Apitalia 4/2022

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Apitalia - Corso Vittorio Emanuele II, 101- 00186 - Roma - ITALY - UE - ISSN: 0391 - 5522 - ANNO XXXXVII • n. 4 • Aprile 2022 •- 723 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/03 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1 Comma 1 – Roma Aut. C/RM/18/2016

| Testata giornalistica fondata nel 1974 | Direttore Raffaele Cirone |

L’APE , L’ORSO E L’UOMO


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Rin per

nov a il 2 022



EDITORIALE

MEDICINALI VETERINARI

IL MINISTERO DELLA SALUTE IN ASCOLTO DELL’APICOLTURA di Raffaele Cirone

AVVIATA LA FASE DI TRANSIZIONE SU FARMACI E TRATTAMENTI

I

lettori di Apitalia ricorderanno che, a più riprese, avevamo anticipato gli aspetti derivanti dall’entrata in vigore, lo scorso 28 gennaio 2022, del Regolamento UE 2019/6 secondo il quale per tutti gli animali che producono alimenti (comprese le api mellifere) si deve assicurare la tracciabilità dei medicinali acquistati e impiegati, mediante il Registro Elettronico dei trattamenti Veterinari (REV). Questa disposizione, lo ha riconosciuto lo stesso Ministero della Salute, in apicoltura richiede modalità applicative conformi con la norma nazionale (che applica quella europea), ma che tenga anche conto del fatto che quella delle api è una filiera zootecnica molto particolare. Occorre dunque esprimere il nostro plauso ai responsabili della Direzione Generale della Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari del Ministero, che hanno intanto ascoltato proprio in questi giorni le Organizzazioni maggiormente rappresentative degli apicoltori, assicurando una prima raccolta di pareri, orientamenti e dati. Un metodo di lavoro che si lascia alle spalle anni e anni di incomprensioni e che inaugura la nuova stagione del confronto costruttivo nell’interesse collettivo. È dunque confermata la deroga del provvedimento, per tutta l’apicoltura, fino al 31 luglio. Nel frattempo uscirà un decreto ministeriale che indicherà linee guida per i vari allevamenti: la fase di transizione durerà fino al 31 dicembre di quest’anno, poi il meccanismo entrerà a regime. È chiaro che l’obbligo riguarderà anche i medicinali senza prescrizione veterinaria, per i quali andrà esibito un documento d’acquisto e indicata una data di prima somministrazione: il tutto, per ora, potrà essere annotato su di un registro, cartaceo e vidimato, dai contenuti uniformi a livello nazionale. L’adempimento riguarderà tutti gli apicoltori professionali, con l’esclusione dell’autoconsumo che viene uniformato a dieci alveari. Solo così, secondo il Ministero della Salute, si potrà far emergere la parte “più buona” di un settore chiamato ora ad esprimere il meglio di sé.

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SOMMARIO

Apitalia N. 723 | 4/2022| gli articoli

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5 EDITORIALE Medicinali veterinari

Raffaele Cirone

8 PRIMO PIANO Aiuti all’Apicoltura

Nostro Servizio

12 AGENDA LAVORI. NORD-OVEST Operazioni a tempo debito 15 AGENDA LAVORI. NORD La partita giocata adesso vale per l’intera stagione

Maurizio Ghezzi

19 AGENDA LAVORI. NORD-EST Controllare lo sviluppo delle famiglie in fermento

Giacomo Perretta

22 AGENDA LAVORI. CENTRO Pronti al soccorso in attesa di miele e polline

32

26 AGENDA LAVORI. SUD Vitalità e sviluppo

Vincenzo Stampa

32 LEGISLAZIONE Quando le api ispirano il Senato

Nostro Servizio

36 DAL TERRITORIO Analisi sensoriale

Nostro Servizio

42 CULTURA Leggendaria Melusina

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Matteo Giusti

Santo Panzera

30 AGENDA LAVORI. ISOLE Monitoraggi floreali

37 APITERAPIA Più benessere e salute con i prodotti dell’alveare

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Alberto Guernier

Chiara Casoria e Armando Monsorno

Angelo Camerini

46 FLORA APISTICA Il miele di Castelluccio di Norcia Giancarlo Ricciardelli D’Albore 50 ARTE Vedovato e l’uomo delle api

Renzo Barbattini e Carlo Francou


i nostri recapiti

i nostri riferimenti: per pagare

La brama che spinge l’orso a fiutare ogni minima traccia di cera d’api e miele è parte intima di un sentimento anche umano. L’alveare non teme l’essere saccheggiato, perché reagisce e mette in fuga il più audace predatore: il Sapiens impara dallo sciame e dall’orso a misurarsi con l’idea che a ognuno tocchi dimostrare la sua parte di coraggio. È in questa dimensione atavica che nasce l’alleanza tra l’ape e l’uomo: il nemico del mio nemico è mio amico e questo impreziosisce il valore del bottino.

abbonamenti: quanto costano

hanno collaborato a questo numero

1 anno (10 numeri carta) € 30,00 2 anni (20 numeri carta) € 54,00 Italia, una copia/arretrati € 5,00 Estero: costo variabile per area geografica, richiedere preventivo

Alberto Guernier, Maurizio Ghezzi, Giacomo Perretta, Matteo Giusti, Santo Panzera, Vincenzo Stampa, Chiara Casoria, Armando Monsorno, Angelo Camerini, Giancarlo Ricciardelli D’Albore, Renzo Barbattini, Carlo Francou, Guido Vedovato, Massimo Ghirardi, Franc Šivic, Patrizia Milione, Fabrizio Piacentini, Alessandro Patierno.

marcatura dell’ape regina Secondo un codice standardizzato, le regine sono marcate con un colore (tabella a lato) per permettere all’apicoltore di riconoscerne l’anno di nascita

azzurro

bianco

giallo

rosso

verde

0o5

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(ultimo numero dell’anno di allevamento, esempio “2021”)

i nostri VALORI

Massimiliano Spinola: nel 1806, a soli 23 anni, scoprì e descrisse l’ape ligustica italiana. Apitalia è impegnata a tenerne viva la memoria.

“Il mio non sol, ma l’altrui ben procuro” è il motto che accompagna le firme storiche dell’editoria apistica italiana da cui Apitalia trae origine.

Una Giuria internazionale ci ha premiati come miglior rivista di apicoltura, per i contenuti tecnico-scientifici e la qualità fotografica.

La moneta di Efeso, con l’ape come simbolo riconosciuto a livello internazionale già 500 anni prima di Cristo.

Abbiamo sottoscritto “Il Manifesto di Assisi”, per un’economia a misura d’uomo. Come apicoltori ci riconosciamo nel Tau.

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PRIMO PIANO

AIUTI ALL’APICOLTURA

LA LEGGE DI BILANCIO 2022 ASSEGNA 7,75 MILIONI DI EURO Nostro Servizio

S

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legge 24 dicembre 2004, n. 313 recante “Disciplina dell’Apicoltura”. Ed è su questo provvedimento che il Tavolo Apistico Nazionale convocato presso il Ministero dell’Agricoltura lo scorso 9 marzo 2022 in presenza del Sottosegretario di Stato Gianmarco Centinaio, che ha delega per l’Apicoltura, che tutte le sigle della filiera apistica nazionale, hanno sottoscritto una nota congiunta contenente proposte per l’utilizzo delle risorse disponibili. L’obiettivo prioritario è che queste risorse straordinarie (di minima entità rispetto ai bisogni del settore ma, comunque, importanti se investite in modo efficace) siano

LA FILIERA APISTICA NAZIONALE PER LA PRIMA VOLTA UNITA

Foto Massimo Palazzetti

ono di quelle cose che lasciano il segno, non tanto e non solo per l’importante valore finanziario, ma anche per quello più strettamente simbolico. Stiamo parlando della Legge 30 dicembre 2021, n. 234 - Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024, pubblicata nella Serie Generale della Gazzetta Ufficiale n. 310 del 31-12-2021 - Supplemento Ordinario n. 49. Giusto per avere un’idea della complessità dell’operazione nella quale si colloca il provvedimento adottato a favore degli apicoltori con l’ultima legge di bilancio dello Stato, bisogna considerare che la Gazzetta Ufficiale che ne pubblica il testo è un volume che supera le 500 pagine. È in questa ponderosa raccolta di disposizioni normative, con effetti di spesa finanziaria per i vari settori oggetto di intervento, che si colloca il comma 859 - siamo nell’ambito degli interventi a favore delle filiere cosiddette “minori” - che assegna una somma pari ad euro 7,75 milioni per l’anno 2022, destinata all’attuazione degli interventi di cui all’articolo 5, comma 1, lettere d), i) e l) della


Foto Giancarlo Martire

destinate al settore per sostenere le imprese che, dall’apicoltura, traggono la principale fonte di reddito. Le aziende in questione, oltre alle generali criticità che da anni caratterizzano il settore, devono fronteggiare le conseguenze del cambiamento climatico, che sta pesantemente e negativamente condizionando le produzioni. Tutto ciò premesso le Organizzazioni apistiche nazionali hanno concordato di proporre: • in merito alle attività previste alla lettera d) dell’articolo 5 della legge 313/2004 “sostegno delle forme associative di livello nazionale tra apicoltori e promozione della stipula di accordi professionali” vengano desFnaF complessivamente 800.000 euro da assegnarsi ai soggetti referenti dei CRT (Centri di Riferimento Tecnico); • in merito alle attività previste

al numero di alveari trasferiti o alla lettera i) dell’articolo 5 della ceduti per questo, così come da legge 313/2004 “incentivazione fatturazione e/o movimentadella pratica dell’impollinazione a zioni indicate nella Banca Dati mezzo di api”, le risorse verranno Apistica (BDA); utilizzate per l’assegnazione di un “premio per l’impollinazio- • in merito alle attività previste alla lettera l) dell’articolo 5 della ne”, che valga quale aiuto e rilegge 313/2004 “incentivazione conoscimento ai maggiori costi della pratica dell’allevamento apiche le aziende apistiche devono affrontare per garantire il servistico e del nomadismo”, le risorse verranno utilizzate quale forma zio di impollinazione richiesto di incentivazione, sostegno e pardalle aziende agricole, sia esso ziale ristoro dei maggiori costi e svolto in pieno campo sia in minori guadagni che le azienambiente protetto. Tali costi dede apistiche hanno sostenuto e rivano dalla necessità di operastanno sostenendo per far fronte re in condizioni sfavorevoli con perdita attesa di materiale vivo alle avversità dovute al cambiamento climatico (maggiori onee maggiori spese per spostari per il nomadismo, maggiori menti e materiale di consumo, costi per la sopravvivenza degli in particolare in considerazione animali allevati, crescita espodell’attuale congiuntura econonenziale dei costi di produzione mica. I beneficiari dell’intervendovuta al ricorso massiccio alla to sono le aziende apistiche che offrono e fatturano il “servizio nutrizione di soccorso). I beneficiari dell’intervento, sono prindi impollinazione” commisurato 4/2022 | Apitalia | 9


