AZIONI DI RIGENERAZIONE URBANA DEL VOLONTARIATO L’esperienza di #tuttamialacittà©. Progetto di CAVV-CSV di Venezia a cura di Stefano Munarin e Luca Velo ISBN 978-88-32050-92-9 CAVV-CSV di Venezia è capofila del progetto “#tuttamialacittà©: le azioni di rigenerazione urbana del volontariato per le comunità locali” realizzato in collaborazione con l’Università Iuav di Venezia, i Centri di Servizio per il Volontariato di Padova, Rovigo, Verona e Vicenza e finanziato dal Comitato di Gestione del Fondo Speciale Regionale per il Volontariato del Veneto (CoGe).
con contributi di Stefano Munarin, Luca Velo, CAVV-CSV Venezia, Sofia Sacchini, Kinonauts, Adriano Cancellieri, Ilaria Pais, Claudio Calvaresi con la collaborazione di CSV di Venezia, Vicenza, Verona, Rovigo, Padova progetto grafico Sofia Sacchini @SS
editore Anteferma Edizioni Srl via Asolo 12, Conegliano, TV edizioni@anteferma.it Prima edizione: ottobre 2020
Copyright
Quest’opera è distribuita sotto Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - No opere derivate 4.0 Internazionale
Indice
Introduzione 6
Percorsi sulla rigenerazione urbana. #tuttamialacittà©: le azioni di rigenerazione urbana del volontariato per le comunità locali | Luca Velo
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Il volontariato nel territorio | CAVV-CSV di Venezia
1. Esperienze 13
Dovunque e in nessun luogo: innovazione sociale e rigenerazione urbana in Veneto | Stefano Munarin
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L’esperienza di rigenerazione dello spazio: pratiche, processi e progetti. Una strada veneta a una rigenerazione aperta | Luca Velo
2. Azioni 39
#tuttamialacittà©: le azioni di rigenerazione urbana del volontariato per le comunità locali | CAVV-CSV di Venezia
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Rappresentare la rigenerazione urbana e l’innovazione sociale | Sofia Sacchini 48 Giardino Magenta 60 Places not buildings 70 I saperi del fare 80 Un ponte tra le persone 92 Museo della canapa 102 Box zero 114 Il bosco vivo 124 Lo stallo 134 Mirano urla 144 Mestre mon amour 156 Fotografie
Villafranca di Verona Verona Isola Vicentina Vicenza Megliadino San Vitale Rovigo Roncajette Adria Mirano Mestre
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Allestimento e documentazione video per #tuttamialacittà© | TELE-SPAZIO 3. Temi 175
Rigenerare il Terzo Settore per rigenerare il capitale spaziale delle città | Adriano Cancellieri
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Imprenditorialità sociale e città | Claudio Calvaresi, Ilaria Pais
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Bibliografia
Percorsi sulla rigenerazione urbana. #tuttamialacittà©: le azioni di rigenerazione urbana del volontariato per le comunità locali Luca Velo Il Coordinamento delle Associazioni di volontariato della città metropolitana di Venezia (CAVV-CSV) è stato il capofila del progetto: #tuttamialacittà©: le azioni di rigenerazione urbana del volontariato per le comunità locali, ideato in sinergia con i Centri di Servizio per il Volontariato di Padova, Verona, Vicenza e Rovigo e finanziato dal Comitato di Gestione del Fondo Speciale Regionale per il Volontariato (CoGe). Il progetto #tuttamialacittà© ha previsto l’attivazione di un percorso formativo e di progettazione, a cura dell’Università Iuav di Venezia, aperto a tutte le associazioni di volontariato e ai gruppi informali già attivi all’interno delle aree provinciali di riferimento. Gli ambiti di studio sono stati la rifunzionalizzazione della città contemporanea attraverso attività culturali e ricreative, il recupero di edifici e aree degradate, le nozioni di housing sociale, la cura e la gestione del verde pubblico e dello spazio aperto, il recupero del patrimonio storico-culturale e l’attivazione di itinerari turistici. Il percorso formativo che si è articolato in una serie di workshop tematici, organizzati su base provinciale, poneva come obiettivo centrale la possibilità di fornire strumenti teorici e pratici sui temi della rigenerazione urbana, del riuso di spazi in totale o parziale
abbandono, sulla possibilità di intravvedere mutamenti urbani e sociali di spazi e porzioni di territorio. All’attività formativa è seguito un percorso di coprogettazione partecipata, finalizzato a facilitare l’ideazione di proposte progettuali innovative, che sono state sottoposte a una commissione di valutazione composta da CAVV-CSV di Venezia (capofila del progetto), rappresentanti del CSV provinciale partner, l’Università Iuav ed esperti su scala nazionale sui temi della rigenerazione urbana e del progetto spaziale di rigenerazione. Sono state selezionate dieci idee progettuali (due per provincia) offrendo un finanziamento di 12.500€ ciascuna e dando loro la possibilità di concretizzare veri e propri progetti di rigenerazione urbana all’interno delle cinque aree provinciali di riferimento. Nell’arco di più di un anno e mezzo, molte attività hanno subito un inevitabile arresto a causa della pandemia di Covid-19, i progetti che ne sono emersi hanno subito modifiche e slittamenti, rallentamenti pur mantenendo costanti gli obiettivi e le finalità. A conclusione del percorso, emerge un ricco deposito di azioni, di impegno sociale, tenacia, generosità culturale e inclusione sociale. Ogni progetto appare molto diverso e specifico, ciascuno si con6
fronta con scale, attori e condizioni particolari ma ciò che li accomuna è il contesto veneto di riferimento che non è solo uno spazio o una società ma anche un tempo particolare che testimonia il cambiamento di paradigma della forma e dell’uso della città veneta. Non solo le parti più compatte ma anche i luoghi, apparentemente meno centrali e densi, sono diventati scenari straordinari di rigenerazione e innovazione sociale. I dieci racconti delle azioni pilota non portano a definizioni ulteriori, diverse o alternative a quelle già presenti in molti percorsi di ricerca, di progettazione o di sperimentazione in Italia ma suggeriscono direzioni che appaiono importanti perché mettono in gioco concetti sostanziali per la rigenerazione urbana. Se da un lato vi è il processo di innovazione sociale e la contaminazione offerta dalle attività di fare volontariato sul territorio, dall’altro c’è il processo di rigenerazione di uno spazio con molti significati che richiedono narrazioni e rappresentazioni. Accanto agli aspetti di strutturazione e di sviluppo dei progetti, è proprio sul tema della rappresentazione che si è cercato di riflettere, provando a mostrarlo con le pagine che seguono. Rappresentare un processo di rigenerazione è stata una questione posta al centro della riflessione su come il linguaggio del disegno per l’architetto urbanista debba mettersi alla prova con forme nuove, con scale differenti e con la necessità del far apparire le idee e le suggestioni che ricorrono, mutano e si depositano su un determinato spazio. Ancora una
volta lo spazio viene posto al centro e misura il processo, ne determina l’evoluzione e ne precisa i contorni. Ogni progetto prova a essere rappresentato con i propri attori, con i propri confini, limiti e potenzialità future, per determinare il ruolo urbano ma soprattutto per dare valore al palinsesto di idee che lo animano, che hanno permesso la sua realizzazione e il possibile successo per il futuro. Oltre a questo libro, #tuttamialacittà© ha previsto un video che raccoglierà i volti delle persone che hanno condotto tali azioni, restituendone le voci e l’impegno, oltre a una installazione audiovisiva collocata nel foyer d’ingresso del Museo M9 di Mestre (entrambi a cura dello studio KINONAUTS videomakers), a partire dal 20 novembre 2020, giorno del festival conclusivo di queste attività. Rimane ancora aperta la questione del come domani potrà configurarsi ogni progetto, come si articoleranno gli attori, come risponderà alle future esigenze del luogo. Visto l’autentico sostegno di ogni CSV locale (Venezia, Padova, Vicenza, Verona e Rovigo) e l’impegno di ogni singolo gruppo nell’investire tempo, energie e tenacia, occorre pensare a quale capitale di conoscenze, sperimentazione e benessere, questi cittadini lascino alle proprie comunità in termini di passione, appartenenza e senso civico.
