativa all’istruzione scolastica superiore. Infatti abbiamo realizzato gli stage in azienda e la personalizzazione delle attività formative per inserire subito i giovani nel mondo del lavoro.
Qui siamo ancora però all’avviamento al lavoro di professionalità primarie, di cui certamente la realtà produttiva veneta ha bisogno, ma che da sole non bastano per puntare all’eccellenza … Intanto abbiamo messo i mattoni alla base dell’edificio, abbiamo abbattuto il tasso di abbandono scolastico e la dispersione scolastica allineandoci con gli obiettivi di Lisbona in largo anticipo, abbiamo creato e collaudato procedure di collaborazione tra amministrazione regionale e centrale in una materia in cui la competenza regionale è ancora modesta anche se in crescita. Abbiamo integrato i sistemi e li abbiamo trasformati in rete. Abbiamo istituito l’Anagrafe Regionale dell’obbligo formativo e attivato i percorsi integrati di orientamento e di formazione. Abbiamo dato una risposta concreta al fabbisogno di professionalità espresso dal tessuto produttivo. Non va dimenticato che in Veneto la vocazione dei giovani a trovare uno sbocco lavorativo molto precoce è tradizionalmente fortissima. Abbiamo assecondato questa vocazione aggiungendo un valore formativo professionale. Se parliamo del vecchio distretto industriale, che ha fatto la fortuna dell’economia veneta ma ora mostra la corda, va bene. Ma se proviamo a guardare avanti e a immaginare un modello di integrazione più verticale e meno orizzontale, con la testa nelle università e nei centri di ricerca oltre che nelle aziende, forse bisogna volare un po’ più alto. è d’accordo? Sono tanto d’accordo che ripeto: abbiamo iniziato dalle fondamenta ma con in testa un disegno generale. Che l’esperienza fatta fin qui ci aiuterà a realizzare, grazie alle best practices consolidate soprattutto nel dialogo e nel confronto con lo Stato centrale. Ora passeremo agli istituti tecnici professionali (che sono ancora di Stato) a durata
quinquennale che avranno un ruolo integrativo e complementare rispetto al sistema di istruzione e formazione professionale di competenza delle Regioni. Per le università il discorso è molto più complesso e delicato. L’autonomia delle università è sicuramente un bene prezioso. Se tuttavia è inserita in un contesto di mercato che premia i migliori e penalizza i peggiori. In assenza di questa componente le università italiane hanno prodotto di tutto: dall’eccellenza a livello globale – e in Veneto abbiamo alcuni esempi importanti – alla proliferazione di istituzioni, in alcuni casi improvvisate e virtuali in tutti i sensi, nate con l’unica ragion d’essere di intercettare qualche rivolo di finanziamento pubblico. In assenza, per ora, di una riforma nazionale, cosa può fare la Regione? Quello che sta succedendo nella provincia autonoma di Trento, che di fatto è diventata l’unico ente finanziatore dell’università grazie a un accordo bilaterale con il ministero del Tesoro, è molto interessante, e lo stiamo guardando con attenzione. Fino a che anche in Italia non sarà il mercato a premiare i migliori, la Regione, man mano che acquisisce risorse e competenze, potrebbe diventare il soggetto che ha in mano sia il bastone che la carota. Sicuramente lo farebbe meglio dello Stato centrale. Ovviamente non da sola. E in Veneto abbiamo il vantaggio, rispetto ad altri, della forte coesione che c’è tra sistema produttivo, amministrazione regionale e locale e parti sociali.
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Incontriamoci!
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ST e ANCE Veneto hanno deciso di organizzare una serie di incontri culturali per approfondire temi che possano agire in sintonia con gli interessi della filiera. L’incontro con Franco Manzato del 23 febbraio scorso è il primo di una serie di dibattiti che verranno organizzati con cadenza regolare e distribuiti sul territorio delle sette province venete, su temi strategici e di interesse per gli imprenditori ANCE. I contenuti del dibattito saranno poi ospitati nelle pagine della nostra rivista. L’approfondimento sul tema del turismo è particolarmente importante ed attuale per la nostra regione, la prima in Italia per numero di presenze turistiche. Riportiamo quindi parte dell’intervento di Franco Manzato, Vicepresidente della Giunta Regionale del Veneto e Assessore al Turismo.
di Franco Manzato, Vicepresidente della Giunta Regionale del Veneto e Assessore al Turismo Il turismo del Veneto vale 12 miliardi di euro e il Veneto è la prima regione in Europa per quanto riguarda il turismo. 500.000 addetti diretti e indiretti, 70 milioni di presenze l’anno, 14 miliardi di arrivi…il che significa una permanenza media di 2-3 giorni minimo. Si tratta di cifre importanti per la nostra regione perché mostrano un settore in espansione in controtendenza con il periodo che stiamo vivendo. Anche questo settore ha avuto una flessione, ma minima: solo -0,3%, che, rispetto a un-5% del commercio e a un -9 dell’industriale, è un dato molto positivo. Lo sviluppo del turismo del Veneto e la sua competitività si devono a due fattori: uno ambientale: nel raggio di 100 chilometri c’è tutto, dalle Dolomiti al delta del Po', alle spiagge, e uno di mercato, ovvero gli operatori. Purtroppo però la politica non ha dato finora il giusto peso a queste risorse in termini economici, investendo ancora troppo poco rispetto alle straordinarie potenzialità del comparto. All’estero tutti conoscono Venezia, Verona o le Dolomiti, che sono diventati dei veri e propri brand, ma pochi conoscono la nostra regione. Un esempio pratico: tempo fa abbiamo cercato di sviluppare il mercato 30
statunitense andando sul territorio e constatando amaramente che il Veneto non è conosciuto. Per questo motivo abbiamo organizzato un meeting di giornalisti americani nella nostra regione portandoli nei luoghi meno celebri ma comunque suggestivi, come ad esempio le ville venete e facendogli conoscere anche le specialità enogastronomiche, il terzo dei punti forti del nostro territorio. Quindi turismo, enogastronomia e cultura sono tre elementi che devono viaggiare secondo un’unica strategia promozionale, soprattutto nei confronti del mercato estero. Il risultato è legato molto anche alla cultura veneta: i veneti sono visceralmente individualisti e questo ha creato una grande ricchezza negli ultimi 40 anni: il mettere su aziende, industrie, artigianato ha reso forte il Veneto, ma ha anche creato dei problemi al momento di fare squadra, di unirsi per un obiettivo. La crisi economica negli ultimi due anni ha reso possibile che tutti si sedessero attorno a un tavolo per dialogare: gli addetti e l’amministrazione regionale. Siamo passati da una crisi internazionale a una crisi produttiva e ora, nel terzo anno, diventerà una crisi occupazionale. Dobbiamo cogliere l’opportunità di fare insieme il punto della situazione e di mettere in atto strategie che abbiano una visione non solo veneta ma di una regione che dialoga con il mondo. Abbiamo messo su una conferenza, gli Stati Generali del turismo a Padova per capire come andare incontro ai nuovi mercati e alle nuove tecnologie e all’ultima borsa del turismo di Milano la regione si è presentata per tematismi e non per localismi. Per decidere di volare alto bisogna puntare anche su una maggiore qualità dei progetti, per questo abbiamo impostato piani anche da 500 milioni di euro. Inoltre il Portale della regione ha deciso di investire sulle lingue perché le prenotazioni ormai si eseguono tramite web (30-50%), aumentando gli idiomi da scegliere per utilizzare il sito e usando le tecnologie per il cellulare per far conoscere l’offerta culturale e turistica. Ci sono aree del Veneto che possono diventare competitive come le altre, come quelle più famose, per fare ciò bisogna rivoluzionare altri settori che sono a sostegno del turismo, e qui entra in gioco l’edilizia. Ad esempio il Piano di demolizione e ricostruzione può essere utile a quelle zone come le aree collinari padane per rimettersi in
gioco dal punto di vista turistico. Sono necessarie nuove infrastrutture legate alla mobilità. Una priorità per il sistema turistico regionale è quella della messa in rete: più il mondo è globale e più si evidenziano le diverse identità. Nel settore del turismo io sono intervenuto con 3 strumenti finanziari:uno è il fondo di rotazione che ho portato da 6 milioni a 25 milioni di euro per quanto riguarda l’investimento sulle imprese turistico-alberghiere, gli altri due sono in via sperimentale. Uno è il fondo di garanzia di prima istanza, ovvero la regione garantisce direttamente l’investimento, il secondo sono i prestiti partecipativi cioè la regione interviene nei capitali degli investitori alberghieri con una quota minima e in 5-10 anni esce dal capitale. In questo modo la regione scommette sul turismo. è una concezione completamente diversa da quello che è il libero mercato di oggi. Un altro tema è quello delle nuove rotte aeree. Io penso che lo sviluppo del Veneto possa tranquillamente arrivare a 100 milioni di presenze l’anno ma bisogna agire in sintonia con le compagnie aeree. Un esempio: abbiamo un incremento del 17% di presenze del mercato polacco e non abbiamo rotte aeree dirette con Varsavia. Quello che stiamo facendo insieme agli aeroporti di Verona, Treviso e Venezia e con Alitalia è costituire dei bandi per consentire anche a rotte intercontinentali di raggiungere i nostri aeroporti. Abbiamo anche messo su una rivista chiamata “Tra terra e cielo” che va a tutti gli operatori turistici e spiega gli strumenti finanziari a disposizione, le risorse, come ottenere i finanziamenti, quali sono gli interlocutori, qual è la visione strategica della Regione Veneto, quali sono gli eventi che durante l’anno vengono fatti in una promozione unificata del territorio. Infine, un accenno alle olimpiadi, dato che posso affermare con orgoglio che la candidatura di Venezia è stata una mia idea. Ho pensato alla nostra partecipazione nel luglio 2008 e ho coinvolto subito il sindaco Cacciari, il Presidente Galan e gli industriali, poi abbiamo costruito un progetto. Nel progetto siamo andati nel particolare per collocare tutte le attività, l’impiantistica e anche la distribuzione delle varie discipline. è un progetto legato soprattutto alla tecnologia. La competizione con Roma è evidente, ma sono fiducioso e credo che avremo buone possibilità di essere scelti. 31
di Mimosa Martini
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n Europa, dopo il vertice di Copenaghen sul clima, sono esplose le polemiche sulle fonti di energia da adoperare e sugli effetti che alcune di esse producono nell’ambiente. Francia e Germania, che già ricorrono ampiamente al nucleare, si sono schierate a favore delle fonti rinnovabili. L’Italia, che al nucleare ha rinunciato totalmente un quarto di secolo fa, viceversa punta a reinserirlo nel suo mix di produzione energetica. Il Veneto si trova di fronte ad alcune scelte che dovranno fare i conti con azioni a livello nazionale, il futuro del proprio territorio e la sicurezza della sua popolazione. Partiamo dal dibattito nato sul nostro sito www.estmagazine.it e dalla pungente lettera di Adriano Celentano ai giovani cittadini del Veneto per sviluppare il tema secondo una logica di investimento economico e di visione internazionale. Quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi di questo tipo di energia? Quali i costi? Abbiamo deciso di tralasciare le discussioni politiche per affrontare il problema da un punto di vista tecnico, valutando i pro e i contro, analizzando le fonti autorevoli nazionali ed internazionali e chiedendo l’opinione di un illustre professore dell’Università di Padova.
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Ritornare al nucleare conviene davvero? di Mauro Gaggiotti
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d oggi, i combustibili fossili producono 1'86% dell'energia totale. La sostituzione degli stessi con l'energia nucleare richiederebbe la costruzione di 1.500-2.000 centrali da 1.000 MWe e comporterebbe una riduzione delle emissioni di CO2 pari al 10%, secondo la World Nuclear Association. A ottobre 2007 erano 439 i reattori operativi per un totale di 371.647 MW di potenza installata, che contribuiscono per il 16% alla produzione elettrica mondiale. Alla medesima data, ne risultavano in costruzione 32, per una potenza elettrica di 24.579 MW, ma, nonostante la ripresa del nucleare in alcuni Paesi, nel rapporto Energy, Elettricity, and Nuclear Power Estimates for the Period up to 2030, pubblicato nel 2007, l'Aiea (Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica) è drastica nell'affermare come il contributo dell'energia nucleare nel 2030 non supererà il 13%.
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Sito internet: www.maes.it - Indirizzo e-mail: comm.maes@windnet.it
Meno CO2 e più finanziamenti per le centrali Le centrali nucleari, nel loro funzionamento non producono emissioni di CO2 e questo costituisce un vantaggio. Spesso si dimentica però che gli impianti nucleari richiedono, per motivi di sicurezza, enormi quantità di acciaio speciale, zirconio e cemento, materiali che per la loro produzione richiedono carbone e petrolio. Ma anche le altre fasi della filiera nucleare, dall'estrazione del minerale d'uranio alla produzione delle barre di combustibile, fino al loro stoccaggio e riprocessamento sono talmente rilevanti che complessivamente le emissioni indirette della produzione di un kWh da energia nucleare è stato calcolato essere comparabile con quella del kWh prodotto in una centrale a gas. Una ulteriore riflessione va fatta riguardo alla disponibilità dell'uranio. Ad oggi, a fronte di una domanda annuale di uranio di 67 kt, la produzione ammonta a 45
kt/a. La differenza viene attualmente coperta dalle scorte accumulate, che si esauriranno nel 2015. Ai livelli attuali, entro il 2035 sarebbero esaurite le riserve recuperabili a minor costo, mentre, utilizzando anche le riserve estraibili ad un costo di 130 $/kg U, la disponibilità si fermerebbe al 2070. I vantaggi nell'uso di energia nucleare sono legati soprattutto ai finanziamenti connessi alla costruzione e gestione degli impianti che, benchè coinvolgano pochi grandi gruppi economici, possono dare respiro ad un indotto legato alle differenti strutture e componenti necessarie alla corretta e sicura realizzazione di una centrale. Indirettamente, il ritorno al nucleare porta con se un maggior sostegno alla ricerca in questo campo utile a migliorare le prestazioni degli impianti sia in termini di sicurezza che di efficienza.
COMPOSIZIONE DELLA SPESA PUBBLICA IN R&S NEI SETTORI ENERGETICI*
FONTI DI ENERGIA RINNOVABILI COMBUSTIBILI FOSSILI IDROGENO E CELLE A COMBUSTIBILE ALTRE TECNOLOGIE/RICERCHE EFFICIENZA ENERGETICA FISSIONE E FUSIONE NUCLEARE ALTRE TECNOLOGIE DI PRODUZIONE E CONSERVAZIONE
Fonte: elaborazione ENEA su dati AIE *I dati sono relativi all'ultimo anno disponibile. Per Austria, Finlandia, Francia e Regno Unito il 2005, per i Paesi Bassi il 2003, per la Grecia il 2002, per il Belgio il 1999 e per tutti gli altri il 2006
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Ma quanto costa il nucleare? Su Affari e Finanza del 9 giugno 2008, l'Amministratore Delegato di Enel SpA dichiara che «per una nuova centrale di 1.700 MW il costo si aggira tra i 3 e i 3,5 miliardi di euro». Ognuno sarebbe indotto a pensare che quelle siano le cifre su cui impostare la discussione. Solo il mese precedente, l'Ad della tedesca E.On, Wulf Bernotat, ha dichiarato su Times Online che «per la costruzione di un Epr da 1.600 MW nel Regno Unito occorrono 5-6 miliardi di euro». Mentre l'agenzia di rating Moody's stima che il costo di una centrale nucleare di 1.000 MW sia di 7 miliardi di dollari. Riportando i dati su una centrale nucleare di 1.000 MW e convertendo i dollari in euro, avremmo dunque che, mentre Enel dichiara un costo di 2 miliardi, E.On. ne dichiara 3,5 e Moody's addirittura 4,6. A tutto ciò vanno aggiunte altre importantissime voci di costo. A partire da quella degli incidenti, sia che si parli di episodi gravissimi come quello di
LA COMPOSIZIONE DEI COSTI DELLA FILIERA NUCLEARE URANIO 5% CONVERSIONE 1%
INVESTIMENTI 60%
ARRICCHIMENTO 6% FABBRICAZIONE COMBUSTIBILE 3% GESTIONE RIFIUTI 5% O&M 20% Fonte: elaborazione su dati OECD-NEA
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DECOMMISSIONING 1% - 5%
Chernobyl, che, fra le altre conseguenze, ha comportato il blocco di ordini per molti anni, sia i malfunzionamenti "ordinari" degli impianti che provocano importanti danni economici. Per fare un solo esempio, la scossa di terremoto che il 16 luglio 2007 ha danneggiato un reattore della centrale Kashiwazaki Kariwa, in Giappone, comportando la chiusura di tutti
i 7 impianti che fanno parte del complesso, il pi첫 grande del mondo. Ad oggi non si sa ancora quanto costeranno le riparazioni e quando gli impianti riapriranno; si sa invece che le perdite per la Tokyo Electric Power Company hanno superato i 10 miliardi di euro. Con tali costi di mercato, solo l'intervento dello Stato potrebbe consentirlo.