PRIMO PIANO

Foto Marco Moretti

cipalmente e necessariamente le aziende apistiche che dall’apicoltura traggono la principale fonte di reddito, quindi gli apicoltori oggettivamente classificabili in IAP o Coltivatori Diretti. Il contributo, una tantum, riscontrata l’oggettiva e generale sfavorevole congiuntura strutturale e produttiva, può essere modulato secondo fasce produttive intese come numero complessivo di alveari in conduzione, con un massimale per azienda. Le risorse da destinare alle attività di cui alle lettere i) e l), pari complessivamente a 6,95 milioni di euro, andrebbero ripartite alle Regioni in base al rispettivo patrimonio apistico censito al 31/12/2021, fornendo indicazioni di massima

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(linee generali) sulle modalità del loro utilizzo (quali ad esempio la tipologia dei beneficiari, l’importo massimo erogabile ad azienda, etc.). Andrebbe invece lasciata la scelta alle amministrazioni regionali in merito alla quantità di risorse da dedicare all’una o all’altra misura. Tale scelta è infatti strettamente legata alla tipologia dell’apicoltura locale e andrebbe quindi stabilita di concerto con le Organizzazioni apistiche rappresentative dell’apicoltura della regione. Sta ora al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali forte di un atto di indirizzo adottato per la prima volta all’unanimità da tutte le sigle maggiormente rappresentative del comparto apistico

- mettere a punto i decreti attuativi e la messa a bando di tali risorse che potranno almeno in parte lenire le situazioni più critiche che l’apicoltura italiana si è trovata ad affrontare all’uscita dalla pandemia. Resta l’atto di grande responsabilità che le sigle della Filiera Apistica Nazionale hanno per la prima volta sottoscritto all’unanimità (UNAAPI-Unione Nazionale Associazioni Apicoltori Italiani, FAI-Federazione Apicoltori Italiani, CONAPI-Consorzio Nazionale Apicoltori, MIC-Miele in Cooperativa, Osservatorio Nazionale del Miele) dando prova di concretezza, determinazione e grande senso di responsabilità.



AGENDA LAVORI. NORD-OVEST

OPERAZIONI A TEMPO DEBITO

ORA L’APIARIO VA “ACCOMPAGNATO” di Alberto Guernier

A

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pletamente impreparate a colonizzare spazi eccedenti a quelli che fisicamente riescono a coprire. Per questo motivo, rimane sempre attuale ed applicabile a tutte le realtà, il concetto per il quale non si devono detenere più alveari di quelli che si è in grado di seguire con visite continue ed appropriate. D’altro canto, tardare nelle operazioni di travaso e allargamento, rischia, anche se con relativo minor danno, di creare qualche problema, ed in un certo qual modo incentivare la sciamatura. Nel procedere ad un’ipotetica visita primaverile, facendo tesoro

DAREMO SPAZIO SOLO SE CI SONO API PRONTE AD OCCUPARLO

Foto Alberto Guernier

ccompagnare con attenzione, lo sviluppo delle famiglie presenti in apiario, è divenuta ormai operazione indispensabile e delicata; operazione che abbisogna di vecchio sapere, ed allo stesso tempo, di attenta osservazione dell’andamento stagionale, ambientale; ma anche e sopratutto, “proprio” delle colonie allevate. Gli sbagli e le sottostime, abbiamo visto, si pagano a caro prezzo. Scattate alla partenza (con le prime piogge e le prime giornate di vero sole), le fioriture primaverili tanto agognate, sono oggi fonte di grande godimento per quegli insetti che da questa magia traggono sostentamento. In breve tempo i favi verranno rinsaldati con ponticelli di cera; sui favi intorno le api sazie e “gonfie” del prezioso bottino inizieranno ad “imbiancare”; non si abbia fretta di allargare, di dare spazio o di travasare nuclei in arnie, senza aver prima riflettuto: la febbre dell’oro può ancora attendere? “Primum non nŏcēre”, evitiamo quindi di farci prendere dalla frenesia di agire; bisogna saper aspettare, individuando il momento giusto; partendo dal presupposto che le api vivono bene, ed esprimono il loro meglio, confinate in spazi appropriati: esse sono com-


delle tante indicazioni che ci vengono dall’osservazione, decidiamo strada facendo quali operazioni siano da effettuare; come se ci accingessimo a leggere un libro, partiamo dall’inizio: L’ispezione della parte anteriore, dell’ingresso dell’alveare, ci può da subito raccontare qualcosa sullo stato di salute delle api e sulla loro attività. Se il volo, il “traffico” di api sulla porticina limitatrice di lamiera, appare congestionato, con molte api, magari cariche di polline che faticano a trovare un ingresso libero, possiamo in questo periodo agevolarle, eliminando totalmente la lamiera semplicemente alzandola e ponendola di traverso alla

fessura; facendo particolare attenzione che questa non possa ricadere al suo posto danneggiando le api; una valida alternativa è quella di posizionare ogni porticina sotto al coperchio di ogni alveare; avremo così la certezza di non perderla e al contempo, che ognuna corrisponda alla propria arnia. Soffermiamoci adesso su cosa vediamo dentro alla fessura dell’ingresso; non devono esserci un numero ingente di api senza vita, adulte, o peggio, pupe. La presenza di larve mummificate da Ascosphaera apis deve farci subito annotare sul nostro taccuino questa anomalia che non va assolutamente dimenticata! Alcuni apicoltori tengono per ul-

tima l’operazione di osservazione e di pulizia del cassetto antivarroa; personalmente lo sfilo prima della visita, considerandolo parte integrante delle osservazioni esterne: Varroa ne abbiamo? La caduta spontanea di acari deve sempre essere osservata; ci potrebbe sorprendere... A tal proposito, anche alla luce dei tanti eventi infausti di questi ultimi anni, non si può escludere che modifiche nel modo di agire per contrastare l’avanzata della varroa, non ci portino a dover effettuare anche interventi primaverili. Quanti favi occupa la famiglia lo si evince già da qui; residui scuri sono covata, residui laterali chiari sono scorte che vanno finendo.

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AGENDA LAVORI. NORD-OVEST

Adesso siamo già in grado di sapere se la famiglia che ancora dobbiamo aprire, necessita di materiale per essere allargata e/o nutrita. Soppesare l’alveare in questo periodo, può essere fuorviante, in quanto la covata che contiene molta acqua pesa parecchio; ma, se le api hanno rosicchiato i favi di sponda, è probabile che le corone di miele sui favi centrali, siano esaurite. Togliamo il coperchio di lamiera, capovolto sull’alveare adiacente fungerà da valido supporto “ad altezza d’uomo”, per posare il coprifavo senza rischiare di schiacciare api o far cascare nutritori. Per mio conto, il primo sbuffo di fumo deve confondere gli odori che potrebbero innescare una reazione difensiva delle api, non farne fuggire tra i favi; ma questo 14 | Apitalia | 4/2022

dipende anche dal tipo di api che si allevano. Se le api non sono scappate dal fumo, potremo notare già adesso la consistenza della popolazione: se è adeguata al periodo, tra i favi non dobbiamo scorgere il fondo dell’arnia. Alzando il diaframma per primo, dovremmo trovare su di esso già parecchie api, meglio se esse occupano anche la parete della cassa, sebbene un diaframma con un congruo numero di api sia già segno di buona popolazione. Passando poi in rassegna i favi, uno ad uno, cerchiamo conferma di quanto avevamo visto dall’esterno: scorte presenti, favi occupati ed eventuali malattie. Quello che non potevamo vedere da fuori, adesso lo dobbiamo cercare dentro: presenza di covata da fuco, spesso la quantità e l’estensione seguono lo sviluppo della fa-

miglia, è però anche indice di propensione alla sciamatura, di favi con troppe celle da fuco, regine non più giovani, serbatoio naturale di replicazione di acari varroa. Cerchiamo poi, con scrupolo, la presenza di eventuali celle reali o cupolini. Sottovalutata ma importantissima è l’annotazione per ogni visita, sulla presenza di scorte di polline; avere il polso dei momenti, durante la stagione, in cui le api restano “a secco” di proteine ci può far decidere spostamenti o nutrizioni proteiche di soccorso! Adesso che abbiamo colto tutte queste indicazioni, possiamo tornare al discorso iniziale: se lo spazio a disposizione della famiglia in questione è esaurito, se non sono presenti malattie, se la regina è sana e deponente, se le scorte sono cospicue; allora allarghiamo! Se possediamo favi già costruiti e idonei, possiamo tranquillamente inserirli al centro senza pericolo di tagliare la famiglia a metà; la regina non resterà confinata e procederà presto a covare il nuovo spazio; altrimenti provvederemo ad inserire un telaio nuovo con foglio cereo, questo deve essere inserito tra covata e scorte, in questa posizione dovrà rimanere, almeno fino a quando non presenterà le cellette costruite. In caso contrario, se lo sviluppo non sembra consentire interventi, dovremo rimandare queste operazioni che precedono quella che sarà la fase successiva: la posa dei melari. Alberto Guernier


