FRANCO PASTORE
A.I.T.W. Edizioni Collana poesia monografica
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Una monografia in versi di Franco Pastore
© Agosto 2004 by Franco Pastore Una realizzazione A. I. T. W. Da “Un unico grande sogno” ISBN IT\ICCU\MO1\0035686
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INTRODUCTIO Questa di Paolo e Francesca è una tragedia realmente accaduta tra il 1275 ed il 1289 .Grazie a Dante e a tanti altri poeti, è entrata nel mito e ha fatto sospirare tanti innamorati dal Medioevo a oggi. Siamo verso la fine del milleduecencento; Malatesta da Verucchio detto il Mastin Vecchio, perché fu il fautore di un secolo di vicende della famiglia, si accorda con Guido il Minore Da Polenta signore di Ravenna e di Cervia, per unire in matrimonio i loro due figli e stabilire una salda alleanza tra le due signorie romagnole. A Francesca viene detto che sposerà il primogenito di una potente casata. Alla giovane non resta altro che obbedire e lo fa di buon grado quando vede Paolo il Bello, giunto a Ravenna per sposare la giovane con mandato di procura da parte del fratello Giangiotto e fatto credere, dal padre di lei e da tutti, il suo futuro sposo. Francesca cade nell'inganno, sposa Giovanni credendolo Paolo e si accorgerà dell‟ errore solo il giorno del suo arrivo nella dimora riminese dei Malatesta, quando, risvegliandosi al mattino della prima notte di nozze, si trova nel letto Giovanni Malatesta detto Gianciotto o Ciotto, lo sciancato. A Francesca non rimane che adeguarsi alla nuova situazione, ma non può non pensare a Paolo, l‟uomo che aveva creduto di sposare."Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende", fa si che anche Paolo s'innamori della bella cognata e cerca di farsi perdonare di averla ingannata. Profittando che Gianciotto, conquistatore e Podestà di molte città, è costretto ad allontanarsi spesso da Rimini, Paolo e Francesca, giovani, belli e d'animo sensibile, vengono trasportati da impetuosa passione l'uno tra le braccia dell'altro. Purtroppo, un servitore di Gianciotto riferisce a l suo padrone della relazione e Ciotto torna a Rimini di nascosto, cogliendoli in flagrante adulterii. Accecato dal furore, il Malatesta, estrae il pugnale e li uccide. Non si sa di preciso in quale anno di preciso ciò avvenne, perché tutto venne messo a tacere dal potente Mastin Vecchio, ma si suppone che il delitto sia av-
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venuto tra la fine del 1283 e il 1285, in una delle numerose Rocche Malatestiane dei dintorni, la più probabile è l'antica residenza riminese del Gattolo, Castel Sismondo. Altri sostengono che il tutto sia avvenuto a Santarcangelo o a Gradara. Nel 1581 nella Chiesa di S. Agostino di Rimini, furono ritrovati in un'arca di marmo i corpi di Paolo e Francesca. Sepolti insieme. Giacevano abbracciati in splendide vesti di seta. Uniti nella morte come mai lo erano stati in vita. CETERA “ Moltissimo si è scritto su questo fatto. È certo che Giovanni Malatesta, primogenito di Malatesta I, brutto e sciancato, sposò nel 1275 Francesca da Polenta, figlia di Guido Minore, Signore di Ravenna e di Cervia, di parte guelfa. Giangiotto, signore di Gradara, svolgerà poi la sua carica di Podestà in Pesaro. Una opportuna disposizione dell'epoca, riportata da Brunetto Latini, proibiva al Podestà, che doveva essere un forestiero, di portarsi dietro la famiglia, che, in casa di emergenza, sarebbe stata d'impiccio in caso di emergenza. Gradara, che la tradizione ha sempre indicato come luogo della tragedia, era appena a mezz'ora di strada a cavallo, e rappresentava una adeguata residenza per lasciarvi la moglie e la figlia Concordia. Normali erano le visite e le soste di Paolo, che oltretutto aveva possedimenti anche nei pressi di Gradara, visite e soste, che dovevano essere non solo