Tenerezza, "profumo dell'amore" di Rosaria Munafò

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Tenerezza, “profumo dell’amore”

Rosaria Munafò


Tenerezza, “profumo dell’amore”

Rosaria Munafò


Grazie a Simone Casetta per le foto In copertina: “Due pellegrini si abbracciano di fronte al santuario di Lourdes�


Gesù mi sta accanto Gesù mi dà la forza Gesù colma le mie carenze Gesù mi indica il cammino Gesù mi parla attraverso la preghiera Gesù mi rende forte e con slancio mi manda ad annunciare il suo Vangelo Gesù, ti amo, non lascerò mai la tua mano



INTRODUZIONE Un amico accetta l’amica del cuore come lei è; come tu accetti ed ami la tua amica come è, così Dio accetterà e amerà te come sei. Quello che è l’amica ai tuoi occhi, così tu sarai agli occhi di Dio. E ancora quello che tu sei agli occhi della tua amica ti fa intravedere quello che sei agli occhi di Dio. Amare l’amica è gesto di sano realismo ed è metafora dell’amore del Signore. L’amicizia è un cammino lungo e faticoso di accettazione reciproca degli amici per come sono. Ma nel cammino dell’amicizia senti quanto di più ogni giorno Dio ama te: questo è il filo d’oro che tiene insieme il nostro libro. Così è stato l’incontro per me di Rosaria: un uomo di pensiero, un intellettuale puro, con una donna di grande saggezza pratica, mamma di famiglia, che si occupa con molto zelo dei doveri domestici, che lavora in fabbrica, donna che vive la sua vita quotidiana con fede appassionata: sintesi mirabile delle figure evangeliche, Marta e Maria, la donna che siede ai piedi di Gesù e la donna che gli prepara un buon pranzo. Donna presa dal fuoco dell’amore per familiari ed ammalati in nome di Gesù e di temperamento irruente ed indomito per il bene di tutti: donna non molto diversa da me, focoso 5


anch’io, almeno nei miei anni giovanili. Possiamo capirci bene. Questo mi ha affascinato: mi ha preso la storia della sua vita, specialmente della sua conversione. Ho accolto la sua richiesta di ascoltare il suo racconto fresco ed attraente, semplice e ricco di sfumature emotive e toccanti. Il suo racconto è stato ricco di sentimento, a volte focoso, io gli ho dato, nel rispetto assoluto del suo contenuto, un ordine che lo rendesse leggibile, coerente, adornato da una piacevole e a tutti accessibile “patina” teologica. Ci siamo accettati da buoni amici per come siamo, differenti per cultura e temperamento, eppure convinti che questa storia può far del bene a tutti i cercatori di Dio: sono una sorta di “Confessioni” di una donna semplice per donne semplici. “Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi” e “Amatevi l’un altro come io vi ho amati” (Gv 9-17), questo il messaggio del libro: una amicizia nata nel cuore del Padre e mediata a noi dal cuore di Cristo. Nel libro c’è come il fluire del grande fiume d’amore che scende dal cielo, dal Padre al Figlio e poi a noi come la linfa nella vite, come sangue nelle vene. Gesù ci assicura: l’amore non è invenzione nostra, un pio sentimento umano, una effimera emozione dal fiato corto: l’amore è in noi un mistero, è in noi prima di noi ed è da sempre 6


in noi: un miracolo, la meraviglia di ogni giorno. C’è, ne godi, ma non sai donde venga: un mistero appunto. Il messaggio del libro è: occorre semplicemente restare nell’amore, non andarsene via. L’amore è reale, è un ambiente, una dimora, una casa, un immenso continente: ci possiamo vivere dentro. La certezza che ci viene dalla conversione è che Dio ci ama di un amore unilaterale, asimmetrico, a prescindere da me. Che io sia amato dipende da Lui, non da me: Lui ha detto sì a noi prima che noi dicessimo sì a Lui. L’iniziativa di Dio si impone nella vita di Rosaria, come peraltro nella storia della mia conversione. Noi possiamo solo decidere se restare dentro l’amore o no: è mia libera scelta. Ma perchè dovremmo rimanere dentro questa corrente d’amore? La risposta è semplice: per essere nella gioia. Gesù dice: “Vi ho mandato affinchè la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11). E l’amicizia è la più grande gioia della vita (Aristotele). È bello pensare che la gioia, mia e tua, sia in cima ai pensieri di Dio. La gioia è un sintomo che camminiamo bene, che giusta è la nostra strada, che la nostra vita è sulla buona via. Non basta semplicemente “amare”: amare non è solo auto consolazione, un calcolo da opportunista, 7


una ricerca velata di potere o di possesso: ci sono anche amori violenti o disperati. Gesù dice: “Amatevi gli uni gli altri” (Gv 15,17): allude ad un rapporto di comunione, un faccia a faccia, perché non si ama l’umanità in generale, si ama questo uomo, questa donna, questo bambino, questo povero: quella amica o quell’amico in carne ed ossa. E poi Gesù aggiunge ancora: “Amatevi come io vi ho amati” (Gv 15,9). Prendere l’Amore di Dio come misura: un amore questo da vertigine, perché la sola misura dell’amore è amare senza misura. E sappiamo bene che il vero amore cresce, cresce ogni giorno di più. La peculiarità del cristiano non è amare: questo lo fanno molti e in molti modi. Il cristiano ama come Cristo, con il suo stile. Gesù comunica ai nostri cuori il suo amore a noi e noi apprendiamo da Lui a comunicare il suo amore agli altri: affinchè il fiume dell’amore scorra dal cuore di Cristo nei nostri cuori e poi circoli caldo e forte nel cuore di tutti. Nel libro si accenna a quanto può ostruire la libera circolazione dell’amore da noi in tutti: occorre che le vene del mio cuore siano come canali non intasati affinchè l’acqua raggiunga il corpo del mondo. Se ci chiudiamo all’amore, qualcosa in noi e intorno a noi muore, come quando si chiude una vena nel corpo. 8


Muore in noi l’amore e con l’amore la gioia. Ed ecco Gesù ci dice una cosa bellissima: “Non vi chiamo più servi, ma amici (Gv 15,15)”. Parola dolce, musica per il cuore umano. L’amicizia dice gioia e uguaglianza; gli amici sono alla pari, non c’è chi ordina e chi esegue. Mi fa pensare: un Dio che da Signore e re si fa amico, si mette alla pari dell’amico. Con l’evoluzione della nostra amicizia pian piano abbiamo scoperto quanto ci fa eguali e ci siamo sentiti senza accorgerci uguali: eguali nel cuore e nei sentimenti, le differenze di cultura e di ceto sociale sono scomparse. L’amicizia porta con se un altro dono, la sapienza: “Tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 17,4). Con l’amore arriva una conoscenza del vivere, una conoscenza su me stesso e sull’uomo eccezionale. L’amore capisce di più, prima, più a fondo. Gesù, povero di tutto, era ricco di amici, ha celebrato gioiosamente la bellezza dell’amicizia e ci ha dato un nuovo nome di Dio, “Amico”. E amico è tale perché dona gioia. Emilio Fiorenzo Reati

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INDICE

DIALOGO DELLA MIA ANIMA

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MORTE E TENEREZZA

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SENSO DELLA VITA

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SORRISO

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AMA CHI TI FA SOFFRIRE

29

PAROLA DI DIO

31

SGUARDO POSITIVO SUL MONDO

35

IL CROGIUOLO DELL’AMORE

37

SPIRITO SANTO

41

LACRIME CONDIVISE

45

I SEGNI DELLO SPIRITO

47

AMICIZIA CON GESU’

53

LA PREGHIERA-AMICIZIA

55

SEGNI

61

APOLOGIA DELLA TENEREZZA

67

I SENSI

69

I SENSI COME STELLE

73

LA DOMENICA

77

EUCARESTIA

83

Il SENSO DELLA MESSA

87

BAGNO COME PURIFICAZIONE

89

L’ACQUA

91

MATRIMONIO E CONVERSIONE: ARDUA SINTESI

93

LE CREATURE MIE SORELLE

95

FRANCESCO CULTORE DELLA VERGINE

105

AGOSTINO: MODELLO DELLA MIA CONVERSIONE

115

ED ORA ECCO I PENSIERI SULLA MIA CONVERSIONE

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Dialogo della mia Anima

DIALOGO DELLA MIA ANIMA Vi racconto la svolta della mia vita, stupenda. È come se il tempo d’incanto si fosse fermato. In quell’attimo di grazia ho avuto la sensazione di trovarmi sulla soglia dell’eternità. È iniziato il dialogo tra la mia anima e il mio Signore. Ho iniziato a pensare. Poi il pensiero ha evocato in me gioia e turbamento. E mi sono posta alcune domande sull’esistenza, domande insieme affascinanti e inquietanti: che senso ha la mia vita? Perché sono al mondo? Donde vengo e dove vado? Perché la gioia? Perché il dolore? Sentivo che qualcuno da sempre mi cercava , ma io con i miei pensieri ero altrove. Lui dentro mi cercava e mi chiamava per nome, ma io non sentivo, ero fuori di me. Certo mi conosceva da sempre, ma io non conoscevo Lui finchè un giorno ho udito la sua voce e ho deciso di dire sì a quella voce. Così è iniziato un dialogo tra la mia anima e il mio Signore. Devo dirvi che sapevo che c’erano le chiese, i fedeli, quella bianca ostia; sapevo che là dentro si celava un grande mistero, ma volevo 13


Dialogo della mia Anima

sapere chi abitava là dentro. Sapevo che quel Signore che abitava nel mio cuore è lo stesso che si nascondeva in quel frammento di pane bianco. Il Signore che abitava da sempre nel mio cuore mi accompagnò da lui dimorante in quel pezzo di pane bianco. Mi sentivo come un pulcino rinchiuso nel bozzolo, presa dai miei problemi quotidiani. Questo mi pesava; sognavo di rompere quel bozzolo, uscire a contemplare il sole caldo e luminoso; sognavo, uscita da questo involucro, di guardare il sole, le stelle, i fiori, i monti, i laghi; sognavo di contemplare questo grande cosmo, che mi circonda e vedevo ovunque trasparire il volto di Nostro Signore. Voglio tornare a dialogare con la mia anima. Se ci penso bene, capisco che l’anima è il dono più grande che ho: l’anima sono io con tutto il mio mondo interiore. Non mi interessano i beni di questo mondo, non ne sento il fascino, tanto tutto mi verrà tolto alla fine della mia vita. Soltanto la mia anima nessuno me la toglierà, perché lei è me, perché lei è più intima a me di quanto io sia intima a me stessa (S. Agostino). L’anima è il mio bene più grande: lei è eterna, lei è il divino in me, il respiro di Dio in me. E poi è grazie all’anima che posso amare: “Anima e amore: insieme il 14


Dialogo della mia Anima

divino nell’uomo, il divino respiro di Dio nell’uomo: questo è il grande mistero dell’uomo, amare”. (J.L. Marion). Tanto preziosa è la mia anima quanto è preziosa la mia capacità di amare. Mi stanno infinitamente a cuore questi due doni del cielo: posso amare perché ho un’anima. E nell’amore la mia vita riesce , nel non amore la mia vita fallisce: mi sento questa responsabilità nel cuore. Il tempo dell’amore non ha una fine, ma la vita ha certo una fine. Il pensiero della morte non mi rattrista, non mi fa paura, perché mi rinvia al compito di amare per quel tanto che mi è concesso in questa vita; ma l’amore va oltre, perché l’amore è come la mitica barca d’oro che mi porta oltre il fiume della morte nell’aldilà. La morte non mi fa paura; è la fine di questa vita terrena, ma è l’inizio della vita senza fine, dove ameremo per sempre. La morte può diventare il supremo atto di amore se muoio per gli altri, se con amore la metto nella mani di Dio. Mi sentivo un po’ perduta sul sentiero ancora a me poco noto della mia nuova vita. Mi sono chiesta: quale cosa desidero più di ogni altra? Ho pensato subito ad una scena che mi è molto cara: sul prato verdeggiante le pecore e il loro pastore. 15


Un pastore pentecostale tiene la Bibbia durante un battesimo in mare a Catania


Dialogo della mia Anima

Ho notato come il pastore guardava le sue pecore (Luca 14,4-7): con amore, tenerezza, dolcezza e cercavo qualcuno che mi guardasse con questi sentimenti commoventi. Ma chi potrà guardarmi con tanto amore? Forse un’umana creatura? No! Cercavo un amore più grande, molto più grande, ma non di questo mondo. Nei giorni successivi alla mia conversione, durante le mie giornate mi venivano alla mente versi, presi la penna e un foglio e scrissi. Senza rendermi conto ho citato versetti della Sacra Scrittura. Scrivevo: “La pecorella smarrita cerca la strada giusta per tornare al suo pastore che la pascolerà fino al giorno del giudizio, risusciterà insieme al suo pastore, lui che l’ha creata per la vita”. Non possedevo la Bibbia, ho sentito il desiderio di averne una. Non sapevo quale comprare; mia mamma ne aveva una, prendo la sua, poi mi reco al supermercato e ne acquisto una uguale. Mi chiedevo come potessi leggere tremila pagine. Pensavo ad un semplice libro da leggere in un mese, rinuncio all’idea e lo metto insieme agli altri libri. Dopo qualche mese, ispirata dalle mie domande, apro di nuovo la Sacra Scrittura: in essa ho trovato la risposta che cercavo, quella che mi veniva dal cuore. 17


Dialogo della mia Anima

E con stupore leggo dal Vangelo di Luca (15,4-7): “Chi di voi ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta finchè non la ritrova? Ritrovatala la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: “rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta”. Dopo anni ho capito che quella pecora ero io. Il pastore, Gesù, si carica sulle spalle la pecora ritrovata per risparmiarle la fatica del ritorno, poi fà festa con gli amici. Il padre è pazzo di gioia: ci sarà più gioia in cielo per un peccatore pentito che per novantanove giusti”. Per cui il ritorno è festa. Non ha più importanza quel che è stato, il passato è cancellato. Ero perduta, ma sono stata ritrovata dal pastore e ho celebrato la festa della mia vita. Mi sembra di capire che Gesù cura soprattutto quelli che si perdono sulla strada della vita, dei poveri, degli abbandonati, dei malati, degli ultimi di questo mondo. Io mi sentivo la pecora ferita, stanca, arrabbiata con il mondo, con me stessa. Vi dico con sincerità che non pensavo alle persone meno fortunate di me. Mi stupii di questi personaggi, mi riconobbi in loro. Mi sentivo un personaggio di quell’epoca, di 2000 anni 18


Dialogo della mia Anima

fa. E’ come se la mia conversione fosse stata in anticipo descritta nel Vangelo di Luca: vita e fatti dei credenti di quel tempo coincidevano con la mia vita oggi. Per me tutto questo è stato provvidenziale, quel giorno cominciai il cammino con Gesù, con tanti dubbi, paure, curiosità e domande. Ho avuto un forte desiderio di testimoniare la mia fede, sbocciata nel mio cuore. So bene che prima che un fiore sbocci, conosce molte tappe, le tappe della maturazione: c’è il momento della semina, il momento in cui si rincalza la piantina e la si innaffia e il momento della potatura. Ho incontrato nella Sacra Scrittura la figura di S. Paolo, caduto a Damasco da cavallo. Anch’io sono come caduta dal mio passato nel paese della mia conversione oggi. Poi ho aperto il Vangelo di S. Giovanni ed ecco Gesù, il buon pastore, mi guardò con amore e ho deciso di riamarlo. Sentivo nel cuore il desiderio di donare a qualcuno tutto il mio amore, Gesù mi tese la sua mano e mi invitò alle nozze: “ROSARIA, mi disse, prima ancora che tu mi conoscessi, io ti conoscevo e ti amavo e ti chiamavo e tu hai udito la mia voce. Ecco siamo pronti per legarci con l’amore il più alto, il più sublime; io e te celebriamo le mistiche nozze e ci vorremo bene per sempre”. Ero felice, ho trovato l’amore della mia vita. 19


Dialogo della mia Anima

“Tu, Signore, sei il mio sposo celeste. Tu colmi il mio cuore che ha sete di amarti e di essere amata da te, vorrei che tutta la mia vita fosse consacrata a te. Sento di aver bisogno dei tuoi sacramenti. So che i sacramenti sono come i riti nuziali tra l’anima amante e il suo amato Signore (S. Ambrogio). Avevo esperienza di un solo sacramento, il mio matrimonio. Ma non mi bastava, volevo che la grazia dei sacramenti inondasse la mia vita dalla culla alla morte. Ecco, così accadde la felice scoperta dei santi sacramenti della Chiesa. Forte di questa esperienza, ho ripercorso a ritroso la storia della mia anima e ho preso coscienza della grazia dei sacramenti ricevuti nella mia infanzia e nella mia adolescenza, cosa di cui non ero consapevole. Ho anche capito che sono doni dello Spirito Santo; essi mi santificano ed è proprio lo Spirito Santo, la terza persona della S. Trinità, che ha il compito di santificare le anime. Infatti nella liturgia spesso invochiamo lo Spirito come lo spirito santificatore accanto al Padre creatore e al Figlio redentore. Di questa verità ci fa consapevoli la celebrazione della festa della Pentecoste.

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Morte e Tenerezza

MORTE E TENEREZZA È saggezza della vita saper resistere e saper arrendersi. Mi spiego: nella prova bisogna resistere, nell’amore occorre arrendersi. Vorrei essere vigorosa e tenera insieme: vigorosa, forte nella mia fedeltà a Gesù, molto tenera con i sofferenti. Mi piacciono queste due qualità: esse caratterizzano l’uomo perfetto. Vigore e tenerezza significa tener duro con me stessa nel perseguire i miei ideali e tenera per capire le debolezze degli altri. Gesù è il mio grande modello: lui fu tenero con i peccatori, i deboli, i falliti, gli emarginati, ma energico nel denunciare l’ arroganza dei prepotenti. Ma è soprattutto nei confronti della morte che occorre dar prova di vigore e tenerezza: vigore perché occorre andare incontro alla morte con coraggio guardandola negli occhi senza temerla, e insieme saperla guardare con tenerezza, come il saggio innamorato si abbandona in braccio alla sua amata per amore; così vorrei abbandonarmi con amore in braccio alla mia sorella morte. Dicono che è forte chi eroicamente sfida la morte e le si oppone; io credo invece che chi sa accogliere la 21


Morte e Tenerezza

sua morte con tenerezza è il vero forte. Credo che il vero forte è chi sa essere debole, sa accogliere, sa arrendersi alla morte. Come dice S. Paolo, proprio quando sono debole, allora sono forte. Ecco perchÊ quelli che fanno i duri, nascondono le debolezze e quelli che si abbandonano alla tenerezza sono i veri forti.