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Il volontariato nel territorio CAVV-CSV di Venezia
Il Coordinamento delle Associazioni di Volontariato della Città Metropolitana di Venezia - CSV di Venezia gestisce il Centro di Servizio del Volontariato della Città Metropolitana di Venezia con il fine di sostenere la cultura del volontariato e le iniziative di solidarietà su tutto il territorio metropolitano. Recependo la nuova normativa prevista dalla Riforma del Terzo Settore CAVV-CSV di Venezia eroga servizi di accompagnamento, consulenza, informazione e assistenza qualificata a tutti gli Enti del Terzo Settore (associazioni di promozione sociale, culturali e sportive, imprese sociali, cooperative sociali, fondazioni). Il Centro di Servizio funge dunque da catalizzatore tra i diversi stakeholders del territorio, ponendosi come obiettivo primario la creazione di un nuovo network di soggetti coi quali avviare nuove azioni e progettualità. Le principali aree di interesse di CAVV-CSV di Venezia sono:
del volontariato che nel tempo si sono consolidate e sono divenute momenti attesi della vita collettiva, appuntamenti tradizionali che creano e alimentano il senso di appartenenza alla comunità, scandendone il tempo sociale. Tali pratiche sono realizzate da CAVV-CSV di Venezia attraverso modalità, strumenti e servizi diversi e in evoluzione, perché in stretta relazione ai bisogni manifestati dalle associazioni di volontariato e ai destinatari ultimi delle attività. CAVV-CSV di Venezia, consapevole che il territorio nel quale viviamo rappresenta un bene comune non riproducibile del quale avere cura e sul quale fondare politiche di sviluppo territoriale sostenibili, ritiene l’animazione territoriale uno strumento privilegiato in grado di accompagnare e orientare i propri volontari nella fase di definizione di strategie e di progetti di sviluppo sostenibile, che mettano al centro il ruolo del volontariato declinato in tutti i suoi diversi ambiti di azione.
Promozione del volontariato e animazione territoriale Uno dei compiti istituzionali dei Centri di Servizio per il Volontariato è quello di promuovere la cultura della solidarietà e del volontariato. Diverse sono le pratiche di promozione
Formazione a favore del volontariato L’area formazione è per la sua valenza educativa un momento fondamentale all’interno degli ambiti di intervento dei Centri di Servizio per il Volontariato, ed è intesa come mezzo per quali8
ficare e valorizzare l’attività dei volontari e delle associazioni del territorio. La formazione vuole rafforzare l’identità dei volontari e il loro ruolo all’interno della società fornendo loro informazioni, strumenti e competenze utili alle attività che li vedono protagonisti, è fondamentale quindi sottolineare l’accezione educativa come momento qualificante per le associazioni e i volontari stessi.
i servizi e le attività svolte dal Centro di Servizio agli enti del Terzo Settore; pubblicizzare e promuovere le iniziative e le progettualità implementate delle associazioni. Il servizio di comunicazione/informazione è un elemento di raccordo che facilita lo scambio di dati e di informazioni fra le parti e favorisce le relazioni. Questo fa crescere la rete all’interno dei tavoli tematici, migliora le sinergie territoriali e costituisce uno strumento per alleanze sempre più significative con le istituzioni.
Consulenza e assistenza Il servizio di consulenza di CAVV-CSV di Venezia si propone come strumento diretto e immediato per aiutare le organizzazioni di volontariato a trovare soluzioni mirate e qualificate alle molteplici difficoltà che l’attività di volontariato implica nelle diverse aree gestionali e alle quali non sempre le associazioni riescono a dare adeguata risposta in completa autonomia. Il servizio di consulenza e assistenza si declina in diverse aree tematiche: amministrativo, fiscale, legale, progettuale, comunicazione e social network. Le consulenze, personalizzate sulla base di specifiche e particolari esigenze di ogni associazione, vengono erogate nella sede centrale a Mestre e presso i sei sportelli territoriali sparsi nella Città Metropolitana di Venezia. Informazione e comunicazione L’attività dell’Area Informazione e Comunicazione di CAVV-CSV di Venezia è rivolta a tutti gli Ets, ai giovani, alle scuole, alle università, agli enti pubblici e a tutta la cittadinanza. Si basa su due direttrici principali: far conoscere 9
1. ESPERIENZE
Dovunque e in nessun luogo: innovazione sociale e rigenerazione urbana in Veneto Stefano Munarin Responsabile scientifico per l’Università Iuav di Venezia del progetto: #tuttamialacittà©: le azioni di rigenerazione urbana del volontariato per le comunità locali
Questo libro presenta i risultati di una ricerca sviluppata attraverso la collaborazione tra il Centro Servizi per il Volontariato della Città Metropolitana di Venezia e l’Università Iuav di Venezia. Intitolata #tuttamialacittà©: le azioni di rigenerazione urbana del volontariato per le comunità locali, la ricerca ha inteso far emergere e sviluppare (attraverso attività di formazione e il finanziamento di azioni pilota) buone pratiche di rigenerazione urbana proposte dal vasto e articolato mondo dell’associazionismo regionale; accompagnando e affiancando le associazioni sia nella definizione delle azioni sociali sia nella precisazione dell’assetto spaziale dei progetti di rigenerazione che hanno cercato di sviluppare. Si tratta di una ricerca attraverso la quale abbiamo quindi cercato di riflettere collettivamente sul rapporto tra innovazione sociale e produzione di spazi nello specifico contesto urbano e territoriale veneto. Abbiamo lavorato su questi temi a partire da alcune ipotesi, forse semplici e a prima vista ovvie, ma che ci hanno consentito di sviluppare un lavoro che speriamo almeno parzialmente innovativo, in grado di indicare nuove strade per la ricerca, le politiche sociali e gli interventi di rigenerazione urbana nei nostri 563 comuni, gli innume-
revoli centri urbani, frazioni, nuclei abitati e case sparse che formano la nostra comune città. Nuove ipotesi e politiche da praticare qui e ora, dove la città (come la Broadacre City immaginata da Frank Loyd Wright) a volte ci sembra sia dovunque e a volte in nessun luogo, ma non per questo è meno viva e innovativa, portatrice di futuro. 1. Abbiamo lavorato riconoscendo che il mondo del volontariato, dell’associazionismo e del Terzo Settore è assai ampio e variegato, comprendendo da un lato esperienze collaudate e mature (come quelle storiche associazioni che da diversi decenni operano con continuità in uno specifico settore) e dall’altro più minute e intermittenti pratiche innovative; piccoli gruppi informali che cercano di emergere in contesti differenti, dalla periferia delle grandi città ai piccoli centri, e che hanno bisogno di supporto per consolidarsi. Piccoli gruppi e piccole azioni che però nascono grazie alla capacità dei soggetti locali (gruppi di amici o di vicinato, colleghi che condividono una passione o un interesse) di vedere qualcosa di nuovo nei loro contesti locali, permettendoci così di riconoscere nel territorio veneto una pluralità di situazioni interessanti. Gruppi e azioni che nascono dai territori e 13
cioè sono frutto di un sapere contestuale diffuso, quanto diffuso è il nostro stesso sistema insediativo, capaci quindi di illuminare temi e problemi nuovi, mettere in evidenza nuovi bisogni e relativi portatori di interesse, inedite pratiche di mobilitazione e innovazione sociale. Gruppi e azioni interessate a far emergere delle “opportunità” di intervento, portando alla nostra attenzione numerose ipotesi di rigenerazione urbana: basterà vedere le schede presentate in questo volume per riconoscere la varietà dei soggetti coinvolti e dei progetti attivati.
resistenze al nostro corpo (individuale e collettivo) conformando le nostre pratiche, che “prendono forma” nello spazio: non lo producono solamente ma da esso sono co-prodotte. Ciò vuol dire che ogni processo di innovazione sociale a sua volta assumerà “concretezze” diverse una volta collocato in un ambiente, che non è unicamente sociale ed economico ma anche fisico e spaziale; ogni progetto d’innovazione sociale, anche quelli che qui presentiamo e discutiamo, hanno dovuto interagire e confrontarsi con il proprio contesto spaziale, con le contraddizioni, gli elementi peculiari e le stratificazioni degli spazi urbani in cui hanno “preso forma”. Sono diventati piazza, edificio, prato o bosco anche a partire da ciò che lì hanno trovato prima, utilizzando ciò che già c’era come supporto e trampolino per nuove idee e nuove pratiche.