AGENDA LAVORI. NORD

LA PARTITA GIOCATA ADESSO VALE PER L’INTERA STAGIONE

È ARRIVATO IL MOMENTO DELL’AZIONE di Maurizio Ghezzi

LE FAMIGLIE PIÙ FORTI ALLA PRIMA ONDATA DELLA FIORITURA

Foto Maurizio Ghezzi

PRIMAVERILE

C

on l’arrivo del mese di aprile per noi apicoltori termina definitivamente il periodo dell’osservazione ed inizia, a spron battuto, il momento dell’azione. Aprile segna il vero debutto della stagione apistica e rappresenta allo stesso tempo il periodo chiave della stessa poiché il nostro comportamento, in questa fase, sarà in grado di influenzare nel bene e/o nel male tutto il prosieguo della stagione. Le api che hanno guidato la transizione invernale sono ormai state

completamente rimpiazzate dalle giovani operaie che garantiranno la forza lavoro al momento delle prime grandi e importanti fioriture mellifere. Le nostre visite in apiario dovranno avere come scopo principale quello di identificare le famiglie più forti: se per l’invernamento avessimo ristretto, il nido è questo il momento propizio per iniziare a ridargli spazio aggiungendo uno o due telaini con foglio cereo così che le giovani operaie possano dar lavoro alle loro ghiandole ceripare desiderose, come non mai, in questo periodo della stagione, di dar sfogo alla loro attività. Allo stesso tempo questa nuova cera fresca e vergine costituirà un rifugio ideale nel quale potranno crescere le giovani larve. Inoltre, più daremo lavoro alle giovani ceraiole più loro, rimanendo occupate, rimanderanno l’entrata della famiglia in febbre sciamatoria. Quando lo sviluppo del nido sarà stato completato e tutti i favi saranno presidiati, senza dubbio, è giunto il momento di aggiungere il primo melario. La scelta di questo momento va però ponderata con molta saggezza e sarà solo la nostra esperienza a guidare il nostro istinto affinché questa 4/2022 | Apitalia | 15


AGENDA NORD operazione sia fatta nel periodo propizio. La posa del melario, infatti, se eseguita in prossimità di un possibile ritorno di freddo potrebbe determinare un raffreddamento della covata con successivo rallentamento dello sviluppo della colonia nonché il rischio di comprometterne la sua stabilità. Un piccolo trucco per ovviare a questo possibile e temibile inconveniente consiste nel frapporre un foglio di giornale fra il nido e il melario così che saranno le stesse api a stabilire quando è il momento ideale per salire a melario facendosi strada attraverso l’eliminazione del foglio di giornale. Aprile è anche il momento in cui le nostre api si preparano per dare avvio alle sciamature e quindi, uno dei nostri compiti principali sarà proprio, in questo periodo, quello di mettere in pratica tutte le manovre di contrasto per impedire che ciò avvenga. Se si susseguono due o più giorni di pioggia spesso alla ricomparsa del sole sarà possibile vedere lo sciame levarsi in volo se, in precedenza, non avevamo messo in atto tutte le misure idonee a scongiurare questa eventualità. Se per un qualsiasi motivo non disponessimo del tempo necessario per riuscire a sorvegliare correttamente i nostri alveari al fine di mettere in pratica tutte quelle tecniche di cui siamo in possesso, utili per contenere la sciamatura, allora potremmo posizionare arnie esca che attireranno al loro interno non solo i nostri sciami ma con buona probabilità anche sciami provenienti da altri apiari. Per rendere più attraenti le nostre 16 | Apitalia | 4/2022

Modulo d’ordine Sigilli NOME ................................................................................................ ................................................................................................ INIDIRIZZO ................................................................................................ CAP ................................................................................................ LOCALITÀ ................................................................................................ PROVINCIA ................................................................................................ TELEFONO 1 ................................................................................................ TELEFONO 2 ................................................................................................ CODICE FISCALE ................................................................................................ PARTITA IVA ................................................................................................ N° ALVEARI ................................................................................................

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Autorizzo l’utilizzo dei miei dati personali ai sensi dell’art. 10 della legge n. 197/03 (Tutela della Privacy) e acconsento al loro trattamento per il perseguimento degli scopi statutari della FAI-Federazione Apicoltori Italiani. SI NO


provvediamo con solerzia a riaprire a pieno volume le porticine di volo che avevamo ristretto il precedente autunno così che le bottinatrici possano entrare e uscire senza alcun ostacolo. Teniamo pulito il terreno sottostante agli alveari per impedire che le sterpaglie in crescita possano costituire un fastidioso ingombro e diminuire l’aereazione nel nido creando umidità, acerrima nemica di un ambiente salubre all’interno dell’alveare. Nel caso in cui avessimo l’apiario in prossimità di campi di colza non dimentichiamoci di raccogliere il miele alla fine della fioritura per non correre il rischio di ritrovarcelo cristallizzato all’interno dei favi. Con il meteo dalla nostra parte, con alle spalle un buon lavoro e con il prezioso aiuto delle tante operaie volanti possiamo finalmente sperare che alle nostre arnie esca non esitiamo a mettere di vecchi favi che hanno contenu- porte bussi la stagione del grande al loro interno della propoli, della to in passato della covata. riscatto. cera fusa alla fiamma e dei pezzi Se non l’avessimo ancora fatto Maurizio Ghezzi

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CONTROLLARE LO SVILUPPO DELLE FAMIGLIE IN FERMENTO

MENO SCIAMI, PIÙ IMPORTAZIONI di Giacomo Perretta

IN CASO DI RACCOLTO MISURARE PRIMA

Foto Le api di Gemma

L’UMIDITÀ DEL MIELE

L

a nostra famiglia di api dovrebbe già essere sviluppata al punto da poter iniziare l’attività d’importazione in base alla loro posizione e all’altitudine: questi sono i principali presupposti per le fioriture e quindi per l’attività delle bottinatrici. Le condizioni climatiche e la dimensione della famiglia non sono aspetti secondari, ma avranno una influenza importante sul

raccolto che sarà più o meno ricco. In questo mese le attività delle api diventano frenetiche come quelle dell’apicoltore, le api volano da un fiore all’altro raccogliendo abbondante nettare e polline, pertanto la regina aumenta sempre più la deposizione, quindi le api corrono a raccogliere sempre più alimenti per la prole che aumenta, la regina sente l’aumento delle importazioni e aumenta la deposizione, insomma questo gioco del rincorrersi continuerà fino alla sciamatura. Che cosa può fare l’apicoltore? Entrare nel gioco e cercare di rompere questa catena del rincorrersi (lasciatemi questa semplicistica metafora). Le tecniche per interrompere il gioco sono diverse, ciascuna usata in funzione dell’esperienzea dell’apicoltore. La principale è quella della rimozione della covata i cui telaini devono essere proporzionati sia allo sviluppo generale della famiglia sia alla quantità di api necessarie per avere un raccolto importante soprattutto in visione della grande raccolta dell’acacia. Un secondo metodo è quello di limitare l’importazione di polline, importantissimo alimento per le larve. In questo mese sembra quindi che una trappola per il polline 4/2022 | Apitalia | 19


Foto www.apipieri.it

AGENDA LAVORI. NORD-EST possa svolgere contemporaneamente due funzioni: raccoglierlo e attenuare l’intasamento del nido, che è causa spesso della sciamatura. Per evitare la sciamatura è necessario quindi aver una famiglia equilibrata con api non eccedenti il “volume” della famiglia. ANALISI DI UN’OSSERVAZIONE Nell’accorta osservazione fatta in questi ultimi anni ho constatato che a volte famiglie molto forti non hanno sciamato e famiglie deboli hanno sciamato: com’è possibile a condizioni di ambiente e salute identiche? In seguito a quest’osservazione ci si domanda: perché rallentarne la crescita? Possiamo, valutando la famiglia, spingerci a ottenere una popolazione più numerosa senza il rischio di sciamature? Io credo di sì! Sebbene la consistenza della famiglia sia importante dovremo controllare con più attenzione la regina e la sua forza, cosa difficile ma non impossibile. Le variabili effettivamente sono molte, però è possibile ipotizzare che la forza della regina con i suoi feromoni controlli anche la sciamatura. Una regina con una forte attrazione feromonale (regina giovane = più secrezioni di feromoni) certamente è in grado di trattenere la famiglia numerosa, mentre una regina con una scarsa secrezione di feromoni non riuscirà neppure ad aggregare una piccola famiglia. Il principio osservato è relativamente simile alla formazione del glomere in inverno, una regina capace di aggregare molte api in glomere è sicuramente una regina con feromoni molto forti. 20 | Apitalia | 4/2022

Inevitabilmente, attraverso l’osservazione è facile costatare quello che da anni si conosce. Le sciamature in aprile, in generale, sono espressioni di una famiglia sana, mentre quando queste avvengono in estate ci devono far pensare. Ovviamente tutto è condizionato da situazioni complessive, non ultime le condizioni climatiche: è dunque sempre necessaria una dose di buon senso e osservazione. Non voglio scrivere di malattie, ma devo ricordarvi di fare attenzione: questo è anche il mese che si palesano alcune patologie gravi dell’alveare, anche il più inesperto apicoltore può facilmente riconoscerle, quindi insisto: osservazione. Evitare la sciamatura è difficile ma ci si può provare, anzi ci si deve provare; ho accennato prima che questo può essere fatto sia togliendo covata sia limitando l’importazione di polline: qualora però vi fossero già delle celle reali è praticamente impossibile trattenerle. Spesso viene utilizzato il metodo della rimozione delle celle reali, non è un metodo risolutivo se non in particolari casi. La tec-

nica usata è quella di togliere tutte le celle reali ogni quattro cinque giorni, ma l’apicoltore che la utilizza spesso non fa i conti con le celle nascoste e con il suo convincimento di aver visto bene. Se le celle hanno raggiunto una certa maturazione o addirittura sono chiuse la speranza dell’efficienza di questo metodo è praticamente ridotta a zero. Qualche cupolino può essere eliminato, anche se contiene uova o larvette, è probabile però che la famiglia sia entrata in febbre sciamatoria ed in questo caso è impossibile fermarla. MELARI In alcune zone si possono, in altre si devono mettere i melari, voi conoscete il vostro territorio. Mettere il melario è una pratica semplice, però la famiglia va seguita attentamente cercando di vedere e analizzare quello che mostra di sé: il solo accenno di un cupolino deve mettervi in attenzione, anche se questo non è un segnale di pericolo date uno sguardo all’interno anche dopo qualche giorno dall’aver messo il melario.


