Apitalia 9-10/2022

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Apitalia - Corso Vittorio Emanuele II, 101- 00186 - Roma - ITALY - UE - ISSN: 0391 - 5522 - ANNO XXXXVII • n. 9-10 • Settembre-Ottobre 2022 •- 725 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/03 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1 Comma 1 – Roma Aut. C/RM/18/2016

| Testata giornalistica fondata nel 1974 | Direttore Raffaele Cirone |

UNA REGINA DI MIELE


SCIROPPI PRONTI ALL’USO

CANDITI

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MELLIFLORA. HC502. TANICA DA 14 G

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Questo alimento complementare per le api è appetibile e limita il saccheggio, è molto fluido e si distribuisce rapidamente, non cristallizza, la sua stabilità è superiore a 1 anno, la sua composizione zuccherina è molto simile a quella del miele.

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FRUCTOPLUS. HC217. TANICA DA 14 G

Con un ottimo rapporto qualità/prezzo, questo mangime supplementare per api è prodotto con grano e mais. È privo di conservanti, di amido (perché idrolizzato), non cristallizza e riduce i saccheggi.

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APISTAR. HC330. TANICA DA 14 G

ABEI FONDANT. HB200. BUSTA DA 2 G

Abei Fondant è ideale per nutrire le api tutto l’anno, soprattutto in inverno. Con una superficie che non si secca, ABEI FONDANT può essere sempre mangiato dalle api.

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I nostri sciroppi pronti all’uso sono disponibili anche in cisterne di varie dimensioni o in autocisterna.

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EDITORIALE

APICOLTURA IN AFFANNO

OTTO MILIONI DI EURO MA L’EMERGENZA RESTA

NON È UN TRAGUARDO MA UNA NUOVA FILIERA CHE MUOVE I PRIMI PASSI

Da sinistra: Peter Brunner Sindaco di Bressanone (BZ), Raffaele Cirone Presidente FAI, Arnold Schuler Assessore all'Agricoltura della Provincia Autonoma di Bolzano. Il modello altoatesino è un esempio da seguire, perché premia la collaborazione tra apicoltori, agricoltori e Istituzioni.

È

bastato l’annuncio che un decreto ministeriale stava per essere pubblicato, assegnando milioni di euro agli apicoltori che a ragione si dicevano in affanno, per vedere all'indomani che in tanti, non solo politici, erano lì pronti ad intestarsene il merito. Se da una parte se ne comprende la ragione - eravamo immediatamente a ridosso di un’agitatissima campagna elettorale - dall’altra non è mai gradevole l’atteggiamento di chi fa qualcosa di utile dichiarando che certi soldi hanno un benevolo “mittente” che ne ha concesso l'utilizzo e che va ringraziato. Cerchiamo di dirlo meglio: questo aiuto alla filiera apistica, checché ne dicano alcuni, non è il frutto di un “concepimento di coppia”: esso nasce dal concorso di tante sollecitazioni avanzate ad un Ministro, a un Sottosegretario, a dirigenti e uffici ministeriali, a più Deputati e Gruppi parlamentari della passata Legislatura. Sono loro che hanno dato ascolto agli apicoltori, a tutte le rappresentanze, e si sono adoperati per rispondere ad una sacrosanta aspettativa: dopo anni di mancate produzioni, avversità e crescenti costi di produzione, era giunta l’ora di concedere un aiuto. Questo sì, ha dello straordinario: perché è il risultato di un’azione che vede per la prima volta destinate risorse ad un comparto che finalmente inizia a strutturarsi come si richiede ad una filiera degna di questo nome. Ci piace ricordarlo per rispetto all’insegnamento dei padri della nostra apicoltura che raccomandavano sempre affinché “il mio non solo, ma l’altrui ben procuro”. E il bene che fa davvero bene non è solo di qualcuno, ma di tutti. Raffaele Cirone

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SOMMARIO

Apitalia N. 725 | 9-10/2022| gli articoli

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5 EDITORIALE Apicoltura in affanno

Raffaele Cirone

8 PRIMO PIANO Nel cuore dell’Europa

Nicolina Ruggero, Salvatore Barone

14 AGENDA LAVORI. NORD-OVEST Cambio di stagione

Alberto Guernier

17 AGENDA LAVORI. NORD Un ciclo di recupero

Maurizio Ghezzi

21 AGENDA LAVORI. NORD-EST La regina smarrita

Giacomo Perretta

24 AGENDA LAVORI. CENTRO Strano autunno

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28 AGENDA LAVORI. ISOLE Miele: balzo al 60% 42 RICERCA Lotta alla varroa 47 APITERAPIA La proteina scudo 50 PREDATORI L’avanzata dei calabroni

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Matteo Giusti Vincenzo Stampa Franco Mutinelli

Chiara Casoria e Armando Monsorno Matteo Giusti

speciale aiuti alla filiera apistica 31 ECCO LA MODULISTICA PER LE DOMANDE AI CAA


i nostri recapiti

Come in apiario: l’Assemblea dell’Associazione Apicoltori dell’Alto Adige ha incoronato la nuova regina del miele. Il diadema con l’ape sarà portato, fino al 2024, dalla nuova miss Melanie Gafriller: è la più giovane tra le Regine in carica (appena ventenne), anche lei esperta di apicoltura, sempre gioiosa e proprio per questo richiestissima dai bambini che, meglio degli adulti, vedono in lei e nel miele che offre una dolcezza trasformata in magia. Auguri Melanie!

i nostri riferimenti: per pagare

hanno collaborato a questo numero abbonamenti: quanto costano 1 anno (10 numeri carta) € 30,00 2 anni (20 numeri carta) € 54,00 Italia, una copia/arretrati € 5,00 Estero: costo variabile per area geografica, richiedere preventivo

Nicolina Ruggero, Salvatore Barone, Erich Larcher e Wilhelm Überbacher, Alberto Guernier, Maurizio Ghezzi, Giacomo Perretta, Matteo Giusti, Santo Panzera, Vincenzo Stampa, Franco Mutinelli, Chiara Casoria, Armando Monsorno, Patrizia Milione, Fabrizio Piacentini, Alessandro Patierno. Per l’inserto centrale Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e AGEA, Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura

marcatura dell’ape regina Secondo un codice standardizzato, le regine sono marcate con un colore (tabella a lato) per permettere all’apicoltore di riconoscerne l’anno di nascita

azzurro

bianco

giallo

rosso

verde

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(ultimo numero dell’anno di allevamento, esempio “2021”)

i nostri VALORI

Massimiliano Spinola: nel 1806, a soli 23 anni, scoprì e descrisse l’ape ligustica italiana. Apitalia è impegnata a tenerne viva la memoria.

“Il mio non sol, ma l’altrui ben procuro” è il motto che accompagna le firme storiche dell’editoria apistica italiana da cui Apitalia trae origine.

Una Giuria internazionale ci ha premiati come miglior rivista di apicoltura, per i contenuti tecnico-scientifici e la qualità fotografica.

La moneta di Efeso, con l’ape come simbolo riconosciuto a livello internazionale già 500 anni prima di Cristo.

Abbiamo sottoscritto “Il Manifesto di Assisi”, per un’economia a misura d’uomo. Come apicoltori ci riconosciamo nel Tau.

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PRIMO PIANO

NEL CUORE DELL’EUROPA

IL CONGRESSO APICOLTORI DI LINGUA TEDESCA

P

ortiamo all’attenzione dei lettori di Apitalia il resoconto delle principali relazioni presentate al 91° Congresso degli Apicoltori di lingua tedesca, tenutosi a Bressanone in provincia di Bolzano. Un appuntamento che ha quasi un secolo di storia, animato da una comunità che condivide due solidi valori: la madrelingua tedesca e il rispetto per l’apicoltura. L’evento si svolge ogni due anni in uno degli Stati aderenti: Italia-Alto Adige, Austria, Germania, Svizzera-Cantoni tedeschi, Lussemburgo e Liechtenstein; nel nostro Paese è tornato dopo dieci anni ed è il primo Congresso dopo la pandemia. Un’edizione dal valore storico e celebrativo cui hanno preso parte i presidenti nazionali di tutti i Paesi rappresentati; ma soprattutto un momento di elevato valore tecnico-scientifico. I lavori sono stati seguiti dallo staff dell’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige, Comprensorio Sanitario di Bolzano, Sede periferica di Brunico il cui responsabile, Dr. Uwe Holzmann, ringraziamo insieme ai dottori Nicolina Ruggero e Salvatore Barone per questa loro particolareggiata corrispondenza. Ringraziamo inoltre Erich Larcher, Presidente dell’Associazione Apicoltori Alto Adige e Wilhelm Überbacher, Consigliere FAI per il Trentino Alto Adige, insieme a tutti i loro associati, per il sostegno organizzativo che hanno dato a questo importante e riuscitissimo appuntamento apistico. 8 | Apitalia | 9-10/2022

Biodiversità e api in un mondo che cambia Relatore: Andreas Hilpold, Eurac di Bolzano insieme a Lisa Obwegs La biodiversità è fortemente minacciata attraverso le varie attività dell’uomo dalla seconda metà del 20° secolo. Le cause più importanti, a livello mondiale, della perdita di biodiversità sono il crescente riscaldamento della terra e la mancanza di spazi vitali naturali sia nelle zone agricole che urbane. Una delle conseguenze è la diminuzione della varietà genetica. I referenti si sono quindi sofferma-

ACCOGLIENZA E ORGANIZZAZIONE NEL NOME DELL’APE


ti sul significato della parola biodiversità che comprende sia la varietà di specie, sia la variabilità genetica e le condizioni ambientali. Altro tema importante è quello dell’ambiente e della “ricchezza dell’ecosistema” che sono alla base della capacità degli organismi di adattarsi al cambiamento climatico, della salute e della nutrizione. Se manca una parte di queste risorse ambientali, viene distrutta sensibilmente la loro capacità di sopravvivenza. In un mondo che cambia velocemente, le api e gli altri esseri viventi devono potersi adattare a una molteplicità di fattori di disturbo. Su questo argomento è stato presentato uno studio di monitoraggio della biodiversità in Alto Adige. Lisa Obwegs ha descritto i primi dati relativi a un monitoraggio sulla biodiversità in Alto Adige nel periodo 2019-

2029, relativi alla quantità di insetti presenti e alla loro tipologia (20.000 nel mondo, 2.000 nella UE, 944 in Italia, 480 in Alto Adige, 700 in Austria). Sono state evidenziate le cause principali della riduzione legate all’agricoltura intensiva e al cambiamento climatico (riscaldamento). È stata presentata la ricerca GLORIA in cui si evidenzia una perdita di habitat, la frammentazione dei pascoli e la preponderanza delle monocolture: tutto ciò si ripercuote sensibilmente sulla ricchezza genetica. Infine sono state prese in considerazione le api selvatiche che sono particolarmente minacciate in quanto hanno complesse esigenze ambientali sia di nidificazione (75% terra, 25% muri, alberi etc), che dei materiali di costruzione dei nidi (p.e. terra, foglie) che alimentari.

La scienza incontra l’apicoltura-COLOSS Cosa si è raggiunto, quali sono gli scopi? Relatore: Dr. Robert Brodschneider, Università di Graz-Austria L’autore ha presentato COLOSS, un’Associazione di circa 2.000 ricercatori provenienti da più di 100 Paesi, organizzata in diversi gruppi di lavoro che agiscono per il benessere delle api da miele con l’obiettivo di scambiare informazioni utili per migliorare il benessere delle api. Per permettere ai diversi gruppi di lavoro di poter paragonare i risultati delle ricerche sono concordati metodi standard di analisi liberamente accessibili. Il programma “Futuro delle Api 2”, sviluppato dal 2017 al 2021 per favorire la salute delle api in Austria, è stato finanziato dal Ministero dell’agricoltura austriaco e dalle regioni. A questo progetto hanno preso parte l’università di Graz e l’Agenzia della salute e della sicurezza alimentare. Tra il 4,4 e il 5,2% degli apicoltori austriaci hanno partecipato al monitoraggio annuale delle morie invernali secondo standard condivisi che hanno permesso l’identificazione dei fattori di rischio. Si è visto che alcuni di questi fattori, quali la professionalità e l’esperienza, sono correlati con le morie: in pratica le maggiori perdite si rilevano presso apicoltori di livello amatoriale e con pochi alveari. La presenza del virus delle api deformate (DWV) e quello della cella reale nera (BQCV) sono quelli più Tutti i presidenti sul podio, arriva la bandiera nella sede ospitante di Bressanone (BZ).