2. Anche questa articolazione territoriale e pluralità di interventi ci ricorda che tra le pratiche e lo spazio c’è sempre una relazione “densa”, non univoca, che tra pratiche e spazio ci sono continui feedback, che lo spazio con le sue diverse “qualità” fa parte delle variabili da considerare in ogni pratica sociale. Lo spazio infatti (qualsiasi specifica situazione urbana e territoriale) suggerisce possibilità ma oppone anche resistenze alle pratiche, non è completamente malleabile, presenta “inerzie” e caratteristiche con le quali dobbiamo confrontarci. Lo spazio oppone dei “limiti allo sviluppo” (sarebbe strano continuassimo a non riconoscerlo), non è la rete, che ci immaginiamo “liscia”, “aperta”, “socialmente orizzontale”. Certo, proprio la rete e i social hanno trasformato le nostre pratiche relazionali (e in questa fase di pandemia ciò è ancor più evidente) e possiamo pure dire che viviamo anche in una “realtà aumentata”, ma poi abitiamo uno spazio, che oppone
3. Se le pratiche sono spazialmente situate e lo spazio urbano non è un neutro “foglio bianco” ma un supporto storicamente determinato, frutto a sua volta di pratiche e di stratificazioni, ciò porta con sé la necessità di prendere sul serio il termine “rigenerazione”, riconoscendolo veramente come nuovo paradigma della cultura progettuale; strategia che ha portato in questi anni a ripensare il progetto e le sue qualità, spostando il centro dell’attenzione dalla costruzione alla trasformazione, dalla costruzione del nuovo al “riciclo” (di spazi e materiali) come processo che cambia gli stessi modi di fare il progetto architettonico e urbanistico, mettendo a punto prati14
o del sistema delle piazze a Montebelluna) le schede presenti in questo volume ci aiutano a riconoscere anche una “piccola” innovazione sparsa; che si sviluppa grazie alla presenza di una ricca rete di associazioni, al ruolo del volontariato e del Terzo Settore e che ovviamente riusciamo a vedere solo se rinunciamo all’idea che innovazione sia solo quella che ci aggrada (ed il resto sia devianza, occupazione abusiva, degrado, ecc.). Buoni esempi che possiamo osservare qui e ora quindi, che ci ricordano che lo sviluppo di pratiche sociali innovative, specie attraverso forme più o meno strutturate di volontariato, non è una prerogativa esclusiva delle grandi città. Tutto il nostro Paese, e la nostra regione in particolare, sono caratterizzati da una grande varietà di modi di abitare il mondo, possiamo dire: un pulviscolo di situazioni insediative che produce un pulviscolo di fenomeni sociali ed economici. Fenomeni per questo motivo spesso non immediatamente e singolarmente evidenti ma che poi, nel loro insieme e nel tempo lungo, trasformano il nostro territorio e la nostra società, così come è avvenuto in maniera eclatante negli ultimi decenni. Partire da queste esperienze può quindi essere utile per guardare avanti, per far attecchire queste pratiche, questi piccoli semini di innovazione sociale, aiutandoli a sviluppare relazioni sempre più solide per evitare che rimangano “esperienze monadi” (a rischio perché in balia solo di se stesse e delle proprie forze) ma siano parte di una più generale e robusta “ecologia urbana” che pervade e si intreccia in tutto il territorio regionale.
che di “manipolazione ricreativa”. Uso il termine riciclare, per segnalare una differenza rispetto a più abituali riuso e recupero, perché questo rinvia in maniera più decisa all’idea che nelle nostre città dobbiamo attivare “nuovi cicli di vita”, ri-ciclare appunto. Se veramente vogliamo e dobbiamo evitare ulteriore consumo di suolo, dobbiamo rilavorare quell’immenso deposito di spazi ed edifici che abbiamo già costruito e che può essere interpretato davvero come un potenziale “cantiere eterno”: un cantiere che ha bisogno di progetti attenti, di buone maestranze, di continue riflessioni su cosa sia compatibile con le preesistenze, un cantiere di nuove pratiche e nuove idee di spazio urbano. 4. In Europa e anche in Italia, possiamo riconoscere già diverse buone pratiche e belle esperienze, esempi di “rigenerazione urbana” attuati intrecciando innovazione sociale e buoni progetti urbani. Ma questa ricerca e questo volume dimostrano che anche qui e ora, nella nostra “atipica” metropoli (ammesso ne esista una di “tipica”), nella città estesa adagiata nella pianura veneta possiamo riconoscere esperienze di rigenerazione sviluppata a partire dalla mobilitazione sociale, progetti che, rispettando la regola delle “3R” (riduci, riusa, ricicla), si confrontano con questo particolare contesto ambientale, insediativo, sociale ed economico. Accanto ai progetti di rigenerazione di più ampia portata sviluppati recentemente nella nostra regione (penso ad esempio al caso di via Costa a Mestre 15
L’esperienza di rigenerazione dello spazio: pratiche, processi e progetti. Una strada veneta a una rigenerazione aperta Luca Velo Tutor scientifico dell’Università Iuav di Venezia per le azioni pilota del progetto: #tuttamialacittà©: le azioni di rigenerazione urbana del volontariato per le comunità locali
Il lavoro di tutoraggio delle dieci azioni all’interno del progetto #tuttamialacittà©: le azioni di rigenerazione urbana del volontariato per le comunità locali ha permesso, nell’arco di quasi due anni, di osservare e di riflettere intorno ai legami che queste attività hanno stabilito con lo spazio fisico, le comunità e lo sviluppo di un saper fare da parte di gruppi di cittadini che, animati da buona volontà, competenze e voglia di mettersi in gioco, hanno dedicato moltissimo del loro tempo libero, facendo i conti con il proprio lavoro, le proprie famiglie e gli inevitabili problemi del quotidiano. Tutte le azioni hanno visto il Veneto come sfondo di riferimento, collocandosi in centri urbani consolidati o piccoli centri in posizioni magari maggiormente decentrate, non per questo meno interessanti o ricche di progettualità e sperimentazione. Ciò che #tuttamialacittà© ha prodotto, attraverso il sostegno e il dialogo con i singoli Centri di servizio di riferimento e il CSV capofila, è stata un’esperienza importantissima per riosservare il territorio dall’interno, attraverso le menti e le forze di chi si è messo in campo credendo nel ruolo insostituibile del volontariato, testimoniando come quest’ultimo riservi moltissime accezioni e declinazioni, elementi preziosi per chi studia la città. Di seguito
alcune considerazioni provano a enucleare alcuni temi che si sono incontrati e che possono diventare spunti di riflessione per riarticolare possibili futuri, costruire nuove geografie di attori e forse tracciare alcune linee di consapevolezza nei rapporti tra il Terzo Settore, lo spazio fisico e i cittadini, soprattutto, date le condizioni del presente, nella prospettiva di un futuro quantomai incerto economicamente e socialmente, pertanto sempre più bisognoso di chi saprà e potrà donare il proprio tempo agli altri. La riflessione pone l’accento sul particolare aspetto del “dove”, ovvero il rapporto tra welfare e dimensione del luogo, alla luce degli apprendimenti che derivano da questa nuova ondata di innovazione che ha coinvolto il Terzo Settore italiano mutuando anche esperienze straniere. Si tratta, per certi versi, di avere l’occasione per chi studia la città contemporanea, di interrogarsi entro quali termini il welfare prenda forma nei contesti locali, come riesca a integrarsi all’interno delle politiche e degli spazi a esso deputati nella città contemporanea. Proprio questa radice comune del localismo invita a individuare nei punti che seguono gli elementi che oggi contribuiscono a qualificare e distinguere i processi attuali rispetto a quanto realizzato negli ultimi decenni 23
provando a porre l’azione maturata e sostenuta dal Terzo Settore, con il sostegno dei CSV locali.