gradite, ma anche sollecitate, data la lontananza continua di Giangiotto. Quando è avvenuto l‟omicidio? Gli studi condotti dal Voza e dalla Fleetwood, rifacendosi a vecchie testimonianze concordano con il 1289.In quell'epoca, i Malatesta erano banditi da Rimini e tali resteranno fino al 1290. Lo storico Baldo Branchi scrive:”… In quel mese (Settembre del 1289) occorse nella casa dei Malatesta uno strano caso..” La stessa data sarà accertata dagli storici Vincenzo Carrari e Girolamo Rossi del XVI sec. e dal Clementini del XVII secolo. Inoltre, le cronache narrano che Papa Nicolò IV, nell„ autunno del 1289, inviò in Romagna il Rettore Stefano Colonna, con il compito di sedare tumulti e comporre discor-
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die. Il Colonna restò molto turbato per l'omicidio di Francesca da Polenta e di Paolo Malatesta e solo nel marzo del 1290 riusci a riconciliare le due Famiglie. Il primo e più grande cantore di questo avvenimento ri-marrà Dante Alighieri, che nel V canto dell'Inferno immortalerà i due personaggi, in modo superbo. Dante aveva 24 anni e più tardi, in esilio, avrà modo di conoscere la famiglia di Francesca, restando ospite a Ravenna del padre di lei. Troppo lungo sarebbe l'elenco dei poeti, dei pittori e dei musicisti che hanno celebrato il tragico evento. Basti ricordare Edoardo Fabbri, Silvio Pellico, Gabriele D'Annunzio il cui dramma – Francesca da Rimini - in 5 atti fu rappresentato per la prima volta al Costanzi di Roma il 9/12/1901 con la superba interpretazione di Eleonora Duse. L'anno dopo sarà F.M. Crawford a far rappresentare la sua Francesca a Parigi dalla grande Sarah Bernhardt. L'opera del D'Annunzio fu poi musicata da Ric-cardo Zandonai e la prima avvenne al Regio di Torino il 14/2/ 1914. Fra i tanti pittori ricordiamo F. Giani, B. Pinelli, G. Bezzuoli, A. Scheffer (il dipinto esposto al Louvre), F. Gonin, M. Bianchi, D. G. Rossetti, G. Dorè, l‟illustratore della Divina Commedia, J.A.D. lngres, A. Cassioli, A. Rodin, ed altri.
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PROLOGO E chiuse gli occhi al bacio dell‟amante, che sorbì nettare dalla dolce bocca. Aprissi tutta la bella per amore, il sesso profumava come un fiore. - Francesca - si sentia sussurrare ed ella rispondea ai sussurri: con la musica dei sensi delicati, ch‟il Bello avea solleticati. La lingua morbida inumidia le labbra, mentre l‟amante vi affondava il viso e tra gli umori copriva ogni sorriso. Se Paolo, allora, era Amore, la giovane Francesca era Psiche, che, tra le braccia del suo grande amante, dimenticava il turpe compromesso, che sposa l‟avea fatta di quel desso. Oh! Come è dolce amor, quand‟è rubato e come il cuor risponde ad ogni soffio: e cerca il seno il tocco delle mani, attendendo, con ansia, altre carezze; s‟apre lo scrigno ricco di rugiada e cerca eterno amor, già vagheggiato. L‟abbraccio, or potente, si sublima due corpi: un sol respiro ed una rima. S‟agita ad arte il ricco baldacchino, e segue la frequenza delle note: or rapido scandisce nella stanza, or lento indugia e coglie ogni fragranza. Le rosse gote mostran‟ogni ardore
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e gli occhi verso il ciel cangian colore. Grida l‟amante il nome di Francesca, ma ella non risponde a quel richiamo: quell‟amore, ch‟è tutta la sua vita, l‟ha vint‟ancor, lasciandola sfinita.(1) EPILOGO In quell‟istante magico, stupendo, giunge Giangiotto ed il pugnal brandendo, col braccio fermo ed il cuor di pietra, trafigge i corpi vinti, senza pièta. L‟acciaio, prima buca sotto il seno Francesca, ch‟è già lorda d‟altro sangue, ritorna, poi, sinistro, in un baleno, entrando con forza dentro al fianco. Vinto l‟amore(2) è, dunque, in quella corte, periscono gli amanti in una sorte. I loro corpi, ancor caldi d‟amore, or giacciono, baciati dalla morte.