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PRIMO PIANO

L’Assessore Arnold Schuler, il presidente onorario dell’Alto Adige Hubert Ausserer e il presidente FAI Raffaele Cirone. Le regine del miele rappresentano una tradizione molto diffusa nel nord Europa e nei Paesi anglosassoni.

frequentemente isolati, 96 e 92% rispettivamente. Titoli elevati di virus della paralisi acuta (ABPC), della deformazione delle ali (DWV) sono quelli più frequentemente associati alle perdite invernali. Presso la Facoltà di Veterinaria dell’Università di Vienna è stata indagata e verificata la possibilità di diagnosticare la presenza di alcuni virus (DWV, ABPV, SBV) tramite test rapidi (ELISA, saggio immunoenzimatico che si basa su anticorpi che riconoscono un determinato bersaglio e su un sistema di rilevazione che aggancia un enzima al suo substrato. Una volta che è avvenuta la reazione, si può osservare il cambiamento cromatico che viene letto in modo automatico. Per la successiva fase dell’immissione sul mercato di questi test saranno necessari ancora alcuni adeguamenti. 10 | Apitalia | 9-10/2022

Il pericolo dei prodotti fitosanitari per le api Relatore: Dr. Jens Pistorius, Istituto per l’Apicoltura JKI, Germania Non tutti i prodotti fitosanitari sono allo stesso modo problematici per le api che vengono a contatto con diverse sostanze in base ai meccanismi di azione, ai principi attivi, alla quantità e alla proprietà su diverse colture e che possono essere più o meno nocive. Sono stati presentati rilevanti temi come le intossicazioni dimostrate delle api, le possibilità e i limiti degli esami dei prodotti fitosanitari, le tossicità crociate come anche i residui nei prodotti delle api. È stata fatta una panoramica sui fitofarmaci, in particolare sugli effetti letali e subletali di alcune

sostanze sulle api adulte e sulle larve evidenziandone le differenze. Indagini grazie alle quali sono considerate non tossici quasi tutti i fungicidi ed erbicidi (Boscalid, Terbutylazin, etc). Mentre per il Thiacloprid, tau-fluvalinate è stata riscontrata una tossicità variabile da bassa ad elevata. L’alta tossicità riguarda quasi tutti gli insetticidi (phosmet, imidacloprid, chlorpyrifos, etc). Alcune miscele hanno evidenziato un’azione sinergica, per esempio i piretroidi e fungicidi azolici. Le ricerche mostrano come la mortalità invernale delle api può essere dovuta al contatto con sostanze tossiche anche se la variabilità è notevole visto che dipende dalla forza della famiglia. Tutti gli anni vengono segnalati casi di morie delle api provocate dall’uso di pesticidi e nella maggior parte dei casi sono dovuti all’uso improprio del principio attivo. Accanto agli effetti dei prodotti fitosanitari chimico-sintetici e ai me-


todi per studiare gli effetti sulle api bisognerà anche studiare le nuove tecniche d’applicazione e la particolarità dei prodotti fitosanitari biologici, i quali sostituiranno in un prossimo futuro quelli sintetici.

larva prima dell’opercolatura). Da un punto di vista epidemiologico si possono distinguere famiglie sane, infette e malate; famiglie in cui non vengono isolate spore e altre positive clinicamente. I piani di risanamento (differenti nei diMisure per lo sviluppo delle api versi Länder (Stati federati) tedeselvatiche e domestiche schi prendono in considerazione in ambiente urbano due strategie: evidenziazione delle Relatore: Henri Greil, spore e apertura del focolaio o solo JKI Braunschweig, Germania evidenza clinica e apertura del foHa destato motivo di interesse colaio. Le matrici da utilizzare per questa presentazione, descrittiva del Progetto “Beesup”, un’applicazione che si avvale dell’intelligenza artificiale e la cui messa a punto dovrebbe permettere il miglioramento della creazione di aree idonee per lo sviluppo delle api selvatiche in ambiente urbano. Peste americana: perché si presenta così spesso? Danni da varroa o altro? Relatore: Dr. Hannes Beims, Istituto Apicoltura Celle La relazione ha esaminato le relazioni tra peste americana e varroasi e in particolare le alterazioni non convenzionali. È stata descritta sia l’eziologia che la patogenesi della peste americana; in particolare la differenza di quadri clinici a seconda della presenza del sierotipo Erik 1 (sintomatologia classica) o del sierotipo Erik 2 (molto virulento, che comporta la morte della

Da sinistra - I presidenti degli apicoltori di Austria, Liechtenstein, Germania, Lussemburgo, Svizzera - cantoni tedeschi, e Italia - Alto Adige. La bandiera storica: da una parte il bugno villico, dall’altra l’aquila a testimonianza della matrice di lingua tedesca.

la diagnosi sono “Futterkranzprobe” che evidenzia sia Erik 1 che Erik 2 e “Gemüllprobe” che evidenzia solo le famiglie malate, ma non quelle infette. In Germania, a seconda dei metodi diagnostici utilizzati vengono redatti 2 tipi di certificazione: certificati “piccoli” con validità di 9 mesi; certificati “grandi” con validità di 12 mesi. Tra i virus patogeni per le api, ci sono alcuni che si possono ricondurre a problemi dovuti alla


PRIMO PIANO Varroa, in particolare il virus della paralisi delle ali deformate (DWV). Anche altri virus, quali quello della paralisi cronica CBPV e quello della cella reale nera BQCV, rappresentano un problema nell’apicoltura. Tra i virus patogeni per le api il CBPV non viene diffuso attraverso la varroa, ma comunque è patoge-

no e in grado di causare morie. Nel progetto di riproduzione delle api presso il LAVES, Istituto di apicoltura di Celle in Germania, vengono esaminati diversi ambiti nell’allevamento di api regine tra i quali l’assenza del da CBPV negli alveari utilizzati nell’allevamento delle api regine. Infatti già dal 2019 erano presen-

ti nella stazione di fecondazione dell’Istituto di Apicoltura di Celle soltanto famiglie con fuchi CBPV-free. Nella stagione 2019 è stato possibile dimostrare che anche basse concentrazioni virali negli alveari utilizzati per la cura delle celle reali erano in grado di causare notevoli perdite di regine durante la metamorfosi. Pertanto, al fine di impedire l’infezione di larve di regina durante l’allevamento, tutti i popoli utilizzati per la produzione di api regine vengono esaminati per verificare l’assenza di virus. Dal 2020 vengono testate altre stazioni di fecondazione per il virus CBPV. Varroa, nuovi percorsi pratici dalla realtà dell’Alto Adige Relatore: Engelbert Pohl, Presidente onorario dell’Associazione Apicoltori dell’Alto Adige L’apicoltura in Alto Adige ha avuto una lunga tradizione e alcune persone hanno lavorato da pionieri trovando comunque una natura favorevole alle api senza monocolture e senza agricoltura intensiva. Anche la varroa non c’era. L’Associazione apicoltori ha sostenuto gli associati nella strategia contro la varroa e anche nell’applicazione di nuove conoscenze. Il relatore ha descritto le pratiche di asportazione completa della covata e delle sue diverse varianti per il contenimento della varroa che si è rivelato un metodo risolutivo. L’immancabile mostra-mercato delle attrezzature e lo stand del Südtiroler Imkerbund - Apicoltori dell’Alto Adige.

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Congresso seguitissimo da migliaia di apicoltori provenienti da tutta Europa.

La varroa e la ricerca Relatore: Dr Ralph Büchler, da anni dirigente dell’Istituto di Apicoltura a Kirchhain La lotta alla varroa è basata sulla conoscenza della biologia della varroa e sull’uso di alcune tecniche apistiche e di farmaci. Il futuro non è da ricercarsi nel cambiamento di prodotti usati, ma in un cambiamento della strategia di lotta alla varroa. Un buon management dell’apiario, ad esempio, può migliorare la salute delle api invernali e ridurre l’uso di farmaci ottenendo così popolazioni di api più resistenti. L’autore ha passato in rassegna diversi studi sul comportamento igienico delle api nei confronti della varroa descrivendo, ad esempio, alcuni comportamenti igienici denominati VHS, cioè della capacità di pulire le celle infestate, o REC quando le tempistiche di apertura e chiusura dell’opercolo comportano una limitazione della riproduzione della varroa (SRM). Sono state descritte alcune tecniche di confinamento della regina, di eliminazione totale della covata e del

favo trappola da effettuarsi in estate e della possibilità di ripetere l’operazione in inverno con confinamento della regina fino a tre mesi. Infine è stata descritta la diffusione dell’infestazione orizzontale, quella tra alveare e alveare e quella verticale cioè legata alla riproduzione. Per la difesa contro la varroa dovrà dunque essere incrementata la selezione di api resistenti con l’utilizzo di tecniche apistiche nel periodo critico estivo tramite eliminazione della covata e favorire solo la riproduzione delle api resistenti e dei loro fuchi. La strada per un’apicoltura libera da medicamenti sembra essere possibile, ma necessita di un chiaro obiettivo e di un procedere insieme a tutti i partner coinvolti nel processo di controllo del parassita. Varroa sensibilità-Igiene. Quanto si è veramente avanti? Relatore: Paul Jungels, Apicoltore professionale in Lussemburgo Riportiamo questa presentazione per memoria, visto che sono stati

mostrati gli aspetti pratici per ottenere api resistenti alla varroa tramite la selezione e l’allevamento di ceppi api resistenti. Durante il Congresso degli Apicoltori di lingua tedesca si è visto che sono numerose le esperienze condotte in questa direzione, che tutti i centri di ricerca scientifica e le associazioni degli apicoltori di lingua tedesca lavorano in questa direzione e si scambiano dati utili al perseguimento di un risultato di valenza genetica (ndR). Merita, in conclusione, una citazione particolare Paul Siefert, dell’Istituto di apicoltura presso l’Università di Francoforte, in Germania. Il relatore ha presentato una fantastica serie di filmati sulla biologia delle api e sul comportamento delle api nutrici in presenza di pesticidi e il suo contributo ha riscosso notevole apprezzamento da parte dei tanti apicoltori presenti. Nicolina Ruggero Salvatore Barone Medici Veterinari della Azienda Sanitaria dell’Alto Adige 9-10/2022 | Apitalia | 13


AGENDA LAVORI. NORD-OVEST

CAMBIO DI STAGIONE

LE API SI PREPARANO E VANNO ASSECONDATE di Alberto Guernier

L’

aria del mattino, e quella della sera, qui da noi già portano i profumi di un’altra stagione. Le api lo hanno capito da tempo e si stanno organizzando; l’aumento della propoli nei nidi come sigillante ne è la prova. Nel sottobosco fiorisce l’edera che si è salvata dalla grande siccità, polline e nettare per l’allevamento di api destinate all’invernamento. La preponderanza di questo pascolo, che appunto a causa della siccità, non ha concesso le fioriture tardive dei pascoli e dei prati in genere, ci dovrà mettere in guardia: sollevare le arnie per sentire se esse abbiano preso il giusto peso, non sarà più sufficiente in quanto con ogni probabilità, il miele che è derivato, sarà un miele destinato a cristallizzare presto tenacemente nei favi, rendendone quantomeno ostico l’utilizzo da parte delle api in inverno. È quindi questo il periodo per integrare le scorte, con la giusta misura dettata dall’esperienza, ma anche dall’osservazione dei nidi; nutrire bene è un’attività che richiede osservazione e metodo. Gli sciroppi in questo periodo possono essere più concentrati, ma senza esagerare, c’è ancora tempo per una leggera azione stimolan14 | Apitalia | 9-10/2022

te della covata, che si ottiene con una nutrizione protratta per un periodo di un paio di settimane; a questo proposito ricordo che per l’allevamento della covata è imprescindibile l’approvvigionamento di polline e la nutrizione artificiale ne incrementa la raccolta. Va anche precisato che il miele già presente nel nido, qualora ve ne sia rimasto in abbondanza dalla raccolta precedente, non stimola la deposizione; api pressoché immobili con buone scorte nel nido non incrementano significativamente di numero.

