Apitalia 1-2/2020

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Apitalia - Corso Vittorio Emanuele II, 101- 00186 - Roma - ITALY - UE - ISSN: 0391 - 5522 - ANNO XXXXV • n. 1-2 • Gennaio-Febbraio 2020 •- 703 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/03 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1 Comma 1 – Roma Aut. C/RM/18/2016

| Testata giornalistica fondata nel 1974 | Direttore Raffaele Cirone |

API NEL POSTO GIUSTO




Atlante mondiale dei mieli uniflorali

Grazie alle analisi sensoriali e ai dati melissopalinologici raccolti dall’Autore in tutto il mondo, è stato possibile organizzare, in un unico volume, le schede descrittive di 310 mieli uniflorali delle più diverse provenienze. Il volume costituisce un compendio inedito e indispensabile per gli esperti di melissopalinologia, i ricercatori e i cultori della scienza apistica.

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EDITORIALE

A DIETA SENZA MIELE

L’AMARA STRONCATURA NELLE LINEE GUIDA PER UNA SANA ALIMENTAZIONE

“UN PRODOTTO PRIVO DI VALORE NUTRIZIONALE”

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uecentotrentuno pagine, curate con il supporto di oltre cento autorevolissimi esperti che hanno elaborato, a nome e per conto del CREA, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, le Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana. Come si dice chiaramente nella presentazione del rapporto, “si tratta, per l’Italia, delle uniche indicazioni istituzionali per una sana alimentazione equilibrata dirette alla popolazione sana, redatte periodicamente dal CREA Alimenti e Nutrizione (già Istituto Nazionale della Nutrizione) con l’intento di raccogliere e rielaborare le migliori evidenze scientifiche, coniugandole con le nostre tradizioni alimentari”. La prima cosa, dunque, che ci sentiamo di suggerire è di prendervi il tempo necessario per leggere l’intero rapporto: da consumatori non potrete che trarne utilissimi e preziosi insegnamenti. Il miele però, nonostante le ben ventotto citazioni, da questo rapporto esce decisamente fracassato. Ciò che noi facciamo così tanta fatica a produrre, valorizzare e immettere sul mercato, altro non è - secondo i ricercatori - che uno zucchero con “calorie vuote”, che non apportano cioè nutrienti. Date le quantità, infatti, tali elementi “non hanno alcun impatto e non lo rendono un prodotto con un significato dietetico particolare perché il suo profilo nutrizionale non è sostanzialmente diverso dallo zucchero”. Cadono così, come d’incanto, tutte le nostre certezze sulle proprietà, dietetiche e terapeutiche, finora attribuite al miele. Non possiamo che prenderne atto, ma questa stroncatura lede l’immagine di un’intera filiera produttiva e mina alle basi ogni possibile incremento dei consumi di miele in Italia. Una responsabilità di cui gli autori del rapporto dovranno pur farsi carico. Raffaele Cirone

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SOMMARIO

Apitalia N. 703 | 1-2/2020 gli articoli 5 EDITORIALE A dieta senza miele

Raffaele Cirone

10 PRIMO PIANO La voce dell’Italia al Parlamento Europeo

21 AGENDA LAVORI. CENTRO Un lento risveglio Stefano De Pascale 24 AGENDA LAVORI. SUD Dare spazio con prudenza

Santo Panzera

27 AGENDA LAVORI. SUD E ISOLE Cambiare in meglio, si deve e si può Vincenzo Stampa 43 VARROA La varroa non si nutre di emolinfa

Matteo Giusti

46 PROFESSIONE APICOLTORE Io gli acari li combatto così Pantaleo Martella 12 AGENDA LAVORI. NORD-OVEST 2020: inizio di una nuova avventura Alberto Guernier 15 AGENDA LAVORI. NORD C’era una volta l’inverno

Maurizio Ghezzi

18 AGENDA LAVORI. NORD-EST Passaggi di stagione sempre più a rischio Giacomo Perretta

49 BIOLOGIA Se la dieta probiotica sviluppa patogeni parassiti

lo SPECIALE FIORI IMPRODUTTIVI

in regalo il CALENDARIO 2020

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Gianni Savorelli

Antonella Canini


i nostri recapiti

i nostri riferimenti: per pagare Una scena di metà ‘800, con l’imprevista comparsa di alveari in un’opera d’arte il cui originale fa bella mostra di sé nella Pinacoteca di Brera. Le api hanno trovato il posto giusto.

hanno collaborato a questo numero

abbonamenti: quanto costano 1 anno (10 numeri carta) € 30,00 2 anni (20 numeri carta) € 54,00 Italia, una copia/arretrati € 5,00 Estero: varia per area geografica, richiedere preventivo

Giuseppe Lega (foto pag. 9), Alberto Guernier, Maurizio Ghezzi, Giorgio Iseppi (foto pag. 15), Giacomo Perretta, Andrea Mantelli (foto pag. 18), Stefano De Pascale, Laura Meneguzzo (foto pag. 21), Santo Panzera, Aldo Baragatti (foto pag. 26), Vincenzo Stampa, Antonella Canini, Matteo Giusti, PNAS - Proceedings of the National Academy of Sciences (foto pag. 44), Pantaleo Martella, Gianni Savorelli, Stephen Ausmus (foto pag. 53), Giancarlo Ricciardelli D’Albore, Fabrizio Piacentini, Patrizia Milione, Alessandro Patierno.

marcatura dell’ape regina Secondo un codice standardizzato, le regine sono marcate con un colore (tabella a lato) per permettere all’apicoltore di riconoscerne l’anno di nascita

“Il mio non sol, ma l’altrui ben procuro” è il motto che accompagna le firme storiche dell’editoria apistica italiana da cui Apitalia trae origine.

Una Giuria internazionale ci ha premiati come miglior rivista di apicoltura, per i contenuti tecnico-scientifici e la qualità fotografica.

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(ultimo numero dell’anno di allevamento, esempio “2020”)

La moneta di Efeso, con l’ape come simbolo riconosciuto a livello internazionale già 500 anni prima di Cristo.

Abbiamo sottoscritto “Il Manifesto di Assisi”, per un’economia a misura d’uomo. Come apicoltori ci riconosciamo nel Tau.

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Noi stiamo dalla parte del

Miele Italiano

ZIONE LT OR I IANI

O N A I L A T I E

MIEL

gli italiani lo fanno meglio ! Richiedete informazioni sul Sigillo “FAI MIELE ITALIANO” alla FAI - Federazione Apicoltori Italiani Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma Telefono 06. 6877175 - Fax 06. 6852287 Web www.fai.bio - www.federapi.biz Email segreteria@federapi.biz

FFIDA DALLE IMITAZIONI • DIFFIDA DALLE IMITAZIONI • DIFFIDA DALLE IMITAZIONI • DIFFIDA DALLE IMITAZION


IL CALENDARIO LEGA 2020: STORIA DI UN CAPOLAVORO Quest’anno il soggetto preso a modello è un bellissimo dipinto di Silvestro Lega (1826-1895), pittore italiano considerato tra i maggiori esponenti del movimento dei cosiddetti “macchiaioli”, attivo soprattutto in Toscana nella seconda metà dell’800. L’omonimia dei due Lega è puramente incidentale e non tradisce alcun rapporto di parentela: il che rende la scelta dell’artista contemporaneo ancora più originale. L’opera prescelta, inizialmente intitolata “Un dopo pranzo”, a partire dal 1923 diventò nota agli storici dell’arte come “Il pergolato”: dipinta a olio su tela, dalle dimensioni di 75 x 93,5 cm, è stata realizzata nel 1868 a Piagentina (località dei colli fiorentini) ed è conservata a Milano, nella prestigiosa Pinacoteca di Brera. A detta di alcuni critici, questo dipinto di Silvestro Lega è considerato una delle sue opere migliori, assieme ad un altro, intitolato “ La Visita”. Il nostro Giuseppe Lega, per adattarlo come suo solito, ha accuratamente studiato la migliore possibilità di un inserimento a tema apistico: di qui l’apicoltore che controlla il proprio apiario di cinque alveari, collocato in posizione defilata nell’area antistante le case coloniche che si notano sullo sfondo della scena: nessuna protezione sarà necessaria all’ispezione dell’alveare di testa, a riprova della condizione di massima tranquillità nella quale versano le api in questa placida e rilassata pausa caffè di un pomeriggio estivo. Un piccolo capolavoro intimistico, fotografia realistica di una scena immersa in un paesaggio italiano di metà ‘800 che oggi si arricchisce di un elemento che reca lustro all’apicoltura tutta. Con l’augurio implicito per un nuovo anno migliore, apisticamente, di quello appena passato.

Foto pinacotecabrera.org

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FOTO DEL MESE

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PRIMO PIANO

LA VOCE D AL PARLAMEN L’emiciclo delle bandiere, l’unità nella diversità.

Giornata indimenticabile presso il Parlamento Europeo, p Soluzioni di lungo termine”. La delegazione guidata da Raffaele Cirone, ha rappresentato le eccellenze della il modello di collaborazione Presenti all’incontro il Commissario Europeo all’Agrico all’Innovazione, Ricerca e Cultura, Mariya Gabriel, e

La visione notturna di Bruxelles, Capitale d’Europa.

La delegazione degli apicoltori italiani prende posto.

Il Parlamento Europeo riunito in sessione plenaria.

L’intervento del presidente in presenza dei Commissari Europei.

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DELL’ITALIA NTO EUROPEO

per un seminario sulle “Sfide per gli Apicoltori Europei al presidente della FAI-Federazione Apicoltori Italiani, la nostra filiera produttiva, il valore dell’ape italiana, e tra apicoltori e agricoltori. oltura, Janusz Wojciechowski, la Commissaria Europea e gli eurodeputati Pietro Fiocchi e Andrey Slabakov.

Gigantografie a tema in un Parlamento UE attento e impegnato a favore dell’apicoltura.

L’ingresso principale del Parlamento Europeo: anche qui c’è tanta Italia.

L’Atomium, monumento simbolo di Bruxelles.

Il Commissario Europeo per l’Agricoltura e il Presidente FAI.

Noi c’eravamo, animati dall’orgoglio di essere italiani ed europei.

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AGENDA LAVORI. NORD-OVEST

2020: INIZIO DI UNA NUOVA AVVENTURA

CI LASCIAMO ALLE SPALLE UN’ANNATA DI PERDITE CIÒ CHE RESTA VA PRESERVATO CON CURA

di Alberto Guernier

S

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apistici degli ultimi anni), non a caso, usato per indicare l’insorgenza di infezioni, epidemie, che si ripresentano con rinnovato vigore: quindi non una nuova patologia, bensì una patologia, un nemico, che per svariate motivazioni, biologiche per esempio, sembrava vinto, invece ritorna aggressivo e a colpire con rinnovata prepotenza. Detto questo, appena ci si accorge che un nucleo, piuttosto che una cassa, è in procinto di collassare, è necessario rimuoverlo.

RIMUOVERE NUCLEI ED ALVEARI DEBOLI

Foto Alberto Guernier

iamo giunti ad un nuovo inizio, travagliato e sofferto: ci sono stati casi in Piemonte, dove le perdite sono arrivate già nei mesi di Novembre e Dicembre a rasentare percentuali da brivido, (50%). Ciò sta a significare che in buona parte dei casi di morte di queste colonie, esse non sono neppure arrivate a ricevere il trattamento abbattente invernale di controllo contro l’acaro Varroa; e quindi, conseguentemente al fenomeno dei saccheggi, ciò ha rappresentato un ulteriore danno al patrimonio apistico sano. È perciò opportuno rimarcare, come l’intervenire tempestivamente, attraverso un monitoraggio puntuale dello stato di salute delle famiglie di api resti un imprescindibile buona pratica apistica. Abbiamo fatto ormai una certa esperienza, seppur negativa, in questi anni (ultimi dieci-quindici), che è dovuta alla recrudescenza di alcuni patogeni delle api. E proprio il significato di recrudescenza (termine sempre molto utilizzato dai trattati scientifici


sparire… ma deve essere rimosso! Non lasciamo al proprio destino queste famiglie perché esse alimentano il propagarsi delle patologie. Puntualizzazione necessaria: in Italia, contrariamente ad altre realtà non sono ad oggi ammessi farmaci antibiotici e sulfamidici per l’impiego in apicoltura. Cosa possiamo fare: • ci sono famiglie che non si ammalano (di Nosema per esempio), e questo sta ad indicare che probabilmente per condizione raggiunta, e quindi in ogni caso miglior capacità di ripulirsi, di alimentarsi, di approvvigionarsi, Il classico “pugno d’api”, che alcu- e quindi di trattare: tutti d’accorsono notevolmente migliori di ni apicoltori, con pericolosa legge- do che ormai esso costituisce un altre; identifichiamole, con l’unirezza... evitano ormai di seguire, “morto che cammina” destinato a ca accortezza di capire che que-

