FACOLTÀ DI ARCHITETTURA
Università Iuav di Venezia
Corso di laurea in scienze dell’architettura
VIAGGIO DI STUDIO SVIZZERA 30 marzo - 2 aprile 2011 Franca Pittaluga Anna Valastro #269043 Schaulager - Art Warehouse Herzog & De Meuron 1998-2003 Ruchfeldstrasse 19 Münchenstein CH-4142 Basel
SCHAULAGER
un ibrido urbano nato dalla terra di Anna Valastro
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o Schaulager (letteralmente dal tedesco “deposito per l’arte”) nasce come edificio ibrido per una pura esigenza spaziale richiesta dalla Fondazione Emanuel Hoffmann, la cui collezione trova qui il suo spazio di immagazzinamento ed esposizione, protetta dalle ideali condizioni ambientali –clima, temperatura e livello di umidità, fornite dall’edificio. Lo Schaulager è infatti un istituto completamente dedicato alla cura dell’arte contemporanea –alla sua conservazione, alla ricerca e all’accumulo ordinato. «Uno spazio anticonvenzionale e scenografico dove conservare, ma anche mettere in mostra una vasta collezione, 650 opere di 120 artisti differenti»¹. ALL’ORIGINE DEL PROGETTO La fondazione Emanuel Hoffmann fondata nel 1933 disponeva inizialmente della Kunsthalle di Basilea per la sua limitata collezione originaria, ma già nel 1941 essa viene trasferita nella Öffentliche Kunstsammlung Basel sotto prestito permanente. Le opere della collezione furono successivamente esposte al Kunstmuseum di Basilea e poi di nuovo trasferite nel 1980, anno della sua apertura, al Museo di Arte Contemporanea. La collezione, soprattutto negli ultimi vent’anni, è cresciuta in modo considerevole e, aspetto da non dimenticare, ne fanno parte oggetti d’arte dai formati enormi e inconsueti e creati con l’ausilio dei nuovi media, includendo anche numerose installazioni di stanze intere: in particolare due opere di Katharina Fritsch e Robert Gober
che sono così grandi e difficili da installare da superare di gran lunga le risorse disponibili dei musei. La collezione era diventata talmente sterminata da rendere possibile l’esposizione di solo un ristretto numero delle opere, mettendole in mostra nei vari musei di Basilea. Fino al 2003 le opere non esposte erano state smantellate dalle loro installazioni e inscatolate in condizioni di conservazione in un deposito. Ciò significava che la maggior parte delle opere non potesse essere vista e inoltre gli effetti dell’immagazzinamento a lungo termine sui materiali inconsueti delle opere non poteva essere predetto e controllato –una situazione che non era auspicabile né per le opere d’arte né per le ambizioni della fondazione. IL CONCETTO Maja Oeri, l’attuale presidente della Fondazione, capì che l’unica soluzione possibile fosse creare un ulteriore spazio museale, che comprendesse in sé il concetto di area di deposito dell’arte ma anche l’essenza di un museo: se le opere d’arte fossero state accumulate non impacchettate, ma installate propriamente, sarebbero state accessibili sia per la ricerca sia per i propositi di restauro. La sua idea concretizzava il concetto di un nuovo tipo di istituzione per l’arte contemporanea, qualcosa che non era né un museo né un tradizionale magazzino. La Oeri diede a questo nuovo modello un nome: Schaulager, ossia “esposizione/deposito dell’arte”.
