GSD MAGAZINE • LA PAGINA DEL SORRISO
LA PAGINA DEL SORRISO Rabbia, buona o cattiva amica?
COME UN VULCANO LA LAVA DELLE EMOZIONI Fa fertile la Terra
© TATSIANA, WOMUE, SASAJO - STOCK.ADOBE.COM
di Antonella Quaranta
6 | #GSDMag • Trimestrale di Salute e Cultura • Aprile 2019
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Fai
la pace con il tuo prossimo e chiedi scusa quando hai sbagliato… Passa oltre, non dare ascolto alle provocazioni. No, non lo dice solo la fede, una religione o chi ti sta insegnando l’arte della meditazione ascetica. È scienza. Farci passare la rabbia e rasserenare i rapporti con le persone con le quali abbiamo litigato conviene anche al nostro organismo! L’ormone dello stress, il cortisolo, che si sprigiona quando abbiamo quel mood lì (in inglese, quel sentirci in un certo modo, quell’umore nero o gioioso, propositivo, solare, ndr), un mood nero – per usare un termine e un #tag! caro ai più giovani, #odiotutti – può danneggiare il nostro sistema nervoso centrale e, a lungo andare, farci ammalare (riempirci di male, ndr). La salute è l’ingrediente fondamentale per godersi la vita. Per far lievitare l’impasto che ci porterà a una festa, servono un mix di ingredienti sapientemente dosati e degli aiutanti: primi tra tutti, noi, eroi di questa avventura, assieme a maghi e potenti formule magiche. Per avere una buona ricetta del sorriso, nulla va lasciato al caso, occorre istinto di sopravvivenza, allenamento allo stress, preveggenza, mantello per scomparire e isolarci quando non intendiamo ingaggiare il duello, uno scudo magico. Pronti a partire per questa storia di eroi e antieroi? A cavallo di scienza e cultura pop affronteremo le emozioni negative.
La lava è un sacro fuoco che rende verde e feconda la nera Terra dopo averla “bruciata”.
Impariamo quindi dalla natura a rinascere come fiori di ciliegio in primavera e a passare oltre… Oltre il male e l’oscurità che ci hanno travolto e ci minacciano. Passiamo oltre, coltiviamo e innaffiamo la nostra energia positiva, avremo il paradiso in terra: un nuovo giardino di relazioni da vivere con equilibrio.
Controllare la rabbia, con equilibrio e dialogo
LA QUALITÀ DEI SANTI: HABITUATION di Antonella Quaranta
Con l’arte dei santi, meno scatti d’ira: la scienza chiama questo concetto, tra psicologia comportamentale e psichiatria, habituation. Se ti allenerai alla santità, sviluppando l’habituation, ti allenerai all’impassibilità dei bonzi tibetani e degli asceti del monachesimo interreligioso, ti candiderai al premio Nobel per la pace nel mondo e quella familiare e lavorativa. Niente ti scuoterà i nervi più di tanto se sarai allenato, non a subire (che non è mai un bene), ma alla situazione che sta per verificarsi e alla sua gestione. Una rispostaccia, alzare la voce (mai le mani!). Qualche scatto d’ira è consentito, e certe volte la pazienza sfugge anche al controllo dei più santi tra noi. L’importante però, per non farci venire un’ulcera e prevenire le malattie nervose che affliggono corpo e spirito, sarà farcela passare presto. Come? Rimettere le cose a posto con le persone che ci hanno fatto esplodere come un vulcano! Prima si dice ciò che si pensa (con calma e educazione) e prima ci passerà l’acidità di stomaco e il volto tirato. Ritorneremo a sorridere dopo la sfuriata (confessione del nostro stato d’animo e delle nostre reali esigenze e punti di vista) se seguirà un dialogo costruttivo, cioè sincero con noi stessi e con il nostro interlocutore. Se quest'ultimo è saggio – e illuminato – saprà (e noi con lui) comprendere e ascoltare il messaggio giusto che esiste oltre il modo (e tono) con il quale è stato espresso. Dopo il chiarimento e lo sfogo, potrebbe rinascere un fertile terreno di dialogo tra i due litiganti – genitori e figli, coppie, colleghi di lavoro e capi, intere nazioni e Stati sovrani – e nuove opportunità per la nostra vita. n
«La pioggia ti bagna, il vento ti asciuga» #GSDMag • Trimestrale di Salute e Cultura • Aprile 2019
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CULTURA POP
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La salute psicologica e fisica va salvaguardata. Non lasciamocela portare via, da nessuno. Nessuno è così importante! Non diamo questa importanza alla persona che ci attacca, ridimensioniamola nel suo essere un attaccabrighe che ha del tempo da perdere. Una persona che attacca chiunque gli passa a tiro con frecciatine, battute acide, illazioni volgari – attacchi frontali o, più spesso, alle spalle degli assenti, come l'invidioso che si arrovella su come mettere gli altri in difficoltà con attacchi vili – vi sembra una persona felice? Una persona sana? Una a cui dare davvero corda con le vostre attenzioni? Direi proprio di no. Avere pietà cristiana o buddista o quel che vi pare di questa persona è un atto pregevole, ma subire il suo logorio mentale e viscerale – che si riversa sulla comunità che lo circonda inaridendola e sterilizzandola – no. Non sa da fare. A ognuno la sua cura.