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AGENDA LAVO RI. NORD-OVEST ste differenze non siano dovute ad una diversa gestione da parte nostra. Questo concetto è altresì valido per quello che riguarda la loro ubicazione: apiari diversi, nel qual caso, prendiamo atto che ci sono zone dove non si possono portare gli alveari per passare l’inverno; • è sicuramente vero quanto appena esposto, ma è altrettanto vero che la selezione aziendale - seppur risulta importante per quello che potremo definire uno “sgrossamento massale” delle caratteristiche indesiderate e penalizzanti l’apicoltura da reddito - non ci darà immediati risultati e soprattutto certezze, in quanto come ben sappiamo, gli accoppiamenti non sono controllabili e comunque in ogni caso risultano molteplici in condizioni naturali. Emerge sempre incondizionatamente in apicoltura, la grande importanza del territorio: è necessario che tutti gli apicoltori operino correttamente e che la gestione degli apiari non sia limitata alla sola possibile raccolta di miele! Fatte queste considerazioni, quello che in questo periodo possiamo anche scherzosamente chiamare “Indefinito”, proprio perché il continuo cambiamento di clima, rende difficile prevedere se le api siano in definitiva ripresa o in perenne attesa, è andare ad utilizzare quei prodotti naturali che non sono veri e propri farmaci ma integratori, stimolanti del sistema immunitario, viste le pubblicazioni scientifiche sulle prove effettuate, ad azione sanificante del livello 14 | Apitalia | 1-2/2020

intestinale della colonia. L’intestino dell’ape, come pare sempre più comprovato da numerosi studi - come del resto quello umano - sembra rivestire una notevole e centrale importanza per moltissime funzioni vitali, fra le quali la difesa dell’organismo dall’attacco dei patogeni. È bene operare in periodi in cui le temperature sono quelle che io chiamo di “possibile volo” (almeno 10 °C), o meglio di “volo” (superiore ai 12/13 °C). Questi prodotti, hanno un costo che risulta tutto sommato sostenibile, considerando che se ne consiglia generalmente un trattamento, quindi una somministrazione, a settimana per circa tre settimane possibilmente contigue. Alcuni sono da gocciolare sulle api similmente a quanto si farebbe con

il classico Apibioxal®, preventivamente sciolti in sciroppo zuccherino; che visto il periodo utilizzo in massima concentrazione (2 parti di zucchero, 1 di acqua). Questa cadenza di visite settimanali, seppur impegnativa, ci ripagherà, inoltre, in quanto avremo sott’occhio la situazione di api e scorte: su di esse va posta particolare attenzione alle reali quantità di scorte. La sola stima eseguita soppesando manualmente gli alveari, infatti, potrebbe in alcuni casi essere fuorviante. Questa pratica ci consentirà quindi, dove ve ne fosse bisogno, di intervenire prontamente con nutrizioni di supporto. Chiudo con un mio augurio: Buon lavoro e un anno ricco di soddisfazione! Alberto Guernier


AGENDA LAVORI. NORD

C’ERA UNA VOLTA L’INVERNO

OCCHIO AL DISPENDIO DI SCORTE IN ASSENZA DI FREDDO di Maurizio Ghezzi

TRAPPOLE PRONTE CONTRO IL

Foto Giorgio Iseppi

CALABRONE ASIATICO

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inalmente arriva il tempo tanto atteso che annuncia l’esordio della stagione apistica. Il nuovo inizio della stagione si accompagna alla comparsa delle prime fioriture e dei primi piacevoli rialzi della temperatura. La regina riprende a deporre e le bottinatrici cominciano il loro incessante ed instancabile lavoro di raccolta di nettare e di polline. Questo periodo, in cui le nostre

apette passano da un più o meno lungo periodo di riposo invernale ad una progressiva e costante ripresa dell’attività, è un momento particolarmente delicato, sia per le api che per l’apicoltore, il quale deve iniziare a riprendere il proprio lavoro con un ritmo un po’ più sostenuto rispetto a quanto fatto fino ad ora. All’interno dei nostri alveari le popolazioni si sviluppano ad un ritmo fortemente crescente mentre le scorte alimentari si consumano assai velocemente, senza che le api possano ancora uscire a bottinare e a raccogliere nuove provviste con un ritmo a pieno regime. Non è ancora il momento giusto per poter effettuare le prime visite ispettive, a meno che il meteo non ci regali una bella giornata soleggiata accompagnata da una gradevole temperatura che permetta di effettuare una prima e veloce ispezione la quale ci consentirà di valutare la forza della famiglia osservando: • il numero dei telai contenenti covata; • le riserve di cibo; • l’aspetto della covata, la sua valu1-2/2020 | Apitalia | 15


Foto Julia Schwab

AGENDA LAVORI. NORD

tazione è molto importante ci consente di comprendere le condizioni della regina ed eventualmente se necessario di prevedere una sua sostituzione; • lo stato sanitario in cui versa la famiglia e la eventuale presenza di varroe. Sul finire di febbraio, in presenza di temperature ormai decisamente più gradevoli, si potrebbe iniziare a pensare di riprendere una stimolazione della famiglia in crescita mediante somministrazione di sciroppo 50 a 50 (50% di zucchero e 50% di acqua) da distribuire in piccole quantità ma con discreta frequenza. Questo consentirà di ottenere un potenziamento della colonia facendo aumentare l’attività di deposizione da parte della regina. È ormai risaputo che il calabrone asiatico rappresenta un’importante minaccia per la nostra attività e soprattutto per le nostre preziose 16 | Apitalia | 1-2/2020

compagne di lavoro ed è inutile nascondercelo: la sua presenza si sta malauguratamente e inesorabilmente espandendo all’interno dei nostri territori. Alla comparsa dei primi giorni soleggiati e tiepidi, le regine fondatrici fanno la loro entrata in scena; è quindi questo il periodo propizio per posizionare le prime trappole (le classiche bottiglie contenenti delle piccole quantità di pappa per gatti o più semplicemente di prosciutto cotto) che catturandole impediranno lo sviluppo di nuove temibili famiglie di questi terribili predatori d’api. Nonostante febbraio segni un incremento dell’attività lavorativa per noi apicoltori esso non rappresenta ancora un periodo troppo carico di impegni, per cui approfittiamo del tempo libero che ci rimane per dedicarci a tutti quei lavori di laboratorio che non abbiamo ancora completato.

Non dimentichiamoci di preparare le arniette di polistirolo, sono estremamente necessarie al debutto della stagione, quando le colonie si presenteranno sufficientemente forti e con una buona presenza di fuchi. È questo il momento propizio per preparare i primi sciami e le arniette dovranno esser ben disposte per accoglierli al meglio. Il nocciolo è una delle prime piante a fiorire, è un arbusto molto rustico che può arrivare fino a 6 metri di altezza. I suoi fiori assomigliano vagamente a quelli del castagno e fioriscono da febbraio a marzo. Questo albero, come la mimosa, avendo una fioritura precoce rappresenta una ricca e importante fonte di polline a disposizione delle nostre apette in un periodo di inizio stagione quando aumenta il fabbisogno energetico delle famiglie e le fioriture non sono poi così abbondanti. I suoi rami vengono utilizzati per comporre cesti e panieri, esso per la sua capacità di vivere in simbiosi con alcuni miceti è anche impiegato per la coltivazione del tartufo e se utilizzato come siepe, disposta a raggiera intorno all’apiario, rappresenta un ottimo riparo contro i forti, freddi e fastidiosi venti così poco graditi alle care amichette volanti. Per concludere, non dimentichiamoci che un nostro corretto atteggiamento in questo inizio di stagione sarà determinante nel condizionare favorevolmente il buon prosieguo della stessa. Maurizio Ghezzi



AGENDA LAVORI. NORD-EST

PASSAGGI DI STAGIONE SEMPRE PIÙ A RISCHIO

MASSIMA ATTENZIONE PER NON RIPETERE GLI ERRORI DELLA PASSATA ANNATA di Giacomo Perretta

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ire ai proverbi valore di verità, eppure il celebre proverbio riferito al 2 febbraio, Madonna della Candelora, “Alla Madonna di Candelora dell’inverno semo fora, ma se piove o tira vento dell’inverno semo dentro” anche se non scientificamente avallato dava un’indicazione di massima piuttosto corrispondente al vero. Eppure, oggi, questa è un’ipotesi fantastica. Detto ciò, comunque la primavera sta per arrivare e, a seconda delle

I VANTAGGI DEL BLOCCO DI COVATA INVERNALE

Foto Andrea Mantelli

a preparazione dell’apiario, insieme al controllo della famiglia, sono le priorità di questo periodo, anche se, purtroppo, da qualche anno a questa parte ciò non è più possibile: il riferimento è senza dubbio alle condizioni atmosferiche o, meglio, ai cambiamenti climatici che da qualche decennio condizionano oltre la natura anche la vita sociale dell’uomo. È sempre più difficile valutare le possibili condizioni climatiche, anche nei passaggi stagionali le cui fasi stanno acquisendo un andamento non tipico dell’andamento continentale come invece dovrebbe essere. Ci troviamo, dicono gli esperti, dinanzi a fenomeni tropicali, con un susseguirsi di eventi tra precipitazioni abbondanti e siccità, che da noi in Italia, anche se il problema è oramai globale, stanno devastando sempre più ampi territori. In questo susseguirsi di sequenze sempre più rapide, l’apicoltore è costretto a mettere in campo più strategie per aiutare le api a sopravvivere a questo effettivo disagio. Non sono mai stato solito attribu-


varie zone, avremo uno sviluppo più o meno rapido delle famiglie di api. Passiamo quindi ad analizzare le questioni che ritengo più importanti; prima fra queste le temperature. Con i primi tepori si svilupperanno le piante che forniranno il polline (insieme al miele o allo zucchero che l’apicoltore contribuisce a portare) necessario allo sviluppo della covata. Ecco però, dietro l’angolo c’è una possibile insidia: le temperature possono abbassarsi all’improvviso e se le api della famiglia non sono sufficientemente numerose, può avvenire un raffreddamento della covata e quindi la sua morte. L’apicoltore attento dovrà valutare

queste condizioni e agire di conseguenza: farà in modo di tenere stretta la famiglia, in attesa che il meteo ci possa tranquillizzare. Purtroppo, questo è il periodo più pericoloso anche per la sopravvivenza della famiglia. Nel 2019, proprio a causa di questo eccessivo e repentino cambio climatico, è accaduto che alcuni apicoltori si siano trovati con famiglie morte per fame nel mese di maggio, la colpa è da imputarsi a due condizioni: • la prima è riferibile alla pioggia caduta incessantemente per tutto il mese, senza interruzione, che non ha permesso alle bottinatrici di uscire dall’alveare alla ricerca di nettare da raccogliere;

• la seconda condizione è dovuta alla disattenzione dell’apicoltore, che pur consapevole della quantità di covata all’interno della famiglia non ha provveduto ad alimentare opportunamente. Come abbiamo visto da queste semplici analisi, l’attenzione dell’apicoltore può essere determinante per la sopravvivenza della famiglia; in questa fase storica, anche i mesi durante i quali mai si sarebbe ipotizzata una morte per fame, essa può dunque avvenire. Se è vero che il cambiamento climatico crea condizioni di importante disagio all’uomo, dobbiamo prendere atto che porta gravissime condizioni di sviluppo e di sopravvivenza a tutto l’ambiente, più in generale.

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AGENDA LAVORI. NORD-EST

Dovremo quindi porre più attenzione ed effettuare valutazioni più attente e accurate delle famiglie. Non sottovalutate pertanto la possibilità di alimentare le famiglie, se necessario anche a maggio, verificate sempre la quantità di scorte che le api hanno depositato, sottostimatele piuttosto, fornite sempre una alimentazione in eccesso piuttosto che in difetto: questo vostro sforzo sarà largamente ripagato. TECNICHE NUOVE Un accenno alla nuova tecnica del blocco di covata invernale è d’obbligo; chi l’ha provata ne è entusiasta e quindi vediamo come funziona. La tecnica è simile al blocco di covata estiva, con la differenza che in quella invernale non si permette alla regina alcuna deposizione. In effetti, anche le prime sperimentazioni del blocco di covata estiva si facevano con gabbiette che non permettevano la deposizione. Dall’evoluzione di tecniche e tipi di gabbiette si è giunti ad una tecnica che sembra 20 | Apitalia | 1-2/2020

essere la migliore: consegnando alla regina un favo nel quale deporre, la varroa è attratta solo da quelle porzioni di favo. Chi ha eseguito questa tecnica a breve potrà liberare la regina, non prima però di aver effettuato un trattamento antivarroa con ApiBioxal® sublimato o gocciolato se le temperature lo permettono. Perché prima di liberare la regina? Il motivo è semplice, così facendo si evita di bagnarla qualora si facesse il trattamento gocciolato. Il blocco di covata invernale, senza deposizione, ha condizionato le varroe ad essere foretiche e quindi private della possibilità di riprodursi; a ciò aggiungiamo il fatto che il numero di acari è già di per sé limitato se è stato fatto un buon trattamento invernale con assenza di covata nel mese di ottobre-novembre. Altro vantaggio è dato dalla mancanza o dalla rara possibilità di trasferimento di varroa da un ape all’altra durante il raccolto, visto l’esiguo numero di api bottinatrici. Anche

l’infestazione in seguito alla deriva tra alveari risulta molto limitata o nulla, mancando i sovraffollamenti davanti agli alveari. L’intervento di questo tipo è senza dubbio molto utile per far posticipare i trattamenti estivi, lasciando alle api un raccolto primaverile ed estivo meno impegnativo, come pure a preservare il loro stato di salute: meno infezioni e meno disagi provocati dall’avere come compagno di lavoro, sulle proprie spalle, la varroa che non solo si fa trasportare dal povero insetto ma lo ferisce continuamente. Ultima raccomandazione qualora decidiate di fare il trattamento con ApiBioxal® gocciolato: abbiate l’accortezza di scegliere una giornata soleggiata con temperatura non inferiore ai 10 °C, valutando inoltre che le api possano uscire e muoversi per almeno un paio di ore, in modo che possano avere la possibilità di asciugarsi per tempo. Giacomo Perretta


AGENDA LAVORI. CENTRO

UN LENTO RISVEGLIO

SERVONO ACQUA, PROTEINE VEGETALI E BUONE PRATICHE IGIENIZZANTI di Stefano De Pascale