prevalentemente nelle pratiche; si è aperto un ampio campo di azioni, prevalentemente dal basso, legate alla rigenerazione di spazi fisici, orientando nuove significazioni in termini di forme, funzioni e pratiche d’uso, talvolta difficili da isolare singolarmente, che però hanno mantenuto un marchio fondamentale per quanto concerne l’interesse su scala locale e collettiva. Appare chiaro che ormai rigenerazione, recupero, riciclo1 della città contemporanea siano termini praticati e praticabili nel linguaggio anche dei non addetti ai lavori, come tradizionalmente appare, riferendosi esclusivamente agli architetti, urbanisti o sociologi. Tali termini appartengono a un vocabolario che fa riferimento all’ordinario e che spesso non è del tutto estraneo a tendenze, e influenze, che si giocano spesso sul filo della riappropriazione, del contrasto o della provocazione. Se negli anni Ottanta dello scorso secolo il termine rigenerazione rimandava prevalentemente alle grandi aree dismesse dei complessi industriali europei, nell’ultimo decennio, la rigenerazione alberga prevalentemente negli spazi marginali o interstiziali, nei luoghi nascosti, minimi o lontani della città contemporanea. Sono spazialità che talvolta scontano la caratteristica di essere anche troppo – o troppo poco – disegnate e normate (Ostanel, 2017), ma comunque capaci di collocarsi entro parti diverse della città, spazi spesso esigui per estensione ma utili e utilizzabili dagli attori locali con grande creatività e disinvoltura. Molte volte si tratta di spazi che connotano alcuni ambiti della città
Lo spazio fisico rigenerato come infrastruttura sociale Lo spazio fisico rigenerato o destinato a nuove progettualità, magari di interesse collettivo, si impone come una infrastruttura sociale (Venturi; Zandonai, 2019) capace di riverberare i propri effetti sulle comunità locali, rimarcando un approccio inclusivo e aperto alla sperimentazione. L’innovazione sociale riesce a far mutare i luoghi, cambiando spesso lo statuto, rinnovandosi nelle forme organizzative e nelle finalità, a volte sovrapponendosi e intrecciandosi agli obiettivi stessi del welfare materiale. Tale questione può apparire marginale rispetto ai problemi al centro dell’agenda pubblica e alle formazione discorsive dominanti del dibattito politico e urbanistico ma probabilmente oggi l’innovazione sociale si rintraccia anche in luoghi differenti rispetto a un recente passato, utili da osservare per riflettere su politiche sociali e spaziali che oggi versano in condizioni difficili (Ranci; Pavolini, 2014), con potenzialità straordinarie per riattivare una gran parte degli spazi di welfare (Tosi; Munarin, 2011), tanto necessari per la socialità e che sono stati i luoghi, i servizi e le attrezzature che per decenni hanno garantito il confort proprio della città europea dal secondo dopoguerra. Negli ultimi decenni l’innovazione sociale (social innovation) ha posto i propri confini analitici su un fenomeno i cui caratteri essenziali si manifestano 24
consolidata oppure porzioni o lacerti di forme urbane più diffuse, poco compatte, non per questo incapaci di configurare continuità o di alimentare un dibattito pubblico, progettualità, scelte politiche, veicolando talvolta desideri e dimostrando la capacità di impattare in modo incisivo nell’opinione pubblica. Si scorge oggi una molteplicità di iniziative che nascono da un surplus di spazi sottoutilizzati, dalle aree abbandonate, dagli edifici pubblici in attesa di risignificazione o di reimmissione nel mercato immobiliare privato, strutture di enti religiosi o più semplicemente spazi aperti lasciati al loro destino che come quarti o quinti paesaggi concorrono a ricomporre il quadro variegato della città contemporanea. La rigenerazione è in fondo il frutto di una ricerca di una strategia comune che, al di là del processo di maturazione che conduce alla formulazione dello “stare insieme per provare a fare qualcosa”, confluisce nella sperimentazione dello “stare insieme per fare concretamente qualcosa”, impattando in maniera sempre più evidente sulle attività sociali, gli eventi temporanei, per esempio i festival locali, ma anche sulle attività culturali, sui mercati e sui sistemi di regolazione istituzionale oltre ai comportamenti di piccoli gruppi di persone e di famiglie. Uno spazio rigenerato in città diventa non solo una infrastruttura sociale di nuova generazione, ma dentro un ambito urbano, diventa un luogo del dinamismo, un recapito da esplorare e praticare con disinvoltura, un punto in cui riconoscere l’azione sociale vera, fonte
anche di possibili sviluppi per economie, politiche e nuove azioni culturali. I luoghi oggetto di rigenerazione si trasformano spesso in ambiti in cui la densità delle relazioni sociali alimenta il senso di comunità aperte e inclusive laddove l’incontro tra volontariato e rigenerazione talvolta si traduce in forme di impresa. Alcune pubblicazioni si riferiscono in maniera puntuale a questi aspetti, dimostrando come sia possibile scrivere collettivamente e indagare il cambiamento del mondo del lavoro e delle professioni legandosi al fenomeno della rigenerazione urbana, portando in evidenza nuove competenze, nuovi campi di sperimentazione, ma anche nuove scoperte e nuovi modi di stare assieme (Bizzoni, 2019). Tutto questo conferma ulteriormente la rilevanza assunta dalla dimensione del luogo e dei relativi processi di riattivazione, soprattutto di manutenzione, poiché rigenerare talvolta coincide con il manutenere (Legambiente, 2016) e da qui deriva la necessità di costruire intorno al concetto stesso di rigenerazione una conoscenza efficace a supporto e accompagnamento della moltitudine di azioni dei cittadini attivi associabili a differenti comunità, istituzioni e imprese. L’innovazione sociale, se osservata come fenomeno proprio della città contemporanea, in prima istanza, pone la domanda sul dove avvenga, ovvero interroga il rapporto tra welfare e dimensione di un luogo alla luce delle azioni, degli avvenimenti e dei soggetti in campo che la producono. Per certi versi si tratta di osservare i differenti contesti, fisico-spaziali ma anche so25
ciali, entro i quali avvengono. La radice comune del localismo stimola a individuare in alcuni punti della città gli elementi che distinguono i processi odierni rispetto a quelli realizzati negli ultimi decenni. L’esperienza di #tuttamialacittà© lo dimostra con interventi in: spazi aperti sottoutilizzati, giardini pubblici impraticabili, luoghi del commercio in dismissione, edifici abbandonati, ecc. In molti casi le azioni che ne sono derivate hanno prodotto un esito incrementale che puntualizza e specifica impianti già definiti, operando sul solco di politiche sociali e modalità di progettazione e produzione di servizi che “ritoccano” o “perfezionano” un disegno organizzativo, restituendo effetti negli assetti di governance e nei ruoli dei diversi attori che agiscono a livello sociale all’interno di una determinata comunità. In questo, il ruolo dei Centri di Servizio per il Volontariato (CSV) appare cruciale, poiché determina, orienta e struttura le azioni attraverso progettazione, consulenza, formazione e sostegno, sia economico che sociale, in termini di accessibilità ai bandi pubblici, all’innovazione e alla sensibilizzazione dell’inclusione e della consapevolezza dell’identità locale. Il progetto #tuttamialacittà©: le azioni di rigenerazione urbana del volontariato per le comunità locali è paradigma di quanto il Terzo Settore possa giocare per il futuro un ruolo determinante nell’orientare politiche di sostegno alle differenti forme di rigenerazione urbana e innovazione, declinando tali termini entro contesti locali e sociali autentici, garantendo risposte con-
divise e aperte alle comunità locali, al riparo da logiche speculative o individuali. Declinazioni: approcci alla coprogettazione Se da un lato si assiste a un passaggio di stato concettuale, percettivo e sostanziale nell’approccio alla rigenerazione urbana, molto lo si deve a uno slittamento di significato vero e proprio dell’azione che lo coinvolge: la rigenerazione urbana attraverso le azioni dei volontari si è concentrata non tanto in spazi quanto in veri e propri luoghi della città contemporanea veneta. Questo lo si determina soprattutto nella pratica della coprogettazione che ha caratterizzato tutte le esperienze che hanno segnato il progetto #tuttamialacittà©, come elemento essenziale non solo di arricchimento ma anche di sostegno articolato al welfare urbano, immeritatamente tradotto come benessere (Andorlini; Bizzarri; Lorusso, 2017), con particolari sfumature, per esempio ambientali, assistenziali o di animazione che hanno impostato un dialogo sociale tra i diversi attori, trovando una dimensione di analisi e approfondimento tra le varie parti. Dall’altra si ritrovano approcci e strumenti propri del design, nel senso anglosassone del termine di progetto multiscalare e dimensionale, con ricadute allo stesso tempo spaziali e processuali. Questo lo si è ritrovato nell’ambito della partecipazione attiva dei beneficiari diretti e indiretti che attraverso attività di rafforzamento dei propri bisogni e delle loro aspirazioni di coinvolgimento hanno saputo 26