¹ Schaulager: un deposito per l’arte di Herzog & De Meuron, An architecture report, Sezione Architettura DOMUS, 26 maggio 2003
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Nel 1998-99 Maja Oeri crea la Fondazione Laurenz per finanziare il progetto, la cui realizzazione grafica e formale inizia proprio in questo periodo. Viene comprata un’area che è tradizionalmente utilizzata per la collocazione di magazzini, nella punta sud di Münchenstein/Basel, e viene contattato il celebre studio di architettura di Herzog & de Meuron. La costruzione inizia nel 2000 e il 24 maggio 2003 lo Schaulager viene inaugurato con una retrospettiva dell’artista Dieter Roth. Lo Schaulager diventa così la “casa” delle opere d’arte della collezione che non sono attualmente in esposizione. Il concetto dello Schaulager è prima di tutto la risposta alle vecchie e nuove esigenze del deposito delle opere di arte visiva. Non dispone più di scatole e imballaggi ma trasforma i suoi atri e le sue sale di esposizione in strutture autonome, indipendenti da qualsiasi museo, con specifiche qualità e funzioni, configurando degli spazi dinamici. Il suo è un programma che permette alle opere d’arte di trascorrere la propria esistenza dietro le quinte delle presentazioni pubbliche. Non solo: ulteriori attività e progetti sono basati sullo scambio e la collaborazione tra gli specialisti nel campo dell’arte, gli studenti e i ricercatori e sull’organizzazione di eventi, simposi e progetti di ricerca in associazione con la Laurenz Assistant Professorship dell’Università di Basilea. Lo Schaulager è principalmente aperto ad un pubblico specifico: operatori museali, conservatori, curatori, ricercatori, studenti e professori. Per esposizioni occasionali, eventi speciali e per le due monumentali installazioni permanenti della Fritsch e di Gober lo Schaulager è accessibile anche da un pubblico esterno. A scopo di insegnamento e ricerca resta aperto tutto l’anno, mentre non sono possibili visite alla collezione Hoffmann e all’architettura stessa dello stabile. L’EDIFICIO Gli architetti Herzog & de Meuron hanno progettato per lo Schaulager uno spazio piuttosto inusuale. La loro missione: creare un deposito aperto per l’accumulo di Di fianco al testo: gli interni delle sale d’esposizione dal piano terra verso il piano interrato e l’apertura paesaggistica che illumina gli uffici.
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Progetto: Schaulager, deposito per l’arte contemporanea Anno: 1998-2003 Cliente: Emanuel Hoffmann Foundation Architetti: Jaques Herzog, Pierre de Meuron, Harry Gugger (partner), Philippe Fürstenberg, Cornel Pfister (architetti responsabili), S. Adolf, N. Hatz, I. Huber, J. Johner, C. Müller, K. Ritz, M. Schmidt, F. Stirnemann, L. Weber, M. Zimmerli (team di progetto) Consulenti: Zachmann & Pauli (ingegneri strutturali), Amstein & Walthert (ingegneri di servizi tecnici e illuminazione), Vogt (paesaggio), GSG Project Partner AG (gestione della costruzione), Martin Lienhard (acustica), selmoni (installazioni elettriche), Rapp Ingegneure, Planer (traffico)
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pezzi d’arte contemporanea che offrisse condizioni climatiche ottimali, una combinazione tra museo pubblico, magazzino artistico e istituto di ricerca, conservazione e diffusione, come previsto dalle richieste. Invece di un anonimo deposito, l’enorme edificio è stato concepito per produrre uno spazio specifico e unico nel suo genere. La natura dell’incarico L’obiettivo era quello di creare «un deposito per pezzi d’arte che avrebbero dovuto occupare meno spazio che in un contesto museale grazie al fatto di essere appesi sulle pareti e disposti sul pavimento più ravvicinati»². E per il raggiungimento delle adeguate condizioni climatiche sarebbe dovuto essere accessibile solo su appuntamento. Ci sarebbero dovuti essere svariati spazi realizzati a puntino per quelle installazioni che per le loro straordinarie dimensioni o sfide tecniche di allestimento non avrebbero potuto essere esposti al meglio al Museo di Arte Contemporanea. «Uffici e laboratori, un auditorium e le necessarie strutture per il carico e lo scarico delle opere d’arte completavano il programma progettuale»³.
Nei loro primi schizzi, gli architetti hanno cercato di ridurre e concentrare l’idea di deposito nel modo più diretto possibile in un singolo piano verticale e orizzontale. Un muro enorme avrebbe dovuto sostenere tutte le opere parietali, appese una accanto all’altra come in un negozio di seconda mano; gli altri pezzi sarebbero stati distribuiti sul pavimento senza alcuna partizione verticale. Questo tipo di sistemazione avrebbe permesso una vista globale della collezione in un sol colpo d’occhio. Considerazioni tecniche e curatoriali di manutenzione e trasporto hanno presto indirizzato il progetto in una direzione differente: era chiaro che un normale magazzino con i piani e le pareti di uno stabile qualunque e un grande altezza coperta avrebbe fornito i vantaggi migliori e paradossalmente anche la più alta flessibilità. Di conseguenza, lo studio Herzog & de Meuron cercò di «sviluppare un concetto architettonico che esprimesse l’idea di deposito e impilamento su piani in maniera visiva: come qualcosa di stabile e duraturo in forte e aperto contrasto con gli asettici magazzini informatizzati dei nostri giorni realizzati in materiali da costruzione leggeri»⁴.