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Bolletta energetica e dipendenza dall'estero
Solo per stare ai dati più recenti, la ricerca del 2008 di Unioncamere evidenzia come negli ultimi dieci anni - 1998/2007ovvero dal concreto avvio della messa sul mercato dei servizi pubblici locali, le tariffe dell'energia elettrica siano aumentate del 28,7%. Il sistema energetico italiano, a fronte di un margine teorico di sovrapotenza di oltre 34.000 MW, si trova ad un grado di utilizzo inferiore al 50% e, contemporaneamente, con le tariffe più alte d'Europa – 74,7 €/ Mwh, superiore alla media degli altri paesi da un minimo di 17 ad un massimo di 26 €/Mwh. è questa la ragione per cui noi continuiamo ad importare energia - pari al 15% del nostro fabbisogno – dall'estero, 40
Francia compresa. Infatti, il luogo comune, secondo cui importiamo energia dalla Francia - pari al 6,4% dei nostro fabbisogno - perché la Francia possiede il nucleare, va sfatato. Non solo perché la Francia, pur avendo il 78% di energia prodotta attraverso il nucleare, ha tariffe simili a quelle della Germania e della Gran Bretagna - in cui l'apporto del nucleare è rispettivamente pari al 26% e al 19% del fabbisogno - e addirittura superiori a quelle della Spagna la cui produzione nucleare è parimenti del 19%. Ma anche perché ciò che va considerata è la non modularità strutturale della produzione nucleare, ovvero il fatto che, per non essere costretti a fermare gli impianti, questi
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devono costantemente essere utilizzati al massimo, generando una sovrapproduzione di energia, che dev'essere venduta, anche a basso costo. Per non parlare del costo delle scorie. Anche la pur breve storia del nucleare italiano ha lasciato i suoi frutti avvelenati da smaltire. Secondo dati ufficiali dell'Agenzia Nazionale di Protezione dell'Ambiente (Anpa), sono più di 26.000 i metri cubi di rifiuti radioattivi stoccati in vari siti e depositi del nostro Paese, insieme a quasi 235 tonnellate di combustibile irraggiato (vedi scheda). è dell'8 maggio 2008 l'accordo tra la Sogin SpA con la francese Areva per il riprocessamento in Francia delle 235 tonnellate di combustibile nucleare
presenti in Italia. Un contratto che costerà 250 milioni di euro alle famiglie italiane con l'aumento della loro bolletta elettrica. Già dal primo gennaio 2007, infatti, la quota della componente A2 della tariffai cosiddetti "oneri nucleari", in vigore dal 1989 per compensare Enel e le altre società collegate per i mancati guadagni conseguenti all'abbandono del programma nucleare, e che dal 2001 sono destinati alla Sogin SpA per la messa in sicurezza delle scorie radioattive - è triplicata. Un modo per alimentare l'utilizzo civile e militare dell'uranio senza fare alcun passo nella risoluzione del problema, dato che le scorie riprocessate dovranno ritornare nel 2025 nel nostro Paese.
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Impianti di IV generazione I modelli attuali più avanzati - cosiddetti di "ultima generazione" - sono reattori di Generazione III+, di nuovo tipo, dei quali nessuno è ancora in funzione. I modelli principali sono l'Epr, costruito dalla francese Areva, e l'AP 1000 della statunitense Westinghouse. Di Epr in costruzione ce ne sono due, in Finlandia e in Francia (a quest'ultimo partecipa anche Enel con una quota del 12,5%), mentre la Cina ne ha ordinati quattro. Ma gli impedimenti legati alla complessità di costruzione delle centrali rimangono. A Flamanville, in Francia, l'Autorità di Sicurezza Nucleare ha bloccato i lavori, una prima volta nel maggio scorso e più recentemente ad ottobre, dopo aver riscontrato irregolarità nell'armatura in ferro dell'isolotto su cui poggerà il reattore nucleare e fessurazioni nel cemento dovute alla scarsa qualità dei materiali e ad errori nella messa in opera; con il risultato di un rialzo del 20% dei costi previsti, che dai 3,3 mld iniziali vengono già ora quantificati come superiori ai 4 mld di euro.
Nella migliore delle ipotesi discusse a livello internazionale si parla del 2030 per vedere in attività la prima centrale di "quarta generazione"
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Ancora più pesante la situazione di Olkiluoto, in Finlandia, il cui impianto doveva essere completato in 48 mesi ad un costo di 3,2 mld di euro. Dopo la registrazione di ben 1.500 problemi di qualità da parte dell'Autorità di sicurezza finlandese Stuk Nucleare, il ritardo nella costruzione del reattore nucleare viene già quantificato in 3 anni con un rialzo dei costi di oltre 2 mld di euro. Nella migliore delle ipotesi discusse a livello internazionale, con esiti positivi di tutti i possibili sviluppi tecnologici attualmente in fase di ricerca, si parla del 2030 per vedere in attività la prima centrale di "quarta generazione". E forse ancora più tardi, stando alle conclusioni del rapporto della Commissione Europea The Sustainable Nuclear Energy Technology Platform. A vision report, 2007, che recita: «Si prevede che il dislocamento commerciale di questi sistemi di quarta generazione non avverrà prima del 2040, poiché sono necessari passi avanti tecnologici molto importanti per sviluppare questi reattori».
Le altern ative
Per quanto riguarda i costi, sicuramente una alternativa valida al nucleare sono le fonti energetiche cosiddette “pulite”. Secondo uno studio di Greenpeace, installare le migliori tecnologie in tutti i settori, dalle politiche abitative alle ristrutturazioni in funzione del loro rendimento energetico, dal miglioramento delle reti di distribuzione dell'energia e dell'acqua ad una diversa politica dei trasporti e della movimentazione delle merci in direzione dell'utilizzo della filiera corta, ridurrebbe i consumi di elettricità del 50%. Secondo un altro studio di Greenpaece “Eolo o plutonio?”, è possibile, a parità di investimento, produrre 2,3 volte più energia e ottenere cinque volte più posti di lavoro investendo nell'eolico. Sempre a parità di investimento, con l'eolico si darebbe energia al doppio delle abitazioni rispetto al nucleare. Nell'Unione Europea, si prevede, entro il 2010, l'istallazione di 75.000 MW di eolico, triplicando l'attuale dotazione e aggiungendo l'equivalente della produzione di 14 grandi centrali nucleari. Risultati ancor più importanti si ricavano per quanto riguarda l'energia solare. Secondo il rapporto Solar Generation 2, presentato a Bruxelles da Greenpeace e dall'Associazione europea dell'industria fotovoltaica (Epia), entro il 2020 un miliardo di persone utilizzerà l'energia fotovoltaica e nasceranno due milioni di posti di lavoro, con una diminuzione dei gas serra pari a 169 milioni di tonnellate l'anno, l'equivalente di 75 centrali a carbone. Sempre secondo il rapporto, il fotovoltaico cresce del 35% l'anno ed entro il 2040 potrebbe coprire il 20% del fabbisogno globale.
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Serve il giusto mix di fonti e tecnologie di Marta Alteri
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l professor Giuseppe Zollino rappresenta l’Italia nel Comitato Energia del 7° Programma-quadro dell’Unione Europea, professore di “Tecnica ed economia dell’energia”e di “Impianti nucleari a Fissione e Fusione” presso la facoltà di Ingegneria dell’Università di Padova e ricercatore del consorzio Rfx di Padova, dove studia i futuri reattori a fusione, è un esperto autorevole in materia di produzione energetica e con lui abbiamo approfondito il tema del nucleare partendo da una valutazione dei costi e dei benefici che l’impianto di una centrale nucleare comporta.
Quanto può pesare a livello economico l’impianto ex novo di una centrale di ultima generazione e in quanto tempo se ne possono ammortizzare i costi? Una centrale nucleare ha oggi elevati costi di impianto e modesti costi di esercizio (incluso il ciclo del combustibile). I primi possono costituire una barriera di ingresso, se le condizioni al contorno sono tali da comportare un elevato costo del denaro. Se ben gestito, tuttavia, il nucleare è oggi tra le tecnologie a bassa emissione di CO2 con costi reali del kWh più competitivi. Ad ogni modo, se l’avversione al nucleare discendesse dal convincimento che esso sia troppo costoso non ci sarebbe di che preoccuparsi: semplicemente nessuna società elettrica investirebbe in una centrale nucleare. Di solito l’alternativa manichea alle centrali nucleari sono considerate le fonti di energia rinnovabili. Secondo lei l’una forma esclude l’altra? E ancora, il nucleare potrebbe essere surclassato da una ricerca che punti ad uno sviluppo intelligente delle fonti rinnovabili (solare, eolico, biomasse, idroelettrico)? Oggi, nei Paesi sviluppati, l’energia elettrica copre il 20% degli usi finali di energia ed assorbe il 40% del fabbisogno primario e di conseguenza comporta ingenti emissioni di gas serra. In tutti i Paesi sviluppati, la previsione di crescita della domanda di servizi elettrici difficilmente sarà compensata da corrispondenti aumenti di efficienza degli apparecchi utilizzatori; pertanto occorre attrezzarsi per una maggiore produzione nel medio periodo. Le centrali nucleari
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hanno emissioni di CO2 confrontabili con quelle degli impianti a fonti rinnovabili e costo del kWh inferiore alla maggior parte di essi; oggi è di origine nucleare il 15% della energia elettrica mondiale ed il 30% di quella europea ed in molti Paesi (specialmente le tigri asiatiche) è stata avviata la costruzione di numerose nuove centrali. Rinunciare a priori al nucleare, per scelta di campo, sarebbe dunque globalmente insostenibile. Il suo contributo al così detto “servizio di base” elettrico è fondamentale e si integra con quello di fonti non programmabili come sono in genere le rinnovabili. Mi lasci dire che il tema dell’approvvigionamento energetico è cruciale, poichè strettamente correlato alla qualità della vita, in ogni angolo del mondo: pregiudizi e demagogia vanno in ogni modo evitati. Serve il giusto mix di fonti e tecnologie, che assicurino i servizi energetici necessari e contengano l’impatto ambientale entro i limiti prescritti, al minimo costo. Due aspetti che interessano molto le collettività, a prescindere dalle competenze tecniche e dalle posizioni politiche dei singoli, sono la sicurezza delle centrali e lo smaltimento delle scorie. Quanto la preoccupano questi due aspetti? La paura dell’incidente nucleare dipende in gran parte dal disastro di Chernobyl che fu causato da gravi violazioni delle procedure operative e da mancanze progettuali. Dopo quell’incidente i numerosi Paesi europei interessati dalla nube radioattiva reagirono rafforzando i controlli ed elevando gli standard dei loro impianti nucleari, che pure erano già più sicuri. La chiusura improvvisa fu decisa solo in Italia, che oggi dei primi 12 Paesi per Pil al mondo è l’unico a non produrre elettricità da nucleare, ma ne fa buon uso importandola da Francia e Svizzera. Attualmente sono in esercizio al mondo circa 440 reattori ed a breve ne entreranno in servizio altre 50. Quelli di 3a generazione avanzata (come per eseempio l’Epr di Areva e l’AP-1000 del consorzio Westinghouse– Toshiba) oggi disponibili sono più sicuri, più affidabili e più efficienti della generazione precedente: credo che davvero si possa essere tranquilli rispetto al rischio di incidente estremo. D’altra parte lo sviluppo tecnologico procede: sono allo studio reattori di 4a generazione, che sfrutteranno meglio l’uranio naturale ed è in fase di realizzazione il reattore sperimentale a fusione Iter.