STERILIZZATE TUTTO CIÒ

rante il giorno tornano a crescere e la natura comincia un lentissimo risveglio, e con essa anche le api riprendono la loro attività di allevamento della covata. In Centro e Sud Italia nei campi si cominiciano ad avvistare le prime fiorture, in particolar modo crucifere, che con i loro tipici fiori gialli sono la prima fonte di polline a disposizione per le nostre api; altra pianta che comincia a fiorire ad inizio anno e fornisce polline alle nostre api è il nocciolo. Nelle ore più calde della giornata sarà possibile notare un’intensa attività delle

Foto Laura Meneguzzo

CHE È POSSIBILE

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l solstizio d’inverno è il momento in cui il sole raggiunge il punto minimo d’inclinazione rispetto all’asse terrestre, ed indica il giorno più corto e la notte più lunga dell’anno, oltre che il passaggio dall’autunno all’inverno nel nostro emisfero. Secondo tradizione questo giorno si faceva cadere la notte di Santa Lucia il 13 dicembre, mentre oggi dati più certi ci dicono che cade tra il 21 ed il 22 dicembre. Superata questa data, anche se in maniera quasi impercettibile all’occhio dell’uomo, le ore di luce du-

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AGENDA LAVORI. CENTRO

Telaino di covata, proveniente da una famiglia malata, in parte fiammeggiato.

bottinatrici intente a raccogliere il prezioso polline, nutrimento proteico per le giovani larve. Per capire se gli alveari hanno ripreso l’allevamento della covata basterà osservare l’attività delle api all’esterno. I segnali da cogliere sono principalmente due: il primo, come abbiamo detto, sono le api che bottinano polline; il secondo, che ci toglierà ogni dubbio, sono le api che bevono acqua. Basterà osservare le pozzanghere intorno all’apiario o la più vicina fonte d’acqua e notare se vi è la presenza d’api intente ad abbeverarsi. Perché l’acqua? Semplice: essa è una delle principali componenti della pappa reale, il nutrimento per le giovani larve, la ricerca di questa è dunque sintomo che le api stiano allevando covata. In questo periodo i lavori in apiario sono ridotti ai minimi termini mentre in magazzino fervono i preparativi per l’imminente stagione in arrivo. Quindi facciamo un piccolo vademecum su cosa bisogna fare in apiario. Per quanto riguarda le visite è bene farle nelle ore più calde del giorno, limitandosi ad una visita esterna de22 | Apitalia | 1-2/2020

gli alveari senza andare a disturbaree famiglie che sono impegnate a mantenere una temperatura interna del nido che oscilla tra i 33 ed i 36 °C nei punti più vicino alla covata. I livelli di scorte possono essere valutati soppesando le arnie dai lati e da dietro, si ricorda che le esigenze alimentari delle colonie da Gennaio in poi saranno in crescita e la presenza di covata da riscaldare fa aumentare notevolmente il consumo di miele. Nel caso le arnie risultino leggere, è bene cominciare a somministrare del candito dal foro del coprifavo evitando così di disturbare il nido. Si potranno osservare i voli dalle porticine, l’intensità dei voli quanto il peso dell’arnia ci potranno dare qualche indicazione sulla forza delle famiglie. Se si riscontrano anomalie in qualche alveare, assenza di volo, fuchi o api in sosta sull’entrata che non si dedicano a nessuna attività o che presentano strani tremolii delle ali, potrebbero essere segno di una regina fucaiola, orfanità o di collasso della famiglia. Si potrà procedere a bussare le pareti dell’arnia per capire se la famiglia è presente ed in caso se è orfana. Si ricorda che un

ronzio prolungato ed echeggiante indica l’assenza della regina. Con temperature superiori ai 12 °C si può optare per aprire la famiglia in questione, facendo una veloce visita: valutando sia lo stato delle scorte che la presenza di covata e che questa sia in buone condizioni sanitarie, altrimenti conviene lasciare un segno sull’arnia e controllarla appena ci sia la possibilità. Se i lavori di campo non ci richiedono molto tempo, bisogna invece dedicarsi alla preparazione dei materiali per l’imminente inizio di stagione. Una delle cose più importanti da fare è la cernita e la disinfezione del materiale derivante dalle colonie perse. Per quanto riguarda i telaini costruiti, se si è incerti della causa della morte della colonia o si è sicuri che questa sia deceduta per patologie varie, è bene procedere alla distruzione di questi recuperandone la cera che potrà essere facilmente sterilizzata e riutilizzata. Se invece sono telaini che derivano da famiglie piccole o dall’unione di più famiglie, li possiamo dividere in quelli con scorte di miele da


utilizzare alle prime visite e quelli costruiti ma vuoti da utilizzare successivamente per allargare le famiglie e per costituire nuovi sciami. Per quanto riguarda la disinfezione delle arnie o dei cassettini in legno non è facile dar consigli, è un argomento abbastanza delicato e ci sono pareri molto discordanti su un metodo che si possa definire efficace al 100% se non quello della sterilizzazione ai raggi gamma, procedimento che non è possibile fare in azienda ed è un servizio difficilmente reperibile sul territorio italiano. Mentre in azienda possiamo procedere come segue, prendendo atto che sia le spore di nosema che quelle di peste europea ed americana muoiono se esposte ad una

temperatura superiore ai 120 °C per circa dieci minuti; quindi sappiamo già che ci stiamo imbattendo in un’impresa non facile. Sicuramente dobbiamo grattare i materiali dai residui di propoli e cera facendo attenzione agli angoli e gli spazi dove sono fissati i distanziatori in metallo per i telaini. Il metodo più semplice per provare ad eliminare le spore è il passaggio con una fiamma ma non si può fare per periodi prolungati, pena quella di carbonizzare il legno. Quello più efficace è l’immersione del materiale in una vasca con cera calda a 120 °C per 15 minuti. Ma questa operazione oltre a richiedere un discreto quantitativo di cera e di materiale, quale una vasca con re-

sistenza elettrica o un fornellone, risulta anche piuttosto pericolosa. Quando si mette la cera vicino ad una fiamma bisogna sempre essere molto cauti e preferibilmente svolgere queste operazioni all’esterno. Un buon aiuto alla nostra causa, per la disinfezione dei materiali, ci viene dall’acido paracetico, il cui prodotto commerciale per l’apicoltura è il Vitaoxigen®. Questo si può usare sia sui favi che sulle arnie con posologie diverse. In questo periodo è bene procedere all’acquisto dei materiali e alla ristrutturazione e alla verniciatura di quelli vecchi, una manutenzione periodica ne allunga notevolmente la vita. Stefano De Pascale

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AGENDA LAVORI. SUD

DARE SPAZIO CON PRUDENZA

EVITARE PERDITE DI COVATA E PROLIFERAZIONE DI PATOGENI di Santo Panzera

T

erminata la breve pausa delle prime fioriture dell’anno di meritato riposo e frut(acetosella - foto sotto -, varie tuosa riflessione, a “bocce crucifere spontanee, mandorli); ferme”, sull’operato del 2019 e sui più numerose sono tali api più programmi e propositi di migliorala famiglia è in salute; il loro mento per il 2020, ora è tempo di rincasare con le cestelle cariche ritornare al lavoro. di polline indica che è ripreso In questo periodo, l’apiario vive in l’allevamento di covata; il volo funzione delle mutevoli condizioni scarso o addirittura assente, inclimatico-botaniche delle divervece, impone di accertarsi delle se zone: notevoli potranno essere condizioni della famiglia attrale variabili e dovremo maturare la verso la visita interna; piena consapevolezza che l’apicol- 2. api morte che, se presenti in tura non è fatta di regole e scadennumero ridotto (sotto le 10-15), ze rigide ma di piani e strategie non rappresentano un problema flessibili ed adattabili a situazioni mutevoli da un anno all’altro. Bisogna accertarsi della situazione di vitalità, di sviluppo e sanitaria di ogni famiglia. Approfittando di una giornata soleggiata, con temperatura mite (superiore a 15 °C), le operazioni da effettuare sono: • controllo visivo di porticina di ingresso e cassettino antivarroa; • breve visita interna all’alveare.

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PER TEMPO ATTREZZATURE ED ACCESSORI

Foto Anfehoe

Sulla porticina di ingresso bisogna valutare : 1. entità del volo delle bottinatrici che si avventurano alla ricerca

PRENOTATE


in quanto sono le api vecchie o quelle che attardatesi a rincasare sono state sorprese dal freddo; se invece sono di numero più elevato potrebbero segnalare avvelenamento da agrofarmaci o presenza di Nosema ceranae; 3. grossi residui di cera che possono segnalare il rifugio nell’arnia di qualche topolino; 4. resti di ninfe morte che indicano scarsità di scorte in quanto le api, dopo una fase di ampliamento di covata, causa un brusco abbassamento di temperatura, sono state costrette a ritirarsi in glomere, sacrificando la covata più periferica; 5. feci filiformi di colore brunastro o arancione scuro sono indice di

diarrea, da ricondurre a provvitale da richiedere, appena possiste invernali non idonee o mabile, un intervento di contrasto; lattia; al contrario, la presenza 3. pallottoline di polline che è anche sui coperchi di feci sotto indice di importazione di scorte forma di macchiette circolari e conseguente presenza di cogiallastre, sono indice di buona vata; qualora esse siano indurite salute in quanto testimoniano e di colore bianco sono invece che è avvenuto il “volo di puriindice di micosi in qualche favo; ficazione”, con lo svuotamento 4. goccioline bruno giallastre, se dell’ampolla rettale dai residui presenti, sono indice di diarrea. accumulati durante il periodo di clausura. Per quanto riguarda la visita interna all’alveare, essa deve essere il più L’esame del cassettino antivarroa possibile breve, per non raffreddaha come scopo il controllo di: re troppo la colonia, per cui è bene 1. residui grossolani di cera che organizzare il lavoro, predisponentestimoniano eventuali saccheggi; do con cura tutto il necessario. Gli 2. caduta naturale di varroa, tenendo scopi della visita saranno i seguenti conto che, se oltre 20 le unità controlli: presenti, il livello è allarmante e 1. distribuzione delle api nei te-

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laini; le famiglie che occupano 4-5 favi sono sicuramente in buone condizioni, ma anche quelle piccole che occupano interamente 3 favi, ai nostri climi, sono più che sufficienti per raggiungere le produzioni primaverili; 2. entità delle scorte alimentari, ricordandosi che il consumo risulta più elevato per mante- 3. presenza, compattezza ed espan- Le giornate di freddo e cattivo temnere costante la temperatura di sione della covata; la regina avrà po, non idonee per i lavori in apiaun glomere più piccolo e che incominciato a deporre le uova rio, al fine di evitare di predisporre lo stesso consumo andrà ad audalle quali nasceranno api gio- nottetempo il materiale necessario mentare considerevolmente con vani che andranno a sostituire per il giorno successivo, possono l’allargarsi delle rose di covata, le ormai anziane api inverna- essere utilmente dedicate alle inpassando da 1Kg/mese di dili. Possiamo allargare lo spazio combenze da magazzino come: cembre a 3-4/Kg mese in febdove la regina può deporre in- • fondere la cera; braio; se le scorte sono allocate serendo, accanto alla covata na- • zigrinare i telaini e predisporli al nei telaini più esterni possono scente, favi già costruiti (uno per montaggio dei fogli cerei; essere avvicinate delicatamenvolta), conservati in magazzino; • pulire gli escludiregina; te al glomere; se invece esse ritutto ciò, dopo essersi assicurati • verificare il buon funzionamento sultano insufficienti, si può indell’assenza nei giorni successivi di macchine ed attrezzature. tervenire inserendo un favo di di brutto tempo, che ostacole- È opportuno anche procedere alla scorte conservato in magazzino rebbe l’approvvigionamento da prenotazione ed all’acquisto del che avremo cura di disopercoparte delle api di risorse ali- materiale apistico di cui neceslare leggermente, oppure attuamentari, specialmente polline, sitiamo, approfittando di questo re una nutrizione di soccorso a necessarie per nutrire le giovani periodo di tranquillità, sia per noi base di candito. È bene sottolilarve, vanificando ed addirittura apicoltori che per i rivenditori, evineare che la nutrizione stimorendendo dannoso all’economia tando di ritrovarsi poi a ridosso di lante ha invece un’importanza dell’alveare questo nostro inter- urgenze ed emergenze. strategica, dipende da cosa noi vento. Infatti, in questo periodo, È bene sottolineare, infine, che vogliamo “fare con le nostre api” bisogna dare spazio con molta noi apicoltori, solo conducendo e presuppone che le condizioni prudenza in quanto, in presen- gli alveari nel pieno e consapevole meteo consentano alle api di za di sempre possibili ritorni di rispetto delle api e dell’ambiente uscire dall’alveare (temperature freddo, essendoci ancora un nu- in cui operiamo, possiamo confesuperiori a 15 °C), che vi sia dimero di api insufficiente ad ac- rire al nostro miele un valore agsponibilità di polline e, una volta cudire con le dovute attenzioni giunto in grado di operare quella iniziata, bisogna continuarla con una aumentata quantità di larve, tipicità e distintività, quanto mai somministrazioni ripetute (nel incrementata magari a spropo- necessarie, in un mercato glocontesto climatico-botanico del sito con nutrizioni stimolanti, balizzato sempre più appiattito nostro Sud-Italia il suo inizio si ha la morte della covata più sull’uniformità ed omogeneità può avvenire a fine gennaioperiferica con conseguente pro- dell’offerta. inizio febbraio, sempre meteo liferazione di patogeni e manipermettendo); Santo Panzera festazione di malattie. 26 | Apitalia | 1-2/2020