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Fuggire o lottare, quando si è arrabbiati? Meglio lottare per le cause importanti, e trovare il giusto distacco dagli eventi avversi e dalle persone tossiche che avvelenano la nostra vita, perché loro sono, a loro volta, avvelenate da qualcosa. Un male che aleggia nella nostra società, da sempre: odio, invidia, gelosie, se prendono il sopravvento, rovinano la società futura che attende (forse, invano) di venire alla luce. L’iracondo, il furioso, l’acido di professione è un frustrato che non ha di meglio da fare che perdere il suo tempo con verbalizzazioni e azioni fuori luogo che lo qualificano per quello che è: una persona che non ha stabilità nella sua vita e cerca di saggiare la stabilità altrui portando la pazienza al limite del conosciuto… oltre il confine, però, ci deve portare solo Star Trek, con nuovi mondi e popoli da scoprire.
La persona accecata dall’ira dovrebbe, seriamente, cercare aiuto: farsi curare i nervi – “sempre… a fior di pelle”, come si dice – e affrontare le questioni irrisolte che la tormentano, sia parlando con le persone interessate sia chiedendo il consiglio allo specialista della psiche, un tutor dei comportamenti umani che saprà mettere nella luce giusta attori, palcoscenico e storie. Se saprete essere come una roccia o un fiore – o un albero o qualsivoglia metafora vi piaccia interpretare in questo paesaggio naturalistico che è la vostra vita quotidiana; comunità nella quale, alle volte vostro malgrado, avete messo radici – che la pioggia vi bagna e il vento vi asciuga, avrete raggiunto l’equilibrio che vi permetterà di essere distanti dal male. Quel male che chi è colpito dal morso della rabbia è capace di gettarvi addosso come un ferro rovente quando lui non è in equilibrio. Queste frecce infuocate, si spegneranno grazie alla vostra consapevolezza, uno scudo magico. La barriera della calma le farà rimbalzare, cadranno miseramente al suolo. La vostra risposta sarà pacificatrice. Senza rancore, senza violenza, non colpirà chi vi attacca (un nemico ferito) allo stesso modo, le armi verranno deposte perché sia pace per tutti. Sarebbe bello fosse sempre così, applicando la sapienza. Questo vuole il saggio: non “avere ragione a tutti i costi”, ma vivere in un tempo di non guerra. Essere buoni a questo mondo è la scelta che ci offre migliori possibilità di sopravvivenza, salute e benessere psicofisico. Chissà, poi, anche l’eternità. Quindi… pace e bene
e andiamo a sistemare le cose che ci mandano in bestia! n
8 | #GSDMag • Trimestrale di Salute e Cultura • Aprile 2019
Contro la rabbia che nasce dalla paura del diverso
TUTTI A BORDO DI UNA NAVE INTERGALATTICA Un esempio di integrazione tra alieni nelle serie cult della tv anni 70
Uniti sotto un unico governo, numerosi popoli di sistemi stellari diversi esploreranno il cosmo “alla ricerca di nuove forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima”. Era il 1966 e Star Trek dalle piccole tv tondeggianti illuminava le menti degli Occidentali con l’incontro dei diversi, gli alieni, noi tra gli altri: a ogni puntata, Il ciuffo (posticcio) e il sorriso e lo sguardo ammaliante (vero) del bel capitano James Tiberius Kirk entravano in contatto con esseri (femminili, maschili, neutri, ibridi, robot e altri mix) di altri pianeti, portando il meglio dell’Umanità su altre galassie. Testi e sottotesti della cultura pop che hanno formato le generazioni X e Y negli anni 80 e 90, quelle delle avventure dei