Giulia: una gita sui generis

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Giulia: una gita sui generis (di LucreziaS.) Non so neanche io perché sto scrivendo questo; è una pazzia. Ma è più forte di me, e devo per forza ricordare quanto mi è accaduto. Quest'estate sono andata a fare una gita nell'isola di San Giulio, in mezzo al lago d'Orta. Ero molto impaziente di vedere la chiesa fondata da San Giulio (che si chiama come me), e magari la sua tomba, proprio lì dove giacevano i suoi resti, dal 390. Arrivai in tarda mattinata con i miei genitori, e per un po' restammo sulla riva a scattare foto di noi con dietro il lago, in attesa del battello che ci avrebbe portato sull'isola alle due del pomeriggio. A mezzogiorno mangiammo i panini e focacce che ci eravamo portati da casa, e gironzolammo nei dintorni. All'una e mezza ci incamminammo verso il molo dove mezz'ora dopo arrivò la barchetta, puntualissima. Salimmo a bordo, e durante la traversata una ragazza del luogo mia coetanea mi raccontò un'interessante leggenda: quella sull'isola era la centesima e ultima chiesa fondata da San Giulio, e si diceva che, per arrivare alla meta, il santo avesse steso il suo mantello sulle acque; poi, con le sue parole, aveva scacciato i serpenti e i draghi che dimoravano sull'isola. In quel momento sbarcammo e, dopo aver ringraziato la ragazza dell'intrattenimento, scesi dal battello: volevo vedere subito la chiesa. I miei mi concessero di andare, mentre loro si sarebbero rilassati su una panchina all'ombra, magari mangiando un gelato preso dal bar lì accanto. Senza aspettare altro, mi affrettai in direzione del grosso edificio. Giunta lì mi sovreccitai, scattando foto a destra e manca. Non c'era niente che non mi interessasse: struttura, pitture, tutto. Rallentai soltanto quando giunsi di fronte alla probabile tomba di San Giulio. Una specie di dipinto con lo sfondo d'oro sovrastava un angolo, ma a parte questo non c'era niente di interessante. Inquadrai con la mia macchina, ma prima di riuscire a scattare venni spaventata da una voce che diceva: “Davvero bello, non è così?”. A parlare era stato uno strano individuo, interamente vestito con un impermeabile nero, e la testa parzialmente coperta da un cappello, nero anche lui. Mi tirai indietro, e lui disse: “Non preoccuparti. Ti va di fare una cosa per me?”

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