CONTROLLARE LO STATO DI REGINE E SCORTE CHE È ORA DI INTEGRARE


Un altro errore da non fare, è quello di lasciare fino all’autunno il melario con il miele estivo, pensando che le api lo spostino vicino alla covata; esse non sanno che l’uomo andrà a togliere il melario e non si prenderanno dunque la pena di togliere il miele da dove l’hanno immagazzinato. L’unico risultato sarà dunque che alla levata dei melari, i nidi saranno di colpo senza scorte! Questo è un buon periodo per la valutazione delle regine, contrariamente a quanto spesso si crede, non è solo la primavera che ci fornisce buone indicazioni; l’osservazione delle deposizioni e delle condizioni delle regine è ancora molto utile, in quanto avviene

dopo un periodo che le ha messe a dura prova (per quelle che non sono già state sostituite). Per le regine immesse negli alveari invece dopo i trattamenti, è utile verificare la salubrità e compattezza della covata, ma anche se, opportunamente stimolate, siano in grado di covare e su quanta superficie; regine nuove poco reattive ora, difficilmente saranno in grado di ripartire con grinta in primavera. Un’emergenza non rara per il periodo è costituita dall’orfanità; ricordo solamente che api vecchie di famiglie orfane da tempo sono molto complicate da trattare; difficilmente accettano di buon grado una nuova regina in gabbietta, se non si può prevedere un

lavoro più ampio, che comprenda l’utilizzo di favi con covata aperta presi da altre famiglie, o tecniche che favoriscano l’accettazione, la scelta spesso più sensata in questo periodo è la riunione, che fra l’altro può essere fatta senza particolari precauzioni. Se non siamo più che sicuri ed esperti, evitiamo anche di farci prendere dalla tentazione di marcare le regine in questo periodo: un possibile errore potrebbe crearci notevoli problemi; meglio rimandare l’operazione alla primavera prossima, quando tutto sarà molto più semplice e gli eventuali accadimenti infausti, più facilmente riparabili. Se erano stati messi telaini col

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AGENDA LAVORI. NORD-OVEST

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Foto www.ilcambiamento.it

foglio cereo in estate, magari per rimpiazzare favi tolti per la formazione di qualche nucleo, se anche sono stati costruiti e parzialmente covati, essi non saranno ancora telaini adatti per mantenere caldo il glomere in inverno. Dunque, se possibile, con le dovute cautele ed eccezioni, spostateli lateralmente. Da giovani apicoltori spesso ci si domanda se sia meglio togliere i favi che probabilmente le api non utilizzeranno in inverno invece di spostarli di lato; per l’esperienza fatta in tanti anni posso dire che anche se una famiglia forte può sopportare che ci si dimentichi di inserire il cassettino di fondo, che ci si dimentichi di mettere la porticina metallica all’ingresso, che ci si dimentichi di avvicinare le scorte, di togliere i favi appunto (inutili per l’inverno) questo non significa che tutto questo non costituisca una situazione di stress, che può causare seri problemi o morte delle famiglie più deboli. Quindi, i favi inutili vanno eliminati e conservati in magazzino all’asciutto e al pulito. Le api in preparazione dell’inverno vanno ristrette su tutti i favi a loro utili, quindi che presentano miele, polline, oppure che hanno ospitato già più cicli di covata, (favi di covata di non sola cera). Sul finire di questa annata apistica, che già vede iniziare i lavori di preparazione della prossima stagione, abbiamo parlato di pascoli, di nutrizione e di regine; come se tutto dipendesse da noi allevatori delle nostre api, come se le nostre azioni fossero le uniche

responsabili dei risultati ottenuti... L’uomo apicoltore, mai come oggi, ci appare destinato ad “una vita” che spesso vanifica ambizioni e sacrifici; molto conosciamo oggi di patologia e biologia apistica, sempre più spesso si parla di promozione, di marketing, di e-commerce; ma il passo da gigante che doveva risolverci i problemi non è ancora stato fatto. L’industria 4.0 ci parla di pensiero sistemico, ci consiglia dall’alto dei suoi numeri di ragionare sull’insieme delle cose, sulla visione più ampia e condivisa possibile per affrontare e risolvere i problemi; nel mondo produttivo dell’oggi occorre includere ed allargare la visione comprendendo gli insiemi di fattori. Allo stesso modo dovremo im-

parare a ragionare noi apicoltori, pensando che il risultato oggettivo di una regina, non è solo frutto del lavoro di un allevatore più o meno bravo, ma è il risultato di tutte le interferenze e apporti genetici degli apicoltori di un territorio. La salubrità ed il rendimento degli alveari, non sono anche qui, l’oggettivo rendiconto di una buona famiglia o di una scarsa famiglia, ma sono il risultato più ampio di un territorio e dell’impegno collettivo, che spazia, dalla troppo massiccia presenza di alveari, dall’uso di sostanze chimiche velenose in ambiente, dall’incuria in generale, di chi ancora è rimasto fermo ad un mondo “zero punto zero”. Alberto Guernier


AGENDA LAVORI. NORD

UN CICLO DI RECUPERO

ULTIME FIORITURE TARDIVE E RIUNIFICAZIONE FAMIGLIE DEBOLI di Maurizio Ghezzi

NUTRIZIONE DI SUPPORTO PER LE FAMIGLIE

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PIÙ SGUARNITE

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opo mesi passati all’insegna degli irreverenti e bollenti anticicloni africani, per lo meno qui al nord, responsabili di aver aggravato ulteriormente la consueta carestia di fioriture mellifere, tipiche del periodo, sia per una calura fuori dal normale e sia per aver determinato il prolungarsi indiscriminato di un meteo estremamente siccitoso, ecco finalmente affacciarsi all’orizzonte il periodo delle prime sperate e tanto attese precipitazioni temporalesche. La natura ha rinverdito i prati che con fioriture tardive regalano ancora nettare a noi e alle nostre

instancabili operaie. Così assistiamo alla ricomparsa dei primi fiori marginali come per esempio la calendula, l’inula (foto nella pagina) molto frequentata dalle api per la sua abbondanza in polline di color arancio mattone, la canapa acquatica che si riappropria delle zone umide boscose e, assieme al topinambur, consente la raccolta di un discreto quantitativo di ottimo nettare da stivare nel nido per rimpolpare le misere scorte legate alla carestia dell’agosto appena trascorso. Assieme a queste fioriture altre ancora come le verbenacee, la cicoria, le asteracee, le leguminose e il nasturzio aiuteranno le nostre api a raccogliere nuovo nutrimento da immagazzinare nel nido per accumulare scorte indispensabili ad affrontare il prossimo inverno. L’apicoltore avrà già invasettato il miele raccolto e a stivato i melari in magazzino dopo averli messi al riparo dalla tarma della cera; ma al tempo stesso siamo alla fine di una stagione e paradossalmente all’inizio di una nuova ossia quella che è caratterizzata dall’obiettivo di preparare le famiglie ad un corretto invernamento così che possano arrivare serene all’i9-10/2022 | Apitalia | 17


AGENDA LAVORI. NORD nizio della prossima primavera. Questo impone all’apicoltore di mantenersi vigile e monitorare lo stato sanitario delle famiglie da lui accudite e contestualmente le riserve alimentari che ciascuna di esse ha a propria disposizione provvedendo, eventualmente, a una nutrizione di supporto per quelle colonie che sembrano essere prive di sufficienti riserve alimentari. Ricordo, inoltre, che colonie deboli difficilmente, anche se con buone scorte, riusciranno ad arrivare alla prossima primavera per cui meglio riunirle fra loro, meglio avere una famiglia forte piuttosto che due deboli le quali con buona probabilità non saranno più presenti nel nostro apiario nella stagione a venire! Le operaie, provate da un lungo periodo di superlavoro seguito da una inaspettata carestia, hanno ormai allontanato i fuchi non più così desiderabili e come dispendiose bocche da sfamare senza un reale e valido motivo per cui, dopo averli ringraziati per il lavoro svolto, saranno stati cacciati dal nido. Contestualmente la regina avrà diminuito la sua attività riducendo la quantità di uova deposte negli alveoli mentre le nuove api venute alla luce avranno il gravoso compito di traghettare la famiglia verso la prossima primavera passando attraverso il generale inverno. Vale la pena controllare che tutte le arnie presenti in apiario siano ancora in buona condizione così da poter proteggere le famiglie al loro interno dai freddi venti e dalle prossime intemperie invernali, 18 | Apitalia | 9-10/2022

Modulo d’ordine Sigilli NOME ................................................................................................ ................................................................................................ INIDIRIZZO ................................................................................................ CAP ................................................................................................ LOCALITÀ ................................................................................................ PROVINCIA ................................................................................................ TELEFONO 1 ................................................................................................ TELEFONO 2 ................................................................................................ CODICE FISCALE ................................................................................................ PARTITA IVA ................................................................................................ N° ALVEARI ................................................................................................ Of ferta! Risparmi 5 euro Valida fino al 31.12.2022

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Autorizzo l’utilizzo dei miei dati personali ai sensi dell’art. 10 della legge n. 197/03 (Tutela della Privacy) e acconsento al loro trattamento per il perseguimento degli scopi statutari della FAI-Federazione Apicoltori Italiani. SI NO


in caso contrario è bene provvedere alla sostituzione di arnie ormai vecchie e malandate per non esporre ad inutili rischi le colonie che noi accudiamo. Accertiamoci che non ci siano sterpaglie in prossimità degli alveari che potrebbero impedire una corretta circolazione dell’aria favorendo ristagni di umidità all’interno del

nido: ricordiamo che le api più che il freddo temono le correnti d’aria gelida e il ristagno d’umidità. Riduciamo l’ingresso delle porticine sulla plancia di volo per evitare che con le prime giornate caratterizzate da temperature meno tiepide, qualche topolino o qualche rettile pensino di trovare un rifugio all’interno dell’alve-

are. Con giornate caratterizzate da temperature ancora gradevoli, nelle ore centrali, controlliamo lo stato della covata e contestualmente guardiamo quanti sono i favi presidiati: se all’interno di una famiglia dovessero esservi dei favi non presidiati e senza scorta di miele rimuoviamoli e restringiamo il nido con l’utilizzo di un diaframma ben coibentato (con polistirene piuttosto che con del sughero), in questo modo le nostre api avranno uno spazio minore da riscaldare risparmiando così energie e conseguentemente risparmiando anche riserve alimentari. In caso riscontrassimo colonie con scarse riserve in questo periodo è ancora possibile somministrare una alimentazione di supporto utilizzando dello sciroppo 1 a 2 (1 lt d’acqua e 2 Kg di zucchero), ricordiamoci però che il nettare non è una semplice soluzione idro zuccherina per cui non esitiamo ad addizionare lo sciroppo con vitamine e proteine

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per uso apistico, esso sarà molto più gradito dalle nostre operaie che certamente non esiteranno a ringraziarci per la cortesia! In ultimo ricordo che famiglie numerose hanno maggior possibilità di superare egregiamente l’inverno, esse infatti formeranno nei periodi più freddi un voluminoso glomere che permetterà loro di mantenere più calore all’interno dello stesso facilitando così lo spostamento del glomere da una parte all’altra del nido per raggiungere le scorte alimentari. Non è, purtroppo, infrequente trovare ad inizio primavera famiglie morte in presenza di abbondanti riserve di cibo all’interno del nido, il numero esiguo di esemplari non

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ha permesso loro di mantenere il giusto calore necessario per gli spostamenti fra un favo e l’altro utile a raggiungere le scorte alimentari. Si stima che le colonie abbiano riserve energetiche sufficienti per svernare quando il peso dell’arnia raggiunge i 30/40 Kg. Si sarebbero dovute sostituire le regine ormai anziane così che la famiglia alla prossima primavera si possa giovare della forza di una buona, forte e vigorosa nuova regina cosa che con tutta probabilità consentirà di ottenere un ottimo raccolto nella stagione a venire. Se non avete ricordato di fare anche questo, prendete almeno nota delle colonie bisognose di ricevere le nuove madri.