affermarsi e sostenere percorsi talvolta difficili, spaziando dal dialogo con le amministrazioni, i privati o con stakeholders, portatori di interessi talvolta totalmente opposti; l’attivazione di un piccolo museo della tradizione locale legato a percorsi di riscoperta sul territorio ne è un esempio. Il campo – alla Bourdieu – della rigenerazione urbana ammette talvolta a manifestazioni differenti di coprogettazione che fanno leva su “un’interfaccia” diversa, includendo sia addetti ai lavori che operano sul versante della produzione dei servizi di welfare, sia i fruitori stessi di questi servizi. I gruppi in campo talvolta hanno incluso al loro interno figure professionali di alto livello, sia tecnico che educativo, con profili specificatamente definiti nel campo della rigenerazione, alcuni presentavano soggetti attivi con master e conoscenze specifiche sulla rigenerazione. Sono stati piuttosto frequenti progettazioni condivise basate su gruppi ibridi composti sia da abitanti dei luoghi, sia da soggetti esterni che, a seconda dei casi, hanno giocato un ruolo chiave nel ripristinare “distanze critiche” capaci di osservare e dosare le azioni con un apporto di riequilibrio tra visioni che rischiavano di essere troppo calate nell’oggetto di rigenerazione. In questo rientrano i casi in cui si sono associati temporaneamente gruppi locali, legati eminentemente a questioni molto specifiche, in collaborazione con associazioni di lungo corso, non locali ma molto strutturate e con bagagli di esperienze fatte in luoghi diversi. Il livello progettuale e proattivo, nel senso di costante precisazione e ade-
guamento alle condizioni del momento, diventano aspetti cruciali che definiscono un palinsesto di attività e di iniziative capaci di riattivare gli spazi individuando forme di uso, agendo al tempo stesso come cabina di regia collettiva riuscendo a generare congiuntamente significati nuovi rispetto al carattere eminentemente pubblico e di interesse collettivo del progetto. Alcune azioni per esempio hanno saputo intraprendere iter burocratici molto complessi per acquisire diritti d’uso di alcuni spazi. Un’attenzione particolare quindi è posta non tanto allo spazio in sé, all’esito finale, ma a tutto il processo di rigenerazione che in questa luce diventa paradossalmente il mezzo e non il fine. Per certi versi si tratta di un approccio community centered alla coprogettazione che si configura come un aspetto fortemente innovativo in un contesto, come quello veneto che ha le proprie radici in forme ormai radicate e per certi versi separate nel costruire welfare. Da una parte le realtà associative locali operano attenuando i rischi di possibili fraintendimenti dall’altro per raggiungere chiaramente gli obiettivi, intraprendono percorsi anche molto complessi (Allegretti; Mattiazzi, 2014). In questa cornice appare opportuno produrre una riflessione sulla coprogettazione in quanto laddove la coprogettazione ha assunto una dimensione eminentemente tecnica, ossia spesso promulgata da specialisti, talvolta ha influito sul percorso delle azioni in modo molto diretto e scarsamente permeabile al contesto. Laddove si sono progettati dispositivi spaziali 27
o opere di arredo urbano il contesto spesso veniva organizzato e proiettato nell’evento, dando una particolare enfasi ad attori in gioco in una circostanza precisa. Negli approcci centrati sugli utenti, nei casi di eventi o attività formative, si poteva registrare il rischio di privilegiare beneficiari in possesso di maggiori capacità in termini di comunicazione dei propri bisogni e di organizzare le attività a servizio dei propri interessi. La possibilità di squilibri nelle fasi di coprogettazione talvolta ha permesso di lasciare i margini ad aree di vulnerabilità presentando poi effetti imprevedibili in termini di riformulazioni dei budget e di possibili incomprensioni tra i membri dei gruppi di lavoro.
produzione, alla valorizzazione e all’attrattiva di beni materiali o immateriali che si iscrivono in processi di rigenerazione di uno o più luoghi. Non a caso importanti bandi di innovazione sociale come Culturability hanno intercettato proprio queste dimensioni. E gli stessi ingredienti si possono rintracciare anche all’interno di un bando pubblico come Cultura futuro urbano2 recentemente lanciato dal Ministero per i beni e le attività culturali. Gli stessi approcci si sono potuti osservare nei raggruppamenti che hanno lavorato a contatto con le amministrazioni locali impegnate a loro volta nella promozione di aspetti tradizionali dei luoghi, nel ricercare possibili percorsi di valorizzazione ambientale, di riscoperta di antiche tradizioni o di promozione turistica. In questo la disponibilità di competenze non solo di progettazione e promozione, ma anche di gestione sociale ed economica, hanno rappresentato una ulteriore sollecitazione ai processi di innovazione. In tali ambiti la riflessione potrebbe spingersi ulteriormente, dimostrando come, intercettando tali competenze, ormai mature, attrezzate e riconosciute, si possa dare vita a modelli non solo capaci di diventare soggetti moltiplicatori, partecipando a nuovi bandi e impegnandosi in nuove progettualità, ma anche rappresentando possibili osservatori di innovazione sociale nella trama minuta del tessuto urbano della città veneta, potendo diventare facili interlocutori, soprattutto per i servizi collettivi. In altri termini se la cultura è stata la spinta precisa delle azioni condotte, alla fine del percorso, ne è diventata anche l’approdo e le nuo-
Attivare proposte A valle delle azioni condotte, delle esperienze maturate e delle criticità talvolta rilevate, appare interessante domandarsi quale sia stato il fattore di innesco al processo di partecipazione e sviluppo delle singole progettualità. È chiaro che alla base vi sia stata la risposta a un bando e la formulazione di una proposta. Non si ricercano i fattori scatenanti ma come si siano configurate le forme di coprogettazione e gli orizzonti entro i quali, anche in vista di una loro possibile evoluzione e sviluppo, possano iscriversi. È possibile che la risposta a questa domanda derivi essenzialmente da una base culturale locale. Il localismo infatti, inteso come fortissimo radicamento al luogo e chiaro bisogno di coinvolgimento civico e sociale, attraverso questi progetti, si esprime su una base culturale locale orientata alla 28
ve funzioni d’uso degli spazi, l’ingaggio degli attori, la sperimentazione dei modelli e dei servizi. L’educazione e l’inclusione messi in atto sono divenuti complementari a una trasmissibilità dei principi culturali e sociali per la comunità intera nella quale si sono iscritti, non soltanto riferendosi ai diretti promotori o sostenitori. Questi progetti hanno prodotto un welfare culturale che si è intrecciato indissolubilmente con il luogo dove è maturato e sviluppato svolgendo un ruolo strategico di riequilibrio e talvolta di inversione di tendenze generalizzate offerte dalle amministrazioni locali o dalle stesse comunità, come per esempio tenere aperto e attrezzare un giardino anziché chiuderlo, soluzione solo apparentemente semplice. Ma gli effetti in termini di creatività e ritorno sociale nei risvolti formativi ed educativi alle competenze e alla mentalità sono aspetti che nonostante il tempo di attesa per entrare a regime, capitalizzeranno effetti benefici duraturi. Altro quadro di esperienze ben rappresentato sia nella pluralità che nella consistenza che parte dalle pratiche di welfare culturale si rintraccia per esempio nelle azioni che hanno a che fare con la difesa e il sostegno di pratiche di mobilità attiva, da cui emergono in maniera sempre più costitutiva una concreta ricaduta in un possibile campo di sviluppo di impresa legata a modelli di servizio, di comunicazione o di formazione.
