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I COMPORTAMENTI A RISCHIO GLI INTERVENTI ( X parte )
ANNO XI N.RO 2 del 01/02 /2015
Pag. 1. Pag. psicologica 2. Una buona notizia 3. Ipogei di Favignana 5. Il teatro romano 6. Mustino ed il maiale 7. Rapsodia asinina 8. Ipogei di Favignana 9. Nom. Mec.te Cultura 10.Il racconto del mese 11.Uscire dall’euro 12.L’angolo del cuore 13.La satira immortale 14.La papessa Giovanna 15.Mura e porte di Erice 17.Pagina medica 18.I grandi pensatori 19.La corda del silenzio 20.La storia dei padri 21.Poesia e vita 22.Piatti mediterranei 23.Chi era Beatrice 24.Storia della musica 25.E noi paghiamo 27.Da Cronache 28.Velocità e tabagismo 29.Il cenciaiolo 30.Le probl. della vecch. 31.Aforismi e matrimonio 32.Regimen sanitatis sal. 33.Politica Estera 35.Le follie di Giuffrida 36.Redazioni e riferimenti
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L’educazione alla salute e la prevenzione di comportamenti a rischio costituiscono un obiettivo dell‟istruzione italiana. Esistono, infatti, diversi progetti di informazione e prevenzione rivolti alle scuole, ma anche ad altre forme di aggregazione territoriale (associazioni giovanili o di genitori, volontariato, etc.). Sul piano normativo è importante ricordare che attraverso le disposizioni della Legge 328 del 2000 (Legge Quadro per la Realizzazione del Sistema Integrato di Interventi e Servizi Sociali) le Regioni hanno elaborato i Testi organici per i Servi-zi Sociali, che integrano i servizi sociali con gli interventi e le politiche sanitarie, dell‟istruzione e della formazione. Tra gli obiettivi di questo lavoro, figura "il Piano delle Politiche Giovanili”, rivolto sia alla promozione e valorizzazione della persona che alla prevenzione di fattori di disagio. La legge, inoltre, favorisce la partecipazione della famiglia, oltre che dell‟adolescente, alle attività previste. È del 1989 la Convenzione ONU per i diritti del fanciullo e l‟anno dopo c‟è il Piano di azione mondiale per l‟infanzia. La logica di “piano” inizia già dodici anni fa in una prospettiva planetaria. Nel 1991 c‟è la ratifica della Convenzione ONU da parte del parlamento italiano, con la legge 176 e questo implica che la Convenzione ONU in Italia non rappresenta dei principi che possiamo accogliere o meno ma è legge dello Stato che va rispettata e fatta rispettare. In risposta alla carente informazione cui ha fatto riferimento l‟onorevole Turco, nel 1996 c‟è stato il primo rapporto sulla situazione dell‟infanzia che ha permesso di elaborare il primo piano di azione del Governo per l‟infanzia e l‟adolescenza; quel piano aveva due dimensioni: uno sviluppo sul piano legislativo e un aspetto amministrativo-gestionale che impegnava tutto lo Stato, a diversi livelli, nell‟organizzazione di interventi e servizi per l‟infanzia in una prospettiva di piano. La parte legislativa del primo piano d‟azione si è concretizzata con la L. 285/97 e con la legge 451, sempre del „97, che: istituisce la Commissione bicamerale per l‟infanzia e l‟adolescenza, l‟osservatorio nazionale e dà una serie di indicazioni sulla necessità della conoscenza della situazione dell‟infanzia e l‟adolescenza e di servizi nel nostro Paese.1 Nel 2000 è stato predisposto e adottato il secondo piano di azione del Governo. Un secondo piano non tanto perché il primo piano d‟azione fosse concluso, ma perché è evidente che la logica di piano permette di recuperare le dimensioni importanti del lavoro realizzato, ma anche gli aspetti carenti e i mancati obiettivi, quello che non è stato fatto. Il nuovo piano riprende e rilancia, individua obiettivi da ribadire e nuove urgenze, opera la correzione di tiro necessaria per migliorare la qualità dell‟intervento delle politiche sociali e dei servizi sociali.
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1) F. Pastore, LE PROBLEMATICHE DELL’ADOLESCENZA, pag. 121- 122 A.I.T.W. ed.SA. 2013 – cod ISBN Cod. SBN: IT\ICCU\MOD\1622636
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UNA BUONA NOTIZIA:UN PRESIDENTE DELLA PRIMA REPUBBLICA È andata bene. E non soltanto per l‟elezione di Sergio Mattarella – di cui parlerò più avanti – ma anche per lo scampato pericolo di un Presidente gradito ai mercati, alla Goldman Sachs o alla Deutsche Bank. Il primo ad essere giubilato è stato Romano Prodi, già consulente della Goldman Sachs ed ora incredibilmente sponsorizzato – lui, massimo esponente dell‟estrema destra privatizzatrice – dalla estrema sinistra politica: Vendola, Civati e altra gente che, teoricamente, dovrebbe essere contraria alle privatizzazioni. Decisamente in Italia non c‟è spazio per una sinistra lungimirante, alla Tsipras. Poi c‟è stata la solita selva di candidature “tecniche”. Mancava Monti, suicidatosi politicamente nel 2013, ma gli altri c‟erano tutti: ex governatori della Banca d‟Italia, ex dirigenti del Fondo Monetario Internazionale, ex mammasantissima dello OCSE, e vari teorici dello scuoiamento degli italiani a pro della riduzione del debito pubblico. Su tutti aleggiava, come un ectoplasma, lo spirito di Mario Draghi, un altro “Goldman-boy” come Prodi e come Monti. Ma Sir Drake aveva fatto sapere che, per il momento, non era per nulla intenzionato a lasciare il seggio più alto della BCE. Dopo di che, l‟ipotesi di un tecnico al Quirinale era stata liquidata con poche battute: tutti d‟accordo nel preferire un politico. A quel punto la strada sembrava spianata per il candidato del Cavaliere: Giuliano Amato. Amato è uno “di sinistra” (almeno, così dicono) e di sperimentata militanza PD; quindi, in teoria, il partito di Renzi non avrebbe dovuto avere difficoltà a votarlo; e forse neanche SEL. In teoria, dicevo. Perché in pratica gli esponenti della sinistra-sinistra, quelli che avrebbero gradito una candidatura di Prodi, non avrebbero mai votato il “dottor Sottile”. E ciò, per una motivazione di grande spessore politico: perché era stato proposto da Berlusconi. Viceversa, ai poteri forti non sarebbe stata certamente sgradita l‟ascesa di Amato al colle più alto. Giuliano Amato, infatti, è il capostipite dei nostri Presidenti del Consiglio più “coraggiosi”. Si ricorderà: eletto capo del governo nel giugno 1992, ebbe il coraggio di requisire una percentuale dei risparmi degli italiani, attraverso un prelievo fatto direttamente alla fonte, in banca; ebbe anche il coraggio di attuare una manovra “lacrime e sangue” da 93.000 miliardi; ed
Ebbe infine il coraggio – sempre lui – di mettere mano, per primo, alla riforma delle pensioni. Dopo di che, il Cavaliere ha avuto il coraggio di proporlo per la Presidenza della Repubblica.Dimenticavo: dal 2010 al 2013 Giuliano Amato è stato il consulente per l‟Italia della Deutsche Bank, che non è la banca centrale tedesca (quella è la Bundesbak) ma una “banca d‟affari” in tutto simile alle consorelle americane. Orbene, è stato in questo contesto che – sia pure per calcoli, giochetti e sgambetti – i Prodi, gli Amato, i Padoan e compagnia cantando, sono andati a farsi benedire ed ha incominciato a prendere consistenza la candidatura di Sergio Mattarella. Renzi, il furbacchione, è stato lesto a cogliere la palla al balzo e a far sua una candidatura che sua non era. Mi spiego meglio: Sergio Mattarella non è un renziano. È stato e – secondo me – rimane un “moroteo”; un uomo, cioè, di quella componente della Democrazia Cristiana che – lo dico da vecchio avversario – ebbe il coraggio di tentare una “via italiana” alternativa alla obbedienza cieca, pronta e assoluta ai voleri degli Stati Uniti. Il nuovo Presidente appartiene a quel mondo. È un uomo della “prima repubblica” e – aggiungo – della migliore “prima repubblica”. Nella politica di oggi si muove a disagio, e questo spiega il suo parlare misurato, quasi col contagocce. In realtà – come sa bene chi lo conosce – Mattarella è un buon conversatore, interlocutore piacevole e dotato anche di una discreta dose di humor. La sua elezione – non lo nascondo – mi ha fatto piacere. E non solo per una personale simpatia nata sui banchi di Montecitorio, e non solo per solidarietà “sicula”, e non solo perché ci ha evitato un Amato al Quirinale, ma anche perché spero molto nel suo essere “moroteo”, nell‟accezione migliore di questa definizione. Spero – cioè – che la sua presidenza possa muoversi nel solco di una politica nazionale non sottomessa agli ordini di scuderia atlantici. Sono convinto, per esempio, che se Mattarella fosse stato Presidente della Repubblica nel 2011, l‟Italia non avrebbe mandato i suoi aerei a bombardare la Libia.
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Antropos in the world Certo, mi rendo conto che, da questo momento in poi, scatteranno tutta una serie di pressioni, di ricatti, di “consigli che non si possono rifiutare” per convincerlo della ineluttabilità di sottostare a tutti i diktat della globalizzazione finanziaria e politica. Ma spero, sono convinto che Sergio Mattarella troverà la forza per resistervi. Sono confortato in questo mio convincimento da una sua dichiarazione apparsa in queste ore sulla sua pagina Facebook, e non rilanciata – guarda caso – dai media. Eccola: «I padri costituenti hanno dato la loro vita per fornirci una Italia con principi inderogabili, quali il lavoro e la sovranità popolare. Le innovazioni che il paese dovrà sostenere dovranno sempre camminare alla luce di questi principi.»
Potrebbe sembrare la solita zuppa di luoghi comuni. Ma non lo è. Non è luogo comune il riferimento al lavoro come principio fondante, nel momento in cui il lavoro è attaccato da tutte le parti in nome delle “regole nuove” dettate dai mercati. E non è luogo comune il riferimento alla sovranità popolare, nel momento in cui i poteri forti ci chiedono di rinunziare a nuove quote della nostra sovranità in favore dell‟Unione Europea. Le innovazioni (e il neoPresidente non usa il termine “riforme”, tanto caro al suo predecessore) dovranno sempre muoversi nel solco di questi princìpi inderogabili. Non si può che essere d‟accordo. MICHELE RALLO [Da “OPINIONI ERETICHE”]
Gli ipogei di Contrada San Nicola a Favignana (parte III)
La costa e la campagna di San Nicola sono completamente traforate da grotte e cave tufacee. Il cimitero di Favignana sorge sopra un‟antichissima necropoli, intorno alla quale si estendeva una vasta città ipogea. In queste cavità la vita si perpetuò dal Paleolitico fino a tutto il 1700 con una sequenza ininterrotta di stili, culti e usanze. Gran parte di questo patrimonio, ad oggi, non è ancora stato adeguatamente tutelato e studiato: le grotte sono attualmente usate come stalle e ripostigli e i campi sono disseminati di migliaia di cocci ben triturati da aratri e bestiame1. Questa zona archeologica è di interesse culturale di primissimo ordine, ma rischia di scomparire e di essere dimenticata in breve tempo. La zona archeologica di contrada San Nicola, sita a poca distanza dal paese di Favignana, comprende numerosi ipogei con rilevanze storico-archeologiche che vanno dalla preistoria fino ai nostri giorni. Molti di questi siti, infatti, sorgono in proprietà private e sono ancor oggi utilizzati dai proprietari come magazzini o accorpati alle abitazioni. Solamente la Grotta del Pozzo e un complesso di ipogei a poca distanza dall‟attuale cimitero comunale sono stati espropriati e sono attualmente sotto la tutela della Soprintendenza BB. CC. AA. di Trapani. I due siti che presenterò in questo studio sono entrambi privati, visitabili solo con il consenso dell‟attuale proprietario poiché utilizzati come magazzini annessi alle abitazioni.
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Entrambi fornirono per decenni il tufo ai cavatori di pietra dell‟isola e furono scavate l‟una accanto all‟altra nei pressi della Grotta del Pozzo, dalla quale sono divise dalla strada asfaltata che conduce al cimitero moderno. 1 Grotta degli Archi - Vi si accede lasciando a sinistra la strada pubblica per il cimitero moderno e scendendo per dei gradini lungo una parete della grotta. Quest‟ultima e la più elaborata tra i vari esemplari di ipogei paleocristiani della contrada San Nicola, con arcosoli e loculi scavati nel friabile tufo del quaternario. La mensola centrale, elemento suggestivo che diede il nome alla grotta, è sormontata da un arco che ricorda un piccolo altare. Si nota, infatti, che la zona ad esso retrostante è rialzata come a ricordare un gradino. Si potrebbe quindi ipotizzare che esso servisse ad un ministro per acquisire maggiore visibilità e assumere una posizione superiore rispetto agli altri partecipanti al culto1. In origine vi erano 8 archi delimitanti 4 pareti al centro della grotta ma, in seguito 7 archi e 3 pareti vennero abbattuti lasciando le loro tracce, ancora visibili, in alto. Da esse si possono ricavare la struttura e le dimensioni degli archi: parallelo all‟unico presente, era un arco delle stesse dimensioni; sei archetti correvano paralleli, tre contro tre, tra i due più grandi. Tra questultimi, i due affrontanti più vicini all‟arco superstite possedevano un diametro 5 cm più piccolo.
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I loculi erano quindi delimitati dall‟alternarsi degli archi e delle colonne. Gli elementi superstiti permettono quindi di ricostruire la struttura originaria dell‟ipogeo riconducendola a quella di una “tomba a tegurium” o anche detta “tomba a baldacchino”1 tipica dei primi secoli cristiani. 1 Grotta della Stele La grotta, costruita accanto alla Grotta degli Archi, mostra i chiari segni dei cavapietre a destra dell‟entrata e sulla parete sinistra della grotta sorge un piano rialzato munito di sedile1. Nonostante la presenza di incrostazioni, è possibile scorgere sulle due pareti alcune incisioni: a) Monogramma IHS = (IHS = IHESUS “Gesù”) l‟h è sormontata da una sbarra orizzontale ad indicare l‟abbreviazione, e la sua asta sinistra è stata prolungata riproducendo una coppa di calice con un tondo in alto come quelle delle messe di rito latino. Il tutto a significare “Gesù Eucaristia”. Qualcosa di simile fu riscontrato nella Grotta III della Ficara sempre a Favignana. Lì, in una nicchia ricavata nella parete tufacea in basso, è incisa una mensa eucaristica su cui poggia un calice sormontato da un tondo. È quindi possibile datare le due grotte e indicarle come contemporanee.
b) Croce cosmica = croce iscritta in un cerchio ideale. Dalla base del ramo verticale partono 3 radici. Anche questo tipo di croce è riscontrata in altre grotte di Favignana. c) Monogramma IHS = l‟asta che sormonta il monogramma taglia obliquamente l‟asta sinistra dell‟h indicando un‟abbreviazione e delimitando un
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segno di croce mancante del simbolo eucaristico. Un pilastro centrale, che sostiene la volta della grotta, è segnato in basso da una croce a doppio taglio orizzontale e, a metà della sua altezza, è chiaramente visibile un‟iscrizione di quattro righe. I caratteri di quest‟ultima sono latini ma è impossibile effettuare un esame paleografico comparativo in quanto l‟epigrafe è un unicum in un contesto isolato e di scarso rilievo culturale. Un possibile raffronto potrebbe essere fatto con un‟epigrafe latina del 1240 presente all‟interno della Cattedrale di Cefalù1. Questa iscrizione è databile ai secoli XII-XIII ed è quindi più antica dei monogrammi IHS prima descritti. La stele, sciogliendo le due abbreviazioni presenti, andrebbe letta: DOMO TUMBO DEALL? A NIMA Cioè: Domo, tumbo,…de all‟?anima. La lingua dell‟incisore è il volgare neolatino, probabilmente parlato nel XII e XIII secolo nelle Egadi e nel territorio trapanese. La particolare scarsità di manoscritti ed epigrafi di questo periodo storico permette di apprezzare maggiormente la singolarità dell‟iscrizione di Favignana.
Dott.ssa Paola LEO [Da le grotta e l’insediamento medievale di Favignana] ________________ RACHELI 1979; MAURICI 2005, pp. 221-229, in particolare 221.