Goonies. Quella stessa Generazione Y di quarantenni che oggi si emoziona a rivedere le serie su Netflix (il nuovo modo di vedere e condividere i telefilm di un tempo) e che (forse) è una generazione per certi versi meno arrabbiata proprio perché più aperta al confronto con il diverso. Una generazione di comunicatori e viaggiatori (generazione Interrail: i 35 e 49enni di oggi), come dicono i sociologi che li hanno etichettati con nomi che ricordano le serie tv: Generazione Y, Millennials, Generation Next, Net Generation, Echo Boomers. Conoscere infatti elimina gran parte delle paure che alimentano alle volte certi sentimenti negativi. L'aggressività si spegne naturalmente con il dialogo tra “alieni”. L'eredità degli anni 80 sono le serie cult online del 2019, splendide proprio perché ricche di citazioni provenienti
dagli anni d'oro del grande Real, le note degli anni 90 cantate da Max Pezzali, o ancora prima, quando ad
alimentare la fantasia dei più giovani c'erano l'Uomo Ragno, Star Wars e Star Trek. Mille miti degli anni 60, 70 e 80 che nutrono, ancora oggi, le menti di creativi e registi, sempre pronti a nascondere una citazione colta (Culta!) della storia del cinema di evasione nelle nuove produzioni. Nelle camerette degli adolescenti con la zampa di elefante c’erano poster, fumetti e modellini di astronavi e super eroi con le orecchie a punta e creste sulla testa di un colore molto lontano dal nostro. Oggi alcuni politici ed elettori (non tutti pare avessero sintonizzato il canale tv sullo show fantasy) sembrano volersi chiudere in quella camera senza più salire su quella navicella intergalattica che portava a conoscere ed esplorare nuovi mondi e punti di vista, prima di giudicare, prima di avere paura dell’altro.
La cultura è la sola cura per non reagire con rabbia a ciò che ci è alieno.
LA PAGINA DEL SORRISO PSICOLOGIA
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© ARCHIVIO GSD
di Antonella Quaranta
INTERVISTA A PROF.SSA Anna
OGLIARI
SPECIALISTA IN PSICOLOGIA CLINICA PROFESSORESSA DELLO SVILUPPO E DELLA PSICOPATOLOGIA DIRETTRICE DEL "CHILD IN MIND LAB" DIPARTIMENTO DI NEUROSCIENZE UNIVERSITÀ VITA-SALUTE SAN RAFFAELE (MI)
Anger, il personaggio Rabbia del film Inside Out, nel video tutorial dell’artista Rachel Rie che insegna a disegnare i personaggi dei cartoon più amati rachelrie.deviantart.com Attribution 3.0 Unported (CC BY 3.0) creativecommons.org
LA RABBIA La rabbia, come gestirla? Come utilizzarla per costruire e non distruggere ciò che ci circonda? Il film Inside Out ci ha mostrato in modo semplice come funzionano i nostri sentimenti e come funziona la centralina del nostro corpo che li controlla: il cervello. Con gli esperti di UniSR e Gruppo San Donato esploriamo il sentimento della rabbia
Il personaggio della rabbia ha messo a nudo alcuni nostri comportamenti, azioni e reazioni, che, chi più o chi meno, prima o poi sperimentiamo tutti nella nostra vita. Chi non ha mai provato quell’esplosione di energia che fuoriesce (nasce dentro di noi, Inside, “dalle viscere, dalla pancia, dal cuore…”, come si dice) con parole di fuoco rivolte a chi ha scatenato in noi la rabbia? Chi non si è sentito, almeno una volta nella vita, esplodere come un vulcano messo sotto pressione da richieste (legittime o illegittime) che ci hanno fatto perdere la testa… e la pazienza? In risposta abbiamo lanciato dardi infuocati, frasi che affiorano dalle nostre labbra senza controllo. I gesti di rabbia, no, quelli sono Out! Meglio contenerli