del progetto si sono caratterizzate per la presenza di eventi, iniziative di disseminazione, conoscenza e comunicazione legati a una dimensione temporale le cui prestazioni si sono rivelate estremamente utili ed efficaci, creando condizioni di possibili riedizioni, momenti di dialogo con altre realtà associative e rimarcando i principi dell’intero progetto. Da queste caratteristiche, si rileva un primo aspetto che riguarda la differenziazione degli eventi, in gran parte legati a iniziative che molto spesso non riconducevano direttamente al progetto ma che diventavano occasione di conoscenza e possibile coinvolgimento di soggetti terzi. Per esempio iniziative legate a uscite in bicicletta o a piedi sul territorio, momenti di formazione e dialogo, occasioni di ascolto e confronto diventavano utili a potenziare le attività di lavoro o di intervento collettivo in un punto preciso della città, alcune iniziative si inscrivevano in festival locali, sagre paesane o eventi organizzati dalle Pro Loco e circoli locali. Si potrebbe dire che queste siano state azioni piuttosto ricorrenti e, per certi versi, facili da intraprendere ma va evidenziata l’efficacia. Non va trascurato infatti l’effetto indotto, per certi versi implicito, che tali azioni, seppur inscritte in altre forme di iniziative assumevano e in questo il territorio e il paesaggio hanno giocato un ruolo essenziale diventando la cornice comune, ri-generando un senso di riappropriazione e creazione di rispetto dei luoghi e delle comunità che nascono attorno a questi luoghi (Cancellieri; Ostanel, 2014).
Trasformazioni temporanee Seppur con modalità e livelli di intensità differenti, gran parte delle azioni 29
Gli eventi cittadini che hanno incluso nella programmazioni alcune azioni del progetto #tuttamialacittà© hanno incorporato i valori del progetto stesso diffondendoli ma, allo stesso tempo, beneficiando di articolazioni sul programma, come attività dimostrative, piccole mostre o talk. In questo, le piattaforme web, i siti e le applicazioni talvolta si sono configurate come “contenitori aperti” che, per il progetto generale, hanno incluso presenze anche di soggetti tradizionalmente non abituati a fornire la propria presenza ma che, condividendo i principi generali dell’azione, hanno svolto un ruolo di facilitazione nel dialogo con il pubblico (permessi, normative, accordi, ecc.) e talvolta di prezioso sostegno di “forza lavoro” per attività di allestimento, montaggio e smontaggio dell’evento. L’impostazione di fondo degli eventi temporanei ha assunto spesso un carattere di condivisione, significativo per alcuni contesti poco abituali o caratterizzati da differenze sociali o generazionali accentuate all’interno di alcuni spazi. In alcuni casi, alcuni gruppi hanno lavorato condividendo uno spazio per il lavoro o per il tempo libero con popolazioni non locali o con persone di generazioni diverse, portatori di bisogni diversi, questo ha determinato una sorta di riscrittura della dimensione dell’interesse collettivo dello spazio dove il potere abilitante di tali azioni, come il “produrre insieme qualcosa” per il bene pubblico, una panchina o la manutenzione di una siepe, riusciva ad affermare un meccanismo di reciprocità di apporti volontari capaci di collocarsi in un dato luogo, arricchendolo in termini
di qualità relazionale, di fruizione e di controllo sociale. La dimensione del luogo, nel senso posizionale, in questo frangente può giocare un ruolo importantissimo in qualità di densificatore delle reti dei soggetti, delle possibilità di individuazione, visibilità e mutuo scambio; i luoghi fisici che vengono interessati da interventi temporanei manifestano l’alto valore sociale e aggregativo, cambiando talvolta lo statuto convenzionale dei luoghi stessi, ponendoli al centro di vivibilità, ricucendo flussi e percorsi pedonali, valorizzando l’intera area e ponendosi come crocevia di percorsi urbani e territoriali, conferendo talvolta un generale carattere sociale e identitario. Un negozio sfitto, una porzione di piazza nascosta, un’area degradata di uno spazio aperto pubblico assumono riconoscibilità paesaggistica, urbana ed estetica attraverso azioni capillari dal forte carattere moltiplicatore. Sono occasioni in cui garantire una percorrenza pedonale, accedere in uno spazio commerciale dismesso per seguire una performance, per la durata dell’evento significa offrire una nuova esperienza a usuali utenti, garantendo allo spazio di ricoprire il ruolo di polo attrattore e di aggregazione sociale su scala allargata. In questo, è la qualità dell’allestimento dei luoghi, inteso non solo in senso materiale, ma anche in termini di competenze dei soggetti coinvolti, della capacità di previsione e promozione che si fa carico della principale sfida del welfare sociale odierno, ovvero della capacità di ricomporre iniziative, risorse e apporti secondo una logica non di “efficientamento” e di “ottimizzazione” ma di creazione di valore. 30
L’ambiente, punto di partenza per il cambiamento Può apparire banale ma le trasformazioni urbane messe in atto dalle progettualità di #tuttamialacittà© si sono riflesse, sia dal punto di partenza che di arrivo, inevitabilmente sulla dimensione ambientale. Il campo della rigenerazione può rappresentare, da questo punto di vista, un laboratorio continuo di idee e di nuovi modelli di affermazione dei principi ambientali. Chi si è fatto carico di rigenerare uno spazio ha puntualmente provato a intercettare soluzioni che consentissero azioni plurime ma allo stesso tempo inscritte in una cornice di sostenibilità e difesa ambientale. Da questo punto di vista occorre osservare come molte realtà associative, soprattutto quelle più strutturate in archi di tempo più duraturi, hanno dimostrato che, se nel passato gli obiettivi delle azioni per il volontariato si concentravano prevalentemente dell’assistenzialismo per esempio di rifugiati o immigrati, oggi lo sguardo spesso ritorna nei propri luoghi d’origine, entro una sensibilità tutta ambientale, di riscoperta e tutela di tradizioni e luoghi, in altre parole del proprio ambiente. Da questo punto di vista l’opzione ambientale si traduce molte volte anche nella disseminazione di pratiche e usi alternativi del territorio, inscritti in logiche di mobilità attiva o di pratiche sportive collettive in luoghi non convenzionali, per esempio praticare trekking in ambito pedemontano o organizzare passeggiate esplorative all’interno di luoghi poco conosciuti. In termini di efficacia, il tema ambientale a una scala che
riguarda il comportamento rispettoso o la trasmissione di valori non sempre condivisi, come la tutela, sembra transitare all’interno dello spazio fisico del luogo oggetto di rigenerazione al fine sia di alimentare relazioni capaci di ritrovare un senso operativo comune, sia di dotarsi di competenze e capacità gestionali. I gruppi che lavorano a ridosso di temi ambientali, per esempio la piantumazione di spazi aperti abbandonati, sono spesso assimilabili ad azioni all’interno di commons, ovvero paragonabili a modelli di gestione e di governance che consentono un utilizzo sostenibile ed equo della risorsa verde: regolando l’accesso agli spazi verdi, supportando i processi di riproduzione e trasformazione vegetazionale e di fatto ridistribuendo i benefici alla comunità locale (Hardt; Negri, 2010). Non è un caso infatti che molte volte, la complessità delle azioni di questo tipo, in tale particolare campo, ponga di fronte alla scelta di diversificare le attività, adottando talvolta meccanismi di autofinanziamento che possono sfociare anche in embrionali attività d’impresa, come la commercializzazione o la vendita di prodotti o sottoprodotti derivanti dalla manutenzione del verde o dalla riproduzione di piantine, con potenzialità di micro impatto economico a scala locale e allargata. Ancora una volta, l’azione rivolta ai temi ambientali beneficia di una massa critica assai ampia che permette risonanza e possibilità ad accesso a fondi molteplici, per questo la combinazione di eventi e servizi a misura di ambiente sta costruendo un modello vincente anche in ambito veneto. 31