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Senso della vita

SENSO DELLA VITA So bene che mi è stata data in dono la vita e sono decisa a viverla. Non voglio perdermi nulla di quanto di bello e di buono può darmi la vita. Pertanto mi oppongo a chi mi vuole privare delle grandi, eccezionali esperienze, ma anche e soprattutto di quelle più piccole, quelle di ogni giorno. Voglio imparare quanto posso, voglio assaggiare tutto quanto di bello e di buono la vita ha da darmi. Non sono disposta a tarparmi le ali né a permettere a nessuno di tagliarmele. Ho più di quarant’anni e continuo a pensare di volare in tutti i cieli che mi si presentino, solcare tutti i mari che avrò occasione di conoscere e procreare in tutti i nidi che vorranno accogliermi. Desidero piantare alberi, scrivere libri, desidero scalare le montagne e immergermi negli oceani. Sono pronta a sentire l’umidità della pioggia, la carezza della brezza, il freddo dell’inverno e il caldo dell’estate. Ho imparato che è bene dare la mano agli anziani, guardare negli occhi i moribondi, ascoltare musica e leggere storie. Mi alzerò al mattino e mi coricherò la sera, mi stenderò sotto i raggi del sole, ammirerò le stelle, guarderò la luna e mi lascerò guardare da lei. 23


Senso della vita

Voglio partire verso terre straniere, attraversare deserti, percorrere sentieri, odorare fiori e mordere frutti; voglio fare amicizie, vorrei conoscere tutti i maestri dai quali posso ricevere gli insegnamenti ed essere io stesso maestra, vorrei perdermi nei boschi, correre sulle spiagge e guardare l’orizzonte dalle scogliere. Dalla mia esperienza apprendo che non devo privarmi di nulla, dato che tutto è buono. La vita è uno splendido viaggio e per viverla bisogna evitare una sola cosa: la paura Ho capito che la vita è tutto il bene, il sommo bene, rende possibile tutti i beni. Anche se le vicende avverse ci togliessero tutti i piccoli beni e ci lasciassero solo la VITA, avrebbe senso vivere. Capisco perché Gesù disse di sé: “Io sono la Vita, oltre che la via e la verità”. Se trovassi un piccolo verme sul mio sentiero, lo prenderei e lo metterei al sicuro sul ciglio della strada e non lo ucciderei; se trovassi un fiore non lo calpesterei, lo lascerei al suo posto perché rende bella la natura. Se tutti gli abitanti della terra decidessero di rispettare la vita in tutte le sue forme, potremmo costruire la civiltà dell’amore e potrei realizzare il mio sogno: “Vita bella e piena per tutti i viventi” (R. Mabey). 24


Senso della vita

Ho scoperto da poco una grande gioia: sono passata dalla meraviglia per il mondo, che mi circonda, che è fuori di me e sono entrata nel mio mondo interiore e ho cominciato a esplorare le bellezze che mi porto dentro. Mi sono lasciata guidare dalla consapevolezza del mio respiro. Il respiro mi ha svelato il mistero della vita che è in me: la vita è Gesù, il mio ospite misterioso, segreto. Poi mi sono posta in ascolto del battito del mio cuore: ho percepito il cuore che batte dentro di me e là dove il cuore batte, c’è l’amore per qualcuno: sì, in me c’è l’amore, anzi l’AMORE per GESU’. Questa è la mia scoperta più bella. Dunque in me ho tutto ciò di cui ho bisogno per essere felice. Questa certezza mi ha fatto sentire che sono libera, ho gustato il sapore della vera libertà: è vero, non ho bisogno di nulla che sia fuori di me per essere felice, mi basta quello che ho dentro di me. Il primo amore è voler bene a se stessi. E se qualcuno dice di volermi bene, accolgo il suo bene a condizione che mi aiuti a conoscere me, a stimare me, ad amare me, a scoprire me e a realizzare i miei sogni più belli. Se qualcuno mi sottovaluta o mi scoraggia nella ricerca di me e dei miei doni, mi devo proteggere, difendere. 25


Cala la notte Cala la notte , cela il segreto della vita. Inizio il viaggio nel cosmo. Odo musica celeste, le stelle danno luce a buia notte. I pianeti aprono le danza: danzano gli astri al ritmo del ballo di sua Maestà simile a figlio d’ uomo, con un abito lungo fino ai piedi cinto al petto con una fascia d’oro. I capelli della testa erano candidi, simili a alba lana, come neve. Gli occhi fiammeggianti come fuoco, i piedi avevano l’aspetto del bronzo splendente, la voce era simile al fragore di grandi acque. Si allieterà la vergine alla danza, splendore ai suoi occhi. Lui gioirà.


Sorriso

SORRISO Ho anche capito che per stare bene ho bisogno di donare a tutti sorrisi e riceverne da tutti. Nell’antica cultura ebraica si dice che la mamma dopo il parto sorride, anzi getta un grido di felicità: accoglie il suo neonato con un grido di gioia. Il sorriso è un tema caro alla filosofia: per H. Bergson è il segno distintivo dell’intelligenza. L’ uomo sorride, gli animali non sorridono. Spesso chi si prende cura di un morente riceve quale segno di gratitudine il sorriso. Nelle antiche leggende orientali la divinità scende in terra, incontra gli uomini sulla strada e sorride a tutti. Il sorriso significa amore per tutti e gratitudine a tutti: esprime i sentimenti più nobili e delicati della persona. Sogno una repubblica di cittadini tutti sorridenti di cui umilmente vorrei essere il primo ministro. Da subito vorrei cominciare da me. Io sorrido sempre a persone anche a me sconosciute e la gente ti guarda come se fossi un po’ strana, forse un po’ folle. Penso con tristezza che sorridere a tutti sia ritenuto un segno di stranezza, di follia. Come è strano questo 27


Sorriso

mondo: chi sorride passa per pazzo e chi digrigna i denti passa per normale, tu sorridi e ti ritrovi al reparto psichiatrico. Scrive il filosofo SOREN KIERKEGAARD: “Da che cosa si riconosce il marito ideale? Dal fatto che tutte le mattine regala alla sua sposa un bel sorriso�.

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Ama chi ti fa soffrire

AMA CHI TI FA SOFFRIRE Vi dico che faccio il possibile per essere con tutti gentile, amorevole, cortese. Sì, ho un cuore buono. Vorrei essere sempre buona con tutti, ma purtroppo non tutti mi ricambiano con bontà e gentilezza. Prima reagivo con irritazione e volevo chiudere il rapporto, poi ho imparato dal Vangelo anche ad amare chi mi fa male, chi mi fa soffrire. Questo è l’amore che Gesù mi insegna. Se amiamo quelli che ci amano, che meriti ne avremo? Sono convinta: devo amare anche chi mi fa male. L’amore donato e respinto non lo perdo, torna a me, va ad accrescere il capitale d’amore che ho nel cuore e non lo perderò mai più. Sono convinta che l’amore donato e respinto è il più genuino, perché dato in gratuità, senza calcolo, è quello che sarà più ampiamente compensato da Gesù.

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Bambina in una scuola per disabili a Dar Es Salaam


Parola di Dio

PAROLA DI DIO Leggiamo nella Genesi che Dio pronunciò una parola e il mondo cominciò ad esistere. Potenza della parola di Dio! Anche la mia parola a suo modo non è senza effetto: partecipa della potenza della parola di Dio. Il mio pensiero corre a una parola speciale: TI VOGLIO BENE: un mondo nuovo nasce nel mio cuore, un mondo di sentimenti, di emozioni, gioia, calore, felicità. Dunque la parola evoca mondi nuovi, mondi sconosciuti, eppure mondi stupendi, mondi meravigliosi. Guardo il cielo stellato lassù: Dio disse che le stelle dovevano essere e le stelle furono. MARIA disse sì all’angelo e il Figlio di Dio si fece uomo e dette inizio alla storia della salvezza. Anche la mamma disse sì alla vita (e io pure sono mamma e ne ho fatto l’esperienza quando ho detto sì alla vita) e generò il suo bambino. Anche l’amica dice sì al suo amico ed ecco nasce una nuova storia d’amore. Ma il miracolo più grande accadde quando apersi il libro della Sacra Scrittura e con fede accolsi la parola di Dio: e mi si aperse dinnanzi un mondo nuovo, il mondo di Gesù e guardai il mondo 31


Parola di Dio

con occhi nuovi. Come dice S. Paolo: la fede viene dall’ascolto della parola e da essa mi è donato un nuovo sguardo sul mondo. Tante volte, quando leggo o ascolto il Vangelo, le parole scivolano via, mi sembra di averle già sentite tante volte, non mi cambiano la vita. Poi improvvisamente, un giorno, una parola si accende come fuoco, vibra in me, mi palpita dentro, mi interpella, mi tocca, mi pare di sentirla per la prima volta. Questo è effetto dell’azione dello Spirito Santo: la parola di Dio mi raggiunge come una lettera scritta per me, contemporanea alla mia vita, realizza i mie sogni, scioglie i miei dubbi. Mi piacciono i lati belli della vita: la luce più del buio, lo splendore più delle tenebre. Sono una persona positiva e vedo d’istinto il bello nelle cose e sono fatta per le cose belle e buone; in esse trovo la gioia. Ho imparato a guardare al male con occhi positivi. Non mi piace il male, ma esso sarà pure funzionale al bene, anche se non capisco. Ma soprattutto non accetto il dolore degli innocenti: questo è un enigma che mi fa paura. Come posso accettare che ogni giorno muoiono 16.000 bambini di fame, ogni giorno muoiono in guerra 12.000 persone. 32


Parola di Dio

Come può un Dio buono permettere tanto male? Mi pongo a volte una domanda: se Dio può il bene, perché non interviene contro il male? È forse impotente? E se Dio vuole il bene, perché non vuole intervenire? Forse non è buono? Forse che Dio non può oppure non vuole? Non lo posso pensare. Ecco allora il problema: come conciliare un Dio buono e il male nel mondo. Forse c’è una spiegazione: il nostro Dio crocifisso trasforma anche il male in bene. A che cosa mi sollecita il male? Non di spiegare perché c’è, poichè rimane un grande mistero. La sfida del male suscita nel mio cuore un sentimento peculiare: la pietas, la compassione per chi soffre. Soccorrere, sostenere, consolare chi soffre. Non posso abolire il male, ma posso contenerlo, limitarlo e ridurlo nelle sue dimensioni. Il male è un appello all’impegno, rivolto a me.

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Fulgore dalle acque Getto in Dio l’affanno, su tappeti erbosi riposo, alla fontana mi disseto, mi corico sul giaciglio, mi addormento. Afflitta mi rifugio: nascondi il tuo volto, cammino sulle alture e rinsaldi i miei piedi. Le valli celebrano Signore le tue lodi e si ammantano di gloria. Salto di gioia, il messaggio corre veloce sulla terra. Mi brucia il fuoco sulle labbra. Esultano i popoli, cantando le tue lodi. Possente è l’eco della tua parola. In acque tranquille mi specchio: Signore, che non rimanga confusa, ascoso il tuo volto trasfigurato, fulgore agli occhi miei il tuo splendore. La limpida tua sorgente sgorga dal monte, mi entra nell’anima, da Te plasmata. Un vaso di creta: sulla tua credenza vedo con occhi d’amore.


Sguardo positivo sul mondo

SGUARDO POSITIVO SUL MONDO Ho una sola vita e la voglio spendere bene. Credo che non fallirò se adotto uno sguardo positivo sulla realtà. Guardare alle cose in modo positivo mi dà energia per trasformare il mio piccolo mondo. Il mio motto è questo: “Signore ti ringrazio per quanto ho e non mi voglio lamentare per quello che non ho”. Mi viene in mente il cantico di “Frate sole”, l’inno alle creature del mio amato S. Francesco. Questo santo, ammalato, ringrazia il Signore del creato, del sole, del vento, dell’acqua e persino di sorella morte. Dunque ottimismo sempre, perché soltanto questo stile di vita è produttivo, mentre il pessimismo è distruttivo. Conosco molta gente che si lamenta continuamente e non si accorge che la vita le sfugge di mano. Non sa vivere la vita in modo produttivo. Ho ben presente l’evento che mi attende, la morte, e confesso di avere paura. Però il pensiero della morte mi induce ad amare la vita. La mia guida spirituale, dono del Signore, mi ha confidato che ha appreso ad amare la vita accompagnando molti giovani a morte precoce. 35


Sguardo positivo sul mondo

Mi ha detto che questi giovani gli hanno insegnato l’arte di vivere gioioso. Non so quanto durerà la mia vita, ma questo non ha importanza. Importante è vivere ogni attimo con passione d’amore, come se fosse l’ultimo. Vorrei morire da innamorata della vita. Ho una convinzione: non è importante aggiungere anni alla vita, ma meglio aggiungere vita agli anni. Credo anche che sia più difficile vivere che morire; infatti molta gente non vive perché ha paura della vita, non regge alla fatica di vivere, si arrende. Vive, ma non amando la vita è come se fosse già morta.

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Il crogiuolo dell’amore

IL CROGIUOLO DELL’AMORE Incontro molta gente triste e rassegnata. Essa, scoraggiata, mi trasmette disillusione e apatia: mi toglie la gioia di vivere. Ma se chiedo a qualcuno come stia e mi trasmette con parole gioiose il gusto di vivere, lui mi comunica il sapore e il profumo della vita. Anch’ io ho i miei momenti di tristezza. Però ho imparato a trasformare la sofferenza in gioia. Trasformare la sofferenza in gioia è l’arte delle arti. Sogno di essere un alchimista: vorrei inventare una macchina miracolosa che possa trasformare tutto il dolore che c’è nel mondo in gioia per tutti. Questa è l’alchimia dell’amore, perché l’amore solo è capace di trasformare il dolore in gioia. Ma questa è un arte di pochi, l’arte suprema. Perchè è l’arte di pochi? Finchè stai bene tutti ti sono “amici”: è piacevole stare con gente sana e allegra. Ma ci sono tanti falsi amici, che traggono vantaggi personali dal loro legame con te. Il dolore è come un filtro: chi ti ama davvero, ti si avvicina e piange con te, mentre chi non ti ama si allontana e poi sparisce. Cito il grande tragico greco Sofoclee. Dice: “Il dolore insegna sempre il vero amore ai veri amanti. 37


Bambino morente in un dispensario di Beboto, Ciad


Il crogiuolo dell’amore

Il dolore li avvicina e si aiutano a sopportare il dolore e a cambiare il dolore in gioia. Questa è la divina alchimia dell’amore: l’amore è come il fuoco del crogiuolo, il metallo impuro a contatto con il fuoco si libera dalle scorie e l’oro rimane allo stato puro”. Il tema della sofferenza degli innocenti ha sempre toccato il mio cuore. Mi sono chiesta perché gli innocenti soffrono, che colpa hanno. Ma la sofferenza è forse come un ancora piantata nella carne; quando il Signore tira sù la catena e l’ancora mi fa sanguinare dentro, alzo gli occhi al cielo. Il dolore mi aiuta ad alzare gli occhi al Signore. A questa questione tutte le religioni vogliono dare una risposta. Ma la mia religione mi ha dato la risposta più convincente: il mio è un Dio crocifisso. Il suo trono non è il trono dei re, ma è la croce: Gesù regna dalla croce. Quando alzo gli occhi al crocifisso vedo intorno a lui tutti i crocifissi della storia. E Lui mi dice: “Ti ringrazio della tua compassione per me. Però apri il tuo cuore alla compassione dei molti crocifissi e vedi di contenere con la tua pietas l’enorme massa di dolore che c’è nel mondo. Ti prego: vai e togli i chiodi dalle mani e dai piedi dei crocifissi. 39


Il crogiuolo dell’amore

Liberali dalla croce: questa è la compassione che gradisco, liberare i crocifissi dalle sofferenze che gli uomini loro impongono”. Mi guardo da una mistica egocentrica, da una mistica dagli occhi chiusi, amo invece una mistica dagli occhi aperti: con un occhio guarda a Gesù crocifisso e con l’altro guarda alla sofferenza degli altri e si impegna per liberarli dalla croce. Questa è la genuina mistica cristiana. Essa accende nel mio cuore la passione per la giustizia. Posso dire di averla sperimentata e trovo che è quella giusta: averla sperimentata per me mi ha acceso nel cuore la sete della giustizia e vorrei testimoniarla a tutti. Vorrei tenere nella mano destra il giornale e nella sinistra la Sacra Scrittura, vorrei essere attenta alla passione di Dio e attenta alla passione degli uomini.

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Spirito Santo

SPIRITO SANTO Mi ha sempre affascinato il mistero dello Spirito Santo. È una delle tre persone divine, persona dunque divina, silenziosa, nascosta, ineffabile. Per analogia possiamo in qualche modo capire Dio Padre, il Creatore del mondo e il Figlio, Gesù Cristo, Redentore degli uomini. Ma chi è lo Spirito Santo? Lo spirito è nell’uomo il respiro, il soffio. Il soffio della vita nell’uomo non lo vediamo, eppure il soffio è la sorgente nascosta della vita. Dicono i teologi che lo Spirito Santo è la persona-respiro in seno alla Trinità. E come nell’uomo il suo respiro è l’amore, così in seno alla Trinità lo Spirito Santo è l’amore-persona. E come il divino anello nuziale (l’anello simbolo dell’amore tra quelli che si amano) che lega il Padre al Figlio e i credenti al Dio Uni-Trino. Nell’uomo l’amore invisibile è la sorgente segreta delle sue più belle imprese, quelle che sgorgano dal cuore. “L’amore, quanto di più prezioso ha l’uomo, è invisibile ed è bene che sia così: perché l’essenziale, quello che conta di più, è sempre invisibile agli occhi” (A. de St. Exupery). La gente vede le guerre, i crimini, le violenze e dice: “Quanto è brutto il mondo, quante cattiverie si 41


Spirito Santo

vedono ogni giorno”. Io dico: “Cosa vede il tuo cuore? Anche il cuore ha i suoi occhi, occhi invisibili e cosa vede? Tutto il bene che c’è in questo mondo, il bene è sempre più del male, il bene dirà anzi l’ultima parola”. S. Paolo dice che la fede e la speranza passeranno, ma l’amore resterà in eterno. Vorrei anche parlare del compito dello Spirito Santo nella Chiesa. Tutti sappiamo che il Padre è il Creatore e che il Figlio, Gesù Cristo, è il Redentore. Lo Spirito Santo è persona divina silenziosa, nascosta: i suoi compiti sono invisibili. Egli suscita nei credenti la fede e la sostiene. Noi non potremmo confessare: “Cristo è Signore se non nella forza dello Spirito”; nè potremmo dire: “Dio è Padre se non nella forza dello Spirito”. Ma la vita cristiana non è solo salvezza per la redenzione del Figlio, è anche la divinizzazione, che è opera dello Spirito. È lo Spirito che propriamente ci divinizza. E ci fa divini perché accende in noi il divino fuoco dell’amore. È poiché lo Spirito Santo è libertà, ci fa liberi e ci custodisce nella libertà. Grazie allo Spirito possiamo stare al cospetto del Padre, in piedi, coscienti della propria dignità e chiamarlo col confidenziale Tu, come se fossimo pari a lui. 42


Spirito Santo

Inoltre lo Spirito ci fa tutti diversi, unici, originali. Lo Spirito è custode dell’unicità di ogni cristiano, distribuisce i carismi adatti a ciascuno e insieme fa sì che tutti i carismi concorrano al bene comune. Certo, ho ricevuto il dono dello Spirito al momento del battesimo. Ma dopo anni di oblio, mi è accaduta un cosa strana: ho avvertito in me una forza come un fuoco che mi bruciava dentro, come un’attrazione misteriosa per le cose di Dio, una specie di mia connaturalità con il divino. Poi un giorno mi è stata donata una nuova esperienza sensoriale: non soltanto usavo i normali sensi naturali, ma ho avvertito di possedere come dei sensi spirituali. Faccio qualche esempio. Ascolto la parola della Sacra Scrittura e grazie allo Spirito quella parola è detta con forza a me; abbraccio la persona che amo con tenerezza e sento come se abbracciassi il Signore; entro in chiesa e al momento della consacrazione avverto una grande attrazione per l’Eucarestia; mi commuovo molto quando Gesù alla fine della santa messa dice: “Vi do la mia pace, vi lascio la mia pace, non come ve la dà il mondo”. Poi spesso piango di commozione. Sento la forza dello Spirito in me e insieme avverto misteriosi profumi celesti. 43


Dimora eterna Anima e cuore si fondono in me oro fino colato. L’una lo specchio dell’altro. Dove abitate? Nel mio letto vi cerco, non scuotetemi dal sonno finche’ le mie viscere gridano amore. Mi alzo e andro’ per le strade, per le piazze voglio riconoscere l’anima mia e là dove il mio cuore ha la casa. Voltatevi voglio ammirarvi. Forse la vostra dimora in tempio d’avorio con fondamenta di roccia incastonati di gemme? Voltatevi, voglio ammirare il viso. Una colonna di fumo mi copre, vedo a stento polvere nei miei occhi. Alla mia vista annebbiata i capelli chiomati, fini, leggeri fili oliati. Gli occhi cristallini, la pupilla miriade di stelle, le labbra di porpora, il collo come una torre costruita a strati perfetta. Il corpo d’acquila dalle piume grigiastre. Ma ecco li intravedo, loro dentro il mio castello di carne e ossa, prigionieri, gridano dalle profondita’ della terra salendo nelle oscure stanze. Attraversano corridoi, labirinti infiniti, scorrono fusi come un ruscello d’ oro. L’eco rimbomba come tamburi e corni. Il cancello un chiavistello a sette passate. Liberatevi dalla rete, esplodete in giochi di colori, inebriatemi con profumi divini, cantate melodie di uccelli in volo verso il loro migrare nei luoghi Santi.