Queste nuove tecnologie saranno disponibili nei prossimi decenni e consentiranno tra l’altro una migliore gestione delle così dette “scorie nucleari”. Tuttavia, la gestione degli scarichi di un reattore già oggi è affrontata nei Paesi più avanzati con tecnologie affidabili, che consentono di recuperare l’Uranio ancora utilizzabile e di separare i rifiuti più radioattivi (complessivamente pochi metri cubi per l’intera vita di una centrale), che andranno stoccati in depositi sotterranei in aree idonee, dove esistono “schermi geologici” (argilla, salgemma, granito, ecc.). Si tratta indubbiamente di tecnologie complesse ma ben sperimentate: l’attenzione va assolutamente posta sulle procedure, dunque sugli aspetti regolatori. La nostra rivista viene distribuita in Veneto e verrebbe spontanea una domanda su quanto concrete siano le possibilità dell’impianto in questa regione di una centrale. A prescindere da ciò ci sembra più interessante avere la sua opinione sui rischi che un territorio e la sua popolazione corrono nel caso di incidenti. Come ho già avuto modo dire in altre occasioni le procedure per l’individuazione dei siti idonei all’impianto di centrali nucleari, secondo parametri oggettivi, sono regolate dalla normativa che va delineandosi in Italia, che include tra l’altro una fase significativa di consultazione pubblica, secondo le convenzioni internazionali. È dunque troppo presto per pronunciarsi in materia, sebbene dal punto di vista dei parametri principali indicati delle normative internazionali il Veneto non è un area esclusa. Quanto alla seconda questione, le normative nucleari vigenti nei Paesi più avanzati rendono assai improbabili anomalie o incidenti con impatto significativo sulla popolazione. Nella remota ipotesi che ve ne fossero, essi potrebbero eventualmente richiedere trattamento sanitario, nelle ore successive, della popolazione entro una certa distanza, indipendentemente – come è ovvio dai confini tra Stati e Regioni. Per questo credo si debba assolutamente pretendere che il quadro regolatorio relativo alla scelta del sito ed alla costruzione ed esercizio degli impianti sia serio e soprattutto venga garantito da una autorità di sicurezza nucleare indipendente, forte e competente, mentre mi sembra pretestuoso accapigliarsi in uno sterile conflitto tra Regioni su chi debba ospitare una o più centrali. 45
Tutte le strade
portano in piazza
di Federica Paoli 46
Recupero urbano ed edilizia sociale di qualità: a Castelfranco si può
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ecupero urbano, edilizia sociale, verde pubblico, aree pedonali, rispetto dell’ambiente, cura e semplicità dell’impianto planimetrico, attenzione alle esigenze di chi in un quartiere deve risiedere, rispetto dei tempi di consegna. Possono tutti questi elementi convivere in un solo progetto? La domanda può suonare retorica e la risposta affermativa una piccola utopia. In realtà se gli intenti sono condivisi e gli attori di un progetto lavorano in sinergia e nel rispetto reciproco, questo è possibile e i risultati positivi sono sotto gli occhi di tutti. È quanto è avvenuto nel recupero di un’area parzialmente degradata a ridosso del centro di Castelfranco Veneto, in provincia di Treviso. Nell’ottobre del 2003 l’AEEP (Azienda Edilizia Economica Popolare) di Castelfranco ha indetto un bando di concorso internazionale per la progettazione di un intervento di recupero in un’area urbana occupata da edifici abitativi risalenti al dopoguerra. La Commissione, in tempi abbastanza stretti, ha affidato l’incarico per la progettazione allo studio Mancuso e Serena Architetti Associati, di Venezia. Capogruppo del progetto è l’architetto Franco Mancuso,
docente di Progettazione Urbanistica presso l’Università Iuav di Venezia, esperto in ricerca e progettazione sui temi del recupero e sulla riqualificazione dello spazio pubblico e già autore, con Seok Chul Kim, del nuovo padiglione della Corea ai Giardini della Biennale. Coadiuvato dall’architetto Ernesta Serena e dall’architetto ingegner Giorgio Carli, nel novembre del 2004 l’architetto Mancuso presenta il Piano di Recupero, approvato dal Comune. Predisposto il progetto definitivo e ottenuta in tempi brevissimi la Concessione Edilizia comunale, dopo le relative gare d’appalto, nel novembre del 2005 iniziano i lavori, affidati alla Trevisan spa. A luglio del 2008 e con una spesa che ammonta a poco meno di 8 milioni di euro, i lavori vengono portati a termine: 53 abitazioni sociali (40 per edilizia convenzionata e 13 in vendita), 8 negozi, 3 uffici si articolano intorno ad una piazza principale. All’interno del complesso ed intorno ad esso ci sono parcheggi e spazi di sosta (con una zona destinata a garage nel piano interrato); giardini ed aree verdi sono stati salvaguardati e valorizzati come nel caso del bel viale di tigli – via Canaletto – sul quale
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Castelfranco veneto - Complesso residenziale
affacciano alcune ampie terrazze che godono anche, al contempo, dell’esposizione a sud. Tutti e quattro gli edifici che definiscono lo spazio pubblico sono stati disposti in modo da salvaguardare le alberature esistenti e sono volumetricamente caratterizzati secondo la posizione, l’orientamento e il rapporto con il contesto Al centro del progetto c’è sicuramente lo spazio della piazza, rispetto alla quale i quattro edifici sono disposti in modo dialogico. La piazza apre sulla strada principale (via Damini) ed è racchiusa da due corpi di fabbrica porticati destinati, al piano terra e a parte del primo, ad attività di terziario, senza suddivisioni interne che ne condizionino le funzionalità future. Il filtro con la strada è costituito da una pensilina che conduce ad
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un corpo più piccolo, la cui funzione è quella di ospitare un bar. Sul margine sud la piazza si collega con l’area del giardino pubblico. Un chiaro sistema di percorsi pedonali mette in collegamento i diversi spazi, convergendo sulla piazza. I percorsi che conducono alle abitazioni sono in diretto collegamento con i vani scala e sono separati da quelli pubblici: entrambi però sono direttamente connessi con i parcheggi in superficie. La stessa cura ed attenzione usate nella progettazione degli spazi comuni sono state riservate anche agli alloggi: tutti dispongono infatti di un affaccio su due fronti, che assicura agli spazi interni una ventilazione naturale (trasversale in 42 appartamenti, diagonale negli altri 11). Gli alloggi sono dotati inoltre di terrazze
Progetto e D.L.: arch. Franco Mancuso, capogruppo (studio Mancuso e Serena Architetti Associati), arch. Ernesta Serena, arch. ing. Giorgio Carli Collaboratori: A. Calafati, J. Carraro, C. De Angelis, L.Dotto, D. Longhi, M. Montagnini Collaborazioni specialistiche: Tecnobrevetti s.r.l. (progetto strutture) TiFS Ingegneria s.r.l. (progetto impianti) Committente: AEEP, Azienda dell’Edilizia Economica Popolare (geom. R. D’Elia, responsabile del procedimento) Importo dei lavori: € 7.990.130,00
abitabili che affacciano in alcuni casi, come già evidenziato, sulle aree verdi oppure sugli spazi pubblici. Quando ciò è stato possibile sono state realizzate anche terrazze minori in corrispondenza dei locali di servizio. Come previsto dalle normative in materia, i materiali, i prodotti e i componenti utilizzati sono ecocompatibili e di lunga durata e il riscaldamento dell’acqua avviene tramite pannelli solari, il cui andamento è efficacemente integrato nella modellazione delle coperture. L’alternanza dei colori, infine, punta a rendere armonica la complessità dell’insieme e i basamenti, quando non si aprono con vetrine ed accessi, sono stati trattati con un intonaco scuro e ruvido che rende più fluido, alla vista, l’attacco a terra.
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La ricetta del successo? Bandi ben strutturati e progetti efficaci Intervista a Franco Mancuso, Studio Mancuso e Serena Architetti Associati Quali sono stati i punti di forza del progetto che avete presentato all’AEEP di Castelfranco Veneto e che vi hanno consentito di aggiudicarvi il bando? Sostanzialmente, una buona corrispondenza del progetto rispetto al programma funzionale stabilito dalla AEEP. Occorre ricordare al proposito che si trattava di un programma molto articolato e assai dettagliato, che indicava sia le caratteristiche dimensionali e prestazionali degli alloggi da progettare, sia la necessità di concepire urbanisticamente l’intervento in modo da creare un polo di attrazione e di riferimento per gli abitanti della zona. Il tutto a partire da un bando di concorso fatto molto bene, e da una giuria competente, che ha badato alla realizzabilità concreta del progetto vincitore. L’operazione di recupero ruota fisicamente e metaforicamente intorno alla piazza e al verde pubblico, che avete salvaguardato e valorizzato. Come si presentava l’area prima del vostro intervento? Prima dell’intervento l’area era interessata da un 52
insieme di edifici abitativi, realizzati con mezzi molto poveri nell’immediato dopoguerra, disposti secondo un modello ripetitivo e banale. Gli unici elementi che abbiamo ritenuto degni di interesse erano gli alberi, piantati contestualmente alla realizzazione di quegli edifici: li abbiamo salvaguardati, organizzando il progetto in modo da non doverli abbattere, ed anzi ponendoli al vertice del disegno dello spazio pubblico. I provvedimenti regionali prevedono, per l’edilizia convenzionata, il ricorso a materiali e prodotti ecocompatibili. Quali tecnologie avete privilegiato e perché? La conformazione del territorio come ha influito sulle vostre scelte? Le scelte progettuali sono state determinate da una attenta considerazione del lotto, sia in rapporto all’orientamento, sia in relazione alle diverse caratteristiche delle strade che lo circondano: l’affaccio della piazza è infatti sul versante occidentale (sulla centralissima Via Damini), salvaguardandone tuttavia la caratterizzazione pedonale, mentre gli accessi automobilistici sono tutti disposti lungo il lato
settentrionale (sulla via Bordignon); il fronte a sud, caratterizzato dal bel filare di tigli, non ha accessi se non pedonali, ed è una estensione del giardino pubblico che si integra con la piazza. Quanto alle tecnologie, l’elemento più interessante ha riguardato l’adozione di pannelli solari per la produzione di acqua calda sanitaria (uno per ogni alloggio in affitto): sono posti sulla copertura del corpo che si prolunga verso sud, con una soluzione bene integrata all’architettura. I tempi di realizzazione del progetto – meno di cinque anni dal bando internazionale indetto dall’AEEP, nell’ottobre del 2003, alla fine dei lavori, nel luglio del 2008 – sono stati ottimali, frutto di una piena collaborazione tra i diversi attori che hanno preso parte al progetto. A cosa si deve questo successo? Secondo Lei ci sono i margini perché progetti di recupero urbano quale quello che Lei ha curato siano più frequenti? Il successo dell’operazione è frutto, come giustamente avete rilevato nella vostra domanda, della piena collaborazione tra i diversi attori che vi hanno preso parte (l’AEEP, il Comune di
Castelfranco Veneto, i progettisti, l’impresa, la Direzione Lavori). Credo tuttavia che un ruolo non irrilevante lo abbia avuto il progetto stesso: per la sua corrispondenza sia al programma funzionale dell’AEEP (come più sopra rilevato), e sia alle aspettative della città, che puntava ad un recupero abitativo dell’area orientato a realizzarvi uno spazio urbanisticamente e architettonicamente attraente: una piazza, finalmente, pedonale, con negozi e ben accessibile, oltreché un piacevole giardino pubblico. Sempre facendo riferimento al progetto, devo dire che un ruolo positivo lo ha avuto l’accuratezza del dettaglio delle soluzioni tecnico-esecutive, che hanno potuto essere realizzate senza la necessità di ricorrere a varianti in corso d’opera. L’impresa dal canto suo è stata in grado di tenere i tempi, rispettando le direttive di una Direzione Lavori che ha seguito puntigliosamente (e appassionatamente) l’evoluzione del cantiere. Rispondo all’ultima domanda: se si verificano condizioni analoghe a quelle che ho richiamato, non vedo davvero perché interventi di recupero urbano come questo di Castelfranco Veneto non possano essere più frequenti. 53
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Una best practice
tutta veneta di Marta Alteri
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er questa edizione de La Torre la redazione ha deciso di proporre una interessante intervista al Presidente del Gruppo Alcuni, una società di animazione che ha avuto un enorme successo con il film “I cuccioli” e che rappresenta una best practice tutta veneta. Si tratta di una esperienza che trascende dal settore delle costruzioni ma che può comunque costituire uno spunto
per capire in che direzione sta andando l’imprenditoria veneta, spesso tacciata di troppa concretezza e poca creatività. Il Gruppo Alcuni ha sfatato questo pregiudizio contribuendo a portare anche all’estero l’animazione made in Italy, amplificando il valore di una città come Venezia per dare visibilità al territorio e promuovendo importanti azioni a favore dei più piccoli.
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Intervista a Sergio Manfio, Gruppo Alcuni
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l 22 gennaio è arrivata in 180 sale italiane l’ultima creatura di Gruppo Alcuni, il lungometraggio Cuccioli – Il Codice di Marco Polo coprodotto con la spagnola Grupo Edebé e distribuito da 01 Distribution. Qualcuno ha parlato di un’alternativa italiana al dominio dell’animazione americana e nipponica e al 3D stereoscopico che ormai imperversa nelle sale. Quali sono gli elementi su cui
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www.alcuni.it.
avete puntato per costruire un prodotto originale e di qualità che potesse competere con i numeri da capogiro dell’animazione d’oltreoceano? è evidente che l’animazione 3D sta diventando un grosso investimento e, visti i risultati, questo investimento sta diventando molto remunerativo. Per far sì che questo si avveri anche in Italia è necessario lasciar perdere una volta per tutte la sudditanza nei confronti
del cinema di animazione americano e cominciare a pensare a una via italiana in tal senso. Noi abbiamo puntato essenzialmente su una storia che coinvolgesse i bambini, realizzando un prodotto che colpisse l’immaginario dei più piccoli e soprattutto raccontando una storia che attingesse dal nostro patrimonio culturale, che non ha eguali al mondo. E poi non abbiamo scimmiottato gli americani: fare un prodotto che si avvicini a loro non è nei nostri interessi. Una delle protagoniste della storia, oltre ovviamente ai sei Cuccioli del titolo, è una bellissima e misteriosa Venezia, minacciata da una crudele maga che la vuole prosciugare per farne una città come tutte le altre, piena di asfalto e automobili. Nella vostra storia l’intelligenza, l’affiatamento dei Cuccioli e… la magia salvano la laguna dalla rovina. Nella realtà, secondo lei, di cosa c’è bisogno per tutelare luoghi “magici” come Venezia? Riprendo da dove ho concluso la risposta alla prima domanda. Venezia e la magia della sua storia sono una parte importante del nostro patrimonio. Rappresentano un qualcosa che ci è invidiato in tutto il mondo e di conseguenza che è conosciuto in tutto il mondo. Fare quindi un film su Venezia significa rispondere alla voglia di conoscere, di sapere, di farsi stupire propria di un numero incredibile di persone sparse in ogni angolo del mondo. Come Gruppo Alcuni noi abbiamo scelto volutamente di intraprendere questa strada. Oltre a Venezia e al “Milione” di Marco Polo, abbiamo realizzato delle produzioni che presentavano al pubblico dei più giovani
personaggi come Leonardo da Vinci o Galileo Galilei. Per rispondere alla domanda che riguarda la tutela di Venezia credo che la risposta non sia molto dissimile da quella che hanno usato i nostri simpatici Cuccioli: quindi di Mauro Gaggiotti cooperazione, senza cercare prevaricazione di sorta tra istituzioni, e un po’ di creatività! Gruppo Alcuni in questi mesi è salito agli onori della cronaca grazie al lungometraggio Cuccioli, ma è una realtà con più di trenta anni di attività sulle spalle che affianca la produzione di cartoni animati a numerose altre iniziative: un teatro a Treviso che produce e ospita spettacoli per bambini e ragazzi, un “parco multimediale” a Villa Margherita (TV) e progetti come H2Ooooh e la Società per le Buone Azioni. Ci racconta qualcosa di più del vostro Gruppo e del lavoro che portate avanti? Gruppo Alcuni nasce del 1973 come gruppo che si occupa di produrre spettacoli teatrali rivolti a un pubblico di bambini e ragazzi. Abbiamo colto subito l’importanza pedagogica del nostro lavoro e abbiamo deciso quindi di cominciare a interessarci anche ad altri linguaggi: editoria, fumetti, televisione, cinema, musica. Consapevoli del valore educativo-formativo del nostro lavoro abbiamo iniziato a strutturare dei settori di intervento che si occupassero di multimedialità. Il lavoro dei vari settori rimane sempre e sinergicamente collegato in modo che uno spettacolo di teatro riprenda i temi di una produzione a cartoni animati o che da una proposta editoriale possa nascere un intervento rivolto alle scuole per realizzare dei cartoni animati ideati e disegnati dai bambini. Tutto questo lavoro sfocia poi nel grande progetto del parco multimediale
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de “Gli Alberi parlanti” nel quale migliaia e migliaia di bambini ogni anno possono vivere delle incredibili esperienze proprio nel campo della comunicazione. H2Ooooh, per esempio, è un progetto realizzato in collaborazione con Raidue che raccoglie degli storyboard disegnati da bambini delle scuole italiane che sono diventati dei veri e propri cartoni animati con l’aiuto degli animatori del nostro Gruppo. La Regione Veneto ha collaborato alla realizzazione di Cuccioli, ma insieme alla Fondazione Aida, avete organizzato anche un corso per animatore 3D. Il vostro lavoro si svolge anche sul territorio coinvolgendo e sensibilizzando le scuole: 58
puntate anche alla creazione di nuove leve a livello professionale? La Regione Veneto ci ha aiutati nella realizzazione del lungometraggio in animazione. Noi speriamo che questa collaborazione continui proprio nella direzione cui prima facevo riferimento, nel creare cioè dei gruppi di lavoro che riescano a inserirsi con successo nell’ambito delle produzioni in 3D. Per far questo dobbiamo creare personale altamente specializzato e soprattutto dobbiamo creare le premesse per uno sviluppo del settore. Politica, istituzioni, imprenditori devono rimboccarsi le maniche per rendere questo sogno possibile. Noi siamo pronti, speriamo che qualcosa di importante si muova.