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1) Amor, ch'a nullo amato amar perdona, / mi prese del costui piacer sì forte, /che, come vedi, ancor non m'abbandona./Amor condusse noi ad una morte./Caina attende chi a vita ci spense»./Queste parole da lor ci fuor porte./(Dante – Divina Commedia, Canto V) 2) Quando leggemmo il disïato riso/ esser baciato da cotanto amante,/questi, che mai da me non fia diviso, /la bocca mi basciò tutto tremante. /Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:/ quel giorno più non vi leggemmo avante». /Mentre che l'uno spirto questo disse, /l'altro piangëa; sì che di pietade /io venni men così com' io morisse. /E caddi come corpo morto cade. (Dante- Divina Commedia, Canto V )
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L’autore Franco Pastore nasce a San Valentino Torio, frequenta il ginnasio ed il Liceo nella vicina Sarno, il paese dei nonni materni, e completa gli studi presso l’Ateneo salernitano. Fin da giovanissimo, inizia a scrivere racconti, poesie ed articoli su periodici e giornali locali. Dopo il servizio militare, si trasferisce con la famiglia a Salerno, dove, nel 1971, inizia a collaborare con lo scrittore Arnaldo Di Matteo, scrivendo sul periodico “Verso il 2000”. Di poi, entra a far parte dell’equipe del Varo, la galleria d’arte di Vito Giocoli, sostenuta dal giornalista napoletano Saverio Natale, che lo veicola verso la critica d’arte. Intanto diviene un punto di riferimento nella famiglia di “Verso il 2000”, collaborando con il Prof. Zazo dell’Ateneo napoletano, il preside Marino Serini, il pittore Luigi Grieco, Achille Cardasco, Nicola Napolitano, Renato Ungaro, Luigi Fiorentino ed altre personalità della cultura, come Franco Angrisano Domenico Rea e Gaetano Rispoli. Fu appunto Rispoli a presentarlo a Carlo Levi, a Roma, nel dicembre del 1971. Alla metà degli anni settanta, sarà Domenico Rea, presso la Camera di Commercio di Salerno, a presentare alla stampa il libro di estetica morale Il Vangelo di Matteo (Roma - n. 136 del 12/6/1980), che il Pastore scriveva, nel 1979 (Il Giorno - 23 marzo 1980), con Liana Annarumma. Intanto, Franco Angrisano lo presentava ad Eduardo De Filippo, nel pe-riodo in cui l’attore recitava nella sua compagnia. Fu allora che in Franco Pastore si rafforzò l’amore per il teatro. Frattanto, grazie al Grieco, conosceva Lucia Apicella di Cava (Mamma Lucia), per la quale pubblicava su Verso il 2000 una serie di racconti, raccolti poi nel libro “Mamma Lucia ed altre novelle” (L’Eco della stampa - gennaio 1980 / Il Faro del 13/2/1980), con le illustrazioni del Grieco. Seguiva, sempre sull’eroina cavese,“Mutter der Toten”, un radiodramma, pubblicato dalla Palladio, che Angrisano drammatizzò nel salone dei marmi del Comune di Salerno (la Voce del Sud - 12/7/1980 - Roma 11 giugno 1980 52 n.135), il giorno in cui Mamma Lucia fu Premiata con medaglia d’oro del Presidente della Repubblica nel luglio del 1980 (Il Secolo d'Italia - Anno XXIX - dell'11/07/1980). Dopo il suo primo romanzo “L’ira del Sud” (verso il 2000 - anno XXIII - n.82 del 1983, con nota autografa di Nilde Iotti) scrisse per Franco Angrisano “La moglie dell’oste”, ispirata alla XII novella de Il Novellino, di Masuccio Salernitano; seguì “Terra amara”, sul problema del caporalato nel sud. Negli anni novanta, viene trasferito al Liceo di Piaggine. Fu in quegli anni che scrisse “All’ombra del Cervati” una raccolta di liriche e “Fabellae”, un testo di drammatizzazione per la scuola elementare.