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IL TEATRO ROMANO a cura di Andropos
La parola commedia è tutta greca: κωμῳδία, "comodìa", infatti, è composta da κῶμος, "Kòmos", corteo festivo e ᾠδή,"odè", canto. Di qui il suo intimo legame con indica le antiche feste propiziatorie in onore delle divinità elleniche, con probabile riferimento ai culti dionisiaci . Negli ultimi decenni della repubblica, si assiste a una grande crescita di interesse verso il teatro, che ormai non coinvolge più solo gli strati popolari, ma anche le classi medie e alte, e l'élite intellettuale. Cicerone, appassionato frequentatore di teatri, ci documenta il sorgere di nuove e più fastose strutture, e l'evolvere del pubblico romano verso un più acuto senso critico, al punto di fischiare quegli attori che, nel recitare in versi, avessero sbagliato la metrica. Accanto alle commedie, lo spettatore latino comincia ad appassionarsi anche alle tragedie. Il genere tragico fu anch'esso ripreso dai modelli greci. Era detta fabula cothurnata (da cothurni, le calzature con alte zeppe degli attori greci) oppure palliata (da pallium, come per la commedia) se di ambientazione greca. Quando la tragedia trattava dei temi della Roma dell'epoca, con allusioni alle vicende politiche correnti, era detta praetexta (dalla toga praetexta, orlata di porpora, in uso per i magistrati). Ennio, Marco Pacuvio e Lucio Accio furono autori di tragedie, non pervenuteci. L'unica praetexta ("Octavia") giunta fino ai nostri giorni è un'opera falsamente attribuita a Lucio Anneo Seneca, composta poco dopo la morte dell'imperatore Nerone. Il massimo dei tragici latini si ritiene sia stato Accio, il quale, oltre a scrivere una quarantina di tragedie d'argomento greco, si avventurò nella composizione di due praetextae: Bruto e Decius, tratteggiando i caratteri di due eroi repubblicani romani. Seneca si distinse per lo spostamento del nodo tragico, dalla tradizionale contrapposizione tra l'umanità e le norme divine, alla passione autenticamente sgorgata dal cuore umano.
Lucio Accio: PROMETEUS
(fabula coturnata - circa 170-130 a.C.)
Nacque da genitori liberti nel 170 a.C.; è incerto il luogo di nascita: potrebbe essere nato a Roma ed essersi trasferito successivamente a Pesaro in occasione di una adscriptio novorum colonorum, oppure proprio a Pesaro, dove visse da giovane. Esordì come autore tragico nel 140 a Roma e le sue prime opere, pare, destarono invidia nell'allora più celebre letterato Pacuvio, più anziano di lui.Verso il 135 visitò Pergamo per poter meglio conoscere la cultura greca di quel periodo. Tornato a Roma divenne uno dei principali esponenti del collegium poetarum (Corporazione dei poeti), tanto da raggiungere una certa notorietà già attorno ai trent'anni. Inorno al 120 raggiunse definitivamente la fama proponendosi non solo come teatrante, come era invece ad esempio Plauto, ma come un grammatico che vive delle proprie opere. Fu quindi l'inizio di quel processo che ha portato il teatro ad essere considerato parte integrante della letteratura. Creò una associazione di letterati scelti da lui stesso. Morì verosimilmente a Roma intorno all'85 a.C. TRAMA DELLA COMMEDIA – è descritta la tortura inflitta a Prometeoda Giove: un ra-pace si nutre quotidianamente con il fegato del titano, destinato a ricrescergli per essere nuovamente dilaniato il giorno successivo. SINOSSI:E‟ una fabula cothurnata quasi completamente perduta. Parte della copiosa produzione del poeta di Pisaurum, quest'opera fu scritta ad imitazione dell'omonima tragedia di Eschilo. È questo assieme a un lacerto del Giudizio delle armi l'unico brano di tragedia sicuramente connesso a Eschilo, in quanto la produzione ellenizzante della fine del II secolo a.C. gradiva maggiormente le sottigliezze del dramma Euripideo, ma da particolari biografici riferitici da Aulo Gellio(Noctes Atticae XIII, 2, 1) Accio volle confrontarsi con la tradizione del predecessore all'epoca più in vista, Marco Pacuvio, prima di cimentarsi su nuove strade. Questo spiega la frequenza di frammenti a lui attribuiti derivanti da fabulae cothurnatae di argomento greco rispetto alle praetextae di argomento romano che pure contribuì non poco a far rap-.
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presentare in Roma alle praetextae di argomento romano che pure contribuì non poco a far rappresentare in Roma Della tragedia ci rimangono per tradizione indiretta due frammenti: - « Sublime advolans pinnata cauda nostrum adulat sanguinem », citato da Nonio Marcello, traductio: e mentre spicca il volo verso l'alto lambisce con la coda il nostro sangue -« tum profusus flamine hiberno gelus » traductio: allora, battuto da raffiche di gelo invernale
ASSOCIAZIONE LUCANA “G. Fortunato” - SALERNO SEDE SOCIALE in Via Cantarella
(Ex Scuola Media “A. Gatto”)
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MUSTINO ED IL MAIALE AMMALATO Mustino, in effetti si chiamava Modestino, ma tutti lo chiamavano Mustino. ““Ehi, buonuomo, come ti chiami?” “”Mustino signore”. “”Ebbene, Mustino, se non ti dispiace, mi useresti la cortesia di suonare le campane?”. “”Si… ma solo per questa volta”. Il tono della voce e l'aspetto truce di Mustino incuriosirono il reverendo che, prontamente, gli fece una serie di domande. Le risposte furono precise, calibrate e dimostrative per ciò che rappresentava la carta d'identità di Mustino. Era battezzato, ma non frequentava la chiesa, era presente in tutte le manifestazioni di società, ma non parlava mai, chiamava il medico, ma non credeva nella medicina, era superstizioso, ma non accettava la magia: in pratica era l'uomo comune dalle molteplici contraddizioni. Dopo avere suonato le campane, rivolto al curato disse: “”Intesi? Solo per questa volta e non chiamarmi più!”. L'unico pronome personale era “tu”, non esisteva in quel luogo il lei o il voi, per cui il religioso non fece caso al modo di parlare di un figlio del popolo. Dopo qualche giorno,durante la celebrazione della messa, il parroco osservò che tra i fedeli r‟era anche Mustino. E non si era sbagliato, perché Mustino alla fine del sacro rito, raggiunse il pio uomo chiedendo: “Prendi l'acqua santa e vieni a casa, perché ho bisogno della tua benedizione”. Il reverendo sorrise e poi, fissandolo, gli disse: “Solo per questa volta però”. “Che cosa ti ha spinto a chiedere la benedizione e a che cosa serve benedire un miscredente come te?” La bontà del prete non sconvolse la rozzezza di Mustino che invece di rispondere e dare spiegazioni si limitò nello sgomento della sua necessità a dire: “Sbrigati, fa presto, altrimenti la povera bestiola se ne muore!". “Ma io sono il rappresentante del Signore e sono venuto per salvare gli esseri umani e non le be-6-
stie”. Mustino non capì niente e replicò: “E io sono la bestia, perciò vieni a benedirmi”. Ora fu il prete a non capire; ciò nonostante, prese l'acqua benedetta e disse: “Mustino, an-diamo!” A casa di Mustino, sull'aia giaceva, immobile come un corpo morto, un maiale. “Apri il libro, fa le preghiere, cospargi il corpo malato di questa bestia che è il frutto dei miei stenti e del lavoro di tanti giorni. Se dovesse morire, anch'io morrei dal dolore; non tanto per il dispiacere, quanto per la perdita di ciò che costituisce una cospicua parte del sostegno di famiglia”. Don Alberto, anziché assecondare le richieste e le preghiere di Mustino, si sedette e, deposti il libro e l'aspersorio, chiese un foglio di carta, indi prescrisse la medicina per curare il suino. Enorme fu lo stupore del povero bifolco, poiché nell‟immaginario della sua mente confondeva fede e magia e non capiva per quale motivo il curato avesse chiesto la carta per scrivere; e dopo aver frugato nella cartella di un nipotino, tirò fuori qualche foglio di quaderno. Il buon religioso dopo aver scritto qualcosa, disse: “Mustino, ora andrai da don Paolo, il farmacista, e ti farai dare la medicina indicata sul pezzo di carta”. “Ma io, disse Mustino, ti ho chiamato per la benedizione e non per altro!” Illuminato dall‟alto il curato aveva intuito la ragione della preoccupazione e subito tranquillizzò l‟interlocutore e aggiunse: “Sbrigati, non c‟è tempo da perdere, il conto a don Paolo lo pago io e così in modo concreto avrai il regalo per aver suonato le campane”. Mustino riprese coraggio e con molta celerità, dopo qualche minuto fu di ritorno col farmaco prescritto. La somministrazione della streptomicina nel giro di una mezz‟ora sortì i suoi effetti e il maiale riprese a grugnire esprimendo con un‟abbondante pioggerellina il migliorato stato di salute. Non si sa bene se fu la menzione del conto del farmacista o la gioia della guarigione del maiale a mutare l‟atteggiamento di Mustino, il quale scusandosi col parroco ebbe a dire: “Caro padre, io son fatto così, ma sono un buon cristiano anche se tu pensi che io sia un povero diavolo; mi è bastato capire il tuo buon cuore per distinguere la benedizione da un‟iniezione. Ti prometto che da ora in poi verrò sempre a suonare le campane”. Egidio Siviglia
RAPSODIA ASININA Concludiamo i nostri interventi su questo simpatico quadrupede riportando la poco nota e poco rispettata
CARTA ETICA DEI DIRITTI DELL‟ASINO L’oggetto della presente carta è stabilire le modalità di una corretta relazione fra uomo e asino, preservando il valore storico, sociale ed economico della domesticazione dell’animale e la espressione etologica dell’asino. Diritto ad un utilizzo corretto e rispettoso L'asino è stato storicamente in rapporto domestico con l’uomo. Questa combinazione ha rappresentato uno dei fattori che hanno determinato lo sviluppo economico dell’umanità, ma talora ha rappresentato una forma di bieco sfruttamento delle sue doti di adattamento alla fatica e di sopportazione. E’ necessario promuovere un rapporto eticamente compatibile con l’asino. 1.1) L’asino ha diritto a vivere una vita in armonia con le proprie caratteristiche. L'uso dell’asino ad ausilio delle attività umane deve essere inteso come scambio equo, senza prevaricazioni dell’uomo, compatibile con i ritmi, le attitudini, la prestanza fisica dell’animale. Una lunga storia di studi ed osservazioni ha codificato parametri di utilizzo coerenti alla tutela del benessere dell'animale stesso. 1.2) Nel cammino, l'andatura deve essere naturale, mai forzata, e rispettosa della lentezza tipica dell’asino. Egli può essere sollecitato in modo leggero con le mani, con la corda di guida e con incitamenti vocali, non ricorrendo in alcun caso alle percosse. 1.3) Nelle attività di carico a basto, occorre valutare la fisicità dell'asino. Nei soggetti maturi ed ancora giovani il rapporto peso del carico - peso dell'animale non deve comunque superare un terzo. Nel caso di percorsi e trekking in montagna con dislivelli che superano i 300 mt complessivi (salita e discesa) e oltre le tre ore di cammino, occorre ridurre ad un quarto il rapporto tra peso del carico e peso dell'animale. Lo stesso discorso di riduzione si applica a soggetti che abbiano già superato i 15 anni di età. 1.4) Nel carico del materiale bisogna tenere presente oltre al peso anche all'ingombro, per cui il carico non deve impedire la visuale all'animale. 1.5) Nelle attività di lavoro con basto occorre assicurarsi della corretta montatura del basto, del carico e della compatibilità degli attrezzi di lavoro al fine di evitare danni al corpo dell’animale. Non possono essere caricati sull’asino materiali pericolosi o nocivi alla salute degli esseri viventi. 1.6) Nel corso delle attività di trekking o di lavoro
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con animali carichi è necessario far riposare l'animale con soste ripetute e almeno ogni ora di cammino. Ogni tre ore è necessario scaricare l'asino dal carico e dal basto. 1.7) Nelle attività di trekking è necessario tenere presente la morfologia del territorio ed evitare sentieri pericolosi, itinerari esposti, terreni ghiaiosi e scivolosi e qualsia-si situazione metta a repentaglio la sicurezza dell'animale evitando di conseguenza tutti gli itinerari classificati come (EE escursionistico per esperti) e (EEA escursionistico per esperti/ alpinistico) nella tabella di classificazione CAI (Club Alpino Italiano). 1.8) Nelle attività di lavoro a traino l'asino deve avere beneficiato di un corretto addestramento preliminare. Il conduttore deve usare un mezzo al traino in buone condizioni di scorrevolezza ed in tal modo mettere un animale maturo e giovane nelle condizioni di trainare come peso massimo tre volte il proprio peso. 1.9) Il conduttore deve scegliere con accuratezza il “rotabile” che potrà essere a due o quattro ruote ed eventualmente trainato da un solo animale o da una pariglia affiancata od a tandem. Nel caso di uso a pariglia o tandem l’addestramento deve essere più accurato, scegliendo soggetti con un buon affiatamento e di simili proporzioni. 1.10) Il conduttore deve evitare le forti pendenze e nei tratti con pendenze più accentuate occorre procedere al passo. Nelle discese é necessario usare un rotabile con buoni freni, evitando di impiegare carichi elevati che potrebbero sospingere l’asino a terra. 1.11) La conduzione al traino comporta necessariamente l’uso della frusta, che non deve essere mai usata per punire o picchiare l’asino. La frusta deve servire unicamente come aiuto di comando e viene usata facendola schioccare in aria o toccando in modo leggero l’asino. 1.12) L'utilizzo dell'asino nelle attività sportive e di animazione deve essere improntato all’esclusione di ogni forma di violenza, fisica e psicologica. Nessuna forma di stress e di condizionamento indotto deve essere applicato; nessun additivo alimentare o droga può essere somministrata; nessun pungolo o percossa fisica può essere inferta all’animale. Il conduttore inoltre non deve spingere l’animale in situa-zioni pericolose od anche ridicole o imbarazzanti. I luoghi per le attività debbono rispettare le esigenze dell'animale. Ogni degenerazione deve essere ban-dita. 1.13) Nella produzione del latte, l’allevatore deve evitare una alimentazione forzata per ottenere rese
Antropos in the world superiori alla normale attitudine ed evitare ogni forma di costrizione dell’animale che disattenda i punti 1-2-3 della presente carta. 2 - Diritto alla salute L'asino è idoneo a vivere anche allo stato brado, ma nella interrelazione con il genere umano ( per affezione, per lavoro, per escursionismo e per ogni altro impiego) e nei diversi climi deve necessariamente essere governato nel rispetto del suo benessere. 3 - Diritto al ricovero 3.1) Poiché l'asino necessita di ambienti arieggiati, ma protetti dal vento, l’allevatore deve offrire un ricovero fisso, costruito in modo da creare un ambiente riparato e libero, possibilmente con almeno tre lati coperti più la tettoia. 3.2) Lo spazio minimo di tali strutture coperte deve essere di 10 mq ogni asino. Il fondo di calpestio della struttura di ricovero deve essere facilmente pulibile. 3.3) L’allevatore deve provvedere ad una pulizia totale della struttura di ricovero almeno una volta alla settimana e nei periodi di pioggia o neve la struttura deve essere pulita quante volte è necessario per evitare formazione di pozze di fanghiglia che possono danneggiare l’animale per le conseguenze che comportano. 3.4) Oltre alla struttura di riparo, l'asino deve poter disporre di uno spazio esterno recintato dove possa camminare e correre in libertà. 3.5) I recinti e le strutture devono essere di materiale che non possa provocare danni all’animale, evitando l’utilizzo di soluzioni che rappresentino un rischio di ferite o di infezioni. 3.6) L’asino non può essere tenuto abitualmente “in posta”, ovvero legato, deve potersi muovere liberamente, sdraiarsi e rotolarsi. 3.7)Nel periodo estivo nei ricoveri si deve provvedere ad adottare sistemi difensivi contro mosche,tafani e zanzare e altri insetti dannosi per l'asino e per l'uomo. 4 - Diritto al cibo L'asino è un animale frugale e al contempo adattabile a molte situazioni alimentari. Ciò non toglie che l’asino ha diritto ad avere sempre cibo a disposizione per alimentarsi secondo le proprie necessità. 4.1) L'allevatore deve garantire: a) cibo quotidiano ben disponibile se l'animale è allevato in stalla o in spazi contenuti; b) sufficiente quantità di cibi naturali in pieno campo nel caso di allevamento libero. 4.2) L’alimento deve essere vario per consentire l’apporto di tutte le componenti atte ad una crescita e sostentamento equilibrato. Deve essere di buona qualità, senza muffe, spore ed altri agenti patogeni che si insediano sui fieni ed altri cibi. 4.3) Nel caso di malattie o carenze, l’allevatore deve fornire gli integratori alimentari atti a compensare i fabbisogni.