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Nel 2009 calo degli investimenti in costruzioni del 10,6% di Antonio Gennari, Direttore Area Economia delle Costruzioni e Centro Studi dell' ANCE
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l settore delle costruzioni si trova ad affrontare una grave crisi che persisterà anche nel 2010. Gli indicatori disponibili non evidenziano segnali di ripresa e le imprese esprimono ancora valutazioni di forte preoccupazione per i ridotti livelli di attività e per l’assottigliarsi del portafoglio ordini. Tenendo conto delle valutazioni delle imprese risultanti dall’indagine rapida svolta presso le imprese associate e degli indicatori statistici disponibili, l’Ance stima per il 2009 una riduzione degli investimenti in costruzioni del 9,4% in termini reali rispetto all’anno precedente che si aggiunge al -2,3% del 2008 rispetto al 2007.
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Un’ulteriore flessione è prevista per il 2010. In tre anni, dal 2008 al 2010, il settore delle costruzioni avrà perduto il 18% in termini di investimenti. Risultati particolarmente preoccupanti segnano alcuni comparti come quello delle nuove abitazioni, che avrà perso in tre anni il 30% del volume degli investimenti. Per le opere pubbliche la riduzione è in atto da sei anni e nel 2010 gli investimenti saranno il 23% in meno rispetto al 2004. In altri termini, dopo nove anni di crescita del settore, i volumi di produzione sono tornati ai livelli osservati alla fine degli anni ’90.
Il settore delle costruzioni in Veneto In Veneto il settore delle costruzioni offre un contributo importante al sistema economico della regione sia in termini di investimenti che di occupazione. Gli investimenti in costruzioni rappresentano l’11,0% degli impieghi del Pil regionale (per l’Italia è del 9,8%) e gli occupati nel settore costituiscono il 21,0% degli occupati dell’industria e l’8,3% degli occupati in tutti i settori economici. Nel corso dei primi nove mesi del 2009, secondo la rilevazione Istat sulle forze di lavoro, il numero di occupati nelle costruzioni in Veneto subisce un calo del 3,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, riduzione superiore rispetto alla media nazionale, pari all’1,5%. In termini assoluti, nella regione, tra il quarto trimestre 2008 ed il terzo trimestre 2009 sono usciti dal settore circa 49.100 occupati. Tenendo conto delle valutazioni delle imprese risultanti dall’indagine rapida svolta presso le imprese associate e degli indicatori statistici disponibili, le stime formulate da ANCE-ANCE Veneto indicano nel 2009 una riduzione degli investimenti in costruzioni del 10,6% in termini reali rispetto all’anno precedente che si aggiunge al -4,5% del 2008 ed al -1,1% del 2007.
Nel quadriennio 2007-2010 il settore delle costruzioni in Veneto avrà perso il 23,3% (-18% il dato medio nazionale nel triennio 2008-2010). Un risultato particolarmente negativo segnerà il comparto della produzione di nuove abitazioni che vedrà ridotto di circa il 37% il volume di investimenti. Nel 2009 in Veneto gli investimenti in costruzioni, pari secondo stime ANCE-ANCE Veneto a 14.917 milioni di euro, continuano a segnare andamenti negativi in tutti i comparti di attività. Nel 2009 gli investimenti in abitazioni si riducono dell’11,6% in termini reali rispetto al 2008 (-1,9% nel 2008 rispetto al 2007). La flessione dei livelli produttivi dell’edilizia residenziale risulta come sintesi di forti perdite produttive (-20,0%) del comparto delle nuove costruzioni e del più moderato ridimensionamento dei livelli di attività del recupero abitativo (-2,5%). La minore produzione di abitazioni degli ultimi anni è ovviamente collegata all’andamento dei permessi di costruire che sono in progressiva riduzione dal 2005. Nel periodo 2005-2007, anni ai quali si riferiscono i dati Istat più aggiornati sui permessi di costruire, le nuove abitazioni cantierabili diminuiscono in Veneto del 23,8%, evidenziando
Investimenti in costruzioni in Veneto INVESTIMENTI IN COSTRUZIONI IN VENETO 2008 milioni di euro Abitazioni
Variazioni % in quantità su anno precedente 2007
2008
2009
2010
(*)
2010
(**)
9.210
0,7
-1,9
-11,6
-7,4
-6,1
- nuove costruzioni
4.779
0,3
-4,7
-20,0
-17,1
-14,4
- manutenzione straordinaria e recupero
4.431
1,0
1,3
-2,5
1,2
1,2
Costruzioni non residenziali private
4.949
-1,5
-6,7
-9,2
-16,2
-15,8
Costruzioni non residenziali pubbliche
2.067
-7,2
-10,0
-9,3
0,9
0,9
Totale investimenti in costruzioni
16.226
-1,1
-4,5
-10,6
-9,0
-8,2
(*) senza effetto Piano Casa 2 e con Piano Piccole Opere (**) effettoeffetto Piano Casa 2 e con Piano Opere Piccole Opere (*)con senza Piano Casa 2 ePiccole con Piano Fonte: - ANCE (**) elaborazione con effettoANCE Piano CasaVENETO 2 e con Piano Piccole Opere
Elaborazione Ance - Ance Veneto
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una flessione più consistente di quella osservata nella media del Nord-Est (-21,1%) e nel restante territorio nazionale (-7,5%). In Veneto, nel 2004, le abitazioni progettate avevano raggiunto 40.713 unità, nel 2007 sono state 31.028 e si stima che nel 2009 siano circa 21.000. Pertanto, già dal 2007 il numero di nuove abitazioni che arrivano sul mercato è in diminuzione. Per gli investimenti in costruzioni non residenziali private si stima una flessione del 9,2% delle quantità prodotte collegabile alle difficoltà del quadro economico generale, alla debolezza della domanda interna ed estera ed all'elevato livello di capacità produttiva inutilizzata. Gli investimenti in costruzioni non residenziali pubbliche continuano a segnare risultati negativi. Il trend negativo, in atto dal 2007, prosegue nel 2009 con una riduzione del 9,3% rispetto al 2008, dei livelli produttivi. La propensione alla spesa di investimento per la infrastrutturazione del territorio subisce negli ultimi anni un deciso ridimensionamento. Secondo la rilevazione dei bandi di gara effettuata dall’ANCE, fra il 2003 e il 2008 il valore dei lavori pubblici messi in gara in Veneto è diminuito del 34% in termini reali.
Previsioni 2010 Dall’indagine rapida condotta presso le imprese associate nel mese di settembre 2009, emergono previsioni, per il 2010, di un proseguimento della crisi che continuerà a manifestarsi con intensità più forte rispetto alla media delle altre regioni. I livelli produttivi del 2010 risultano condizionati dalla flessione delle iniziative messe in cantiere negli ultimi anni, dal rallentamento dei lavori in corso a causa delle difficoltà di finanziamento e dalle difficoltà di collocamento della produzione. Per il 2010 le previsioni di ANCE-ANCE Veneto sono orientate verso aspettative di una ulteriore flessione quantitativa degli investimenti in costruzioni che, seppur più contenuta di quella rilevata nel 2009, risulta di apprezzabile entità. 62
Il calo produttivo stimato per il 2010 si colloca fra il -9,0% ed il -8,2%. Il primo valore (-9,0%) non tiene conto del contributo che potrà derivare dal Piano Casa 2 a sostegno dei livelli produttivi del prossimo anno.
Dall’indagine rapida condotta presso le imprese associate nel mese di settembre 2009, emergono previsioni, per il 2010, di un proseguimento della crisi che continuerà a manifestarsi con intensità più forte rispetto alla media delle altre regioni.
L’acuirsi della crisi economico-finanziaria rende necessario un intervento per evitare che i ritardati pagamenti alle imprese, a fronte di lavori eseguiti, e i conseguenti problemi di cassa dei principali soggetti attuatori continuino a mettere a rischio l’attività delle imprese. Tra le cause principali dei ritardi nei pagamenti si evidenzia il Patto di Stabilità interno, ovvero quelle regole con cui il Governo controlla il livello di indebitamento netto degli enti territoriali al fine di far convergere l’economia nazionale verso i parametri di Maastricht. Per quanto riguarda i Comuni e le Province, le regole attualmente in vigore per il triennio 2009-2011 assumono come parametro di riferimento il saldo finanziario del 2007, calcolato in termini di competenza mista, ovvero assumendo per la parte corrente i dati di competenza e per la parte in conto capitale i dati di cassa. Il metodo della competenza mista, introdotta nel 2008, rende ininfluenti, ai fini del saldo finanziario, i pagamenti di parte corrente e gli impegni in conto capitale. Questo meccanismo di calcolo, se da una parte consente maggiore libertà nella programmazione di nuovi investimenti pubblici, dall’altra rende difficile la naturale trasformazione in cassa (pagamenti) della competenza (impegni). Se si considera che i soli Comuni realizzano il 43% degli investimenti pubblici, prioritariamente nel campo dell’edilizia pubblica, dell’edilizia scolastica, della viabilità e delle infrastrutture ambientali, si comprende chiaramente come le distorsioni principali di tale misura coinvolgano il settore delle costruzioni. Sono molte, infatti, le imprese di costruzioni che si trovano nella situazione di aver realizzato lavori per i quali gli stati di avanzamento non vengono pagati dagli enti locali a causa dei vincoli del Patto di Stabilità interno. Questa situazione ha determinato l’effetto perverso dell’accumulo di ingenti residui passivi in conto capitale, ovvero fondi impegnati e non spesi che stazionano nei bilanci degli enti locali. Alla fine del 2007, secondo le stime ANCI, ammontano a 44 miliardi di euro i residui passivi in conto capitale dei Comuni dei quali circa un terzo, ovvero 15 miliardi di euro, immediatamente spendibili, in particolare per opere di viabilità e trasporti, manutenzione del territorio ed edilizia scolastica. Le ultime modifiche al Patto di Stabilità interno Di fronte a questa situazione il Governo è intervenuto con alcuni provvedimenti legislativi che, seppur condivisibili nell’obiettivo di favorire la spesa per investimenti, si sono rivelati poco risolutivi. Il primo intervento in tal senso è avvenuto con l’articolo 7-quater del DL 5/2009 (convertito nella legge n. 33/2009), che disponeva, per gli enti virtuosi, l’esclusione dai saldi utili ai fini del Patto di Stabilità interno per il 2009 di alcune spese in conto capitale, quali: • i pagamenti in conto residui concernenti spese per investimenti effettuati nei limiti delle disponibilità di cassa a fronte di impegni regolarmente assunti; • i pagamenti in conto capitale per impegni già assunti finanziati dal minor onere per interessi conseguente alla riduzione dei
tassi di interesse sui mutui o alla rinegoziazione dei mutui stessi. L’ammontare di questo allentamento doveva essere, però, autorizzato dalla Regione di appartenenza che avrebbe dovuto, in sostanza, compensare la somma autorizzata mediante la rideterminazione del proprio saldo ai fini del Patto di Stabilità interno per il 2009. La Regione Veneto con la Delibera di Giunta del 26 maggio 2009 ha deliberato di non avvalersi della possibilità prevista nel DL 5/2009. L’ultima modifica per favorire la spesa per investimenti è stata la deroga prevista all’articolo 9-bis del DL 78/2009 (convertito nella legge n. 102/2009) che consentiva alle Province e ai Comuni “virtuosi” di escludere dal patto di Stabilità interno per l’anno 2009 i pagamenti in conto capitale, effettuati entro il 31 dicembre 2009, fino al 4% dell’ammontare dei residui passivi in conto capitale risultanti dal rendiconto dell’esercizio 2007. La norma, che prevedeva un limite massimo di 2.250 milioni di euro, andava nella direzione di un allentamento dei vincoli del Patto ma è risultata assolutamente insufficiente a far fronte al complesso dei crediti vantati dalle imprese nei confronti degli Enti locali. I 44 miliardi di euro di residui passivi prima ricordati, relativi ai soli Comuni, infatti, potranno essere trasformati in pagamenti per soli 1.700 milioni di euro. Sempre nell’ambito del Patto di Stabilità interno si segnala, inoltre, la possibilità per le imprese creditrici nei confronti di Regioni ed Enti locali di ottenere una certificazione, ai sensi dell’articolo 9, comma 3-bis del DL 185/2008 (convertito dalla legge n. 2/2009) e del relativo Decreto attuativo del Ministero dell’economia e delle finanze del 19 maggio 2009 (pubblicato sulla G.U. n. 157 del 7 luglio 2009), al fine della cessione pro soluto del credito presso banche o istituti finanziari. La norma richiamata, inizialmente prevista per il solo 2009 ma estesa al 2010 dal DL 194 del 30 dicembre 2009, cosiddetto “milleproroghe”, prevede che su istanza del creditore, le Regioni e gli Enti locali possano, entro 20 giorni e nei limiti del Patto di Stabilità interno, certificare la liquidità e l’esigibilità del credito al fine di consentirne la cessione pro soluto. La norma finora è stata scarsamente utilizzata. Maggiori adempimenti e la riluttanza delle banche nei confronti degli Enti locali spingono le imprese a preferire le consuete modalità di cessione del credito. Le proposte dell’ANCE L’ANCE ha avanzato alcune proposte per correggere alcune delle distorsioni più evidenti che le attuali regole del Patto determinano. 1. Escludere dal conteggio dei saldi i pagamenti per lavori coperti da mutui già contratti. Le regole del Patto non tengono conto dei mutui, ovvero di buona parte delle entrate previste nei bilanci degli Enti locali che vanno a finanziare proprio le spese in conto capitale. In questo modo nel calcolo del saldo ai fini del Patto, le spese per investimenti non vengono compensate dalle rispettive entrate. 2. Estendere al 2010 la deroga, prevista per il 2009, che consente agli enti “virtuosi” i pagamenti in conto residui oltre i limiti del Patto. è però necessario aumentare la quota ammissibile dal 4 al 10%.
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Il Piano Casa 2
Il Piano Casa 2, sul quale erano state riposte molte aspettative per la ripresa del settore, non riesce a decollare ed effetti sostanziali sui livelli produttivi si potranno manifestare solo nel medio periodo. La funzione anticongiunturale del Piano Casa è dunque mancata. Gli investimenti attivabili nel settore sono ora stimati in 29,4 miliardi di euro di cui 21,1 miliardi nell’edilizia residenziale e 8,3 miliardi nell’edilizia non residenziale. In questo scenario, in Veneto, gli investimenti potenzialmente attivabili si stimano in circa 4,4 miliardi di euro di cui 3,1 miliardi nell’edilizia residenziale e 1,3 miliardi nell’edilizia non residenziale. L’impatto sui livelli produttivi del 2010 è modesto ed è quantificato in circa 124 milioni di euro. Effetti più consistenti potranno verificarsi nel 2012 e nel 2013. Per il 2010 le imprese di costruzioni continuano ad esprimere valutazioni molto negative nei comparti della nuova edilizia abitativa e dell’edilizia non residenziale privata. Il calo di produzione dovrebbe, invece, arrestarsi per gli interventi di ristrutturazione sul patrimonio abitativo esistente e per le opere pubbliche. Al netto del provvedimento Piano Casa 2 per gli 64
investimenti in abitazioni si stima una flessione del 7,4% in termini reali rispetto al 2009 come sintesi di una riduzione del 17,1% delle nuove abitazioni e di un modesto aumento dell’1,2% degli interventi di recupero. Per gli investimenti in costruzioni non residenziali private si prevede una prosecuzione del trend negativo ad un tasso del -16,2%. Le costruzioni non residenziali pubbliche risentono positivamente dell’avvio del piano straordinario di sostegno ai piccoli lavori pubblici adottato dalla regione Veneto. L’avvio del piano straordinario di finanziamento delle piccole opere pubbliche (si veda box) che potrà attivare investimenti per un ammontare di 193 milioni di euro di cui 162 realizzabili nel 2010, consente, implementando il valore della produzione, di invertire la tendenza negativa degli investimenti nel comparto in atto da alcuni anni. Grazie a tale apporto, si stima per gli investimenti in opere pubbliche un incremento dello 0,9% in quantità. Includendo l’effetto Piano Casa 2 che, nel 2010 si valuta di modesta entità, la flessione degli investimenti in costruzioni potrebbe essere limitata all’8,2% in termini reali.