Pianta del piano terra e sezione scala 1:1500 1. Struttura d’entrata (gatehouse) 2. Entrata al “display-store” 3. Hall a tutta altezza 4. Biglietteria/Caffè
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² Luis Fernàndez, Herzog & De Meuron 1978-2007, Arquitectura Viva Galiano ed., Madrid 2007, p. 212 ³ Luis Fernàndez, Herzog & De Meuron 1978-2007, Arquitectura Viva Galiano ed., Madrid 2007, p. 212 ⁴ Luis Fernàndez, Herzog & De Meuron 1978-2007, Arquitectura Viva Galiano ed., Madrid 2007, p. 212 citando gli stessi H&deM
Consegne Sala seminari Auditorium Esposizioni
Distribuzione degli spazi Il magazzino a forma di pentagono irregolare adibito a deposito dei pezzi è distribuito sui tre piani superiori, all’ingrosso 7250 m² dell’area totale di 16,500 m². Sono disponibili 3,650 m² di piano terra e di seminterrato per le esposizioni. Le installazioni permanenti di Robert Gober e Katharina Fritsch occupano rispettivamente 260 e 390 m² per un’altezza di 28 m. L’ufficio amministrativo e le sale per ricevere i clienti su appuntamento occupano 800 m². Il dipartimento di manutenzione e i laboratori occupano altri 800 m². L’auditorium da 144 posti e la sala per seminari e conferenze occupano insieme 250 m². Strutture tecniche e di altro tipo dispongono dei restanti 3100 m². Le consegne non sono esiliate sul retro, bensì in sintonia con il nome dell’edificio, nomen omen, sono esposte alla vista. L’area delle consegne, la caffetteria e il foyer sono visivamente collegati e possono essere utilizzati per eventi speciali.
In basso e di lato: piante scala 1:2000 e prospetti scala 1:1000 dell’edificio. In alto: Già dai primi modelli, l’idea di un magazzino per la conservazione e il deposito di pezzi d’arte prende la forma di un pezzo di roccia poligonale, distaccandosi completamente dalle tipiche strutture informatizzate lucenti e asettiche.
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Un corpo solido I pesanti muri perimetrali di calcestruzzo armato spessi 60 cm sono stati costruiti a strati e la loro superficie esterna grattata. Dopo la rimozione dei casseri la superficie è stata colpita per acquisire la sua naturale apparenza terrosa attuale. I muri così lasciano i ciottoli delle escavazioni dell’edificio a vista. Questi strati di materiali non sono solamente una semplice espressione visiva del peso e dell’accumulo, ma come risultato della loro ingente inerzia, un fattore essenziale per il controllo climatico degli interni del magazzino. «Una forma solida “intelligente” in grado di mantenere una temperatura interna di 21°C e un livello di umidità del 50%»⁵ evitando tempi lunghi e alti costi di realizzazione riciclando il materiale di scavo. L’aspetto esteriore è la diretta e pragmatica conseguenza della geometria degli spazi interni e delle costrizione esterne, ossia le distanze minime dal confine del lotto come stabilito dal codice delle costruzioni. Il risultato è «un edificio poligonale che sembra esser stato estruso da terra con materiali ottenuti dal sito stesso»⁶. Sul prospetto che affaccia su Emil-FreyStrasse, il poligono presenta una rientranza molto accentuata, che crea una specie di corte, di modo che l’entrata sia ben visibile da grande distanza. Un piccolo edificio dal tetto spiovente, una casa in miniatura, interamente rivestita dello stesso terroso materiale dello stabile, sembra sia stata messa a guardia proprio di questo ingresso. Questa piccola gatehouse insieme all’arretramento della facciata forma una sorta di corte urbana che trasmette il senso di un luogo aperto al pubblico. Lo Schaulager così non appare come un anonimo magazzino piazzato nell’indefinita periferia urbana, ma piuttosto «un luogo che di solito appare quieto e tuttavia attivo e sicuro di sé, capace di espandere la dimensione pubblica della città di Basilea verso sud, attraverso il nuovo distretto di Dreispitz/Münchenstein»⁷. Il carattere urbano e pubblico di questo nuovo spazio è sottolineato dai due larghi schermi a cristalli liquidi, detti “gli occhi del mondo”, posti sopra la hall d’entrata, che trasmettono
immagini e rivelano informazioni concernenti l’arte depositata e conservata nell’edificio dall’interno verso l’esterno, con l’obiettivo di creare ulteriore comunicazione tra gli spazi. «I due architetti per questa facciatashow hanno tratto ispirazione dagli schermi dei cinema drive-in, inserendo i due schermi murali a completa disposizione degli artisti: le immagini sono visibili anche dal passaggio dei tram e delle auto»⁸.