Lacrime condivise

LACRIME CONDIVISE In Oriente quando una persona si converte a Dio e inizia il suo cammino sulle vie del Signore, riceve quale primo dono le lacrime. Le lacrime sono insieme espressione del dolore e della gioia. Piango il mio peccato e insieme piango per la gioia del perdono. Sperimento dolore e gioia, dolore perché mi sento peccatore e gioia perché riconciliata con Dio. La compresenza nelle lacrime di gioia e di dolore in Oriente è espressa con un ossimoro: “la gioia dolorosa” o “il dolore gioioso”. E come nella vita delle persone. La gente vuol prendersi la gioia e lasciare il dolore: afferrare la gioia a tutti i costi e respingere il dolore è il sintomo che in realtà si vuole afferrare il piacere effimero, di breve durata, quel piacere che presto si converte in amarezza. Ma chi ama davvero? Chi sa stare accanto alla persona amata nella gioia e nel dolore, ne condivide le gioie e le sofferenze. L’amore autentico sa soffrire accanto alla persona amata, come sa gioire con lei. L’amore fedele è quello che condivide le prove dell’amico: l’amico è sempre con te, con te piange e con te ride. Questo amore durerà perchè sa sfidare le prove della vita. 45


Lacrime condivise

Il dolore è come un filtro: ti svela l’amico vero. Se l’amico, quando sei nel dolore, ti volta le spalle vuol dire che ti usava ed ora ti getta via. Non è facile capire che il dolore verifica l’amore, lo edifica e lo custodisce. Ecco perché il nostro Dio è l’amore crocifisso .

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I segni dello Spirito

I SEGNI DELLO SPIRITO Quale futuro garantisce lo Spirito al nostro mondo? Può lo Spirito Santo produrre in futuro una società di uomini liberi, tenuti insieme dall’amore? Questo è il grande sogno di Gesù, che Lui chiamava il “Regno dei cieli”. Credo che il sogno di Gesù è il sogno di ogni uomo: è il Regno dei cieli sulla terra, da tutti sognato, regno di libertà, di amore e di giustizia. Chi ci dà la forza di realizzare un mondo di uomini liberi, che vivono nell’amore reciproco e nel rispetto di relazioni ispirate a vera giustizia? Purtroppo la storia ci ha abituati alle guerre, alle violenze, alle ingiustizie. Si dice che la storia è lo scontro fatale tra vittime e assassini e questo parrebbe smentire il sogno del Regno. Mi chiedo se avranno un giorno le vittime innocenti giustizia? Chi mi garantisce che l’assassino non avrà la meglio sulla sua vittima per sempre? Da dove mi viene la spinta a me credente, la spinta per cambiare in meglio la storia o almeno per contenere il dolore nel mondo? Per me cristiana la risposta è: tutto è possibile nella forza dello Spirito Santo, diffuso nei nostri cuori al battesimo. Lo Spirito Santo in noi produce due effetti: mi fa capace di compatire il dolore 47


I segni dello Spirito

dei sofferenti e suscita l’amore per l’impegno liberatore. Lo Spirito Santo è spirito di compassione e spirito di amore solidale. L’opera dello Spirito è sempre sollecitazione all’impegno, è amore esigente, che si fa azione liberatrice. L’opera dello Spirito nei nostri cuori è invisibile, ma la forza dello Spirito si è manifestata in un grande evento, nel Cristo risorto, il primo innocente assassinato che torna in vita e vince i suoi assassini. E noi tutti risorgeremo con lui vincitori e con noi le vittime che hanno subito violenze da innocenti L’evento della resurrezione è la grande svolta nella storia: i sedicenti “vincitori”, violenti, retrocedono e le vittime innocenti si fanno avanti e vincono. “Beati i pacifici perché di essi è il regno dei cieli”. Ma il grande protagonista di questa storia, nella quale finalmente vincono gli oppressi contro i loro assassini, è lo Spirito Santo. È lo Spirito che nel Cristo Risorto ci fa tutti liberi e ci custodisce nella libertà. Ogni dono è un compito: poiché mi è stata donata la libertà dallo Spirito, io dovrò liberare gli altri da ogni servitù. Se non mi impegnassi nell’azione liberatrice degli oppressi, ciò vuol dire che in me si è spento il dono dello Spirito, che l’ho respinto, anzi non l’ho mai accolto e io sono ancora schiavo. 48


I segni dello Spirito

Devo aver cura della mia libertà e goderne come di un dono divino. Solo così sentirò con entusiasmo il desiderio di liberare gli altri dalle loro schiavitù, perché anch’essi godano di un dono tanto prezioso. Come potrei operare per la liberazione degli altri dalle molte schiavitù se non mi fossi seriamente occupato della mia libertà. Dunque prima di tutto tenere in grande stima la propria libertà per avere stima della altrui libertà. Diversamente sarei ancora schiavo in mezzo ad altri schiavi. Può uno schiavo liberare altri schiavi? Come avviene questo processo di liberazione? Con tanti piccoli gesti: asciugo una lacrima, bacio un ammalato sofferente, cedo il posto all’anziano sull’autobus, sorrido a chi mi guarda con ostentata indifferenza. In questo consiste il mio impegno liberatore: sono tanti piccoli gesti che mettono il Regno dei cieli in cammino sui sentieri della storia. Questi segni del Regno ci dicono che lo Spirito Santo già opera in questo mondo. Ho riconosciuto in me la presenza dello Spirito nell’esperienza della meraviglia per le cose belle. La teologia orientale riconosce da sempre il nesso tra Spirito e il sentimento della meraviglia. Ed è stata la meraviglia che mi ha spinto nella mia ricerca delle cose belle. Ho cominciato a pregare lo Spirito e ho chiesto la grazia 49


I segni dello Spirito

di riconoscere la cosa più bella, l’oggetto più desiderato dal mio cuore : lo Spirito me lo ha indicato, è l’amore; sì, cercavo l’amore. Un giorno ho avuto un desiderio: vorrei avere un amico vero, che mi volesse bene. Ed allora mi sono chiesta che cosa fosse l’amicizia: è l’essere un cuore solo di due che si amano in due corpi. Lo Spirito Santo mi ha fatto sensibile all’amore perché lo Spirito, Lui, accende nei cuori il desiderio di amare e di essere amati. Lo Spirito è vicino al mio cuore, anzi è il cuore del mio cuore, è un cuore divino in un cuore umano, è un cuore divino che lega tra loro due cuori umani. Esperienza di grande gioia l’amicizia. Allora ho iniziato a benedire tutta la creazione e avrei voluto augurare a tutti gli uomini di volersi bene, di godere dell’amicizia, di sentirsi vicini gli uni agli altri, cuore a cuore, anima a anima, casa a casa, villaggio a villaggio, città a città, persona a persona. Ho pensato a Adamo nell’eden: chiede a Dio un aiuto simile a lui e Dio gli donò Eva la prima donna, ecco la prima coppia di amici. Cosa accade tra i due? In che consiste l’amicizia? Adamo riconosce la sua Eva, riconosce in lei la sua amica del cuore, unica fra tante. Poi le disse, credo: 50


I segni dello Spirito

“Adesso so chi sei tu, la mia unica, il mio aiuto, il mio sostegno. Tu sei per me bontà e bellezza”. Dunque riconoscimento della identità unica dell’amata ed anche riconoscenza, gratitudine. E anch’io posso dire al mio amico del cuore: “A te amico dico grazie perché ci sei al mondo per me”. L’amicizia è comunione dei cuori: il mio cuore intimo al cuore dell’amico e la mia anima intima all’anima dell’amico. Quando mi sento amata dall’amico la mia persona è come un prato tutto in fioritura e l’amore è come il sole che mi scalda e tutti i miei doni fioriscono fecondi e rigogliosi sotto il sole dell’amore. In me sotto il sole dell’amore crescono mente, anima cuore, corpo e vita. Se ti senti amata, scoprirai il meglio in te e lo donerai con gioia al tuo amato amico.

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Quando vomere Ma il dolore, quando il vomere tenuto da misterioso contadino, scava nel cuore un solco più profondo… non è buono? E cosa sarà l’ultimo che ci strapperà a tutti i dolori? Tanto ancora dovrò soffrire. Ma quando un cuore gentile mi vorrà bene non sarà più lieve il patire? Eppure io, con quanti… forse (tutti ), risorgeranno, scorgo già la beatitudine. Un seme piantato in profondo solco, erba non buona crescerà, l’inverno, la pioggia fa marcire, la grandine distrugge i raccolti, d’autunno le foglie cadono e coprono il seme, le secche le porta via il vento, d’estate l’arsura colpirà e l’acqua mancherà. Il seme caduto in terra buona soffre nel corso delle stagioni, ma non muore, ogni nuova primavera spunta dal solco, rigoglioso, l’ultimo è l’inizio.


Amicizia con Gesù

AMICIZIA CON GESU’ Adesso voglio parlarvi di Gesù, il protagonista invisibile di ogni incontro tra gli amici: ogni esperienza d’amore è voluto dall’ Amore che Gesù è: volendosi bene gli amici realizzano i sogni di Dio su di loro. Come posso accedere al cuore del mio amico? Semplicemente gli chiedo di aprirmi le porte del suo cuore, poi mi presento a lui e poi gli dico: “Io sono la tua amica, io sono così, senza maschere, senza finzioni davanti a te, sono vera fino in fondo. Tu mi conoscerai per come sono davvero”; l’amicizia è sempre l’incontro degli amici nella loro più profonda verità. L’amicizia, secondo molti mistici dell’oriente bizantino, è la forma dell’amore la più alta, la più nobile, la più duratura: gli amici si scelgono in libertà, l’amore è sempre libera scelta. È l’anima che sceglie senza pagare il pedaggio della sessualità, perché la sessualità è una coazione dell’istinto e una restrizione del sentimento, mentre l’amore dell’anima è libertà di amare il tuo amico e amare tutti. Perché ho scelto il mio amico? Perché ho provato stupore davanti alla bellezza della sua anima, l’ho riconosciuta e gli ho detto grazie per la sua bellezza: certo l’amicizia 53


Amicizia con Gesù

è relazione di anime. E poiché l’anima è eterna, anche l’amicizia è eterna. Desidero l’amato; non c’è amore senza desiderio. Ma quando abbraccio l’amico, non lo trattengo per me, so lasciarlo andare affinchè lui sia libero di amare gli altri ed io sappia aprire il mio cuore a tutti. Grazie all’amore dell’amico vorrei abbracciare il mondo intero. Ho pensato: amo Gesù e vorrei tanto abbracciarlo. Il nostro è un abbraccio che non può essere che spirituale poiché Lui è invisibile. Allora ho capito che l’amore d’amicizia è talmente casto, che pure abbracciando il corpo dell’amico, il mio desiderio mi spinge oltre fino a abbracciare il mio Gesù, l’amico invisibile del cuore. Nell’amicizia non c’è il piacer fisico, piacere effimero, di breve durata, piacere del momento. In essa godo dei più alti piaceri dello spirito: godo la gioia dei cuori e la felicità delle anime, i piaceri più duraturi, più profondi, divini e umani, dunque eterni. L’amicizia è un inno alla bellezza e alla bontà della vita. Risveglia in me un grande amore all’umanità: l’amore eterno per Gesù mi fa amare gli amori umani. Dice Massimo il Confessore: “Dio benedici gli amici, alimenta il loro amore; benedici le loro caste tenerezze, alimenta il piacere di vivere. Là dove c’è Dio, ci sono più amore, più amicizia, più gioia, più vita”. 54


La preghiera - Amicizia

LA PREGHIERA - AMICIZIA La preghiera è il più alto gesto d’amore che io possa fare per il Signore. Così lo prego: “Ti prego, Signore, sai che ti amo, sai che voglio stare con te”. A pensarci bene, queste cose si dicono alle persone cui vuoi bene. Anche a loro dico: “Vi prego, vorrei stare accanto a voi”. Ecco vedete, la preghiera è amore. Questo l’ho capito a partire dall’esperienza dell’amore per l’amico. Ma Chi mi accende nel cuore il gusto di pregare il Signore? Chi è in seno alla Trinità la Persona divina che è Amore tra Padre e Figlio? È lo Spirito Santo. Allora ho capito che se la preghiera è amore, è lo Spirito che suscita nel mio cuore la preghiera. È perché lo Spirito suscita la preghiera proprio nel cuore? Perché il cuore è l’organo dell’amore, il cuore ama, il cuore sa amare. Ecco perché la preghiera è sempre preghiera del cuore ed è sempre effetto dello Spirito in noi. I sentimenti umani non sono mai gli stessi, cambiano ogni attimo; ecco perché l’amore è sempre nuovo, è sempre creativo, ha molta fantasia, non si ripete mai. La preghiera, quando sgorga da un cuore innamorato di Dio e si esprime in alti sentimenti, anche lei sarà sempre 55


La preghiera - Amicizia

nuova, creativa, non si ripete mai la vera preghiera. Come non mi stanco mai di amare la persona che amo, così, se prego con amore, cresce il desiderio di pregare. L’amore cresce sempre. Che amore sarebbe quello che un bel giorno finisce? Così è della preghiera: una preghiera che ti si spegne subito sulle labbra, non è preghiera, così come un amore che muore non è amore. Come il desiderio di pregare tende all’infinito, così l’amore vero tende ad amare l’amato all’infinito. L’“Amore”, diceva S. Bernardo, “non ha misura: l’unica misura dell’amore è di essere senza misura”. Se prego, non mi rinchiudo nella mia relazione io-Tu col Signore. La preghiera mi induce a pregare, così come mi sollecita ad amare tutti. L’amore vorrebbe che tutti mi entrassero nel cuore ed io vorrei entrare nel cuore degli altri. Chi ama vuole andare ad abitare nel cuore dell’amato e chiede all’amato che venga a abitare dentro il suo cuore. Quelli che si amano, si invitano a vicenda ad abitare l’uno nel cuore dell’altro. Vorrei che il mio amato entrasse nel mio cuore perché in esso incontrerebbe lo Spirito, che è l’amore perfetto. Faccio un esempio. La mia guida spirituale, dono del Signore, ha fatto vibrare il mio cuore perché ho sentito che mi vuole bene. Ho avvertito in lui la presenza di 56


La preghiera - Amicizia

un fuoco divino, che è lo Spirito. Questo Spirito mi ha toccata, contagiata, avvolta; mi sono sentita insieme con lui in questa grande nube d’amore e questo amore vuol uscire e contagiare gli altri: vorrei essere capace di amare tutti e farmi amare da tutti; vorrei che tutti provassero la gioia di amare ed essere amati: perché, come dice Tommaso d’Acquino, l’amore tende a diffondersi, ad espandersi nel cuore di tutti. Penso che l’amore è come l’acqua: se volessi afferrare l’acqua e tenerla stretta nelle mie mani, questo non mi riuscirebbe mai, è cosa impossibile. L’acqua è fatta per scorrere da una mano all’altra, così l’amore: non lo posso tenere per me. Stringerlo nella mia mano è impossibile, l’amore è fatto per scorrere da un cuore all’altro tanto più che l’amore donato nella gratuità torna a me moltiplicato. La preghiera è atto di amore, felice intimità del mio cuore con il cuore del Signore. Essa però mi sollecita a sentire compassione per i sofferenti. Se la preghiera è amore, non può non aprire il mio cuore all’amore per tutti. Fiorisce spontanea nel cuore e sulla bocca la preghiera per tutti i sofferenti del mondo. Vorrei entrare nei cuori di quelli che soffrono perché essi mi sentano molto vicina a loro, cuore a cuore, anima ad anima. E se sento la loro sofferenza come mia, ecco io mi 57


La preghiera - Amicizia

alzo e come d’istinto vado ad accarezzarli, li abbraccio, li bacio, asciugo le loro lacrime fino a che non veda nei loro occhi la gioia e fiorisca sulle loro labbra il sorriso. Inizio a raccontare di me, mamma e moglie di famiglia, citando una frase dei Promessi Sposi: “Il Signore non permette ai suoi figli di soffrire se non per suscitare nei loro cuori un amore più grande”. Amare senza essere amata è un grande dolore, ma accade a molta gente, lo so. Questo è stato il destino di Gesù. Chi più di lui amò gli uomini, ma nel momento della prova fu lasciato solo. Forse questi amori non corrisposti sono un invito a imitare lui. Forse quando tutto va bene è più difficile accogliere questo invito, ma nel caso di un amore non corrisposto, il dolore è come un pugnale che ti si gira nella piaga e che ti apre gli occhi su Gesù Crocifisso. Questa forse è l’estrema consolazione che ci rimane nella prova, seguire Gesù non amato, sofferente. Tutti potrebbero abbandonarci, ma noi siamo con Lui: questa è la gioia più grande. Soffrire con Gesù è una grande grazia: ci porta in dono una felicità segreta, più bella degli amori effimeri di questo mondo. Credo che il dolore è una grazia che non ci siamo meritati. Soffrire per l’amato ingrato è un gesto di gratuità assoluta: amo 58


La preghiera - Amicizia

senza il contraccambio. È l’amore più difficile, più generoso. E da qui mi arriva un premio insperato. Gesù vede le mie lacrime: ha sentito compassione per me e forse ha pianto con me. Ed Egli mi porta in dono un amico. Mi dirà: “Questo sarà il tuo amico del cuore e credimi, se un legame istituzionale (per esempio, il matrimonio o un amore di famiglia può spegnersi), l’amicizia che è scegliere liberamente, per amore, un’anima tua gemella, l’amicizia durerà per sempre. Ecco perché l’amicizia dei cuori è la via che ho scelto per tante persone a me care, sofferenti per amore, grazie alla quale vengono a me” (Raissa Maritain). Ma l’amicizia è un dono immeritato: esso è loro dato per la loro consolazione. L’amicizia è l’amore di anime. E poiché l’anima è eterna, l’amicizia è amore eterno. Perciò l’amico dice alla sua amica del cuore: “Io ti amo e per me tu non morrai mai più” (G. Marcel). Vedi, i coniugati giungono sulla soglia del paradiso; il loro legame di sposati cessa su quella soglia. Entrati in paradiso, tutti si ameranno come angeli, come amici. Lo dice il Vangelo di Matteo: “In cielo non ci si sposa più, ma tutti si ameranno con un amore spirituale, così come si amano gli angeli (e gli amici)”. 59


La preghiera - Amicizia

Dolore e amore mi hanno fatto crescere. Mi sento più adulta, più matura, più forte. Posso affrontare la vita senza le paure di un tempo. Oggi ho forte il desiderio di occuparmi di me, della vera Rosaria, dei suoi bisogni legittimi, dei suoi desideri autentici, dei suoi ideali più alti: voglio essere me stessa fino in fondo e non permetto a nessuno di distogliermi dalla mia vera identità. E per perseguire questo obbiettivo ho coraggio, determinazione. Da quando ho deciso di prendere in mano la mia vita e ho preso coscienza delle mie risorse personali, che neppure sospettavo di avere, sto meglio. Ora posso scegliere quelle relazioni che mi fanno vivere nella gioia e rinuncio a quelle relazioni che mi fanno morire. Ma io faccio queste scelte per me. Ora ho stima di me, voglio volermi bene e nessuno sceglie per me. Ho scoperto la mia dignità e non la voglio svendere a nessuno a nessun prezzo.

