Annamaria corallo
Atelier della bibbia Dal tessuto della Scrittura al vestito della Parola
Presentazione di Massimo Grilli
EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA
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Progetto grafico e impaginazione: Cocicom, Bologna
Per i testi biblici © 2008 Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena La traduzione letterale dei brani biblici è tratta da: I quattro Vangeli. Traduzione di Silvano Fausti, EDB, Bologna 2010.
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2013 Centro editoriale dehoniano via Nosadella, 6 – 40123 Bologna www. dehoniane.it EDB ®
ISBN 978-88-10-71209-2
Stampa: Tipografia Giammarioli, Frascati (RM) 2013
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A mia sorella Stefania: il tuo travolgente senso del bello ti appassioni sempre piÚ a quella Bibbia che è sempre di moda! Ti voglio bene.
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Presentazione Massimo Grilli
Che cosa significa «interpretare» e, soprattutto, come possiamo imparare a farlo? È la domanda davanti alla quale i lettori sono posti in questo piccolo volume di «sartoria biblica». L’esercizio ermeneutico è necessario per comprendere il testo biblico – come del resto accade per qualsiasi altro testo, soprattutto se antico –, perché l’immediata affinità di pensieri e sentimenti, che un lettore avverte di fronte alle avvincenti storie raccontate dagli autori biblici, s’intreccia necessariamente con la distanza esistenziale, culturale e teologica che separa il mondo del testo dal mondo dei lettori reali. Interpretare significa, allora, superare la distanza. Ma in che modo? Mediante il dialogo, risponde Annamaria Corallo, sulla scia di una feconda corrente di pensiero che considera l’incontro con un testo non come un passaggio inerte di contenuti da un soggetto all’altro, ma come un evento dialogico, in cui i partners della comunicazione interagiscono. Per superare la distanza tra il mondo del testo e quello del lettore – sembra raccomandare l’autrice – non servono strade senza uscita, che conducono chi legge alla disperazione ermeneutica, ma neppure comode scorciatoie, che adattano il testo ai propri gusti e interessi. Bisogna invece seguire le regole di un sano dialogo, costruttivo e fecondo. È alla luce di questo assunto che Annamaria Corallo propone come modello euristico le figure del sarto e della sarta. Potrebbe sembrare fantasioso, se non addirittura avventato, accostare l’arte della sartoria con quella dell’ermeneutica, eppure – come ricorda l’autrice – il tessuto (in latino textus) è la materia prima sia nelle mani di quei sapienti artigiani che tagliano, imbastiscono e cuciono i nostri vestiti, sia di quegli scrutatori di tessuti letterari che pazientemente ricercano forme, filamenti, intrecci di parole e messaggi contenuti nel testo. In fondo, non si può negare che le proprietà che fanno di un qualsiasi tessuto un bel vestito sono le stesse che fanno di uno scritto un bel testo.
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Un vestito, infatti: deve essere ben tagliato e cucito, con le diverse parti di cui è composto armoniosamente imbastite; deve essere armonico non solo nelle forme, ma anche nel materiale utilizzato, nella qualità delle stoffe e dei colori, senza squilibri o stonature; infine deve possedere la capacità di inviare un certo messaggio a chi guarda. È stato detto che «lo stile è l’uomo» e, in fondo, indossando un certo abito, si cerca di dare un’immagine di sé, di inter-agire con chi osserva, destando in lui/lei interesse, ammirazione ecc. Anche il materiale letterario, per diventare «testo», deve dotarsi delle proprietà a cui abbiamo appena accennato: unità e coesione, per cui tutte le parole ed espressioni devono essere ben costruite, da un punto di vista linguistico, e ben congegnate attraverso connettivi e legami di vario genere; coerenza logica, per cui i concetti e i motivi che compongono un testo non vengono assemblati alla rinfusa, ma distintamente e ordinatamente, in modo da costruire un messaggio, con uno sviluppo organico e lineare; una funzione comunicativa, per cui chi parla o scrive rivela nel messaggio la sua specifica intenzione. Questa analogia tra tessuto-vestito e tessuto-testo mostra inequivocabilmente che, per il sarto come per l’ermeneuta, è necessaria una certa «competenza». Senza di essa, si rischia di giocare con i testi biblici come il bambino gioca con le costruzioni, imbastendo la figura che più conviene. Il rapporto tra testo e lettore, invece, esige rispetto e strumenti adeguati. Competenza, appunto! Tale, però, che essa non si riduca a un sapere asfittico o a una rigida applicazione delle regole, ma che sia dotata di una creatività responsabile perché, in fondo, non bisogna mai dimenticare che si arriva a conoscere solo ciò di cui, per amore, si diventa responsabili.