o iscriversi in palestra per sfogarli contro un pungiball o in altro modo più costruttivo – pulizie domestiche? Andando a ballare con le amiche? Facendo pace con il partner dopo una litigata? –. C’è chi provando rabbia arrossisce poi per la vergogna. Chi torna indietro a domandare scusa per una frase infelice o volutamente cattiva detta in un momento di esasperazione. Chi difende con coraggio legittime posizioni, senza pentirsi del contenuto – e alle volte nemmeno dei toni usati – e, senza tornare sui propri passi, dopo lo sfogo rivelatore si sente finalmente liberato da un peso: ora dopo la sfuriata vede tutto con più lucidità e chiarezza. Noi che tipo di rabbia sperimentiamo nella nostra vita? Sappiamo trasformarla in una opportunità? Una chiacchierata con Anna Ogliari, docente UniSR e psicologa clinica specializzata nell’età evolutiva di Gruppo San Donato, ci porterà alla scoperta di questo sentimento così esplosivo e al tempo stesso delicato e intimo. Un sentimento da imparare a conoscere e da non nascondere dentro di noi.
Buona o cattiva alleata nella nostra vita? Anna, come nasce e cresce questo sentimento che ci fa un po’ vergognare di provarlo?
«La rabbia è una delle emozioni fondamentali che sono state descritte da vari autori nella storia della psicologia. Sono state identificate diverse teorie sullo sviluppo delle emozioni. Uno degli autori più noti è Paul Ekman che, con la sua Teoria delle emozioni universali e delle espressioni facciali, ha provato a identificare quelle che potevano essere le emozioni fondamentali che accomunano tutti gli uomini: emozioni che fossero semplici, condivise, presenti in tutto il genere umano. Per ciascuna di queste la sua teoria prospetta di avere un certo tipo di risposta comportamentale, simile e condivisibile».
Il primo scatto d’ira. A che età fa la sua comparsa la rabbia?
«La rabbia è una emozione fondamentale che compare presto nel corso della vita del soggetto. In realtà l’ira è diversa dalla rabbia, è molto più complessa. Non vanno confuse. Gli studi ci dicono che già entro il primo anno e mezzo d’età il bambino ha la capacità di distinguere l’emozione di rabbia nel volto di chi lo circonda. Ma il solo riconoscimento non è l’unica cosa che ci serve per poter definire un’emozione. La rabbia è una emozione che compare molto presto sia come riconoscimento sia come sensazione: intorno ai due anni di vita iniziamo a individuarla grazie al riconoscimento percettivo, successivamente, anche come emozione grazie alla capacità di riferirla (saper descrivere come ci sentiamo, ndr) a uno stato d’animo».
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Nel film Inside Out viene spiegato in modo semplice come funzionano le nostre emozioni. Tra i personaggi del film abbiamo il personaggio rosso della rabbia
« Inside Out pur essendo un film animato nato per i bambini spiega in realtà molto bene ciò che accade anche agli adulti. A parte l’utilizzo che facciamo di Inside Out in contesti psicoterapici, possiamo dire che l’omino rosso che rappresenta la rabbia – da non confondere con tristezza, entrambe emozioni molto negative – aiutano la gioia a ritrovarsi».
Nel cartoon i personaggi di Rabbia, Tristezza, Disgusto, Paura e Gioia – le emozioni – vivono e prendono forma nella centrale di comando (cervello) della piccola Riley: una undicenne che a seguito di un trasferimento della famiglia non riesce più a provare gioia, il suo quotidiano si fa melanconico. Come si classificano le emozioni?