I BANDI DI GARA PER LAVORI PUBBLICI IN VENETO La domanda di lavori pubblici in Veneto, così come rappresentata dall’andamento dei bandi di gara pubblicati nella Regione, ha avuto un andamento altalenante nel corso degli ultimi 7 anni. Complessivamente dal 2003 al 2009 il numero di gare bandite è calato drasticamente (-76,5%), passando dalle 2.994 pubblicazioni del 2003 alle sole 691 dello scorso anno; l’importo posto in gara si è invece ridotto del 34% in termini reali. Il numero di bandi pubblicati è diminuito costantemente negli anni fino al primo timido segnale positivo registrato nel 2007 (+1,7%) e al +14,4% del 2008. Nel corso del 2009 la pubblicazione di bandi si è contratta mese dopo mese fino a dimezzarsi nei confronti con l’anno precedente (-53,3%), un calo molto significativo su cui pesa in parte la novità legislativa (legge 201 del 22 dicembre 2008) che ha elevato a 500 mila euro la soglia entro la quale le stazioni appaltanti possono affidare gli appalti attraverso la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara. L’andamento dell’importo complessivamente pubblicato nel corso degli anni ha registrato risultati altalenanti spesso dovuti alla pubblicazione di bandi per grandi lavori, come quello per la Pedemontana Veneta nel 2006. Nel complesso dal 2003 al 2009 il calo è stato del 34% a valori reali. Rispetto al 2008, invece, nel 2009 si registra un segno positivo (+38,6%), il valore complessivamente posto in gara è passato dai 1.542 milioni di euro del 2008 ai 2.138 del 2009. Questo incremento è principalmente dovuto alla pubblicazione di 5 bandi di importo superiore ai 100 milioni di euro ed è il riflesso di una domanda di lavori pubblici caratterizzata da dinamiche opposte per i grandi appalti e per quelli inerenti opere di piccola-media dimensione.
Bandi di gara per lavori pubblici in Veneto - Numero e importo 4.000
3.000
3.500
3.593
3.500
3.000 2.635
2.500
2.500 2.000
Media Importo: 2.015
1.808
1.499
1.442
1.500
2.138
1.542
2.000 1.500 1.000
1.000
500
500 0
0 2003
2004
2005
2006
Importo (asse sx)
Importo (asse sx)
2007
2008
2009
Numero (asse dx)
Numero (asse dx)
La legge 201 del 22 dicembre 2008 ha elevato da 100.000 Euro a 500.000 Euro la soglia di importo entro la quale è consentito affidare appalti mediante procedura negoziata (senza pubblicazione del bando). Fonte: elaborazione ance su dati Infoplus
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La ripartizione dei bandi di gara per classi di importo evidenzia come la domanda di lavori pubblici in Veneto segua due tendenze diverse. Da un lato i bandi per lavori di importo inferiore ai 18,6 milioni di euro si riducono sensibilmente rispetto al 2008, dall’altra i bandi per lavori al di sopra di questa soglia accrescono il loro valore portando in ultima istanza al risultato positivo che è possibile leggere in aggregato. La classe di importo fino ai 500 mila euro registra un vero e proprio crollo. Il numero degli avvisi pubblicati si riduce del 67,6% a fronte di una contrazione del valore del 74,1%. Una parte di questa riduzione può essere però dovuta alla sopra citata legge 201/2008 che ha incentivato le stazioni appaltanti a seguire la procedura negoziata per i lavori compresi in questa classe. Il rallentamento della domanda interessa indistintamente tutte le classi di importo in cui sono comprese opere medio piccole, e vale quindi anche per quelle classi in cui non sono intervenute modifiche normative.
Bandi di gara per lavori pubblici in Veneto di importo compreso fra 500 mila euro e 6,2 milioni di euro Numero
Importo (Mln euro)
2009/ 2008: -34,0%
351
2009/2008: -34,0%
532
541
2009/ 2008: -39,6% 895
2009/2008: -39,6%
La legge 201 del 22 dicembre 2008 ha elevato da 100.000 Euro a 500.000 Euro la soglia di importo entro la quale è consentito affidare appalti mediante procedura negoziata (senza pubblicazione del bando). Fonte: elaborazione ance su dati Infoplus
I bandi per lavori di importo compreso fra un milione e 18,6 milioni di euro sono calati del 34% in numero e del 39,6% in valore rispetto al 2008. Le classi di importo al di sopra dei 18,6 milioni di euro crescono sensibilmente nei confronti dell’anno precedente. La classe 18,6 – 50 milioni di euro raddoppia sia il numero che l’importo complessivamente posto in gara rispetto al 2008, mentre al di sopra dei 50 milioni di euro i 7 bandi di gara pubblicati nel 2009 si confrontano con l’assenza di pubblicazioni oltre questa soglia nel corso dell’anno precedente. Nel 2009 sono stati pubblicati 5 bandi di gara di importo superiore ai 100 milioni di euro per un valore complessivo di 874 milioni. è il numero più alto di bandi di gara pubblicati in questa classe negli ultimi 7 anni. La forte crescita dei bandi di gara per lavori di taglio elevato, accompagnata dal sensibile calo dei bandi per lavori di taglio medio piccolo, comporta degli evidenti cambiamenti nella struttura della domanda di lavori pubblici. Rispetto agli anni precedenti, il 2009 si caratterizza per una bassa incidenza della classe fino a 6,2 milioni di euro sul totale degli importi pubblicati (28,1%), il livello più basso degli ultimi sette anni. L’incidenza sul totale della classe oltre 100 milioni di euro, invece, raggiunge il 40,9%, vale a dire il livello più alto dal 2003 se si esclude il 2006, anno in cui è stato pubblicato il bando di gara per la realizzazione della Pedemontana Veneta (di importo pari a 2.155 milioni di euro).
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Misure anticrisi della Regione Veneto: il piano straordinario di sostegno ai piccoli lavori pubblici Il mercato dei piccoli lavori pubblici costituisce da anni una componente fondamentale dell’attività economica dell’industria veneta delle costruzioni, formata prevalentemente da piccole e medie imprese. Tra il 2005 ed il 2008, i lavori inferiori ai 500.000 euro hanno rappresentato il 60% del numero dei lavori pubblici realizzati in Veneto per un importo totale medio di circa 200 milioni di euro l’anno (pari al 11% dell’importo totale dei lavori pubblici). Nel 2009, però, il mercato dei piccoli lavori pubblici è stato caratterizzato da una forte contrazione che ha determinato un assottigliamento dei portafogli ordini delle imprese. Tale contrazione ha messo a rischio la sopravvivenza di un tessuto industriale già indebolito dalle restrizioni del credito e dai ritardati pagamenti della Pubblica Amministrazione per i lavori già effettuati. Per contrastare gli effetti di questa congiuntura negativa, la Regione Veneto ha deciso di intervenire puntando sul ruolo anticiclico degli investimenti infrastrutturali e rilanciando l’economia reale a livello locale attraverso misure volte a sostenere l’attività delle piccole e medie imprese edili. Così, a maggio 2009, la Giunta regionale ha adottato una misura volta a sostenere il mercato dei piccoli lavori pubblici in Veneto. L’intervento si basa su una proposta operativa avanzata da ANCE Veneto e consiste nel finanziamento di un Piano regionale straordinario di sostegno al settore attraverso il cofinanziamento (80% dell’importo) di piccole opere immediatamente cantierabili, di importo inferiore ai 500.000 euro e di competenza dei Comuni veneti (ma non compresi negli elenchi annuali dei lavori per il 2009). Per la realizzazione del Piano, la Regione ha stanziato circa 154,5 milioni di euro di cui 150 milioni di euro nell’ambito della Legge Finanziaria regionale per il 2010 approvata in data 9 febbraio 2010 e 4,5 milioni di euro attraverso una riprogrammazione delle risorse del Bilancio regionale per il 2009. L’importo degli investimenti che lo stanziamento è in grado di attivare, pari a 193 milioni di euro, è pressoché analogo all’importo medio messo in gara annualmente in Veneto, nel periodo 2005-2008, per lavori pubblici inferiori ai 500.000 euro. Una prima fase di attuazione del Piano prevede il finanziamento di 561 progetti, dichiarati prioritari dai comuni del Veneto interessati (1 progetto per comune) per un importo complessivo di 162,3 milioni di euro, che corrisponde ad un importo di cofinanziamento regionale di 129,8 milioni di euro. Il valore medio dei progetti ricompresi in questa prima fase è pari a 289.000 euro. I lavori di realizzazione delle opere pubbliche comunali finanziate con queste risorse dovrebbero essere avviati entro la fine del primo trimestre 2010. Considerati i tempi di realizzazione dei progetti dichiarati dai comuni, il 30% dei progetti saranno conclusi entro la fine dell’anno mentre il restante 70%, pari a circa 400 progetti, si concluderanno nei primi mesi del 2011.
Finanziamento lavori Pubblici della Regione Veneto FINANZIAMENTOdel DELPiano PIANOdi DIpiccoli PICCOLI LAVORI PUBBLICI DELLA REGIONE VENETO Importi milioni di € Importi ininmilioni di euro Regione Veneto
Comuni
(80% dell'importo)
(20% dell'importo)
I° fase del Piano
129,8
32,5
162,3
561 progetti selezionati e finanziati Avvio previsto fine I° trimestre 2010
II° fase del Piano
24,6
6,2
30,8
Progetti da selezionare e finanziare
TOTALE PIANO
154,5
38,6
193,1
TOTALE
Commenti
Fonte:elaborazione Elaborazione Ance su documenti della Veneto Regione Veneto Fonte: ance su documenti pubblicipubblici della Regione
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Crisi = Pericolo + Opportunità Abbiamo chiesto a Marco Ciabattoni, Dottore commercialista e revisore contabile, nonché Professore a contratto presso l’Università di Padova, un commento ai dati del Rapporto ANCE sul mercato delle costruzioni in Veneto.
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I dati presentati dall’ANCE sono molto negativi, ma realistici. Anche Prometeia, come altri previsori, ha pubblicato dati simili: il suo rapporto previsionale sull’economia italiana a gennaio è negativo quanto quello dell’ANCE, ma forse è un po’ più ottimista sulle possibilità di ripresa, perché ipotizza che dal secondo semestre del 2010 assisteremo a dei miglioramenti. L’indagine qualitativa eseguita dall’ANCE per capire quali sono le difficoltà maggiori che incontrano gli imprenditori per l’accesso al credito e quali sono le risposte delle banche, ha fornito dei risultati che mi hanno piuttosto sorpreso. Sia Andrea Tomat,
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Presidente Confindustria Veneto, che il Presidente ANCE Stefano Pelliciari hanno invocato un’azione concertata di risposta alla crisi a 360 gradi, cioè con il coinvolgimento di tutti gli attori economici. Questo significa che certamente la politica deve fare la sua parte e le banche la loro, ma è necessario che anche le imprese si attivino. Ricordo una battuta di John Kennedy che diceva che in cinese la parola crisi si scrive con due ideogrammi, uno significa pericolo e l’altro opportunità. Ecco, io credo che oltre a scampare il pericolo dobbiamo cogliere le opportunità. Le banche richiedono garanzie e lo fanno perché non hanno alternative. La soluzione
è insistere sulla crescita di una cultura economico finanziaria e sullo sviluppo e del controllo all’interno delle imprese, al fine di favorire il dialogo tra l’impresa e il sistema bancario. Bisogna fare in modo che le banche non siano costrette a leggere solo una volta all’anno – peraltro con un ritardo di mesi rispetto alla chiusura dell’esercizio – i dati di un bilancio strutturato secondo criteri notarili; è fondamentale che le banche possano ricevere dei flussi informativi, anche parziali (ma in ogni caso attendibili), ogni tre o quattro mesi, su quello che è l’andamento del business dell’impresa. Questo presuppone una cultura finanziaria da parte dell’impresa, che deve essere in grado di cogliere consapevolmente le opportunità del mercato, mettendo in chiaro il progetto imprenditoriale che vuole perseguire. È necessaria una presa di coscienza all’interno dell’impresa, che faccia sviluppare una maggiore cultura della comunicazione finanziaria e del controllo gestionale. Insisto molto su questo punto richiamandomi anche ad un’esperienza che abbiamo fatto recentemente con ANCE Veneto e con un gruppo di professionisti: il “tutoring economico-finanziario”. In sostanza ad un campione di una decina di imprese abbiamo affiancato un professionista qualificato, un dottore commercialista revisore contabile, che non si è sostituito all’impresa, ma l’ha supportata nella predisposizione di un report gestionale da presentare alla banca. Nella fase sperimentale i costi sono stati a carico del gruppo di professionisti, che si erano messi a disposizione volontariamente, e dell’ANCE. In una seconda fase – la fase di mercato – l’impresa deve fare un investimento in cultura finanziaria, utile per l’accesso al credito da parte delle banche. In questo modo le banche seguono l’andamento dell’impresa e conoscono con maggiore chiarezza le potenzialità e le intenzioni dell’impresa. Analizziamo però ancora più nel dettaglio i ruoli dei tre attori, cioè banche, imprese e politica. La politica ha varato il Piano Casa, che a mio avviso non è una misura congiunturale, ma strutturale. Anche la storia della sua elaborazione conferma questa interpretazione: la prima norma da cui hanno origine i Piani Casa regionali è contenuta in una legge, la 133 del
2008, che è sì una legge “anti-crisi”, ma l’iter di formazione della norma in questione, inserita nell’articolato, precede il momento della fase acuta della recessione economica.. L’intenzione di intervenire in questa direzione, dunque, era nata prima del palesarsi della crisi mondiale; è troppo presto, credo, per dire che il Piano Casa non ha funzionato, proprio perché, in quanto misura strutturale e non congiunturale, gli effetti si potranno valutare in tempi più lunghi. Quanto alle banche è necessario “educarle” a leggere lo stato di salute di un’impresa: se questo infatti non è chiaro fino in fondo, le banche reagiscono alzando i tassi o chiedendo maggiori garanzie. Le banche devono accettare di fare uno sforzo in più, accogliendo i report periodici di cui parlavo poco sopra e inserendo le informazioni qualitative che questi contengono all’interno dei processi di screening del rischio. Tra l'altro un’impresa edile non può essere valutata secondo i criteri utilizzati per una qualsiasi altra impresa, perché le sue caratteristiche sono del tutto peculiari. Se dunque, nel complesso, il quadro della situazione attuale è negativo, è fondamentale, come sempre nei momenti di crisi, cogliere le opportunità e le riflessioni costruttive che dalla crisi possono emergere. Si tratta di elevare sia il tasso di trasparenza nella comunicazione finanziaria, sia il livello culturale con cui le imprese medio piccole approcciano il tema della comunicazione finanziaria al mondo bancario: servono maggiore dimestichezza da parte delle imprese sulle metodologie economico-finanziarie e di controllo di gestione e la capacità di fornire indicazioni chiare sul progetto imprenditoriale, il business plan, per non lasciare le banche a secco di informazioni. Le informazioni inoltre vanno fornite tempestivamente: i bilanci vengono solitamente approvati a giugno e si riferiscono all’anno precedente; inoltre forniscono dati di natura tributaria e civilistica, che non esprimono a pieno il senso del business potenziale di un’impresa. La politica, infine, dal canto suo, deve mettere in condizione le imprese di poter reagire a stati di crisi attraverso norme congiunturali e non strutturali, ad esempio alleggerendo e semplificando la burocrazia». 69
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Il marchio “Qualità Veneto” Gian Angelo Bellati, Direttore Eurosportello – Unioncamere del Veneto
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l fenomeno della globalizzazione ha favorito la crescita progressiva delle relazioni e degli scambi a livello mondiale in diversi ambiti e il primo effetto ne è stato una decisa convergenza economica tra i Paesi del mondo, a vantaggio di uno sviluppo e
una ricchezza mondiali non sempre, però, rispettosi dello sviluppo sostenibile. La globalizzazione è stata attuata spesso senza regole chiare e uguali per tutti. Tra i possibili e sicuramente probabili effetti negativi della globalizzazione figura anche
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quello della minore qualità dei prodotti e dei maggiori rischi che ciò può comportare per i consumatori, anche sotto la tutela della salute. Di questa concorrenza sleale soffrono in particolar modo le piccole imprese di tutta Europa che spesso sono caratterizzate da un approccio al mercato basato sulla qualità e il rispetto dei propri consumatori e del sistema produttivo locale. è allora necessario, come dichiara lo Small Business Act (SBA) della Commissione Europea «dar vita a un contesto in cui imprenditori e imprese familiari possano prosperare e incoraggiare e sostenere le PMI 72
perché beneficino della crescita dei mercati». Attualmente sono in discussione alcune proposte di atti legislativi comunitari che, avendo come obiettivo la maggiore tutela del consumatore, prevedano di indicare obbligatoriamente l’origine sui prodotti di provenienza e fabbricazione extracomunitaria. Ciò che si desidera è mettere in grado il consumatore di identificare specifiche proprietà, caratteristiche e peculiarità del prodotto, nonché le modalità e la qualità dei relativi processi produttivi. Per raggiungere tale importante obiettivo occorre uno sforzo ed un impegno anche a livello regionale: per questo motivo alcune regioni europee e, in Italia, l’Alto-AdigeSudtirol, hanno approvato leggi per la creazione di marchi, cosiddetti “ombrello”, di qualità e di origine. Una recente indagine realizzata dal Centro Studi di Unioncamere del Veneto conferma che la maggioranza delle imprese intervistate ritiene che il marchio collettivo possa essere un mezzo importante per distinguere e valorizzare le specificità e le tradizioni dei prodotti e dei servizi veneti e per favorire l’aggregazione regionale a livello economico-produttivo. Anche il Veneto ha predisposto, quindi, su spinta di Unioncamere del Veneto e di molte Associazioni di categoria una proposta di legge regionale denominata Misure per garantire la qualità dei prodotti e dei servizi ed adozione del marchio di qualità con indicazione d’origine “Qualità Veneto”. La diffusione del marchio, basato sul rispetto di rigidi disciplinari, espressione dell’accordo delle imprese e delle associazioni dei consumatori, avrebbe l’effetto di fornire all’utente finale una forte garanzia di qualità sui prodotti che acquista e consuma. Va evidenziato, inoltre, che leggi simili sono state approvate dall’UE sia sotto il profilo della conformità al diritto europeo, sia sotto quello del rispetto della normativa sulla concorrenza.