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4..4) L’allevatore deve evitare gli eccessi da
ipernutrizione, controllando l'alimentazione nel suo insieme. Nei casi di sovrappeso dovuto a eccessivo consumo di alimenti deve provvedere ad un controllo quotidiano che permetta una regimazione della dieta. 5 Diritto all’acqua Nonostante la sua origine da luoghi aridi e la sua resistenza alla sete, l’asino ha la necessità di bere acqua pulita tutti i giorni 5.1) L’allevatore deve fornire un facile approvvigionamento di acqua limpida e potabile, con sistematico ricambio. 5.2) In ogni situazione, l’acqua non può stagnare più di 24 ore ed i contenitori devono essere puliti e senza flora acquatica. 5.3) Nel corso di attività con l’asino, il conduttore deve provvedere a soste per l'abbeveraggio, a seconda della temperatura e dell'attività fisica praticata. 6 - Diritto ad una considerazione “sociale” Nella sua millenaria storia a fianco dell'uomo l’asino è stato protagonista della crescita dell’economia e dello sviluppo delle civiltà. Spesso è stato ripagato da concezioni sbagliate e di comodo. Ne è nata una propensione al dileggio e all'insulto che oggi è anacronistica nell’ottica di affettività che l'animale sa trasmettere. 6.1) L'asino deve essere rispettato per la sua indole buona, socievole e tranquilla, per il suo carattere deciso e guardingo e per tutti i lati caratteriali del suo comportamento sociale. 6.2) L'asino non deve essere insultato e/o paragonato a particolarità negative della organizzazione sociale e culturale umana. I suoi lati caratteriali non devono essere motivo per appellativi tendenziosi o travisanti. 6.3) Le attività di animazione debbono tenere conto della natura spontanea dell’animale che corre solo se minacciato e questo può avvenire solamente laddove gli asini vivono al puro stato selvatico. 6.4) Le attività di animazione devono essere un momento di conoscenza con l'animale, di mediazione fra genere umano ed animale. I partecipanti interagiscono con l'animale creando empatia e non dileggio. 6.5) La valorizzazione e la conoscenza dell’asino si ottiene attraverso attività di educazione e sensibilizzazione. Nelle attività di spettacolo l’asino non è "l’artista", ma un fattore di cultura e di conoscenza del regno animale. L'utilizzo dell'asino nelle attività sportive e di intrattenimento (palii, attività ludiche, ecc.) deve assolutamente garantire la sua incolumità fisica e la sua integrità zoologica nella “lettura” culturale che ne fa l’uomo. 7 - Diritto a viaggiare Può essere necessario trasportare gli asini mediante appositi automezzi. Durante gli spostamenti l'asino deve ricevere particolare attenzione alla sua
Antropos in the world sua sicurezza fisica. 7.1) Il conduttore del mezzo di trasferimento dell’animale deve praticare un viaggio dolce e senza traumi. Nei lunghi percorsi devono essere previste alcune soste per evitare uno stress eccessivo agli animali.
7.2) Il conduttore deve manutenere periodicamente il mezzo, provvedere alla pulizia e renderlo efficace facendosi carico di tutte le accortezze e migliorie che possono servire ad una confortevole permanenza dell'animale durante il trasporto. 7.3) I mezzi di trasporto non devono contenere parti pericolose, sporgenti o oggetti contundenti. 7.4) Il conduttore deve guidare in modo corretto per
evitare frenante improvvise e spostamenti repentini, tragitti eccessivamente tortuosi.Nelle curve è necessaria la massima prudenza. 7.5) Il viaggio deve essere ritenuto possibile per l’animale solamente in condizioni fisiche ottimali e in condizioni ambientali e climatiche che permettano un viaggio confortevole. 8 - Diritto a essere asino Per quello che l'asino ha rappresentato nei secoli occorre una presa di coscienza che doni all’animale, anche nell’immaginario individuale e collettivo, il prestigio di essere se stesso. Renato Nicodemo
PAGANI - CONSEGNATA ALLA DOTTORESSA LANGELLA
LA NOMINATION DI “ MECENATE DELLA CULTURA”
Mercoledì 14 gennaio 2015,nel salone del“Centro Studi Peluso”, nel clima dell‟aggiornamento sulle problematiche della adolescenza, relatrice l‟ottima prof.ssa Gioiello, il Presidente dell‟ Ente Cultura Universale, dott. Prof. Franco Pastore,ha consegnato alla dott.ssa Gaetana Langella la nomination di “ MECENATE DELLA CULTURA” per l‟intensa attività educativo-formativa, promossa nelle strutture dell‟ Istituto S.Giuseppe e del Centro Studi. Erano presenti, oltre ai numerosi docenti dei tre Istituti, il giornalista geom. Carlo D‟Acunzo ed il dott. Don Flaviano Calenda, soci fondatori del Sodalizio e “ testimoni” dell‟evento. La dott.ssa ha ringraziato commossa, sintetizzando, in un breve discorso, le finalità culturali che l‟hanno guidata, negli anni, ai quei risultati che, oggi, sono sotto gli occhi di tutti. Alla esimia, le congratulazioni delle redazioni del giornale -9-
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L’AUTORE DEL MESE:
TOMMASO GUARDATI
( III parte )
Da “Masuccio in teatro”di Franco Pastore - ISBN IT\ICCU\NAP\0646027 – pag.14-16 Presso le Librerie universitarie di Padova, Pavia, Napoli, Modena e Roma
Anche il quarto gruppo, come i precedenti, è diviso in due. In esso " se tratta de materia lacrimevole e mesta e d'altre piacivole e facete ". L'alternanza, spiega l'autore nell'esordio,è una idea intervenuta in corso d'opera. In un primo momento avrebbe voluto allestire una serie di dieci novelle tragiche, ma una così lunga sequenza di storie orrorose e lacrimevoli era parsa eccessiva anche a lui. Il sottogruppo aspro contiene alcuni tra i più famosi testi del Guardati: l'orrida novella dei "lazzari" (XXXI), cioè dei lebbrosi, e la novella di Mariotto e Ganozza (XXXIII), lontana fonte, tramite La Giulietta di Luigi Da Porto, di Romeo and Juliet di Shakespeare. Sulla novella è stato rilevato, tra l‟al-tro, oltre all‟influsso del Sermini, debitore a sua volta di Boccaccio, di una selva di spunti narrativi me-dievali. Escludendo la XXXVII, queste novelle ripropongono con varianti la stessa storia: due giovani si amano, ma il loro amore non può essere approvato dalla famiglia di lei e, dopo alcune peripezie, trovano entrambi la morte. Loise e Martina, per esempio (XXXI), fuggono insieme, ma, per ripararsi da un temporale, si ritrovano in un lazzaretto, dove cadono nelle grinfie di violenti lebbrosi (XXXI). La novella XXXVII è incentrata, invece, su, due soldati molto amici, Marchetto e Lanzilao, che si innamorano della stessa ragazza, duellano per lei e muoiono entrambi. Le novelle giocose trattano di adulteri perpetrati ingegnosamente ai danni di mariti ingenui, che vengono, poi, abbandonati dalle mogli, che preferiscono i più “dritti” amanti (XXXII, XXXIV,
cipi usate", presentando però situazioni già afrotate in parti precedenti. Le donne, nell'ultima decade, come già nella terza, mostrano anche qualità positive, quali arguzia (XLI), forza d'animo (XLIII) e coraggio (XLVI), conferito per di più alla madre d‟un "moro". Qualità virili, comunque. Sono gli uomini, infatti, che brillano, nella quinta parte del Novellino, e in particolare i nobili (meglio se re), che sono affascinanti (XLI, XLIII, L) ma fedeli (XLIII), rispettosi del nemico saraceno quando sia anch'egli nobile (XLVI, XLVIII, XLIX), implacabilmente giusti fino all'omicidio, quando è in gioco l'onore (XLII, XLV, XLVII) e riconoscenti del valore altrui anche al di là della nobiltà di sangue (L). Una struttura bipartita è presente in una certa misura anche nella quinta parte, dove le prime cinque novelle alternano protagonisti di stirpe reale (XLII, XLIV) a figure di rango inferiore (XLI, XLIII, XLV), mentre le ultime XXXVIII, XL). Genere a sé fa la novella XXXIV (esem-platacinque ruotano tutte intorno a re, sultani o imsu Decamerone, VIII, 8), in cui due amici di bassaperatori. Le dieci giornate decameroniane sono estrazione, ispirati da un'occasione quasi accidendunque prese a modello e ridotte alla metà, ma tale,decidono di mettere in comune le mogli. La quinta parte,a somiglianza della giornata garbatamente emulate. decima del Decameron, chiude il libro con "mate( Continua) rie notivole e de gran magnificenzie da gran prin- 10 -
Antropos in the world DA TRAPANI
IL REFERENDUM DI GRILLO PER USCIRE DALL’EURO,BELLO E POSSIBILE
Per noi italiani, la truffa dell‟€uro e dell‟Unione Europea è cominciata il 18 giugno 1989, con un referendum consultivo. Il quesito che ci veniva posto era il seguente: «Ritenete voi che si debba procedere alla trasformazione delle Comunità europee in una effettiva Unione, dotata di un Governo responsabile di fronte al Parlamento, affidando allo stesso Parlamento Europeo il mandato di redigere un progetto di Costituzione europea da sottoporre direttamente alla ratifica degli organi competenti degli Stati membri della Comunità?» Rispondemmo con una valanga di “si”, convinti che l‟Unione ci avrebbe fatti più ricchi e più forti: come sarebbe stato (errori di grammatica a parte) se quella Unione fosse stata creata effettivamente a beneficio dei popoli europei. E non a beneficio dei mercati e della speculazione finanziaria, come i fatti hanno poi dimostrato. Il quesito referendario – anche se allora non ce ne accorgemmo – celava due insidiosissime trappole. La prima era il via libera alla creazione di una Unione Europea «effettiva», dotata di un governo responsabile soltanto di fronte al Parlamento Europeo; non – quindi – di fronte ai governi, ai parlamenti e, men che meno, di fronte ai popoli degli Stati-membri. La seconda era l‟attribuzione alla Camera e al Senato (gli «organi competenti») del potere di ratifica della Costituzione Europea, scongiurando così il pericolo di un referendum popolare confermativo. La Costituzione Europea – poi – non fu adottata, perché bocciata dagli elettori di Francia e Olanda; gli altri referendum già programmati (in Inghilterra, Svezia, Danimarca, Irlanda, Portogallo, Polonia e Cechia) vennero precipitosamente annullati. Ma, malgrado l‟assenza di una Costituzione, con il referendum del 1989 gli italiani avevano comunque dato il loro assenso alla formazione di un potere esecutivo sovranazionale, con ciò approvando – sia pure in via di principio – che a quell‟esecutivo venissero attribuite quote più o meno significative della nostra sovranità nazionale. Ad interpretare in senso ampliativo tale approvazione, provvederanno poi la Commissione Europea ed i governi nazionali vassalli, stipulando vari trattati: da quello iniziale (Maastricht 1992) a quello “di completamento” (Lisbona 2007), alla creazione della funesta
“moneta unica” (1999), ai due accordi del 2012 che hanno definitivamente sotterrato la nostra economia, quello sul “Meccanismo Europeo di Stabilità” e quello sul “Fiscal Compact”. E veniamo ad oggi. Gli italiani non possono fermare con i sistemi convenzionali l‟infernale macchina europea, e ciò per i meccanismi difensivi della “Costituzione più bella del mondo”. Infatti: 1) sono previsti esclusivamente i referendum abrogativi e confermativi, con esclusione di quelli propositivi e consultivi; 2) è esplicitamente vietato che il popolo possa pronunziarsi con qualunque tipo di referendum su materie quali i trattati internazionali ed i provvedimenti di natura fiscale. Per sottoporre agli italiani il referendum dell‟89, fu necessaria una legge costituzionale che consentisse l‟indizione di quel referendum consultivo, e soltanto di quel referendum consultivo. Ciò premesso, che risultato si prefigge il Movimento 5 Stelle con la raccolta di firme che è stata lanciata in questi giorni? Semplice: la presentazione di una proposta di legge costituzione d’iniziativa popolare che indìca un referendum consultivo sulla permanenza o meno dell‟Italia nella “zona euro” (non nell‟Unione Europea). In analogia assoluta con la legge costituzionale che permise agli italiani di dare il via-libera all‟adesione all‟UE nell‟89. Quindi, l‟iniziativa grillina è assolutamente legittima, praticabile, ineccepibile anche dal punto di vista formale. Certo, quella legge costituzionale potrà non trovare in parlamento i voti necessari per essere approvata. Ma, in quel caso, i partiti euro-dipendenti (o usa-dipendenti) dovranno ammettere esplicitamente quello che tutti sanno ma che i politici fanno finta di non sapere: e cioè che il popolo italiano è favorevole all’uscita dall’Euro. In altre parole: anche nel peggiore dei casi (e cioè ove il referendum non fosse indetto) sarebbe ugualmente una vittoria clamorosa per il fronte anti-europeista. È quindi comprensibile che i partiti collaborazionisti levino alte ed allarmate grida contro il referendum “populista”. Meno comprensibile è che al coro eurocratico si accodi anche la Lega di Matteo Salvini, che nella scala dell‟antieuropeismo sopravanza Grillo di dieci punti buoni. O, meglio, è comprensibile soltanto in relazione a calcoli di natura elettorale. Grillo e Salvini sono ben coscienti di “pescare” insieme nel grande mare del populismo antieuropeo, e di essere – quindi – in palese Non è
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Antropos in the world concorrenza tra loro. Ma sbagliano entrambi se pensano di logorarsi in una estenuante prova agonistica. E, in questa occasione, sbaglia Salvini nel dissociarsi dal referendum grillino, accusato di inseguire un obiettivo impossibile da raggiungere. Non è vero. Ciò che si propone questo referendum è certamente possibile, anzi – ammiccando al titolo di una canzone in voga – “bello e possibile”.Dopo di che, ci saranno mille motivi per votare Lega e non Cinque Stelle: un antieuropeismo
più radicale, più “lepenista”, un populismo politicamente meglio attrezzato, e soprattutto l‟esigenza di contrastare senza mezze misure l‟invasione immigrazionista dell‟Italia e dell‟Europa. I grillini non sembrano averlo compreso appieno, ma anche l‟immigrazione selvaggia (ed eterodiretta) concorre a funestare la nostra economia, a svuotare le nostre casse, ad aggravare la nostra disoccupazione. Come l‟euro, come il fiscal compact, come la globalizzazione pro-americana. Michele Rallo
L’ANGOLO DEL CUORE
PEZZI DI NOTTE κομμάτια της νύχτας di F.Pastore
Quando la pioggia spilucca terra ai vasi e sui terrazzi corre l‟urlo del vento, pezzi di notte scandagliano i ricordi. Pescano, tra le frange, grumi di storia, immagini vissute, polvere di memoria, che mi rammentano come passa il tempo, cancellando la vita, giorno per giorno. Poi, per fortuna, interviene il sonno.
BRONTOLO
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IL GIORNALE SATIRICO DI SALERNO
© Giugno 2014 by Franco Pastore Una realizzazione A. I. T. W. SBN - IT\ICCU\MO1\0037932
Direzione e Redazione via Margotta,18 - tel. 089.797917 - 12 -
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DALLA REDAZIONE DI BERGAMO:
LA CHIESA DI S.MICHELE AL POZZO BIANCO “ la chiesa è a deci minuti dalla uscita della funicolare città alta....” La Chiesa di San Michele al Pozzo Bianco, già menzionata in un testamento dell'VIII secolo, era il centro dell'omonima vicinìa. Fondata dai Longobardi, assunse, a partire dal X secolo, il termine di Puteo Albo, cioè "del Pozzo Bianco", probabilmente per la presenza, ai piedi della scarpata, di un pozzo di marmo bianco. La parrocchia di San Michele al Pozzo Bianco, presso la quale nel 1266 venne fondata una confraternita laica, dedicata alla Vergine e a San Michele Arcangelo, che aveva funzioni prevalentemente assistenziali ed i confratelli appartenevano alle famiglie più abbienti della vicinia, fu soppressa nel 1805 ed aggregata a quella di Sant'Andrea. La struttura attuale della Chiesa si deve principalmente a riforme avvenute nel '400, ma la facciata, in pietra viva, è stata completamente ricostruita nel 1915.Inserita fra più edifici, la chiesa è ad aula unica rettangolare scandita da due grandi arconi ogivali introdotti con le riforme quattrocentesche. Il suo interno, tra i più suggestivi in Bergamo, presenta una serie di affreschi dal '200 al '500, fra i quali quelli eseguiti da Lorenzo Lotto nel 1525. Una ripida scala porta ad una cripta, risalente al IX secolo (la più antica della città) e utilizzata allora come chiesa invernale, nella quale si possono ammirare affreschi del '200 di autore ignoto. All'interno della Chiesa, sulle pareti laterali di sinistra si possono ammirare affreschi votivi, commissionati per richiedere intercessioni ai santi protettori e per affermare lo status sociale di chi li commissionava. Questi dipinti appaiono accostati casualmente, in una disposizione che non risponde ad alcuna esigenza di organicità, spesso sovrapposti e rimaneggiati. Sulle pareti laterali di destra trovan-
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si dipinti databili alla seconda metà del XV secolo o all'inizio del XVI, scoperti nel 1941. Nella parete di fondo si aprono tre cappelle: quella centrale, che ha dimensioni doppie rispetto altre due, quella di sinistra, dedicata alla Vergine e affrescata dal Lotto e quella di destra, dedicata al Corpus Christi e restaurata tra il 1514 e il 1519 su progetto dell'Arch. Andrea Zilioli. La decorazione del presbiterio viene attribuita ad un pittore degli inizi del Cinquecento.