«Le emozioni si dividono in positive, negative ed emozioni con una sostanziale valenza neutra. La rabbia con la tristezza fanno capo alle emozioni negative che di solito vengono rappresentate nella nostra testa con una idea di difficoltà: sia di espressione sia di accettazione della stessa (si può provare un senso di vergogna per averla provata ed espressa, ndr). In Inside Out vediamo ben spiegato come tutte le emozioni – rabbia compresa – servano per favorire delle tappe evolutive: servono per far sì che si possano recuperare i sentimenti positivi in modo che questo processo cerebrale sia utile alla crescita, nei bambini e negli adolescenti, e a recuperare un contatto con la realtà, nel caso degli adulti. Le emozioni fondamentali sono presenti in tutti, ma la loro interiorizzazione ci permette di conoscere meglio il nostro funzionamento».
La rabbia può essere incanalata per divenire fonte di energia e rinnovamento?
«La rabbia può essere utilizzata per meglio comprendere le emozioni. È molto più semplice riconoscere e descrivere le emozioni positive – pensiamo alla gioia o alla sorpresa – che quelle negative. Pensiamo a quando dobbiamo parlare delle nostre emozioni negative: mentre è facile riconoscere le emozioni positive, riuscire a dire – e quindi descrivere – come è fatto il nostro stato d’animo nei momenti di felicità, difficile è fare la stessa cosa per le emozioni negative e i fatti che li hanno generati. Nel momento in cui la riconosco, la rabbia ci permette di dare più valore alle emozioni positive.
Se la pensiamo come personaggio animalesco, possiamo “addomesticare” la rabbia per farla diventare una alleata nella nostra vita?
«Addomesticare non è il termine che userei, direi se “compresa e rivalutata” – così sì – potrebbe diventare, assieme alle altre emozioni, una nostra alleata per vivere meglio. Come Inside Out ci spiega bene: la rabbia diventa importante nel fenomeno di crescita della bambina del film, Riley. Il personaggio Rabbia aiuta Gioia a recuperare i ricordi e le isole della personalità della ragazzina, fa da tramite per fare in modo che le emozioni positive non vengano schiacciate dall’insieme di fattori che sono intrinseci – la modulazione del tono dell’umore – ed estrinseci, cioè ciò che accade all’esterno, ambiente (il trasferimento della bambina in una nuova città, l’inizio di una nuova vita lontano da comode e rassicuranti abitudini). Spesso ciò che accade all’esterno, ossia tutto quello che riguarda l’ambiente, arriva a schiacciare le nostre emozioni. In questi casi la corretta interazione tra diversi stati emotivi ci porta ad affrontare meglio un cambiamento, ci aiuta a far leva sul cambiamento». n
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«Se mi arrabbio e se riesco a dire perché e come sono arrabbiato, allora, pur essendo nata come emozione intrinsecamente negativa, posso recuperare la rabbia con una valenza positiva: l’emozione negativa può diventare un motore di cambiamento».
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Educati fin da bambini a vivere la rabbia con…
SERENITÀ Bene manifestare questo sentimento quando lo proviamo o meglio sopprimerlo dentro noi stessi allenando l’autocontrollo? Vulcani che esplodono e fanno più o meno QUALE RABBIA danni intorno a sé o bonzi imperturbabili che con calma PROVIAMO? e meditazione si distaccano da tutto con indifferenza Adattiva e Disadattiva (apparente o reale)? Rabbia adattiva Quale atteggiamento dobbiamo tenere quando “incontriamo” la rabbia? alla frustrazione segue la validazione «Né l’uno né l’altro. Innanzitutto, serve educare i bambini all’esperire rabbia (a viverla, a provarla, a sperimentarla, ndr) e così facendo, in qualche modo, legittimare questa emozione: provare rabbia è normale! Nel momento in cui si dice questo – si legittima la rabbia – in un bambino si facilita: • la comprensione dell’emozione
(riconoscere e comprendere) sono in grado di utilizzare come motore di cambiamento (la spinta del cambiamento) l’effetto è la crescita che è il frutto della metabolizzazione Rabbia disadattiva alla frustrazione segue incapacità di comprensione (ho difficoltà a identificare e spiegare la mia rabbia, non so riconoscere perché e come sono arrabbiato) l’effetto è distruttivo
• l’espressione dell’emozione, che non deve essere per forza dirompente o distaccata, deve essere la possibilità di poter argomentare la propria rabbia, di capirne l’origine e di discutere – con la persona o la situazione con cui si è arrabbiati – di un possibile cambiamento. Di fatto, la rielaborazione della rabbia favorisce una migliore interiorizzazione, non con un freddo distacco (indifferenza), ma come capacità di utilizzare la rabbia come veicolo di cambiamento». n
Inside Out
Premio Oscar come miglior film di animazione 2016 è un cartoon realizzato Pixar Animation Studios e distribuito dalla Walt Disney Pictures nel 2015. Il soggetto del film è tratto da un’idea originale di Pete Docter, che lo ha diretto assieme a Ronnie del Carmen. Sul sito web della casa di produzione americana www.pixar.com si trovano trailer, contenuti speciali, curiosità del “dietro le quinte” più affascinanti come La scienza del cinema Pixar.