Foto Aldo Baragatti

AGENDA LAVORI. SUD


AGENDA LAVORI. ISOLE

CAMBIARE IN MEGLIO, SI DEVE E SI PUÒ

LA SOLUZIONE CHE PORTA BENESSERE ALL’APE di Vincenzo Stampa

C’

lasciamo che gli alveari si esprimano liberamente e, ciò nonostante, sia impossibile trovare fuchi con evidenti danni da varCOME ACCADE roa (deformità di vario genere); inoltre, disopercolando ad arte IN NATURA la covata maschile presente negli alveari, raramente s’incontra qualche varroa; 2) si è azzerata l’incidenza di quelle strane patologie, molto difficili A FAVORE Negli alveari a SpazioMussi®: da contrastare, causate e diffuse 1) non ci preoccupiamo più del dalla varroa; controllo della covata maschile, 3) in conseguenza dell’accresciuta distanza interfavo le visite sono molto rapide, potendo facil“API CONTRO VARROE”: UNA PARTITA MILLIMETRICA mente sollevare uno o due favi di qualsiasi posizione senza tocFrancesco Mussi, apicoltore di Massa care i rimanenti; Carrara, ha presentato la sua modifica 4) normalmente, sulla coda del dell’interspazio tra telaini del nido in raccolto, le api tendono ad accuoccasione del 30° Congresso Internamulare scorte nel nido, negli alvezionale di Apicoltura svoltosi a Lubiana, ® nel 2003. Si definisce SPAZIOMUSSI ari a dieci favi Dadant si hanno ciò che intercorre tra centro e centro mediamente quattro favi di scorte di due favi contigui, all’interno della posizionati in vario modo seconcamera di covata di un alveare. do la posizione e l’ampiezza delÈ rispettando questo allargamento la porticina di volo; negli alveari che s’innesca un fenomeno di caduta naturale causato dallo spulciamento delle api a danno dell’acaro parassita. Mussi ha a SpazioMussi® le scorte sono la certezza di aver evidenziato un fenomeno naturale e ha verificato che, nelle colonie soltanto nei due favi esterni, esallo stato naturale, tale distanza può variare da un minimo di 41 mm e uno massimo di sendoci più scorte nella corona di 50 mm. Lo SPAZIOMUSSI si colloca idealmente a 45 mm, misura ottimale con cui si miele sopra la covata e dovendo ottiene la massima caduta naturale. (Fabrizio Piacentini) riservare lo spazio per la covata;

FAVI ALLARGATI

è una sottile striscia di lamiera che segna il confine tra la tranquillità e l’infelicità e si chiama “Distanziatore Mussi”, ma non pensate che sia un amuleto: è soltanto lo strumento per l’applicazione di un metodo al servizio del benessere delle api. Qui di seguito le istruzioni.

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AGENDA LAVORI. ISOLE 5) per quanto riguarda la sciama- 4) per il rinnovo periodico dei favi, tura, niente di particolare da sesecondo la tecnica dello scorrignalare. mento dei favi da destra verso sinistra, con lo SpazioMussi® PER CONTRO si deve introdurre un foglio L’accresciuto spazio interfavo ricereo alla volta, in compenso, chiede la presenza di una maggiore quando lo sciame raggiunge quantità d’api per mantenere l’ela dimensione di sette favi coquilibrio termico, in conseguenza struiti si può dare il melario e, si devono modificare i criteri di centrando i favi del nido tra conduzione e in particolare: due diaframmi, si può lasciare 1) il travaso da un’arnia o un porta l’alveare su sette favi ed ottesciami a spazio Dadant in un’arnere la stessa produzione di un nia a SpazioMussi®, deve essealveare Dadant a dieci favi. Il re effettuato quando le api ceratempo che si è perso nell’introiole sono attive per permettere duzione dei fogli cerei, si recufacilmente l’accrescimento del pera abbondantemente in fase bordo superiore dei favi; di produzione. 2) effettuato il travaso, occorre In compenso possiamo dimenstringere lo spazio a disposizio- ticarci della varroa, il che non mi ne delle api di almeno un terzo sembra proprio poco! dei favi, utilizzando il diaframma mobile. Le api in eccesso ISTRUZIONI SINTETICHE serviranno a riempire l’accre- Il travaso va fatto quando le api ocsciuto spazio interfavo; cupano almeno cinque favi comple3) la posa dei melari si deve ese- ti e cominciano a produrre la cera. guire soltanto dopo che tutti Lo spazio tra i favi cresce da 13,5 i favi del nido sono completa- millimetri a 20 millimetri, per cui mente coperti dalle api, usando ci vogliono più api per mantenere come misura la quantità d’api il giusto clima nell’alveare. che staziona sulla facciata inter- Per recuperare le api necessarie, duna del diaframma mobile; rante il travaso da Dadant a Mussi,

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occorrerà togliere un terzo dei favi, quelli con le scorte di miele e chiudere con un diaframma mobile. Quando le api colonizzano la facciata interna del diaframma mobile è tempo di dare di nuovo uno o due favi costruiti (quelli che prima sono stati tolti). Il segnale per dare ulteriore spazio è dato dal numero di api che colonizzano la facciata interna del diaframma mobile. Se servisse dare un telaio con foglio cereo lo introdurrete nella prima posizione a destra, tra il favo e la parete dell’arnia. Quando questo sarà costruito lo potrete spostare dove preferite, meglio se tra due favi di covata opercolata sostituendolo con altro foglio cereo, sempre nella stessa posizione, a parete. Per mettere il melario non occorre aspettare che il nido sia completo (nove favi); quando l’alveare ha sette favi li potrete centrare tra due diaframmi mobili, inserendo anche l’escludiregina e il melario. Sulla coda dell’ultimo raccolto le api pensano a se stesse accumulando scorte nel nido. Vincenzo Stampa






SPECIALE AMBIENTE

FIORI IMPRODUTTIVI

COME E PERCHÉ IL CAMBIAMENTO CLIMATICO DANNEGGIA L’AMBIENTE E LA NOSTRA APICOLTURA di Antonella Canini

L

a realtà che stiamo vivendo da qualche anno ci mette di fronte a cambiamenti delle stagioni e alla percezione che i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale facciano sempre più parte della nostra quotidianità. Solo un decennio fa si pensava che questi argomenti fossero relegati a discussioni accademiche e che avrebbero riguardato diverse generazioni dopo di noi, per cui tutto sommato poco ci interessava nel corso della nostra vita e di quella dei nostri discendenti più vicini. L’annata 2019 sicuramente è l’annata nella quale si è registrata una drastica diminuzione della produzione di miele come si può evincere dai dati dell’osservatorio (Il valore della terra, 2/2019), dove rispetto alla norma produttiva attesa si è verificata una produzione media in kg per alveare ridotta di 10 volte. La diminuzione si è registrata sia per i mieli monoflorali come l’acacia, generalmente prodotti nel centro e nel nord dell’Italia ma anche per gli agrumi, più caratteristici del Sud, riportando la problematica a livello nazionale. È chiaro, invece, che ci troviamo in una situazione che ha preso una piega diversa e complessa. Se osserviamo l’ambito ambientale, gli effetti dei (prosegue a pag. 34)

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cambiamenti climatici si traducono in fioriture fuori stagione con disallineamenti tra necessità di caratteristiche climatiche delle piante e utilizzo delle stesse da parte di impollinatori con la conseguenza di incidere nella produttività di una coevoluzione tra piante e animali nel corso di diversi milioni di anni. L’apicoltura è una delle attività sulla quale i cambiamenti climatici hanno un effetto molto chiaro e percettivo. Quella del 2019 è sicuramente l’annata nella quale si è registrata una drastica diminuzione della produzione di miele come si può evincere dai dati rilevati e diffusi dalla FAI-Federazione Apicoltori Italiani e da ISMEA, dove rispetto alla norma produttiva attesa si è verificata una produzione media in kg per alveare ridotta di 10 volte. La diminuzione si è registrata sia per i mieli monoflorali come l’acacia, generalmente prodotti nel Centro e nel Nord dell’Italia ma anche per gli agrumi, più caratteristici del Sud, riportando la problematica a livello nazionale. Nel 2019 si sono susseguiti eventi metereologici estremi, accompagnati da episodi violenti (grandine, burrasca, esondazioni) che hanno determinato perdite di produzioni elevate, soprattutto per quanto riguarda i mieli primaverili. A partire dalla seconda metà di Aprile, inoltre, si è verificato un abbassamento termico creando condizioni ambientali non adatte alle produzioni. In pochi casi come nel Gran Sasso Monti della Laga (foto sopra), temperature più calde negli 34 | Apitalia | 1-2/2020

Foto 18986

SPECIALE AMBIENTE

ultimi periodi estivi, hanno dato una maggiore produzione. Ad amplificare le conseguenze dei cambiamenti climatici ha avuto un ruolo anche la perdita della biodiversità. Sotto questo nome indichiamo un grande numero di diverse varietà genetiche (o cultivar) per ogni specie; la variabilità genetica aumenta la probabilità che qualcuna di queste varietà sia in grado di reagire alle condizioni avverse che si verificano, come ad esempio i cambiamenti climatici o ambientali, i quali a loro volta sono dovuti ad una alterazione biotica, quindi contaminanti microbiche, presenza di virus, e/o abiotica, cioè alterazioni di temperatura, o il determinarsi di condizioni estreme. Ebbene, se pensiamo a un secolo fa, per ogni specie, soprattutto di interesse agricolo e alimentare, avevamo a disposizione diverse centinaia o migliaia di cultivar. Oggi, genericamente, in alcune specie si è arrivati forse al 10% di quello che c’era, ma in alcuni casi anche di meno. Questo vuol dire che c’è l’utilizzo di poche accessioni che hanno una completa omogeneità genetica. Dunque se si verificano cambiamenti di una condizione rispetto alla quale quella specie si è adattata, tutte le piante di quella varietà sono minacciate. La storia evolutiva delle piante a fiore, degli ultimi centoquaranta milioni di anni, è il risultato di selezioni di varietà che hanno permesso nel tempo di sopravvivere ai cambiamenti che ci sono stati negli habitat in cui quelle piante vivono. E quindi, soprattutto qui


parliamo di cambiamenti climatici, ma parliamo anche di qualità genetica delle specie. Allora, che cosa è successo? Partiamo prima da un’analisi della parte genetica. L’agricoltura in particolare e le richieste di alimentazione della popolazione mondiale, hanno sollecitato un aumento di resa. E quindi molte multinazionali hanno convinto i produttori a utilizzare sementi più produttive. Ora, banalmente, ciascuna specie agroalimentare è il risultato di composti prodotti per sopravvivere all’ambiente in cui cresce. Quando noi consumiamo una mela, quella mela è il risultato di composti nutrizionali per superare le alte o basse temperature o le avversità biotiche. Lo dico sempre quando parlo ai miei studenti: le piante sono ferme, non possono fare come noi che scappiamo per andare in un ambiente più protetto. Le piante, quindi, devono mettere in atto delle strategie per reagire a questi cam-

biamenti: tali strategie riguardano la produzione di composti naturali che caratterizzano la loro bontà nutraceutica. Ebbene, se guardate la storia evolutiva degli ultimi centoquaranta milioni di anni noterete che le piante a fiore hanno vinto, diciamo, la competizione sulle altre piante: esse hanno mostrato una capacità genetica più variegata, e quindi più capace di adattarsi. Poi è arrivato il mondo agricolo, orientato più verso l’interesse commerciale, per cui ci sono state le soluzioni delle monoculture, e soprattutto c’è stata la soluzione di evitare di avere nelle varie generazioni la conservazione di quelle che erano le produzioni locali, e di utilizzare sempre dei semi più produttivi. È successo che questi semi più produttivi, intanto, non possono essere conservati nel tempo; lo sapete meglio di me, perché c’è la sterilità dell’ibrido, quindi bisogna riacquistare il prodotto all’origine con il risultato che quello che era la ricchezza di un territorio, e

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SPECIALE AMBIENTE

Fig. 1 - Elementi che contraddistinguono le strutture importanti della pianta a sinistra; elementi dell’impollinatore a destra. Il cerchio si completa solo se i due emi-cerchi sono in corrispondenza.

chiaramente anche la biodiversità di quel territorio, ovviamente è andato sempre di più perdendo di peso, facendo sparire le cultivar più resistenti. Nell’ultimo decennio a questo impoverimento si è aggiunto il grave problema dei cambiamenti climatici. Sostanzialmente, se considerate una bilancia, avete una realtà che resta in equilibrio solo se gli interventi di mitigazione riescono a contrastare il trend di cambiamenti: solo in questo caso è assicurata la sopravvivenza di un habitat. Grosso modo questo è quanto è successo negli ultimi centoquaranta milioni di anni. I cambiamenti climatici sono stati graduali, e la competizione con le specie è stata in equilibrio, anche se si è verificato un incremento di piante non autoctone: la capacità delle varietà delle piante di adattarsi a quella situazione ha assicurato la sopravvivenza delle specie di interesse agroalimentari e selvatiche. Se prendiamo in considerazione gli eventi estremi, quali sono le conseguenze? Con la diminuzione della biodiversità in atto si verifica una diminuzione del successo delle risorse floreali. Quindi la bilancia va verso una condizione di disequilibrio. Questo perché, molto banalmente, quando c’è un evento estremo, in assenza di 36 | Apitalia | 1-2/2020

diversificazione genetica, la pianta per potersi adattare al nuovo ambiente ha bisogno di diverse decine di anni, e quindi prima che riesca a trovare una situazione di adattamento si può produrre un ulteriore cambiamento repentino. E qui torniamo all’argomento che mi è stato affidato: l’improduttività delle piante. Abbiamo detto che una parte importante di tale fenomeno dipende dal fatto che c’è una, chiamiamola così, povertà genetica... diremmo meglio una povertà di varietà genetica. La maggior parte delle piante oggi presenti raggiunge il buon fine di produrre semi grazie alla presenza degli impollinatori. In Fig. 1 sono rappresentati due semicerchi: uno riferito alla pianta e uno riferito al suo impollinatore, l’ape. In presenza di repentini cambiamenti climatici, la durata dell’apertura del fiore è accorciata e soprattutto è anticipata rispetto alla presenza dell’impollinatore. Altri elementi importanti sono: la produzione di nettare, il rilascio di composti volatili, che sono metaboliti secondari la cui espressione è legata al modo con cui la pianta riesce a salvaguardare se stessa dai cambiamenti che si verificano nell’ambiente, i petali e la disponibilità di polline. Se tutti questi elementi sono indotti a modificar-