ANTEREM RIVISTA DI RICERCA LETTERARIA, IN COLLABORAZIONE CON LA BIBLIOTECA CIVICA DI VERONA, CON IL PATROCINIO DELLA REGIONE VENETO, DELLA PROVINCIA DI VERONA, DEGLI ASSESSORATI ALLA CULTURA DEL COMUNE E DELLA PRIMA CIRCOSCRIZIONE DI VERONA, DELLA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA, BANDISCE LA XXIX EDI. DEL PREMIO
Lorenzo Montano dedicato al poeta, narratore, critico veronese, tra i fondatori della nota rivista del primo Novecento, “La Ronda” Il Premio è articolato in cinque sezioni: Raccolta inedita - Opera edita - Una poesia inedita - Una prosa inedita - Opere scelte
Antropos in the world LA DONNA NELLA STORIA - A cura di Andropos -
CALAMITY JANE Calamity Jane, il cui vero nome è Martha Jane Cannary-Burke, nasce il 1° maggio 1852 a Princeton, figlia di Charlotte e Robert, prima di sei figli. Nel 1865, la famiglia Cannary abbandona il Missouri per dirigersi nel Montana,a Virginia City, durante il tragitto, mamma Charlotte muore di polmonite. Arrivati a Virginia City, la famiglia si sposta nello Utah, a Salt Lake City, dove Robert muore, nel 1867. A quel punto, Martha Jane, solo quindi-cenne, prende in mano le redini della fami-glia, e dopo aver portato i suoi fratelli e le sue sorelle nel Wyoming, a Fort Bridger, si dedica a numerosi lavori per provvedere al loro sostentamento; diventa, quindi, una lavapiatti, una cuoca, una cameriera, un'infermiera a una capo mandria, e talvolta non rinuncia a prostituirsi. In un contesto come quello del West in cui la donna può essere solo educatrice e madre, priva di vita in società, Martha si distingue per un comportamento anticonformista: dedita all'alcol e al gioco d'azzardo, spesso viene raffigurata come vestita da uomo, da pistolera o da cavallerizza, avventuriera sregolata, proprio a causa della sua cattiva fama, non è in grado di concludere molti lavori, anche perché spesso viene licenziata. Quando si trova al seguito di carovane, per esempio, i capo mandria e i capo carovanieri non vedono di buon occhio i suoi comportamenti amorali, osteggiando il suo ricorso all'alcol. Priva di educazione formale e di istruzione, totalmente analfabeta, Martha non rinuncia a partecipare agli scontri militari con i nativi indiani. E' durante uno di questi conflitti, a cavallo tra il 1872 e il 1873, che - secondo la leggenda - si guadagna il so-prannome di Calamity Jane, nel Wyoming a Goose Creek. Nel 1876, Martha si stabilisce nelle Black Hills, in South Dakota. Qui di-venta amica di Dora DuFran, per la quale lavora occasionalmente, e, durante uno dei viaggi al seguito delle carovane, ha modo di entrare in contatto con Charlie Utter e soprattutto James Butler Hickok, conosciuto anche come Wild Bill Hickok. Il loro rapporto, tuttavia, ancora oggi è oggetto di controversie: c'è chi sostiene che tra i due ci fosse una forte passione amorosa, e chi invece ritiene che Wild Bill nutrisse, nei suoi confronti, una vivida antipatia. Egli, comunque, muo-
re il 2 agosto del 1876 (all'epoca era sposato con Agnes Lake Thatcher), ucciso durante una partita di poker. Calamity Jane, dopo la scomparsa dell'uomo, rivendica di essere stata sposata con lui, e che egli fosse il padre di sua figlia Jean, nata tre anni prima: non esistono, tuttavia, testimonianze e documenti che confermino la nascita della bambina. Nel 1881 Calamity Jane acquista un ranch nel Montana, a Miles City, lungo il fiume Yellowstone; sposatasi con il texano Clinton Burke, si trasferisce a Boulder, e nel 1887, partorisce una bambina, Jane. Dopo aver lavorato, tra l'altro, per il "Wild West Show" di Buffalo Bill, come narratrice di storie, Martha prende parte alla Pan-American Exposition, nel 1901. Anche negli ultimi anni della sua vita, pur non conoscendo una apprezzabile sicurezza finanziaria e dovendo fare i conti con la povertà, non rinuncia a essere generosa e aiutare il prossimo, fino a compromettere la propria incolumità. Muore, il 1° agosto del 1903, in una stanza del Calloway Hotel, a soli cinquantuno anni, depressa e alcolizzata. Il suo corpo viene sepolto accanto al cadavere di Hickok nel South Dakota, a Deadwood, nel cimitero di Mount Moriah, all'interno di una fossa comune.
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ANNA BURDUA DA ERICICE
MURA E PORTE DI ERICE Il passato storico della Città di Erice è ancora vivo nel ricco patrimonio archeologico ed architettonico. Dal tempo più antico furono vitali le sue mura nel versante nord - ovest, garanzia della sicurezza cittadina da attacchi esterni. La cinta muraria si snoda per circa 700 metri da Porta Spada alla Porta Trapani fiancheggiata originariamente da venticin-que torri poi sedici. Di enorme dimensione sono i massi di base, di epoca elima (VIII sec. a.C. ), ad opus incertum, sui quali poggiano filari costituiti da conci calcarei ad opus rectum di epoca punica (VI sec. a.C.). Nei massi vi sono incise le lettere dell‟alfabeto fenicio beth, ain e phe. Fu il conte Agostino Pepoli durante una passeggiata lungo le mura assieme all‟archeologo Salinas e al professore Lagumina a notarle per primo. Ancora oggi si sconosce il significato di quelle lettere: se siano segni dello scalpellino he eseguì il lavoro, la verifica dell‟Autorità Pubblica o l‟attribuzione dei pezzi alle varie torri. Secondo un‟ interpretazione simbolica ain significa occhi, phe significa bocca, e beth significa casa quindi occhi per vedere il nemico, bocca per mangiare e casa luogo sicuro per gli abitanti. Nelle mura si aprivano cinque porte e diverse postierle, uscita sicura in caso di pericolo. Le Porte di notte venivano chiuse con travi e toppe con chiavi. Oggi delle cinque Porte ne esistono solo tre: Porta Spada, Porta Carmine e Porta Trapani. Sono scomparse Porta Castellammare, della quale si osservano tuttora gli avanzi, così detta perché situata all‟inizio della via che guardava verso Castellammare e Porta dei Cappuccini nella via che portava al Convento dei Cappuccini che fu demolita nel 1811 durante i lavori di costruzione della strada rotabile che porta a Trapani. Porta Trapani e Porta Carmine del tardo Medioevo sono di scarso valore artistico. Porta Spada deriva il suo nome da patula ( spada) dove la tradizione popolare ricorda sia accaduto nel 1282 l‟eccidio dei francesi durante la guerra del Vespro Siciliano. Questa ipotesi non è comprovata da nessun documento. E‟ quella più in basso rispetto alle altre due e le cortine murarie, almeno all‟esterno conservano ancora il loro aspetto originario costituito da enormi macigni, da qui il nome ciclopiche. Porta Trapani è chiamata così perché dirimpetto alla città di Trapani. Si presume sia di epoca me-dievale dallo schema a tenaglia sulla quale si apre, tipica caratteristica delle fortificazioni del tempo.
Ricavata nella colonna sinistra all‟interno della Porta una cappelletta su lastra in pietra contenente una statua in legno di San Cristoforo con Bambino Gesù. Sulla destra dell‟edicola, in basso, si può osservare una incisione su marmo con le seguenti parole: “INDULGENZA DI GIORNI 40 A CHI RECITA UN PATER A SAN CRISTOFORO CONCESSA DA M. CUSTO V. DI MAZ. LI 20 AG. “ Porta della Nunziata o del Carmine è detta così perché di fronte alla Chiesa omonima. Sulla torre a sinistra una lapide murata nella ricorrenza del bimillenario del Poeta Virgilio. Fu composta nel 1930 da Giuseppe Pagoto. Ricorda l‟incontro fra Enea ed Aceste, re di Erice, ed i ludi in memoria di Anchise narrati nel mitico sfondo di questo monte nel III e V libro dell‟Eneide. Faro di salvezza e di gioia splendeva questo sacro Monte e poi che da queste mura, vinta Cartagine alle Egadi usciva patteggiato il punico Amilcare, la ridente Venere Ericina adoravano i Quiriti, progenitrice dell’alta Roma, quando qui venne Virgilio, gloria del passato, religione e bellezza di natura ispirandolo egli, congiunti presso il sepolcro di Anchise in fraternità di sangue e di valore gli Ericini e gli avi Troiani, consacrò questi luoghi limite d’Italia e li recinse della Luce immortale della divina poesia. All‟interno del muro che sorregge la Porta una piccola dove è posta una statua acefala in calcare tufaceo poggiata su un piccolo piedistallo attribuita a Sant‟Alberto. E‟ in avanzato stato di deteriorament o. Anna Burdua ________________
Nella foto, LA PORTA DEL CARMINE
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A. Burdua
Antropos in the worldc
PROVERBI E MODI DI DIRE - OVVERO ELEMENTI DI PAREMIOLOGIA 1. Ognuno a casa soia è re. 2. L’amico ‘e tutti n’è amico ‘e nisciùne. 3. Chi se fa a barba stà bbuòne ‘nu mese, chi se piglie ‘a mugliera sta bbuòne ‘nu mese, chi s’ac-cire ‘nu puòrche sta bbuòne pe’ ‘n’anno.
Implicanze semantiche:
Esplicatio: Ognuno è re nella sua casa. Chi mostra amicizia a tutti, non è amico di nessuno. Chi fa la barba sta bene un giorno; chi prende moglie un mese; chi ammazza un maiale sta bene un anno. Riflessio: Sono proverbi antichissimi, che ritrovia-
Il seme dei tre proverbi è chiaramente espresso in latino: Amicus omnibus, amicus nemini (est). L‟Amico di tutti, (è) amico di nessuno. Quilibet, in domo sua, dicitur rex. Qualsivoglia uomo, in casa sua, si considera un re.
soia: da suus - a - uum nisciùne: dal latino nemo unus, neppure uno.
mo anche nel mondo greco e latino. Fraseologia:
mugliera: moglie; dal latino mulier; Antropologia:
Sirica Dora
Casa mia peretàro mio (Cilento) - Chi trova un amico trova un tesoro. .
Progetto Famiglia Network Filiale Angri
CENTRO SERVIZI ANGRI via badia n.6 - Per Privati - Assistenza socio sanitaria alla persona H 24. Ass.nza anziani.. Fax 081/946895 - Cel. 335/8065955 - Cel. 334/7317790 - angri@progettofamiglianetwork.it
Finalmente anche nell’Agro Nocerino- Sarnese si ha la possibilità di accedere ad assistenze specializzate, per gli anziani, per i disabili, per tutti i tipi di malattie e per tutte le problematiche: specialisti nelle cure mediche e nel sostegno degli ammalati, son pronti a raggiungere ogni luogo ed ogni abitazione per portare, a chi ne ha bisogno, i benefici della loro competenza. Un grazie a coloro che si sono adoperati nella realizzazione del progetto. Da settembre, l’iniziativa sarà seguita molto dalla direzione di ANTROPOS IN THE WORLD che darà tutte le informazioni che i lettori della rivista vorranno ottenere.
ISTITUTI PARITARI A PAGANI
RAGIONERIA – LICEO SCIENTIFICO – LICEO DELLE SCIENZE UMANE ESAMI IN SEDE DI IDONEITA’
presso
L’ISTITUTO SAN GIUSEPPE – VIA FERRANTE 2 081 5157378 – 349 8770956 WWW.SANGIUSEPPEPAGANI.IT
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Antropos in the world
LA PAGINA MEDICA: a cura di Andropos
LE MALATTIE DELL’INVERNO (DUE) Con il termine “malattie invernali” si intendono le patologie da raffreddamento. In genere la gente si lamenta di una possibile “tendenza ad ammalarsi” che talora è effettivamente presente. Fitoterapici e stimolanti delle difese immunitarie Uno dei capisaldi della prevenzione invernale di quest'anno è un'associazione di Crucifere (cavolo, broccoletti, verza) con Zinco, Manganese e Beta-glucani. Zerotox Betamune è una preparazione originale che sfrutta appunto la significativa azione antinfiammatoria delle Crucifere, in grado di ridurre la PCR (Proteina C Reattiva) e altre citochine proinfiammatorie e di attivare la capacità di con-trollo degli inquinanti ambientali da parte dell'organismo. La sinergia con Zinco e Manganese (potenti attiva-tori delle naturali funzioni antiossidanti) e Betaglucani (che modulano il sistema immunitario) consente di usare questo prodotto con efficacia sia per la prevenzione delle malattie invernali che nella cura dei disturbi respiratori durante tutto l'anno. Betamune può essere usato a lungo in fase pre-ventiva (1 tavoletta al giorno), ma l'associazione dei vari componenti consente di utilizzarlo anche in casi acuti (tosse, bronchite, raffreddamenti) per aiutarne la rapida risoluzione con dosi fino a 3-4 tavolette distribuite nella giornata. Il nostro sugge-rimento è quello di iniziare da ottobre con l'assun-zione di una tavoletta al giorno, mantenendone l'assunzione fino alla comparsa delle gemme sugli alberi (fine febbraio, inizi di marzo). Antiossidanti e Minerali Adulti e bambini, a partire dal mese di ottobre, pos-sono iniziare a prendere ogni giorno 5 ml di Oximix 1+ (miscela di oxiprolinati adatti alla protezione invernale) assumendoli durante un pasto dopo avere diluito la quantità in mezzo bicchiere d'acqua o di spremuta, ad esempio durante o dopo la prima colazione. Si tratta di una miscela di minerali che stimolano efficacemente la capacità difensiva del sistema immunitario. In periodi di particolare freddo, umidità, affollamento, la dose può essere raddoppiata per periodi di 8-10 giorni, soprattutto in concomitanza di particolare freddo o di picchi epidemici. Troviamo poi alcune sostanze antiossidanti e immunostimolanti (come acido lipoico, N-acetil cisteina o NAC e Zinco), in una composizione come Stimun-Ox 800 (di cui prendere 1 tavoletta al mattino per tutto il periodo invernale) che migliora le difese antinfettive, attivando anche una forte azione antiossidativa. Vitamina C Durante il periodo che va da ora a marzo, almeno fino a che non compaiano sugli alberi le gemme che annunciano la successiva prima-vera, va presa una integrazione di Vitamina C. Gli esperti suggeriscono in genere una dose compresa tra 500 e 1000 mg al giorno, preferendo un preparato a
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lento rilascio, in modo da potere effettuare una sola assunzione al giorno (ad esempio Ester-C Plus 500, 1 capsula da 500 mg) o 1 dose al giorno di Selenio Vitamina C di Driatec (2,5 ml). Quest'ultima preparazione è particolarmente indicata anche per i bambini, vista la facilità di assunzione in forma liquida (stesso dosaggio degli adulti). Medicinali omeopatici - Lo schema più semplice è quello di utilizzare, come viene fatto in molti paesi europei, una dose di Oscillococcinum 200K ogni settimana, iniziando da ora e terminando alla fine dell'inverno. Un altro schema che si consiglia di frequente è quello effettuato attraverso l'impiego di un medicinale omeopatico preparato a partire dai ceppi influenzali precedenti (Influenzinum (I.N.F.) 200 CH, del quale prendere 1 Tubo Dose, ogni 4 settimane per 3 volte; per l'inverno 2015 le date potrebbero essere, usando le domeniche come punto di riferimento. Tè verde - Il Tè verde ha documentato, in lavori recenti una spiccata azione antivirale e una spe-cificità di azione nei confronti di tutti i virus H1N1, che anche quest'anno saranno presenti nella diffu-sione mondiale dei virus. Si tratta quindi di una potente arma a disposizione sia per la prevenzione dell'influenza A (1 tavoletta al giorno di Fito Tè Verde per tutto il periodo invernale) sia per una azione di difesa specifica (2-4 tavolette
al giorno) nei giorni in cui si abbia la sensazione di essere sotto assedio per il freddo, l'eccesso di contatti ambientali con persone malate e così via. L'assunzione di tè verde come bevanda aiuta sicuramente a migliorare le proprie capacità di-fensive, e come ormai è noto, il tè verde aiuta anche il consumo di calorie, quindi è spesso molto gettonato da chi cerca anche di controllare la propria forma fisica. Lo schema consigliato è pertanto: 1 Betamune al giorno 1 dose (5 ml) di Oximix 1+ al giorno 1 tavoletta di Vitamina C da 500 (Ester C plus 500). Cosa fare ai primi sintomi (in aggiunta alla terapia di prevenzione): Olio essenziale di melaleuca, tre gocce da deglutire rapidamente, prima di colazione.Comunque, in caso di malattia, il vostro medico potrà consigliarvi per il meglio, dopo attenta visita.