Tutte le novità al cinema in Italia
e i grandi classici da riguardare in famiglia sono su disney.it
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La Ricetta del Sorriso
La rabbia
Da negativa ad alleata
Se la rabbia evolve in ira funesta,
quella del Pelide Achille, sappiamo già come andrà a finire la storia: anni di distruzioni e lutti. La guerra di Troia, narrata nel poema omerico, insegna cosa può succedere alle nostre relazioni se non teniamo a bada l'animale rabbioso che è in noi
Se proviamo questo sentimento, occorre… 1 2 3
Capire per metabolizzare Spiegare a noi stessi e all’interlocutore Agire senza la distruttività che questa emozione porta con sé Come gestirla? Seduti dallo psicologo o in famiglia?
«In generale, se la rabbia viene validata da piccoli e nei piccoli – l’educazione in famiglia e a scuola è fondamentale in tal senso – allora avrà una evoluzione positiva. Si imparerà a gestirla con tranquillità». n
RABBIA: LENTE D’INGRANDIMENTO O PARAOCCHI? Alla luce di questo ragionamento, è corretto affermare che la rabbia, se compresa e rielaborata, è una lente d’ingrandimento che ci aiuta a vedere meglio dentro noi stessi?
«Sì, ci aiuta a vedere meglio dentro noi stessi e ci aiuta a cambiare la modalità che usiamo verso noi stessi e verso gli altri».
Ma allora quando si parla di rabbia cieca?
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«Quella è qualcosa che ci impedisce di vedere “oltre”, ci impedisce di vedere oltre il sentimento di rabbia. Occorre distinguere l’emozione di rabbia in due tipologie: adattiva e disadattiva (disfunzionale, ndr). Quella che si chiama “rabbia cieca” può portare a sentimenti più complessi come, ad esempio, il rancore o il senso di vendetta che sono assolutamente più sofisticati di un’emozione». n
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LA PAGINA DEL SORRISO PSICHIATRIA di Antonella Quaranta INTERVISTA A
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PROF.SSA Cristina
COLOMBO
PSICHIATRA RESPONSABILE DEL CENTRO DEI DISTURBI DELL’UMORE RESPONSABILE DELL'U.O. COMPLESSA DI PSICHIATRIA I IRCCS SAN RAFFAELE TURRO (MI) DOCENTE DI PSICHIATRIA, FACOLTÀ DI MEDICINA UNIVERSITÀ VITA-SALUTE SAN RAFFAELE (MI)
Come un vulcano
LA RABBIA
Una esplosione di energia che parte dal cervello e arriva al mondo che ci circonda con esiti spesso dirompenti. Conosciamo questo sentimento potenzialmente distruttivo e autodistruttivo con gli esperti di UniSR e di Gruppo San Donato
A livello neurobiologico e psichiatrico cosa è la rabbia? Professoressa Colombo, come nasce e cresce questa emozione? Quando la rabbia si sfoga, esce dal nostro intimo e si manifesta con più o meno violenza intorno a noi (viene espressa in un atto comunicativo, verbale o non verbale, rivolto all’esterno) chimicamente cosa succede al nostro corpo?