Nonostante il lungo e freddo periodo che ci attende i primi tepori primaverili non tarderanno a raggiungerci, se abbiamo garantito un buon invernamento alle nostre api esse sicuramente, nella prossima primavera, ci sapranno ricompensare con una ripartenza tuonante regalandoci una nuova stagione ricca di abbondante raccolto e grandi soddisfazioni che sapranno sicuramente andare al di là delle più pessimistiche previsioni legate alla imprevedibilità di un cambiamento climatico al quale inesorabilmente dovremo essere in grado di adattarci. Perché? Perché loro lo hanno già fatto! Maurizio Ghezzi


AGENDA LAVORI. NORD-EST

LA REGINA SMARRITA

DISTRICARSI CON L’ALVEARE SE LE API RESTANO ORFANE di Giacomo Perretta

COME RICONOSCERE LA COVATA FUCAIOLA E RIMEDIARE

Foto pinvi.net

PER TEMPO

R

itorniamo alla nostra metodica quanto complessa attività di apicoltore. Metodica, perché inevitabilmente come ogni attività agricola si ripete di anno in anno sempre simile ma mai uguale all’anno precedente. Complessa, perché un errore sia in apicoltura sia in agricoltura può causare la perdita di un essere vi-

vente: albero o insetto che sia. Una piccola precisazione, visto che noi apicoltori siamo conduttori di api e non propriamente allevatori: esse si allevano da sole, noi ne controlliamo la crescita e lo stato di salute, ne condizioniamo lo sviluppo, condizioniamo la scelta della regina e tanto altro ed è tutto questo che ci fa, appunto, dei conduttori come del resto ci hanno costretto ad essere gli acari di varroa, in conseguenza dei quali siamo diventati per le api indispensabili fattori di sopravvivenza. Proseguiamo con quanto solo accennato il mese scorso: “A volte può succedere che la regina smetta di deporre, oppure muoia, così come è possibile che una regina fatta in emergenza non si sia fecondata bene oppure per vari motivi vi siano “api fucaiole” insomma il campanello d’allarme in questo caso sono i fuchi ovvero la loro numerosa presenza”. L’argomento è dunque piuttosto articolato e complesso e proprio per questo è necessario affrontarlo con ulteriore ricchezza di particolari. Ipotizziamo di vedere in questo periodo un bel numero di fuchi sul predellino di volo,: cosa che deve metterci subito in allarme perché 9-10/2022 | Apitalia | 21


AGENDA LAVORI. NORD-EST

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Foto blogdelleapi.wordpress.com

i fuchi a partire da settembre dovrebbero essere rari visto che solo pochi tra loro sfuggono al destino di essere isolati e poi morire. Andiamo dunque a chiarire cosa significano le seguenti osservazioni: 1. presenza di celle da fuco; 2. presenza di celle gibbose; 3. cellette di covata vuote. 1. La presenza di larve nelle celle da fuco ma non nelle cellette per api, sta a indicare la presenza della regina, la quale però per effetto di una cattiva fecondazione depone solo uova con un solo cromosoma (partenogenesi); uovo che daranno vita solo a fuchi. Pertanto in questo caso è necessario inserire una regina feconda, ovviamente togliendo la regina detta ”fucaiola” e si risolve il problema. 2. Che cosa significa “gibbosa” ce lo ricorda il latino “gibbus” cioè gobba ed è la differenza nella dimensione delle cellette, infatti entrambe hanno l’opercolo a formare una cupola ovvero una gobba, quelle da fuco però le conosciamo tutti, sono più grossolane e hanno un “diametro” di circa 6,9 mm, mentre quelle che contengono api sono opercoli di circa 5,3 mm, cioè di dimensioni più ridotte. Pertanto, quando vediamo un eccesso di opercoli di grandi dimensioni possiamo esser certi della presenza di api operaie che hanno forzatamente sviluppato l’apparato ovarico ma in assenza di fecondazione, quindi api vergini, che non potranno altro che fuchi. Il

loro sforzo di deporre le uova in celle da operaie diventa inutile e persino catastrofico per la famiglia, facendo nascere fuchi con la dimensione di un’ape ma inutili e improduttivi. In questo caso è necessario un intervento drastico: occorre portare l’alveare ad almeno una cinquantina di metri di distanza dalla postazione, possibilmente dietro un manufatto oppure una siepe, si svuota l’alveare a terra e si

riporta l’arnia sulla postazione originaria attendendo il ritorno delle api, le quali pian piano rientreranno lasciando sul terreno le api fucaiole e poche loro seguaci. La seconda operazione è quella di eliminare i favi con le celle gibbose. In un secondo momento si aggiungerà una regina. Il metodo di introduzione, partendo dalla gabbietta fornita acquistando la regina chiusa da


un “tappo” di candito, richiede che si apra l’accesso al candito togliendo la piccola linguetta di plastica in modo che tutte le api possano rosicchiare il bolo zuccherino e permettere così alla regina di uscire e riunirsi alla colonia. Questa tecnica di inserimento risulta essere sempre la migliore e in questo modo abbiamo già in parte salvato la famiglia. 3. Se all’apertura dell’alveare vediamo solo celle, senza covata ma con la presenza di api, si possono supporre almeno due o tre ipotesi: che sia morta la regina per qualsiasi causa anche naturale, oppure che sia stata uccisa da qualche predatore all’interno dell’alveare o, infine, che sia lo stesso apicoltore ad averla accidentalmente uccisa nel corso di una precedente visita all’alveare. In generale, comunque, accade spesso che l’uccisione sia una decisione della famiglia che sente il bisogno di procedere

alla sostituzione di una regina inadeguata. In tutte queste condizioni è necessario l’intervento dell’apicoltore, ma prima di inserire una nuova regina e salvare così la famiglia, è necessario verificare che non sia iniziato lo sviluppo delle api fucaiole, oppure che non vi sia una regina vergine. Insomma, anche nel caso di una volontaria sostituzione da parte delle api, è consigliabile l’acquisto di una regina da destinare alla sostituzione, perché in caso contrario nella successiva primavera le famiglie non saranno in grado di affrontare un buon avvio. A volte all’apicoltore poco attento sembra tutto regolare, specialmente se è da parecchio che non visita quella famiglia, ma come possiamo accorgerci che è avvenuta, per esempio la sostituzione della regina? Semplicemente avendo l’accortezza di segnare sempre le regine (marcatura in uno dei cinque colori dell’anno di nascita). Questo è l’unico modo per avere la certezza

che la regina è stata davvero sostituita, cosa che può capitare anche all’apicoltore attento qualora non abbia contrassegnato le regine dei propri alveari. Del resto, non sempre si osserva con attenzione sia la covata sia la regina e l’importante è dunque che l’apicoltore abbia la capacità di risolvere qualunque problema si prospetti: alla fin fine è proprio questo il segreto di una buona conduzione o meglio ciò che fa di un apicoltore un buon apicoltore. Svelo “un segreto” ai giovani apicoltori: gli errori di conduzione, problemi causati da distrazioni, avversità e qualunque altro incidente, capitano anche agli apicoltori professionisti, l’unica differenza che loro sono in grado di risolverli velocemente e in modo corretto. L’apicoltore sa che la formazione è importante e che l’esperienza non è altro che l’arricchimento della formazione. Giacomo Perretta

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AGENDA LAVORI. CENTRO

STRANO AUTUNNO

NUTRIZIONI DI SOCCORSO E GESTIONE DI MAGAZZINO di Matteo Giusti

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o con un apiscampo, in modo che non ci cada la polvere o altra sporcizia. Per il resto non è necessario far altro. La tarma della cera infatti non attacca i favi dove non è stata presente la covata, o se lo fa, lo fa in modo leggero senza causare danni. Trattamenti con zolfo o altri accorgimenti sono del tutto superflui. Il vero pericolo per i melari in magazzino sono i topi, che possono entrare tra i favi, rosicchiare la cera e sporcare tutto con gli escrementi. Quindi un magazzino a prova di intrusione e pile

OCCHI SEMPRE APERTI PER AVVISTARE CALABRONI

Foto Antonio Sabatino

l lavoro si fa meno intenso, ma non meno importante. Le produzioni sono tutte finite e le attività si concentrano ormai più in mieleria e in magazzino che non in apiario, dove tuttavia l’attenzione deve sempre rimanere alta. Se non lo si è già fatto, è il tempo per far ripulire tutti i melari smielati alle api prima di riporli in magazzino, in modo da averli puliti, comodi da maneggiare e da grattare per la raccolta della propoli, pronti per la prossima stagione. Per farlo il modo migliore è quello di posizionarli in una pila anche di 4-5 melari sopra un alveare provvisto di un apiscampo con il foro di accesso aperto. Dopo due giorni basterà chiudere il foro spostando la lamina di metallo e aspettare 24-48 ore che le api siano scese nel nido per rimuovere i melari puliti. In questo periodo i rischi di saccheggio sono minori che in estate, tuttavia è sempre bene far ripulire i melari a famiglie forti, riducendo la porticina di ingresso dell’arnia e assicurandosi che non ci siano spazi tra un melario e l’altro. Una volta puliti i melari possono essere riposti in magazzino, avendo cura di coprirli con un coperchio da arnia


di melari ben chiuse sopra e sotto sono attenzioni fondamentali. È anche il tempo di riporre apiscampo e escludiregina. Passando alla mieleria si può procedere alla pulizia profonda di tutto il locale e di tutta l’attrezzatura, lasciando il campo libero per invasettare e stivare con comodità i barattoli. Infatti è tempo di invasettare il miele, soprattutto quello che può cristallizzare, in modo da poterlo mettere nei barattoli ancora liquido evitando il più possibile di riscaldarlo in inverno o dopo. In questo modo si risparmia sia tempo che energia elettrica (che ormai è un bene piuttosto caro) e si preservano al meglio tutte le caratteristiche or-

ganolettiche del nostro miele. Quest’anno poi, con la crisi energetica e la difficoltà di approvvigionamento di alcune materie prime, è importante invasettare tutto il prima possibile, ordinando le quantità e le tipologie di vasetti necessarie con anticipo ai fornitori, per non rischiare di rimanere senza o di subire ritardi nelle consegne o aumenti di prezzi improvvisi e imprevisti molto difficili da gestire. E ora torniamo in apiario, dove, una volta tolti i melari da pulire, ci sono altre cose da fare. Prima di tutto, come sempre, un controllo generale alle famiglie, per valutarne le condizioni sanitarie e la presenza della regina. In caso

di orfanità la cosa migliore da fare in questo periodo è la riunione della famiglia orfana con la regina. Per farlo il metodo classico è quello che a volte viene detto “del giornale”. Si apre l’alveare con la regina, si mette sopra i favi uno o due fogli di giornale con qualche taglio, si mettono due melari vuoti e si riempiono con i telai con le api della famiglia orfana. Man mano che le api da sopra e da sotto rosicchiano il giornale entrano in contatto lentamente abituandosi alla presenza reciproca. Un altro metodo è quello di spruzzare tutte le api, sia della famiglia orfana che di quella con la regina con acqua e qualcosa di molto profumato, un tempo si usava un

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po’ di vino, ma anche una tisana dal profumo intenso va bene. In questo modo si copre l’odore della famiglia, quello che le api usano per riconoscere se un individuo appartiene al proprio alveare o meno, ed è possibile mettere subito a contatto le api delle due famiglie (o anche di più famiglie se si vogliono distribuire i telaini dell’alveare orfano su più alveari). In ogni caso è importante togliere l’arnia che abbiamo svuotato o al limite chiuderla, per evitare che le bottinatrici che vivevano lì ci tornino i giorni successivi. Un occhio di riguardo va assicurato nel controllo delle scorte alimentari. Anche se si spera che in questo periodo non siano un problema – visto che negli ultimi anni le fioriture di settembre e ottobre garantiscono un buon immagazzinamento di miele - se le scorte 26 | Apitalia | 9-10/2022

appaiono scarse si può ricorrere all’alimentazione di soccorso, che dovrà esser fatta con il candito o se il tempo è ancora abbastanza caldo e l’attività di volo buona, anche ad uno o due interventi con dello sciroppo molto concentrato che le api possono stivare nei favi. E poi si può già pensare all’invernamento, soprattutto in certe zone di collina e di montagna, iniziando a confinare le api su un numero di telaini idoneo alla forza della famiglia, utilizzando i diaframmi. Se poi dobbiamo invernare le api in un luogo diverso da quello in cui le abbiamo tenute d’estate, questo è il periodo in cui fare lo spostamento, potendo lavorare già a tarda sera, visto che le giornate sono corte, ma le temperature ancora non troppo basse da rischiare di spostare le api in glomere, cosa sempre da evitare