Fig. 2 - Effetto tra l’intensità del cambiamento climatico e l’azione sulla fioritura e l’attività di impollinazione (sinistra). Conseguenza del cambiamento climatico nel produrre il disacoppiamento tra il periodo di fioritura e il volo degli impollinatori (destra).

si a seguito della modifica delle stagioni, da fattori biotici, è chiaro che non si verifica il corretto adattamento all’altro emicerchio legato all’impollinatore. Ora però, il problema è più drammatico, perché naturalmente il cambiamento dell’emicerchio legato alla pianta non solo disturba il cambiamento dell’emicerchio legato all’impollinatore, ma le mutate condizioni ambientali a

loro volta determinano anche il cambiamento dell’ambiente in cui lavora l’ape. Se i due emicerchi corrispondono, e quindi se l’ape si avvicina alla pianta e tutte le condizioni sono adeguate, c’è una situazione di corrispondenza, e quindi la durata della fioritura della pianta è compatibile con il tempo dell’utilizzo dell’impollinatore per farne l’oggetto della sua

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alimentazione, per prendere il nettare e poi produrre il miele; per la pianta tutto questo servizio nei confronti dell’impollinatore si traduce nella sua “fitness” riproduttiva (il successo, l’idoneità, ndR) attraverso la formazione del giusto numero di semi. Questa è la condizione “matched”, cioè di corrispondenza. Se la condizione invece non è corrispondente si altera questo equilibrio. E allora quello che succede lo vediamo in Fig. 2: qui c’è l’intensità del cambiamento climatico, quindi immaginate la situazione di riscaldamento globale per esempio, e qui c’è la durata della presenza della prima fioritura. All’inizio, c’è una situazione di corrispondenza. Man mano che si accentua il riscaldamento climatico, si verifica un distanziamento delle due linee e non c’è più corrispondenza; il grado di mancanza di corrispondenza, la linea blu per intenderci, aumenta. Che vuol dire questo? Vuol dire che tutto il sistema è completamente alterato. E tutto quello che è il risultato di una storia evolutiva di centoquaranta milioni di anni è danneggiato da quello che sta succedendo negli ultimi anni. È questo il dramma. Come potete capire è un dramma che sicuramente ci coinvolge a livello globale. I ricercatori che stanno lavorando su questo argomento sono soprattutto nelle Americhe e qualche olandese. Gli italiani non stanno ancora lavorando su questo argomento. Questo è un problema serio. 38 | Apitalia | 1-2/2020

Foto Tumisu

SPECIALE AMBIENTE

In un’era tecnologica dove si può fare tutto di personalizzato è necessario fare uno sforzo integrato, serio che deve coinvolgere in primis le Regioni, le Istituzioni di ricerca e chi si occupa di agricoltura e apicoltura che permetta di creare progetti a breve termine che partono dal territorio. I problemi evidenziati sono gli squilibri, prodotti dal cambiamento climatico, della perfetta armonia tra piante ed api sviluppata nel corso dell’evoluzione. Il riscaldamento globale incide sulla distribuzione delle piante: le piante si adattano a una data temperatura e il loro periodo di fioritura dipende dalle temperature, dalla lunghezza del giorno e in alcuni casi da un susseguirsi di queste variabili in una condizione dettata dalla loro storia evolutiva. Ma se questa condizione ambientale viene a manifestarsi erroneamente a Novembre piuttosto che a Marzo, la situazione risulterà completamente diversa. Se cambia la distribuzione delle piante si determina uno squilibrio di specie, temporale e spaziale nell’interazione tra pianta e impollinatore. Da una parte abbiamo il mondo delle piante e dall’altra il mondo degli impollinatori. Quello che succede nel mondo delle piante è che alterando il numero delle visite dell’impollinatore c’è una produzione minore di polline, si verifica un insuccesso riproduttivo e ovviamente una perdita di quella popolazione. C’è poi da considerare cosa succede agli impol-


linatori: manca la corretta quantità di nettare e polline a cui l’ape e la sua colonia erano abituate. Parliamo di ape qui, ma a livello di ecosistema coinvolge molti altri impollinatori. Quindi essendoci meno cibo, la colonia avrà meno successo riproduttivo e viene alterata la dinamica delle colonie di api. Come potete vedere in Fig. 2 tutte e due le parallele, quella degli impollinatori e quella delle piante, sono purtroppo alterate da questo cambiamento di clima, quindi siamo in un momento di crisi globale. Che cosa succede quando c’è un aumento di temperatura come quello cui abbiamo assistito nell’ultimo anno? Vediamo la pianta, partendo dal fiore, si verifica lo stress da calore; si ha una perdita della vitalità del polline, perché muoiono le cellule che formano il polline con la conseguenza che i granuli diminuiscono incidendo sulla vitalità della pianta e della colonia. L’altra cosa importante che succede è che si riducono gli

ovuli della pianta, in quanto si verifica un aumento del tasso di aborto degli ovuli e una perdita della produttività delle piante. Lo stress da siccità più o meno produce gli stessi effetti delle temperature: abbiamo una precoce fioritura, un ridotto numero di fiori, delle antere avvizzite, il polline non viene liberato, perde anche la vitalità, e di nuovo, riduzione dei semi e riduzione dei frutti. Drammatico. Quindi, lo stress da calore e da siccità va ad intaccare la struttura riproduttiva del fiore. Che significa? Che l’ape che la visita prende meno cibo, meno polline, e quindi avremo una riduzione della vitalità dell’ape, oltre che una ridotta produttività di miele. Gli organi riproduttivi del fiore, che sono anche delle strutture protette dalla perturbazione ambientale e genetica, grazie alla ricchezza della biodiversità, sono riusciti a sopravvivere ai lunghi periodi avversi che si sono verificati. Tutti gli eventi enzimatici collegati all’antesi del fiore

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SPECIALE AMBIENTE sono il risultato di selezioni migliori ai lunghi cambiamenti. La selezione migliore è stata possibile grazie a varietà di opzioni fornite da una disomogeneità genetica. Cosa è successo con i cambiamenti climatici e con il riscaldamento globale? Che i fiori, avendo questa batteria di trasportatori di zuccheri, in particolare qui si evidenziano le strutture coinvolte nella produzione di nettare, non ci sono più le condizioni ambientali che garantiscono il loro funzionamento corretto, e le situazioni estreme vanno a determinare una vulnerabilità di tutti gli enzimi coinvolti. Tenete presente che la pianta dedica molte energie a quella che è la sua capacità riproduttiva, naturalmente è la sua capacità di poter sopravvivere nel tempo, e quindi il saccarosio, che come sapete bene deriva dalla fotosintesi, è per la pianta la sostanza più importante, il suo denaro, quello che la colonia ha di più importante per la sua sopravvivenza. Il saccarosio viene rilasciato alle antere dove viene idrolizzato in glucosio e fruttosio. Questo viene internalizzato nel polline e qui viene immagazzinato in amido e lipidi. Se questo meccanismo viene intaccato da quello che è soprattutto l’aumento della temperatura, ovviamente avremo meno polline. Ma non viene compromessa solo la produttività di polline, ma anche quella di nettare e nettàri.

Fig. 3 - Produzione di nettare in microlitri per fiore verso la temperatura. La massima produttività si ha a temperature intorno ai 25 °C, mentre comincia a diminuire sopra i 27°C.

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Di questo tema si iniziò a parlare già nell’ottavo secolo a.C., ad esempio nell’Iliade dove si accenna al “nettare degli Dei”; successivamente si interessò di questa materia Aristotele, e nel 1735 Linneo, uno dei principali studiosi del sistema naturale, che descrisse per la prima volta l’importanza del nettare e la sua funzione non solo per il fiore ma anche per gli altri animali. Solo negli ultimi anni sono aumentate le ricerche che hanno dimostrato che quel nettare considerato bevanda degli dei, in realtà è una matrice molto complessa, risultato dell’attività metabolica di una serie di enzimi che variano da pianta a pianta, e che sono tutti il risultato di una scelta in conformità alle condizioni evolutive. Qualsiasi cambiamento ambientale, soprattutto se repentino, influenza e modifica questa funzionalità. Il risultato è che il nettare prodotto dalla pianta cambia in quantità e banalmente l’ape andrà a prendere delle quantità minori con una minore disponibilità di cibo per la colonia ma anche di miele per gli apicoltori. In Fig. 3 viene dimostrato come la secrezione del nettare sia influenzata dalle temperature: quando la produzione di nettare è ottimale? Quando si hanno temperature comprese tra i 20 °C e i 27 °C. Se abbiamo temperature più basse o temperature più alte, la quantità di nettare per fiore è ridotta in volume ed è modificata anche la composizione chimica, viene modificato il bouquet fiorale, formato da flavonoidi e altri composti volatili che sono importanti nel gioco tra pianta e impollinatori, ma anche di repellenza: si tratta di una gioco bellissimo, perché da una parte ci sono delle sostanze che la pianta usa per attrarre gli impollinatori a lei graditi, ma nello stesso modo ci sono delle sostanze che usa per respingerne altri sgraditi. Ebbene, questa è una storia evolutiva, abbastanza consolidata. Ma è proprio tale delicato meccanismo che, in questo ultimo decennio, i cambiamenti climatici stanno mettendo in discussione. In questo ambito oggi abbiamo focalizzato il problema delle alterazioni gravi tra il mondo dell’apicoltura e dell’ambiente, ma in gioco vi è anche


l’alterazione della nostra sicurezza alimentare. Se si analizzano le derrate alimentari più note mais, orzo, riso, soia – dagli anni ‘60 al 2020 vi sono dati preoccupanti che mostrano come negli ultimi due anni si siano ridotte le produttività di queste sementi riducendo di fatto la disponibilità delle filiere che ne derivano. Le conseguenze dei cambiamenti climatici possono dunque mettere a grave rischio la sopravvivenza globale della popolazione, non solo la produttività in apicoltura. In conclusione: stiamo assistendo sicuramente a un disastro ambientale che sicuramente è stato sottostimato perché il riscaldamento globale con gli eventi estremi è il risultato di “N” azioni sconsiderate che l’uomo nel suo modo di vivere negli ultimi decenni del XX e i primi del XXI secolo ha prodotto. Perché l’uomo ha sicuramente creato le condizioni per questo rapido riscaldamento globale, andando a intaccare un equilibrio che si era formato nel corso di diversi milioni di anni. Da una parte abbiamo una povertà genetica delle piante che noi oggi utilizziamo, e dall’altra abbiamo la stessa povertà genetica che è messa a rischio di sopravvivenza con queste condizioni climatiche. Tutto questo però è riconducibile a quella che si chiama in una parola sola “perdita della biodiversità”, perché è grazie ad essa che si assicura la variabilità genetica. Il recupero degli habitat,

soprattutto quelli frammentati però ricchi di biodiversità, rappresenta un inizio di azione concreta per contrastare questo fenomeno: vanno resi obbligatori e tutti gli stakeholder (tutti i soggetti attivamente coinvolti in un’iniziativa economica, ndR) che operano in questo contesto devono assicurare il loro impegno al progetto di recupero. Solo in questo modo possiamo avviare un processo di recupero di una piccola parte di variabilità genetica; ma non sarà ovviamente conclusiva questa azione. Io penso che dobbiamo inoltre assicurare che maturi una consapevolezza dei consumatori in primis. Dobbiamo infine aumentare la cultura del territorio, perché è solo questa la dimensione in cui si può riuscire ad operare aggregando tutti gli attori coinvolti. È necessario dunque promuovere un’azione integrata e concordata, che possa convincere le Istituzioni a operare ad un livello che non spaventa e che si basa sulla consapevolezza che ciascuna generazione dovrebbe lasciare alla generazione successiva il territorio che essa stessa ha trovato preservandolo, ma sarebbe importante provare anche a migliorarlo. Antonella Canini Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