Fatto questo, è sempre consigliabile l’escludiregina e sono certo che sia ormai un suggerimento inutile: è una prassi consolidata che si è trasmessa da e a tutti gli apicoltori. Se qualcuno avesse qualche dubbio non è peccato, anzi l’evitare una fatica “inutile” all’ape è sempre un nobile pensiero, l’apicoltore che tende prima al benessere delle api è eticamente più virtuoso. A condizione che se ne sopportino le inevitabili conseguenze. I melari, ovviamente, una volta messi debbono anche essere tolti sperando di poterlo fare il prima possibile. Vediamo di fare un po’ di chiarezza sul quando: i melari si tolgono se sono pieni? No! I melari si tolgono quando è necessario

toglierli ed ecco alcuni esempi: nel caso del millefiori non ci sono problemi e si procede quando le cellette opercolate raggiungono il novanta per cento del favo e per una corretta invasatura è necessario che si controlli ugualmente l’umidità; nel caso di fioriture specifiche, invece, per evitare l’inquinamento con altre importazioni è necessario togliere i melari quando è finita l’importazione della specie raccolta e il miele deposto necessiterà quasi certamente di una deumidificazione. Anche per il millefiori opercolato, infine, potrebbe essere necessaria una deumidificazione: il tempo infatti influisce sull’umidità del miele, periodi particolarmente umidi con molta pioggia potrebbe aver

obbligato le api a una opercolatura della celletta anticipata, per cui è probabile che riscontrare percentuali più alte che possono far fermentare il prodotto anche all’interno della celletta. Ecco perché una volta smielato anche questo miele deve essere sottoposto a deumidificazione. Generalmente, comunque, un favo opercolato non ha necessità di essere sottoposto a deumidificazione e per verificare se è davvero così che stanno è consigliabile un controllo con il rifrattometro: strumento importante per il controllo del gradiente di acqua nel miele che non deve superare il valore del 18%. Giacomo Perretta

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AGENDA LAVORI. CENTRO

PRONTI AL SOCCORSO IN ATTESA DI MIELE E POLLINE

L’IMPEGNO CONTRO LA SCIAMATURA di Matteo Giusti

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ra infatti, per quanto sia la forma di riproduzione dell’alveare, e quindi di per sé un fenomeno biologico positivo, può comportare notevoli perdite di raccolto e anche perdite nette di api, se mal controllata. Quando un alveare sciama, infatti, metà della popolazione di api se ne va - e per la maggior parte si tratta di api bottinatrici - dimezzando di fatto la forza della famiglia e riducendo drasticamente la capacità di lavoro per almeno 20-30 giorni, con una conseguente riduzione della produzione di miele e di polline. Oltre a questo, se non si riesce a recuperare lo sciame che è uscito dall’arnia si avrà anche la perdita delle api. Controllare la sciamatura è quindi fondamentale per una apicoltura produttiva e per farlo si può intervenire per ritardare la così detta febbre sciamatoria - l’inizio del processo di sciamatura - e poi impedendola attivamente. Per ritardare il periodo di sciamatura si può dare spazio alle api, inarniando in arnie gli sciami artificiali che erano nei portasciami, o concedendo nuovi telaini se la famiglia è ancora ristretta in una parte dell’arnia con un diaframma. Se la famiglia è forte si può anche mettere un melario o procedere bilanciando le

PRESIDIO COSTANTE E “SCELLATURA” OGNI SETTE GIORNI

Foto Matteo Giusti

C

on la piena primavera si entra nel vivo dell’attività apistica in tutto il Centro Italia. Inizia infatti un periodo cruciale per lo sviluppo degli alveari e quindi anche un periodo cruciale per gli apicoltori. In questo periodo il numero delle api e della covata all’interno di un alveare è in forte sviluppo e ha una crescita esponenziale che apre la stagione della sciamatura e delle prime produzioni di miele e di polline. Tuttavia, non bisogna ancora trascurare l’alimentazione di soccorso, soprattutto se arrivano lunghi periodi di mal tempo, come purtroppo sta accadendo sempre più spesso in questi ultimi anni. I lavori da fare quindi sono molti e molto importanti per garantire il benessere delle colonie e preparasi al meglio per le produzioni. Tra le cose principali di questo periodo c’è indubbiamente il controllo della sciamatura. Evitare che gli alveari sciamino è fondamentale per ottenere buone produzioni di miele, in particolare di miele di acacia, che andrà a fiorire tra la fine del mese di aprile, sulla costa, e la fine di maggio in montagna, o almeno così ci si aspetta, fatti salvi gli scherzi del meteo. La sciamatu-


famiglie, togliendo telai di covata e di api che possono essere usati per fare sciami artificiali. Queste tecniche sono importanti per ritardare il più possibile il periodo di sciamatura, che però, quasi inevitabilmente arriverà. Le famiglie inizieranno allora a produrre celle reali e alla nascita della nuova regina lo sciame se ne andrà. Ma se la nuova regina non nasce, lo sciame non partirà e non si avrà la sciamatura. Quindi il metodo migliore per evitare la sciamatura è l’eliminazione delle celle reali prima che schiudano. Questo metodo è piuttosto laborioso, ma se fatto bene e con metodo impedisce la sciamatura su tutte le famiglie. Per farlo bene è necessario rimuovere tutte le celle reali presenti nell’alveare almeno una volta ogni 10 giorni. Tutte: se ne resta anche solo una l’alveare sciamerà. Ogni 10 giorni perché il tempo di sviluppo di una regina da uovo a ad

adulto è di 16 giorni, ma le api possono allevare una regina partendo anche da una larvetta di operaia di 3 giorni. Tre giorni di larva più i 3 giorni che è durato l’uovo fanno 6 giorni, in questo caso quindi, se le api allevano una regina a partire da una larva di operaia di 3 giorni dopo 10 giorni nascerà la uova regina e ci sarà la sciamatura. Intervenire dopo 10 giorni vuol dire rischiare quasi con certezza che le famiglie sciamino. In ogni caso è consigliabile fare questa operazione non ogni 10 giorni, ma una volta alla settimana. In questo modo è più facile come organizzazione e si ha un margine di tempo di 3 giorni in caso un giorno per qualche motivo non si possa andare in apiario. Lavorando una volta a settimana si può infatti scegliere un giorno preciso da dedicare a questa operazione, da segnare in agenda in modo che resti un impegno settimanale fisso. E, nel caso non si possa co-

munque andare quel giorno, si può rimandare il lavoro per altri 3 giorni, garantendoci un margine di tempo di sicurezza. Per essere certi di rimuovere tutte le celle reali, è necessario controllare tutti i telaini con attenzione e senza api sopra e rimuoverle o spaccarle con la leva. Per farlo è importante controllare ogni lato del telaino e anche i bordi. Per rimuovere le api basta scuotere delicatamente ma con decisione il telaio sopra l’arnia facendo ricadere le api dentro. È importante non scuotere il telaio fuori dall’arnia perché se la buttassimo all’esterno potrebbe non essere più in grado di rientrare. Questo lavoro per essere veramente efficace al 100% ed evitare completamente la sciamatura deve andare avanti fino a che le api non smetteranno di costruire le celle reali, cosa che in certi anni può voler dire continuare fino agli inizi di giugno. Anche la concessione dei melari e l’inizio dell’ attività di raccolta da parte della api riducono la tendenza alla sciamatura, spesso in modo sensibile, ma non la azzerano. Quindi, se si vuol essere sicuri, è necessario continuare il lavoro anche con i melari montati, settimana dopo settimana, con qualsiasi condizione meteorologica, fino a quando la maggior parte degli alveari non avrà smesso di costruire celle reali. Ovviamente anche durante questa attività sarà sempre possibile togliere telaini di covata e di api per fare bilanciamenti o nuclei artificiali, purché non si rischi di indebolire troppo le famiglie, soprattutto in pros4/2022 | Apitalia | 23


AGENDA LAVORI. CENTRO

simità delle fioriture principali. In questo periodo infatti iniziano produzioni importanti sia di polline che di miele. Per quanto riguarda il miele siamo nel periodo dei primi millefiori primaverili, ma anche di interessanti produzioni monoflorali come la sulla, la colza, i ciliegi selvatici e ovviamente l’acacia. La posa dei melari deve essere fatta quando la forza della famiglia 24 | Apitalia | 4/2022