Il BASILISCO Periodico dellaAssociazione Lucana Salerno Presidente: Rocco Risolia
Antropos in the world
I GRANDI PENSATORI: a cura di Andropos
Ἀναξίμανδπορ Nel contesto dei presocratici e dei Milesi si colloca insieme a Talete anche Anassimandro, che nacque a Mileto nel 610 circa a.c. e morì intorno alla metà del sesto secolo: la tradizione vuole Anassimandro discepolo di Talete; dato che a quei tempi non c'erano le scuole, si doveva trattare di un vero e proprio rapporto di disdcepolato personale. Senz'altro Anassimandro ha preso qualcosa da Talete: egli infatti si cimenta nella ricerca di un solo principio e per di più che ha a che fare con l'acqua (sebbene non sia proprio acqua pura). Anassimandro scrisse un'opera in prosa (Sulla natura, ): la poesia cessa di essere l'unico veicolo o, comunque, il veicolo per eccellenza per trasmettere le conoscenze sull'universo e sugli uomini. Ciò non toglie, tuttavia, che lo stile prosastico da lui impiegato non concedesse ampi margini ad un linguaggio immaginifico e poetico, volto ad accattivarsi l‟attenzione dei lettori. Di tutta la sua opera, però, possediamo un solo frammento, peraltro difficile da contestualizzare. Se ci basassimo solo su questo frammento, Anassimandro ci sembrerebbe interessato solamente di cosmogonia. Però tramite varie testimonianze ci è possibile comprendere che in realtà Anassimandro si interessava di parecchie cose e la sua opera doveva spaziare nei campi più vasti. A quei tempi il suo libro sarebbe senz'altro stato catalogato come di "storia" (dove la parola storia assume un significato differente da quello che comunemente le attribuiamo: tale parola è infatti riconducibile alla radice , a sua volta riconducibile al verbo greco , vedere ), ossia di descrizione del mondo: l'opera iniziava con una cosmogonia (da cui è tratto il frammento che ci è pervenuto) in cui Anassimandro cercava di dare una spiegazione all'origine dell'universo e poi proseguiva con una cosmologia, dove egli spiegava la struttura dell'universo. La sua opera non si limitava alla cosmologia e alla cosmogonia (che però senz'altro dovevano essere le parti più filosofiche), ma toccava anche altri argomenti. Ad Anassimandro viene tra l'altro attribuita la prima cartina geografica del mondo allora conosciuto e l'invenzione dell'orologio solare: in tal modo spazio e tempo diventano entità descrivibili e misurabili; l'universo e il tempo in cui si scandisce la sua vicenda possono uscire dalla dispersione e essere ricompresi in una prospettiva unitaria. Oltre alle questioni di ordine stilistico, la grande innovazione apportata da Anassimandro risiede nell‟aver individuato l‟ non già in un
qualcosa di materiale ed empiricamente constatabile (al pari dell‟acqua di Talete, bensì una realtà soprasensi bile,forse in base al ragionamento che l‟ non può essere una sola delle entità visibili, ma piuttosto un qualcosa da cui tutte scaturiscano.Per questa via, Anassimandro passa dal visibile all‟ invisibile. Tale invisibile è da lui ravvisato nella , ovvero – letteralmente – in "ciò che non ha limiti" (). Questo "illimitato" trova una sua collocazione fisica alla periferia di un universo sferico al cui centro è posizionata la Terra, dotata di forma cilindrica dalla periferia (essa è dunque in perfetto equilibrio nella sua immobilità, senza bisogno di alcun sostegno, nemmeno dell‟ac-qua supposta da Talete). Dall‟ si genera-no in primis le "qualità contrarie" (caldo/freddo, secco/umido, ecc), ossia gli elementi, giacchè alla natura di ciascun elemento corrisponde una data qualità (così al fuoco corrisponde il caldo, all‟acqua il freddo, ecc). In questo senso, allora, l‟ manca, oltre che di limiti, anche di qualità: proprio da questo sostrato aqualitativo nascono i quattro elementi costituenti la realtà. Non è un caso che, nell‟universo, ogni cosa sia dotata di limiti precisi: dalla realtà illimitata () nascono tutte le cose e ciascuna di esse diventa col nascere il limite di tutte le altre (tant‟è che nel definirla non facciamo che distinguerla dalle altre. In realtà la parola è intraducibile a causa della sua polisemia e si preferisce non tradurla: in essa ci sono infatti troppi sottintesi e significati per cui scegliendone uno (che può benissimo essere corretto) se ne tagliano automaticamente fuori altri altrettanto corretti. I due significati principali della parola sono "infinito" e "indefinito", il primo con valenza quantitativa, il secondo con valenza qualitativa. Per Anassimandro, però, entrambi i significati erano contenuti nel termine di aprirono. ( Continua)
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εἴρηκε τῶν ὄντων τὸ ἄπειρον IL PRINCIPIO DEGLI ESSERI E’ L’INFINITO Anassimandro di Mileto
Antropos in the world DA PAVIA
La corda del silenzio Una signora mi ha chiesto se in carcere si muore ancora? Qualcuno le ha detto che il sovraffollamento come problema endemico della Amministrazione Penitenziaria è stato debellato. Che la totale chiusura di movimento all‟interno degli istituti è stata corretta e riveduta. In carcere ora è possibile vivere e non solo sopravvivere. Con questo nuovo regime carcerario non si hanno più notizie di detenuti che si sono ammazzati. Forse una visitina in qualche galera non sarebbe inappropriato farla svolgere, non nell‟ufficio del Direttore, neppure nella condizione di detenuto, ma volontariamente, tanto per rendersi conto di come una certa disinformazione mieta vittime non solo dentro una prigione, ma anche nella società cosiddetta libera, costringendo le persone ad allontanarsi dalla realtà circostante, che invece riguarda tutti. In carcere si continua a morire malamente,si muore e tutto finisce lì, senza interrogativi, senza timore di incorrere in una riflessione che faccia male. Ci si ammazza, tutto qui, niente di eccezionale, come se non accadesse, come se questa ferita persistente della giustizia fosse un semplice ruminar di parole. No, amica mia, in carcere non c‟è tregua a una sfrontata normalità della morte, della violenza, permane un evento critico accettabile, nulla di più e nulla di meno di un conto di mano, una somma da detrarre al famigerato disagio del sovraffollamento. A volte mi chiedo le ragioni per queste assurde campagne disinformanti, i silenzi assordanti, i rumori ovattati e orchestrati ad arte sulla pena, sulla punizione, sul carcere come Istituzione. Me lo chiedo perchè chi porta avanti questa sorta di alambicco residuale del male che guarisce altro male, della violenza che sana altra riproduce il disvalore del cane che si morde la coda, consentendo di aggirare il violenza, non
alimenta l‟economia del dettato costituzionale, ma il suo opposto e contrario: una indifferenza feroce che non risparmia alcuno. Sottostimare questo ragionamento rispetto della pratica delle leggi, che sono tali, non solo tra la collettività esterna, ma anche e soprattutto dentro una cella, dove è necessario veramente tentare di essere-diventare migliori, ma ciò può accadere solamente con la promozione del pieno sviluppo della persona. Una persona viva, non morta, perché in tal caso nulla apporterebbe in termini di prevenzione,infatti trasformare un luogo di morte in una dimensione di speranza, comporta un grande dispendio d‟energie per svolgere una congrua manutenzione delle cosciencoscienze ritrovate. Papi e Presidenti, riferimenti certi perché autorevoli,ci ripetono come dischi incantati,che c‟è un grande bisogno di recupero della legalità, valore questo che non può esser richiesto a comodo,tanto meno licenziato come qualcosa di scontato, per niente eccezionale. Cara amica in carcere si continua a morire disperatamente ( SENZA PIU' SPERANZA), senza lasciare alcun monito in queste assenze, sbrigativamente additate come un abuso alla propria libertà personale, dimenticando che l‟uomo ristretto, nel frattempo quella libertà l‟ha perduta. Vincenzo Andraous
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Antropos in the world IO LA VEDO COSI’
SULL’ORMA DEI PADRI E DELLA NOSTRA STORIA Non si può dire io sarò senza sapere cosa sono e cosa ero: l’importanza di trasmettere ai giovani l’eredità culturale che parla delle nostre radici e, sull’orma dei padri e della nostra storia, come possono proiettarsi nel futuro. Cicerone scriveva: “Tutte le altre cose sono false, incerte, caduche, instabili: la virtù soltanto è fissa, con radici saldissime; la quale mai può essere scossa con alcuna forza, mai essere smossa dal posto”. E tra le virtù fisse, stabili, e non caduche c‟è il rispetto degli avi, delle tradizioni culturali, delle religioni, della famiglia. In un parola: il „mos maiorum‟. I giovani latini sapevano bene quanto fosse importante allinearsi adeguatamente con le tradizioni degli avi per bene costruirsi una scia su cui camminare per il resto della loro vita, in modo saldo e costruttivo. Diversa è la situazione odierna della nostra gioventù: all‟avanguardia, tecnologica, iper-connessa; ma anche smarrita, senza più certezze, persa nel presente ed incapace di collocarsi nel futuro. Colpa della crisi. Colpa della crisi economica, della crisi della famiglia, della crisi dei valori. E così, pregni di cultura classica e carichi di un rispetto da tributare doverosamente alle nostre origini culturali, quelle magno greche e latine, bisogna recuperare l‟eredità culturale e il rispetto delle tradizioni, dai nostri avi, memori del rispetto dei giovani romani verso chi li aveva preceduti. Il presente dei giovani è inevitabilmente proiettato al futuro, ma la proiezione deve affondare le sue salde radici in un passato stabile. Importante dunque l‟eredità culturale che parla delle nostre radici. La cellula primigenia della società è la famiglia, lì dove la gioventù inizia ad impiantare le proprie radici, lì dove vengono trasmessi i primi valori di rispetto e condivisione, cose essenziali affinchè ogni uomo impari a regolarsi e a vivere nella società. Perché se nessun uomo è un‟isola ed è dunque un animale sociale, come sosteneva Aristotele, la prima grande eredità culturale per i giovani è l‟imprinting trasmesso dalle proprie famiglie, con quel senso di appartenenza ad un microcosmo fatto di devozione familiare, senso del sacrificio e del dovere; un microcosmo non più patriarcale e gerarchizzato, ma con la madre che affianca il padre con pari dignità, trasmettendo senso di amore, devozione, eguaglianza e rispetto alle giovani generazioni.
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Ad aiutare a non far dimenticare ai giovani il proprio passato, per ben costruire il futuro, figurano le tradizioni locali. La terra natia. Non c‟è nulla che parli più marcatamente di chi siamo se non la terra natale, con le sue tradizioni, i suoi usi e costumi, le credenze più arcaiche ed i dialetti che hanno storie millenarie alle spalle. L‟attuale gioventù è sempre più radicata nel mondo, con un senso di cosmopolitismo tutto illuminista, basta un „click‟ e ci si connette con l‟altra parte del mondo. I figli del nostro tempo sono figli del mondo, spesso dimentichi che a dettare chi sono, figurano in prima istanza le radici culturali, tutte interiorizzate nel proprio dna. Il folklore racchiude tutte usanze culturali, che abbracciano il ciclo della vita umana, le dimore agricole, le usanze della vita bucolica, marinara e pastorale, la superstizione, la religiosità, l‟arte più schietta e sincera; tutto questo è ciò che è l‟Italia prima che si proiettasse nell‟ampio panorama europeo e mondiale. Allora, è bene che le nuove generazioni imparino prima a guardarsi dietro, a guardare la terra su cui camminano, ad apprezzare quei valori arcaici e genuini dell‟Italia che fu e ad amare la propria terra d‟origine. Solo amando la propria terra d‟origine, si può amare il mondo e costruire dunque qualcosa di grande. Un futuro è grandioso solo allorquando si appoggia su piedi stabili. Maresca Maria Rosaria
Il prezzo di questa crisi di valori lo pagheremo caro
Chi noi? E‟ un‟eredità che va tutta ai figli!
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DA TARANTO
L’ARTE POETICA NEL RACCONTO DELLA VITA
Nell’avvicinarsi all’arte, la poesia può sembrare una montagna di parole inutili. Il poeta, però, con la sua lanterna, porta la luce e cerca d’illuminare i reconditi aspetti dell’animo umano. Ognuno di noi, leggendo o ascoltando dei versi poetici, elabora il proprio pensiero creandosi una propria immagine, dipingendo mentalmente e raffigurando idealmente un quadro…appeso su una parete bianca. La poesia è creazione della mente, espressione della propria sensibilità interiore, moto dell‟anima. Deve poter essere fattiva, concreta, non astrusa, fatta da virtuosismi sterili e di incomunicabilità, sinonimi di un esasperato ermetismo, oscuro e incomprensibile. La poesia è semplicità, messaggio creativo e trasparente, fruibile da tutti coloro i quali vogliono attingere nel proprio credo, nella propria costruzione esistenziale e nutrire la propria anima in piena libertà e soggettività. Nella capacità di sintesi, la poesia deve poter essere fruibile dai lettori, quindi avere un linguaggio diretto e immediato, semplice nella forma, non può essere riservata esclusivamente agli addetti ai lavori (giurie tecniche e accademie varie ghettizzanti), altrimenti si rischierebbe l‟isolamento dal contesto generale, venendo meno al principio della comunicabilità ed acuendo lo scarso seguito culturale. I versi poetici devono poter colpire il cuore della gente, l‟intimo profondo, generando e stimolando la propria sensibilità. La poesia, quindi, deve innalzare, commuovere, entusiasmare. Il poeta deve esternare i propri sentimenti, la propria idea in una elaborazione semplice del pensiero, seppure in una ragnatela metaforica, deve poter comunicare e quindi rendere partecipi i lettori, testimoniare il proprio vissuto, nella speranza di migliorare e migliorarci nella quotidianità esistenziale e poter interagire e cogliere l‟essenza della vita e il suo mistero. Il cantore di versi, nella leggerezza dell‟essere, deve poter accarezzare la realtà, viaggiando nel segno della fede e della speranza, lasciando una traccia visibile e indelebile del proprio transito terreno, continuando così a vivere per l‟eternità. La creazione, l‟evoluzione, l‟eternità, il mistero dell‟uomo, il mistero della vita; la fede a sostentamento del dubbio, la fede come speranza nel dissolvere quella logica razionalità dell‟uomo moderno e lo scetticismo quindi nella sua religiosa spiritualità. Cercare di bruciare il dubbio, lentamente al calore di quella flebile fiammella, per mantenere viva la luce Divina e abbracciare forte il senso dell‟eternità.
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La vita è passione, sentimento, felicità, dolore, tormento… Voglia di poesia, per sognare, amare, volare… guardare il mondo con gli occhi dello stupore e della curiosità infantile del bambino che ognuno di noi dovrebbe sempre portare un po‟ dentro, accarezzando, quindi, la semplicità della vita, per entrare in armonia con tutto ciò che ci circonda ed essere in simbiosi con l‟intero universo.
Antonio Bicchierri ___________
Tratto dalla pubblicazione premio del libro di poesia “In cammino…” - Editrice Carta e penna – Torino 2007
Amo… Amo la media noche en tú rostro, el azulado gesto del sentimiento, las ocres hojas de este silencio, tú calor bañando mí cuerpo Amo el invulnerable amor que te profeso que todo lo reúne, encadena y fluye tan intensamente con sus propios motivos y me sorprendo pensando ¿eres parte de un sueño o me lo imagino? Amo estas húmedas ansias de lluvia, tan tuyas, tan mías, ya que sin ella por ti yo moriría Amo la tarde invernal que nos une, que dibuja en el horizonte tú silueta, pero aún sin saber siquiera la razón de mis sentimientos, sin ti no podría continuar Amo tu seducción poblada de color que apacigua mi dolor, que todo lo devela hasta la sombra del deseo, la festiva lágrima que me da feliz un beso, como el sacrosanto amor eterno, el beso que se volvió rio y surca mis desiertos Amo los recuerdos que se tornaron vida, la vida que se volvió recuerdo, porqué no puedo sin razón continuar, y moriría si tú corazón me dejara de amar Amo todas las cosas que albergan tus recuerdos; la soledad, el corazón que late en las olas de la pasión, el salvaje viento que se esparce por mí cuerpo y me da sosiego … Amo… Noris Roberts (*) ____________ (*) Poetessa de Venezuela
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PIATTI TIPICI DEL MEDITERRANEO - A cura di Rosa Maria Pastore
SCHIACCIATINE AL MARSALA Ingredienti per 4 persone 600 g di polpa di manzo 200 g di mollica di pane 200 g di panna - 2 uova 1 bicchiere di latte, 1 bicchiere di marsala sec-co, sugo di carne,parmigiano grattugiato, aglio, sale, olio d‟oliva. Preparazione In una terrina impastare la carne macinata con la mollica di pane appena ammorbidita nel latte e ben strizzata; aggiungere le uova, la panna, due cuc-chiai di parmigiano, un po‟ di prezzemolo tritato, un pezzetto di aglio finemente tritato ed il sale; amalgamare bene lavorando a lungo l‟impasto finché risulti soffice e compatto. Dividerlo in otto parti e formare delle schiacciatine dalla forma a piacere. In una larga padella riscaldare poco olio d‟oliva e friggervi le schiacciatine. Quando saranno ben rosolate da ambo i lati bagnare con il marsala e far evaporare, aggiungere un mestolo di sugo di carne e far insaporire a fuoco dolce per una diecina di minuti.Servire con pureé di patate. CHATEAUBRIAND Ingredienti per 4 persone 4 grosse fette di manzo 1 scalogno, alloro, timo, dragoncello 4-5 champignon, 100 g di vino bianco secco 50 g di burro Estratto di carne (dado) Preparazione In una piccola casseruola mettere vino, champignon e scalogno tritati, un pezzetto di alloro e di timo e a fuoco basso ridurre alla metà. Unire un cucchiaino di estratto, filtrare la salsa e tenerla in caldo. Nel frattempo in una padella antiaderente fondere il burro, cuocere al sangue i filetti e metterli sul piatto di portata riscaldato. Con un po‟ d‟acqua staccare il fondo di cottura, versarlo nella salsa, aromatizzarla con dragoncello fresco tritato servirla per accompagnare la Chateaubriand.