Foto Fanpage.it

AGENDA LAVORI. CENTRO

per non creare situazioni di stress eccessivo alle famiglie. La scelta della postazione di invernamento è fondamentale sia per il benessere delle api sia per la nostra attività di lavoro. La postazione di invernamento deve essere soleggiata, non esposta a venti costanti e forti, e di facile accesso con i mezzi in modo da poterla raggiungere con l’auto o con il furgone anche in caso di pioggia o di neve, senza il rischio di rimanere impantanati o di non poter accedere all’apiario in ogni momento in cui sia necessario. La cura della postazione dove si inverneranno le api quindi è un vero e proprio lavoro di invernamento, importante come la cura degli alveari. Si dovrà tagliare l’erba, eliminare rami o piante che possano cadere durante un temporale o una nevicata, o quel-


li che possano far troppa ombra agli alveari e sistemare la viabilità di accesso (per lo meno quella di nostra competenza). Tutte cose fondamentali perché non si può rischiare di non poter andare alle api perché il luogo è inagibile. In certe situazioni un ritardo di pochi giorni può essere fatale, soprattutto per quanto riguarda la nutrizione di soccorso invernale. Infine, in questo autunno, nel centro Italia un’attenzione particolare va data alla presenza dei due calabroni non autoctoni di queste zone: Vespa velutina e Vespa orientalis (foto a sinistra) tutti e due temibili predatori di api da miele. Vespa velutina ha infatti già colonizzato stabilmente la Liguria e sta

scendendo verso sud, dove è stata segnalata nelle provincie di Pisa e di Lucca. Vespa orientalis invece, per quanto autoctona del sud Italia non era presente nel centro nord del Paese, ma da quache anno è stata segnalata nel Lazio, in Toscana a Grosseto e a Firenze e addirittura a Trieste dove ne esiste ormai una popolazione stabile in città. In questo periodo non è indicato il monitoraggio con le trappole fatte con le bottiglie con la birra come esca. È molto meglio osservare il volo davanti alle arnie e vedere se ci sono calabroni. Vespa velutina è più piccola e scura di un calabrone comune (Vespa crabro) con le zampe gialle. Inoltre tende ad avere un volo quasi stazionario

davanti agli alveari con il dorso rivolto all’entrata ad aspettare le api bottinatrici che ritornano, come un portiere di calcio che aspetta gli avversari. Vespa orientalis invece è grande più o meno come un calabrone comune, ma con il corpo marrone cuoio e il fondo dell’addome giallo chiaro. In ogni caso per un migliore riconoscimento è importante catturarle con un retino e fotografarle, segnalando la presenza di casi sospetti alla vostra Associazione territoriale di riferimento, affinché ne informi tempestivamente la rete nazionale StopVelutina (vedere al riguardo il sito www.stopvelutina.it). Matteo Giusti

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AGENDA LAVORI. ISOLE

MIELE: BALZO AL 60%

UNA RIPRESA IMPORTANTE DOPO LE MANCATE PRODUZIONI DI UN TRIENNIO di Vincenzo Stampa

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di tante altre fioriture spontanee e tipiche del vasto e diversificato territorio siciliano. Si tratta, per tutte queste specie botaniche, di alternative valide per la produzione che gli apicoltori associati cominciano a sfruttare, seguendo i suggerimenti dell’Associazione, producendo mieli, che ad oggi raggiungono circa il 50% del prodotto, classificati come millefiori estivi ma, già per alcune specie botaniche come il cardo, l’aneto, l’achillea, si arriva sempre più facilmente al monoflora. Alcuni si spingono oltre verso vere

LA FLORA SPONTANEA SOPPERISCE E SODDISFA LA CRESCITA DEL SETTORE

Foto Vincenzo Stampa

a quello che si legge nelle cronache regionali, la produzione nazionale di miele del 2022 registrerebbe un calo generalizzato che si reputa oscillante tra il 20% e il 40%. I laboratori sociali di Fai Sicilia (ce ne sono svariati, ormai in quasi tutti i quadranti geografici dell’Isola, ndR) ci danno una informazione che pur essendo allineata al trend nazionale ci fa registrare un +60% rispetto alle tre annate precedenti, risultato facile da raggiungere rispetto al quasi 0% precedente. Il dato grezzo però non ci offre una corretta informazione, la domanda è: da dove viene questo risultato? A onor del vero dobbiamo dire che le piogge autunnali e invernali hanno contribuito molto all’andamento produttivo in apicoltura; ma quali effetti hanno avuto queste piogge sul territorio? Il maggiore vantaggio l’hanno avuto sia la flora spontanea, parliamo quindi di aree demaniali, parchi, riserve ed incolti in generale, sia le specie botaniche più diffuse a fioritura estiva, anche succedanee alle coltivazioni estensive del frumento e delle leguminose: parliamo ad esempio di cardo, aneto, visnaga (foto pag. 27), carota selvatica, “spinedda” (aspraggine volgare) (foto a lato), achillea e


e proprie nicchie botaniche come la menta pulegio (Mentha pulegium) e la lavanda, ancora con risultati incerti, ma diamogli tempo! Dal nostro punto di vista il settore cresce, lo vediamo dall’aumento del numero di apicoltori che usufruiscono dei laboratori sociali, dal crescente numero di alveari che questi gestiscono ed infine dalla qualità e quantità delle produzioni.

Nell’annata corrente i laboratori hanno consumato circa 80.000 (ottanta mila) sigilli di garanzia per un quantitativo di prodotto stimato di circa 300 quintali e si è lavorato da maggio a tutto agosto. In senso assoluto possono sembrare numeri piccoli, ma teniamo presente che abbiamo un “range” di conferimento per singolo apicoltore che va da 4 (quattro) melari

a 150 circa: non lasciamo indietro nessuno, non confezioniamo miele prodotto e estratto altrove. La nuova annata apistica ancora non è iniziata, da aprile si aspettano le piogge, gli alveari però non hanno problemi, la particolare tecnica di estivazione (in analogia all’invernamento) porta ad alveari ricchi di scorte e con poca covata per cui possono esistere a lungo anche in assenza di importazione. Ogni luogo è diverso da un altro e, se si vuole qualche risultato positivo, è indispensabile adeguare il proprio comportamento. E noi è su questo che abbiamo puntato pensando al bene comune dei nostri associati. Vincenzo Stampa

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SPECIALE AIUTI ALLA FILIERA APISTICA

ECCO LA MODULISTICA PER LE DOMANDE AI CAA

SCONGIURATA L’ESCLUSIONE DEGLI APICOLTORI STANZIALI RITARDI DEL SIAN ORA SI SPERA IN UNA PROROGA

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opo anni di difficoltà e perdite produttive, finalmente un segnale di speranza che viene accolto con grande soddisfazione un po’ da tutti gli apicoltori italiani: si tratta del Decreto n. 0327494/2022 del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali che ha disposto le modalità di “Ripartizione dei fondi a sostegno della filiera apistica di cui all’articolo 1, commi 859, 860 e 862 della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di Bilancio), recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022”. Lo stanziamento assomma ad un totale di 7,75 milioni di euro. Federazione Apicoltori Italiani cui dobbiamo un lavoro durato mesi, fatto di attenzioni costanti affinché gli incentivi fossero resi disponibili a tutti gli apicoltori, vale a dire compresi quelli “stanziali” per i quali si è resa necessaria una decisa azione organizzativa grazie alla quale è stato scongiurato il rischio di ingiustificata esclusione dagli aiuti per migliaia di aziende apistiche in difficoltà.

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SPECIALE AIUTI ALLA FILIERA APISTICA Occorre intanto dare atto ai competenti Uffici del Ministero di aver tenuto nella dovuta attenzione le richieste avanzate nell'interesse della base associativa e di tutti gli operatori del comparto apistico nazionale, dimostrando senso di responsabilità ed equilibrio che invece è mancato a quanti avrebbero voluto una misura esclusiva e per un numero ristretto di soggetti. Potranno così beneficiare dell’aiuto gli apicoltori che alla data del 31 dicembre 2021 hanno regolarmente censito i propri alveari nella Banca Dati Nazionale dell’Apicoltura, titolari di partita IVA e iscritti nella categoria degli “apicoltori professionali” che producono con finalità di commercializzazione. Il provvedimento dispone l’assegnazione agli operatori della filiera apistica nazionale, di 1.390.000,00 euro per l’incentivazione della pratica dell’impollinazione e di 5.560.000,00 euro per l’incentivazione della pratica dell’allevamento apistico e del nomadismo. L’incentivo sarà erogato sulla base del numero di alveari dichiarati in BDN con un massimale pari a euro 40,00 ad alveare. Le domande, che inizialmente si pensava fossero precompilate, vanno in realtà effettuate utilizzando la modulistica già predisposta e qui allegata dovranno fare riferimento ai dati aziendali presenti nel Fascicolo Aziendale (obbligatorio per ciascun beneficiario) del SIAN e laddove i dati comunicati non corrispondano a quelli della BDN farà fede il dato certificato dalla BDN. L’incentivo erogato per la pratica dell’impollinazione, da certificare in base al numero di alveari utilizzati nell’attività di impollinazione, sarà pari a 20,00 Euro/alveare. L’incentivo per la pratica dell’allevamento apistico e del nomadismo sarà distribuito ad apicoltori stanziali e nomadisti al fine di un parziale ristoro per i maggiori costi sostenuti ai fini della movimentazione di alveari e della alimentazione succedanea di soccorso; tale incentivo sarà assegnato in base al numero di alveari denunciati in BDN e sarà pari a 40,00 Euro/alveare; I beneficiari potranno presentare le domande 32 | Apitalia | 9-10/2022

per il riconoscimento dell’aiuto ad Agea tramite i Centri Autorizzati di Assistenza Agricola e la domanda, che si doveva presentare a partire dal 31.10.2022, potrà essere avanzata fino al 14 novembre 2022. Visto tuttavia che il portale del SIAN-Sistema Informativo Agricolo Nazionale è entrato in funzione solo la sera del 3 novembre 2022, e che alcuni “nodi” regionali (in particolare in Lombardia e in Campania) hanno evidenziato svariate anomalie (assenza di dati dei beneficiari, confusione tra codice fiscale e partita IVA) si spera ora in una proroga. L’incentivo per la pratica dell’allevamento apistico e del nomadismo, lo ricordiamo, riguarda sia gli apicoltori stanziali sia i nomadisti ed è finalizzato ad un parziale ristoro per i maggiori costi sostenuti ai fini della movimentazione di alveari e della alimentazione succedanea di soccorso. Per quanto siano risorse non sufficienti, si tratta di un’occasione da non mancare: questo infatti è un ulteriore importante passo verso il processo di piena integrazione tra la figura dell’apicoltore a quella dell’agricoltore che si vedono finalmente omologati agli stessi benefici di legge dinanzi a situazioni critiche e ad emergenze congiunturali. Un precedente, dunque, che potrebbe aprire la strada ad analoghi interventi se in futuro le criticità torneranno a presentarsi. Anche questo, in punta di diritto, è un cambiamento epocale di cui gli apicoltori debbono prendere atto. Si tratterà nel frattempo di vedere, a conti fatti, quanti saranno gli apicoltori che avranno avuto modo di beneficiare dell’aiuto, quali importi complessivamente risulteranno erogati o se, come qualcuno pensa, se le somme saranno insufficienti per accontentare tutti gli aventi diritto. Di fatto, al di là delle critiche che tutti sono liberi di fare, occorre che il comparto prenda atto di una attenzione e di una disponibilità finanziaria che in passato non si erano mai registrate. È l’inizio di una nuova fase che va messa a punto e perfezionata affinché anche l’apicoltura disponga di un meccanismo di stabilizzazione delle emergenze in caso di criticità.