è adeguata per iniziare la raccolta, cosa che corrisponde in genere a una estensione della covata su almeno il 70-80% dei favi. Per quanto riguarda il polline con aprile inizia la fioritura del salice, una delle principali fonti pollinifere della stagione sia per quantità che per la qualità organolettica del prodotto. Anche per il polline comunque è importante mettere le trappole per la raccolta alle famiglie forti, meglio se riunite in apiari di forza omogenea. In ogni caso è bene mettere le trappole a tutti gli alveari per evitare effetti deriva e al limite togliere le trappole agli alveari che raccolgono poco dopo 2-3 giorni. Le famiglie più deboli infatti è bene infatti lasciarle raccogliere polline per il loro sviluppo e, in ogni caso anche lasciando la trappola, non darebbero grandi produzioni. Ma le produzioni dipendono dalle condizioni meteo. Soprattutto in questi ultimi anni l’andamento delle primavere sta diventando sempre più complesso e difficoltoso per api e apicoltori. Ritorni di freddo, come le gelate tardive dell’anno scorso e periodi perturbazioni e piogge prolungate possono infatti mettere a dura prova, se non a rischio di collasso, gli alveari. La nutrizione di soccorso quindi può essere indispensabile e se necessario bisogna essere in grado di intervenire immediatamente. Le famiglie in pieno sviluppo, con molti telai di covata opercolata, hanno infatti un fabbisogno energetico elevatissimo. Basta quindi una perturbazione più lunga o un ritorno di freddo di alcuni giorni a far consumare tutte

le scorte accumulate, senza la possibilità da parte delle bottinatrici di uscire per andare a raccogliere, rischiando di mettere in pericolo la sopravvivenza della famiglia, o nei casi meno gravi, l’abbandono di porzioni anche estese di covata che le api non riescono più a scaldare. In caso di condizioni sfavorevoli, come temperature sotto i 12 °C, notti freddi, pioggia o vento forte, è necessario controllare spesso le api, almeno a cadenza settimanale, e intervenire con l’alimentazione se necessario. Alimentazione che può esser fatta con sciroppi zuccherini, meglio se abbastanza concentrati, che possano essere prontamente immagazzinati e non stimolano eccessivamente la deposizione delle uova da parte della regina. È però importante fare queste nutrizioni in assenza di melari per due motivi. Il primo perché il melario in condizioni di maltempo prolungato risulta inutile e dannoso (inutile perché le api non raccolgono, dannoso perché aumenta il volume dell’arnia rendendo più dispendiosa la termoregolazione). Il secondo perché c’è la possibilità che le api possano stoccare parte dello sciroppo nel melario e la cosa va sia a svantaggio della qualità del miele (in parte raccoglieremmo sciroppo), sia a costituire il rischio di incorrere anche involontariamente in un illecito. La presenza di sciroppi zuccherini nel miele è infatti abbastanza facilmente rilevabile da analisi di laboratorio e il miele così alterato costituisce una frode alimentare. Matteo Giusti


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AGENDA LAVORI. SUD

VITALITÀ E SVILUPPO

MONITORARE LE FAMIGLIE FORTI SE NON VANNO SUBITO A MELARIO di Santo Panzera

I

26 | Apitalia | 4/2022

cendo leva sull’esperienza acquisita negli anni, di interpretare la situazione delle famiglie all’atto della visita e prevedere il loro andamento ed evoluzione in funzione delle esigenze delle nostre api e delle caratteristiche climatico-botaniche della zona in cui operiamo. Una previsione sicuramente da fare è l’aumento della popolazione di api adulte della famiglia in relazione alla quantità di covata opercolata in essa presente alla nostra visita in apiario: le api adulte che nasceranno nei successivi 10-12 giorni da un favo di covata opercolata

SE TARDA LA RIPRESA VERIFICARE ANCHE L’ETÀ DELLE REGINE

Foto Myriams-Fotos

l mese di aprile, per noi apicoltori, non è sicuramente sinonimo di “dolce dormire” ma di attivismo spesso frenetico in quanto, al nostro Sud, segna l’inizio del ritorno alla piena attività per api ed apicoltori; anche se, a dire il vero, tale mese è spesso caratterizzato da capricci meteo, con possibili piogge, improvvisi ritorni di freddo e sbalzi termici legati ai cambiamenti climatici in atto. Da apicoltori responsabili ed accorti è molto importante sapere quali interventi fare e come calibrarli, in funzione delle caratteristiche della zona e degli obiettivi produttivi, con lo scopo di avere famiglie nelle migliori condizioni per le principali fioriture. La particolare dislocazione geografica ed orografica della Calabria determinano una grande varietà di microclimi che, se da un lato consentono la produzione di mieli monoflorali diversi, dall’altro non permettono di elaborare un calendario di interventi in apiario valido per tutto il territorio regionale. I nostri interventi in apiario devono essere fondati oltre che su una buona programmazione dei lavori anche sulla nostra capacità di proiettare i loro effetti nel futuro, fa-


cui, in presenza di prolungati pe- • famiglie forti che però non vanno riodi di avverse condizioni meteo, a melario, probabilmente perché si preparano a sciamare ed in esse a causa della mancata assunzione le esploratrici sono alla ricerca di di nettare, è necessario nutrire le nuove dimore, le ceraiole risparfamiglie per dare loro la sensazione miano le loro fatiche in vista deldella continuità di raccolto ed evitare una interruzione di deposiziola costruzione del nuovo nido, la regina è stata messa a dieta in vine che andrebbe a minare la loro sta del volo di trasloco, le operaie crescita. Tale nutrizione deve essere si abbandonano all’ozio in attesa però non eccessiva, ma ponderata e della partenza anche se in realtà misurata, allo scopo di non indurre nelle famiglie la febbre sciamatoprosegue una ridotta attività di bottinatura, condotta probabilria. Sicuramente non sono fonte di mente dalle api che rimarranno alcuna preoccupazione le famiglie nella vecchia dimora, immaforti, che hanno già occupato il gazzinando il miele nel nido ed melario e raccolgono regolarmente ignorando il melario; nettare. Un occhio più attento ed interventi mirati dobbiamo invece • famiglie che, alla ripresa primariservare alle seguenti situazioni riverile, tardano a partire e raggiunscontrate: gere un buon sviluppo; bisogna

andranno ad occupare ben tre favi. Tutto ciò ci consentirà di prevedere in anticipo il comportamento e le esigenze degli alveari, per organizzare gli opportuni interventi di conduzione e, alla visita successiva, giungere in apiario con tutto il materiale necessario per affrontare la nuova situazione che si paleserà ai nostri occhi. Il nostro agire in apiario deve essere rivolto soprattutto al controllo della vitalità e sviluppo delle famiglie, che vanno incontro ad una notevole estensione della covata, con conseguente incremento esponenziale del numero di api presenti. In questo periodo infatti i favi presentano abbondante ed estesa covata, spesso a discapito delle scorte per

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AGENDA LAVORI. SUD

assolutamente risalire ai possibili motivi di questo loro ritardo, come ad esempio la presenza di regine ormai vecchie e non più produttive, da sostituire. In questo periodo bisogna operare il bilanciamento delle famiglie allo scopo di avere alveari uniformi per cui, visitando solo alcuni di essi, si può capire con buona approssimazione le necessità di tutti, ottimizzando così i lavori e risparmiando tempo prezioso. Tale pareggiamento rappresenta un buon metodo per il controllo della sciamatura in quanto consente di portare l’orologio biologico delle famiglie forti un po’ indietro nel tempo, impedendo che esse raggiungano la maturità per riprodursi e siano ridotte a dimensioni tali da impedire ogni tentativo di fuga. Ai fini del contenimento della sciamatura, sarebbe bene partire con alveari omogenei almeno un mese prima 28 | Apitalia | 4/2022

deve riguardare esclusivamente del raccolto principale e sfruttare il covata opercolata, per non agvenir meno di tale istinto nel pieno gravare con ulteriore lavoro le api del raccolto di nettare. Bisognerebdella famiglia debole ricevente, be togliere api agli alveari che ne mentre è sconsigliato il trasferihanno troppe per aggiungerle a chi mento dei favi con covata disone ha poche per avere il massimo percolata, data l’incapacità delle della deposizione da tutte le regine colonie deboli di accudire covacirca 40 giorni prima delle grandi fioriture e del raccolto principale, ta di questo tipo che deve essere nutrita e protetta da eventuali in quanto proprio da tali uova nacali di temperature; sceranno le bottinatrici attive dopo • trasferimento di api adulte non 40-45 giorni. può riguardare, nell’ambito delIl bilanciamento delle famiglie di api può essere operato con diverse lo stesso apiario e nel rispetto del posizionamento originario modalità che comportano il trasferimento dagli alveari forti a quelli degli alveari, api bottinatrici che sono presenti soprattutto sui favi deboli di differenti componenti o di miele e di covata opercolata, “materiali biologici”: poiché esse farebbero ritorno alla • trasferimento di favi di covata famiglia di origine non appena percolata, deve avvenire una volta rintracciata la regina, per evitafuori dall’alveare; esso deve limitarsi solo ad api di casa, imposre l’orfanizzazione della famiglia donatrice ed essersi assicurasibilitate a ritornare all’alveare di provenienza, cioè api nutrici con ti della sanità degli alveari, per età da 3 a 10 giorni o api ceraioevitare la diffusione di malattie;


le con età da 10 a 18 giorni. In particolare, le api nutrici sono localizzate sui favi con covata disopercolata e larvette di età inferiore a 3 giorni; le api ceraiole vanno a colonizzare i fogli cerei appena inseriti. Il trasferimento di tali api viene realizzato prelevando un favo da esse presidiato, che viene poi scrollato leggermente per indurre il volo delle bottinatrici e , le api di copertura rimaste vengono poi trasferite scuotendo il favo o foglio cereo e spazzolando le api residue; le api scrollate rimarranno nella colonia ricevente fino a diventare bottinatrici; • trasferimento di bottinatrici provenienti da un alveare forte può essere effettuato invertendo la

posizione fra l’alveare donatore e quello ricevente ma, si badi bene, tale trasferimento non può essere graduato e può avere conseguenze negative imprevedibili. Infine è bene sottolineare che per nutrire speranze di futuro per la nostra apicoltura dobbiamo avere l’umiltà, la ferma volontà e la grande capacità di rapportarci alle variabili che sempre più condizionano la sopravvivenza e la produttività degli alveari: solo così saremo in grado di dare il nostro contributo alla riconversione del nostro Belpaese verso la salubrità e sostenibilità ambientale ed alimentare quanto mai necessarie. Santo Panzera

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AGENDA LAVORI. ISOLE

MONITORAGGI FLOREALI

C’È UN METODO DI LAVORO PER LA PREVISIONE DI FIORITURE di Vincenzo Stampa

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Uno dei fenomeni più evidenti è la correlazione tra il mancato interesse delle api verso il mandorlo (fioritura in febbraio) e contemporaneamente verso l’agrume (fioritura in aprile), correlazione consolidata perché verificata per più anni consecutivi. L’ipotesi più accreditata dagli agronomi attribuisce il fenomeno alle alte temperature invernali che, in qualche modo, stressano le piante.