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Segni

SEGNI Il mio cammino di conversione è caratterizzato dalla visione di alcuni segni che nelle culture religiose hanno un grande significato simbolico. È noto che le divinità creatrici hanno prodotto il mondo grazie agli elementi dell’acqua e del sole: l’effetto fu la terra dai molti colori. Nel libro della Genesi Jahve creò il cosmo dalle profondità delle acque: le acque sono come un gigantesco ventre dal quale la divinità genera la terra. Le divinità creatrici a partire dall’acqua profonda e dal calore del sole creano il grande cosmo, la terra con alberi, erbe ed animali: il risultato è la terra che con la flora e la fauna diventa una gigantesca tavolozza di colori. Questo cosmo, che è ordine e bellezza, è anche come avvolto in grandi volute di profumi Così è stato anche per me. Il mio cammino di conversione è legato ai prodigi dell’acqua, del sole e dei colori e dei profumi. In questi prodigi della terra ho visto come una prefigurazione dei prodigi della mia conversione, prodigi di Dio per me: l’acqua è simbolo della mia nascita spirituale da Dio Padre, il sole è simbolo della mia redenzione grazie a Gesù, Figlio di Dio, i colori e i profumi simbolo dell’opera dello Spirito Santo, che 61


Segni

è l’autore della bellezza e dei profumi della mia anima divinizzata. Voglio partire dall’episodio di Gesù che cammina sulle acque di notte. Anch’io mi sono ritrovata nella situazione dei discepoli sulla barca agitata dalle onde del mare e avvolta dalla notte buia. Della notte ho avuto paura. Mi sono detta: “E se là in mezzo al mare non ci fosse nessuno, che ne sarebbe di me? Mio Dio, che paura! In realtà Qualcuno c’era, il Signore”. La sua figura tutta luce emergeva tra acqua e notte; sì, era proprio lui, gioivo, mi sentivo al sicuro. Ecco il senso per me di questo segno: il mio corpo si era fatto leggero, come senza peso. Gesù cammina sull’acqua e il suo corpo non sprofonda; questo accadde anche a me: una seppur breve esperienza della leggerezza del mio corpo, anche se alla leggerezza poi subentra la naturale pesantezza. La sensazione di camminare sulle acque, anche per poco, questo fu per me un segno. In che senso “segno”? I segni sono nella Sacra Scrittura eventi visibili che evocano fatti invisibili, misteriosi: ci fanno pregustare in anticipo il mondo futuro. I segni ci fanno presentire fin d’ora la venuta in mezzo a noi del Regno. Ci svelano contemporaneamente l’intenzione di Dio di voler entrare nel nostro mondo 62


Segni

e realizzano questa venuta: Dio tramite loro ci mostra in anticipo come saranno terra e corpo quando verrà il Regno. il Vangelo chiamava segni i miracoli di Gesù, che sono i “mirabilia Dei”, le meraviglie di Dio. Nei segni Dio ci mostra il nostro futuro destino, il destino del corpo, di come sarà il nostro corpo, corpo puro, trasfigurato e dai molti colori. Gesù si trasfigurò sul monte Tabor, questo fu il segno più bello che fece vedere ai discepoli. E i discepoli vedettero come in un lampo come sarà il corpo di noi tutti nella vita eterna. La mia conversione pure è collegata a tre segni, l’acqua, la luce, i colori. Vi dico come ho capito per me il significato spirituale di questi tre segni, riferendomi a tre episodi esemplari della vita di Gesù e come essi furono prefigurazioni della mia conversione. L’acqua: Gesù fu battezzato con l’acqua, anche la mia anima fu purificata delle mie lacrime; il corpo di Gesù fu avvolto dalla luce sul Tabor, così anche me avvolse la luce dello Spirito. Il fuoco dello Spirito in forma di tante fiammelle a Pentecoste scese sui discepoli, così lo Spirito discese su di me a Pentecoste: il fuoco dello Spirito cadde su di me e mi accese nel cuore l’amore, dopo di che il creato mi apparve come una gigantesca tavolozza di colori. 63


Segni

A questo proposito voglio raccontarvi di S. Francesco. Nella vita del santo si dice che Cristo Gesù fu da lui molto amato: per amore volle esser il suo perfetto imitatore, “in tutto eguale a Cristo”, “alter Christus”: in effetti desideriamo imitare le persone che amiamo. Francesco applica a se stesso le famose parole di S. Paolo: “Vivo non più io, ma in me vive Gesù Cristo” (Gl. 2,20). Francesco è in tutto simile a Gesù. S. Bonaventura lo dice “il perfetto imitatore di Cristo”. Alla morte del santo un frate ebbe una visione e vide l’entrata di Francesco in Paradiso. C’erano schiere di angeli e di santi ad attenderlo sulla soglia del paradiso. Alla vista del santo, rivestito della dalmata da diacono, gli angeli si dicevano fra loro: “Chi è costui? È Francesco d’Assisi? È Gesù? No, non è Francesco, è Gesù”. L’identificazione a Gesù è stata l’aspirazione di Francesco, realizzata in pienezza. Francesco è diventato davvero in tutto eguale a Gesù, Figlio di Maria. La sua vita è come il sole, “Oriente”, dice Dante Alighieri; il sole che avvolge di luce la cupa storia degli uomini: luce che ci viene dalla sua mirabile somiglianza con Gesù. Questa lieta notizia è passata a tutte le generazioni ed è stata mirabilmente propagandata dai saperi, la filosofia e la teologia, dalle arti, la pittura e la 64


Segni

poesia. Tutti i saperi hanno fatto a gara per presentare Francesco trasfigurato nella sua sublime somiglianza a Gesù, uomo-Dio. Prima vedevo il mondo nei suoi colori grigi, ora lo vedo nei suoi stupendi colori e apprendo a gustare la vita. Prediligo il colore bianco: ricordo che il bianco è il colore della colomba, come appare nei Vangeli. La colomba, nella sua bianchezza, è sempre simbolo della purezza: è come se la colomba si fosse immersa nell’acqua dello Spirito e ne fosse uscita come una nuova creatura, con corpo e anima puri, bianchi. Ho intuito che l’amore bello, di cui la bianchezza è l’emblema, è sempre associato alla castità, all’innocenza, alla trasparenza.

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Un sentimento chiamato amore Per un momento di gioia, basta un sorriso. Per un momento di gioia, basta un abbraccio. Per un momento di gioia, basta una parola. Per un momento di gioia, basta un bacio. Per un momento di gioia, basta un contatto umano. Per un momento di gioia, basta una stretta di mano. Per un momento di gioia, basta uno sguardo. Per un momento di gioia, basta un aiuto. Per la pace nel mondo basta l’unione di tante mani. Per dare la vita alla vita in quel giorno basta poco. Per viverla non basta respirare, ma anche lottare. La vita è stata donata in un momento di gioia dall’amore di due persone, non sciupiamola in un momento. Per un giorno in più si spera. L’amore ci costa tanta fatica, più nel darlo che nel riceverlo. Per dare amore non basta scriverlo, non esistono scuole in materia. A volte, ci viene anche difficile trasmetterlo, non lo soffochiamo questo grande sentimento. Non nascondiamoci dietro le nostre maschere che ci costruiamo a misura. La libertà di amare è la cosa per cui dobbiamo lottare, liberi di gridare e far uscire dal nostro cuore il fuoco per incendiare la fitta foresta a cui apparteniamo. Perché senza amore non possiamo vivere.


Apologia della tenerezza

APOLOGIA DELLA TENEREZZA La mia fede cristiana dice che la salvezza ci è donata da un Dio, che si è fatto carne, che la salvezza ci viene dalla carne santa di Dio. Gli antichi teologi dicevano: “Caro cardo salutis: la carne è la radice della salvezza”. La carne è dunque fonte di salvezza. Il corpo, questo sconosciuto e talvolta disprezzato da una cattiva spiritualità cristiana, per noi cristiani è capace di esprimersi in atti squisitamente spirituali. Capisco la frase di S. Paolo: “Il corpo è tempio dello Spirito”. Dunque: rispetta il tuo corpo e chiedi rispetto del tuo corpo. Il cristianesimo è la celebrazione del corpo e apprezza la sua capacità di esprimere in gesti corporei i valori dello Spirito. Penso, per esempio, ai gesti di tenerezza: gesti corporei che esprimono da parte dell’amato all’amata significati dell’anima, oltre che del cuore. Quando due persone si vogliono bene, sanno che l’amore è una questione di cuore e di anima; pertanto si sentono sollecitate spontaneamente ad esprimere l’amore dell’anima in gesti corporei, le tenerezze. “La tenerezza è il casto profumo dell’amore”: la tenerezza è espressione casta, pura, innocente nell’amore. Quali sono i gesti della tenerezza? Sono gesti universali noti 67


Apologia della tenerezza

a tutti gli uomini e donne della terra: baci, abbracci e carezze. Nel bacio l’amato esprime all’amata la sua dedizione, cioè le dice il desiderio di donarle tutta la vita; la carezza (dalla parola latina carus, prezioso) esprime all’amata stima, apprezzamento: quando accarezzo qualcuno, gli dico che mi è caro, che è importante per me, che vale molto ai miei occhi; l’abbraccio esprime all’amata la volontà di protezione, di darle sicurezza. Questa gesta del corpo, le tenerezze, coinvolgono l’anima e il cuore, lo spirito umano, sono dunque gesti spirituali. Questi gesti di tenerezza sono universali, valgono in tutti i rapporti tra le persone. Nelle icone dell’oriente bizantino spesso gli angeli abbracciano i monaci con gesti di dolce tenerezza: i monaci piangono felici, allora gli angeli accarezzano i monaci e i monaci abbracciano gli angeli poiché amore chiama amore. Di Gesù è simbolo l’angelo, allora è Gesù che abbraccia i monaci. Nessuna paura in Oriente che tra Gesù e i suoi amici ci siano scambi di tenerezze corporee.

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I Sensi

I SENSI I sensi spirituali permettono di percepire le cose dello spirito, le realtà invisibili. Per capire occorre prendere le mosse dai sensi corporei: la funzione dei sensi corporei predice per analogia quanto fanno al livello dello spirito i sensi spirituali. Per noi cristiani il corpo non è la tomba dell’anima, è tempio dello Spirito Santo; pertanto i sensi corporei trasfigurati dallo Spirito, fattisi spirituali, percepiscono le cose di Dio. Come i sensi del corpo sono le porte che aprono l’uomo al mondo delle cose e delle persone fisiche, così i sensi spirituali aprono al mondo delle anime e al mondo di Dio. “I sensi spirituali ci fanno udire le divine melodie degli angeli e delle anime” (Simeone il Nuovo Teologo, mistico bizantino del IX secolo). I sensi spirituali sono come le corde di un’arpa misteriosa: toccate, ci fanno percepire la musica sublime del mondo degli spiriti e dello Spirito. Dio si è fatto corpo e il corpo umano è diventato divino, spirituale; e anche i sensi umani sono ormai divini. Ecco perché i gesti corporei di chi ama spiritualmente eleva all’amata un canto spirituale. Maria Maddalena per esempio. Lei riconobbe col cuore il suo amato Gesù, il risorto, quando toccò il corpo del risorto con sensi 69


I Sensi

spirituali, col tocco spirituale delle dita del cuore. Come si può guardare alla persona che ami, vedere il suo cuore, se non la vedi con occhi casti? Il nostro spirito, che vede e tocca mediante i sensi spirituali, ci fa entrare nel mondo di Dio. Se guardi alla persona che ami con casto sguardo, lo sguardo posato su di lei con dolcezza ti introduce alla visione di Dio; se ascolti le parole d’amore della persona amata, l’orecchio teso a lei con delicatezza ti introduce all’ascolto della parola di Dio. Gustare e sentire la persona che ami, ti introduce al gusto e al sentimento di Dio. La Maddalena accarezzò e baciò con casta tenerezza i piedi di Gesù, con amore di donna, e percepì in Gesù il mistero di Dio. I sensi corporei, trasfigurati dallo Spirito, sono capaci di percepire il divino se sono sani; se fossero malati vanno guariti. Per esempio il senso del tatto, cioè le mani se vogliono possedere cupidamente il corpo dell’amata, cioè se hanno un secondo fine, il senso è malato; se invece accarezzi con mano teneramente casta l’amata, per esprimerle stima e amore, pura dedizione, la tua mano è sana. E se il tocco della mano è umanamente e spiritualmente sano, ti apre al contatto tattile delle cose di Dio. Mi viene in mente S. Giovanni nella sua Prima Lettera. Dice che toccò con le mani il Gesù uomo e dopo il contatto credette al Verbo 70


I Sensi

Invisibile. Vide e udì il Gesù uomo e vide ed udì Il Signore Dio. I sensi sono anche il ponte tra corpo e Spirito. Per esempio se vedo un fiore e ne gusto la bellezza vedo la bellezza di Dio, se ascolto una bella musica e ne godo, percepisco la bellezza di Dio, se con l’olfatto sento un buon profumo in quel profumo sento il profumo di Dio. Ecco i sensi del corpo ci aprono sul mondo di Dio. Ma dobbiamo educare i sensi. Per esempio dobbiamo educare l’olfatto a percepire il profumo dei fiori perché respiri gli aromi divini e chi ci aiuta in questo è lo Spirito Santo perché è lo Spirito che ci aiuta a respirare il buono odore di Cristo. Lo Spirito Santo opera una vera è propria trasfigurazione dei sensi che ci apre alla contemplazione di Dio. Vedere e gustare la realtà divina nelle creature è dono dello Spirito del Cristo Risorto. L’uso casto dei sensi presuppone un amore oblativo, altruista. È questo amore che ispira nei sensi una dedizione d’amore disinteressata alla persona amata. In questa dedizione d’amore consiste la vera felicità. Godere delle cose belle con cuore generoso, questo è il vero godimento. Possedere per trarne godimento per sé si traduce in amarezza e talvolta in disperazione. Facciamo un esempio. La carezza ha in sé il suo fine: non ha un secondo fine; l’amato accarezza l’amata perché lei senta quanto gli è cara, preziosa. I gesti di tenerezza esprimono dedizione 71


I Sensi

pura, non celano l’intenzione di possedere; e in questa volontà di dono di sè alla persona amata consiste la castità del sentimento. I sensi casti vogliono far sentire all’amato quanto lo ami affinchè lui sia felice e nulla più. Ecco i sensi casti: l’amore ha come fine l’amore; così ascoltare, gustare, toccare, odorare vogliono esprimere dedizione all’amato, senza secondi fini. E in questa assenza di calcolo i sensi raggiungono il massimo godimento possibile. E solo se i sensi sono casti, entriamo nella casa di Dio per il solo fine di godere di Lui. Ascoltavo il pianto del mio bambino che chiedeva il cibo e poi i suoi gorgheggi esprimevano riconoscenza a me mamma. Guardavo al mio piccolo e il mio pensiero andava al Padre che è nei cieli. S. Paolo dice che nella forza dello Spirito grido: “Tu Signore sei Padre mio e Padre di noi tutti”. Anche il mio bambino è un dono che il Padre Creatore mi dona tramite lo Spirito, che è amore. Pensavo con commozione che dei miliardi e miliardi di persone esistiti sulla terra lui è unico per me. Ogni bambino che mi dona il Padre celeste è unico, non ve ne uno eguale. E come servo quel mio bambino unico, così servirò al mio Signore unico e non ve ne sono altri per me. Come ho un solo Signore e un solo Salvatore, Gesù Cristo, così avrò sulla terra un solo amore. 72


I Sensi come stelle

I SENSI COME STELLE Amo molto nelle sere estive uscire a guardare le stelle, contarle una ad una e so bene che ciascuna è unica nel firmamento. Racconto loro del mio unico Dio e del mio unico grande amore. Le stelle, si dice nelle favole, erano esseri umani poi trasformati in stelle; hanno pure un cuore umano e mi capiscono molto bene. Dicono le favole che ognuno ha la sua stella; e quella stella è forse una persona cara passata nell’aldilà, che dal cielo mi protegge e mi sorride. Dicono gli scienziati che le stelle lassù in cielo vanno a coppie: sogno un giorno di essere lassù e di avere accanto il mio amato, la mia stella, che faccia coppia con me. Vorrei guardare dai cieli come da un balcone sulla terra e illuminare le persone laggiù e di sorridere loro. I cinque sensi corporei, dicevo, sono come le cinque corde dell’arpa che è il cuore umano. Fossimo tutti capaci di trarre dalle cinque corde le divine melodie dell’amore: un canto di lode al Padre Celeste per il dono dei figli, delle stelle, dei miei familiari, dell’amato. In questo canto di lode al Signore i sensi toccano il massimo della loro forza espressiva. Di questo voglio ringraziare Gesù, fattosi carne e dunque dotato come me dei cinque sensi corporei e trasfigurati in sensi 73