Su questo secondo aspetto è, infatti, da rilevare che il ruolo dell’Ente pubblico (nel caso di questa proposta di legge rappresentato dalla Regione e dal sistema camerale) si sostanzia anche in investimenti a favore della promozione del cosiddetto “marchio ombrello”, promozione che diventerebbe uno dei vantaggi per cui le aziende accetterebbero le severe regole dei disciplinari che verranno definiti per categorie di prodotto a servizio. Non è da sottovalutare, altresì, l’effetto di promozione che favorirebbe soprattutto le imprese più piccole e più svantaggiate dalle regole del mercato globale. In sintesi con la proposta di legge del marchio “Qualità Veneto” si intende: • rafforzare il dialogo fra le imprese e i
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consumatori consentendo ai consumatori stessi di avere adeguate informazioni sui prodotti da acquistare al fine di tutelarne la salute e la chiara e trasparente conoscenza; • aiutare le imprese più piccole a disporre di un marchio che permetta loro di compensare la difficoltà di disporre di marchi d’azienda universalmente riconosciuti; • premiare le imprese più virtuose; • tutelare le imprese i cui prodotti vengono imitati e/o i cui diritti di proprietà intellettuale vengono violati sia a livello locale che globale; • premiare le imprese che più rispettano l’ambiente, la salute dei propri dipendenti, le risorse naturali ed energetiche, lo sviluppo sostenibile, la qualità dei prodotti.
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Difesa del suolo,
tra criticità e tagli alla spesa di Giuseppe Bucca
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e pagine di cronaca hanno riportato alla ribalta il tema delle emergenze ambientali. I rischi, con le dovute proporzioni e specificità, interessano tutto il territorio nazionale. Criticità che richiedono una capillare azione di messa in sicurezza. In Veneto i rischi derivano soprattutto dall’acqua: dal mare se si pensa soprattutto a Venezia e al rischio subsidenza dell’area del delta del Po; dai fiumi; dall’intensità delle piogge. A dispetto di questo lungo capitolo di interventi, le risorse stanziate dagli Enti pubblici, mai sufficienti in passato a coprire le reali esigenze, hanno subito consistenti tagli di budget sia a livello ministeriale che regionale. Il ministro Stefania Prestigiacomo ha denunciato il dimezzamento dei fondi riservati dal governo al suo dicastero. La Regione, poi, ha tagliato complessivamente 22 milioni dal budget destinato alla difesa dell’Ambiente. Gli ambiti di intervento, ha spiegato Giancarlo Conta, assessore all’Ambiente della Regione Veneto, sono talmente ampi e complessi che l’intervento del governo diventa essenziale per colmare i naturali limiti di azioni e di strutture dell’Ente
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regionale. Il governo risponde che a causa di un debito pubblico altissimo è indispensabile rivedere le voci di spesa. Una tendenza che riguarda tutti i Paesi europei, come spiega Jonathon Porritt, leader storico del Green Party del Regno Unito e consulente del Premier britannico Gordon Brown, in un’intervista sulle pagine di questo numero. «Ma è da matti – dice Porritt – rinunciare a investire su un qualcosa che sarà fondamentale per la competitività economica di una Nazione in futuro». Il Veneto, tra l’altro, ha già dimostrato in passato di avere tutte le capacità tecniche e di progettazione per ovviare, con provvedimenti strutturali e definitivi, ad alcune emergenze ambientali del passato, come insegna il caso del Polesine dopo l’alluvione del ’51. Il problema, come sempre, sono i fondi e una coperta, quella dei finanziamenti pubblici, troppo corta. Rassegnati all’idea di non poterla “allungare”, l’auspicio è che la coperta possa avvolgere quelle voci di bilancio che sono prioritarie, alla luce delle loro ripercussioni sulla vita della gente e sulla salvaguardia del territorio.
La finanziaria regionale ha tagliato 22 milioni destinati all’ambiente
Intervista a Giancarlo Conta, Assessore regionale alle Politiche dell’Ambiente della Regione Veneto
A
ssessore Conta, in una precedente intervista a EST, lei aveva delineato le principali emergenze per l’ambiente in Veneto. Siamo a inizio anno; è tempo di conti. A livello nazionale si è assistito al dimezzamento dei fondi ministeriali. Cosa prevede, invece, la finanziaria regionale per il 2010? La finanziaria 2010, depurata del contributo per il funzionamento dell’Arpav (circa 57 milioni, come l’anno scorso) presenta, nell’ambito della Direzione tutela dell’Ambiente, una riduzione complessiva dei fondi per quanto concerne le spese in parte corrente del 35,41% con particolare riguardo, in termini di percentuale, alla funzione obiettivo “ciclo integrato delle acque” (-322,28% rispetto al 2009) ed in termini assoluti per la funzione obiettivo “Tutela del territorio”. Per quanto concerne i fondi in conto investimento, la riduzione è del 28,10%. Tale riduzione si concentra prevalentemente nell’ambito della funzione obiettivo del “ciclo integrato delle acque” e della “Tutela del territorio”. È da rilevare come complessivamente la riduzione sia di circa 22 milioni di euro. Come giudica l’ammontare dei fondi che la Regione destina al suo assessorato? L'attenzione che l'Amministrazione presta alle tematiche dell'ambiente è sempre stata elevata e quindi anche lo sforzo economico effettuato è stato rilevante. Piuttosto il problema è che per affrontare le sfide dell'ambiente
di G. B. sono necessarie risorse finanziarie ingenti, ben superiori a quelle che il bilancio regionale può ragionevolmente mettere in gioco. Ci saremmo aspettati un maggiore aiuto, una maggiore compartecipazione da parte dello Stato, invece i fondi nazionali sono andati via via riducendosi. In questa situazione abbiamo dovuto ottimizzare la spesa individuando gli interventi più urgenti e privilegiando quelli che hanno un migliore rapporto costo/benefici. Abbiamo coinvolto gli Enti Locali in modo da far crescere la consapevolezza per le tematiche dell'ambiente, ma anche, e siamo tra i primi a livello nazionale, abbiamo chiamato a concorrere alla spesa soggetti privati attraverso l'attivazione di project financing e accordi di programma. Quali sono i settori di intervento in materia di ambiente su cui prioritariamente si concentra la spesa regionale? Gli interventi sono vincolati dal limite dato dalle risorse disponibili e dalla loro destinazione economico-finanziaria. Nell’ambito della spesa corrente i soggetti destinatari sono individuati maggiormente nel settore del privato in un rapporto di circa 1 a 2,5; rapporto che si modifica completamente nelle spese in conto investimento (circa 1 a 6 a favore dei soggetti pubblici). La tipologia dei progetti finanziati riguarda prevalentemente per la spesa corrente interventi volti all’informazione, la formazione, l’analisi e lo studio delle tematiche ambientali verso la popolazione residente nel
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territorio veneto, altresì per quanto riguarda le spese in conto investimento i progetti finanziari nell’ambito delle varie funzioni obiettivo sono volti principalmente alla realizzazione e all’ammodernamento delle strutture destinate al ciclo dell’acqua (acquedotti, fognature, ecc) e alle politiche dell’ecologia (ecocentri, isole ecologiche, ecc.). Da evidenziare, infine, che nel biennio 2009/2010, è stata posta una particolare attenzione alle azioni di bonifica del territorio con lo stanziamento annuale di un fondo di rotazione di 30 milioni di euro.
I FAS deliberati dal Cipe per la difesa del suolo quanto incidono sulla spesa complessiva? Per quali progetti la Regione ha chiesto la copertura dei fondi FAS? Con l’ultima legge finanziaria statale sono stati messi a disposizione del Ministero dell’Ambiente un miliardo di euro di fondi FAS per l’attuazione di piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico. Detta così sarebbe una bella notizia, però guardando le cose più in profondità si scopre che anche a questo stanziamento fondi si applica la ripartizione dei fondi FAS che destina l’85% del totale alle Regioni del Sud e solo il 15% alle Regioni del Centro-Nord. Come se non bastasse, poi, si scopre anche che questa dotazione si riferisce all’intero quinquennio 76
2009-2013 e cioè che sino al 2014 si vedranno poche nuove risorse. Quindi l’incidenza di questi fondi è estremamente limitata a dimostrazione del fatto che, come dicevo prima, l’intervento statale sia assolutamente insufficiente. Oltre al problema di fondi insufficienti spesso le azioni di salvaguardia del suolo e delle acque hanno sempre scontato forti ritardi. I tempi della natura non ammettono però dilazioni. Quali semplificazioni burocratiche o organizzative ritiene possano ovviare ai ritardi? Ecco, vede, tralasciamo la cronaca che non ci interessa, ma in questi giorni si fa un gran parlare di Protezione Civile e del fatto che è stata chiamata a intervenire nelle più disparate situazioni. Bene, senza voler far giudizi, questa situazione è sintomatica di un’Italia che non riesce a realizzare le opere che servono. Oramai la realizzazione anche della più stupida opera richiede che sia nominato un commissario dotato di poteri speciali, quasi fosse un super eroe. Altrimenti si finisce impantanati nelle paludi delle autorizzazioni e dei pareri, dei veti incrociati e dei comitati. Qual è il peso della Regione nell’attuazione dei piani delle Autorità di Bacino per la tutela del suolo e delle acque? La Regione è uno dei soci delle Autorità di Bacino e quindi partecipiamo attivamente e di diritto alla formazione dei piani. Certo, però, non bisogna nascondere che esiste un certo problema di “governance”. La Regione porta, all’interno delle Autorità di Bacino, che per inciso tra un po’ saranno sostituite dalle Autorità di Distretto, le proprie esperienze e capacità tecniche, ma soprattutto la propria conoscenza del territorio, inteso non solo come morfologia, ma anche come tessuto socio economico in cui si sviluppa la società veneta. Dovrebbe quindi assumere un ruolo fondamentale nella formazione dei piani, invece resta un semplice componente delle Autorità di Bacino. Questo maggiore ruolo è quanto noi stiamo chiedendo al Ministero dell’Ambiente, nel lungo iter di revisione del D.Lgs. 152/2006 attualmente in corso.
«Veneto, ti spiego i vantaggi di un’edilizia green» Intervista a Jonathon Porritt, Presidente uscente della Commissione sullo sviluppo sostenibile del governo britannico.
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ui media britannici è l’esperto inevitabile nelle discussioni sull’ambiente. Principale consigliere del principe Carlo e del primo ministro Gordon Brown, persino il leader dell’opposizione conservatrice David Cameron gli mostra sempre ampia disponibilità. Leader storico del Green Party del Regno Unito, scrittore, ambientalista, scenarista. Jonathon Porritt, presidente della Commissione sullo sviluppo sostenibile del governo britannico fino allo scorso Ottobre, è quello che si definisce un guru globale delle politiche green. In un’intervista esclusiva per EST, Porritt spiega le sue idee per un’edilizia sostenibile e come intende collaborare con il Veneto nei prossimi anni. L’industrializzazione delle società occidentali è stata caratterizzata da un ampio uso del territorio e delle risorse naturali. I risultati di questo comportamento sono oggi testimoniati da una serie di effetti irreversibili sulla natura. Qual è il modello per rendere crescita economica e sostenibilità ambientale compatibili? Questa è senza dubbio la questione più importante da risolvere in futuro. Ci siamo basati su un modello economico che ha promosso la crescita economica quasi ad ogni costo, convinti che saremmo sempre stati in grado di sistemare ogni disordine creato. Abbiamo imparato dai cambiamenti climatici che questo è semplicemente impossibile e ora ci troviamo ad affrontare notevoli
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conseguenze in termini di impatto sulla bio-diversità, sulle acque, sulle risorse naturali. Storicamente la crescita economica è stata collegata con la mera immissione di materie prime ed energia. Maggiori risorse materiali si impiegavano, maggiore era il valore economico che si credeva di ricavare. Questo approccio deve cambiare. Abbiamo bisogno di una rivoluzione nell’uso di energia e fonti naturali che consenta di ottenere la stessa ricchezza dall’impiego del minor numero possibile di risorse. Quali sono i punti fondamentali del programma di sviluppo sostenibile del governo inglese? La commissione sullo sviluppo sostenibile ha sempre adottato un approccio ampio in sintonia con l’idea di sviluppo sostenibile intesa comunemente dalla gente. Per questa ragione abbiamo posto la stessa attenzione su argomenti quali salute, formazione, benessere economico, cibo, agricoltura, rispetto a quella che riserviamo alle politiche ambientali convenzionali. Abbiamo un programma di lavoro che coinvolge sette differenti dipartimenti governativi proprio per rispettare l’ampiezza di questo approccio.