TRA PIANTE E CALENDARIO SE L’APICOLTURA DIVENTA DI PRECISIONE

Foto Vincenzo Stampa

na delle tante problematiche dell’apicoltura, in particolare di quella nomade, è quella di predisporre gli alveari per il raccolto, mirato su una specifica fioritura, oggi si chiamerebbe “apicoltura di precisione” con la differenza che questa problematica è stata affrontata per la prima volta circa trenta anni or sono. Come? Costruendo un personale calendario delle fioriture riferito ad uno specifico territorio, entro il quale attuare la transumanza degli alveari. Il risultato, dopo anni di osservazioni e registrazioni, si è concretizzato nella possibilità di prevedere, con l’approssimazione di qualche giorno, l’inizio di una fioritura da venire, lontana nel tempo fino a due mesi, avendo come riferimento delle piante, sempre le stesse, all’interno della stessa tipologia distinta in arborea, arbustiva, erbacea, misurando l’intervallo di tempo tra la pianta di riferimento e quella che interessa per il raccolto; questo intervallo rimane costante negli anni. Anche con i cambiamenti climatici in atto il metodo continua ad essere applicabile, quello che è mancato è la produttività, in termini di nettare e polline, di tante specie arboree di interesse apistico.


Concentrando l’attenzione sul mandorlo anche quest’anno si è registrata la mancata frequentazione da parte delle api delle piante fiorite in febbraio (che potremmo impropriamente chiamare precoci) mentre invece si è verificata una frequentazione regolare sulle piante fiorite in marzo (fioritura tardiva). Rispetto alle temperature possiamo affermare che le piante tardive hanno avuto un maggior numero di ore di freddo per tutto il mese di febbraio, con temperature al di sotto dei 7 °C per 14 giorni, rispetto alle piante precoci (per i dati di temperatura si fa riferimento alla stazione meteo dell’aeroporto di Trapani Birgi). Se però guardiamo, con una panoramica più ampia, nelle tre zone climatiche della Sicilia si sono osservati i seguenti comportamenti delle api rispetto alle piante di mandorlo: 1) nella zona climatica fascia nord, da Palermo a Messina, si è avuto un inverno

rigido con nevicate fino a bassa quota, in questa zona la fioritura del mandorlo precoce (febbraio) è stata frequentata assiduamente dalle api; 2) nella zona climatica fascia sud, da Trapani a Ragusa, con temperature invernali più elevate il mandorlo precoce non è stato frequentato mentre invece è stato frequentato il tardivo (marzo); 3) nella zona centro orientale, inverno rigido, abbiamo poche notizie per il mandorlo precoce (febbraio) che però risulta comunque frequentato. Ora, riallacciandoci alla correlazione tra le mancate frequentazioni dei mandorli e degli agrumi negli anni con inverni a temperatura elevata, per completare il quadro e trarre qualche conclusione concreta, abbiamo programmato di osservare il comportamento delle api sulla fioritura degli agrumi suddivisi in precoci e tardivi nelle tre zone climatiche citate. A rigor di logica ci aspettia-

mo una regolare frequentazione delle piante precoci nelle zone climatiche Nord e Centro Orientale e al contrario una frequentazione delle piante tardive nella zona Sud. Nel caso che le aspettative venissero confermate avremmo delle prime indicazioni orientative da verificare, con la ripetizione delle osservazioni negli anni a venire. Per il momento dobbiamo registrare negli alveari popolazioni in linea con la stagione, ad un costo non indifferente in quanto ottenute con il sostegno continuo dell’alimentazione di soccorso. Abbiamo anche messo i melari per alloggiare le api nella speranza che il clima si stabilizzi, ci sono dei segnali positivi dai frutteti, albicocchi e susini si stanno esibendo in una fioritura (vedi foto) che non si vedeva da anni e che almeno per ora ci porta grande motivo di conforto. Vincenzo Stampa

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LEGISLAZIONE

QUANDO LE API ISPIRANO IL SENATO

SI DISCUTE UN DISEGNO DI LEGGE PER LA DIFESA DI TUTTI GLI INSETTI UTILI Nostro Servizio

L’

attenzione verso le api mellifere trascina l’interesse verso tutti gli insetti utili. Tant’è che la materia ormai ispira proposte di intervento legislativo anche a livello nazionale e non più solo internazionale o europeo. Il Senato della Repubblica ha così convocato una Audizione parlamentare delle Commissioni riunite 9a (Agricoltura e Produzione Agroalimentare) e 13a (Territorio, Ambiente, Beni ambientali) alla quale è stata invitata anche la presidenza della FAI-Federazione Apicoltori Italiani. All’ordine del giorno il disegno di legge n. AS-1254 (a firma dei Sen. Taverna, Angrisani e numerosi altri/e) riguardante “Delega al Governo in materia di protezione degli insetti a livello nazionale”. I lavori dell’Audizione, in data 4 aprile 2022, sono stati aperti dalla Presidente della Commissione Ambiente, Senatrice Vilma Moronese, che ha invitato 32 | Apitalia | 4/2022

la presidenza della FAI a esporre le proprie valutazioni sul disegno di legge in esame. L’intervento verbale del presidente Raffaele Cirone, dinanzi ai componenti presenti delle Commissioni parlamentari riunite, ha sintetizzato i punti descritti di un articolato documento di posizione formulato anche grazie al contributo di chi, dal territorio, ha inteso manifestare spunti utili alla redazione

LA FAI IN AUDIZIONE ALLE COMMISSIONI AGRICOLTURA E AMBIENTE


Vilma Moronese, presidente di Commissione Ambiente del Senato della Repubblica.

della posizione ufficiale dell’Organizzazione apistica nazionale. Ci pare doveroso, vista l’importanza e l’ufficialità della circostanza, riportare una sintesi dei punti salienti del documento che la FAI ha depositato agli atti di questa Audizione parlamentare. «Saluto e ringrazio la Presidenza (Senatrice Vilma MORONESE e Senatore Gianpaolo VALLARDI) per aver inteso utile convocare in odierna audizione anche la FAIFederazione Apicoltori Italiani. Salutiamo inoltre Senatrici e Senatori componenti delle Commissioni riunite e li ringraziamo per l’attenzione che vorranno riservarci. Di seguito, un po’ a volo d’ape così come compete a noi apicoltori e come annunciato nel corso dell’intervento odierno, alcune considerazioni sul disegno di legge n. S-1254 “Delega al Governo in materia di protezione degli insetti a livello nazionale”.

Raffaele Cirone, presidente della FAI-Federazione Apicoltori Italiani.

Il provvedimento (ddl) risente a nostro avviso di una sua “datazione” ad epoca in cui l’assetto normativo nazionale e comunitario non avevano ancora provveduto a recepire importanti atti di indirizzo, della Commissione e del Parlamento europeo, specificamente riguardanti il fenomeno della perdita complessiva della biodiversità e più in particolare il depauperamento degli insetti pronubi nei nostri ambienti: naturali, rurali e urbani. Ne consegue, pertanto, l’emergere di qualche elemento incongruente con la realtà quale quella che si è andata definendo nel corso di un intero triennio dalla data di sua presentazione. Il che, se da un lato ci induce a considerare con favore il metodo che la proposta legislativa auspica - cioè la delega al Governo di una precisa competenza di coordinamento -, suscita d’altro canto non pochi motivi di perplessità nel merito sul quale, pur rispettando le ragioni dei firmatari, ci sentiamo

in dovere di segnalare a Senatrici e Senatori delle due Commissioni oggi impegnate in Audizione alcune doverose precisazioni. Per andare diretti al punto, come FAI-Federazione Apicoltori Italiani, siamo dell’avviso che tutti gli insetti utili, al pari delle api mellifere, siano elementi costitutivi di un patrimonio di biodiversità. Tutelarli con una specifica normativa, pertanto, è dovere dell’Italia quanto dell’Europa. Non possiamo tuttavia non rilevare, che il titolo stesso della proposta rischia di introdurre, proprio a livello legislativo, non pochi motivi di confusione: quando si parla di insetti, infatti, ci si riferisce ad una “classe” di animali caratterizzata da un elevato numero di specie, gran parte delle quali nell’ambito di una specifica competenza scientifica quale l’Entomologia, che prevedono altrettanto specifiche conoscenze e competenze differenziate su singoli raggruppamenti tassonomici. 4/2022 | Apitalia | 33


LEGISLAZIONE Tra essi si differenziano insetti che agiscono come veri e propri fattori di dannosità (agroforestale, agroalimentare, tecnologica, igienico-sanitaria), da molte altre specie presenti nei vari ecosistemi e che concorrono a formare fattori determinanti nella produttività e sostenibilità alimentare (fattore oggi ancor più rilevante nel contesto del conflitto Russia-Ucraina) attraverso il ben noto fenomeno dell’impollinazione. Gli apporti benefici, inoltre, sono tanti e tali da determinare un ulteriore apporto che globalmente conosciamo come “ecosistemico” il cui valore è da tempo misurato anche in precise entità di carattere economico. È necessario pertanto che il ddl, sia nel titolo sia nell’articolato, faccia esplicito riferimento agli “insetti utili”. Il nostro motivo di interesse, e quello di qualsiasi disegno di legge che intenda valorizzare questa preziosa quanto delicata risorsa naturale, dovrebbe infatti concentrarsi in particolare sull’ordine degli Imenotteri (Hymenoptera), Sottordine degli Apocriti (Apocrita), Superfamiglia degli Apoidei (Apoidea) che raggruppa circa 30.000 specie tra le quali l’Ape da miele (Apis mellifera) e un elevato numero di altri impollinatori. Di queste, restringendo l’ambito di interesse agli “Impollinatori selvatici”, circa 2000 sono le specie diffuse nelle regioni che affacciano sul bacino del Mediterraneo, 1000 delle quali solo in Italia. Questo dovrebbe essere pertanto il nostro target, nostro del Legislatore e di noi tutti Cittadini, Apicoltori, Enti della Ricerca, Istituzioni e Ammi34 | Apitalia | 4/2022