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Sono gli anni in cui si accosta all’informatica, è docente di sociologia e psicologia di gruppo nell’Ospedale Tortora di Pagani. Inizia un dialogo stretto con il teatro, grazie alla disponibilità dell’auditorium del Centro Sociale paganese ed all’incontro con la compagnia teatrale “02”, diretta da Enzo Fabbricatore. Nascono così le commedie: “Un giorno come un altro”, “Un maledetto amore”, “Una strana Famiglia” ( Le Figaro / Education, samedi 4 juin 2005). Tra il 1995 ed il 2000, è direttore di Corsi di alfabetizzazione informatica per il M.I. e tiene, al Centro sociale di Pagani, Corsi di Pedagogia speciale (metodi: Decroly e Froebel). Alla fine degli anni novanta, si abilita per l'insegnamento delle lettere negli istituti superiori e, nel 2000, il commediografo passa dalla pedagogia (didattica e metodologia), all’insegnamento di italiano e storia nell’Istituto “G. Fortunato” di Angri. Nello stesso anno, ritorna nella sua Salerno, in via Posidonia. Oramai ha perso tutti gli amici di un tempo. Intensifica il suo interesse per il teatro, entra in rapporto con alcune compagnie salernitane e conosce Gaetano Stella e Matteo Salsano della compagnia di Luca De Filippo. Con questi ultimi, ripropone “La moglie dell’oste” che viene rappresentata nel 2006, al teatro dei Barbuti, nel Centro storico. Il successo dell’opera lo spinge a scrivere altre tre commedie, ispirate al Novellino del Masuccio: Le brache di San Griffone , “Un vescovo una monaca ed una badessa” e “Lo papa a Roma”. Oramai l’insegnamento non lo interessa più e dà le dimissioni, nel settem-bre del 2005, chiudendo innanzi tempo il suo impegno con la scuola, per dedicarsi completamente al Teatro. Come European journalist (GNS Press Association), fonda, con il patroci-nio del Comune e della Provincia di Salerno, la rivista virtuale di lettere ed arti “ Antropos in the world”, alla quale collaborano l’on.Michele Rallo da Trapani, Anna Burdua da Erice, Maria imparato da Bergamo e Gaetano Rispoli, l’ulti-mo maestro di pittura, amico di Carlo levi e di Domenico Rea. Intanto, inizia il ciclo de’ “I Signori della guerra”, ovvero “La Saga dei Longobardi”, un insieme di cinque drammi storici, sulla Salerno longobarda e normanna, che completa il 29 gennaio del 2011. Dopo la pubblicazione delle raccolte di racconti “Il gusto della vita” (ed. Palladio) e di “Ciomma” (edito dalla Ed. Antitesi di Roma), va in scena, a Pagani, il primo dei drammi storici “L’Adelchi”, replicato il 25 febbraio 2011 al Diana di Nocera Inf., con il patrocinio della Provincia di Salerno (Dentro Salerno, 25 febbr. 2011). Dunque, nelle sue opere, traviamo profonde tracce delle sue radici: le figure ed i personaggi delle sue commedie e dei racconti ci riportano all’agro nocerino-
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sarnese, ricco di caratteristiche peculiari, artisticamente incastonati in situazioni socio antropologiche sui generis. E’ il caso di “Peppe Tracchia”, così come di “Ciomma” o “Luciano Valosta”, per non citare tante altre figure, prese dai campi o dalle fabbriche di pomodori. Nemmeno l’agro si dimentica di lui, con la consegna dell’Award dell’Agro, per la letteratura. (Cronache del Salernitano, del 27 agosto 2013) e la pubblicazione di “Oltre le stelle”, presentata al palazzo formosa, il 12 febbraio del 2014 (Dentro Salerno, 13.02.2014) Nel settembre del 2014, ha bisogno di una pausa e rallenta le fatiche letterarie, ritornando alla scuola come preside (coordinatore didattico) di un istituto superiore parificato, ma continua a dirigere “Antropos in the world”, la rivista letteraria da lui fondata nel 2004, con il patrocinio del Comuni di Salerno, Pagani, San Valentino Torio, nonché della Provincia di Avellino. Fin dagli inizi del suo percorso artistico, Pastore, pur avendo acquisito una formazione classica (Euripide, i lirici greci, Aristofane e la commedia antica, Omero, Esopo e Fedro), si trova ad essere rivolto verso il presente del nostro tempo. La sua narrativa si può ritenere, in alcune sfumature, neorealista, con testimonianze forti sulle difficoltà di una Italia degli anni della ricostruzione. Così, nel teatro, nel mentre delinea il dramma di antiche dominazioni, passa alla commedia di denuncia ed alla farsa.
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In ebook il 30 aprile 2015 Una realizzazione A. I. T. W. Da “Un unico grande sogno” ISBN IT\ICCU\MO1\0035686
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