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SPECIALE AIUTI ALLA FILIERA APISTICA

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SPECIALE AIUTI ALLA FILIERA APISTICA

NOTA BENE Riproduciamo di seguito la modulistica che gli apicoltori dovranno compilare facendosi supportare dal proprio CAA-Centri Autorizzati di Assistenza Agricola. La modulistica può essere scaricata direttamente collegandosi al seguente indirizzo internet: https://www.agea.gov.it/portal/pls/portal/docs/1/9594208.PDF

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SPECIALE AIUTI ALLA FILIERA APISTICA

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RICERCA

LOTTA ALLA VARROA

PAESE CHE VAI ACARICIDA CHE TROVI GRUPPI UNIFORMI DA EST AD OVEST di Franco Mutinelli

I

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sono stati registrati un totale di 19 diversi metodi di diagnosi e controllo della infestazione da Varroa. I metodi maggiormente utilizzati erano il monitoraggio dell’infestazione da Varroa, la rimozione della covata da fuco, e diverse modalità di applicazione di acido ossalico e di acido formico. L’analisi statistica (della corrispondenza e delle componenti principali) ha mostrato che sei opzioni di controllo della Varroa (non necessariamente quelle più utilizzate)

VINCONO STRISCE DI AMITRAZ ACIDO OSSALICO E ASPORTAZIONE DELLA COVATA DI FUCO

Foto xiSerge

n sono molteplici i farmaci e le tecniche utilizzate dagli apicoltori per controllare l’infestazione sostenuta dall’acaro Varroa destructor. Si spazia dagli interventi biotecnici come la rimozione della covata da fuco, all’ipertermia o all’asportazione totale della covata, piuttosto che all’utilizzo di farmaci acaricidi con principi attivi “naturali” (acidi organici e oli essenziali) o i più tradizionali a base sintetica. Tutti i farmaci sono caratterizzati da specifiche caratteristiche in termini di modalità di azione, efficacia, tollerabilità da parte delle api, impatto ambientale, come anche di rischio di residui nei prodotti dell’alveare e sviluppo di resistenza. Tuttavia, nonostante gli apicoltori abbiano varie opzioni per il controllo dell’acaro Varroa, non era disponibile alcun dato empirico sui metodi che sono applicati nella pratica. Attraverso il questionario annuale del gruppo di monitoraggio delle perdite di colonie dell’Associazione internazionale Coloss (www.coloss.org), nella primavera del 2020 sono stati intervistati 28.409 apicoltori che gestivano 507.641 colonie in 30 Paesi europei relativamente ai metodi di controllo della Varroa. Attraverso il questionario


Figura 1 - Rappresentazione spaziale dei tre gruppi di metodi di controllo della Varroa individuati in Europa. Gli inserti mostrano l’entità dell’applicazione dei sei metodi di controllo identificati come significativi per la formazione dei gruppi.

contribuiscono in modo significativo a definire tre distinti gruppi di Stati in termini di controllo della Varroa in Europa. La maggior parte delle risposte al questionario proveniva dalla Germania (37,3%), seguita dall’Olanda e dalla Repubblica Ceca. La proporzione di grandi aziende apistiche (con più di 150 colonie) fra i rispondenti al questionario era più alta in Bulgaria, Grecia e Spagna. L’influenza della risposta del singolo apicoltore sul totale dei metodi di controllo della Varroa variava

da circa lo 0,01% in Germania al 2% in Bulgaria, che aveva il campione di dimensioni minori. Di conseguenza, è necessario prestare attenzione nell’interpretare i dati relativi alle opzioni di controllo della Varroa. Infatti, queste potrebbero non essere rappresentate in modo preciso nel nostro studio per diversi motivi quali la ridotta dimensione del campione, il campionamento parziale o la scelta degli apicoltori di non citare l’uso di prodotti non autorizzati. Basandosi sulla stima del numero

di colonie presenti nei Paesi inclusi nello studio sono state estrapolate le percentuali di colonie trattate con metodi diversi in Europa. Ne deriva che circa il 62% delle colonie in Europa è trattato con amitraz, seguito da acido ossalico. MONITORAGGIO DELLA CADUTA DI VARROA Circa il 63% degli apicoltori attua il monitoraggio del livello di infestazione da Varroa nel corso dell’anno e può quindi decidere i trattamenti da realizzare sulla base dei risulta9-10/2022 | Apitalia | 43


razione dell’acido ossalico). Il gocciolamento di coumaphos liquido è applicato solo in nove Paesi. Fra i metodi biotecnici, la rimozione totale della covata o il blocco di covata con confinamento della regina NUMERO DI METODI sono applicati soprattutto in Italia DI TRATTAMENTO Il numero di metodi e di farmaci, (38%). autorizzati o illegali, varia notevolmente da Stato a Stato. Il numero METODI più elevato di procedure di mo- MAGGIORMENTE UTILIZZATI nitoraggio/controllo della Varroa La rimozione della covata da fuco applicate in un Paese è stato 19 risulta il metodo maggiormente (ovvero tutte le opzioni sono state utilizzato (50%), seguito dall’acido scelte almeno una volta da alme- ossalico gocciolato (46%), dall’acino un intervistato nello Stato), e do formico a lunga (32,4%) e breve ciò si è verificato in Belgio, Let- (26,7%) evaporazione, dal timotonia, Romania, Serbia e Ucraina. lo (12,1%) e dalla miscela dei due In Norvegia, ne sono state indica- acidi organici (6,2%). te solo otto da tutti gli intervistati. Sei metodi di diagnosi o control- USO DI FARMACI lo sono stati applicati in tutti gli IN RELAZIONE Stati (monitoraggio del livello di AL NUMERO DI COLONIE infestazione da Varroa, rimozio- Attraverso il questionario si sono ne di covata da fuco, evaporazione ottenute informazioni interessanti dell’acido formico a breve e lungo in merito al possibile carico di fartermine, gocciolamento ed evapo- maci a cui sono esposti gli alveari e ti ottenuti. In Austria l’87% degli apicoltori effettua questo monitoraggio, mentre solo il 30% in Nord Macedonia, Bulgaria e Lettonia.

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Foto xiSerge

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i loro prodotti, ma anche per comprendere l’eventuale comparsa di fenomeni di resistenza. Sulla base delle risposte ottenute si evince che in Europa il 34% degli alveari è sottoposto a trattamento con farmaci a base di amitraz formulati in strisce e il 28% mediante fumigazione. Questi dati potrebbero essere anche più alti dal momento che lo stesso alveare potrebbe essere trattato con entrambi i metodi. Al secondo posto troviamo i farmaci a base di acido ossalico che si distinguono in gocciolato (46%), sublimato (16,8%) e farmaci con acido ossalico e formico (6,2%), per un totale del 76%. Anche in questo caso il dato potrebbe essere sottostimato come detto sopra. APICOLTURA SENZA TRATTAMENTI CONTRO LA VARROA Più del 20% degli apicoltori di Galles, Grecia, Norvegia, Olanda e Repubblica d’Irlanda non hanno


indicato alcun metodo di controllo della Varroa. Anche se non era lo scopo di questo studio individuare eventuali condizioni di apicoltura “senza trattamento contro la Varroa”, possiamo almeno chiederci se questi apicoltori allevino api resistenti, come riportato da alcuni di quei Paesi. SUDDIVISIONE EST-OVEST DELL’EUROPA Considerate le caratteristiche di questo parassita e le caratteristiche geografico-climatiche dell’Europa si poteva ipotizzare una suddivisione nord-sud dei metodi di lotta alla Varroa. In realtà, si è delineata una suddivisione est-ovest su base storica e culturale, con una sud-

divisione in tre gruppi (Figura 1). Il Gruppo I (otto Paesi dell’Europa occidentale) è caratterizzato dall’uso di strisce a base di amitraz che sono utilizzate in agosto, settembre e ottobre. Sono inoltre utilizzati farmaci a base di timolo e di acido ossalico. Il Gruppo II comprende 15 Paesi dalla Scandinavia, ai Paesi Baltici ed Europa centro-meridionale. Questo gruppo è caratterizzato da trattamenti a lungo termine con acido formico e con acido ossalico. L’acido formico è utilizzato dopo la smielatura in luglio, agosto e settembre. Anche l’Italia appartiene al gruppo II in quanto i dati raccolti provengono principalmente dalle regioni settentrionali del Paese. Le

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tipologie di trattamento realizzate in Grecia la pongono molto vicino al gruppo I per il maggior utilizzo di amitraz sotto forma di strisce. Gli apicoltori dell’Europa centrosettentrionale sembrano cercare soluzioni più ecologiche così da evitare il rischio di residui nei prodotti dell’alveare. Il Gruppo III è caratterizzato dall’uso dominante dell’amitraz sotto forma di fumigazione ed è formato da sette Paesi dell’Europa orientale. Il numero di trattamenti diversi applicati per apicoltore in questo gruppo era il più basso. Il confine tra il gruppo II e III corrisponde alla cortina di ferro cioè a quella linea di separazione determinatasi dalla fine della Seconda

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guerra mondiale fino alla fine della Guerra fredda fra l’Europa occidentale e quella orientale. E’ evidente quindi come nel tempo si sia comunque mantenuta l’influenza su questi Stati del sistema dell’apicoltura dell’Unione Sovietica. Diverso appare invece il comportamento dei Paesi baltici (gruppo II) che rapidamente hanno sostituito i farmaci prima provenienti dall’Unione Sovietica con quelli disponibili nei Paesi dell’Europa occidentale. In Bulgaria una parte significativa degli apicoltori che hanno risposto al questionario Coloss si dedica all’apicoltura biologica e le loro misure di controllo dell’infestazione da Varroa coincidono con quelle del gruppo II. SUGGERIMENTI PER IL FUTURO Il monitoraggio e l’analisi dei dati dovrebbero essere estesi a più Stati europei ed extraeuropei. Nello studio è necessaria una stratificazione sulla base delle dimensioni delle aziende apistiche per comprendere le diverse sottopopolazioni di apicoltori (hobbisti, intermedi, professionisti). Sappiamo molto bene che le aziende apistiche di grandi e piccole dimensioni differiscono in molti aspetti nella loro gestione degli alveari, che probabilmente influisce anche sulla sopravvivenza invernale delle colonie. Studi precedenti hanno cercato di definire le migliori pratiche per il controllo di V. destructor. Tuttavia, sulla base dei nostri risultati, potrebbe essere più opportuno discutere le differenze nei tassi di mortalità tra gli Stati consideran46 | Apitalia | 9-10/2022

Foto xiSerge

RICERCA

do i gruppi di controllo della Varroa identificati. Ad esempio, i tassi pluriennali di perdita delle colonie di api da miele potrebbero essere aggregati in base a questi gruppi piuttosto che geograficamente in base alla latitudine. Un solo metodo di controllo della Varroa spesso non è sufficiente e l’estensione della nostra analisi ci permetterà di conoscere quali diversi metodi di controllo sono comunemente combinati dagli apicoltori e quali vengono applicati ripetutamente in una stessa stagione. Storicamente, i primi dati comparabili sul controllo della Varroa come presentato in questo articolo sulla base del questionario Coloss sono disponibili dal 2014 e ci permetterebbero di seguire la formazione storica e la stabilità dei gruppi identificati in questo studio. Il monitoraggio continuo potrebbe rivelare tendenze emergenti nel controllo della Varroa, ad esempio verso l’uniformità o un’ulteriore differenziazione tra gli Stati europei. Inoltre, una migliore comprensione degli effetti atmosferici sulle api mellifere e sulla Varroa, nonché il cambiamento climatico o l’emergere di resistenze, potrà modificare i trattamenti.