Una strada veneta a una rigenerazione aperta Il progressivo mutamento del ruolo e della presa sociale dei processi di rigenerazione urbana, se riletto attraverso gli esiti delle esperienze condotte all’interno del progetto #tuttamialacittà© rimanda a considerazioni differenti e ambivalenti laddove gioca un ruolo dominante una componente locale, legata a una particolare sfera di valori propri del contesto locale veneto. Se da una parte l’attivismo di una società che vive in condizioni di crisi sempre più durature spinge oggi, come si è visto nelle azioni condotte, forme differenti di rigenerazione a non avere una rappresentanza precisamente definita nelle forme intermedie dell’amministrazione pubblica e nelle politiche come in fondo poteva avvenire in passato con alcune lotte ambientaliste, oggi si assiste a forme di rigenerazione aperta3, laddove coesistono più soggetti con i quali costruire processi di innovazione, di visioni condivise in toto o in parte, scenari verso cui far convergere attività e sforzi. Il Terzo Settore, la pubblica amministrazione locale, ma anche alcune imprese fino a singoli privati cittadini in Veneto si sentono partecipi ai temi della rigenerazione come volano di ripartenza, come detonatore per dinamiche nuove nel territorio, consapevoli forse che alcuni modelli propri di una stagione ormai conclusa non possono più considerarsi aggiornabili di fronte a sfide immense e ambiziose, una tra tutte i cambiamenti climatici. Il Veneto è certamente un osservatorio per chi studia la città e il territorio, ma da alcuni anni sono molteplici i tentativi, non privi di fallimenti
e disgregazioni, che provano ad articolarsi in attività e iniziative basate sulla capacità di rappresentarsi con competenza nei confronti di un principio di tutela. Anche in questo la rigenerazione in ambito veneto sembra connotarsi. La tutela di molti aspetti della vita sociale negli spazi pubblici o collettivi, la tutela di una “normalità trasformativa” (Manzini, 2018) ovvero la capacità di mettere a regime pratiche individuali e collettivi provando a produrre cambiamenti strutturanti non solo a livello spaziale e sociale ma anche burocratico, di sistema o di mentalità di un determinato luogo, come ad esempio nel campo della mobilità individuale, di recepire forme d’arte performativa o di integrare culture diverse. La convergenza strutturata tra volontariato e rigenerazione urbana potrebbe aprire a una prospettiva di autentico impatto innovativo in quanto, in linea con gli aggiornamenti normativi del Terzo Settore, le forme di rigenerazione possono comportare trasformazioni in positivo e in modo strettamente legato alla dimensione comunitaria. Elementi che come si è cercato di far emergere nel corso di queste considerazioni, si ritrovano osservando la dimensione puntuale, ossia del luogo preciso entro il quale l’azione viene concepita, prende corpo, avvio, conclusione e in alcuni casi anche trasformazione in attività d’impresa, aprendo a nuove possibilità di investimento di capitale economico e sociale. Appare evidente che stia diventando urgente pensare a una politica capace di dialogare con l’informale (Cellamare, 2019). In campo rimangono alcuni attori che diventano imprescindibili dall’intraprendere una strada 32
verso forme di rigenerazione aperta in Veneto. Le amministrazioni locali, per quanto allineate e accoglienti ad assumersi il rischio di muoversi sul crinale della fiducia e del consenso cittadino, si ritrovano in materia regolamentare e normativa ancora con le armi parecchio spuntate in tema di autorizzazioni, affidamenti e concessioni. Si sono avuti esempi di fortissimi rallentamenti tra le azioni pilota proprio per ragioni burocratiche. Tali aspetti per certi versi rimangono ancora troppo sensibili alla sfera politica o talvolta eccessivamente “interpretabili” a seconda di un’inclinazione piuttosto che un’altra, generando ricadute negative su ampio raggio, compromettendo umori ed entusiasmi dei promotori, necessari per dare linfa a questi progetti. Le immagini prodotte, le mappe, i dati raccolti e disposti in modo da essere agevolmente visualizzati mostrano una possibilità tutta veneta nel mettere in valore simili progettualità, organizzandole più geograficamente, al di là di riferimenti amministrativi e dimostrando come l’assetto più immediato potrebbe consistere in una confederazione tra azioni, progetti e attività simili, unendo i puntini tra le tante progettualità in atto. Forse in una fase di profondo rinnovamento della società civile di questa Regione e conseguentemente di costruzione di una nuova domanda di spazialità si pone l’esigenza di decolonizzare alcuni immaginari (Latouche, 2005) di offrire il giusto valore a un’esigenza di impegno sociale a livello di volontariato sempre crescente. Una possibile sfida rientra nell’identificare un elemento di aggregazione alternativo, capace di
restituire la natura del cambiamento sociale che fonda queste iniziative, non più legata unicamente a mutare i connotati di un luogo quanto di un ambiente fisico e sociale, in una società sempre più globale e riferita a modelli a noi lontani e, per certi versi, molto poco affini. Da questo punto di vista un approccio aperto alla rigenerazione su scala locale potrebbe rappresentare in Veneto una opportunità per ricomporre, senza normalizzare, azioni sociali comuni capaci di esaltare la biodiversità di questi pensieri, azioni e progetti (Decandia, 2018). Note 1. Uno dei prodotti più significativi della ricerca “Re-cycle Italy. Nuovi cicli di vita per architetture e infrastrutture della città e del paesaggio” - progetto di ricerca di rilevante interesse nazionale - Prin 2010- 2011, responsabile scientifico nazionale prof. R. Bocchi, Università Iuav di Venezia, è stato il Re-Cycle Italy Atlante (Fabian; Munarin, 2017). 2. Il Piano Cultura Futuro Urbano è un progetto del MiBACT che nasce per promuovere iniziative culturali nelle periferie delle città metropolitane e nei capoluoghi di provincia di tutta Italia. Un piano d’azione di 25 milioni di euro entro il 2021, che finanzierà la realizzazione di nuovi servizi con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita dell’intera collettività urbana, donando nuova personalità a scuole, biblioteche e opere pubbliche rimaste incompiute. Il progetto sarà coordinato dalla Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane del MiBACT e si articolerà in tre azioni strategiche: Scuola attiva la cultura, Biblioteca casa di quartiere e Completati per la cultura. 3. Il termine rimanda al concetto di Offenen Planung del sociologo svizzero Lucius Burkhardt, poi in Italia recentemente ripreso con la dicitura di Open Urbanism (Inti, 2019). 33
2. AZIONI
Giardino Magenta Villafranca di Verona Associazione capofila: Associazione Boskov Partner: A.V.S.A. Associazione GRUMO Slow Food Garda Veronese Da Vicino Concerti Cooperativa Piosi Associazione River Associazione Metropol Circolo Noi Madonna del Popolo Circolo Noi Duomo Villafranca Polisportiva San Giorgio Villafranca I.I.S. Carlo Anti TramĂŠe concept store Libreria Terza Pagina
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A Villafranca di Verona è stato realizzato il progetto “Giardino Magenta” con l’obiettivo di incentivare la fruizione di uno spazio pubblico centrale per il paese. In collaborazione con il CSV di Venezia e di Verona, l’associazione Boskov e i partner A.V.S.A., associazione GRUMO, Slow Food Garda Veronese, Da Vicino Concerti, cooperativa Piosi, associazione River, associazione Metropol, Circolo Noi Madonna del Popolo, Circolo Noi Duomo Villafranca, Polisportiva San Giorgio Villafranca, I.I.S. Carlo Anti, Tramée concept store, Libreria Terza Pagina hanno progettato una serie di azioni nel parco in via Magenta volte a promuovere l’idea di uno spazio pubblico come luogo d’incontro e di condivisione aperto a tutti. Il parco si trova in un’area densamente abitata, vicino a tre grandi scuole; date le premesse potrebbe diventare quindi un luogo centrale di ritrovo ed essere vissuto nell’arco della giornata in diverse fasce orarie da utenze diverse. La storia del recupero del giardino comincia nel 1994, quando l’associazione Boskov si mette al lavoro per trasformare quello che era un rettangolo di terra abbandonato in uno spazio di tutela ambientale effettuando oltre 450 piantumazioni coerenti con la vegetazione autoctona. Fino al 2014 continua l’impegno dell’associazione per la cura di questo parco, a cui si aggiunge negli ultimi anni il forte interesse nel trasformare il bosco in luogo educativo e spazio relazionale. L’elevato flusso di persone che attraversano il parco durante la giornata rappresenta un grande potenziale su cui fare leva per creare un senso comunitario e di responsabilità condivisa nei confronti di questo spazio pubblico. Le attività programmate nel giardino avevano l’obiettivo di costruire un nuovo immaginario di quel luogo, rendere palpabili modalità alternative di occupazione dello spazio per aprire il parco agli abitanti. In primavera sono stati organizzati incontri, laboratori e workshop per rendere partecipe la popolazione delle trasformazioni del parco. Si tratta quindi di ripensare un luogo, non solo per quanto concerne la sua struttura fisica, ma includendo nel progetto la struttura sociale che lo innerva, attraverso un percorso di rigenerazione urbana condiviso e partecipato. Sono