«La rabbia è una emozione antica, molto complessa dal punto di vista neurobiologico. Quando si manifesta, il nostro corpo si pone in uno stato di attivazione, vale a dire si tende come una corda di violino e si prepara alla lotta o alla fuga. Tutti gli organi e gli apparati sono coinvolti: il battito cardiaco accelera, la frequenza respiratoria aumenta, il flusso sanguigno viene dirottato verso i muscoli a scapito degli organi viscerali, la nostra espressione facciale si fa minacciosa, le pupille si dilatano. Queste reazioni (le cosiddette reazioni neurovegetative, ndr) sono mediate dal sistema nervoso autonomo che, come suggerisce il nome, funziona indipendentemente dalla nostra volontà. Nel cervello, tra le varie aree implicate nella genesi della rabbia, la più importante è sicuramente l’amigdala, la nostra centralina emotiva».
La rabbia è energia che si libera dentro noi stessi e all’esterno: è sempre negativa o esiste una rabbia positiva?
«La rabbia è una emozione di vitale importanza. La possibilità di provare emozioni negative quali paura e rabbia ha consentito ai nostri antenati di sopravvivere all’evoluzione naturale fino a oggi, grazie a meccanismi neurobiologici molto ben conservati, atti a reagire prontamente a stimoli esterni potenzialmente pericolosi, così come l’aggressività ha rappresentato un requisito emotivo fondamentale per la genesi di contesti sociali complessi».
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TEAM BUILDING
CON LA CRIMINOLOGIA SPEGNI LA RABBIA IN UFFICIO
Quando la rabbia non si sfoga e rimane compressa dentro di noi cosa succede al nostro corpo?
«La rabbia va bene quando si spegne rapidamente. Abbiamo visto che la rabbia rappresenta un’emozione importante per l’evoluzione dell’uomo, tuttavia la sua funzione risulta dannosa quando non trova modo di manifestarsi e persiste più del dovuto. Se il sistema della rabbia, collegato al sistema dello stress, non trova una risoluzione rapida e rimane attivo nel tempo, l’intero organismo ne può risentire. Più nello specifico, la persistente attivazione del sistema della risposta allo stress (l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, ndr), a sua volta attivato dall’amigdala, comporta l’immissione in circolo di elevati livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, per tempi prolungati».
Quando coviamo la rabbia o altre emozioni negative per troppo tempo si sprigiona il cortisolo. Che effetto ha sul nostro corpo?
«Questo ormone, quando presente per troppo tempo può danneggiare il nostro organismo a più livelli: ad esempio, come hanno mostrato diversi studi di neurofisiologia, il cortisolo può andare a compromettere il normale sviluppo del sistema nervoso centrale». n
DA LEGGERE
All’UniSR stiamo facendo delle ricerche o offriamo dei corsi sulla gestione della rabbia? «Sì, abbiamo in corso degli interventi terapeutici di gruppo nell’ambito del master in Criminologia: corsi preparati per aziende esterne, attività molto specifiche costruite per imprese o singoli che ci chiedono di fare un intervento sui conflitti nel mondo del lavoro».
EMOZIONI & RICERCA SCIENTIFICA di Antonella Quaranta
Professoressa Colombo, a suo parere, quali sono gli studi scientifici internazionali più attuali e validi che indagano sul come gestire e controllare la rabbia, con o senza uso di farmaci?
«Tra i vari studi scientifici che negli ultimi anni si sono concentrati sulla regolazione neurobiologica delle emozioni, vi segnalo questo studio pubblicato nel 2015: Etkin A, Büchel C, Gros JJ. The neural basis of emotion regulation, in «Nat Rev Neurosci», 2015. Un buon libro che tratta della base neurobiologica delle emozioni è invece Il cervello emotivo di Joseph Le Doux (Baldini & Castoldi, 2013)». n
RABBIA, TRA E DISCIPLINE SCIENZA OLISTICHE La rabbia si s meditazione pegne con la . VERO
«La med a zione può la gestionit serv e possono essdella rabbia, cosìire per come e re d ’aiu controllo de l respiro». to tecniche di Prof.ssa Cristi na Etkin A, Büch
Colombo
el C, Gros JJ. FONTE: regulation, The neural basis of em in «Nat Rev otion Neurosci.», 2015.