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FILETTO IN SALSA Ingredienti per 4 persone 4 filetti di manzo di circa 200 g ciascuno 4 pomodori per insalata 100 g di ruchetta 100 g di olio d‟oliva basilico, aglio, sale Preparazione Tritare aglio e basilico, lavare e spezzettare la ruchetta, tagliare i pomodori a dadini, condire tutto in una coppetta con olio e sale e lasciar riposare in un luogo fresco. Nel frattempo cuocere i filetti ai ferri per circa 15 minuti, disporli su quattro piatti ben caldi, perché la carne non si raffreddi e distribuire su ognuno in parti uguali la salsa precedentemente preparata. Servire immediatamente. SPIEDINI AL FORNO Ingredienti per 4 persone 300 g di carne macinata 150 g di pane raffermo 1 uovo 50 g di parmigiano grattugiato 100 g di pancetta tesa pancarré olio d‟oliva, latte prezzemolo, sale, pepe. Preparazione Con la carne, il pane imbevuto nel latte, l‟uovo, un po‟ d‟olio, sale, pepe, prezzemolo e parmigiano preparare delle polpette dando loro una forma allungata. Dividere ogni fetta di pane in quattro, preparare gli spiedini alternando pezzetti di pane e polpette su stecchini ognuno dei quali sarà formato da tre polpette e quattro pezzi di pane, cominciando e terminando con questi ultimi. Poggiare gli spiedini sulla placca del forno leggermente unta, irrorarli con un filo d‟olio e infornarli a 180° per 30-40 minuti finché la carne sia cotta ed il pane rosolato. Servire con patatine fritte e spicchi di limone.
Antropos in the world UNA DONNA NELLA LETTERATURA – a cura di De Boris
CHI ERA LA BEATRICE DI DANTE? Scarsi sono sempre stati i documenti certi sulla sua vita, arrivando a far persino dubitare della sua reale esistenza. L'unico, fino a poco tempo fa, in nostro possesso, era il testamento di Folco Portinari datato 1287. Vi si legge: ...item d. Bici filie sue et uxoris d. Simonis del Bardis reliquite [...], lib.50 ad floren, cioè si parla di un lascito in denaro alla figlia Bice maritata a Simone de' Bardi. Folco Portinari era stato un banchiere molto ricco e in vista nella sua città, nato a Portico di Romagna. Trasferitosi a Firenze, viveva in una casa vicina a Dante ed ebbe sei figlie. Folco ebbe il merito di fondare quello che tutt'oggi è il principale ospedale nel centro cittadino, l'Ospedale di Santa Maria Nuova. La data di nascita di Beatrice è stata ricavata per analogia con quella presunta di Dante (coetanea o di un anno più piccola del poeta, che si crede nato nel 1265); la data di morte è ricavata dalla Vita Nuova di Dante stesso e forse non è altro che una data simbolica. Anche molte delle notizie biografiche provengono unicamente dalla Vita Nuova, come l'unico incontro con Dante, il saluto, il fatto che i due non si scambiarono mai parola, ecc. Beatrice, figlia di un banchiere, si era imparentata con un'altra famiglia di grandi banchieri, i Bardi, andando in sposa ancora giovanissima, era adolescente, a Simone, detto Mone. È recentissimo il ritrovamento di nuovi documenti, nell'archivio Bardi, su Beatrice e suo marito da parte dello studioso Domenico Savini. Tra questi, un atto notarile del 1280, dove Mone de' Bardi cede alcuni terreni a suo fratello Cecchino, con il beneplacito della moglie Bice, che all'epoca doveva avere circa quindici anni. Un secondo documento del 1313, quando cioè Beatrice doveva essere già morta, cita il matrimonio tra una figlia di Simone, Francesca, e Francesco di Pierozzo Strozzi per intercessione dello zio Cecchino, ma non è specificato se la madre fosse stata Beatrice o la seconda moglie di Simone, Bilia (Sibilla) di Puc-cio Deciaioli. Altri figli conosciuti di Simone sono Bartolo e Gemma, la quale venne maritata a un Baroncelli.Un'ipotesi plausibile è che Beatrice sia morta così giovane forse al primo parto. Il luogo di sepoltura di Beatrice viene tradizionalmente indicato nella chiesa di Santa Margherita de' Cerchi, vicina alle abitazioni degli Alighieri e dei Portinari, dove si troverebbero i sepolcri di Folco e della sua famiglia. Ma questa ipotesi, sebbene segnalata da una lapide moderna che colloca la data di morte di Beatrice al 1291, è incoerente perché
Beatrice morì maritata e quindi la sua sepoltura avrebbe dovuto avere luogo nella tomba della famiglia del marito. Infatti Savini indica come possibile luogo il sepolcro dei Bardi situato nella basilica di Santa Croce, sempre a Firenze, tutt'oggi segnalato nel chiostro da una lapide con lo stemma familiare, vicino alla Cappella dei Pazzi. Beatrice è la prima donna a lasciare una traccia indelebile nella nascente letteratura italiana, nonostante analoghe figure femminili siano presenti an-che nei componimenti di Guido Guinizzelli e Gui-do Cavalcanti, anche se non con l'incisività del personaggio dantesco. A Beatrice è dedicata la Vita Nuova, dove il poeta raccoglie entro una struttura in prosa una serie di componimenti poetici scritti negli anni precedenti. Secondo la Vita Nuova Beatrice fu vista da Dante per la prima volta quando aveva 9 anni e i due si conobbero quando lui aveva diciotto anni. Andata in sposa al banchiere Simone dei Bardi nel 1287, si crede anche che si sia spenta nel 1290, a soli ventiquattro anni. Quando morì, Dante, disperato, studiò la filosofia e si rifugiò nella lettura di testi latini, scritti da uomini che, come lui, avevano perso una persona amata. La fine della sua crisi coincise con la composizione della Vita Nuova (intesa come "rinascita"). Nella Divina Commedia Beatrice subisce un processo di spiritualizzazione e viene riconosciuta come creatura angelica (secondo gli ideali stilnovistici). Ella rappresenta la Fede, che accompagna il pellegrino nel Paradiso. I riferimenti alla fanciulla Beatrice che Dante, nella Vita Nova, narra di avere incontrato, prima a nove anni poi a diciotto, sembrano troppo attentamente costruiti per risultare pienamente convincenti come episodi biografici. Una luce diversa su Beatrice come figura di creazione Dantesca può arrivare dalla lettura del Canto di un poeta provenzale vissuto, prevalentemente in Italia, circa un secolo prima di Dante: Raimbaut de Vaqueiras. Il canto è Kalenda Maya, la penultima strofa inizia così: « Tant gent comensa, / Part totas gensa, Na Beatritz, e pren creissensa / Vostra valensa; Per ma credensa, / De pretz garnitz vostra tenensa E de bels ditz, senes failhensa; / …» « Tanto gentile sboccia, / per tutta la gente, Donna Beatrice, e cresce / il vostro valore; di pregi ornate ciò che tenete / e di belle parole, senza falsità;di nobili fatti avete il seme;/ …»
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Antropos in the world
STORIA DELLA MUSICA - A cura di Ermanno Pastore
LA MUSICA LEGGERA - I BEATLES (IV parte) Per rimediare ai sempre più frequenti contrasti interni (dovuti anche alla presenza ingombrante della nuova compagna di Lennon, Yoko Ono), nacque l'idea di "tornare alle origini" con un disco più spontaneo e meno ricercato, registrato in diretta senza le ricercatezze e le elaborazioni in studio dei loro ultimi lavori. Il progetto, dal nomeGet Back, prevedeva anche un film sulla sua realizzazione e il ritorno a una performance dal vivo. Le riprese delle sedute di registrazione furono affidate al regista Michael Lindsay-Hogg. Venne così immortalato un litigio tra Paul e George a proposito del modo in cui il chitarrista "interpretava" la musica di McCartney: un episodio che ben rifletteva le tensioni latenti nel gruppo. Le riprese, iniziate negli inospitali studi cinematografici di Twickenham a Londra, poi abbandonati per uno studio casalingo alla Apple Records in Savile Row, sarebbero diventate un film uscito con lo stesso titolo dell'album, Let It Be - Un giorno con i Beatles, destinato a restare – e a farli restare – nella storia della musica pop. Dopo molte ipotesi – tra cui quelle di tenere un concerto di chiusura su una nave, in un anfiteatro in Tunisia o nella cattedrale di Liverpool – il palcoscenico, l'ultimo stage, divenne la terrazza del loro quartier generale londinese, la Apple, al numero 3 di Savile Row dove, il 30 gennaio del 1969, ebbe luogo il loro ultimo concerto dal vivo. Il pubblico era costituito, oltre che dagli operatori addetti alle riprese cinematografiche del concerto, da una manciata di fortunatissimi curiosi, per lo più impiegati dello stesso stabile, che scalando comignoli e tetti, mai potevano immaginare che sarebbero stati fortunati testimoni di un evento. In strada, per contro, decine e decine di poliziotti faticavano a tenere a bada ancora una volta l'ennesima (e ultima) massa di fans che avevano appreso in qualche modo la notizia della performance. Ma già dopo le incisioni di gennaio 1969, i Beatles persero entusiasmo per il film Get Back e per l‟omonimo disco. Perciò lasciarono i nastri al tecnico del suono Glyn Johns che fu incaricato di mixare il materiale. Johns si mise al lavoro, preparando in varie sedi e in tempi diversi alcune varianti di acetati che potevano costituire altrettante versioni dell‟album; ma i risultati del lavoro del tecnico non ricevettero grande attenzione né videro mai la luce, almeno nella discografia ufficiale della formazione.
Con la scusa dei ritardi nella confezione dell'album e nella postproduzione della pellicola, Get Back venne più volte rimandato. I problemi erano effettiva-mente altri: i piccoli rancori personali e i grandi di-sastri finanziari scaturiti dalla Apple. L'ingresso del manager Allen Klein, destinato a risanare il grave deficit, fu osteggiato dal solo Paul, il quale propose lo studio dell'avvocato Eastman, il padre di Linda. Su quella disputa, importante ma in altri tempi proba-bilmente superabile, i quattro ruppero del tutto i rapporti, e poco dopo persero anche il controllo sulla Northern Songs, che controlla i diritti editoriali di quasi tutto il catalogo dei Beatles. Mentre McCartney stava registrando i brani del suo primo album da solista, Lennon aveva da poco esor-dito in concerto con il suo nuovo gruppo, la Plastic Ono Band. Il 3 gennaio del 1970, Paul, George e Ringo effettuarono l'ultima seduta a nome Beatles e registrarono una canzone di Harrison, I Me Mine, ultima aggiunta all'album. Poche settimane dopo, Paul comunicò ai compagni l'intenzione di abbandonare il gruppo. Dopo l'uscita di Abbey Road, Harrison e Lennon, all'insaputa di McCartney, chiamarono l'af-fermato produttore Phil Spector per affidargli i nastri di Get Back: nastri che Spector in alcuni casi rie-laborò appesantendoli con gli effetti del “muro del suono”, tecnica di sua ideazione. ( Continua)
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Ἀγαθοὶ δ'ἀριδάκρσες ἄνδρες. Dalle molte lacrime sono gli uomini valenti. [Zenobio]
Antropos in the world POLITICA E NAZIONE – OVVERO IL PENSIERO DELLA GENTE COMUNE
E NOI PAGHIAMO!
Il sistema politico sta portando l‟Italia al declino, e non solo economico. Non è più possibile reggere l‟ingorda presenza delle migliaia di politici che, con tutti i mezzi e gli organi dello Stato a disposizione, bloccano riforme indispensabili, per mantenersi classe d‟eccellenza parassitaria I politici hanno impregnato con la loro presenza ogni spazio dell‟architettura dello Stato, anche periferica. Si sono impadroniti di tutti i piccoli e grandi centri di potere, anche privati, che si relazionano con lo Stato, dal quale ottengono finanziamenti, erogazioni, detrazioni, concessioni e privilegi. In tal modo, i parassiti proliferano e si ingrassano sempre più, come risulta dall‟organigramma comparativo che segue. Nelle democrazie di tutto il mondo, il rapporto medio è di un parlamentare ogni 240.000 abitanti, in Italia invece è di uno ogni 63.000 abitanti. Ci ritroviamo così 945 parlamentari (630 deputati + 315senatori), ai quali va aggiunto quello dei senatori a vita. Negli altri paesi del mondo invece la realtà è ben diversa: Stati Uniti……………………………….. 535, su una popolazione di 316,1 milioni di abitanti; Giappone ………………………………. 527, su una popolazione di 127,5 milioni di abitanti; India……………………………………….790, su una popolazione di 1miliardo e 252 milioni di abitanti; Germania………………………………. 682,su una popolazione di 80,62 milioni di abitanti; Spagna …………………………………. 614, su una popolazione di 47,27 milioni di abitanti. Partendo da queste considerazioni, tutti dicono che i parlamentari in Italia sono troppi e di volta in volta i vari capi di governo hanno manifestato la volontà di ridurre il loro numero, ma sono state solo parole. Invece, sono aumentati stipenti e privilegi. Eppure Letta, qualche anno fa, ebbe a dire che così la politica non è credibile perché la classe politica è sproporzionatamente grande e costosa. - 25 -
Aggiunse pure che tutti sapevano che la stragrande maggioranza dei parlamentari italiani non faceva niente, né avevano alcun rapporto con il territorio, perché scelti dai segretari politici dei partiti. In realtà, la corsa per diventare parlamentare non è dovuta alla volontà di migliorare la vita pubblica del popolo italiano, bensì al desiderio di migliorare la propria vita edi arricchirsi. Nel dettaglio, i parlamentari italiani, percepiscono stipendi annui con gli annessi privilegi che ammontano a : a) . Deputati…………….. 252.000; b) Senatori ……………. 255.000 Inoltre, incassano 103 mila euro per rimborso spese elettorali (in violazione alla legge sul finanziamento dei partiti). Tra le voci accessorie abbiamo: 1) DIARIA pari a euro 4.003,11 mensili. Viene riconosciuta per le spese di soggiorno a Roma: tale somma viene ridotta di 296,58 euro per ogni assenza del deputato ma solo per le assemblee dove si svolgono le votazioni; 2) RIMBORSO TRIMESTRALE per i trasferimenti dal luogo di residenza all‟ aeroporto. Se il politico copre una distanza inferiore a 100 km, percepisce solo, si fa per dire, £. 3.323,70 euro. Se la distanza è superiore ai 100 chilometri percepisce 3.995,70 euro. 3) RIMBORSO PER I PORTABORSE € 4.030 al mese; 4) RIMBORSO SPESE mensili per il rapporto tra eletto ed elettori € 4.190 euro; 5) ASSEGNO DI FINE MANDATO; 6) ASSEGNO VITALIZIO . Il vitalizio non è una pensione ma un assegno mensile che si può cumulare a stipendio o altra pensione; 7) RIMBORSO SPESE per ragioni di studio all‟estero o per attività connesse alla politica. A ciò si aggiunga, perché e quasi impossibile elencare tutti i benefici di cui godono i parlamentari italiani , che non pagano le spese di trasporto e/o di viaggio, e che usufruiscono, tra l‟altro, di tessere per la libera circolazione auto
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-stradale, ferroviaria, marittima, aerea e per l‟ingresso gratuito a teatri, ristorante, barbiere, assicurazione morte e infortuni, lavanderia, carburante, esenzione pagamento canone Rai etc. Il tutto, tramutato in cifre, assorbe una enorme somma dal bilancio dello Stato perché tutti i benefici, che egoisticamente e ipocritamente si sono creati per sé e per i loro familiari, sono soldi nostri, delle nostre fatiche, del nostro sudore e ricadono solo ed esclusivamente a discapito del popolo italiano. Cosi il politico italiano, in una sola legislatura, si porta a casa circa un milione e duecentomila euro . Un traguardo che un lavoratore italiano non porta a casa nemmeno dopo 50 anni di duro lavoro. Dal confronto, emerge netta la differenza con gli stipendi annui pei politici europei: Regno Unito…………………………€ 81.600; Germania.-…………………………...€ 84.108; Francia……………………………….€ 62.779; Portogallo ...…………………………€ 41.387; Finlandia……………………………..€ 59.640;
Consiglio che Mafalda decise di non seguire Dopo i funerali del cognato Boris III, la principessa Ma-falda decise di rientrare a Roma per congiungersi con i figli e la famiglia, incurante dei rischi: benché fosse figlia del Re d'Italia, e legatissima alla sua famiglia di origine, era anche e soprattutto cittadina tedesca, principessa tedesca, moglie di un ufficiale tedesco, quindi sicura che i tedeschi l'avrebbero rispettata. Dopo Sinaia, la prima tappa fu l‟Ambasciata Italiana di Budapest. Lasciato il treno, l‟11 settembre, la principessa prese un aereo procurato dai diplomatici italiani con destinazione Bari. Ma l‟aereo si fermò a Pescara. Per otto giorni la principessa alloggiò a Chieti, in un palazzo vicino alla Prefettura. Con mezzi di fortuna, il 22 settembre 1943 riuscì a raggiungere Roma e fece appena in tempo a rivedere i figli, custoditi in Vaticano da Monsignor Montini (il futuro Papa Paolo VI), escluso il maggiore, Maurizio, che era già in Germania, come il padre. Il 23 mattina, all'improvviso, venne chiamata al comando tedesco con tutta calma, per l'arrivo di una telefonata del marito da Kassel in Germania. Un tranello: in realtà il marito era già nel campo di concentramento di Flossenbürg. Mafalda venne subito arrestata e imbarcata su un aereo con destinazione Monaco di Baviera, fu trasferita poi aBerlino e infine deportata nel Lager di Buchenwald, dove venne rinchiusa nella baracca n. 15 sotto falso nome (Frau von W e b er ) .