nistrazioni competenti. Dal punto di vista strettamente “entomologico”, il ddl dovrebbe dunque maturare un approccio distintivo sulla categoria “insetti utili” considerate le enormi differenze che ci sono in termini di habitat, stili di vita, nocività in agricoltura, pericolosità per la salute umana, invasività di specie aliene. Suggeriamo, pertanto, che il provvedimento venga rinominato “Delega al Governo in materia di protezione degli insetti utili all’impollinazione a livello nazionale”. Nello specifico delle misure proposte riguardanti il ripristino degli habitat, proprio alla luce di tali considerazioni (che come apicoltori facciamo nostre dopo opportuna consultazione dei specifici ambiti della Ricerca italiana, qualificata e riconosciuta a livello internazionale per l’elevata competenza nella materia che il ddl intende disciplinare), appaiono eccessivamente generiche; il pur chiaro principio, ad esempio, che del miglioramento degli habitat e della creazione di corridoi ecologici possano beneficiare molti organismi, inclusi gli insetti, non configura questa come una misura specifica e sufficiente a garantire il risultato atteso, nei tempi, nei modi e nei luoghi dovuti. Favorire l’agricoltura biologica va altresì a favore di molti insetti utili, ma anche i prodotti utilizzati in agricoltura biologica, come quelli nell’agricoltura convenzionale, sono utilizzati per colpire altri insetti, cioè i fitofagi. Quindi sembra ulteriormente contraddittorio parlare di insetti in maniera così generica con alcuni passaggi del

testo che risultano particolarmente indicativi di questa contraddittorietà: quando si dice “promuovere e sviluppare metodi agricoli rispettosi degli insetti” non si chiarisce precisamente di quali lasciando ad intendere, erroneamente, che paradossalmente anche la temibile “cimice asiatica” nonostante l’azione distruttiva nei confronti della frutticultura e dell’agricoltura italiana, debba essere inclusa tra le specie oggetto di una qualsivoglia e generica forma di protezione. Ad una prima lettura del ddl, dunque, non risultano perfettamente chiare le finalità che gli affidatari della delega vorrebbero perseguire. Se si fa eccezione per la creazione di corridoi e habitat, che sono già iniziative di livello generale ed Istituzionali, le altre vengono già assorbite con l’entrata in vigore della prossima riforma della PAC 2023-2027 che introduce misure espressamente mirate a questa azione di salvaguardia. Dunque, se si prevedono pagamenti e forme di incentivazione finanziaria di determinate azioni, gli obblighi dovranno essere più stringenti di quelli PAC altrimenti si configurano come doppio pagamento con inevitabili e inopportuni rischi di sovrapposizione delle previsioni di questo ddl con normative preesistenti. Situazione analoga quella che si verrebbe a configurare quando si parla di interventi sulle Aree protette (trascurando la Rete Natura 2000), sull’agricoltura biologica (che nel frattempo si è dotata di una specifica norma di recente licenziata in Parlamento), sul PAN (Piano di Azione Nazionale per


l’uso sostenibile dei fitofarmaci) che è lo strumento normativo con il quale vanno regolate le materie che il ddl vorrebbe in qualche modo far proprie. Va detto, in ogni caso, che svariate e condivisibili sono le altre ipotesi di intervento che il ddl enumera e che si potrebbero proporre a tutela e beneficio degli insetti utili e degli impollinatori. Il che ne fa, a prescindere, un elaborato che vogliamo considerare come motivato da una rinnovata attenzione alle politiche della biodiversità italiana e come punto di partenza per la definizione di un a strategia di intervento che la misuri, la tuteli e la incrementi. Un punto interessante sul quale invitiamo ad una ulteriore riflessione il Legislatore, è il monitoraggio degli insetti utili all’impollinazione, non solo in aree sottoposte alle pratiche agricole più stringenti: un monitoraggio ante per definire il punto “zero” ed un monitoraggio intra e post per verificare il reale impatto sull’ecosistema e la sua utilità. Tale approccio, a nostro parere, andrebbe condotto rigorosamente dal punto di vista scientifico e ripetuto a cadenza periodica come già il ddl correttamente prevede. Riteniamo opportuno ancora soffermarci sul “prevedere la facoltà per gli enti locali di riservare appositi spazi destinati a costituire habitat e corridoi di collegamento per gli insetti.” Segnaliamo che in molti territori italiani (portiamo a puro titolo di esempio la provincia di Piacenza, ndR) la gestione delle aree verdi è affidata da tempo alle cure dell’Amministrazione pub-

blica che, a nostro avviso, è poco rispettosa delle esigenze della flora spontanea e della fauna selvatica. Osserviamo ricorrenti e indiscriminate azioni di diserbo delle sponde di canali e corsi d’acqua, abbattimenti di piante ed arbusti nelle aree limitrofe a strade ed anche in aree a queste adiacenti. Il tutto unito ad una gestione delle aree demaniali effettivamente carente o del tutto assente. Il ddl in esame, di conseguenza, costituisce a nostro avviso un’ottima occasione per indurre gli Enti preposti alla gestione di queste aree ad intervenire basandosi su criteri più avanzati e responsabili, fondati su un uso del territorio più adeguato alle odierne esigenze di salvaguardia di una natura aggredita e sottoposta a gravi stress per motivi meramente economici che nessuno spazio lasciano alle conseguenze a danno della biodiversità. Siamo consapevoli che esistono esigenze di sicurezza, pensiamo, ad esempio, alla presenza di alberi ad alto fusto o affetti da patologie ai margini delle strade che possono costituire grave pericolo in caso di particolari eventi atmosferici, ma radere al suolo intere aree occupate da flora spontanea con macchinari in grado di polverizzare in pochi secondi ogni vegetale incontrato, lo consideriamo a dir poco eccessivo e poco lungimirante. Viceversa, le Amministrazioni locali dovrebbero essere incentivate, diremmo obbligate, a piantumare le aree loro affidate con essenze nettarifere e pollinifere destinate a incrementare i pascoli ad uso alimentare per le varie specie di insetti utili e impol-

linatori, comprese naturalmente le api mellifere. Il provvedimento, inoltre, meriterebbe di essere integrato in un comma più orientato ai princìpi della “conservazione” considerando che è molto più importante conservare ciò che già c’è rispetto ad un eventuale ripristino i cui risultati sono sempre dubbi, soprattutto quando si parla di insetti e dei conseguenti rischi rappresentati dalle specie aliene ed invasive. Vorremmo poi specificare che la riduzione dell’uso di pesticidi oltre che essere richiamata come buona pratica agricola, merita giocoforza un impegno concreto e quotidiano anche in ambito civile: basti solo immaginare i trattamenti ripetuti e spesso indiscriminati per il controllo di zanzare, cocciniglie, cimici nei luoghi pubblici e persino privati. Ci permettano di annotare, in conclusione, Signore Senatrici e Signori Senatori delle Commissioni riunite in Audizione, che gli aspetti fin qui anticipati, raccogliendo ed elaborando indicazioni che ci sono pervenute da tutto il territorio nazionale, denotano come la nostra compagine associativa, sebbene costituita per la totalità da operatori e associazioni del settore apistico, sia particolarmente attenta e impegnata anche sul fronte della tutela e salvaguardia degli insetti impollinatori oltre che dell’ape mellifera autoctona italiana: perché per ciascun Apicoltore, che possa dirsi degno di tale qualifica, la protezione degli insetti utili all’impollinazione è un fattore intrinseco della propria deontologia professionale.» 4/2022 | Apitalia | 35


DAL TERRITORIO

ANALISI SENSORIALE

CONCLUSO IL CORSO IN ABRUZZO Nostro Servizio

I

n una cornice prettamente marinara si è concluso il corso di Introduzione all’Analisi sensoriale del Miele organizzato dalla FAI-Abruzzo, sede territoriale della Federazione Apicoltori Italiani. Ventisei i partecipanti, tra apicoltori e figure professionali legati alla filiera apistica, che si sono riuniti nei giorni 27-28 marzo e 2-3 aprile presso l’Hotel Promenade a Montesilvano in provincia di Pescara per apprendere la tecnica di assaggio del miele e imparare a praticarla correttamente. Il corso di formazione ha avuto quale docente la dottoressa Maria

Lucia Piana, tra i massimi esperti in Italia ed allieva di Michel Gonnet, considerato il padre della tecnica dell’assaggio. Grazie alla sua esperienza trentennale Lucia ha condotto i partecipanti ad apprendere le basi della “tecnica di assaggio del miele” finalizzata alla descrizione del prodotto e alla valutazione delle sue qualità. Con l’assaggio di oltre 100 campioni di miele i partecipanti hanno preso familiarità con le modalità dell’assaggio attraverso l’esame visivo, l’esame olfattivo e l’esame olfattivo-gustativo.

L’IMPORTANTE RUOLO DELLE ASSOCIAZIONI NELLA FORMAZIONE

a partire da sinistra: Renzo Graziosi, Marco Petaccia, Pierluigi Centore, Paolo Petaccia, Fabrizio Fusco, Viviana Ruta, Giancarla Galli, Luigi Caporuscio, Lorenzo Nicolai, Giulia Maria Assunta Pendenza, Maria Lucia Piana, Francesco Nannarone, Novella Di Paolo, Rosalba Spineto, Gino Vitali, Federica Recchini, Eleonora Baci, Chiara De Amicis, Erika Arena, Sabrina Pavone. In basso, sempre da sinistra: Ernesto TIberi, Simone Parisse, Christian De Luca, Romeo Berardinucci, Pietro Asci, Remo Palmerio, Alessandro Colalongo.