ura tologica si c La rabbia pazione, preghiera, con meditae, yoga, dormendo e respirazion azienza portando ptner o chi ci offende. verso il par FALSO
ente particolarm , quandoata, può andare aia b b ra «La generalizz isturbi psi intensa e dei veri e propri damento precostituireIn questi casi il trattrmacoterapia chiatrici. mbinazione di fa vede la corapia». e psicote na Colombo isti Prof.ssa Cr
FONTE:
emotion al basis of 2015. JJ. The neur », chel C, Gros in «Nat Rev Neurosci. Bü A, n ki Et regulation,
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La Ricetta del Sorriso
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Conosciamo l’interruttore per spegnere la rabbia sul nascere
CONTROLLO E AUTOCONTROLLO
Quali sono i meccanismi cerebrali che spengono la chimica della rabbia? È possibile autoindurli? Le tecniche di autocontrollo della rabbia di cui si sente parlare sono efficaci e valide a livello scientifico oppure occorre intervenire sempre con un supporto farmacologico? Lo abbiamo chiesto alla professoressa Cristina Colombo, esperta in criminologia di UniSR di Antonella Quaranta
“Essere arrabbiato come un cane idrofobo”. Si dice così nell’italiano parlato per indicare la persona colta dalla rabbia che sfocia nell’ira. Una espressione che immediatamente ci fa visualizzare una situazione di grande stress e potenziale perdita del controllo. Viso paonazzo, postura difensiva, occhi iniettati di sangue come quel cane con la bava alla bocca pronto ad azzannare chi facesse un passo (sbagliato) in più. La parte più animalesca di noi in certe situazioni è pronta a balzare fuori e a mordere per difendere un territorio violato, la nostra sfera personale, i nostri affetti, i nostri interessi.
Professoressa Colombo, cosa succede al nostro cervello “arrabbiato”?
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«Abbiamo visto come l’amigdala sia un’area molto importante per la genesi della rabbia.
Immaginiamola come una piccola lampadina a forma di ghianda situata nel nostro cervello profondo che si accende quando ci arrabbiamo. In realtà la neurobiologia della rabbia e delle emozioni in generale è molto più complessa, andando a coinvolgere altre strutture cerebrali, tra le quali ad esempio l’ipotalamo. Semplificherò il concetto. Quando la lampadina amigdala si accende, serve qualcuno che la spenga rapidamente per evitare gli effetti dannosi che la rabbia può provocare se persiste troppo a lungo. Queste aree deputate allo spegnimento della rabbia sono le cortecce frontali, situate nella porzione più anteriore e più evoluta del nostro cervello. Quando consideriamo la chimica del cervello “arrabbiato”, pensiamo a questo dialogo fra amigdala e cortecce frontali, con l’attivazione della prima e il controllo inibitorio messo in atto dalle seconde».
Cosa fare quando ci sentiamo continuamente arrabbiati? Se questa emozione sembra prendere il sopravvento sulla nostra vita e diventa ricorrente, eccessiva fino a divenire patologica, possiamo spegnere l’interruttore della rabbia e tornare all’equilibrio?
«Sì, il compito di spegnere la rabbia spetta alla cortecce frontali che, in un qualche modo, servendosi del pensiero razionale e analitico, valutano l’entità dello stimolo e inibiscono l’attività dell’amigdala quando questa non risulta più necessaria».
Come mandare questi segnali che spengono la rabbia al nostro cervello? Esiste un metodo da imparare con l’esperto e praticare nella nostra vita di tutti i giorni? La cultura popolare ci ha tramandato di “Contare fino a 100 prima di...” rispondere o agire ad attacchi personali irritanti. Ma questo modo di dire ha un riscontro scientifico? Che ruolo gioca il tempo di reazione?
«Purtroppo non esiste una ricetta comportamentale specifica per diventare impassibili alla rabbia. La risposta immediata alla rabbia è molto difficile da controllare. Abbiamo visto infatti come la reazione di rabbia si basi in prima istanza proprio su una risposta immediata del sistema nervoso autonomo che si svincola dal controllo della nostra volontà (è autonomo!). La volontà entra però vivamente in gioco nella seconda parte della reazione rabbiosa, quando cioè vengono coinvolte le cortecce frontali. Controllare la rabbia significa riequilibrare il dialogo tra queste due aree, spostando il piatto della bilancia a favore delle aree frontali. Questo processo necessita di esercizio costante, secondo il concetto comportamentista di habituation, cioè la progressiva riduzione dell’intensità della risposta in seguito a stimoli ripetuti». n
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