⁵ Frank Kaltenbach, Schaulager in Basel, Art Display-Store in Basel, Der aktuelle Bau, DETAIL 2003 7/8 p. 767 ⁶ Luis Fernàndez, Herzog & De Meuron 1978-2007, Arquitectura Viva Galiano ed., Madrid 2007, p. 212 citando gli stessi H&deM ⁷ Luis Fernàndez, Herzog & De Meuron 1978-2007, Arquitectura Viva Galiano ed., Madrid 2007, p. 212 ⁸ Frank Kaltenbach, Schaulager in Basel, Art Display-Store in Basel, Der aktuelle Bau, DETAIL 2003 7/8 p. 767
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In questa pagina: Dettaglio della sezione finestrata dell’edificio: propsetto sezione quotato. Nella pagina seguente: La tavolozza generale delle texture usata è stata acquisita con metodi differenti: il graffiamento manuale del cemento fresco, il frottage o la riproduzione di un tubo dentato su terriccio e ghiaia di granulometria diversa.
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ne che cela una vera e propria linea programmatica di azione nei confronti dei progetti. La tattica mutevole con la quale H&deM affrontano ogni processo creativo sembra riferirsi ad una strategia lineare, chiara e costante nel tempo»¹⁰. Esempi significativi sempre a Basilea sono gli appartamenti in Schützenmattstarasse del 1992 dove la schermatura di scuri metallici (che riprende il disegno dei tombini della città) tra interno e esterno viene trattata come una membrana mobile a seconda delle esigenze in un continuo dialogo con la strada e nel mimetismo con le preesistenze e la cabina di segnalazione 4 Auf dem Wolf per le ferrovie statali, del 1995 (poi ripetuta per altre torri di controllo di scambi ferroviari) in cui la pelle in lamelle di rame, ripiegate in punti strategici, ne rappresenta l’identità e l’integrazione al sito. «Le loro opere risultano però casi isolati che trovano motivo fondante per una riproposizione nelle identiche condizioni legate al contesto e alle esigenze del programma. […] Inoltre la quantità delle proposte o delle diverse soluzioni progettuali da loro adottate è veramente impressionante ed è rimasta una costante nel corso degli anni»¹¹.
Muri, finestre e superfici come paesaggi digitali «Il merito dei progetti di H&deM è di aver coscientemente identificato la superficie di rivestimento con l’immagine che l’edificio deve fornire; questo binomio è diventato fin dall’inizio il tema dominante delle loro opere»⁹. Il pietrisco recuperato dai materiali di escavazione è stato usato per rivestire i muri e determina anche le forme e le strutture delle superfici di altre parti dell’edificio, sia all’esterno che all’interno. Un rivestimento caratterizzato come una pelle che nasce quindi strettamente legato al programma funzionale. La scelta delle pelle come scelta obbligata dalle necessità funzionali e concettuali sembra essere «l’aspirazioNelle foto: appartamenti in Schutzenmattstrasse, lotto gotico e particolare della schermatura delle logge. ⁹ Alessandro D’Onofrio, Herzog & De Meuron: Anomalie della norma, Ed. Kappa, Roma febbraio 2003 p. 66 ¹⁰ Alessandro D’Onofrio, Herzog & De Meuron: Anomalie della norma, Ed. Kappa, Roma febbraio 2003 p. 50 ¹¹ Alessandro D’Onofrio, Herzog & De Meuron: Anomalie della norma, Ed. Kappa, Roma febbraio 2003 p. 61-62
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Partendo dal fatto che il rivestimento esterno continuo non sia poi così attraente, l’unica concessione è la profonda apertura frastagliata delle finestre che illuminano la sala dei seminari e gli uffici: le loro linee ricordano forme naturali. In realtà, sono forme calcolate e prodotte da strumenti di software digitali che riproducono a larga scala il motivo delle forme naturali dei ciottoli. Il risultato è quello di una sorta di paesaggio artificiale-naturale all’interno delle aperture delle finestre. I progettisti hanno utilizzato lo stesso profilo di paesaggio digitale per le linee delle pareti e dei soffitti della hall d’entrata. Una specie di struttura superficiale bianca e impeccabile fuoriuscita dal profilo di una cava. Per contrasto i fogli di metallo bianco latte scelti per il rivestimento dell’auditorium, per le porte e per i cancelli rappresentano una traduzione ancor più diretta dei modelli