I Sensi come stelle

spirituali, Lui che con il dono del suo Spirito ai corpi li ha ricondotti alla loro bellezza e innocenza originaria. “Signore ti offro il mio corpo, i miei sensi, tutta me stessa. Tutto questo mi hai donato per comunicare con Te e per comunicare coi fratelli; finora tutto questo ho usato per me”. Offrire il nostro corpo a Cristo è grande scelta di vita. Dice bene la Chiesa: “Impara, Rosaria, ad offrire te stessa tutta intera al tuo Signore, non è cosa semplice. Non ti riuscirà mai a fare questo in tutta dedizione. Dovrai verificare sempre di nuovo quello che fai, perché in noi c’è la tentazione di dare a Dio con una mano e di riprendere subito al più presto con l’altra. È un arte difficile il dono di sé a Dio. Ma devo andare avanti con coraggio sulla via del dono di me al Signore”. Prima offrirò il mio corpo. Credete sia cosa da poco? È credete sia possibile? Sì, “ti dono il mio corpo, Signore, voglio cioè gridarti con tutte le forze che il mio corpo vuole porsi al servizio del tuo amore”. Io sono un operaia e prego così: “Voglio aprirti con il mio amore, Signore, le porte della mia fabbrica affinchè tu vi entri. Qui dentro, nel mio reparto, c’è fame di te. Tutti ti ignorano; chi dice il tuo nome, Signore, ti bestemmia. Essi non sanno che tu li ami, uno ad uno, siano essi buoni e non buoni. Signore, ti dono cuore ed 74


I Sensi come stelle

intelligenza affinchè Tu, tramite me, possa entrare nel mio mondo, dove la Chiesa non è conosciuta. Donare la mia persona a te, Signore, è cosa meravigliosa. Signore, ti dono i miei occhi: fa che io veda con i tuoi occhi tutto, le persone e gli eventi della vita, che tutto veda dal tuo punto di vista. Aiutami ad aprire i miei occhi sulla mia realtà, sulla mia miseria, sul mio egoismo. Voglio aprire i miei occhi sugli altri, vedere i bisogni dei fratelli e sorelle, vedere cosa vogliono mia madre, mio padre, mio fratello. Voglio aprire gli occhi, non chiuderli, sui poveri, su quanto posso fare per loro, sui poveri vicini e lontani. Voglio aprire gli occhi, non chiuderli, sui poveri di casa mia, quelli che dimorano nelle mie quattro pareti domestiche. Forse vive accanto a me un povero, cui non presto attenzione da molto tempo. Sarà una persona anziana, sarà un fratello pesante o scocciatore che mi dà sui nervi quando apre bocca; non sopporto la sua presenza, non gli ho mai rivolto una parola buona da tanto tempo: è il povero di casa mia, anche se a casa mia non manca proprio nulla per vivere. Il povero di turno l’abbiamo tutti in casa”. Ora voglio pregare così: “Signore, ti offro la mia lingua: che non esca dalle mie labbra nulla che dispiaccia a te. Ti dono la ma lingua, Signore, fa che sia capace di bene, 75


I Sensi come stelle

non di male. Voglio che la mia lingua obbedisca a Te. Voglio seminare pace e mai discordia, incoraggiare, sostenere, donare a tutti la gioia; voglio portare la mia parola buona dove posso, sempre. Ma voglio pregare Te, Signore, con la mia lingua pacificata e benefica, voglio parlare con Te”. Per me, operaia cristiana, chiedo di apprendere anche dal fratello miscredente tutto quello che lo Spirito Santo gli vuole suggerire, pur restando ben ancorata alla Chiesa, perché senza la Chiesa non avrò salvezza.“Dona al giardino della mia intelligenza, che è tuo dono, buoni pensieri, semina in essa la tua Parola, feconda con la tua Sapienza la mia meditazione. Fa che pensi, Signore, con la mia testa, non con quella degli altri! Fa che mi dissoci dai pregiudizi. Fa che io pensi, libera, anche contro tutto e contro tutti, purchè io pensi con te, o Signore. Ti offro la mia volontà! È Il dono più difficile, ma il più bello. Signore, voglio quello che vuoi tu! Difendimi da ogni mentalità borghese, da ogni uso strumentale degli altri. Fammi donna libera, anche da me stessa. Maria, tu sei la donna che ha saputo dire di sì a Dio, il sì più decisivo nella storia degli uomini. Donami la grazia di fare la volontà di Dio in tutto! Donate a tutti amore, fratelli e sorelle, il fiore più bello che Dio ha messo nel cuore”. 76


La Domenica

LA DOMENICA Siamo sicuri che la domenica è il solo giorno festivo dell’anno liturgico che risale all’età apostolica. Se ne fa memoria in Atti degli Apostoli al c. 20,7. In questo passo si ricorda la prima santa messa della storia. Dopo quella celebrata da Gesù con i suoi discepoli il giovedì Santo, gli apostoli, con i credenti, si radunavano per pregare. Pregavano nel tempio con i fratelli ebrei, da buoni figli di Israele, almeno all’inizio, poi spezzavano il pane nelle loro case e così nacque il culto cristiano. Essi prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, dicono gli Atti degli Apostoli al c. 2-42,47. Negli Atti degli Apostoli si usa una parola speciale: la “frazione del pane” per indicare l’Eucarestia. Questa parola ha un significato che risale ai tempi antichi. Nel corso delle generazioni e in molte culture il pane condiviso è simbolo della condivisione dei beni, del raduno dei familiari intorno alla tavola. Spezzare lo stesso pane significa sentirsi fratelli, uniti dal vincolo dell’amore. Poi il pane acquistò un significato sacro. Penso che questo sia accaduto perchè il pane è già sul piano umano espressione di una umanità fraterna e riconciliata. Il pane è anche simbolo della vita povera e parsimoniosa delle famiglie: ancora oggi nelle 77


La Domenica

buone famiglie gli avanzi del pane, se finisce nell’umido oppure cade a terra, prima di buttarlo lo si bacia, segno tramandato dai miei bisnonni. Negli antichi scritti cristiani (per esempio nella Didache) così si descrive il mistero della santa Eucarestia: “Come le varie spighe di grano nascono in campi diversi e poi sono raccolte e macinate per fare un unico pane, così, Signore, è la tua Chiesa: da luoghi differenti i cristiani si radunano (come fossero grani di frumento da paesi diversi, radunati, macinati e impastati insieme) e diventano una sola Chiesa (il pane dell’Eucarestia che è la Chiesa). Nel Padre Nostro noi pregando chiediamo il nostro pane quotidiano”. Questo significa chiedere pane per tutti, chiedere che gli uomini si sentano tutti fratelli, che dividano il pane perché nessuno debba morire di fame. Significa pregare perché tutti i popoli abbiano raccolti sufficienti per sfamare tutti, significa simbolicamente “impastare un unico pane”, simbolo dell’amore che fa di tutti i popoli un solo cuore. Nel vangelo di Giovanni Gesù nutrì la folla con pane abbondante. Rese grazie al Padre, moltiplicò il pane e tutti ne mangiarono. Poi Gesù partì. I discepoli salirono sulle barche alla ricerca di Gesù; trovatolo, gli dissero: “Rabbi, quando sei venuto qua?” e Gesù rispose: “In 78


La Domenica

verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna” (Gv. 6-22,33). Come dire: “Voi, affamati, avete mangiato, ma vi siete dimenticati in fretta degli affamati”. Il “primo giorno della settimana” è il giorno in cui i fratelli cristiani si riunivano “per la frazione del pane”, per la celebrazione della santa Eucarestia (Atti degli Apostoli, 20,7). Corrisponde nel suo significato religioso al sabato ebraico, giorno del riposo sabbatico e della celebrazione del culto alla sinagoga: infatti come Jahve creò il mondo in sei giorni e il sabato riposò, così i cristiani riposano il “primo giorno della settimana” (la domenica per noi) e si dedicano al culto del Signore nella liturgia eucaristica. Anche il libro dell’Apocalisse ricorda (c.1) il giorno del Signore. Anche gli evangelisti Matteo e Giovanni chiariscono il senso del “primo giorno della settimana”: i credenti ricordano la resurrezione di Cristo che risorse all’alba della domenica, il giorno successivo al sabato, dunque primo giorno della settimana, la prima nella storia del culto cristiano. La domenica è per l’eccellenza il giorno del Signore. La parola “domenica” è dal dies-Domini, “giorno del Signore” appunto. La domenica da sempre ricorda la resurrezione di Cristo. 79


La Domenica

Ricorda il Signore vivente, tornato vivo dalla tomba e di questo mistero i cristiani sono gli annunciatori con grande gioia. In antico i cristiani si salutavano tutte le domeniche e si scambiavano il saluto: “Il Signore Gesù Cristo è risorto e ti auguro tanta gioia”. La domenica è tradizionalmente il giorno del riposo per pregare. In latino la parola “riposo” è quies e la quies è associata alla preghiera. E questo è vero anche per me. Lo so bene, solo un cuore quieto sa cos’è la preghiera; un cuore in perenne agitazione non conosce la vera preghiera. La prova è che in Oriente, nella spiritualità bizantina, si usa la parola esychia ( quies in latino, riposo in italiano) per indicare la preghiera silenziosa o “preghiera del cuore” o “esicasta”. Quindi la quiete ed il riposo della domenica trovano la loro ragione nel creare un clima di pace nel cuore, propiziata dal riposo dal lavoro, per pregare, per stare davanti al Signore, per guardarlo con occhi d’amore. Gli uomini amanti della preghiera in Oriente, alla ricerca della profonda preghiera, hanno associato al ritmo del pregare il ritmo del respiro affinchè preghino insieme corpo e anima. All’inizio la preghiera è una lotta contro i pensieri, che agitano il cuore; e la lotta è sempre connessa allo sforzo della concentrazione. Se si è fedeli allo sforzo, magari per anni, un giorno (oh! piacevole sorpresa) prendo 80


La Domenica

coscienza che Qualcuno, Gesù il Signore, prega dentro di me. E questo mi porta suprema quiete, supremo riposo e infine suprema felicità. Scopro che Gesù, il risorto, vive in me, prega dentro di me. Allora la preghiera non è più una fatica o un dovere: è semplicemente un abbandono dell’amante sul cuore del suo amato Signore. Fino a trent’anni non andavo in chiesa, non ne capivo il senso; a mio modo ero coerente con le mie convinzioni. Però mi ponevo tante domande: volevo sapere le ragioni di quanto mi impressionava nella gente. Perché tanta gente andava in chiesa e pregava? Mi colpiva il mistero della preghiera. Come può una persona invocare il suo Dio con tanto amore? E ancora di più mi chiedevo il perché della preghiera liturgica: i canti, le luci, i profumi, gli affreschi sulle pareti e tutto questo toccava il mio cuore e i miei sensi. La domenica è il giorno dell’Eucarestia: i cristiani assumono il corpo e il sangue del Signore e in quel giorno diventiamo divini. In Oriente la domenica è chiamata spesso il “giorno della divinizzazione” del cristiano, cioè delle comunione delle anime con Dio. Quando intorno alla tavola tutta la famiglia si raccoglie, si crea una comunione d’amore: a tavola si condividono gioie e dolori, perché la tavola è la culla della fraternità. Ecco perché Gesù andava a pranzo con i peccatori e le 81


La Domenica

prostitute: voleva condividere con quei fratelli e quelle sorelle le loro vite fallite e tormentate. L’Eucarestia è un grande dono, il dono più grande che Gesù ci ha lasciato: è il segno della sua volontà di voler stare con noi fino alla fine dei tempi. Spesso penso a questo: Gesù è sull’altare, corpo e sangue, è là per noi tutti; vuol donarsi a tutti in cibo e bevanda; quel pane e quel vino consacrati sono a disposizione di tutti, nessuno può dire: “questo pane è mio”, oppure: “io sì, tu no”. Purtroppo diciamo: la mia casa, il mio conto corrente, la mia auto, il mio campo, il mio mio…il mio…il mio: è a causa del mio gli uomini si uccidono e vengono costruiti con l’inganno regimi iniqui, che creano ricchi e poveri, i sazi e gli affamati. Ecco, l’Eucarestia assunta da tutti perché ce n’è per tutti, è a disposizione di tutti, mi dice: “Rosaria, vai e fa sì che tutti ne mangino e ne bevano”. Gesù dice: “Venite tutti e tutti mangiate e bevete di me, nessuno deve soffrire la fame e la sete di me”. Allora tutti devono mangiare il corpo del Signore e bere il suo sangue. Se accolgo l’Eucarestia nel mio cuore, obbediente al comando di Gesù, se mi abbandono alla spinta dell’amore che lei è per me, allora per amore vorrei che tutti mangiassero e bevessero e che mai più nessuno soffrisse la fame o la sete o peggio che morisse di fame e di sete. 82


Eucarestia

EUCARESTIA Oggi sono felice della mia conversione e ho il cuore pieno di gratitudine per Gesù; non chiedo più nulla a Gesù, voglio solo dire grazie, grazie, grazie. Oggi posso capire, grazie all’esperienza di questa nuova felicità, il senso della parola “eucarestia”: in greco significa “rendere grazie”. L’Eucarestia è il sacro rito con cui il credente, membro della Chiesa, rende grazie a Dio per il sacrificio di Cristo. Forse è il rito più bello nella storia religiosa degli uomini: si ringrazia il Signore per essere morto per amore di noi sulla croce. Ringraziare è aprire gli occhi su un dono ricevuto, è aprirci alla riconoscenza. Quando il bambino dice grazie per il giocattolo che riceve dal padre, vuole dire: “come sono contento! Come sei stato buono, papà, a comprarmi questo!”. Quando un passante vi dice grazie perché gli avete mostrato una via, vuol dirvi: “come sei stato buono a perdere un po’ di tempo per me”. Insomma ogni volta che ringraziamo, che cosa facciamo? Apriamo gli occhi sulla bontà di qualcuno che ha pensato a noi. Ecco cos’è ringraziare: avvertire l’amore d’una persona per noi. Questa è l’Eucarestia: ringraziare con amore Gesù per il 83


Eucarestia

suo immenso amore per noi: il grazie più bello che mai uomo possa dire al suo Dio. Certo, dobbiamo imparare a ringraziare, ma non siamo abituati. Penso che non esiste pagina della Bibbia che non richiami al dovere del ringraziamento: tutti i salmi sono preghiere di lode e di ringraziamento. Vedo che Paolo insegna ai primi cristiani a ringraziare continuamente: dobbiamo dunque imparare a ringraziare in tutti gli eventi della vita, anche nei più dolorosi, poichè la nostra fede debole ci induce a respingere le prove e le disgrazie. Perché non dovremmo ringraziare per i grandi doni di Dio, quali la vita, la fede, la ragione? Dobbiamo imparare a ringraziare attraverso l’Eucarestia perché è il ringraziamento fatto al Padre per mezzo di Cristo, con Cristo e in Cristo. Dobbiamo imparare a ringraziare attraverso l’Eucarestia perché è il ringraziamento più autentico: è un ringraziamento non a parole, ma a fatti. Chi si accosta in modo veramente cosciente all’Eucarestia, deve partecipare, prendere parte, accogliere la parola di Cristo prima di tutto, cioè assimilare la sua dottrina, la sua mente, deve condividere il suo corpo e il suo sangue, cioè fare entrare la vita di Cristo in sé. Chi ringrazia con l’Eucarestia, in altre parole, si impegna a unire la propria vita alla sua, 84


Eucarestia

a vivere in comunione di vita e di ideali con Lui, ma soprattutto ne abbraccia la causa. Vado alla chiesa e con i miei fratelli e sorelle nella fede ringrazio. Ho capito che pregare è ringraziare; in tedesco la parola “ringraziare” (danken) è un sinomino della parola “pregare” (denken). Perché ringrazio il Signore con la preghiera? Per tutti i suoi benefici, per quanto ha fatto nella mia vita. Ma il pregare, il rendimento di grazie per eccellenza è l’Eucarestia: celebrare l’Eucarestia è ringraziare il Padre, che ci ha donato suo Figlio, nostro Salvatore, e ce l’ho dona sotto la specie del pane e del vino consacrati ogni giorno. Come dice Gesù: “prendete e mangiate, questo è il mio corpo, prendete e bevete, questo è il mio sangue”. Gesù è il nostro grande amico: vuol stare in mezzo ai suoi amici fino alla fine dei tempi, presente nel pane e nel vino consacrati, cioè sotto le specie degli alimenti essenziali per sopravvivere. L’Eucarestia è il pane di vita eterna, come dice S. Atanasio: l’Eucarestia è il “farmaco dell’immortalità”. Cioè è quella medicina divina, che ci guarisce da quella terribile malattia che è la morte.

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Lavorazione del formaggio in un caseificio a Njombe, Tanzania


Il senso della Messa

Il SENSO DELLA MESSA In antico l’Eucarestia veniva indicata con la parola greca “koinonia”, comunione. I fedeli che partecipano all’Eucarestia in Cristo diventano una comunione di anime, una sorta di famiglia mistica, un solo corpo mistico. Un mistico dell’Oriente, Simeone il nuovo Teologo, dice che sono possibili tra le persone tre tipi di comunione: c’è la comunione fisica dei corpi che è di un attimo, c’è la comunione di anime degli amici che è simile a quella degli angeli con gli uomini, poi c’è la più alta forma di comunione nell’amore, quella che i credenti in Cristo realizzano nella comune partecipazione all’Eucarestia. In Oriente nella liturgia bizantina, dopo che i fedeli hanno ricevuto il corpo e il sangue di Cristo, si baciano: la comunione in Cristo che è la più alta forma di amore viene suggellata dal bacio, da una gesto di tenerezza corporea.