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VARROA

LA VARROA NON SI NUTRE DI EMOLINFA

RIVOLUZIONARIA SCOPERTA, DOPO 35 ANNI, SULLE ABITUDINI ALIMENTARI DEL VAMPIRO DELLE API di Matteo Giusti

ORA SI SPERA IN TERAPIE PIÙ EFFICACI

U

n nuovo studio pubblicato nel 2019 su PNAS, la rivista scientifica dell’Accademia nazionale di Scienze degli Stati Uniti, sta rivoluzionando alcuni aspetti legati alla nutrizione che erano da decenni dati per certi o per lo meno per scontati sulla biologia della varroa. Un gruppo di ricercatori della Università del Maryland, insieme a colleghi dell’Università del North Carolina e della Florida, hanno messo in discussione il fatto che la var-

roa si nutra esclusivamente o prevalentemente dell’emolinfa delle api, sia adulte che in fase di larva o di pupa, cercando di individuare quale altro tessuto dell’ape potesse essere la base alimentare di cui si nutre l’acaro (Ramsey et al., 2019). L’ipotesi che la varroa non possa nutrirsi solo di emolinfa è nata da alcune osservazioni. La prima è che non è corretto considerare la varroa al pari di un parassita ematofago, cioè che si nutre di sangue come potrebbe essere una zecca su un cane. Il sangue dei mammiferi, infatti, ha una concentrazione di sostanze nutritive pari a circa il 40% del volume, mentre l’emolinfa delle api ha una concentrazione di sostanze nutritive di appena il 2% del volume. Pertanto la varroa, o qualsiasi altro parassita che si nutra prevalentemente di emolinfa, dovrebbe assorbire grandi quantità di liquidi ed espellerne altrettanti, filtrando i nutrienti: qualcosa di simile a quello che fanno gli afidi con la linfa delle piante, che filtrano per trattenere i nutrienti, in particolare le proteine, espellendo poi grandi quantità di sostanze liquide, in quel caso di 1-2/2020 | Apitalia | 43


melata. E questo la varroa non lo fa. L’acaro, inoltre, non ha nemmeno una struttura fisica adatta a farlo. Anzi - e questa è la seconda osservazione emersa dalla ricerca - la struttura fisica, in particolare l’apparato boccale della varroa, non sembra sia molto adatto ad una nutrizione a base di liquidi, mentre è molto più simile a quello di parassiti che si nutrono di sostanze semi-solide, come ad esempio gli acari predatori. Questa somiglianza non è solo strutturale ma anche funzionale: le varroe infatti sembra che utilizzino prevalentemente la strategia delle digestione esterna, cioè “iniettando” enzimi digestivi sul tessuto di cui si nutrono, per predigerirlo e poi succhiarlo, come fanno gli acari predatori che devono nutrirsi di altri acari o insetti a volte anche più grandi di loro. C’è una terza osservazione, infine, che riguarda gli escrementi della varroa: essi non sono abbondanti e sono anche ricchi di guanina, una base azotata di cui l’emolinfa non risulta particolarmente ricca. Sulla base di queste osservazioni il tessuto che avrebbe tutte le caratteristiche per essere il cibo appropriato della varroa potrebbe essere il corpo grasso, specifico degli insetti e che ha molte funzioni oltre a quella di riserva energetica. Il corpo grasso delle api, infatti, è semisolido, ricco di nutrienti, ricco di guanina e facilmente raggiungibile dall’apparato boccale degli acari, dal momento che si trova appena sotto la cuticola. Sulla base di queste considerazioni i ricercatori hanno messo a punto delle prove sperimentali per verificare se 44 | Apitalia | 1-2/2020

Foto PNAS

VARROA

Sito di alimentazione di un adulto di Varroa, al microscopio elettronico a scansione a bassa temperatura. L’indagine effettuata su 10 api operaie con acari attaccati ha mostrato una ferita nella membrana intersegmentale. Posizione dell’acaro mostrato con la freccia bianca (A). L’acaro è incuneato sotto il terza tergite del metasoma (B). Una volta rimosso, si può osservare un’impronta dettagliata dell’acaro nella membrana intersegmentale oltre a una ferita dovuta alle parti conficcate dell’apparato boccale dell’acaro (C, freccia nera). Si noti che gli ambulacri, o cuscinetti per i piedi, dell’acaro (E, frecce bianche) sono rimasti attaccati alla membrana durante l’estrazione dell’acaro (D). L’ingrandimento della ferita rivela scanalature distinte, corrispondenti alla chelicera modificata delle parti della bocca dell’acaro, colorate per chiarezza (F): cifra mobile (giallo), corniculus (verde).

fosse corretta l’ipotesi che la varroa si nutra prevalentemente del corpo grasso delle api e non dell’emolinfa. Osservando 104 api adulte provenienti da due alveari, tutte con almeno una varroa addosso, i ricercatori hanno notato che nessun acaro si trovava mai sul capo dell’ape, solo il 4,8% era sul torace e ben il 95,2% si trovava sull’addome. Di quelle sull’addome, poi, la maggior parte erano sul terzo sternite (il terzo segmento in basso) sul lato sinistro dell’ape. Oltre alla collo-

cazione, tra l’altro, era diverso il comportamento delle varroe: quelle che si trovavano sull’addome erano in movimento, anche rapido e non si stavano nutrendo, mentre quelle presenti sull’addome tendevano a muoversi solo se ripetutamente disturbate. Andando a osservarle al microscopio elettronico i ricercatori hanno notato che tutte le varroe, stabilmente attaccate all’addome, si nutrivano e che rimuovendole si poteva osservare anche la ferita lasciata dall’apparato boccale. Anche


queste osservazioni confermano il fatto che la varroa si nutra del corpo grasso, dal momento che questo tessuto è abbondante nell’addome e non nel torace delle api. Le varroe, inoltre, sono state trovate in maggioranza su api nutrici che hanno il maggior contenuto di copro grasso e non su api appena sfarfallate o su bottinatrici che tendono ad avere una minore quantità di questo tessuto. Il motivo per cui le varroe preferiscano nutrirsi sul terzo segmento e in particolare sul lato sinistro dell’ape invece è più difficile da interpretare visto che il corpo grasso è ugualmente distribuito su tutto l’addome. I ricercatori hanno ipotizzato che possa trattarsi di una posizione migliore perché potrebbe essere più “comoda” per gli acari o perché rimangono più protetti da eventuali azioni di grooming, cioè di spidocchiamento, da parte delle api. Osservando la zona ferita al microscopio elettronico a trasmissione, che viene usato per studiare i tessuti interni, è stato poi visto che in prossimità della ferita le cellule del corpo grasso erano danneggiate dall’attività enzimatica tipica di una digestione esterna e in più la zona della ferita era spesso contaminata da colonie batteriche. Per avere ulteriori conferme del fatto che le varroe si nutrano prevalentemente del corpo grasso e non dell’emolinfa sono state fatte delle prove usando delle colorazioni fluorescenti dei due tessuti dell’ape per vedere poi quali coloranti si ritrovassero nella varroa. Colorando il corpo grasso con un colorante chiamato “rosso Nilo” e l’emolinfa con l’uranina nelle varroe veniva ritrovato il liquido tracciante in

quantità più che doppia. E anche i danni da varroa che negli anni sono stati descritti, come la riduzione del peso e delle dimensioni, la riduzione della materia grasse e delle proteine nelle api parassitizzate, trovano finalmente una migliore spiegazione nel fatto che ad essere sottratto all’ape sia il corpo grasso e non l’emolinfa. Il corpo grasso infatti è ricco di lipidi e proteine e costituisce una riserva alimentare dell’insetto importante per lo sviluppo corporeo, a differenza dell’emolinfa dove il contenuto di proteine grassi e nutrienti è generalmente molto più basso. Tutte le osservazioni e le prove sperimentali hanno quindi portato i ricercatori statunitensi a confermare la loro ipotesi che la varroa si nutra principalmente del corpo grasso dell’ape e non dell’emolinfa. E questo, per la salute delle api, costituisce un fattore fortemente peggiorativo. Il corpo grasso infatti non è solo una riserva energetica, ma è importante anche per le difese immunitarie dell’ape, essendo importante per la produzione di peptidi antimicrobici, svolge un ruolo rilevante nel buon completamento della metamorfosi, garantisce una maggior sopravvivenza all’invernamento e ha una funzione centrale nella detossificazione di sostanze pericolose come i fitofarmaci. Una sua sottrazione quindi è ben più grave della sottrazione di emolinfa in quanto può compromettere le difese dell’ape da patogeni e pesticidi, aggravando il loro impatto sugli alveari, peggiorare lo stato di salute complessivo delle api adulte per problemi nello sviluppo, peggio-

rare o compromettere il buon esito dell’invernamento. Oltre a questo, resta da valutare l’effetto della digestione esterna dovuta agli enzimi della varroa che possono continuare la loro azione negativa sulle cellule del corpo grasso anche dopo che l’acaro si è staccato dall’ape. Questa scoperta fa cambiare anche il modo di affrontare la varroa e di pianificare le strategie di controllo sia tradizionali che innovative. Dal punto di vista delle tecniche di controllo tradizionali, ad esempio, potrebbe diventare molto importante il ruolo di un trattamento da somministrare a fine estate-inizio autunno per avere api invernali più sane e con un buon corpo grasso che possa garantire un miglior invernamento. Riguardo alle nuove strategie di lotta e allo sviluppo di farmaci sistemici, come quelli che si stanno studiando anche in Italia a base di RNA interferenti, sarebbe ora più interessante che abbiano una base liposolubile in modo che si localizzino nel corpo grasso e più che nell’emolinfa. E più in generale questo studio mostra ancora una volta come a distanza di più di trent’anni dall’arrivo della varroa le nostre conoscenze sulla sua biologia siano ancora molto scarse e che approfondirle sia di fondamentale importanza per la gestione di questo parassita. Per decenni, e qui la considerazione di chi scrive e non dei ricercatori americani, la maggior parte degli studi sulla varroa si sono basati su come ucciderla, ma studi come questi dimostrano come fosse fondamentale conoscere prima come vive. Matteo Giusti 1-2/2020 | Apitalia | 45


PROFESSIONE APICOLTORE

IO GLI ACARI LI COMBATTO COSÌ

UN TELAINO DA NIDO MODIFICATO CON EROGATORI DI ACIDO FORMICO di Pantaleo Martella

D

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gatori per controllare il flusso del liquido (Foto 1). Nel periodo estivo si riempiono tutte e tre queste boccettine con acido formico diluito al 60% e si inizia con l’apertura della prima, grazie all’erogatore di cui sono dotate. A questo punto si posiziona all’interno dell’arnia, si lascia agire per 5 giorni. Si prosegue poi con

Foto 1

rete protettiva per api

SEMPLICITÀ ED EFFICACIA COL METODO LEOVAR

regolatori per flusso di acido

vaschetta di recupero acido

stoppino per evaporazione

Foto Pantaleo Martella

a apicoltore quale sono, ci tengo a portare alla vostra attenzione, quello che potrebbe rappresentare un nuovo metodo per la lotta alla Varroa e che, per semplificare, ho chiamato “Leovar”. In questi anni, ho utilizzato metodi tradizionali con acido ossalico, per gocciolamento, sia nel periodo estivo che invernale, eseguendo precedentemente il blocco di covata. In particolare, nel trattamento invernale, con l’aggiunta anche di qualche striscia di Apivar®. I diversi corsi di formazione seguiti suggerivano anche l’utilizzo di acido formico, garantendo risultati migliori perché non richiedeva nessun blocco di covata ma presentava diversi problemi nel suo utilizzo. A questo punto in maniera del tutto autonoma, ho cercato di mettere a punto un metodo semplificato per l’utilizzo dell’acido formico, avvalendomi delle mie capacità di artigiano falegname. È così che ho elaborato Leovar: un telaio con tre piccole boccette da 100 ml, dotate ciascuna di ero-


l’apertura del secondo erogatore e si lascia agire per altri 5 giorni. Stessa procedura anche con il terzo ed ultimo erogatore, si lascia agire per altri 5 giorni. Nella mia sperimentazione, sono state trattate una moltitudine di famiglie ottenendo ottimi risultati contro la Varroa, confermati dai livelli di caduta della stessa sul fondo dell’arnia. Dato importante è che non si è avuta nessuna perdita di api regina. D’altro canto, ho eseguito lo stesso metodo anche nel periodo invernale.

Ho utilizzato acido formico diluito al 65%, riempiendo la prima boccetta con 100 ml e la seconda con 50 ml, mentre la terza non è stata utilizzata per via della lenta evaporazione. In questo caso dopo l’apertura della prima boccetta ho lasciato agire per 12 giorni invece la seconda boccetta solo per 6 giorni. I risultati sono stati più che soddisfacenti in quanto tutte le famiglie trattate presentavano sul fondo una quantità massima di 10 varroe. Va detto che tale procedura crea in automatico un blocco di covata.