naturali delle superfici del pietrame –letteralmente, un primitivo processo di frottage che è stato trasferito su un motivo a stampo in scala 2:1. Visione d’insieme dalla hall d’entrata I pannelli del soffitto di tutti i piani interni sono tagliati in modo da produrre uno spazio a forma di atrio uguale per altezza all’edificio. Il sorprendente effetto prospettico di questo andito si fonda nei due più semplici elementi basilari di un magazzino: i pannelli del soffitto, che qui sono trattati in modo da apparire impilati, e l’illuminazione, che è organizzata in una disposizione severamente lineare. Questa hall offre una visione d’insieme di tutti i livelli spaziali dell’edificio e fornisce le viste dei vari piani a distanza. I due piani più bassi in particolare si aprono immediatamente appena si entra: qui sono collocate le sale per le esposizioni temporanee e per le installazioni permanenti di Gober e Fritsch. Gli spazi sono alti sei metri e possono essere divisi usando partizioni mobili. I piani superiori sono suddivisi in cellule e sono utilizzati come area di deposito per la collezione. Esternamente lo stabile ha il pieno diritto di essere considerato un’opera d’arte, evocando l’impressione di qualcosa di fragile con le sue facciate erose forse dalla
Nelle foto: particolare del rivestimento in rame, che oltre a rivestire come una pelle la torre funge da gabbia di Faraday e protegge gli strumenti. Torre di controllo per gli scambi ferroviari, stazione SBB, Basilea.
pioggia e dalla vegetazione o i resti di qualche antico monumento, una piramide o una ziqqurat. Il rivestimento, trattato come una pelle, che H&deM applicano con maestria in ogni loro progetto provoca la percezione delle componenti primarie, della configurazione globale, della superficie generando delle forti emozioni come eventi straordinari al di fuori della quotidianità, «una potenzialità che si concretizza solamente quando
si è compiuto l’intero percorso di avvicinamento all’oggetto, da una distanza considerevole fino alla prossimità dell’involucro, per quanto riguarda l’esterno»¹², in uno stile riconoscibile facilmente identificabile come un prodotto dello studio H&deM. «Ma Jaques Herzog lascia cadere le interpretazioni personali dichiarando “Abbiamo solo voluto realizzare un edificio totalmente pragmatico”»¹³.
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Nelle foto: in alto vista dalla strada e la vista interna dal graffio. In basso in serie: interno della caffetteria, dell’ingresso, degli uffici, dell’auditorium ¹² Alessandro D’Onofrio, Herzog & De Meuron: Anomalie della norma, Ed. Kappa, Roma febbraio 2003 p. 51 ¹³ Frank Kaltenbach, Schaulager in Basel, Art Display-Store in Basel, Der aktuelle Bau, DETAIL 2003 7/8 p. 766
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BIBLIOGRAFIA _Alessandro D’Onofrio, Herzog & De Meuron: Anomalie della norma, Ed. Kappa, Roma febbraio 2003 _Luis Fernàndez, Herzog & De Meuron 1978-2007, Arquitectura Viva Galiano ed., Madrid 2007 _Frank Kaltenbach, Schaulager in Basel, Art DisplayStore in Basel, Der aktuelle Bau, DETAIL 2003 7/8 _Schaulager: un deposito per l’arte di Herzog & De Meuron, An architecture report, Sezione Architettura DOMUS, 26 maggio 2003 _http://www.schaulager.org _http://adesignideas2.blogspot.com _http://europaconcorsi.com/projects/121007Schaulager _http://www.archdaily.com
FOTO In copertina: scatto personale Scatti personali (p. 8 in basso a sinistra, p. 10 la torre di controllo e il suo rivestimento), scatto di Gianluca Francescato (p. 8 in alto a sinistra), Margherita Spiluttini (p. 13 interno gatehouse), Christian Richters (p. 3-12), Ruedi Walti (p. 8 le texture piccole, p. 11 gli interni), flickr (p. 9, gli appartamenti in Schutzenmattstrasse e il particolare della schermatura), europaconcorsi (pp. 1, 6, 11), adesignideas (pp. 2, 6, 11), DETAIL (p. 4 pianta e sezione), H&deM 1978-2007 (pp. 5-7 piante, pro-spetti, modelli, sezione costruttiva)
Nelle foto: la gatehouse, il cui tetto a spioventi costituisce un’immagine archetipica, sta a guardia dell’ingresso a corte, generato dalla facciata arretrata, che è tagliata da assenti aperture a forma di cunei.