Che dire di più? Non occorrono commenti: la casta privilegiata è tale, finché il popolo lo permetterà. Mario Bottiglieri
UNA STORIA D’ALTRI TEMPI “ITALIANI RICORDATEVI DI ME!”
Mafalda di Savoia sposa a Racconigi, il 23 settembre 1925, il principe tedesco Filippo, Langravio d'AssiaKassel, figlio del Langravio Federico Carlo d'Assia-Kassel, che fu per pochi mesi del 1918 re di Finlandia e Carelia. Eb be due figli: Federico ed Alessandro. Era il periodo della ascesa in Italia del fascismo, visto da Mafalda con simpatia. Per la nascita dei suoi figli, Hitler le conferì la croce al merito (come a tutte le mamme di numerosa prole). Pur non riconoscendo alcun titolo nobiliare, il partito nazista assegnò a suo marito Filippo un grado nelle SS e vari incarichi. Nel settembre del 1943, alla firma dell'armistizio con gli alleati, i tedeschi organizzarono il disarmo delle truppe italiane. Badoglio e il re trasferirono la capitale al Sud, ma Mafalda, partita per Sofia per assistere la sorella Giovanna, il cui marito Boris III era in fin di vita, non fu messa al corrente dei pericoli, forse per paura che informasse il langravio suo marito, che era agli ordini del Führer. Seppe quindi dell'armistizio mentre era in Ro mania. Ne venne informata nel suo viaggio di ritorno, alla stazione ferroviaria di Sinaia, in piena notte, dalla regina Elena di Romania, che aveva fatto fermare appositamente il treno e aveva tentato di farla desistere dal rientro in Italia.
Si sa anche che mangiava pochissimo e che quando poteva faceva in modo che quel poco che le arrivava in più fosse distribuito a chi aveva più bisogno di lei. Nell'agosto del 1944 gli anglo-americani bombardarono il lager; la baracca in cui era prigioniera la principessa fu distrutta e lei riportò gravi ustioni su tutto il corpo. Fu ricoverata nell'infermeria della casa di tolleranza dei tede-schi del lager, ma senza cure le sue condizioni peggiorarono. Dopo quattro giorni di tormenti, a causa delle piaghe insorse la gangrena e le fu amputato un braccio. Ancora addormentata, Mafalda venne abbandonata in una stanza del postribolo, privata di ulteriori cure e lasciata a sé stessa. Morì dissanguata, senza aver ripreso conoscenza, nella notte del 28 agosto 1944. a principessa Mafalda riposa oggi nel piccolo cimitero degli Assia, nel castello di Kronberg im Taunus vicino a Francoforte sul Meno. Le sue ultime parole:- Italiani ricordatevi di me!-
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ARECHI II RACCONTATO DAL PROFESSORE PASTORE DA “LE CRONACHE” DEL 9 FEFFRAIO 2015 Arechi II, grande uomo e statista, personaggio quasi mitico, di bell’aspetto, fiero, coraggioso, saggio, nobile nello spirito, estremamente colto e profondamente devoto; proclamatosi nel 774 erede legittimo di re Desiderio, del quale aveva sposato la figlia Adelperga, aveva a cuore il suo Principato e in particolare la città di Salerno che ingrandì, rafforzandone la difesa. Egli ridiede vita alla “Longobardia Minor” che stava scomparendo soffocata dalle mire papali e di altri piccoli stati italiani”. A raccontare le gesta del principe Arechi è stato il professor Franco Pastore, commediografo, scrittore, poeta, studioso delle tematiche sociali e direttore della nota rivista on – line di lettere e arti “Antropos in the World”, che ha presentato, nella sede dell”Associazione Lucana “Giustino Fortunato” di Via Cantarella, presieduta dal professor Rocco Risolia, la videoproiezione dell’Arechi II, tratto dalla “Saga dei Longobardi”, un libro che raccoglie cinque drammi storici, nel quale sono raccontati trecento anni di storia salernitana. “E’ presente in tutte le biblioteche universitàrie italiane ed è scaricabile su Google Play”,ha precisato il professor Pastore che ritiene fondamentale ricordare il passato: ”Il libro è un recupero della memoria, un insegnamento. Diventerebbe pleonastico pensare ad un futuro senza il ricordo del passato”.
Il professor Pastore, ha raccontato ai numerosi soci presenti, il grande successo ottenuto, cinque anni fa, dagli attori, diretti da Gaetano Stella, che interpretarono, a Pagani sul sagrato della chiesa del Corpo di Cristo, la sua opera con la regia di Matteo Salsano: “C’erano più di duemila persone che apprezzaronola rappresentazione teatrale dell’Arechi II” ha ricordato con orgoglio il professor Pastore che nel video, registrato in occasione della rappresentazione di Pagani, racconta le gesta
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di Arechi II. “E’ ambientato nelle atmosfere del 770 dopo Cristo e racconta la storia di Arechi II, che spera di diventare un giorno re di una sola grande Longobardia,comprendente la Longobardia maior ed il ducato di Benevento. E’ lo stato della Chiesa a dividere in due tronconi i possedimenti longobardi, ostacolandone l’unificazione.
Carlo Magno chiamato dal papa, dopo aver conquistato la Longobardia maior, nel 787 scende al Sud per completare l’opera di eliminazione dei Longobardi. Arechi II, subito invia al cospetto del re Carlo, alcuni ambasciatori e i suoi stessi figli come ostaggi. Carlo Magno accetta la sottomissione, gli lascia il ducato e torna in Francia. Il principe capisce di essere più sicuro a Salerno e la fortifica. Ancora oggi di quelle fortificazioni resta il castello. Arechi II fa edificare la città di forma rettangolare, con poche strade che calano dal monte e altre parallele alla costa. Sul mare colloca la sua reggia, alla quale è annessa anche la cappella palatina che prenderà il nome di San Pietro a Corte. Nel 787 morirà nella sua reggia, dopo aver sofferto la perdita del primogenito Romualdo”. Soddisfatto il professor Rocco Risolia, che, con le iniziative organizzate con la sua associazione lucana cerca di coltivare la cultura e la memoria e di mantenere saldo il legame dei soci con le proprie radici, esaltando i valori della terra lucana.” Ci proponiamo di organizzare altri incontri culturali dedicati al professor Pastore che ci farà conoscere le altre sue video – liriche, le sue favole e novelle che inducono ad una riflessione profonda e all’estasi”. ANIELLO PALUMBO
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Gaetano, dall’ITC San Giuseppe: Giovani, attenti al
TABAGISMO E ALLA GUIDA IMPRUDENTE! Purtroppo, in tutti i paesi del mondo, vi sono donne incinte che fumano, senza pensare ai gravi effetti che il fumo può avere sul feto. Ivan, ad esempio, che vive in Indonesia, già all‟età di 4 anni fumava. Oggi Ivan ha 8 anni e fuma ben 40 sigarette al giorno, sé non fumasse la sua dose giornaliera, inizierebbe ad avere momenti di schizofrenia. Le autorità hanno chiesto ai genitori di farlo smettere di fumare, ma non è stato possibile. Oggi, il 2% della popolazione giovanile indonesiana fuma, ma il referente sulla Protezione Dei Bambini, Arist Merdeka Sirait, incolpa l‟(M.D.S.), il Ministero Della Salute, perché non affronta seriamente il problema del fumo, che aggredisce la salute dei giovani con il fenomeno del TABAGISMO. In Italia, come in ogni parte del mondo,ci sono tabaccai che vendono sigarette ai minori. Ci sono anche alcuni Bar che non hanno la licenza per vendere tabacchi, mentre altri addirittura vendono sigarette di contrabbando come YESMOKE, MALBORO ,LUCKY STRIKE… ed altre. Oggi, i giovani comprano di tutto per fumare. In questi ultimi anni è arrivata sul mercato del fumo la sigaretta elettronica, che contribuisce anch‟essa a far morire le persone. Pertanto le l‟unica situazione è smettere di fumare. Un problema ugualmente grave è la guida imprudente di molti, che causa lutti e disgrazie inredibile in società. Già in passato, i giovani hanno causato molti incidenti, il più delle volte il sabato sera .I ragazzi uscendo dalle discoteche si dirigono a casa e, spesso, è capitato che alla guida non sono sobri e causano incidenti, i più delle volte mortali. Tutto questo perché in Italia non vi sono procedure appropriate. Occorrerebbe maggiore sorveglianza, accompagnata da un servizio straordinario di ambulaze. Sono pericolosi anche quelli che si distraggono con il cellulare e chi fuma guida. Oggi tutti portano la macchina, soprattutto i giovani neopatentati e le patenti non si ottengono più come il passato, oggi la si può
comprare e quindi molti l‟hanno acquistata. Ovviamente, non sono solo i giovani a sbagliare,vi sono anche gli anziani che, spesso, sono più pericolosi dei giovani. Infatti, a volte, non rispettano lo stop e le precedenze, ed altri ancora che,quando devono girare, non guardano né a destra, né a sinistra e, a causa loro, molte persone vengono investite. Altre persone invece non rispettano i cartelli stradali. Allora? Allora occorre stare molto attenti, perché la strada è …una vera giungla.
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IMMAGINI DI UN ALTRO TEMPO
IL CECIAIULO ED IL PANNAZZARO Nel XII secolo gli Arabi introdussero in Europa le prime cartiere, dove per lavorare la carta era necessario utilizzare materie prime formate da stracci di lino, cotone e canapa. Gli stracci venivano raccolti e puliti da operai chiamati cenciaioli. Con Regio Decreto del 18.6 1931 n° 773, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 26.06.1931 n°146, il cenciaiolo doveva iscriversi in un apposito registro presso l'autorità di pubblica sicurezza. Dal XV secolo al XVIII, a causa della penuria di stracci, la professione del cenciaiolo divenne sempre più importante ed indispensabile, tanto da costringere il produttore di carta a rivolgersi alle autorità, per garantire la tutela della figura professionale del raccoglitore di stracci. Nel 1884 lo scrittore e librettista Ferdinando Fontana nelle pagine del suo libro intitolato New-York scrive sui cenciaioli e spazzaturai emigrati in America: " razza più eletta dell'umanità, quella ita-liana, costretta a lustrare le scarpe a un "negro”. Nel dopoguerra, considerata la carenza di lavoro, era possibile avviare il mestiere di cenciaiolo con pochissimo denaro, visto il basso costo degli stracci, provenienti prevalentemente dagli Stati Uniti. Gli operatori addetti allo sfoderamento degli stracci erano per lo più ragazzini, pagati pochissime lire. Una delle città famose per la raccolta di stracci, fu Prato che divenne economicamente ricca, grazie ai suoi cenciaioli. In Europa la diffusione della carta creò dei problemi per il reperimento della materia prima, gli stracci. Nel XVII secolo nacque in Olanda il primo impianto metallico che riduceva gli stracci in poltiglia. In Germania la storia dei raccoglitori di stracci (Lumpensammler) risale al XVII secolo e ne è rimasta traccia fino agli anni cinquanta, soprattutto nella Germania Est. In Bretagna i cenciaioli erano solitamente dei bambini (Pilhaoners), particolarmente numerosi nella città di Botmeur.
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I pannazzari, i venditori ambulanti di stoffe e biancheria sono scomparsi con la seconda guerra mondiale. Questa attività veniva esercitata anche da donne fra cui Teresina Balzano vedova De Luca e Domitilla Pagano in Silvestri. Gli ultimi pannazzari sono stati i fratelli Giovanni e Salvatore Silvestri, emigrati da Ischia. Una volta quando la lira era uguale all'oro dai pannazzari veniva gridato: " 'na canne e meze 'na lire". La canne equivaleva a circa due metri di stoffa. Tra i caratteristici venditori ambulanti si ricorda Luigi Petrazzoli oriundo milanese,che andava in giro con un lungo cestello in testa nel quale v'erano aghi, spille, nastri ed altre ciancianfrusaglie.S‟annunziava alle compratrici con Un lungo sibilo che rassomigliava al suono di una trombetta."
“…Portami tu la pianta che conduce dove sorgono bionde trasparenze e vapora la vita quale essenza; portami il girasole impazzito di luce.” Eugenio Montale
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LE PROBLEMATICHE DELLA VECCHIAIA Di FRANCO PASTORE Ebook ISBN GGKEY K6C9CH88W3Q
FRANCO PASTORE
LE PROBLEMATICHE DELLA VECCHIAIA E LA MUSICOTERAPIA
A.I.T.W.Edizioni Collana Saggi
La popolazione italiana, per il progresso della medicina e le mutate condizioni di vita, è diventata più longeva. Inoltre, la marcata diminuzione delle nascite ha fatto riscontro ad un fenomeno di invecchiamento sociale alla soglia degli ottant'anni. Ciò avrebbe dovuto attivare adeguate iniziative anche nel contesto socio-sanitario. Al contrario, l'organizzazione economica e socioculturale non solo non riesce a valorizzare le risorse e le potenzialità degli anziani, ma neppure garantisce il soddisfacimento dei loro bisogni specifici. Il sostegno maggiore, nei problemi della terza e quarta età, è ancora garantito da familiari e vicini (rete informale), senza un sistema di interventi integrati dalla conoscenza dei bisogni degli anziani e di quelle difficoltà "fisiologiche" che conducono alla emarginazione ed alla esclusione sociale. Una Organizzazione adeguata degli aiuti, infatti, terrebbe conto, in pri-mis, delle esigenze spirituali dell'anziano,quali il bisogno di appartenenza, di mantenere stretto il legame con le persone ed i luoghi delle proprie radici e di essere ancora importanti per qualcuno. Ma, non è tutto: va ancora aggiunto la necessità di coltivare la
propria autostima, il mantener vivi interessi culturali ed occupazionali, continuare a nutrire i propri sogni (proiezione nel futuro), aggiungendo alla propria esperienza una nuova conoscenza. Infine, va considerato lo sforzo di mantenere un buon livello di autonomia,promuovendo occasioni di apprendimento continuo e di partecipazione alla vita sociale e politica, in un contesto di protezione efficace da aggressioni, prevaricazioni, e pericolose dipendenze, causate dalla solitudine. La medicina geriatrica del nuovo millennio deve ambire ad accrescere il tempo di vita di ognuno di noi, ma, neL contempo, deve offrire modelli ed interventi che prolunghino e favoriscano il mantenimento di un'alta qualità e dignità della vita. Geriatria e Gerontologia, pertanto, sono scienze d‟un nuovo e più pregnante progetto: quello di consentire all'uomo di rendere utile e positivo il proprio tempo,sicuramente più ampio nella aspettativa cronologica, ma sicuramente povero di programma esecutivo. La tendenza dell'attuale società potrà privare "i nuovi vecchi" del ruolo di riferimento positivo, che questi invece hanno avuto nei millenni precedenti, garantendo all'identità dell'uomo continuità, equilibrio e saggezza. Invertire questa tendenza è il ruolo che spetta ad una nuova psicopedagogia, ma anche ad una politica sociale e sanitaria, che privilegi modelli e stili di vita, coerenti con il nostro progetto esistenziale, conforme o no a tradizioni culturali e religiose, ma, comunque, rispettosa della eticità e del valore vita. Una società siffatta dovrà certamente tutelare i soggetti più fragili e vulnerabili, come gli anziani, privilegiando nell'assistenza la multidisciplinarità nell'approccio sia sanitario che sociale.
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Il BASILISCO Periodico dellaAssociazione Lucana - Salerno Presidente: Rocco Risolia
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AForismi sul matrimonio (parte II) A cura di Vincenzo Soriente - Chi si sposa una volta è un eroe; chi si sposa due volte è un martire (Roberto Gervasio). - Ci vuole un bel coraggio a divorziare. Ma ci vuole anche un bel coraggio a sposarsi (o a risposarsi n.d.r.) (Roberto Gervasio). - L‟uomo nasce solo e solo resta finché non trova una donna che lo fa sentire ancora più solo. (Roberto Gervasio). - Il matrimonio è un combattimento a oltranza prima del quale gli sposi domandano la benedizione al Cielo perché amarsi è sempre la più temeraria delle imprese (H. Balzac). - Nel matrimonio c‟è sempre uno che sbadiglia e uno che si domanda perché. - I matrimoni più felici sono quelli degli altri. - Ci si sposa per amore e si resta sposati per pigrizia. - Il matrimonio ha questo di bello: lo fanno tutti. E questo di brutto: dura. - Quando ci si sposa, ormai è troppo tardi. - Se tutti si sposano vuol dire che nel matrimonio qualcosa di perverso c‟è. - Mia moglie mi chiede spesso come ha fatto a sposarmi. Io non glielo chiedo mai. - Chi si risposa o non ha capito niente del matrimonio o è uno in cerca di vendetta. - Il matrimonio è “ un terno al letto”. - Gli uomini che le donne scelgono più volentieri sono quelli che piacciono alle altre. - Del matrimonio si può parlare solo bene. Basta non sposarsi. - Nel matrimonio l‟unione fa “la forca”. - Il matrimonio ci raddoppia fuori e ci dimezza dentro. - Nel matrimonio c‟è sempre uno di troppo. - Se l‟amore è un incendio, il matrimonio è il suo pompiere. - Eros sta al matrimonio come il caffè sta al posa. - Nozze è la terza persona singolare del passato remoto del verbo nuocere. Egli nozze, cioè fece del male a sé e agli altri. - Matrimonio, lo dice la parola, è incentrato sulla donna-mater. Gli uomini che c‟entrano? - Dicesi posato chi è assennato, equilibrato. Sposato è evidentemente il contrario.