Per essere certo del risultato ottenuto ho eseguito una controprova utilizzando l’acido ossalico per gocciolamento, anche con il secondo metodo il risultato ottenuto era invariato. Questo per me ha rappresentato una soluzione innovativa, efficace e semplice da effettuare in qualsiasi periodo dell’anno. Tutti motivi di soddisfazione per cui ho pensato utile condividerli attraverso le pagine di Apitalia con altri miei colleghi apicoltori. Pantaleo Martella

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BIOLOGIA

SE LA DIETA PROBIOTICA SVILUPPA PATOGENI E PARASSITI

LA FLORA INTESTINALE DELL’APE È UN MONDO RETTO DA DELICATI EQUILIBRI BIOLOGICI di Gianni Savorelli

SIATE CAUTI NELL’INTRODURRE

Foto Kie-Ker

ALIMENTI INTEGRATI

P

er quanto sia poco facile, almeno per le esigenze di chi pensa (e vorrebbe) che i problemi sanitari delle api fossero gestibili e risolvibili con spolverate di zucchero e blocchi di covata conditi da qualche polverina magica, si comincia a trovare un minimo di relazione fra flora simbionte, competenza immunitaria, resistenza ai patogeni, sopravvivenza degli alveari e loro produttività. Per quanto l’apicoltore ne veda

poco o nulla, i patogeni dell’alveare producono sulla fisiologia dell’ape effetti molto superiori ai cosiddetti sintomi visibili, con conseguenze complesse e, a lungo respiro, evidentemente pesanti. In queste modificazioni i microbi che vivono nello stomaco dell’ape hanno un ruolo di grande importanza. Non mancando le possibilità di polemica, questa trattazione sarà letterale nella traduzione dei lavori scientifici analizzati e molto accurata nelle citazioni, essendo tra gli scopi del presente articolo mostrare come anche la somministrazione di batteri (effettuata praticamente a caso e dopo averli definiti, con la stessa modalità, “probiotici”) che può essere consigliata con molta leggerezza e scarso criterio per migliorare la salute delle api mentre può assumere, invece, connotati di grande problematicità. Non di rado mi sono sentito proporre da clienti o zelanti venditori prodotti di vario tipo corredati dell’argomentazione “ah, ma si tratta di cose naturali”. Beh, pare proprio che anche una discreta parte di quanto naturale 1-2/2020 | Apitalia | 49


BIOLOGIA

(Immagine tratta da “Apicoltura tecnica e pratica” di Alessandro Pistoia, Edizioni L’Informatore Agrario, in distribuzione presso FAI Apicoltura srl, Email commerciale@faiapicoltura.biz)

possa essere “malefico”. I patogeni stessi sono quanto di più naturale e sono appunto patogeni non di rado mortali. Pare dunque trattarsi di un sottile equilibrio fra “cose naturali” ciò che permette il raggiungimento del benessere, in api piuttosto che in umani. Si comincerà questa trattazione con l’esposizione del più stagionato lavoro (2013) che ha cominciato a studiare gli effetti prodotti sulla microflora intestinale dall’infezione da Nosema ceranae. Testuale, dal paper di pubblico dominio, si legge: La microflora intestinale è una componente molto importante Titolo originale del lavoro

del sistema digestivo in tutti gli animali (uomo compreso, molto di più di quello che di primo acchito si pensa). Per esempio, è dimostrato come i batteri intestinali possano produrre serotonina determinando l’umore del soggetto ospite con effetti anche sulla pressione arteriosa. Essere responsabili di diabete e obesità per dirne solo alcune. A maggior ragione producono effetti di vario tipo sul sistema immunitario e sono in grado di esercitare effetti diretti su vari tipi di patogeni. Si parla oggi di una profonda sinergia della microflora intestinale con la fisiologia dell’ospite la 1

IMPACT OF NOSEMOSIS ON THE INTESTINAL YEAST FLORA OF HONEY BEES Grzegorz Borsuk, Aneta A. Ptaszyńska*, Department of Botany and Mycology, Institute of Biology and Biochemistry, Faculty of Biology and Biotechnology,Maria Curie-Skłodowska University, Akademicka 19, 20-033 Lublin, Poland Krzysztof olszewski, Jerzy Paleolog Department of Biological Basis of Animal Production, Faculty of Biology and Animal Breeding, University of Life Sciences, Akademicka 13, 20-950 Lublin, Poland *

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quale determina tratti fisiologici e immunologici dell’ospite e che alla fine deriva dalla competizione fra tutti i tipi di batteri e funghi che si trovano ad essere introdotti nell’ospite. Competizione che avviene per sviluppo e benessere dei vari tipi di batteri (ceppi) dato che non è possibile che tutti stiano bene (esattamente come gli evoluti umani litigano per la gestione di una postazione di api piuttosto che passare a querele per la gestione di un segmento di mercato di un prodotto qualsiasi, ndR). L’antagonismo fra le varie forme di vita (presenti al livello microscopico considerato, ovvero stomaco e corpo dell’ospite) per lo sfruttamento delle risorse dell’ospite porta ad una sua completa colonizzazione, esterna ed interna (generalmente incruenta rispetto all’adattamento) che nella norma fa sì che non siano disponibili ulteriori zone libere di possibile colonizzazione da parte di patogeni esogeni (insomma il corpo di chiunque è normalmente “tutto esaurito”


e al più così poco sfruttato che per trovare posto alla mensa è necessario che qualcuno rinunci o deceda ovvero ci lasci le penne più o meno spontaneamente). La microflora intestinale spesso predigerisce il cibo che l’ospite ingerisce (dato che ne viene a contatto un po’ prima, ndR) al posto dello stomaco (il quale potrebbe anche non essere in grado di farlo e da ciò risulta che la possibilità di utilizzo di sostanze di qualsivoglia tipo come cibo può essere fortemente legata a particolari composizioni della microflora simbionte o commensale). È noto che i batteri intestinali svolgono un ruolo consistente nella sintesi di vitamine e spesso metabolizzano anche sostanze tossiche prima che l’incombenza debba essere affidata allo stomaco (risultando a quel punto tossica; attualmente è noto che la flora intestinale può ridurre il rischio di molte pesantissime malattie degenera-

tive, dall’Alzheimer al Parkinson a vari tipi di tumore e verosimilmente se ne dovrebbe aver cura in maniera paranoica, ndR). La flora intestinale delle api adulte sane è descritta in letteratura e dominata da batteri Gram-negativi, principalmente della famiglia Enterobacteriaceae (Citrobacter, Erwinia, Enterobacter, Escherichia coli, Flavobacterium, Klebsiella, Proteus), poi da quella Alcaligenaceae (Achromobacter) e Pseudomonadaceae (Pseudomonas), che fra tutti rappresentano più del 70% dei microorganismi presenti. Per il rimanente, circa il 27% della microflora intestinale consiste di batteri Gram-positivi, primariamente del genere Bacillus mentre circa l’1% della microflora è costituito da lieviti e altri tipi di funghi. I lieviti sono organismi diffusamente presenti in natura e anche in ogni ambiente nel quale le api conducono la loro esistenza. Ne risulta una relativa

presenza residua nel miele (dopo che le api hanno fatto di tutto per accopparli, ndR) dato che il nettare ne è ricco (si è portati a pensare al nettare come ad una soluzione di acqua è zucchero mentre invece, dato che contiene molti metaboliti secondari, polifenoli e altre sostanze e che la presenza di lieviti porta a volte ad un presenza anche di circa il 3 % di alcol, il nettare somiglia molto di più al vino o alla birra - nelle sue infinite varianti - che non alla gassosa, ndR). In conseguenza di quello che l’ape ingoia, nel suo stomaco si possono trovare lieviti differenti. Quelli del nettare sono diversi da quelli del polline. La microflora rinvenibile nel miele è composta da batteri Gram-positivi e lieviti delle specie Saccharomyces rouxi, S. mellis, S. bisporus, S. roesi, S. bailli, S. heterogenicus, Pichia (Hansenula) anomala. Nel polline la flora, è dominata da batteri dei generi Pseudomonas

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BIOLOGIA e Lactobacillus e da funghi del genere Saccharomyces, Candida e Cryptococcus. Come detto, la flora presente nello stomaco di un’ape sana che fa la bottinatrice contiene pochissimi lieviti se non nessuno. Risulta in letteratura che mettere api in gabbiette aumenta la quantità di lieviti presenti nella microflora dello stomaco e anche patologie, malnutrizione, antibiotici e insetticidi causano un aumento del numero di lieviti presenti. Per questi motivi un aumento del numero di lieviti nell’alveare o meglio nello stomaco delle sue singole api può essere considerato come un indicatore di stress (letteratura varia citata nella pubblicazione). Perciò è ragionevole chiedersi se i pochi lieviti presenti nello stomaco delle api più anziane rispondono alle infezioni da Nosema. Per le api sane, in primavera, circa 2500 CFU (leggasi, per semplificare, colonie di lieviti, ndR) per stomaco di ape, sono state isolate in api di alveari in normale situazione di campo raffrontate con le stesse api che mostrano 3500 CFU quando prelevate e ingabbiate. In autunno non è stata verificata presenza di lieviti nelle api di campo arrivando a 44 CFU per ape se ingabbiate (dunque, una prima osservazione che potrebbe essere fatta, è che le api primaverili sono più stressate di quelle autunnali, almeno nelle condizioni polacche dello studio che prevedono un inverno rigido, ndR). Api tenute in gabbiette, senza regina e senza pos52 | Apitalia | 1-2/2020

sibilità di volare e alimentate con dieta artificiale risultano come detto in condizioni di stress. Di conseguenza, dopo 12 giorni di esperimento in gabbiette, la presenza di lieviti nella microflora intestinale diviene consistente. Il preliminare in questione trova un aumento significativo di presenza di lieviti in conseguenza di infezione da Nosema ceranae e porta i ricercatori alla curiosità di sviscerare la questione. Titolo originale del lavoro

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NOSEMA CERANAE INFECTION PROMOTES PROLIFERATION OF YEASTS IN HONEY BEE INTESTINES Aneta A. Ptaszyńska, Department of Botany and Mycology, Institute of Biology and Biochemistry, Faculty of Biology and Biotechnology, Maria Curie-Skłodowska University, Akademicka 19, 20-033 Lublin, Poland Jerzy Paleolog Department of Zoology, Ecology and Wildlife Management, University of Life Sciences in Lublin, Akademicka 13, 20-950 Lublin, Poland Grzegorz Borsuk Department of Biological Basis of Animal Production, Faculty of Biology and Animal Breeding, University of Life Sciences in Lublin, Akademicka 13, 20-950 Lublin, Poland

La comprensione dei meccanismi che avvengono nella flora intestinale nel corso dell’infezione da Nosema sono decisamente importanti per comprendere il de-

corso della patologia e per la realizzazione di adeguati farmaci e avendo nel suddetto preliminare trovato un aumento di presenza di lieviti a seguito di infezione da Nosema, i ricercatori polacchi hanno voluto ampliare lo studio che è approdato alle seguenti conclusioni: l’invasione dello stomaco dell’ape da parte di un nuovo patogeno intestinale può influire sulla composizione del microbiota della stessa. Ipotesi che conferma gli studi preliminari degli stessi autori. Un certo numero di lavori scientifici porta dunque a considerare che l’aggiunta di lieviti alla dieta delle api sia causa di danneggiamento allo strato epiteliale dello stomaco, cosa che disturba in maniera drastica l’assorbimento dei nutrienti e riduce significativamente la vita delle api. È verosimile che i lieviti siano nell’intestino dell’ape patogeni opportunisti la cui popolazione si espande nelle situazione di rottura di omeostasi nel loro ospite (perdita di equilibrio che conduce a situazione anomala (disbiosi). Si noti anche che molti vecchi manuali consigliano una parte di lieviti nella realizzazione di succedanei pollinici, ndR). Quello che sembra evidente, dai due differenti studi (polacchi), è che l’infezione da Nosema produce un parallelo aumento della presenza di lieviti. Almeno fino a quando la presenza di Nosema diventa praticamente totalitaria e da ciò anche i livieti - alleati - non hanno più risorse disponibili.


Foto Stephen Ausmus L’entomologo del Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) dell’agricoltura Jay Evans con il collega Ryan Schwarz usano un microscopio per esaminare le spore del parassita fungo delle api del miele Nosema ceranae, che può replicarsi nelle cellule che rivestono l’intestino dell’ape.

Una maggiore competenza immunitaria (come per un esercito significa una maggiore quantità di tutto, dagli incursori alle bombe atomiche, si manifesta come una maggior quantità di cellule e sostanze specializzate, ndR) può ovviamente trattenere l’infezione da Nosema ceranae e ridurne gli effetti su fisiologia e comportamento dell’ape. Nello studio in questione ciò si è presentato in autunno, quando per imprecisati motivi si osserva una riduzione dell’infezione da Nosema (relativo all’ambiente studiato, dato che sembra possibile che anche l’ambiente - a mezzo del tipo di alimenti che elargisce - produca effetti di contenimento di nosema e altri patogeni, ndR). L’osservato aumento di presenza di lieviti parallelo all’aumento di presenza di N. ceranae suggerisce che l’infezione da N. ceranae crei condizio-

ni favorevoli per lo sviluppo dei lieviti nell’intestino. I disturbi (danni) causati dall’infezione da N. ceranae allo stomaco portano a cattivo assorbimento dei nutrimenti con consistente presenza di zuccheri non digeriti nelle feci. Questo eccesso di zuccheri potrebbe creare condizioni per un rapido sviluppo dei lieviti il cui metabolismo potrebbe creare condizioni che migliorano lo sviluppo del nosema. Un ciclo che si auto rinforza ha così inizio (è ad esempio noto che i batteri nel loro metabolismo producono esopolisaccaridi che impediscono l’ “ormeggio” ad altri generi di microbi i quali “scivolano via” su queste sostanze ed addirittura che alcuni batteri producono dsRNA che impedisce la riproduzione del Nosema bombycis - Pan 2016 -. È poi persino ovvia la produzione di acidi organici biocidi da parte di

molti batteri. Non è perciò sorprendente che il Nosema trovi nei lieviti un valido alleato per la sua riproduzione riducendo il più possibile o la generale presenza batterica o una particolare parte di questa, ndR). Insomma, a seconda dello stato di infezione (che è anche relativo alla competenza immunitaria espressa dall’ape, la quale deriva dal pascolo - stato nutrizionale - e da sostanze presenti negli alimenti stessi, ndR), la nosemiasi può stimolare la parallela crescita di lieviti intestinali. La verifica dello stomaco delle api darebbe perciò un quadro molto variegato, con alterazione del quadro batterico e aumento di lieviti, ma con una parallela presenza di Nosema e di lieviti fino a quando il primo non raggiunge il suo apice. Gianni Savorelli 1-2/2020 | Apitalia | 53


FLORA APISTICA. Scheda n. 14

I POLLINI DI EMERGENZA

FIORI UTILI PER LE API E PER GLI ALTRI APOIDEI NELL’ITALIA CENTRALE di Giancarlo Ricciardelli D’Albore POLLINI INVERNALI - Lamium maculatum L. (Labiatae) (Dolcimele)

DESCRIZIONE GENERICA

TEMPO DI FIORITURA

POLLINE

Erbacea perenne alta fino a 30 cm, distribuita in Europa. Vegeta su incolti, radure, scarpate, terreni poveri; talora infestante. Fiorisce ai primi di marzo. Insieme ad altre specie dello stesso genere , che fioriscono nello stesso periodo, è polline di emergenza, raccolto dalle bottinatrici a completamento del fabbisogno proteico. Il raccolto può essere elevato per più giorni con elevata percentuale giornaliera. Le pallottoline di polline sono colore rosso scuro-violetto. Anche i pronubi selvatici (Bombus spp. e Anthophora plumipes Pallas) sono attratti dalla specie, seppure più per nettare che non per polline.