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Sorgente d’acqua sulla montagna di Pelinaio, Chios


Bagno come purificazione

BAGNO COME PURIFICAZIONE La mia conversione è legata a un bagno che feci un giorno. Oggi capisco l’importanza di quell’ evento. Ricordo il contesto di quell’esperienza: il suono delle campane, il profumo dei fiori, il fluire delle acque; vidi in tutte queste esperienze un segno, una chiamata per me a cambiare vita, chiamata alla conversione. In tutte le religioni l’immersione nell’acqua esprime il desiderio della conversione: penso al battesimo di penitenza, conferito da Giovanni Battista al fiume Giordano; poi penso anche ai vangeli secondo i quali il sacramento del Battesimo è conferito ai cristiani in virtù dell’acqua e dello Spirito: l’acqua cancella i peccati e lo Spirito accende nel cuore il fuoco dell’amore. Così fu per me quel giorno: desiderio di perdono e desiderio di avere nel cuore un grande amore. Solo dopo ho capito quello che mi era accaduto: Gesù con l’acqua cancellò i miei peccati e con lo Spirito Santo mi accese in cuore l’amore per Lui. Acqua e Spirito vanno sempre insieme. Non potrei desiderare un cuore puro se non per amare qualcuno. Il vero amore vuole essere sempre casto, limpido, trasparente, innocente come l’acqua. 89


Bagno come purificazione

Ho anche sperimentato un lungo pianto quel giorno: fiume di lacrime mi scendevano dagli occhi e così lavai con lacrime cuore anima e corpo, anzi tutta la vita. Nella spiritualità orientale un convertito riconosce il suo cambiamento interiore da un’esperienza mai vissuta prima: piange e non sa perché. Poi comincia a capire: le lacrime sono il primo dono dello Spirito. Per chi inizia il suo cammino di conversione, tengo a dirlo, le lacrime sono un dono dello Spirito, che l’uomo non si merita. L’uomo ha un cuore di pietra, è peccatore insensibile e ostinato; soltanto il tocco della grazia gli fa sgorgare dal cuore un fiume di lacrime. Non si piange solo a causa dei peccati, ma si piange anche di gioia, di felicità. Chi ama, questo lo sa bene: si piange perché uno si sente amato. In Oriente l’esperienza è designata da un ossimoro: la “dolorosa gioia” o “un dolore gioioso”. Esattamente questo prova un neo convertito: dolore per i suoi peccati e gioia immensa per sentirsi perdonato. Perché il perdono, come dice la parola “per-dono” (il dono per eccellenza), è il dono più grande che possa farmi colui che ho offeso; ed ora capisco che il mio è un Dio del perdono: mi ha fatto il dono più grande quando mi disse: “Figlia mia, vai e non peccare più”. 90


L’acqua

L’ACQUA Nel libro della Genesi si dice che lo “Spirito aleggiava sulle acque”. Questo mito appare in tutte le grandi religioni: il mondo nasce là dove un uccello mitico vola sulle grandi acque. Il senso dei mito è questo: il grande uccello (simbolo dello Spirito) feconda e cova l’acqua e dal loro incontro nasce il mondo. Posso osare una mia interpretazione: l’acqua è come il ventre della madre, che è fecondato dall’intervento del padre. L’acqua è il simbolo dell’elemento materno, è il ruolo della madre, lo Spirito è simbolizzato dall’uccello, dall’elemento maschile, è il ruolo del padre: è quello che è accaduto a me, nata nel grembo di mia madre, tuffata nel liquido amniotico. Nel Nuovo Testamento il cristiano nasce dal battesimo, cioè dall’acqua e per l’azione dello Spirito. Anche la mia conversione è accaduta per la virtù dell’acqua e dello Spirito: Cristo è stato come la mia acqua miracolosa; mi sono immersa nel suo amore, Lui mi ha perdonato i peccati e mi ha fatto nuova creatura. Acqua e Spirito: l’acqua accoglie lo Spirito, che brucia e purifica e cioè toglie i peccati; in quanto fuoco purificatore, fuoco dell’amore, mi ha acceso 91


L’acqua

nel cuore una grande passione per Gesù. Ed allora ho sperimentato su di me il miracolo dell’acqua e dello Spirito. Da allora dono l’acqua santa che viene dal luogo, nel quale ho sperimentato la mia conversione, e la dono agli ammalati perché guariscano.

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Matrimonio e conversione: ardua sintesi

MATRIMONIO E CONVERSIONE: ARDUA SINTESI Mi risvegliai alla fede tre anni dopo il mio matrimonio: forse l’amore umano era un presentimento dell’amore per il Signore e da qui iniziò la mia crisi salutare, il ritorno alla fede. Il giorno del mio matrimonio feci una promessa: ho promesso fedeltà a Gesù e fedeltà a mio marito. E da questa promessa non rispettata mi vengono inquietudine e sensi di colpa. Guardando a quell’evento, partendo dalla mia maturazione spirituale che ho oggi, posso capire perché ho non pochi sensi di colpa: in quel lontano giorno non capii il senso di quel sacramento. Sposai mio marito, ero innamorata, giovane, amante della vita. Fu un giorno indimenticabile, unico; vedevo un futuro in discesa, l’uno per l’altro, due cuori e una capanna, ma la realtà è diversa. Il cammino non finì quel giorno, anzi il cammino certo iniziò proprio quel giorno. Misi da parte i costosi vestiti da sposa, fiori in quantità in poco tempo appassiti, i regali, il bel pranzo, il viaggio di nozze, un matrimonio da favola, direi di più, un anno di faticoso lavoro per pagare il ricevimento lussuoso: certo tutto bello, ci mancherebbe. E il giorno dopo? In coppia si vive ogni giorno, ogni momento, ogni 93


Matrimonio e conversione: ardua sintesi

secondo, ogni respiro. Sognavo la vita nella semplicità, con tenerezze e rispetto. Le gioie sicuramente tante, ma sappiamo bene che i dolori sono più delle gioie. Spesso andare avanti è difficile: per tanti la via più facile è la separazione. La scelta del coniuge allora non la feci nella fede piena. Ero molto inconsapevole. Mi consola il fatto che pur avendo vissuto il sacramento allora certo ad occhi chiusi, oggi penso tanto a quel giorno, alla promessa che ho fatto davanti a Dio, nella cattiva e nella buona sorte, nella malattia e nella salute, nella ricchezza e nella povertà, parole che spesso mi vengono alla mente. Ero consapevole di essere in chiesa, luogo sacro, la casa del Signore: Lui presente in mezzo a noi nell’Eucarestia, presente anche al nostro “sì”. Oggi lo capisco perché vivo il Vangelo di Gesù e la sua amicizia, ho capito che nessuno intorno a me potrà farmi felice quanto Lui. Con Lui sono in pace con me e con tutti. Se non mi fido di Gesù, non ce la farò mai. Avete intuito che la mia conversione è avvenuta dopo il matrimonio: potete capire che sono arrivata a quasi 20 anni del mio sì con non poche difficoltà. Ma il miracolo più grande è che voglio pregare per me e mio marito, coppia sempre in cammino, sulle vie non facili della vita e arrivare con lui sulla soglia del paradiso. 94


Le creature mie sorelle

LE CREATURE MIE SORELLE Quando la notte alzo gli occhi al cielo e vedo le stelle, mi sgomento un poco: mi sento come pellegrina nel grande cosmo. Però il buio cosmico non mi fa paura: so che nel cosmo vivono tante creature, fratelli miei e sorelle mie. Non credo alle fantasie belliche diffuse per spaventare la gente, alle cosiddette guerre stellari. So che l’uomo è nella sua costituzione una creatura cosmica. Dicono che nel mio corpo sono presenti tutte le particelle dell’universo, che io sarei un universo in piccolo, un microcosmo: dunque io sono parte dell’universo e l’universo è parte di me. Dunque voglio vivere in pace con l’universo. Non credo alla presenza in cielo di bombe volanti. Nei Salmi spesso si dice che cielo e terra devono vivere in pace: invitano noi, che li preghiamo, a custodire l’ordine del cosmo da tutte le possibili minacce. I mistici ci insegnano come possiamo entrare in una pacifica convivenza con i pianeti: essi, percorrendo le loro orbite celesti, eseguono una misteriosa musica celeste bellissima, musica che canta la gloria del Padre Creatore e del Signore Gesù. Noi dovremmo unirci a loro nel cantare le lodi al Signore. 95


Le creature mie sorelle

I mistici inoltre hanno rilevato che talune feste cristiane sono state stabilite sulla base dell’anno solare e lunare. Per esempio, la festa del santo Natale si celebra nel solstizio d’inverno: è il primo sole che d’inverno riscalda la terra sulla soglia del nuovo anno e Gesù è il sole che venne al mondo, la luce vera che riscalda e illumina ogni uomo ( Gv 1.9); la festa della Pasqua cade dopo il primo plenilunio di primavera, quando in cielo appare la costellazione dell’agnello, e a Pasqua commemoriamo l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo; la festa della Trasfigurazione, che ricorre il 6 agosto, giorno di grande luce, ricorda Cristo che brilla sul mondo come un sole dotato di tanta luce. Voglio ora parlare di un grande santo, a me molto caro, mio compagno di viaggio nel mio cammino di conversione, S. Francesco. Amava e lodava il sole e il fuoco più di tutte le creature. Nel suo famoso “Cantico di frate sole” diceva che al mattino ogni uomo dovrebbe lodare il Signore, che creò sole e fuoco a nostra utilità. Grazie ad essi i nostri occhi godono della luce di giorno e di notte: di giorno occorre lodare fratello sole e la notte frate fuoco. Il Signore grazie a queste due preziose creature illumina i nostri occhi ogni giorno, ogni notte. Dobbiamo rendere al Signore un grande grazie. 96


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E questo fece Francesco fino al giorno della sua morte. Anzi, colto da grave infermità, prese a cantare le lodi a tutte le creature e volle che i suoi compagni cantassero con lui: cantava per addolcire le sue dolorose malattie. E riteneva che il sole fosse la più bella delle creature poiché pensava che fosse la più somigliante a Gesù, Signore nostro: nelle Sacre Scritture spesso Gesù è il “Sole che sorge dall’alto” e ancora Gesù è chiamato “Sole di giustizia”. Per questo pose a titolo del suo inno alle creature “Cantico di frate sole”. Vediamo quanto Francesco fosse affezionato alla simbolica del sole, quanto fosse devoto di “messer lo frate sole”: simbolo tra l’ altro del Cristo Pasquale. Non appena mi sono inoltrata sul sentiero della mia conversione ho provato paura e gioia, un po’ come accade a un pellegrino che si inoltra sui sentieri di un paese sconosciuto. Sentivo il desiderio di un grande amore per Gesù e insieme indegna di Lui. Gli ho chiesto che mi fosse luce sul cammino. Certamente ho vissuto momenti di grande felicità: era talmente grande che temevo di perderla. E allora chiedevo che mi fosse donata in grande abbondanza, tanto forte era lo slancio del cuore, come fossi innamorata di Lui. Mi sentivo come sulla soglia di un grande prato fiorito: i mistici 97


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bizantini lo chiamano il prato dell’amore. Su quel prato fiori stupendi e profumi graditi: “Signore Gesù quanto mi affascini e mi seduci”. Percorrendo questo prato mi sentivo come avvolta da una grande nube di colori, di profumi e questo mi faceva innamorare di Lui ancora di più. Mi dicevo: “Uscirò da questa nuvola: so che questa gioia non può durare tutta la vita; sono momenti belli, ma di breve durata. Anche Gesù dovette lasciare la luce del Tabor, scendere a valle e affrontare i giorni bui della passione. So bene che ancora dubiterò di Lui e che non sarò all’altezza della sua grazia, ma chiederò a Gesù che mi consoli con la sua gioia celeste e che io consoli a mia volta quelli che mi stanno accanto, piccoli e incerti come me. Ma ora so da dove attingerò la forza per credere; devo tornare da Lui, la mia fonte”. Contemplare la bellezza dei fiori e gustare i profumi dell’incenso, così ho iniziato a partecipare all’Eucarestia domenicale, in chiesa, unita ai credenti. Mi sono cibata del corpo di Cristo e dissetata al suo Calice, ho gustato la bellezza dei canti e il profumo degli incensi, gli occhi hanno visto le icone, tutti i miei sensi hanno goduto della bellezza della divina liturgia. Ho pensato che nel pane e nel vino ci sono tutte le particelle del cosmo, che 98


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nell’Eucarestia tutto il cosmo è consacrato e trasfigurato, che sono unita a Cristo, in comunione con tutti gli uomini e col grande cosmo. Potevo percorrere i sentieri della terra e del cosmo sotto una luce potente, la luce di Cristo e mi sentivo al sicuro. Oggi vorrei parlarvi dei giorni intensi della mia conversione. Ora so che lo Spirito Santo mi alitava sul corpo e sentivo quasi fisicamente il vento leggero che mi accarezzava anima e corpo. Sentivo lo Spirito su di me e dentro di me, mi sentivo in un momento di trasformazione interiore. Lo Spirito Santo mi sollecitava a cambiare la mia vita; quel vento leggero era talmente avvolgente che il mio corpo e miei sensi tutti erano toccati. Sentivo i profumi dell’incenso e dei fiori; avevo davanti agli occhi come un caleidoscopio di colori, nelle orecchie melodie di canti sacri, già allora pregustati, poi in seguito rivissuti: era una bellissima musica sacra, poi riscoperta con l’aiuto del mio amico, la cui conversione fu sollecitata dalla musica sacra: musica che tornava sulle labbra di sua madre, celebre cantante. Mi piaceva molto l’esperienza della percezione sensoriale del divino. Ma quanto più mi inoltravo sul cammino della mia conversione, tanto più mi ponevo delle domande: volevo verificare se quanto mi accadeva 99


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era normale o no. Devo dire che non ho mai perso la pace dell’anima e non ho mai avuto paura: la paura mi avrebbe fermato. Volevo capire e dove cercare le risposte? Anzitutto dalla preghiera: ecco la recita del Rosario, mi affidavo alla Beata Vergine Madre e invocavo su di me la sua protezione; poi ho chiesto la luce dello Spirito Santo; e infine ho incominciato a leggere buoni libri: così avvertii l’amore alla lettura. Pensavo che tramite buone letture avrei potuto dialogare con Gesù, perché è da Lui che dovevo avere le risposte: Gesù è la Parola di Dio. Dice di sé: “Io sono la Parola del Padre: io sono la verità del Padre. Nessuno va al Padre se non attraverso me, poiché io sono la luce del mondo”. Dunque Gesù divenne la fonte della mia sete di sapere. Ho molta stima delle persone assetate di sapere e questo ha qualcosa da dire a me, sono curiosa anch’io. Certo curiosa di conoscere i grandi spazi cosmici e un viaggio lo farei lassù con il mio grande amico che conosce la fisica. Però sono ancora più curiosa delle cose piccole, le cose di tutti i giorni: un fiore, il suo profumo, i suoi colori, un piccolo uccello, il suo nido sotto il tetto, la mamma che sfama i suoi piccoli uccelli. Questa scena mi ha sempre commosso e ho pensato che la maternità è un mistero cosmico. 100


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Ovunque c’è la vita, la c’è una madre con i suoi piccoli: la mamma stella, la mamma pianta, la mamma gattina, infine me mamma umana. Adesso capisco perchè nelle religioni dell’Oriente le divinità vanno sempre in coppia, cioè al vertice c’è sempre un Dio maschile e un Dio femminile, ma l’inizio del tutto è sempre dal seno della dea Madre. Cito ad esempio un famoso poema dell’antica cultura assira: l’“Enuma-Elish”: nel poema la creazione esce dal seno della divinità femminile e non appena comincia ad esistere e a respirare lancia un grido di gioia. Nelle Sacre Scritture ebraico-cristiane Dio crea il mondo con la potenza del suo grido, della sua possente parola. Nel libro della Genesi è scritto: “Dio disse e tutto fu fatto”. La parola è come un grande ventre dal quale Dio parlando trae fuori tutte le creature. Gesù commenta la potenza della parola con la metafora della vite e i tralci. Spesso in Oriente la vite è la parola e i tralci le creature: ancora una volta la parola trae fuori le creature come dalla vite spuntano i tralci. Quando leggo la Parola con fede la prima reazione (ritengo essere una reazione sana) è lo sgomento: la Parola mi mette sotto giudizio poiché misuro la mia disobbedienza alla Parola di Dio e questa mia reazione mi fa male, ma è provvidenziale poiché mi sollecita 101


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alla conversione, a cambiare vita. E quanto accade alla madre quando partorisce: il parto è doloroso, ma non appena il bimbo nasce, lancia un grido di gioia. Così dicono gli agricoltori della vite: lei soffre quando genera i tralci, ma poi i tralci producono l’uva che è come grido di gioia. Stessa vite, stessa vita, unica radice, una sola linfa: Gesù è in me e io in Lui, come figlio nella madre, come madre nel figlio. Indipendentemente da ciò che faccio o non faccio, da miei meriti, dalle mie virtù, dai miei sbagli, il vangelo entra in me e spazza via tutte le cose sbagliate, immature, puerili che ho pensato, detto e fatto. Siamo liberati dai sensi di colpa, fatti ala leggera per poter volare al soffio dello Spirito. Prendo consapevolezza che c’è una energia che scorre in me, che proviene da Dio, che non viene mai meno, alla quale posso sempre attingere. Devo solo aprire strade, aprire canali a questa linfa. Lei dice a me, piccolo tralcio: “ho bisogno di te per una vendemmia di sole e di miele”. Gesù è sempre semplice nel suo parlare e non mi chiede astrazioni o cose complicate. Mi chiede: “Va’ in una vigna e osserva le viti”. Io vado e guardo una vigna in stato di abbandono: immagine di sofferenza, la vite non potata soffre. La vite 102


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potata invece è bella e rigogliosa, le foglie sono grandi e di un verde brillante, sta eretta e riesce così a non perdersi neanche un raggio di sole, che convoglia nei suoi grandi grappoli di acini, pieni di succo. Esplode di vita, è tracimante di una gioia di vivere che anche gli altri gusteranno. Nessuna vite sofferente dà buon frutto. Prima di tutto devo essere sana, gioiosa, così Dio mi vuole. Il nome nuovo della vita secondo il Vangelo è la fecondità: produrre per grazia buoni frutti. E i buoni frutti hanno tre gusti: amore, libertà e coraggio. Non c’è amore senza libertà, non c’è libertà senza coraggio: amore, libertà e coraggio sono la linfa e i frutti buoni di Dio in noi.