Le Associazioni e Cooperative di apicoltori e i Servizi veterinari dovrebbero rafforzare l’assistenza tecnica e la formazione degli apicoltori per un efficace controllo della Varroa secondo un approccio integrato alla gestione dei parassiti. Concetti di gestione integrata dei parassiti applicata ai parassiti e agli agenti patogeni dell’apicoltura dovrebbero essere inclusi anche nella formazione e nell’istruzione dei veterinari. Da ultimo, dovrebbe essere intrapresa una valutazione dell’efficacia dei farmaci veterinari per il controllo della Varroa presenti sul mercato, considerando le condizioni e la storia della loro applicazione in ogni Stato. Franco Mutinelli Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, CRN per l’apicoltura, Legnaro (PD)

BIBLIOGRAFIA Articolo originale: Brodschneider et al., 2022. Spatial clusters of Varroa destructor control strategies in Europe. Journal of Pest Science. https://doi.org/10.1007/s10340-022-01523-2


APITERAPIA

LA PROTEINA SCUDO

MANTIENE GIOVANI LE CELLULE DELL’ORGANISMO di Chiara Casoria e Armando Monsorno

STUDI PRELIMINARI INCORAGGIANO LE RICERCHE ANCHE

Foto YHBae

IN CAMPO UMANO

L

e prime testimonianze storiche dell’uso umano della pappa reale si possono far risalire agli antichi Greci: infatti, quello che chiamavano “ambrosia” e che rendeva gli Dèi immortali, era in parte costituito proprio da questa sostanza. Fu probabilmente il filosofo Aristotele che scoprì quale funzione essa aveva nella so-

cietà delle api e, attraverso lo studio dei suoi effetti sull’ape regina, fu il primo a ritenere che l’assunzione di tale sostanza avesse un effetto sull’incremento della forza fisica e miglioramento della capacità intellettiva. Nell’antico Egitto essa veniva utilizzata come cosmetico. Lo scienziato ed entomologo olandese J. Swammerdan (16371680) fu il primo a capire che questo composto veniva utilizzato nelle celle reali come nutrimento e scoprì anche che a capo dell’alveare c’era una regina e non un re come si pensava fino al XVII secolo. Successivamente, il fisico francese Réaumur (16831757) coniò il termine “Pappa reale”, nella sua lingua naturalmente, per denominare il nutrimento dell’ape regina e collegò all’assunzione di questo composto la crescita eccezionale della regina stessa. Più tardi, il ricercatore Perez, scoprì che il prodotto veniva somministrato a tutte le larve d’ape nei primi tre giorni di vita. La somministrazione continuava poi solo negli individui destinati a diventare api regine. Si deve a Langstroth, padre dell’apicoltura americana, il primo tentativo di 9-10/2022 | Apitalia | 47


APITERAPIA analizzare chimicamente la pappa reale. Nel 1912, lo studioso tedesco J. Langez attribuì con precisione la provenienza di questa secrezione alle ghiandole ipofaringee delle api nutrici.. LA COMPOSIZIONE FISICA Le caratteristiche sensoriali sono un importante criterio qualitativo. La pappa reale “datata” che non è stata propriamente conservata, tende ad essere scura e ad assumere un sapore rancido. Essendo facilmente deperibile, va conservata a temperatura di refrigerazione. La sua viscosità varia a seconda del contenuto di acqua e dell’età. Il suo contenuto è essenzialmente costituito da: • acqua la componente prevalente della pappa reale fresca. • carboidrati che possono arrivare a costituire fino al 30% del peso secco. • proteine ed amminoacidi che rappresentano la porzione più abbondante del peso secco. • lipidi secondi in importanza rispetto alle proteine, possono costituire dal 3 al 19% del peso secco e consistono principalmente in acidi grassi liberi. • Vitamine, fenoli, minerali in piccola percentuale, abbondanti sono le vitamine del gruppo B. Queste percentuali possono subire delle lievi variazioni per effetto di diversi fattori quali tipo di larva che deve essere nutrita, necessità fisiologiche connesse con le fasi di sviluppo larvale, condizioni ambientali del luogo di produzione. 48 | Apitalia | 9-10/2022

LE SUE PROPRIETÀ Numerosi studi hanno riportato l’attività antimicrobica della pappa reale contro batteri, funghi, virus, mentre nei modelli animali sono state dimostrate le proprietà ipotensive (quindi di miglioramento della pressione arteriosa), antitumorali, antinfiammatorie ed immuno-modulatorie. Un altro aspetto su cui vale la pena spendere qualche parola è l’effetto estrogeno-simile della pappa reale ascrivibile, secondo diversi studi, alla capacità dei lipidi di agire come attivatori di recettori per estrogeno. Sappiamo che l’invecchiamento è un fenomeno naturale che colpisce tutti gli esseri umani ed è associato a una diminuzione della funzione generale dell’organismo. Nelle donne, l’invecchiamento inizia con la menopausa accompagnata da diversi cambiamenti a livello metabolico, fisiologico e anche fisico. La maggior parte di questi

cambiamenti è una conseguenza della mancanza di estrogeni o di una prolungata carenza di estrogeni, normalmente, questi problemi vengono trattati con la terapia ormonale sostitutiva ma il rischio di effetti avversi e indesiderati è alto. Per questo motivo si cerca di utilizzare prodotti naturali e, come in altri casi, l’apiterapia si sposa bene con questi intenti grazie alle numerose proprietà dei prodotti apistici. Sfortunatamente, gli studi a riguardo sono pochi e la maggior parte delle evidenze si sono avute, sia in vivo che in vitro, utilizzando solo modelli animali. GLI STUDI DELLA STANFORD UNIVERSITY In questo articolo vogliamo però dare importanza ad uno studio effettuato nel 2018 dai ricercatori della Stanford University che riguarda la Royalactina (monomero della MRJP1 “Major Royal


Foto it.wikipedia.org

Jelly Protein 1” e cioè costituita da una sola catena di aminoacidi). La royalactina sembra indurre il differenziamento della regina così come MRJP1. Essa è uno dei componenti proteici della pappa reale, quest’ultima rappresenta un alimento larvale unico, la cui complessa composizione non è ancora compresa in pieno. In questo studio, è stato seguito l’effetto della Royalactina sulle cellule staminali pluripotenti dei mammiferi. Le cellule pluripotenti sono cellule indifferenziate, cellule che non hanno ancora acquisito una determinata funzione: queste cellule allo stato embrionale, hanno la capacità di trasformarsi in qualsiasi altra cellula specializzata e dar luogo ai diversi tessuti facenti parte del corpo, questo significa essere pluripotenti. Le cellule staminali vengono già impiegate in numerosi ambiti, le

cure con cellule staminali stanno pian piano prendendo piede, il limite legato al loro utilizzo è dovuto al fatto che in laboratorio, le cellule staminali tendono a differenziarsi presto, pertanto, diventano inutilizzabili, per questo, sono necessari inibitori, cioè dei fattori che impediscano tale processo. L’attenzione degli scienziati è stata rivolta alla royalactina, ritenuta responsabile della crescita elevata delle larve di ape regina rispetto alle altre larve. La royalactina è stata applicata sia alle cellule indifferenziate di mammifero che alle embrionali prelevate dai topi. Aggiungendo la royalactina alle cellule staminali embrionali gli scienziati hanno scoperto che la loro pluripotenza veniva mantenuta più a lungo senza la necessità di somministrare inibitori. I ricercatori hanno cercato di capire se potesse esistere un omologo della Royalactina nei mammiferi.

È stata identificata come possibile candidata la NHLRC3, perché strutturalmente simile alla Royalactina; inoltre, essa manteneva in uno stato indifferenziato le colture cellulari utilizzate per l’esperimento e pertanto, avendo la NHLRC3 queste caratteristiche, essa sembrerebbe essere per i mammiferi un fattore in grado di mantenere la pluripotenza, la cui esistenza dimostra una notevole conservazione della struttura delle macromolecole e della loro funzione anche in organismi lontani. Si è deciso di rinominare questa proteina “Regina“ per sottolineare la conservazione della funzione della Royalactina. In definitiva, lo studio ha dimostrato un’inaspettata capacità della Royalactina di comportarsi da fattore della pluripotenza ed ha permesso di identificare un omologo nella Regina. In futuro, una migliore conoscenza delle interazioni fra Royalactina e Regina, l’analisi minuziosa dei meccanismi d’azione della Royalactina nelle cellule di mammifero, includendo ulteriori caratterizzazioni dell’analogo Regina, getterà nuova luce sul meccanismo biologico della pluripotenza . Questo studio risulta molto importante, in quanto, potrebbe aprire la strada alla possibilità di poter utilizzare queste due molecole per mantenere in laboratorio, in uno stadio embrionale e giovane le cellule e fornirà ulteriori mezzi per incentivare le applicazioni terapeutiche e la medicina rigenerativa Chiara Casoria e Armando Monsorno 9-10/2022 | Apitalia | 49


PREDATORI

L’AVANZATA DEI CALABRONI

VESPA VELUTINA E ORIENTALIS ATTACCANO L’ITALIA DELLE API di Matteo Giusti

D

ue specie di calabroni stanno avanzando in Italia, suscitando allarme in tutto il settore apistico nazionale. Si tratta di Vespa velutina e di Vespa orientalis, due specie diverse e ben riconoscibili anche ad un primo sguardo, ma con una caratteristica in comune: essere delle temibili predatrici di api da miele. Vespa velutina, detta anche calabrone asiatico, è una specie originaria del Sud Est Asiatico e quindi considerata aliena e invasiva in Europa, ed è arrivata in Italia dalla Francia nel 2012, attraverso il confine di Ventimiglia (IM). Vespa orientalis, detta anche calabrone orientale, è invece autoctona in alcune zone del Sud Italia e in molte regioni del Mediterraneo sud orientale, ma fino a pochi anni fa non era presente nelle zone del centro e del nord del nostro Paese.

Oggi però gli areali di diffusione e di nidificazione di questi due calabroni si stanno espandendo rapidamente per tutta la Penisola e non solo, con Vespa velutina che si sta spostando verso est e verso sud e con Vespa orientalis che sta colonizzando sempre più località nel centro e nel nord del Paese, rappresentando una minaccia concreta per le api da miele e altri insetti. Questi calabroni infatti attaccano attivamente le bottinatrici nei pressi degli alveari causando forti perdite fino a procurare veri e propri spopolamenti, o portando al blocco delle attività di volo da parte delle api con conseguenti cali di produzione. Una minaccia che non coinvolge solo le api da miele: soprattutto Vespa velutina può attaccare anche altre specie di vespe, come Vespula germanica o Vespula vulgaris, aumentando così

DANNI AGLI ALVEARI MANCANZA DI RIMEDI È ALLARME CRESCENTE

Foto sotto - I tre calabroni presenti oggi in Italia (foto: stopvelutina.it)



PREDATORI la sua pericolosità per gli equilibri ecologici e la conservazione degli insetti. Ma prima di fare il punto su quale sia oggi la diffusione di queste due specie in Italia e su cosa si sta facendo e si può fare per contrastarle, fermiamoci un attimo a vedere come si distinguono questi due calabroni tra loro e tra il calabrone comune Vespa crabro. Vespa velutina rispetto al calabrone comune è più piccola, di colore scuro con una parte in fondo all’addome giallo-aranciata e le zampe vistosamente gialle. Vespa orientalis invece ha dimensioni simili a quelle del calabrone comune, ma è di colore marrone cuoio (tendente al rossiccio), con la parte finale dell’addome giallo chiara. Fatta questa precisazione, passiamo a vedere quale è la situazione attuale dell’espansione di queste due specie, una situazione in continua evoluzione a causa delle segnalazioni che quest’anno si stanno facendo sempre più frequenti, a partire dalla fine dell’estate. Vespa velutina, come si è detto, non è originaria del nostro Continente, ed è arrivata per la prima volta in Europa nel 2004 in Francia, trasportata accidentalmente in un carico di merci arrivate via nave dalla Cina. In Francia si è espansa per oltre 10 anni, andando a colonizzare praticamente tutto il Paese e diffondendosi negli stati confinanti. E oggi il calabrone asiatico è stabilmente presente anche nel nord della Spagna, nell’isola di Majorca, in gran parte del Portogallo, in Italia e in al52 | Apitalia | 9-10/2022

Foto Didier Descouens - Museo di Tolosa - by Wikipedia

cune zone del Belgio, della Germania e della Gran Bretagna. In Italia è arrivata per la prima volta nel 2012 nella provincia di Imperia, diffondendosi dapprima nel Levante Ligure, poi in altre zone a partire dal Piemonte, propagandosi nel Ponente Ligure fino a tutta la provincia di La Spezia, quella di Massa Carrara e in alcune località della Versilia. Già nel 2017, secondo una stima fatta dai ricercatori dell’Università

Vespa velutina.