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AUTOCOSTRUZIONE Arena didattica
GIARDINO MAGENTA
Lavori in giardino
PERCORSO BOTANICO Segnaletica Mappa didattica
FESTIVAL INTERGENERAZIONALE Musica Giochi in scatola
EVENTI DI FORMAZIONE
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stati realizzati punti di sosta per accogliere i ragazzi all’uscita da scuola, le famiglie e i bambini nel pomeriggio e permettere una sosta confortevole ad anziani e accompagnatori, inoltre il parco è stato ripensato come un lungo percorso di educazione ambientale dove ad accompagnare i visitatori, oltre alla segnaletica che è stata installata ad hoc, sono state organizzate visite guidate alla scoperta del valore naturale delle colture locali e della storia del parco. Il festival che è stato organizzato il dal 1 al 15 settembre 2019 si è svolto, per quanto possibile, nel rispetto per l’ambiente e dello spazio pubblico, spingendo i partecipanti a prendersi cura del parco come di un bene collettivo, il cui equilibrio dipende dal rispetto di ognuno. Per l’occasione nei mesi precedenti è stato costruito un anfiteatro ecocompatibile, coinvolgendo chiunque volesse partecipare all’iniziativa. Attraverso i processi di autocostruzione e partecipazione l’associazione Boskov e i partner vogliono instillare negli abitanti quel “senso di appartenenza” che innesca a sua volta comportamenti responsabili e trasformativi di uno spazio. Durante il festival sono state organizzate serate musicali, cineforum e momenti di condivisione per adulti e bambini, altre attività tra cui la messa a disposizione di giochi in scatola e l’organizzazione di tour guidati attraverso la storia del bosco hanno permesso ai partecipanti di vivere in modo straordinario uno spazio solitamente quasi invisibile. L’obiettivo è stato quello di far convergere all’interno del parco numerose attività, non solo organizzate dall’associazione capofila, ma aprire lo spazio all’interazione tra le realtà di volontariato della zona, renderlo fruibile per attività sportive, corsi e riunioni all’aperto, costruire quindi un luogo fisico adatto ad ospitare queste azioni, ma allo stesso tempo costruire una collettività vivace, capillare nell’utilizzo degli spazi, capace di prendersi cura del parco. Il progetto ha mostrato il Giardino Magenta come spazio multifunzionale, adatto ad accogliere utenze diversificate e attività molteplici. Il parco è stato flessibile e secondo le esigenze contestuali è stato spazio pubblico e di innovazione sociale, luogo di educazione alla natura e punto d’incontro, catalizzatore di relazioni.
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Giardino Magenta
Villafranca di Verona | Giardino Magenta, via Magenta 52
Associazione Boskov Associazione A.V.S.A. Associazione Grumo Da Vicino Concerti Associazione River Associazione Metropol VILLAFRANCA DI VERONA
Circolo Noi Madonna del Popolo Circolo Noi Duomo di Villafranca
Polisportiva San Giorgio Istituto superiore statale Carlo Anti
Liceo statale Enrico Medi TramĂŠe concept store Libreria Terza Pagina
LAGO DI GARDA
Slow food
Garda veronese
SOMMACAMPAGNA
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Cooperativa sociale i Piosi
2014
ASSOCIAZIONE BOSKOV
2019 2020
L’associazione nasce con il solo scopo di condividere la bellezza e il benessere, in primis con il quartiere limitrofo, poi con chiunque voglia tornare a camminare scalzo nell’erba.
APRILE
MAGGIO
GIUGNO
2014 - 2019 Cinemagenta
AUTOCROSTRUZIONE DI UN’ARENA DIDATTICA
Costruzione di uno spazio sociale ed educativo
È una rassegna di cineforum estivo organizzata tutti i mercoledì del mese di luglio
PERCORSO DIDATTICO ILLUSTRATO
Progettazione e realizzazione di un percorso didattico illustrato per la fruizione del parco botanico
2014 - 2019 Dopolavoro
LUGLIO
È uno spazio di aggregazione informale aperto tutti i mercoledì da giugno ad agosto
Mappa didattica utile per la scoperta della ricchezza botanica
2018 - 2019 Cena fra le fronde
AGOSTO
È uno spazio di aggregazione informale aperto tutti i mercoeldì da giugno ad agosto
2015 Fuori Magenta
SETTEMBRE
È un calendario di microeventi per lanciare la stagione di iniziative 2015 organizzati in spazi pubblici inusuali
Posizionamento definitivo nello spazio pubblico
OTTOBRE Stampa e applicazione della segnaletica
NOVEMBRE
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ARREDI
Acquisto s servizi uti all’autoge
ICO
e
ARREDI
Acquisto strutture e servizi utili all’autogestione
FESTIVAL INTERGENERAZIONALE
ACCESSIBILITA’ E APERTURA CONTINUATIVA
Progettazione e realizzazione del Festival
Attivazione di un progetto per favorire l’accessibilità e la continuità dell’apertura del parco
+ serate musicali + circo per bambini + cineforum estivo + giochi in scatola + utilizzo del giardino
FORMAZIONE
ne
Attivazione di momenti di formazione per il coivolgimento di appassionati e potenziali volontari
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AUTOCOSTRUZIONE
EVENTI DI FORMAZIONE
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Via Magenta
PERCORSO DIDATTICO
FESTIVAL INTERGENERAZIONALE
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@credits Associazione Boskov
Villafranca di Verona, Progetto Giardino Magenta 58
@credits Associazione Boskov
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Ringraziamenti #tuttamialacittà©: le azioni di rigenerazione urbana del volontariato per le comunità locali ha potuto concretizzarsi grazie al Comitato di Gestione del Fondo Sociale Regionale per il Volontariato del Veneto (CoGe) che ha creduto nei temi di questo progetto. L’esperienza di lavoro è stata preziosa per tutti. Ciascuno, a proprio modo, ha operato con grandissima serietà e impegno, con sorprendente dedizione e costanza. I curatori di questo libro intendono ringraziare le persone che hanno preso parte a questa iniziativa perché hanno offerto autentici insegnamenti nel modo di stare insieme e di condividere il proprio tempo per un obiettivo comune. Sono tutti i membri dei gruppi costituitisi per le singole azioni: Giardino Magenta, Places not buildings, I saperi del fare, Un ponte tra le persone, Museo della canapa, Box Zero, Il bosco vivo, Lo stallo, Mirano urla, Mestre Mon Amour, persone straordinarie che ci piacerebbe poter ringraziare una ad una. Ultimo, non certo per importanza, un ringraziamento sincero lo rivolgiamo anche a chi, dall’interno dei singoli Centri di Servizio, ha lavorato puntualmente e con entusiasmo, facendoci sentire fin da subito parte dei team e garantendoci sempre la massima disponibilità e cordialità. Un grazie di cuore a: Ketty Poles, Claudia Pandolfo, Erika Marchi, Cinzia Brentari, Annunziata Ferraro, Maria Rita Dal Molin, Raffaela Veronese, Ilaria Ferraro, Alessandra Schiavon, Luca Dall’Ara, a M9- Museo del ’900 di Mestre e Fondazione Venezia. 183
ottobre 2020 Grafiche Veneziane - Venezia
Se da un lato il processo di innovazione sociale diventa l’esito dell’azione del volontariato sul territorio, dall’altro il processo di rigenerazione di uno spazio richiede impegno costante ma anche narrazioni e rappresentazioni. Sul delicato equilibrio tra innovazione sociale e rigenerazione urbana questo libro prova a offrire qualche spunto per continuare a riflettere sul ruolo sempre più centrale del Terzo Settore nell’ambito del rinnovamento spaziale, culturale e umano delle nostre città