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Pe r re al iz za re u n ca p o d i ab b ig lia m en to , la st o ff a è so tt o p o st a a u n a la vo ra zi o n e in va ri e fa si .
Una sartoria
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P e r le g g e re u n te st o b ib lic o è n e c e ss a ri o d iv e n ir e fa m ili a ri c o n l’a rt e d e ll’ e se g e si .
biblica Un percorso di abilitazione alla lettura biblica
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Una sartoria biblica Un percorso di abilitazione alla lettura biblica Il sarto e la sarta sono sapienti artigiani che confezionano indumenti utili e comodi affinché siano indossati. Per realizzare un capo di abbigliamento, la stoffa è sottoposta a una lavorazione in varie fasi. Tagliando, imbastendo, cucendo la stoffa, il sarto compie delle operazioni pratiche, applicazione di una tecnica esatta nella quale la fantasia e la creatività passano attraverso la riflessione, la scelta delle materie prime, la cura nel seguire norme antiche e sempre valide. I sarti sono degli artisti ma anche dei tecnici e – a ben pensarci – è proprio la tecnica che permette loro di esprimersi con creatività: un sarto che non conosce la tecnica, non sarà mai un artista della moda! Come il cucire un vestito presuppone l’acquisizione di competenze tecniche, così anche la lettura della Bibbia necessita l’acquisizione di una familiarità con l’arte dell’esegesi,* uno dei canali preziosi perché la Scrittura possa aprirsi alla possibilità di divenire «Parola da indossare», cioè sia vissuta nel proprio quotidiano, diventi habitus, abito, stile di vita. Entrare personalmente e direttamente in dialogo con un testo biblico, ossia divenire dei lettori della Bibbia consapevoli e attenti, muniti di strumenti anche semplici ma efficaci di lettura, non è certo un’operazione magica, ma il risultato di un percorso di apprendistato talvolta lento e faticoso, così come cucire un vestito non è un improvvisato affaccendarsi, ma arte che richiede competenze e conoscenze. L’intuito e la fantasia sono poi il plusvalore che rendono speciale un capo di abbigliamento e, allo stesso modo, rendono possibile un dialogo inedito col testo biblico. Certo, un lettore frettoloso e poco desideroso di maturare capacità di lettura autonoma può sempre scegliere di accorciare i tempi e comprare un Commentario biblico* già confezionato da altri, proprio come si acquista un vestito già disegnato, realizzato * Le parole seguite da asterisco* sono spiegate nel Glossario di sartoria biblica, in fondo al libro.
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e cucito, esposto nella vetrina di una boutique di moda. Di sicuro, anche leggendo quel commentario scoprirà molte cose circa il modo col quale il testo biblico in questione è intessuto e imparerà forse anche quale sia il modo migliore per indossarlo. Se però vorrà essere più autonomo e critico nella lettura, dovrà cimentarsi nella scoperta di quei passi esegetici che gli permetteranno di avventurarsi nella Bibbia con una buona strumentazione per imparare ad accostare in maniera consapevole e attenta i testi sacri. In questo caso, sarà come un sarto o una sarta che, davanti alla stoffa del testo biblico, mette in campo la propria arte per realizzare un vestito comodo da indossare, che sia su misura. Ecco il motivo di questo Atelier della Bibbia, che nasce come un breve corso di sartoria biblica per iniziare o continuare a muovere passi nell’arte esegetica,1 applicata soprattutto ai testi narrativi del Nuovo Testamento. Non è una cosa strana paragonare un testo scritto a un tessuto di stoffa, visto che la parola latina textus, dalla quale deriva l’italiano testo, è la stessa dalla quale proviene il termine tessuto. In fin dei conti è solo questione di cosa si intreccia: se parole o fili! L’uso metaforico del termine risale a Quintiliano, oratore romano e maestro di retorica del I secolo d.C., che nel suo Institutio Oratoria (IX, 4,13) definiva il discorso come un intreccio di parole nel testo. E nel testo si intrecciano le parole e i sensi, per costruire un evento comunicativo! È allora col tessuto biblico che vogliamo lavorare in questo atelier! È con esso che vogliamo realizzare capi di abbigliamento comodi, al passo coi tempi e, soprattutto, della nostra taglia! Atelier è una parola francese che significa laboratorio, talvolta bottega, ma più in generale indica lo studio per attività artistiche di un pittore o di un grafico o anche – esattamente! – una sartoria d’alta moda. Il nostro sarà dunque un atelier da frequentare 1 Un’introduzione generale alle categorie fondamentali per una lettura biblica corretta si può trovare in: A. Corallo, Le chiavi di casa. Laboratorio di formazione biblica di base, EDB, Bologna 2010. Lì rimando per le indicazioni basilari.