In Italia la spesa pubblica destinata alla salvaguardia del territorio e ai programmi di sviluppo sostenibile è vista come secondaria e spesso oggetto di tagli. Quanto può incidere uno sviluppo sostenibile nella competitività di una Nazione? Tutti i governi subiscono pressioni nazionali e locali affinché si riduca la spesa pubblica nei prossimi anni. Considerato lo spreco di risorse che si è fatto fino ad oggi, è tutt’altro che sorprendente. E interamente appropriato. Ma è da pazzi ridurre gli investimenti in quegli ambiti che faranno la nostra economia competitiva domani. Tagliare la spesa destinata alla formazione è auto-lesionista. Così come non ha senso trascurare la qualità del nostro ambiente. Quali sono i programmi di sviluppo su cui dobbiamo porre l’accento? I cambiamenti climatici sono la sfida principale che ci troviamo ad affrontare. Non è solo una questione ambientale, ma la più grande sfida che riguarda il nostro stesso stile di vita. Dobbiamo comprendere, tuttavia, che ci sono molti altri aspetti legati alla sostenibilità, in particolare quelli
«Mi è sempre sembrato che la gente si mostri raramente entusiasta quando si parla di sostenibilità fino a quando non comprende che molto della loro vita ha a che fare con la natura e gli interessi delle future generazioni».
che attengono alla giustizia sociale, alla salute e all’uguaglianza, a un migliore ambiente urbano e così via. Mi è sempre sembrato che la gente si mostri raramente entusiasta quando si parla di sostenibilità fino a quando non comprende che molto della loro vita ha a che fare con la natura e gli interessi delle future generazioni. Tutto ci riguarda, proprio adesso, proprio nei nostri luoghi. La crescita demografica ha portato a uno sviluppo veloce e disordinato delle città. In alcuni casi si è deviato il corso dei fiumi senza tener conto dei rischi per il territorio. Quale dovrebbe essere il modello ideale di sviluppo urbano? Anche nelle nostre città, il “capitale naturale” dal quale dipendiamo deve essere considerato una priorità più di quanto facciamo adesso: spazi verdi, alberi, fiumi, canali, laghi, stagni e così via. Abbiamo degli splendidi esempi di città sostenibili in varie parti del mondo come Malmoe, Copenaghen e vari luoghi nei Paesi Bassi. Qual è il contributo che la sua organizzazione, Forum the Future, offre al settore edile? Forum for the Future è stata fondata nel 1996. Abbiamo lavorato con un grande numero di imprese di costruzione da allora, comprese alcune multinazionali come Skanska, Balfour Beatty e Carillion. Il lavoro che facciamo dipende da priorità specifiche, ma essenzialmente il nostro compito è contribuire a un piano di edilizia efficiente e a basso impatto ambientale, mettendo le imprese nelle condizioni di valutare i notevoli vantaggi derivanti dalla costruzione di un patrimonio edilizio di valore duraturo nel tempo. A quali progetti state lavorando in Italia e in Veneto in particolare? Al momento stiamo discutendo con il sindaco di Vicenza in previsione di costituire una partnership, con l’obiettivo di gettare le basi per
Malmo, Svezia
ulteriori progetti in Veneto. L’accordo darebbe il via a qualcosa di molto interessante. I progetti di cui stiamo discutendo saranno portati avanti dall’organizzazione internazionale The Natural Step (organizzazione leader nei prototipi ci case ecosostenibili, ndr), rappresentata nel Regno Unito da Forum for the Future. Anche in Italia opera un’attiva agenzia che fa capo a The Natural Step. Traduzione di Giuseppe Bucca
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La testimonianza dei Consorzi di Bonifica
«AUMENTANO I POTERI, MA I FINANZIAMENTI SONO BLOCCATI» Intervista all’ing. Lino Tosini, Direttore del consorzio di bonifica Adige-Po di Francesco Battiston
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a recente normativa regionale ha disciplinato l’elezione nell’ambito dei consorzi di bonifica di specifiche strutture assembleari. Come cambia l’organizzazione dei Consorzi a seguito degli ultimi provvedimenti? La legge regionale 12/2009 di riordino della bonifica ha introdotto profonde modifiche a livello territoriale (i comprensori di bonifica da 20 passano a 10) e sotto l’aspetto della composizione degli organi di governo degli enti consortili. I consiglieri dell’Assemblea si riducono infatti a
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20 (in precedenza erano 30), mentre il Consiglio di Amministrazione è composto da 5 membri (in precedenza 8) di cui 4 eletti e 1 Sindaco. All’Assemblea degli eletti si aggiungono poi 3 Sindaci del comprensorio, un rappresentante regionale e un rappresentante per ogni provincia ricadente nel comprensorio consorziale. Come si vede c’è una consistente riduzione dei rappresentanti dei consorziati che, nei territori di notevoli dimensioni come l’Adige Po (122 mila ettari) penalizza la rappresentatività locale.
Quali sono in generale i compiti dei Consorzi di bonifica? Rispetto alla precedente normativa sono molto aumentate le funzioni che la Regione Veneto ha voluto affidare ai nuovi Consorzi di bonifica con la legge di riordino n° 12/2009. Oltre ai tradizionali compiti di bonifica (difesa idraulica del territorio, regolazione dei livelli idrici per evitare gli allagamenti) e di irrigazione, spetta ai Consorzi di bonifica provvedere anche alla tutela del paesaggio rurale, vallivo e lagunare e ad un importante ruolo di protezione civile. Insomma, come si può vedere un allargamento notevole delle funzioni e delle competenze (peraltro già proprie, da alcuni anni, di non pochi consorzi veneti) che fa del Consorzio di bonifica un protagonista fondamentale nella gestione del comprensorio di propria competenza. Quali sono le priorità di intervento del Consorzio Adige Po? Per il Consorzio Adige Po sono in corso lavori per 15 milioni di euro in varie parti del comprensorio nell’alto Polesine e nel veneziano nell’ambito dell’esecuzione di progetti facenti parte del Piano irriguo nazionale che prevede la razionalizzazione della pratica irrigua e la sistemazione di numerose opere idrauliche connesse, necessarie per migliorare la difesa del territorio dagli allagamenti. Di notevole interesse, in prossimità della
città di Rovigo, è il progetto di una grossa derivazione d’acqua dall’Adige per alimentare importanti canali di bonifica e irrigui. Altre opere in corso sono quelle finanziate dalla Regione (per oltre 4 milioni) per la difesa idraulica del territorio palesano, dissestato dal fenomeno della subsidenza, che garantisce, grazie al finanziamento annuo, un certo grado di intervento nelle zone con maggiori difficoltà strutturali dal punto di vista della bonifica idraulica. Come potranno essere affrontate queste priorità anche alla luce dei fondi europei che il FAS destina alla difesa del suolo? Il Consorzio, nel recente passato, ha già usufruito di fondi europei FAS che si sono dimostrati estremamente utili per l’esecuzione di opere di difesa dei centri abitati dagli allagamenti spesso causati dall’urbanizzazione non sempre coerente con la compatibilità idraulica del territorio interessato. Anche per il futuro gli eventuali fondi europei FAS potranno essere destinati a questo specifico obiettivo: garantire il razionale deflusso delle acque nelle zone che hanno subito una profonda trasformazione urbanistica. Interessate al miglioramento idraulico ci sono sia le zone residenziali che quelle industriali e artigianali in
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«I finanziamenti della Regione Veneto hanno dato una spinta importante per incidere più efficacemente nell’opera di manutenzione straordinaria del comprensorio consortile, sorto dall’accorpamento dei Consorzi Adige Canalbianco e Padana Polesana»
particolare di Rovigo, Occhiobello, Badia Polesine e Porto Viro, oggetto in questi ultimi anni di una forte espansione a fronte della quale occorre garantire un razionale smaltimento delle acque. Ricevete adeguati finanziamenti pubblici per le esigenze del Consorzio? Per quanto riguarda lo Stato siamo purtroppo molto in ritardo rispetto alla programmazione iniziale, che è stata notevolmente rallentata, del Piano irriguo nazionale. Il Consorzio Adige Po ha un complesso di progetti dell’importo di 60 milioni di euro, già inseriti ed approvati nel citato programma irriguo nazionale e solo una parte (15 milioni) ha trovato 82
finanziamento dal 2007 ad oggi. Si fa molto affidamento su questi investimenti per risolvere le grosse questioni irrigue e di bonifica idraulica presenti nel comprensorio. I finanziamenti della Regione Veneto, con l’inserimento negli ultimi anni dei fondi per la subsidenza, hanno dato una spinta importante per incidere più efficacemente nell’opera di manutenzione straordinaria del comprensorio consortile, sorto dall’accorpamento dei Consorzi Adige Canalbianco e Padana Polesana. Complessivamente, comunque, abbiamo bisogno di un investimento maggiore per risolvere in tempi relativamente brevi le problematiche idrauliche di alcune zone del comprensorio.
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Aspettando la primavera… L’ultimo scorcio di questo inverno ci regala ancora alcune interessanti mostre da visitare in Veneto; in particolare ve ne segnaliamo due. La prima, dedicata a Caravaggio, Lotto e Ribera, in corso già dal 19 novembre, resterà a disposizione dei visitatori fino al 28 marzo. I Musei Civici agli Eremitani di Padova, infatti, hanno l’onore di ospitare una selezione di circa cinquanta opere provenienti dalla fiorentina Fondazione Longhi, intitolata ad uno dei più importanti critici d’arte italiani. La mostra è dunque un tributo all’avventura collezionistica di Roberto Longhi, una delle personalità più importanti della storiografia artistica italiana del Novecento, e al tempo stesso è un affascinante viaggio nella pittura di maestri del calibro di Caravaggio, Dosso Dossi, Lorenzo Lotto e Ribera. L’allestimento è stato curato cercando di creare un ideale dialogo con le opere di proprietà della pinacoteca dei Musei Civici, molto amate da Longhi, in un percorso espositivo che abbraccia quattro secoli. Per orari e costi: www.caravaggiolottoribera.it. Dal 26 febbraio, invece, e fino al 2 giugno, è possibile ammirare, negli spazi del cinquecentesco Palazzo Sarcinelli a Conegliano (Treviso) una straordinaria esposizione dedicata a Giovanni Battista Cima (1459/60 – 1517/18 ca.): Cima da Conegliano. Poeta del paesaggio. La mostra presenta oltre 40 opere, provenienti dai principali musei di Londra, Washington, Los Angeles, Lisbona, San Pietroburgo, Venezia, Milano e Firenze. L’intento è quello di ricostruire la vicenda artistica di Cima, pittore dal classicismo raffinato, tra i principali esponenti della pittura sacra veneziana del suo tempo.
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Il Project Management Institute-Northern Italy Chapter e Federmanager hanno dato il via, a partire dal 28 gennaio 2010, ad un ciclo di 5 seminari e percorsi formativi per piccole e medie imprese, dal titolo Raccontando degustando 2010. Il PMI®Northern Italy Chapter (PMI®-NIC) è il punto di riferimento per tutti gli interessati alle tematiche del project management dell’Italia centro-settentrionale e per il nord est ha la sua sede a Verona. Ed è proprio tra Verona, Fumane e Negrar che si svolgono i cinque seminari. I primi due sono stati dedicati al processo di sviluppo di nuovi prodotti all'alba della terza rivoluzione industriale (28 gennaio) e alla gestione e pianificazione dei sistemi qualità in un’azienda agroalimentare (25 febbraio). In programma nei prossimi mesi ci sono: Progetto sicurezza di un cantiere navale, a cura di Roberto Rocchegiani (8 aprile); Six Sigma. Strategia, metodo, strumento, obiettivo per una gestione strutturata del miglioramento continuo a cura di Paola Spagnolo (6 maggio) e Progetto di turnaround piccola-media impresa nel Nord Est a cura di Federico Ferrarini (27 maggio). Per informazioni e iscrizioni: www.pmi-nic.org.
Veneto in tasca: on line una guida ai servizi Dalla fine del 2009 la Regione Veneto ha messo on line, scaricabile dal sito www.regione.veneto.it, Veneto in tasca. La Regione per te, un’utile guida per far conoscere i servizi e le opportunità che le istituzioni locali offrono ai cittadini. Si tratta di un vademecum che permette di individuare con la massima facilità tutti i singoli servizi regionali, fornendo i contatti diretti delle strutture competenti. Divisa in tre sezioni (Servizi alla persona; Economia; Ambiente e territorio) offre recapiti, indirizzi, link e informazioni di base sugli asili nido, sul servizio civile, sulla formazione, l’immigrazione ed ancora sui contributi alle P.M.I. l’imprenditoria femminile e giovanile, i contributi per l’acquisto di biciclette o sui requisiti relativi alla certificazione energetica. 48 pagine preziose da tenere in tasca, come suggerisce il titolo della guida, o meglio a portata di click.
Birdwatching: passione all’aria aperta
a cura di Federica Paoli
Anche in Italia inizia ad aumentare il numero di quanti si interessano ad una disciplina che in Gran Bretagna conta oltre due milioni e mezzo di appassionati, il birdwatching, l’osservazione e lo studio degli uccelli. La LIPU – Lega Italiana Protezione Uccelli – ha stilato un elenco delle oasi naturali e dei centri dove l’osservazione dell’avifauna può diventare un’esperienza memorabile, da fare immersi in paesaggi che tolgono il respiro. Uno dei siti più interessanti d’Italia, al confine tra l’Emilia Romana e il Veneto, è il Parco del Delta del Po, dove ogni anno, tra aprile e maggio, si tiene la International Po Delta Birdwatching Fair, fiera internazionale del birdwatching e del turismo. Tra le province di Trento e Verona merita una visita sicuramente anche l’area per l’osservazione allestita sul Monte Baldo; vicino Treviso, invece, all’interno del Parco del fiume Sile, già dal 1992, è attivo il Centro Cicogne Silea, che ha contribuito in modo determinante alla ritorno delle cicogne nella zone. Qui nell’arco dell’anno è possibile avvistare ben 133 specie diverse di volatili, tra le quali la cicogna nera e il falco pecchiaiolo. Per maggiori informazioni si veda la sezione oasi e centri del sito www.lipu.it.
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CERTIFICATA SOA OS21 OS12 OG13
BONIFICHE MONTANE INGEGNERIA NATURALISTICA RILEVATI ARMATI
Sede operativa ed amministrativa: via E. Fermi, 31/C 36078 Valdagno VI tel. 0445 402252 fax 0445 488739 mobil: 336 788309 info@piccole-dolomiti.it www.piccole-dolomiti.it
Sopralluoghi e preventivi gratuiti
La Ditta Piccole Dolomiti S.c.a.r.l. è specializzata in interventi di consolidamento di pareti rocciose, chiodature attive, passive e con barre autoperforanti, barriere paramassi, terre rinforzate, consolidamento frane, micropali, tiranti ed iniezioni anche in ambienti ridotti (interni, plinti, fondazioni, zone disagiate). Effettuiamo interventi nel campo dell’Ingegneria Naturalistica e di recupero di manufatti storici. Grazie ad una consolidata collaborazione con tecnici del settore, la Ditta Piccole Dolomiti S.c.a.r.l. propone anche interventi a pacchetto, dalla progettazione alla realizzazione.