- Il matrimonio è la Divina Commedia alla rovescia: prima il paradiso, poi il purgatorio, poi l‟inferno.(Anonimo) - Una moglie dura il tempo del matrimonio, una ex moglie dura per sempre.(Anonimo).
- Dicesi spossato chi è stanco. Sposato è uno così stanco che non ha più nemmeno la forza di doppiare la esse. - Ci sono feste nuziali così lunghe che, a fine ricevimento, già matura l‟dea di separarsi. - Il matrimonio impone compagnia a chi vuol star solo e isola chi cerca compagnia. - L‟adulterio è un salvavite: mette in sicurezza l‟impianto nuziale. - Ogni matrimonio è d‟interesse. Se non degli sposi, certo del prete, del fioraio, del mobiliere, del ristorante, dei negozi, e, infine, dei legali per la separazione. - L‟anello nuziale è il primo braccialetto per sorvegliare i condannati. - Un matrimonio duraturo regge su calcolo, bisogno, e rassegnazione. - Le quattro stagioni dell‟eros nel matrimonio: evento, piacere, routine, condanna. - Come nei regimi dittatoriali, così nei regimi nuziali, si passa dalla dissidenza alla resistenza fino alla lotta di liberazione. - Sposarsi sostituisce la breve eternità dell‟amore col lungo decesso del matrimonio. - Si dovrebbe essere sempre innamorati. Ecco perché non bisognerebbe mai sposarsi! (Oscar Wilde) - Se Laura fosse stata la moglie di Petrarca, pensate che lui le avrebbe dedicato sonetti tutta la vita? (George Byron) - Giudico il matrimonio uno scambio di cattivi umori di giorno e di cattivi odori di notte. (Guy de Maupassant) - La difficoltà del matrimonio è che ci innamoriamo di una persona, ma dobbiamo vivere con un carattere. (Peter Devries) - Il matrimonio è un libro di cui il primo capitolo è scritto in poesia e i restanti capitoli in prosa. (Beverley Nichols) - Fedi nuziali: le manette più piccole del mondo. - Non si è mai felicemente sposati. O si è felici o si è sposati. (Roberto Gervaso)
- Il matrimonio è come un uovo di Pasqua: la sorpresa delude sempre(Anonimo) - Le gioie del matrimonio finiscono col matrimonio. (Roberto Gervaso) - I celibi dovrebbero essere tassati in modo più pesante, non è giusto che alcuni uomini siano più felici di altri. (Oscar Wilde)
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Regimen Sanitatis Salernitanum - Caput XLIII
DE ESCULIS ET MUSTO Multiplicant, mictum,ventrem dant escula strictum, escula dura bona,sed mollia sunt meliora. Provocat urina mustum, cito solvit et inflat. .
Se la nespola ti spinge fuor l’0rina, il ventre stringe. Buona è quando è un po’ duretta, ma la molle è sol perfetta. Orinar fa il mosto,mentre scioglie e gonfia il ventre.
LEVIORA
LE COSE DELLA VITA
BRONTOLO IL GIORNALE SATIRICO DI SALERNO Direzione e Redazione - via Margotta,18 tel. 089.797917
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Una donna e suo marito discutono, prima di addormentarsi, del loro figlio che sta per lasciarli per andare a prestare il servizio militare. “Tu sai che nostro figlio non è molto a corrente delle cose della vita, d‟altronde, ha appena 21 anni. Non credi che sarebbe una buona idea se tu gli dicessi qualcosa che un uomo dovrebbe sapere, prima che parta? Altrimenti rischia di farsi prendere in giro dai nuovi compagni in caserma”. “Hai ragione – risponde il marito – Non ho mai affrontato questo argomento con lui fino ad ora, ma domani gliene parlerò”. Il giorno seguente, l‟uomo tenta di parlare con suo figlio, ma le parole gli restano in gola. Arriva il momento di accompagnare il figlio alla stazione e l‟uomo si ripromette di iniziare quel discorso col figlio prima della partenza. Alla stazione vanno al bar a prendere qualcosa, il padre sta per aprire la bocca, ma anche questa volta non ci riesce. Mentre suo figlio sale sul treno, l‟uomo si rende conto che è in gioco il suo ruolo di padre e comincia a correre verso il treno che, intanto, lentamente sta partendo. Pensando che finalmente è arrivato il momento di liberarsi di quel gran peso, grida a suo figlio affacciato al finestrino: “Ricordati, figlio mio, Babbo Natale non esiste!”.
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Da “Le opinioni eretiche”
STRANA POLITICA ESTERA DELL’EUROPA: Attaccata da sud, vuol far guerra ad est, quando il vero nemico è oltre l’atlantico
Chissà perché l‟ineffabile Matteo Renzi si sia dato, a suo tempo, tanto daffare per garantire all‟Italia la “poltrona” europea della politica estera. Una politica estera europea, infatti, non esiste. Come, d‟altro canto, non esiste l‟Europa come entità politica, ma soltanto una “Unione” con funzioni meramente economiche (o, forse, antieconomiche). Sia come sia, facciamo finta – per un momento – che, al posto di questa invertebrata Unione Europea, ci sia una Europa vera, e cerchiamo di disegnare una sua politica diplomatica. Una politica diplomatica “nostra” – beninteso – cioè fatta nell‟interesse dell‟Europa, e non in quello degli Stati Uniti d‟America. Esattamente come una politica economica “nostra” dovrebbe tutelare gli interessi europei e non quelli americani. Ipotizziamo, dunque, l‟esistenza di una Unione genuinamente, egoisticamente europea, con la sua politica economica europea, con la sua politica diplomatica europea, con la sua politica di difesa europea. Una Unione, in altri termini, che sia l‟esatto opposto dell‟odierna cosiddetta Unione Europea. Orbene, cosa avrebbe dovuto fare – questa Unione europea – di fronte al cambiamento epocale che, vent‟anni fa, vide la fine dell‟Unione Sovietica e la nascita di una Federazione Russa che non voleva più “esportare” il comunismo ad ovest? Semplice: avrebbe dovuto stringere un‟alleanza di ferro con questa nuova Russia, avrebbe dovuto raccordare la sua economia con quella russa, avrebbe dovuto armonizzare la sua difesa con quella russa, soprattutto in previsione delle nuove minacce che iniziavano a profilarsi a sud: a sud dell‟Europa e, simultaneamente, a sud della Russia, nella Ciscaucasia musulmana. D‟altro canto, oltre ad essere l‟alleata naturale dell‟Europa, la Russia era ed è il partner economico naturale dell‟Europa. Anzi, le due economie sono complementari, si integrano a vicenda e – insieme– costituiscono un unicum che le renderebbe autosufficienti, potenzialmente autarchiche – mi si passi il termine – e tali da poter restare immuni dal ricatto della globalizzazione economica (e finanziaria) con cui gli Stati Uniti d‟America vogliono imporre la loro supremazia al mondo intero. La Russia non è un paese come altri, è un gigante che abbraccia la parte più orientale dell‟Europa e tutta l‟Asia settentrionale, fino al Mar del Giappone. Un gigante che è, tra l‟altro, il primo produttore mondiale dell‟unica materia prima che manca all‟Europa, il petrolio. Ecco perché una grande alleanza euroasiatica (e non euroafricana, come auspicano gli arabi) sarebbe senza
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dubbio la prima entità politica ed economica (e in un futuro forse anche militare) del globo. Ma… c‟è un “ma”. Gli Stati Uniti hanno il preciso interesse che ciò non si realizzi. Hanno affrontato due guerre mondiali ed una terza lunghissima guerra “fredda” al solo scopo di poter liberamente scorrazzare sui mercati europei e poi su quello russo; e adesso – dopo aver costretto alla resa anche la superpotenza sovietica – non sono certo disponibili ad assistere inerti al raffor-zamento, anche soltanto economico, di quelle nazioni destinate a diventare delle semplici praterie di un nuovo Far-West planetario. Ecco che si sono inventati una canagliesca campagna di accerchiamento della Russia; una Russia – si badi – non più ostile al cosiddetto “Occidente”, che non minaccia nessuno e che, anzi, garantisce che il fondamentalismo islamista non valichi il Caucaso e non aggredisca l‟Europa anche da est. Contro Mosca è stato tentato di tutto: il sostegno ai fondamentalisti caucasici attraverso i generosi finanziamenti dei pii musulmani produttori di petrolio, la sanguinosa provocazione di una Georgia che minacciava la pulizia etnica contro la minoranza russa presente entro i suoi confini, il linciaggio mediatico internazionale per il divieto alla propaganda omosessualista, e persino la ridicola crociata in favore delle Pussy Riot (volgare ma letterale traduzione: fiche in rivolta) che la stampa occidentale, evidentemente, avrebbe voluto libere di sculettare seminude sugli altari delle Chiese. Ultima tragica invenzione dei servizi segreti americani (e di certe “organizzazioni non governative” che svolgono una funzione parallela) è stato il colpo-di-Stato antidemocratico in Ukraina. Un colpo-di-Stato – si badi bene – organizzato contro un Presidente eletto democraticamente (dopo aver sconfitto nelle urne il candidato filoamericano) e che veniva poi abbattuto da una brutale sollevazione armata. Una sollevazione che i media “occidentali” hanno gabellato come la spontanea rivolta di un popolo che anelava ad entrare nella Unione Europea; ma che invece, molto più prosaicamente, sarebbe stata organizzata e finanziata dagli americani, con una cifra da capogiro – secondo le rivelazioni dell‟ex agente della CIA Scott Rickard – pari a 5 miliardi di dollari. Ma, fin qui, nulla di particolarmente strano. È comprensibile che gli USA abbiano fatto carte false per difendere i loro interessi. È invece del tutto incompren-sibile, addirittura inconcepibile che i paesi europei si siano disciplinatamente, supinamente, bovinamente accodati agli americani, fingendo di credere alla ricostruzione ufficiale dei fatti ukraini ed associandosi a delle sanzioni che per
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per l‟economia europea (ed italiana in particolare) sono una vera e propria autoflagellazione masochistica. E siamo ancora a niente, perché ci sono ambienti americani che spingono per andare oltre le sanzioni, fino alla guerra. E noi, ancòra una volta, a belare obbedienti. Nessuno tra i capi di governo europei ha avuto il coraggio di dire un‟acca, di opporsi a quelle incredibili sanzioni, e neppure – men che meno – di raccomandare al pacifista Obama di non andare troppo oltre con le provocazioni, di evitare i passi più azzardati che potrebbero sfociare – Dio non voglia – in un conflitto dagli sviluppi imprevedibili. La verità è che l‟Europa – nella strategia globalista americana – dovrebbe rinunziare alle comode forniture di petrolio e gas russi, per acquistare il nuovo petrolio sintetico prodotto dagli Usa – lo “scisto” – da far giungere nei nostri oleodotti attraverso i costosissimi trasporti marittimi che ne farebbero lievitare a dismisura il prezzo. E noi – cornuti e contenti – giù a battere le mani, ad osannare la “fermezza” di Obama, ad ospitare sui nostri media la propaganda di guerra del regime collaborazionista ukraino, e naturalmente a subire anche gli “effetti collaterali” di questa incredibile politica sanzionistica contro Mosca. Effetti collaterali che hanno riguardato, in particolare, l‟interscambio italiano con la Russia (che nel 2013 sfiorava i 27 miliardi di euro), penalizzando fortemente alcuni settori economici, dall‟agricoltura al turismo. A fronte di questo incredibile bellicismo contro la Russia, la diplomazia americana (con la fotocopia europea) si mostra estremamente comprensiva verso chi minaccia concretamente l‟Europa: il fondamentalismo islamico. Hanno iniziato una ventina d‟anni fa, sùbito dopo la creazione dell‟Unione Europea: “Qualcuno” ha indirizzato verso l‟Europa flussi sempre crescenti di immigrati musulmani, imponendo all‟Unione e agli Stati-membri di accoglierli stabilmente, pena l‟accusa di razzismo, nazismo e tutto il resto dei fantasmi della “memoria”. Poi “Qualcuno” ha cominciato ad organizzare e a finanziare “primavere arabe” e “rivoluzioni colorate” contro i governi arabi laici (e amici dell‟Europa): contro la Tunisia di Ben Alì, contro la Libia di Gheddafi, contro l‟Egitto di Mubarak, contro la Siria di Assad. “Qualcuno” al di là dell‟Atlantico, naturalmente; e “Qualcuno” nei paesi arabi più reazionari e antidemocratici (ma fedeli alleati e soci in affari dei petrolieri texani), là dove le donne non possono neanche guidare la macchina e gli omosessuali rischiano la decapitazione. I frutti avvelenati di questa crociata “democratica” sono sotto gli occhi di tutti: si va dall‟anarchia istituzionalizzata in Libia fino alla proclamazione di uno Stato terrorista – l‟ISIS – su parte del territorio di due Stati sovrani: la Siria e l‟Iraq. Uno “Stato” fantasma che potrebbe essere raso al suolo in quattro e quattr‟otto, ma che gli americani vogliono conservare, in ossequio ai desiderata dei loro alleati
regionali: Israele, l‟Arabia Saudita, il Qatar e tutti gli altri sostenitori della sporca guerra contro la Siria. Il Presidente a stelle e strisce lo ha praticamente ammesso, quando ha dichiarato che «la mia priorità è assicurarmi che le posizioni guadagnate dall’ISIS in Iraq siano riportate alla situazione precedente». Avete capito? Non distruggere l‟ISIS, ma «riportarlo alla situazione precedente», contenerlo entro un certo confine, evidentemente stabilito da “Qualcuno” che ha deciso l‟amputazione di due Stati sovrani e la creazione di una terza entità statale assolutamente illegittima. Intanto, mentre un altro pezzo di Iraq – il Kurdistan – sta andandosene per i fatti propri, Israele scalda i motori (e spara) nel sud del Libano. Il Libano è il prossimo Stato di cui è stata decretata la frantumazione (vedrete cosa succederà nei prossimi mesi) per creare due o tre staterelli, più o meno coincidenti con le sue componenti etnicoreligiose. È – si dice – un vecchio disegno di Israele e della sua aggressiva politica diplomatica: cancellare le grandi nazioni mediorientali (Arabia Saudita esclusa) e, al loro posto, dar luogo ad una minuzzaglia rissosa, divisa da rivalità etniche e contrapposizioni religiose. L‟America di Obama sembra completamente succube di questo disegno, vocata soltanto a ratificare i desiderata di israeliani, sauditi,qatarini e soci minori. L‟Europa, a sua volta, è completamente appiattita sulla politica americana: manda i suoi aerei a bombardare i propri amici (come è successo in Libia) e spedisce le sue “organizzazioni non governative” a sostenere i nemici di Assad. I frutti di questa politica sono sotto gli occhi di tutti. Di noi italiani in particolare: abbiamo visto in diretta tv il linciaggio di Gheddafi, consegnato ai mercenari qatarini; abbiamo visto il via libera agli scafisti per riprendere in grande stile l‟invasione migratoria verso la Sicilia; e vediamo, proprio in questi giorni, la proclamazione di un Califfato da qualche parte in Libia, a poche braccia di mare dalle nostre coste. Nessun leader europeo – però – si arrischia, non dico a protestare, ma anche soltanto ad eccepire qualcosa. Neanche Angela Merkel, che evidentemente è capace di fare la voce grossa soltanto con la piccola Grecia. Sono tutti allineati e coperti, in adorazione della Grande Alleata, pronti a fare la guerra al cattivone Putin e a dare una pacca sulle spalle a quei mattacchioni del Califfato. Anche per la politica estera, dunque, questa pseudoEuropa è una semplice colonia degli Stati Uniti d‟America. Esattamente come per la politica economica, con i risultati che tutti conosciamo. MICHELE RALLO ___________
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UNA NUOVA FOLLE GENIALITA’ di Giuffrida Farina GUARDANDO MEGLIO
TITOLO DELLA ELABORAZIONE: Due pagine di un libro sulla libertà: La libertà di un di un pescatore - Una fanciulla vola libera nel cielo di Dio. DESCRIZIONE: Tecnica mista e collage su cartoncino, con due brani musicali di accompagnamento, incisi su CD(‘Un Tunnel ricolmo di luce’ (5.26) ; ‘Ballerina libellula, accesa stellina’ (2.08). Autori: Giuffrida Farina e M° Marcello Ferrante che li ha eseguiti. Con tre espressioni artistiche (parola, acquerello e musica) , in questo “libro di due pagine” ho tratteggiato la suggestiva figura – sospesa tra mare, cielo e terra – di un orgoglioso ed infaticabile pescatore; vi è poi il ricordo di una giovane fanciulla.
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