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per acquisire una strumentazione biblica di base in modo da leggere i testi biblici secondo la prospettiva pragmatica o pragmalinguistica.2 Tale prospettiva di lettura ha infatti il grande vantaggio di considerare i testi proprio come abbiamo detto finora: come tessuti di significati, ordinati alla comunicazione. Ciò significa che ogni testo biblico è un evento comunicativo che vuole coinvolgere il lettore e la lettrice di ogni tempo per interagire con loro e accompagnarli – attraverso una serie di strategie – all’accoglienza di una parola di Dio per la vita. La prospettiva pragmalinguistica è la sapiente combinazione dei risultati di vari metodi esegetici, messi insieme per rendere consapevole il lettore e la lettrice del cammino che il testo biblico li invita a fare per trasformare la Parola in vita. Pragma, in greco, significa infatti azione: la lettura pragmalinguistica desidera dunque scoprire in che modo il testo spinge all’azione il suo lettore e – ciò facendo – vuol creare le condizioni di possibilità perché la sua esistenza ne risulti trasformata. Lungo il nostro percorso condivideremo passi utili alla ricerca biblica e li sperimenteremo insieme. Di tanto in tanto, ci saranno un po’ di Chiacchiere in sartoria. Si tratta di una piccola rubrica che, con aneddoti creati apposta per riflettere, ci aiuterà a trovare risposta ai dubbi che legittimamente si insinuano nella nostra mente lungo il percorso di apprendistato biblico. Partiamo dunque con le operazioni di sartoria che ci aiuteranno a prendere in mano la Scrittura sacra! 2
Per comprendere meglio questa prospettiva si veda: C. Bianchi, Pragmatica del linguaggio, Laterza, Bari 62008 e M. Grilli, «Evento comunicativo e interpretazione di un testo biblico», in Greg 83(2002)4, 655-678; Id., «Leggere le Scritture dialogando. Il potenziale del linguaggio umano nella Parola di Dio», in Gregorianum 93(2013)3, 525-547. Si possono inoltre utilmente consultare i contributi raccolti nel volume A. Barbi – S. Romanello, (edd.), La narrazione nella e della Bibbia. Studi interdisciplinari nella dimensione pragmatica del linguaggio biblico, Edizioni Messaggero Padova-Facoltà Teologica del Triveneto, Padova 2012, in particolare 5-14; 87-92. Molto interessante potrà risultare anche la lettura di G. Fischer, Conoscere la Bibbia. Una guida all’interpretazione, a cura di S. Paganini, EDB, Bologna 2013, 109-138.
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C Ne varrà la pena? Varrà davvero la pena di darsi tanto da fare a leggere e studiare la Bibbia?
Ho conosciuto una donna molto innamorata di suo marito. Lo osservava da lontano con aria trasognata. Gli sorrideva continuamente quando lo scorgeva. Solo non sopportava la sua vicinanza. Non tollerava neanche l’idea di toccare il suo corpo o di sfiorare con le mani il suo viso. Il suo corpo – ella diceva – talvolta le pareva troppo materiale, troppo concreto e, per questo, poco poetico. Così non gli si avvicinava mai. Anche il suo volto – ella diceva – era più interessante se visto da lontano, quasi intravisto, poiché da vicino gli si notavano le piccole rughe intorno agli occhi e certe espressioni facciali poi le apparivano non sempre comprensibili. Così lo guardava da lontano. Preferiva ricordarlo come le era parso al loro primo incontro, relegando la presenza di lui nella sua memoria piuttosto che nella realtà. Tale è quella Chiesa di fedeli che pur dicendo di amare Cristo suo sposo si rifiuta di accostarsi al Corpo delle Scritture sante e di toccarne la carne fatta di parole scritte, veicolo privilegiato della sua presenza sanante.
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