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RETI PARAMASSI
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SISTEMAZIONI SPONDALI
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Costruire
2010 “
Immobile più che immobili, a Belluno”. Questo il senso della conferenza stampa di presentazione della nuova edizione della fiera di Longarone Costruire 2010, vetrina del settore delle costruzioni per la provincia di Belluno. Diverse le imprese aderenti anche di Ance Belluno che hanno deciso di partecipare, con l’obiettivo di incontrare durante i due weekend di apertura almeno parte delle migliaia di visitatori previsti. All’evento è intervenuto De Pra, Presidente di Ance Belluno, «Dopo due anni di segnali e di allarmi il mercato soffre sia nel privato che nel pubblico. “Costruire” è una vetrina importante sostenuta anche da una crescita degli espositori, segnale che la voglia delle imprese di reagire è forte, ed in questo devono essere facilitate. Gli imprenditori non hanno certamente paura di osare, ma ormai sono troppi i fardelli
di ANCE BELLUNO
che rallentano le imprese». Molti i temi affrontati anche in occasione del primo giorno di lavori, dai limiti burocratici del Piano Casa che non decolla, al crollo degli appalti pubblici, ai limiti del credito, per non parlare del blocco dei pagamenti e della concorrenza sleale delle imprese del Friuli e del Trentino che possono accedere a sostegni economici godendo al contempo di un mercato tutelato. In particolare secondo De Pra «questa non è libera concorrenza ed è quindi necessario allargare i vantaggi a tutti o toglierli a chi ne gode a discapito degli altri». Rilanciare il settore e le imprese di costruzione vere deve essere allora una priorità e Costruire è certamente un catalizzatore di idee ed opportunità, ma questo può solo essere il punto di partenza per rivendicare il ruolo positivo e la dignità dell’edilizia e del settore delle costruzioni. 87
ANCE Padova incontra i vertici della Cassa di Risparmio del Veneto e di Banca Antonveneta di ANCE PADOVA
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l rapporto tra il settore delle costruzioni e le banche è stato al centro di due distinti confronti organizzati da ANCE Padova il 24 novembre e il 10 febbraio scorsi, rispettivamente con il Direttore Generale della Cassa di Risparmio del Veneto, Fabio Innocenzi, e con il Direttore Generale di Banca Antonveneta, Giuseppe Menzi. Affiancati dai principali collaboratori, i Direttori Generali hanno affrontato le molte problematiche sottoposte loro dal Presidente di ANCE Padova e dagli imprenditori intervenuti: credit crunch, equity negli investimenti delle imprese, mutui per l'acquisto della prima
VISITA A KLIMAHOUSE
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casa, forte ridimensionamento nel numero di compravendite delle abitazioni durante il 2009, Basilea 2 e rating delle imprese. Il Presidente Nicolini ha espresso la forte preoccupazione della categoria per la crisi che il settore sta attraversando e che sta mettendo a rischio la sopravvivenza di molte realtà produttive. Nell’ampio dibattito tenutosi in entrambe le riunioni è emersa la disponibilità degli Istituti di Credito che hanno partecipato agli incontri a sostenere l'imprenditoria edile locale nello sviluppo di progetti immobiliari ed interventi di sviluppo sul territorio.
Anche quest’anno, per iniziativa di ANCE Padova, imprenditori e tecnici di alcune imprese associate hanno preso parte alla visita di Klimahouse, Fiera internazionale dedicata all’efficienza energetica e alla sostenibilità in edilizia svoltasi a Bolzano dal 21 al 24 gennaio scorsi. La Fiera con ben 384 aziende espositrici – dislocate su una superficie di oltre 12 mila metri quadrati – ha offerto ai partecipanti uno spaccato completo delle più recenti novità tecnologiche in materia di edilizia sostenibile e di risparmio dei consumi negli edifici.
L'ANCE incontra i “centri di spesa” per affrontare la crisi
di ANCE TREVISO
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l difficile momento attraversato dal sistema edilizio, frutto della crisi economica che investe il settore anche nella Marca trevigiana, ha indotto il Presidente dell' ANCE Treviso Claudio Cunial a dare il via ad una serie di iniziative presso i principali “centri pubblici di spesa” della provincia, al fine di capire quali potrebbero essere, in questo momento, le migliori opportunità per le imprese e, più in generale, per il comparto. In questo contesto si inserisce l'incontro che il leader dell'associazione dei costruttori ha avuto recentemente, insieme al Direttore Zelio Pirani, con il Presidente della Provincia Leonardo Muraro; nel corso dell’incontro Muraro ha fatto il punto della situazione circa le opere pubbliche programmate dall'amministrazione provinciale per i prossimi mesi. «Ringrazio il presidente Muraro per la disponibilità dimostrataci – ha sottolineato Cunial – e credo che, con tale incontro, si sia iniziato un percorso utile per il nostro comparto, che sta attraversando un momento decisamente difficile e delicato. Il nostro obiettivo è quello di confrontarci con i vari soggetti che costituiscono, soprattutto in ambito pubblico, i principali punti di riferimento per il settore
dell'edilizia e quello delle infrastrutture, e penso che le rassicurazioni che abbiamo ottenuto siano state sicuramente positive e di buon auspicio. D'altro canto, pur auspicandoci che inizi a breve la tanto invocata ripresa, siamo consapevoli che i primi mesi del 2010 saranno tutt’altro che facili; è dunque necessario e indispensabile che, come ANCE, a tutela dei nostri associati, cerchiamo di approfondire e monitorare al meglio la situazione, in modo da avere un quadro d'insieme che ci dia la possibilità di attuare una programmazione degli interventi. Da tali considerazioni è nata l'esigenza di avviare questa serie di incontri, che ritengo oltremodo utili anche per rafforzare la nostra presenza associativa sul territorio e che proseguiranno in questo periodo, sperando di trovare la stessa disponibilità riscontrata in Provincia. Il Presidente Muraro – ha aggiunto Cunial – ha fornito delle prospettive interessanti e, a questo proposito, intendiamo predisporre a breve, avendo avuto il suo consenso in merito, un incontro ad hoc con il nostro consiglio, aperto eventualmente anche agli associati, così da poter approfondire insieme, ancora più nel dettaglio, le tematiche che abbiamo affrontato». 89
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Ottimi risultati per ance Venezia al Google Challenge 2009 di ANCE VENEZIA
Imprese che vogliono competere con successo nel proprio mercato, farsi trovare da chi le cerca su internet e ottimizzare al meglio i propri investimenti pubblicitari, misurando l’efficacia di ogni centesimo speso. Per questo il Challenge premia le campagne online più efficaci realizzate da gruppi di studenti universitari che creano per le aziende degli annunci (chiamati adwords) da pubblicare sul motore di ricerca. I risultati delle imprese di ANCE Venezia sono stati eccellenti e per certi versi sorprendenti, soprattutto considerando
o scorso 21 gennaio si è svolto presso la sede di Confindustria Venezia il seminario di presentazione dei risultati del Google Challenge 2009. Si tratta di una gara di livello mondiale, che ha visto partecipare più di 1600 team provenienti da 47 Paesi e alla quale hanno preso parte anche 6 imprese del Gruppo Giovani di ANCE Venezia, super visionate dal Centro Studi e da docenti e ricercatori dell’Università di Milano. Essere presenti su Google è diventato necessario per ogni azienda ed in particolare per tutte le Piccole e Medie
che era la prima volta che alla competizione partecipavano imprese di costruzioni. Visto il successo ottenuto, la partecipazione di ANCE Venezia all’iniziativa si ripeterà anche nel 2010: l’Università di Milano, infatti, metterà a disposizione anche quest’anno 5 gruppi di studenti e 2 tutor per realizzare, per conto delle imprese partecipanti, un progetto di marketing e comunicazione online. Google metterà a disposizione, come per il 2009, un budget di 200 dollari per ogni gruppo di lavoro, oltre a tutti gli strumenti per realizzare e tracciare i risultati della campagna.
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Il Presidente di Confindustria Vicenza: «A rischio il 18% del mercato» di ANCE VICENZA
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n occasione dell’Assemblea di Confindustria Vicenza il Presidente Maurizio Trentin ha così commentato i dati sulla crisi che sta colpendo il settore. «Se il trend in questo 2010 non cambierà, il nostro settore rischia di perdere in soli tre anni il 18 per cento del mercato. A fronte di questa flessione produttiva bisogna rispondere con provvedimenti di politica economica e industriali capaci di risollevare il mercato delle costruzioni». Nell’aprire i lavori dell' appuntamento annuale della sezione costruttori, tenutasi a palazzo Bonin Longare sono stati declinati alcuni numeri preoccupanti che attestano la contrazione del comparto: (-9,4% nel 2009, stime di una ulteriore riduzione del 7,1% nell'anno in corso) e le soluzioni che potrebbero dare nuovo ossigeno sia all'industria edile che al mercato immobiliare. «Siamo di fronte ad una crisi mai vista, che per l'intero comparto ha i caratteri di svolta epocale. Servono perciò scelte strategiche nuove, sia sul fronte del modello organizzativo delle nostre imprese che sul versante delle regole e dei provvedimenti anticrisi». Durante il suo intervento il Presidente Trentin ha poi aggiunto che «servono sgravi fiscali per chi costruisce (riduzione dei costi aggiuntivi sull'Iva) e forme incentivanti per chi oggi acquista la prima casa (di classe A o B, ad elevata efficienza energetica)». Il Presidente ha quindi criticato il Patto di stabilità imposto dalla legge agli enti locali.
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«Nel settore dei lavori pubblici la contrazione delle risorse ha effetti drammatici e il Patto di stabilità si sta confermano un provvedimento devastante per le nostre imprese. Anche moltissime nostre amministrazioni hanno bloccato i pagamenti delle somme dovute alle imprese su lavori regolarmente eseguiti e contabilizzati. Il paradosso è macroscopico: per obbedire alle regole della finanza pubblica, le amministrazioni sono costrette dalla legge a non rispettare i contratti che hanno stipulato. Così non si può andare avanti». Dopo aver auspicato l'intensificazione di accordi tra pubblico e privato «come già sta accadendo nelle prime esperienze regionali di concertazione urbanistica inseriti nei Pat (Piani di assetto del territorio)» ha quindi concluso invitando il governo a mettere in campo iniziative di sostegno a favore del settore, ed in particolare per le piccole e medie imprese. Durante l’incontro il Presidente nazionale dell'ANCE, Paolo Buzzetti, in video conferenza, si è detto particolarmente preoccupato: «Da due anni ci confrontiamo con un trend negativo, che si traduce in un forte calo del lavoro e dell'occupazione. E le prospettive ci dicono che il 2010 sarà ancora un anno difficile, soprattutto nel Veneto. Sul fronte dei lavori pubblici le piccole opere cantierabili devono partire subito. Per ridare tono al mercato immobiliare l'unica strada da perseguire è quella degli incentivi e degli sgravi fiscali».
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Registrazione
13.45
Inizio lavori con presentazione LINEA ECO KLIMA Geom. Giuseppe Mosconi, coordinatore, Consulente Esperto CasaClima
14.00
Saluto ai partecipanti Istituzioni Patrocinanti
14.15
Il concetto CasaClima: aspetti progettuali, costruttivi ed esempi di realizzazioni arch. Barry Van Eldijk, professionista, docente Agenzia CasaClima
15.00
Il nodo serramento nelle costruzioni a basso consumo Arch. Paolo De Martin, professionista, docente Agenzia CasaClima
15.45
La marcatura CE, le novità 2010 Dott. Alessandro Cibin, responsabile tecnico di Treviso Tecnologie (CERT)
16.15
Pausa caffè e spazio dedicato all’incontro con aziende specializzate nel settore
17.15
Modelli urbanistici innovativi per la riqualificazione energetica delle preesistenze edilizie Arch. Stefano Fattor, professionista, docente al Master CasaClima presso Libera Università di Bolzano
18.00
Discussione sul tema involucro-impianto con i relatori e tecnici specializzati nel settore – dibattito
18.45
Rinfresco
Aziende presenti:
La partecipazione è gratuita, si accettano le prime 300 iscrizioni pervenute. Il modulo di iscrizione è scaricabile dal sito: w w w . l i n e a e c o k l i m a . i t
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Efficienza energetica e risparmio energetico secondo Schneider Electric Il reale significato dell’efficienza energetica e le modalità per una sua attuazione non sono ancora una conoscenza diffusa. Cominciamo col fare chiarezza sui due approcci che in Schneider Electric vengono definiti rispettivamente di Efficienza Energetica Passiva (Passive Energy Efficiency) e Efficienza Energetica Attiva (Active Energy Efficiency). Per molti il concetto di controllo dei consumi energetici ruota intorno ai fattori termici dell’edificio, con interventi quali l’isolamento, la posa di doppi vetri e altre misure contro la dispersione di calore. Per altri la parola chiave è invece l’illuminazione, spesso limitando il tutto all’installazione di sistemi a basso consumo. Infine, per chi ha bisogni importanti in termini di riscaldamento la soluzione consiste nella scelta di caldaie efficienti. Quelle elencate sono tutte contromisure passive perchè non intervengono sull’effettivo risparmio dell’energia consumata. Diversamente l’Efficienza Energetica Attiva (Active Energy Efficiency) si ottiene non solo installando dispositivi e strumenti a basso impatto energetico, ma anche con un controllo degli stessi, che permetta di ottimizzare il consumo energetico; il controllo e monitoraggio è fondamentale per ottenere il massimo livello di efficienza energetica, ad esempio, per quel che riguarda l’illuminazione, questo può avvenire tramite temporizzatori, crepuscolari, rilevatori di movimento, presenza e/o luminosità. È facile comprendere come interventi per automatizzare impianti che permettano di misurare, controllare e analizzare l’utilizzo dell’energia, offrano risultati concreti nel tempo ad un costo relativamente modesto, se comparati anche ai costi ed investimenti in competenze tecniche necessarie a gestire in sicurezza soluzioni nel solo perimetro termico. La maggior parte delle soluzioni di controllo possono essere ammortizzate in pochissimi anni, dati i costi sempre crescenti dell’energia.
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Un ulteriore elemento che spinge ad implementare piani di Active Energy Efficiency è il rispetto, sempre più pressante, degli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto: nel settore dell’edilizia ad esempio è certo che, se non si interverrà energeticamente anche sugli edifici esistenti, oltre che sui nuovi, sarà impossibile raggiungere gli obiettivi entro il 2020.
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L’Unione Europea ha ratificato il Protocollo di Kyoto nel 2002 e si è impegnata a ridurre le emissioni di gas effetto serra dell’8% riducendo le emissioni di CO2 del 20% entro il 2020. La domanda crescente di energia, l’inquinamento del pianeta e il riscaldamento derivante dalla produzione e dall’uso della stessa energia impongono a tutti di affrontare la sfida energetica. Grazie alla sua esperienza e competenza Schneider Electric è in grado di offrire ai propri clienti un approccio veramente integrato all’Efficienza Energetica attiva, mediante prodotti, servizi e soluzioni per i settori industria, infrastrutture, terziario, residenziale e data center, che consentono di ridurre fino al 30% i consumi di energia elettrica. Non si può fermare la crescita del fabbisogno di energia della popolazione mondiale, ma si può cambiare il modo di utilizzarla. Affrontiamo insieme la sfida energetica.
Trasporti 27 %
Residenziale 16 %
Commerciale 8%
Industria 49 %
49 % Riscaldamento locali 16 % Riscaldamento acqua 7 % Illuminazione 7 % Raffreddamento 5 % Refrigerazione 5 % Cottura Combustibile 4 % Elettronica 62 % 4 % Lavaggio/Asciugatura 3 % Altro Elettricità 38 %
23 % Riscaldamento locali 17 % Illuminazione 10 % Riscaldamento acqua 8 % Raffreddamento 6 % Elettronica 5 % Refrigerazione Combustibile 4 % Ventilazione 50 % 4 % Cottura 23 % Altro Elettricità 50 %
40 % Calore Processo 27 % Caldaie 13 % Sistemi a motore 5 % Riscaldamento edifici 4 % Illuminazione e altro 4 % CHP Combustibile 2 % Raffreddamento processo 9 % Altro 85 % Elettricità 17 %
Percentuali di consumi energetici che mostrano le aree chiave dell’utilizzo di energia divise per tipo.
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