di Torino, l’areale di diffusione di Vespa velutina in Italia era di oltre 1100 chilometri quadrati (Laurino et al., 2020). Due avvistamenti, che sono rimasti isolati, hanno segnalato la presenza di esemplari del calabrone asiatico anche in provincia di Rovigo nel 2016 e sul confine tra le provincie di Pavia e di Piacenza nel 2021, dove è stato trovato anche un vecchio nido


museostorianaturaletrieste.it

ormai abbandonato. Tra luglio e agosto di quest’anno Vespa velutina è stata segnalata sulle montagne della Garfagnana, in Lucchesia e in provincia di Pisa, sia sul litorale all’interno del Parco di Migliarino Sanrossore e Massaciuccoli, sia praticamente in città, a circa 4 chilometri in linea d’aria dalla Torre Pendente, il punto più a sud dove fino ad oggi sia stata individuata. Vespa orientalis invece è una specie autoctona nel sud Italia, dove è presente soprattutto in Sicilia, Calabria e Campania, oltre che in altre zone del Mediterraneo, come la Grecia, la Turchia e le coste mediterranee del Medio Oriente dell’Africa nord orientale. Ma

anche questa specie si sta espandendo verso nord e verso ovest, ed è stata segnalata in Romania e nel sud della Spagna e della Francia. E un’espansione verso nord si sta verificando anche in Italia. Nel nostro Paese il calabrone è stato segnalato nel Lazio già a partire dal 2003 a Civitavecchia. Nel 2018 un esemplare isolato fu catturato nel porto di Genova, e poi altre segnalazioni si sono succedute a Trieste, dovere ormai c’è una popolazione stabile in città dal 2018, a Roma dal 2019, a Coronata in provincia di Genova nel 2020 e a Grosseto in Toscana. Nel 2021 poi c’è stato un ritrovamento di un esemplare isolato a Cagliari e poi un nido nell’orto botanico

di Firenze. E oggi, nel 2022, l’aumento della popolazione di Vespa orientalis a Roma è stata riportata anche dai giornali nazionali, mentre una nuova segnalazione è stata fatta in Liguria a La Spezia, altre due a Firenze, dove è stato anche individuato un altro nido, e una prima segnalazione a Livorno, dove anche qui è stato trovato un nido. Un’espansione che appare in continuo aumento e che per ora sembra concentrarsi soprattutto nei centri urbani. Tutte le segnalazioni fatte nel centro e nel nord Italia, nidi compresi, sono infatti sempre state fatte in zone densamente abitate. Un esemplare di Vespa orientalis.

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PREDATORI Ma cosa si può fare per contrastare l’espansione di questi calabroni? Attualmente gli sforzi maggiori si sono concentrati su Vespa velutina che, essendo un cosiddetto “organismo alieno”, può essere oggetto di tentativi di eradicazione. A livello sperimentale, per cercare di localizzare i nidi (per poi distruggerli) sono stai messi a punto sistemi radar e sistemi di radiotelemetria per seguire i calabroni in caccia davanti agli alveari fino al loro ritorno al nido. Sempre per la ricerca dei nidi è stato sperimentato l’uso di termocamere a terra o

montate su droni, in grado di rilevare la presenza di un nido anche nella vegetazione, dal momento che l’attività di termoregolazione dei calabroni lo rende più caldo delle foglie o, in alcune condizioni, dell’aria circostante. È stato poi isolato il feromone sessuale delle regine di Vespa velutina, per cercare di usarlo in trappole per i maschi o per strategie di confusione sessuale. Dal punto di vista istituzionale è partito il progetto ministeriale Velutina, concluso nel 2016 da cui è nata la rete StopVelutina, ancora

Carta della diffusione di Vespa velutina in Europa. In rosso le zone in cui il calabrone era presente stabilmente al 2019, in rosso tenue le zone dove è stato avvistato una sola volta e non risultato più presente dal 2017 in poi. (Fonte foto: Laurino et al. 2020 - Vespa velutina: An Alien Driver of Honey Bee Colony Losses - Diversity 12(1),5 doi.org/10.3390/d12010005)

oggi attiva (che non gode di alcun finanziamento) che si occupa del monitoraggio sia di Vespa velutina sia di Vespa orientalis e che vede coinvolti il Crea Agricoltura e Ambiente, l’Università di Pisa, l’Università di Firenze e l’associazione Apiliguria (Associata FAIFederazione Apicoltori Italiani). Nel 2020 si è invece concluso il progetto VeSPa, finanziato dalla Regione Liguria con fondi europei, che ha sperimentato il metodo-Z (un sistema brevettato dalla società benefit Mohos & Zagni) che è in grado di collocare, anche in maniera automatizzata, piccole quantità di un’esca insetticida su un calabrone per condurla al nido e abbattere la colonia di calabroni senza la necessità di individuare il nido stesso. Un metodo che sarà valutato anche su scala più ampia in un nuovo progetto finanziato dal Mipaaf e partito nella primavera di quest’anno che vede coinvolti come partner scientifici il Crea Agricoltura e Ambiente e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale Piemonte Liguria e Valle d’Aosta. Intanto tutti i cittadini e gli apicoltori sono chiamati a prestare la massima attenzione alla presenza del calabrone asiatico e del calabrone orientale, segnalando l’eventuale presenza alle proprie Associazioni territoriali degli Apicoltori affinché si realizzi il miglior coordinamento con la rete StopVelutina seguendo la semplice procedura di segnalazione che si trova sul sito www.stopvelutina.it Matteo Giusti

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le proprietario-esercente l’apicoltura, sia tenuto a corrispondere, in quanto

di adesione l’ubicazione esatta dell’apiario odegli apiari da assicurare.

civilmente responsabile ai sensi di legge, a titolo di risarcimento per danni involontariamente cagionati a terzi, sia per lesioni a persone che per danni

4) Decorrenza.

materiali a cose o animali, in conseguenza ad un fatto accidentale, compresi

La validità della garanzia decorre dalla data di versamento del premio

i rischi derivanti dalle operazioni di carico e scarico degli apiari e dal trasfe-

assicurativo, che dovrà essere contestuale alla data di sottoscrizione

rimento da una zona all’altra degli apiari stessi, escluso il rischio della circo-

all’abbonamnto annuale alla Rivista APITALIA, ha la durata di un anno a

lazione su strada di uso pubblico o su aree a questa equiparate dai mezzi

partire dalle ore 24 del giorno di versamento.

impiegati (in conformità alle norme della legge 24/12/69 n. 990 e del DPR 24/11/70 n. 973 è infatti obbligatoria l’assicurazione per rischi di responsa-

5) Norme e sinistri.

bilità civile auto). Sono compresi nel novero dei terzi, limitatamente a lesioni

In caso di sinistro l’assicurare deve darne denuncia scritta alla Segreteria

personali, gli aiutanti occasionali dell’assicurato, sempreché vi sia responsa-

della Rivista APITALIA - Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma

bilità dell’assicurato stesso. La polizza collettiva “Ape Sicura” copre inoltre i

(tel. 06.6852556; fax 06.6852287; email segreteria@federapi.biz) en-

rischi inerenti alla partecipazione degli Assicurati a Fiere, Mostre e Mercati,

tro cinque anni dal fatto o al momento in cui ne viene a conoscenza. Per

compreso il rischio derivante dall’allestimento e dallo smontaggio dello stand,

i sinistri implicanti gravi lesioni corporali, l’assicurato oltre a darne notizia

ma con l’esclusione dei danni agli espositori ed alle cose esposte.

alla Segreteria della Rivista APITALIA, ne darà comunicazione alla Compagnia “Gruppo UNIPOL-SAI. Divisione Fondiaria”(indirizzo PEC: unipol-

2) Massimali e Franchigia.

saiassicurazioni@pec.unipol.it), indicando anche il codice della polizza n.

L’Assicurazione vale fino alla concorrenza massima complessiva, per ca-

159877505. Non adempiendo all’obbligo della denuncia l’assicurato

pitale, interessi e spese di: Euro 1.000.000,00 (un milione/00 di Euro)

perde il diritto al risarcimento. Parimenti decade da tale diritto qualora pre-

per ogni sinistro e relativi danneggiamenti arrecati a persona, animali e

giudichi i diritti interessi della Compagnia nella difesa o contro le azioni

cose. Per ciascun sinistro è prevista una franchigia pari a Euro 250,00 che

o pretese per il risarcimento dei danni che ad essa esclusivamente spetta

dovrà essere corrisposta dall’assicurato all’atto della denuncia del sinistro.

di condurre in qualsiasi sede o modo, in nome e con la collaborazione dell’assicurato.

3) Partecipazione all’Assicurazione. Possono essere incluse nella Polizza collettiva “Ape Sicura” le persone

6) Accettazione condizioni generali e particolari.

e gli enti che siano Abbonati alla Rivista APITALIA - purché Apicoltori o

Il versamento del premio di assicrazione significa piena accetta-

Proprietari di alveari e come tali iscritti all’Anagrafe Apicstica Nazionale.

zione di tutte le condizioni generali e particolari della Polizza n.

Per beneficiare dell’Assicurazione gli Apicoltori debbono:

159877505, di cui gli interessati possono, su richiesta, prendere vi-

A) versare sul conto corrente postale n. 46157004 intestato a:

sione, dovendosi intendere il rapporto assicurativo, indipendemente

FAI - Federazione Apicoltori Italiani - Roma,o con qualsiasi altro mez-

dall’opera intermediaria della contraente, direttamente intercedente

zo ritenuto idoneo, il premio assicurativo di 15,00 Euro (per ciascun

fra la Compafgnia assicuratrice e i singoli assicurati e regolato unica-

apiario da assicurare).

mente dalle condizioni stabilite nella Polizza citata. Mod. 01/2022 Questo modulo annulla e sostituisce tutti i precedenti

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1 2

IL SOTTOSCRITTO........................................................................................................................................................................................................ INDIRZZO...................................................................................................................................................................................................................... CAP ................................. LOCALITÀ....................................................................................................................... PROVINCIA.............................. TELEFONO........................................................................... EMAIL............................................................................................................................. CODICE FISCALE................................................................ PARTITA IVA................................................................................................................... nella sua qualità di Abbonato alla Rivista APITALIA: a) chiede di essere incluso nella Polizza collettiva ”Ape Sicura” di Assicurazione per la responsabilità civile contratta a beneficio degli Apicoltori che aderiscono all’iniziativa; b) dichiara, sotto la propria responsabilità, di essere iscritto all’Anagrafe Apistica Nazionale con Codice di Allevamento n. .........................

Apiario composto da n°..................................... alveari Comune, Provincia......................................................................................................................................................................................................... Indirizzo, Frazione......................................................................................................................................................................................................... Località, Fondo............................................................................................................................................................................................................... Coordinate satellitari..................................................................................................................................................................................................... NOTA BENE Che rimette

Utilizzare n. 1 modulo per ogni apiario da assicurare Proseguire su altri fogli fotocopiati per eventuali altri apiari da assicurare. a mezzo ccp n. 46157004 - FAI - Federazione Apicoltori Italiani - Roma a mezzo bonifico bancario, MPS Banca - IBAN IT65T0103003283000061424927 unitamente alla presente

Data ............................................... Firma (leggibile) dell’Assicurato ......................................................................................................................... Data ............................................... Firma per accettazione da parte della Compagnia .........................................................................................

3

Acconsento all’utilizzo dei miei dati personali ai sensi della normativa sulla Tutela della Privacy (Art. 10 Legge n. 196/2003 e del Reg. UE 2017/679) ai fini del trattamento da parte della Rivista Apitalia e dalla FAI-Federazione Apicoltori Italiani per l’invio di materiale amministrativo, informativo e/o promozionale. I miei dati non ppotranno essere ceduti a terzi e mi riservo il pieno diritto di conoscere, aggiornare, modificare o cancellare le informazioni a me riferite.

Data ............................................... Firma (leggibile) dell’Assicurato ...........................................................................................................

Mod. 01/2022 Questo modulo annulla e sostituisce tutti i precedenti

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Editore FAI Apicoltura S.r.l. Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma - Italia - UE Telefono +39. 06. 6852556 - Fax +39. 06. 6852287 Email info@faiapicoltura.biz

Esperto Apistico Fabrizio Piacentini redazione@apitalia.net

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Registro Stampa Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 15447 del 01.04.1974 ISSN: 0391-5522 - Iscrizione R.O.C.: 26230

pag. 60

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