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Immagine votiva a Genova, via PrĂŠ


Francesco cultore della Vergine

FRANCESCO CULTORE DELLA VERGINE La piccola chiesa di “Santa Maria degli Angeli” esprime a meraviglia l’impronta tutta mariana dell’ordine francescano. Possiamo dire che essa è stata il grembo da cui è nato l’ordine dei minori. La Porziuncola incarna nelle sue pietre le parole del Magnificat, sgorgato dal cuore dalla Madonna: “Ha guardato alla bassezza della sua ancella, perciò tutte le generazioni mi chiameranno beata” ( Lc. 1,48). S. Francesco è nato, si può dire, segnato dalla presenza della Beata Vergine Madre, dalla forma della sua maternità. Quando la mamma di Francesco stava nelle doglie del parto, a memoria del fatto che la Madonna partorì Gesù nell’umile stalla di Betlemme, decise anch’ella di farsi portare giù nella stalla per dare alla luce il suo figlio appunto nello stesso luogo, come fece la Madonna. Questa somiglianza voluta, ricercata, da parte della mamma di Francesco nei confronti della Madonna ci fa pensare alla nascita spirituale di Francesco dalla Madonna. Questa è una analogia di altissimo significato spirituale: la Madonna, che ha generato Gesù, la Vita, è la Mamma di tutte le mamme. Ogni mamma è tanto più mamma quanto più rassomiglia a Lei. Fin dagli inizi della sua conversione Francesco rivela la sua particolare 105


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devozione alla Madonna sempre presente, assieme a Gesù, nella sua vita. Francesco amava la Madonna anzitutto perché contemplava in Lei la madre di Gesù: Francesco ama Gesù e non può non amare sua Madre. Gesù è nostro fratello ed allora anche noi siamo figli di Maria. Il filone d’oro dell’amore alla Madonna sarà sempre la gloria più dolce e radiosa dell’ordine francescano a garanzia di protezione e di assistenza materna: Francesco affida tutti i suoi figli alle cure della Divina Madre. E ciò che maggiormente riempie di gioia i figli è il fatto che Ella fu costituita Avvocata dell’ordine: lui pose sotto le ali di Lei i figli che stava per lasciare, perché in Lei trovassero calore e protezione sino alla fine. “L’angelo Gabriele le disse: Non temere Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato figlio dell’Altissimo”. Maria, scelta dal Padre celeste per dare al suo Figlio Unigenito natali umani, mamma esemplare per tutte le mamme, lei la fanciulla più pura e santa, lei la “piena di grazia”, piccola agli occhi degli uomini ma grande agli occhi di Dio: grazie a lei Dio ha fatto grandi cose. Maria è stata per me la porta aperta sulla salvezza; lei mi ha condotto al suo amato figlio, Gesù il Salvatore. Pertanto lei, per averci donato il Salvatore celeste, 106


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apparve in cielo come la donna, vestita di sole e avente sul capo una corona di stelle e noi la invochiamo con la commovente preghiera: “Ave, o piena di grazia”. Questo saluto contiene tutta la dottrina e la devozione dovuta alla Madonna. Il Signore non permette che questo saluto cada nell’oblio. Esso è rievocato in tutti i continenti, in tutte le lingue, in tutti i tempi; questa invocazione è ogni giorno fatta dai sacerdoti, dai malati, dai morenti, dai peccatori. Allora Maria disse: “Ecco la serva del Signore; mi accada secondo la tua parola”. Incomincia con queste parole la storia della salvezza per tutti gli uomini; e con queste parole è iniziata la mia nuova vita. “Ecco la serva del Signore”: grazie al consenso di Maria la salvezza raggiunge tutti gli uomini sulla terra e con essa la speranza che a tutti sarà donata salvezza eterna. “Ecco la serva del Signore”: in queste parole c’è tutta la sua grandezza. Esso professò la sua umiltà: la consapevolezza di essere al tempo stesso utile ed inutile, piccola e grande, poiché la vera umiltà è la percezione della propria realtà, delle proprie doti e delle proprie carenze. “Ecco la serva del signore”: collaboro con il mio sì cosciente ad un progetto più grande di me. “Ecco la serva del Signore”: sono d’accordo senza che tutto mi sia chiaro, ma mi fido del Signore. Ella andò obbediente sino in 107


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fondo, ora vicina e ora a distanza dal tuo figlio. Capì poco per volta il piano di suo Figlio. E man mano che si avvicinava a Gerusalemme temeva e si fidava, crescevano fiducia e angoscia. Quanti anni avevi Maria quando stavi sotto la croce? Cinquanta forse? Non lo sappiamo. Ma continuò ad andare avanti, sosteneva i discepoli nella fede e da essi si lasciava sostenere. Poi arrivano le voci: “Gesù vive”. Le voci sono confermate dai testimoni. Lentamente rinasce nei cuori dei credenti una certezza grazie al dono dello Spirito: lo Spirito rianima i cuori scoraggiati degli apostoli e di Maria Vergine. Questo il senso della festa della Pentecoste, che ricorda la discesa dello Spirito sulla Chiesa nascente. Il primo dei simboli di questo evento è la casa: lo Spirito scende su un piccolo gruppo di uomini e donne dentro una casa; ma casa è simbolo di me, della mia interiorità, là dove avviene l’incontro dell’anima con lo Spirito Santo, poiché lo Spirito non ha luoghi privilegiati, riservati, esclusivi, ma ogni casa ed ogni anima gli appartiene. Il racconto degli Atti degli apostoli (2,1-11) propone altri tre simboli: il vento, il fuoco e poi la parola. Il vento scuote la casa, la riempie e passa oltre: e il vento dello Spirito è simbolo di una nuova forza e di libertà. Lo Spirito come il vento porta i pollini a primavera e disperde la polvere; 108


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lo Spirito, come il vento, smuove le cose immobili. Gli apostoli lasciano la casa ed affrontano la città che uccide i profeti. Questa è l’opera dello Spirito: risveglia respiri e apre orizzonti nuovi. Lo sguardo per la virtù dello Spirito spazia tra cielo, terra e mare; là dove termina la terraferma, che è come la nostra casa, ci accorgiamo che la fine corrisponde ad un inizio: là dove la terra finisce, là c’è l’inizio del grande mare. Là dove questa nostra vita finisce, comincia la vita infinita. Noi confiniamo con Dio. Poi il simbolo del fuoco. Lo Spirito tiene acceso un fuoco in noi anche nei giorni più gelidi, accende fiamme d’amore, sorrisi, capacità di perdonare; e poi suscita il desiderio di amare la vita, il desiderio di vivere. I due discepoli di Emmaus ne fanno l’esperienza: “Non ci bruciava forse il cuore per via mentre ci spiegava le Scritture?”. Lo Spirito è il fuoco nel cuore lungo la nostra strada. Dice l’angelo a Maria: “Verrà lo Spirito e genererà in te il Verbo” (Lc.1,35). Gesù dice ai suoi discepoli: “Verrà lo Spirito e vi ricorderà le mie parole (Gv14,26)”. Oggi chiediamo questo allo Spirito, che ci faccia capaci, come Maria, di tenere acceso in noi l’amore, l’amore che scalda e che non ha paura; che lo Spirito ci doni luce, la sapienza del cuore, quella che illumina e riscalda le profondità della vita: “Portaci, Signore, in dono lo 109


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Spirito, che è fuoco nel cuore e vento di libertà che soffia nelle vele della piccola barca della nostra anima”. Quella esperienza portò in dono alla Chiesa nascente fede, coraggio e fiducia e a Maria portò luce per comprendere e calore a consolazione nelle esperienze dolorose della vita. A tutti donò il fuoco dello Spirito che alimentò amore e fiducia in Dio. Essere a completa disposizione di Dio, accogliere la sua volontà, ecco in che consiste la santità. La giovane Maria viene presentata nel Vangelo col canto del “Magnificat” sulle labbra mentre entra nella casa di Elisabetta: “Grandi cose ha fatto in me l’onnipotente e Santo è il suo nome”. Forse quelle parole, pensano gli esegeti, le sono state poste in bocca dagli autori sacri a nome del popolo credente. Comunque ciò non toglie che ella ne fu degna: quindi sono in senso spirituale parole propriamente sue. Non è possibile che ella potesse capire allora tutte le cose meravigliose che il Dio onnipotente avrebbe operato in lei e l’importanza per l’umanità di suo Figlio non ancora nato. Ma capiamo bene questa parola: “Si faccia in me secondo la tua parola”. È il suo pieno abbandonarsi in Dio: il suo “fiat” sgorga dal suo giovanile entusiasmo e dalla sua splendida umiltà. Questa fu la sua risposta: dono di sé, sollecitudine per 110


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il progetto di Dio sul mondo, nessun servilismo, ma un gioioso andare per la strada sulla quale Dio l’accompagna: da qui la forza, il canto, l’esultanza, il comporre versi o semplicemente l’esser lieti, tranquilli e raccolti. È per mezzo di Maria che la storia di Dio diventa anche storia di salvezza per tutti. Dio, che ci ha tanto amati da darci il Figlio suo unigenito, ha voluto realizzare la nostra salvezza tramite la collaborazione della madre sua. È in forza della collaborazione della Madre col Figlio suo nell’opera della redenzione che è chiamata ad adempiere la sua funzione materna verso gli uomini: essa rivolge loro i suoi inviti per convincerli a cercare Dio, che è la pace dei cuori. Infatti appare a comuni persone come noi e i suoi messaggi sono sempre appello a realizzare nel mondo la pace, l’amore, la conversione, la preghiera. La Madonna ci lascia in dono una stupenda preghiera, il Santo Rosario e il mirabile cantico del “Magnificat”. Il cantico preannuncia il nuovo corso della storia, la fine delle ingiustizie, la nascita di un mondo equo e pacifico, diverso dal mondo che fino ad oggi abbiamo conosciuto. È il canto dei poveri, degli oppressi, degli umili, dei piccoli ed è un atto di fede del Regno che Gesù viene ad instaurare in questo mondo. La Madonna 111


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è Madre e solo una madre può ben capire la Madre del Signore. La madre sente un forte legame col figlio e si sente di lui responsabile e nei suoi confronti molto protettiva. È come se il sentimento fosse determinato da un fattore fisico, il cordone ombelicale, che mai vorrebbe tagliare, anzi lo vorrebbe vieppiù rafforzare per non distaccarsi mai da suo figlio. Maria ci insegna che la cosa più grande che possa fare una madre per il figlio è pregare per lui: lo affida al Signore perché cresca in salute, perché sappia impegnarsi per la venuta del Regno, affinchè gli uomini vivano nella libertà e secondo giustizia. Il “Magnificat” è il canto della gioia e della riconoscenza alla bontà del Signore. “Allora Maria disse: L’anima mia magnifica il Signore”: Maria loda il Signore, lo esalta con tutte le forze dell’anima.“Il mio spirito esulta in Dio mia salvezza”: è un grido dell’anima che esplode di gioia! “Ecco, fin d’ora tutte le generazioni mi chiameranno beata”: Maria vedeva concretamente la sua futura grandezza, che avrebbe attraversato i tempi e le generazioni. “Cose grandi ha fatto in me Colui che è potente e Santo è il suo nome”: significa probabilmente che il Signore è santo. La santità di Dio 112


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ha fatto il miracolo della santità di Maria, che in lei risplende per la salvezza di tutti. “E la tua misericordia dura di generazione in generazione verso coloro che lo temono”: Maria ritiene che il Signore ricolma della sua gioia l’umanità tutta e chiama noi tutti ad associarci a tanta gioia. Poi Maria si affaccia sulla storia dell’umanità passata e futura: “prodigi ha operato col suo braccio: ha disperso i superbi, ha deposto i potenti dal trono e ha esaltato gli umili. Gli affamati ha colmato di beni e a mani vuote ha rimandato i ricchi”. Con Maria inizia la storia della giustizia sulla terra: i potenti sbalzati dai troni, i poveri diventano i nuovi signori, i ricchi congedati a mani vuote, i poveri si ritrovano con le mani piene. “Ha accolto Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia”: il Signore si è scelto Israele, questo popolo sconosciuto e povero ( in questo popolo rivedo la mia vita). E poi si è a lui affezionato con tanta tenerezza. Il profeta Osea dice: “L’ha preso in braccio”. Sì, il Signore è bontà e misericordia infinite. Ecco la mia preghiera al Signore: “Grazie, o Signore per questo canto, che hai posto nel cuore di Maria: è il mio canto”.

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Francesco cultore della Vergine

Lo posso cantare con lo stesso slancio con cui l’ha cantato Maria: è l’atto di fede nella bontà del Signore, è un atto di fiducia in me, nella mia pochezza, sulla quale “Tu, Signore, ti sei chinato con amore”. Ancora la mia preghiera: “Maria nella mia piccolezza, ti prego con queste parole: Volgo lo sguardo a Te, Madre celeste, madre di tutte le madri, madre di tutti i tuoi figli viventi sulla terra, che sono alla ricerca della pace e dell’amore, madre di figli dispersi, sofferenti, infelici, malati, abbandonati. Le tue lacrime scorrono sulla terra, tu, nostra Madre, piangi per tutti noi, ma sei sempre al nostro fianco. Tu non ci abbandoni mai. Ti prego, Ti invoco, con tutta l’anima e con tutto il mio cuore: fa che in tutti noi, malgrado i tristi pensieri che ci tormentano, ci sia sempre la tua stella splendente, che ci guida sui cammini della pace. Fa che viviamo gioiosi la vita, malgrado le situazioni dolorose”. 114


Agostino: modello della mia conversione

AGOSTINO: MODELLO DELLA MIA CONVERSIONE Voglio ora rievocare la conversione di S. Agostino, modello della mia conversione. Dio buono e onnipotente, tu ti prendi cura di ciascuno di noi, come se fosse il tuo unico figlio, il più amato tra tutti. Tu hai risposto all’invocazione di mia madre, lei che prontamente vide ciò che bisognava vedere e che sicuramente io, prima di lei, non avevo visto. Per quasi nove anni mi sono rotolato “nel fango profondo e nelle tenebre dell’errore”. Nonostante gli sforzi che facevo ogni volta per sollevarmi, sprofondavo nel fango, ancora più giù. Intanto mia madre, casta vedova, pia e sobria, che tu amavi, forte nella speranza, assidua nelle lacrime e nelle suppliche, non tralasciava mai nelle sue preghiere di invocare il tuo aiuto per me. È se pure accoglievi le sue preghiere, tu permettevi che io mi voltassi e rivoltassi nelle tenebre del peccato. La buona risposta mi venne da un tuo sacerdote e vescovo (S. Ambrogio), membro venerato della tua chiesa. Quella donna l’aveva pregato che tu mi concedessi un colloquio per confutare i miei errori, distogliermi dal male e ammaestrarmi nel bene. Ma egli si rifiutò. Le rispose infatti che non ero ancora pronto 115


Agostino: modello della mia conversione

per essere istruito. Le disse soltanto: lascialo dov’è, prega il Signore per lui. Sarà lui stesso a scoprire il suo errore e quanto grande è la sua empietà. Mentre piangevo con cuore affranto, ad un tratto mi parve di udire da una casa vicina una voce di bambino o di bambina, non saprei dire, che cantava ripetendo più volte: prendi e leggi, prendi e leggi. Trattenni le lacrime e mi alzai, convinto che quell’ ordine venisse dal cielo: aprii il libro e lessi il primo testo che mi fosse capitato sotto gli occhi. Mi era stato detto che proprio grazie all’ascolto di un brano del Vangelo, letto in chiesa per i fedeli presenti, Antonio si era sentito personalmente toccato da queste parole: “và, vendi tutto quello che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli, poi vieni e seguimi”: parole che ottennero la immediata conversione del santo. Corsi allora da Alipio, che sedeva accanto a me, presi il libro, lo aprii in silenzio, lessi il primo brano che mi cadde sotto gli occhi: “Non siate nelle gozzoviglie e nelle orge, non nelle lussurie e nelle impudicizie, non nei litigi e nelle gelosie, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non assecondate la carne nelle sue concupiscenze”. Non volli leggere altro, questo mi era bastato. Lette queste parole, le tenebre del dubbio scomparvero, come se il mio cuore fosse stato inondato da una luminosa certezza. 116


Agostino: modello della mia conversione

Ecco la sua preghiera: “Signore, Dio mio, ascolta la mia preghiera. Che la tua misericordia esaudisca il mio desiderio di pormi al servizio dei fratelli. Tu vedi nel mio cuore che è così. Ti offro l’omaggio dei miei pensieri e delle mie parole. Dammi tu quello che vorrei donarti: sono povero e indigente, mentre tu sei ricco per tutti quelli che ti invocano. Tu, del quale nessuno si prende cura, ti prendi cura di noi. Circoncidi le mie labbra da ogni temerarietà e menzogna dentro e fuori. Fa che le tue Scritture siano le mie caste delizie, che io non mi inganni per causa loro e non induca altri ad ingannarsi. Signore, ascolta e abbi pietà. Signore mio Dio, luce dei ciechi e forza dei deboli, come pure luce di chi vede e forza di chi è forte. Ascolta la voce della mia anima, ascolta chi grida a Te dal profondo, perché se tu non fossi lì nel profondo, da chi andremo? A chi grideremo? Tuo il giorno, tua la notte; ad un tuo cenno ogni istante vola via. Concedi a noi ancora il tempo utile per la penitenza perchè abbiamo a meditare i segreti della tua legge e non chiudere la porta a chi viene a bussare. Ci sarà ben un motivo se hai voluto dettare tante pagine impenetrabili e oscure. Non hanno forse anche le foreste i loro cervi che vengono da loro per riprendersi e ristorarsi, per passeggiare e pascolare, per sdraiarsi e ruminare? O Signore, rendimi perfetto e rivelami il senso di queste pagine. Ecco, la tua voce è la mia gioia” (S. Agostino). 117


Agostino: modello della mia conversione

Che Dio sia Padre è evidente nella chiesa cristiana da secoli. Ma abbiamo dimenticato che la Sacra Scrittura attribuisce a Dio Padre anche qualità materne. Javhe vede il suo popolo sofferente perché deportato in Egitto: i Salmi raccontano che Dio sente compassione, tenerezza per il suo popolo “nelle viscere”: è noto che sentire compassione nelle viscere è caratteristica tipicamente materna. Gli ultimi papi cattolici hanno fatto delle affermazioni sorprendenti in questo senso. Tutti ricordiamo quanto disse Giovanni Paolo I il 10/09/78: il papa ricordava l’olocausto, le sofferenze del popolo ebraico, sterminato dai nazisti nelle terre orientali. Il Papa disse: “Dio ha sempre gli occhi aperti sui suoi figli sofferenti: Dio è Padre, più ancora è Madre”. Il Papa ribadisce il suo pensiero l’anno seguente citando dal Vangelo di Matteo: “Quante volte ho voluto raccogliere i miei figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le sue ali”: Il papa paragona Dio Padre a una chioccia, immagine tipicamente materna. Papa Giovanni II dice: “Una paternità così divina e allo stesso tempo così umana nelle sue forme espressive implica anche caratteristiche che solitamente 118


Agostino: modello della mia conversione

attribuiamo all’amore materno. Spesse volte Javhe esprime al suo popolo tenerezza e condiscendenza, sentimenti tipicamente materni”. Poi aggiunge: “Dio Padre stende le sue braccia benedicenti e misericordiose. Inoltre Dio in quanto Padre sorregge e dà forza, in quanto madre abbraccia, accarezza e consola”. Papa Benedetto XVI precisa da buon teologo: Le categorie “padre” e “madre” applicate a Dio non vanno intese nel senso di proprietà relative ai sessi maschile e femminile, poiché Dio è puro Spirito, è al di là dei sessi; pertanto le proprietà paterne e materne vanno intesa in senso spirituale. Quando si dice che Dio è Madre a Lui è attribuito un grembo materno in senso metaforico: l’essere madre è una metafora della sua immensa pietà.