VALORE APISTICO

Da 1 a 4: 3.

VALORE PER ALTRI PRONUBI

Da 1 a 4: 4.

ALTRI USI

BIBLIOGRAFIA

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La specie da giovane è commestibile bollita. I fiori sono tonico-astringenti, depurativi, contro la dismenorrea, vasocostrittori, antiemorragici, contro le emorroidi. Per uso interno curano l’ipertrofia prostatica. Tutte queste proprietà sono più concentrate in Lamium album L., che però fiorisce dopo, quando le api trovano molti altri pollini. Tosco U., 1989. Piante aromatiche e medicinali. Ed. Paoline, 264.


POLLINI INVERNALI - Laurus nobilis L. (Lauraceae) (Alloro)

DESCRIZIONE GENERICA

TEMPO DI FIORITURA

POLLINE

VALORE APISTICO VALORE PER ALTRI PRONUBI

ALTRI USI

BIBLIOGRAFIA

Albero sempreverde dioico, alto fino a 10 m, spontaneo e coltivato, distribuito in tutto il Mediterraneo; originario probabilmente dell’Asia minore. L’aspetto più interessante è che in tempi ancestrali la specie aveva fiori ermafroditi. Con l’evoluzione si sono differenziate piante con fiori maschili e piante con femminili. Tuttavia i fiori maschili possiedono dei residui morfologici di quelli femminili; questi a loro volta conservano alcune caratteristiche dei fiori maschili. Fiorisce all’inizio della primavera. Nella macchia mediterranea non troppo arida le api sono solite raccogliere polline che completa il loro approvvigionamento di proteine. Le piante maschili sono molto ricche di polline. I raccolti si limitano al 30% giornaliero. Le pallottoline sono color bianco giallastro. Da 1 a 4: 3. Da 1 a 4: sconosciuto. Le foglie ed i frutti maturi sono aromatici per molti cibi e conserve. Le foglie, contenenti cineolo, avrebbero proprietà antireumatiche; sono anche digestive, carminative, sudorifere, espettoranti, eccitanti. Hanno pure impiego in pasticceria e liquoristica. Il legno, duro, è utilizzato per lavori di torneria. L’olio estratto dai frutti, ricco di acido oleico, laurico e miristico, serve per unguenti contro affezioni della pelle (acne, ecc.). Schoenfelder I. & P., 2012. Guida alle piante medicinali. Ed. Ricca, 132. Tosco U., 1989. Piante aromatiche e medicinali. Ed. Paoline, 266.

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Ape Sicura: e stai tranquillo Polizza di Assicurazione sulla Responsabilità Civile (R.C.) Alveari COME ASSICURARE I PROPRI ALVEARI Gli Apicoltori abbonati alla Rivista APITALIA che desiderano assicurare i propri alveari contro i rischi derivanti dalla responsabilità civile per eventuali danni procurati a terzi, debbono compilare l’apposito modulo di adesione alla Polizza collettiva “Ape Sicura” e trasmetterlo alla Segreteria della Rivista APITALIA. Gli Apicoltori abbonati alla Rivista APITALIA possono attivare una Polizza per ciascun apiario posseduto. È garantita la copertura assicurativa per un intero anno (12 mesi). Il Certificato di Polizza sarà prodotto (in formato cartaceo e/o elettronico) e trasmesso - solo a seguito dell’invio delle attestazioni di pagamento e del Modulo di Adesione - alla Segreteria della Rivista APITALIA. La volontà di recesso dalla Polizza collettiva non dovrà essere preventivamente comunicata vista l’automatica scadenza annuale della copertura assicurativa. CONDIZIONI GENERALI DI POLIZZA 1) Rischi assicurati. La Compagnia “Gruppo UNIPOL-SAI. Divisione Fondiaria” assicura a ciascun abbonato alla Rivista APITALIA - purché Apicoltore e come tale iscritto all’Anagrafe Apistica Nazionale - il pagamento delle somme che, quale proprietario-esercente l’apicoltura, sia tenuto a corrispondere, in quanto civilmente responsabile ai sensi di legge, a titolo di risarcimento per danni involontariamente cagionati a terzi, sia per lesioni a persone che per danni materiali a cose o animali, in conseguenza ad un fatto accidentale, compresi i rischi derivanti dalle operazioni di carico e scarico degli apiari e dal trasferimento da una zona all’altra degli apiari stessi, escluso il rischio della circolazione su strada di uso pubblico o su aree a questa equiparate dai mezzi impiegati (in conformità alle norme della legge 24/12/69 n. 990 e del DPR 24/11/ 70 n. 973 è infatti obbligatoria l’assicurazione per rischi di responsabilità civile auto). Sono compresi nel novero dei terzi, limitatamente a lesioni personali, gli aiutanti occasionali dell’assicurato, sempreché vi sia responsabilità dell’assicurato stesso. La polizza collettiva “Ape Sicura” copre inoltre i rischi inerenti alla partecipazione degli Assicurati a Fiere, Mostre e Mercati, compreso il rischio derivante dall’allestimento e dallo smontaggio di stand, ma con l’esclusione dei danni agli espositori ed alle cose esposte. 2) Massimali e Franchigia. L’Assicurazione vale fino alla concorrenza massima complessiva, per capitale, interessi e spese di: Euro 1.000.000,00 (un milione/00 di Euro) per ogni sinistro e relativi danneggiamenti arrecati a persona, animali e cose. Per ciascun sinistro è prevista una franchigia pari a Euro 250,00. 3) Partecipazione all’Assicurazione. Possono essere incluse nella Polizza collettiva “Ape Sicura” le persone e gli enti che siano Abbonati alla Rivista APITALIA - purché Apicoltori o Proprietari di alveari e come tali iscritti all’Anagrafe Apistica Nazionale. Per beneficiare dell’Assicurazione gli Apicoltori debbono: A) versare sul conto corrente postale n. 46157004 intestato a: FAI - Federazione Apicoltori Italiani - Roma, o con qualsiasi altro mezzo ritenuto idoneo, il premio assicurativo di 15,00 Euro (per ciascun apiario da assicurare).

La Compagnia assicuratrice si riserva di modificare l’entità del premio in base all’andamento tecnico sul rapporto sinistri/annualità; B) comunicare alla Segreteria della Rivista APITALIA con apposito modulo di adesione l’ubicazione esatta dell’apiario o degli apiari da assicurare. 4) Decorrenza. La validità della garanzia decorre dalla data di versamento del premio assicurativo, che dovrà essere contestuale alla data di sottoscrizione all’abbonamento annuale alla Rivista APITALIA, ha la durata di un anno a partire dalle ore 24 del giorno del versamento. 5) Norme e sinistri. In caso di sinistro l’assicurato deve darne denuncia scritta alla Segreteria della Rivista APITALIA - Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma (tel.: 06.6877175 - 06.6852276; fax: 06.6852287; email: segreteria@federapi. biz) entro cinque giorni dal fatto o al momento in cui ne viene a conoscenza. Per i sinistri implicanti gravi lesioni corporali, l’assicurato oltre a darne notizia alla Segreteria della Rivista APITALIA, ne darà comunicazione alla Compagnia “Gruppo UNIPOL-SAI. Divisione Fondiaria” (indirizzo PEC: unipolsaiassicurazioni@pec.unipol.it), indicando anche il codice della polizza n. 159877505. Non adempiendo all’obbligo della denuncia l’assicurato perde il diritto al risarcimento. Parimenti decade da tale diritto qualora pregiudichi i legittimi interessi della Compagnia nella difesa o contro le azioni o pretese per il risarcimento dei danni che ad essa esclusivamente spetta di condurre in qualsiasi sede o modo, in nome e con la collaborazione dell’assicurato. 6) Accettazione condizioni generali e particolari. Il versamento del premio di assicurazione significa piena accettazione di tutte la condizioni generali e particolari della Polizza n. 159877505, di cui gli interessati possono, su richiesta, prendere visione, dovendosi intendere il rapporto assicurativo, indipendentemente dall’opera intermediaria della contraente, direttamente intercedente fra la Compagnia assicuratrice e i singoli assicurati e regolato unicamente dalle condizioni stabilite nella Polizza citata.

Mod. 01/2019 Questo modulo annulla e sostituisce tutti i precedenti

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Ape Sicura

Modulo di Adesione per gli Apicoltori abbonati alla Rivista

1

IL SOTTOSCRITTO.......................................................................................................................................................................................................... INDIRIZZO...................................................................................................................................................................................................................... CAP................................... LOCALITÀ.......................................................................................................................... PROVINCIA........................... TELEFONO......................................................................... EMAIL................................................................................................................................ CODICE FISCALE.............................................................. PARTITA IVA...................................................................................................................... nella sua qualità di abbonato della rivista APITALIA: a) chiede di essere incluso nella Polizza collettiva “Ape Sicura” di assicurazione per la responsabilità civile contratta a beneficio degli Apicoltori che aderiscono all’iniziativa; b) dichiara, sotto la propria responsabilità, di essere iscritto all’Anagrafe Apistica Nazionale con Codice di Allevamento n. ..........................; c) indica, qui di seguito, l’ubicazione dell’apiario che intende assicurare:

2

1. Apiario composto da n° ................. alveari Comune, Provincia........................................................................................................................................................................................................... Indirizzo, Frazione........................................................................................................................................................................................................... Località, Fondo................................................................................................................................................................................................................. Coordinate satellitari.......................................................................................................................................................................................................

NOTA BENE Utilizzare n. 1 modulo per ogni apiario da assicurare

Proseguire su altri fogli fotocopiati per eventuali altri apiari da assicurare.

Che rimette

a mezzo CCP n. 46157004 - FAI - Federazione Apicoltori Italiani - Roma

a mezzo bonifico bancario, MPS Banca - IBAN IT65T0103003283000061424927

unitamente alla presente

Data.............................................. Firma (leggibile) dell’Assicurato............................................................................................................................ Data.............................................. Firma per accettazione da parte della Compagnia............................................................................................

3

Acconsento all’utilizzo dei miei dati personali ai sensi della normativa sulla Tutela della Privacy (Art. 10 Legge n. 196/2003 e del Reg. UE 2017/679) ai fini del trattamento da parte della Rivista Apitalia e della FAI-Federazione Apicoltori Italiani per l’invio di materiale amministrativo, informativo e/o promozionale. I miei dati non potranno comunque essere ceduti a terzi e mi riservo il pieno diritto di conoscere, aggiornare, modificare o cancellare le informazioni a me riferite. Data................................................ Firma (leggibile) dell’Assicurato..........................................................................................................

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INSERZIONISTI

Gianni Savorelli

VITA ITALIA Prodotti per la cura delle api vitaitalia@vitaitalia.191.it

pag. 2

PIACENZA EXPO - APIMELL Manifestazione apistica www.apimell.it

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Registro Stampa Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 15447 del 01.04.1974 ISSN: 0391-5522 - Iscrizione R.O.C.: 26230 Editore FAI Apicoltura S.r.l. Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma - Italia - UE Telefono +39. 06. 6852556 - Fax +39. 06. 6852287 Email info@faiapicoltura.biz

BEESALUS Prodotti per l’apiterapi3 info@beesalus.com

pag. 13

CIVAN Prodotti per l’apicoltura info@civan.com.tr

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AL NATURALE Laboratorio erboristico info@alnaturale.com

pag. 19

BEE HOUSE Prodotti per l’apicoltura info@beehouse.it

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ZOOTRADE Prodotti per la cura delle api info@beevital.it

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ASS. ROMAGNOLA APICOLTORI Api regine di razza ligustica info@arapicoltori.com

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LAPED Candito per api info@lapeditalia.com

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Comunicazione e Social Media redazione@apitalia.net

GIANNI SAVORELLI Prodotti per la cura delle api giannisavorelli0@gmail.com

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Esperto Apistico Fabrizio Piacentini redazione@apitalia.net

CMA DI PITARRESI MICHELE Prodotti per l’apicoltura commerciale@pitarresiitalia-cma.it

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APICOLTURA TETTAMANTI Nuclei e api regine ligustiche tettamantiapicoltura@virgilio.it

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DOMENICI Prodotti di apicoltura di erboristeria info@domenici.it

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ONETTI ERBORISTERIA APISTICA Prodotti per l’apicoltura store@apistore.it

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OTTOLINA Caramelle di qualità apicolturaottolina@gmail.com

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PACKIN Soluzioni per l’etichettatura info@packin.it

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LEGA Prodotti per l’apicoltura info@legaitaly.com

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Direttore Responsabile Raffaele Cirone redazione@apitalia.net Redazione e Segreteria Corso Vittorio Emanuele II, 101 00186 Roma - Italia - UE Telefono +39. 06. 6852280 - Fax +39. 06. 6852287 Email redazione@apitalia.net Grafica e Impaginazione Alberto Nardi redazione@apitalia.net

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