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Una goccia di mastica estratta da un albero sull’isola di Chios


Ed ora ecco i pensieri sulla mia conversione

ED ORA ECCO I PENSIERI SULLA MIA CONVERSIONE La mia testimonianza è come una piccola goccia nell’immenso mare delle molte storie di conversione. Ma se riuscissi ad aiutare una sola persona a vivere da cristiana, già avrebbe un senso la mia vita (Papa Francesco). Voglio ricordare le parole dette da S. Giovanni Paolo II il 26 ottobre 1986 ad Assisi in occasione della giornata mondiale per la pace nel mondo: “La preghiera è già azione, ma ciò non ci esime dall’impegno per la pace. Abbiamo già i nostri occhi pieni di visioni di pace. Dagli occhi sgorgano energie per un nuovo linguaggio di pace, per nuovi gesti di pace, gesti che spezzeranno le catene mortali delle divisioni ereditate dalla storia o generate dalle moderne ideologie”. Ed ora vorrei scrivere una lettera ideale agli uomini di buona volontà, che cercano grandi prati verdi per riposare, acqua limpida per dissetarsi, cibo vitale per sfamarsi: “Imparate a conoscere il cuore di Dio dalle sue parole per aspirare con ardore verso l’eternità. Lodiamo, fratelli e sorelle, il Signore”. 121


Ed ora ecco i pensieri sulla mia conversione

Come non ho potuto prima della mia conversione non accorgermi di tutte le bellezze che Tu hai creato? Non vedevo l’alba del nuovo giorno e non capivo che quel giorno era donato a me per vivere, Signore, alla tua presenza. Quel giorno passava, la mia lode non saliva a te, ma Tu mi hai amato comunque. Non vedevo il cielo all’imbrunire quando il sole stava per tramontare; non vedevo le tue pianure, le tue colline, le tue montagne e tutto quello che era alla Tua presenza; non vedevo gli alberi alti, maestosi, che si vestivano di vestiti pregiati, candidi, colorati, qualità che i re non possedevano. Non ero consapevole che camminavo sulla buona terra, che dà frutti e tutto sorregge; non notavo scendere la pioggia dal cielo, acqua di benedizione sul mio viso, la luna che illuminava le mie notti buie. Non mi accorgevo delle stelle, che a migliaia lassù nel firmamento erano punti luminosi, come diamanti, tante quanti i tuoi pensieri infiniti, Signore. Non sentivo il leggero vento che soffiava per sospingermi dolcemente sulle tue vie, su verdi sentieri abbelliti ai lati da fiori di tutte le specie, dai tanti colori, che Tu bellezza infinita ci doni. 122


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Tutto questo era come una tacita melodia d’amore. Non notavo il susseguirsi delle stagioni, dei giorni, degli anni e la vita che scorre veloce e non ne comprendevo il senso, né capivo la continua ricerca della felicità senza intuire che Tu sei la felicità, il sommo Bene capace di riempire i nostri giorni. Ma Tu mi hai aperto gli occhi per vedere, il cuore per amare, ho percepito la melodia del tuo amore, composta da te per ognuno di noi; l’ho sentita ed era soave, celeste. La mia strada mi ha portato sulla tua via angusta, stretta con tanti ostacoli da superare. Ma con Te, o mio Signore al mio fianco, non temerò alcun male. Se sarò stanca, assetata, affamata, ferita, Tu mi curerai, fascerai le mie ferite. È se nel mio cammino Ti metterò da parte, scusami, compatiscimi e perdonami, imparerò a amarti e farò in modo di incidere il tuo nome nel cuore e nell’anima mie. Ma adesso so che se Ti seguirò e Tu mi darai la vita eterna. Per Cristo nostro Signore. Amen”. 123


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In quel tempo Gesù disse: “Ti benedico, o padre, Signore del cielo e della terra, perchè hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e li hai rivelate ai piccoli….Venite a me, voi tutti che siete affamati e oppressi, e io vi ristorerò”. (Mt. 11, 25-30). “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete” (Gv.6,34-40). Una seconda volta sono nata non dal grembo di mia madre: Nostro Signore mi ha fatto rinascere dall’acqua del battesimo e dal fuoco dello Spirito Santo per donarmi una vita nuova ed un cuore nuovo. “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito, nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei precetti e vi farò osservare e metterete in pratica le mie leggi”. (Ezechiele 36, 16-32). L’opera di Dio consiste nel purificare gli uomini e nel ricondurli all’amore del suo cuore. Il profeta contempla l’opera mirabile della purificazione: il Dio santo vive ed opera nell’intimo degli uomini. Ecco la grazia! Una tale opera è gratuita: e rinnova la comunione di Dio con gli uomini. Il profeta vede attuarsi questo come fosse una grande liturgia. 124


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L’acqua purificatrice sgorga dal tempio, casa di Dio e centro del culto. Lungo il fiume, sulle due rive cresceranno ogni sorta di alberi da frutto, le cui fronde non appassiranno: i loro frutti ogni mese matureranno, perchè le acque, che li irrigano, sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicine (Ezechiele 47, 1-11). L’ uomo poi otterrà un cuore nuovo e sensibile; col suo spirito parteciperà dello Spirito di Dio. Non potremmo trovare profezia più seducente del battesimo cristiano. E se ci affascinano idee quali quelle di un uomo nuovo, popolo nuovo, mondo nuovo, questo bel passo di Ezechiele mi ha aperta al messaggio di Dio che annuncia la salvezza di tutti gli uomini viventi sul pianeta. La mattina a primavera i fiori multicolori sbocciano intorno a me, profumano di vita ed anch’io sboccio insieme a loro. Io come un piccolo fiore violetto vado ad adornare il prato di Nostro Signore(S. Teresa). Il Signore mi disse: “Scrivi con le tue mani”. Ed ecco voglio scrivere per voi quanto segue. A fine Dicembre 2000 mi recai in un luogo Santo: il mese di dicembre e l’anno giubilare sono molto significativi nella Sacra Scrittura. 125


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Il vangelo di Giovanni (10, 22) parla della festa della dedicazione del tempio, celebrata a fine Dicembre: è la festa della liberazione, della purificazione, della restaurazione del luogo santo e del culto. Ma tutto questo scenario prepara l’arrivo sulla scena del Buon Pastore. Gesù infatti è il Buon Pastore che va a cercare la pecora smarrita: mostra fino a che punto ha cura degli uomini abbandonati. Di questo fu profeta Ezechiele, come detto. Quando verrà il vero pastore, il pastore Gesù Cristo, noi tutti saremo sottoposti al giudizio, i pastori e il gregge ( Matteo 25, 31,46): sarà un giudizio ispirato alla divina misericordia. La pecora smarrita cerca la strada della conversione poiché vuol tornare dal suo pastore Gesù: Egli la farà pascolare fino al giorno del suo giudizio misericordioso. Apro il libro della Sacra Scrittura: così hanno scritto i profeti ( Ezechiele) e gli evangelisti. “Perchè dice il Signore Dio: ecco, cercherò le mie pecore e ne avrò cura, condurrò le mie pecore al pascolo e le farò riposare. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte. Le pascerò con giustizia. Ecco io distinguerò fra pecora 126


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grassa e pecora magra. Voi, mie pecore, siete il gregge del mio pascolo e io sono il vostro Dio. Oracolo del Signore” (Ezechiele 34,1-31). “Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti per andare in cerca di quella perduta?” (Matteo 18,12). “Rallegratevi con me perchè ho trovato la mia pecora che era perduta” (Luca 15, 4-7). “Egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. È quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro e le pecore lo seguono, perchè conoscono la sua voce. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Io sono venuto perchè abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore” (Giovanni 10, 1-21). Ho scritto della chiamata del Signore: Egli ha aperto il mio cuore all’amore. Io, la pecorella smarrita in cerca del mio pastore, ho trovato il Padre mio, che mi accompagna alla sorgente d’acqua viva perché mi disseti alla fonte, Gesù Cristo. “Chi ha sete venga a me e beva”. Chi crede in me, dice Giovanni, “fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno”: il riferimento è al battesimo conferito da Gesù, nel quale ai credenti è fatto 127


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dono dello Spirito Santo (Giovanni 7, 37-38). Posso testimoniare il mio incontro con il Signore avvenuto nel luogo santo in virtù del potere misterioso dell’acqua e del fuoco. L’acqua è il dono dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste. Questo tempo di grazia va dal Dicembre 2000 al giugno 2001: tutti i fatti accaduti segnano il mio cammino verso la luce Pasquale, tempo pieno di simboli, di segni e di letture. Tenevo spesso in mano la Sacra Scrittura per istruirmi e capire i segni del mio futuro, come Gesù nei 40 giorni del deserto. Ho incontrato iI Signore in acqua e fuoco. Mi ritrovo nel vangelo di Giovanni: grazie ad esso comprendo perfettamente il mio cammino di conversione. Giorno di primavera: il sole caldo, imponente e splendente; una strada, la mia strada, un sentiero verde, l’aria sottile, gli uccelli in volo che cinguettano, una melodia celestiale, le campane suonavano a festa e infine l’acqua che purifica. La sposa ha fatto il bagno e si preparava per andare dal suo sposo. Il banchetto nuziale dell’agnello è pronto pechè io possa festeggiare con gioia il mio cuore nuovo, la mia nuova vita. 128


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E siamo alla Pentecoste del giugno 2001. Ricordo che cantai giubilante di felicità: “Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perchè sono giunte le nozze dell’agnello e la sua sposa è pronta” (Apocalisse 19, 1-10). Nel giorno di Pentecoste ho ricevuto il dono dello Spirito Santo, sigillo di fuoco del mio incontro con il Signore. Anche l’Apocalisse ricorda il mistero del sigillo impresso a fuoco sulla fronte dei credenti: “Non devastate la terra, il mare, le piante, finchè non abbiano impresso il sigillo del nostro Dio sulla fronte dei suoi servi” (Apocalisse 7, 1-16). Ecco la mia preghiera allo Spirito: “Dammi il tuo spirito o Signore. Manda il vento impetuoso che sorregga il mio respiro, stanco e affaticato. Manda la pioggia. Che mi bagni mi purifichi, lavi i miei peccati. Manda i tuoi profumi, voglio respirare aria di paradiso. Manda i tuoi angeli, che proteggano il mio corpo. Fa che intorno a me veda solo Te, il mio sguardo fisso sulla tua gloria”. 129


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E Giovanni dice: “Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, non sai da dove viene e dove va: cosi è di chiunque è nato dallo Spirito. Infatti Colui che il Padre manda, proferisce le parole di Dio e dà lo Spirito senza misura” (Gv. 2, 8-34). Il Cristo risorto fonda la Chiesa, come realtà viva e la prepara “senza rughe né macchia” perché accolga degnamente lo Spirito: lo Spirito viene a prendere possesso della Chiesa per animarla e assisterla con i suoi carismi. Così la Pentecoste è per ogni comunità credente la festa della propria nascita. Lo Spirito viene effuso come misteriosa pioggia, fonte di vita su un paese arido: come aveva detto Gesù, ogni credente riceverà il Battesimo in acqua e Spirito. A distanza di cinquanta giorni dalla Pasqua, la Pentecoste è in epoca ebraica la festa in cui si offrono a Dio le primizie delle messi, ma sopratutto è la festa dell’alleanza tra Dio e il suo popolo, festa anche del dono della legge, sigillo dell’alleanza. La nuova alleanza in Cristo viene sancita col dono di Lui al suo popolo nuovo. Lui è il Logos, la Parola che è vita eterna: 130


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“In pricipio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio: Egli era in principio presso Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste” (Giovanni 1, 1-5). Gesù, il Logos del Padre, svela la sua sublime dignità, la sua divinità: Egli è la vita del mondo. “In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a Colui chi mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità vi dico: è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del figlio di Dio, e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno” (Giovanni 5, 19-30). “Voi scrutate le scritture e credete di ottenere da esse la vita eterna; ebbene sono proprio esse che mi rendono testimonianza” (Gv. 5, 31-47). Un giorno Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: “Ecco l’agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati del mondo” (Giovanni 1, 29-34). Gesù, il Figlio di Dio, è l’agnello che redime il mondo peccatore immolandosi sulla croce quale agnello della nuova alleanza. Nell’antica alleanza Jahve era lo “Sposo del suo amato popolo, il popolo ebraico”. 131


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Giovanni l’evangelista della nuova alleanza attesta che Gesù è lo sposo lungamente atteso: in Lui Jahve stringe con tutti i popoli della terra la nuova e definitiva alleanza. Dio in Gesù ci ha tanto amati e noi pure ameremo e nell’amore troveremo la gioia. “Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza nè per forza, perchè Dio ama chi dona con gioia” (2 Corinzi 9,6). Se ami Dio non puoi essere triste: Dio è la gioia. Se conosci e ami il tuo Dio, sarai sempre nella gioia: Dio ci ha creati per essere felici. La tristezza non appartiene a Dio, a Dio appartengono la vita e gioia: Dio ci sorride, ma noi non ce ne accorgiamo: tutto ci passa sotto i nostri occhi apatici o peggio tristi. Mi fa male sapere che molti uomini, troppi, sono indifferenti alla Parola del Signore: “Il cuore di questo popolo è diventato insensibile. Molti sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perchè non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e Io, il Signore, li guarisca”. Gesù invita tutti ad ascoltare la Parola del seminatore: la Parola è il dono di Dio, capace di accendere il fuoco della fede e di guarire gli uomini 132


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dalla loro indifferenza. Ascoltiamo Gesù perchè Lui solo ha parole di vita eterna. Gesù dice: “Chi ascolta le mie parole e le mette in pratica ha costruito la sua casa sulla roccia” (Mt 5,7). Gesù poi chiede ai suoi discepoli che chiedano il dono dello Spirito: è in virtù dello Spirito che la parola può essere creduta e che diventi gioia per i credenti: “Spirito di gioia: vieni! Soffio di vita: vieni”. Infine Gesù invita i credenti ad essere la luce del mondo: voi credenti siate “figli di Dio immacolati in mezzo ad una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola” (Fippesi 2,15). Gesù poi mette in guardia dall’amore velenoso del danaro: ci sono molti che per amore del denaro peccano. Vogliono arricchirsi e si comportano senza scrupoli di coscienza: “Fra le giunture delle pietre si conficca un piolo, tra la compra e la vendita si insinua il peccato. Se uno non si aggrappa in fretta al timore del Signore, la sua casa andrà presto in rovina” (Siracide 27, 20). Per il cristiano il sommo bene è il Signore: “Io Gesù sono via, vita, la verità”. Gesù ci esorta a chiedere i veri beni nella preghiera: 133


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“Qualunque cosa chiederete nel nome mio, ve la darò affinchè il Padre sia glorificato nel Figlio”. Gesù promette Il dono più alto dello Spirito, il dono della pace del cuore: “Non vi lascerò orfani, ritornerò a voi”. Lo Spirito inoltre é la forza dell’amore che ci lega a Dio e fà dei cristiani dei testimoni di fronte al mondo: “Vi lascio la pace, vi dò la mia pace. Non come la da’ il mondo, io la dò a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbiate paura. Se rimanete in me, le mie parole rimangono in voi. Chiedete quel che volete e vi sarà dato” (Giovanni 13). Il dono più bello del Signore ai suoi è il Santo Spirito: “Vieni Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore”. Lo Spirito fu donato pienamente ai primi credenti il giorno solenne della Pentecoste a coronamento della storia della salvezza. Il credente nella forza dello Spirito si appropria dei doni salvifici: a compimento del mistero Pasquale, lo Spirito Santo è segno efficace della presenza del Signore. Dispone i nostri cuori all’accoglienza del Vangelo, sostiene la nostra testimonianza nel tempo e ci guida alla conoscenza della verità contenuta nelle parole di Gesù: 134


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“Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Ed io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Paraclito affinchè rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità” (Giovanni 13,4). Confortati dal dono dello Spirito chiediamo di camminare uniti nelle fede comune e perseverare nella carità e nelle opere di giustizia. Gesù è stato anche per me pane per la mia intelligenza e pane per il mio cuore: l’uomo ha due fami fondamentali, la verità e l’amore. Gesù dice di sè: “Io sono il pane della vita… Io sono il pane disceso dal cielo per sfamare il mondo” (Giovanni 6,32) e “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui” (Giovanni 6,51). Esiste nell’uomo una fame di vita e di vita eterna, che è fame di Dio: la vita senza fine. E c’è il pane di Dio, il cibo capace di sfamare questa fame di vita: è Gesù Cristo. C’è poi la seconda fame: dare e ricever amore. Dice Gesù: “Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri” (Giovanni 18,26). Per questo un giorno ho sentito la chiamata all’amore: mi ha raggiunto in mezzo alle occupazioni feriali della mia vita, vita vissuta tra casa e lavoro, nella monotonia di giornate tutte eguali. Fu una vocazione piena d’amore, di tenerezza: essa mi ha 135


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chiesto di avere fiducia, di affidarmi alla bontà di Gesù: avrei raggiunto così la felicità che nessun altro ci può dare. Mi ponevo prima della conversione domande inquietanti: perché lo scandalo di un Dio crocifisso? Perché tutte quelle persone si raccolgono in chiesa per “adorare” statue di gesso? Ed io cosa andavo a fare là? Solo per seguire queste persone che si ritengono giuste, per sentirmi anch’io giusta? Solo per ritenermi anch’io cattolica battezzata fin dalla infanzia e per essermi sposata in chiesa solo per fare felici i miei genitori? Ma come é possibile che da duemila anni milioni di credenti si riconoscano in un uomo crocifisso? Come é possibile che genti di razze diverse continuino a mettere in gioco la vita per Lui? E Lui promette a chi lo segue non vittorie, ma sconfitte, non gioie, ma dolori. Come può esserci qualcuno oggi che sceglie un Dio che promette ai suoi seguaci pene e dolori? Forse che quelli che decidono di seguire il suo invito sono tutti pazzi? O forse da quella croce irradia un potere misterioso talmente coinvolgente da essere talmente forte da vincere ogni lusinga umana e persino la disperazione? Un mistero d’accordo. Ma un mistero che ognuno può toccare con mano, che può sperimentare nella vita di 136


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tante persone e forse anche nella propria. E allora ti senti rinascere: di nuovo capace di stupore e di gioia, di pensare e realizzare cose fantastiche. Ti senti riconciliata con te stessa e con gli altri, partecipe della gioia e del dolore, della vita delle persone che vivono oltre i muri e gli oceani, capace di sentire amore per tutti gli uomini tuoi fratelli, oltre le barriere e le distinzioni. Ricordo un giorno, di domenica: era inverno. La domenica è il giorno del Signore: va vissuto nel riposo e dedicato al Signore. Lo stesso Signore il settimo giorno si riposa. La mia anima cercava il riposo. Dopo una notte serena, i miei occhi si aprono a un nuovo giorno. Non ho il pensiero del lavoro. La domenica si ha la voglia di essere amata, di stare in contatto con la gente e di sprigionare energia. Indosso vestiti comodi, metto scarpe da tennis, cammino e poi corro. Nel silenzio mi trovo in mezzo alla natura come un pettirosso che curioso guarda da un ramo di un albero, poi libero vola turbato da un ombra, la mia.

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Albero di mimosa sulla spiaggia di Catania


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Alzo gli occhi al cielo: il sole tramontato da poco riscalda un giorno gelido; il poco calore che ricevo mi riscalda tutto il corpo. Mi soffermo un attimo come se qualcuno mi sussurrasse all’orecchio: non sei sola. Guardo il sole, palpita intorno a me, non riesco a distogliere lo sguardo, mi sento abbracciata, amata. Il sole alto, maestoso ed imponente, emana i colori del Signore, bianco poi rosso e giallo; continuo a correre per le distese verdi, coperte da un leggero strato di gelo. Esse prendono il colore giallo, la gioia del Signore. Che bello stare con Te, Signore. Provo un senso di pace: tutto è nuovo davanti ai miei occhi, mi sento felice e amata. Mi sgorga dal cuore una preghiera: “Come puoi amarmi, Signore mio? Mi dai tutte queste meraviglie. Cosa merito io? Sono piccola e peccatrice. Signore, cado sempre nel peccato. Eppure Tu ti curi di me e di tutti: di ciascuno sai il nome, ci chiami alla vita, alla comunione amorosa con te l’Amore. Amen”. 139


Prezzo Euro 10,00


Rosaria Munafò Originaria della Sicilia. Classe 1972. IL Pathos dokei: il dolore insegna. Le prove della vita mi hanno condotto per mano alla poesia, madre che mi ha rigenerato a una vita più gioiosa e serena. Ma le arti sono figlie della fede: ho vissuto una magnifica conversione, ho incontrato Gesù, l’amore della mia vita. Sono guarita dalle ferite della mia vita passata: Gesù mi ha fatto un grande dono, la poesia. Ho conosciuto due grandi maestri, Gesù e la poesia, che vorrei donare a tutti. Grazie a Te, Gesù; grazie a te, poesia.


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