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APITERAPIA

PIÙ BENESSERE E SALUTE CON I PRODOTTI DELL’ALVEARE

UNA DISCIPLINA NON REGOLAMENTATA di Chiara Casoria e Armando Monsorno

LA LUNGA STORIA DEL RAPPORTO TRA L’APE E L’UOMO

I

l termine Apiterapia è ormai noto nel mondo dell’apicoltura e delle discipline olistiche da tempo. Si tratta di un argomento che potremmo definire controverso e che, talvolta, genera confusione, in quanto si associa impropriamente questa voce all’apipuntura (applicazione localizzata di veleno d’api “in vivo”) o all’aeroterapia con alveari (inalazione attraverso maschere dell’aria dell’alveare). Non vogliamo entrare nel merito di queste pratiche, ampiamente

riconosciute in molti Paesi esteri, ma semplicemente fare chiarezza su ciò che l’Apiterapia rappresenta in Italia. PRATICHE DI SUCCESSO MA NON AMMESSE IN ITALIA Innanzitutto, bisogna dire che questa disciplina nel nostro Paese non è ancora regolamentata, così come altre pratiche olistiche. L’utilizzo dell’apipuntura e della terapia con l’aria dell’alveare, nello specifico, non sono pratiche ammesse qui da noi. Eppure l’Apiterapia può essere definita come la pratica secondo cui i prodotti apistici vengono utilizzati a supporto ed integrazione della medicina classica allo scopo di favorire il benessere psicofisico della persona. Miele, polline, propoli, pappa reale e veleno d’api raccolti, elaborati e secreti dalle api, rappresentano un tesoro inestimabile: sono costituiti da componenti responsabili delle numerose virtù attribuite a questi prodotti. La storia dell’Apiterapia, del resto, si perde nella notte dei tempi e, fino ad un certo punto, prosegue parallelamente a quella dell’apicoltura. Le proprietà che caratterizza4/2022 | Apitalia | 37


no i tesori del nostro alveare erano infatti già note agli antichi. Il miele, per esempio, ha giocato un ruolo importante nelle vite umane fin dal passato. È stato menzionato nelle opere di diversi autori. Il rapporto dell’uomo con il miele nelle opere d’arte e letterarie acquisisce tratti divini e prodigiosi. Fin dall’antichità, ampia è stata la presenza delle api e del miele in letteratura, indice del fascino che il mondo di questi meravigliosi insetti ha esercitato su poeti, filosofi e letterati. L’ape ed il miele venivano spesso intesi come il tramite tra la vita terrestre e l’aldilà e talora considerati simboli di immortalità. API DIVINIZZATE GRAZIE AI LORO PREZIOSI PRODOTTI Il miele viene “cantato” da Omero, Saffo, Catullo, Lorenzo de’ Medici, Shakespeare, Garcia Lorca, Gibran e tantissimi altri. Per Aristotele il miele era “rugiada celeste”, Plinio lo chiamava “saliva delle stelle” e Virgilio, esaltatore della natura per eccellenza, lo definiva “dono celeste” degli dei agli uomini. Un altro nome di Zeus era Melisseo e si diceva che il dio dell’amore Eros ,usasse intingere la punta delle sue frecce nel miele per poi trafiggere il cuore degli innamorati. L’uomo della Preistoria in Europa, India e Africa Australe, conosceva il miele e aveva trovato il modo di procurarselo. I nostri antichissimi progenitori erano soliti procurarsi il miele intingendo un bastone nei nidi d’ape dentro i tronchi degli alberi e tra le rocce. Nel 1925, vicino a Valen38 | Apitalia | 4/2022

Foto Einsamer Schütze/ commons.wikimedia.org

APITERAPIA

cia (in Spagna), nella Cueva de la Aragna, viene scoperta una pittura rupestre che rappresenta una delle prime testimonianze di utilizzo del miele da parte dell’uomo. Il ritrovamento risalirebbe al 5000 o 7000 a.C. Tale raffigurazione mostra una figura umana, arrampicatasi fino al nido di api tramite delle liane, nell’atto di prendere con una mano dei favi di miele, mentre nell’altra tiene un contenitore da trasporto. Nel corso della storia, il passaggio dal nomadismo alla sedentarietà ha come conseguenza l’abbandono dei sistemi primitivi di procacciamento e l’avvento dell’apicoltura vera e propria. Pare che i primi a sviluppare questa pratica sono stati gli Egizi, intorno al 3000 a.C. L’ape, estremamente operosa e affascinante, viene scelta da questi popoli come simbolo della regalità dei faraoni. Essi usavano porre delle coppe o vasi ricolmi di miele accanto ai corpi mummificati per

accompagnarli nell’aldilà. Miele e cera, insieme ad altre sostanze, venivano utilizzati anche per imbalsamare i corpi dei morti. Dagli studi effettuati sui geroglifici, si poteva evincere che le ricette a base di miele non erano impiegate solo ad uso alimentare ma anche medico, per la cura di disturbi digestivi, per la produzione di unguenti per piaghe e ferite, ascessi, scabbia, alopecia. Gli Egizi erano soliti conservare anche la frutta nel miele. OGNI GRANDE CIVILTÀ NE FA RIMEDI PRODIGIOSI Il Papiro di Ebers (foto sopra), risalente al 1550 a.C., rappresenta una testimonianza importante ed esaustiva riguardante le pratiche mediche degli antichi Egizi: in esso, viene descritta la cera in numerose ricette e questa testimonianza mostra come essa, unitamente a una varietà di altri ingredienti, quali resina, mirra, fosse indicata per estra-


Foto zuccheroec.it

zione di spine, bruciature, ferite, lenitiva per i dolori articolari. Contro le punture di insetti, per esempio, era molto usata la magia, ma anche un preparato a base di incenso, gomma, sale basso-egiziano, escrementi di mosca, grasso di bue, ocra rossa e cera. La cura dei denti era un’altra specialità egizia, anche se lascia perplessi l’uso di miele per le otturazioni, come in questa ricetta: “schegge di macina, ocra , miele. Se ne otturerà il dente” (Ebers 740). Gli Assiro-Babilonesi utilizzavano il miele come cosmetico unito ad argilla e olio di cedro. L’uso del miele era diffuso anche in Grecia, qui esso veniva utilizzato per addolcire ed addensare. Ippocrate, il

“Padre della medicina” utilizzava veleno d’api per i dolori alle articolazioni e per l’artrite. Il famoso filosofo Democrito, visse 109 anni osservando questo precetto: miele all’interno ed olio all’esterno. Ancora, il miele veniva somministrato agli atleti durante i giochi olimpici per l’alto valore energetico. Le conoscenze elleniche in materia apistica sono state poi ereditate dai Romani; Galeno raccomandava agli uomini di bere, prima di andare a dormire, miele accompagnato da mandorle e pinoli, per aumentare la loro virilità. Egli mise a punto una ricetta a base di olio d’oliva, cera d’api e acqua di rosa, il “Ceratum Galeni”, che costituisce

la base delle “cold creams” tanto in voga negli anni ‘40, ‘50, ‘60. Plinio il vecchio ha tramandato la ricetta di un gelato a base di miele, ghiaccio tritato e succo di frutta. Nell’opera “Naturalis Historia” parla della cera come “emolliente, riscaldante e rigenerativa della carne. È data a chi patisce di dissenteria in un impasto di farina e acqua o in un porridge di semola tostata”. Il miele veniva utilizzato durante i pasti dai nobili Romani ed anche come conservante per i cibi. Nella cultura celtica, la mitologia nordica collega a Odino il miele, con quest’ultimo si preparava una bevanda dalle portentose capacità come trasformare in poeta qualsiasi mortale che la bevesse. Ancora una volta, il rapporto fra uomo e miele ha un qualcosa di trascendentale, che va al di là del suo essere un semplice alimento o una merce di scambio, come viene testimoniato più volte nella storia. La conoscenza del miele per i Celti è testimoniata dai ritrovamenti di anfore piene di miele nelle tombe dei loro re ed il ritrovamento di reperti costituiti da dolci a base di miele. CONCORDIA RELIGIOSA SUI BENEFICI PER LA SALUTE Arriviamo infine al Medioevo, epoca in cui troviamo riferimenti all’apicoltura in trattati di agricoltura, medicina e testi religiosi.

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L’ape viene scelta da alcune famiglie nobiliari per figurare sui loro blasoni, come simbolo di solerzia e dell’ordine. Purtroppo, nell’epoca che conosciamo come “buia” anche l’uso del miele in medicina finisce nel dimenticatoio come tante altre preziose conoscenze scientifiche. L’alta considerazione e l’apprezzamento per il mondo delle api e per il miele, sono stati probabilmente tra i pochi punti di contatto fra mondo cristiano e islamico. “Un favo di miele... dolce per l’anima e salutare per le ossa”, da questo proverbio si evince l’importante valore nutritivo che veniva attribuito dal popolo palestinese ed israeliano al nostro prezioso “nettare d’oro”. Nel Corano le api hanno una Sura che porta il loro nome An-Nahl: «Ed il tuo Signore ispirò alle api: Dimorate nelle montagne, negli alberi e negli edifici degli uomini. Cibatevi di tutti i frutti e vivete nei sentieri che vi ha tracciato il vostro Signore». Così nel Corano Corano (16:69) si parla del miele: «Scaturisce dai loro ventri un liquido dai diversi colori, in cui c’è guarigione per gli uomini . Ecco un segno per gente che riflette». Anche da qui si evince che il popolo di Maometto aveva consapevolezza delle virtù di questo alimento. Il miele ha proprietà curative, il profeta Maometto stesso beveva miele mescolato ad acqua fresca perché considerato curativo per il raffreddore, per la tosse, scioglie il catarro, purifica lo stomaco, fa bene al fegato ed al cuore. Restando nel mondo Arabo, si fa risalire al 1224 un manoscritto sulla preparazione di medicinali a 40 | Apitalia | 4/2022

Foto www.pianetadonne.blog

APITERAPIA

base di miele. Avicenna, il grande scienziato e medico iraniano quasi 1000 anni fa raccomandava il miele come uno dei migliori rimedi per il trattamento della tubercolosi. Nel “Canone della medicina” egli cita la propoli per la sua capacità di estrarre punte e di purificare e assorbire e la cera come stimolante della lattazione nelle donne. Nelle stesse popolazioni caucasiche si diffonde l’utilizzo della propoli. In un trattato di medicina del 13° secolo essa viene descritta come ottimo rimedio contro la carie; il miele in Russia, inoltre, viene considerato di alto pregio, tanto che viene utilizzato persino per la cura delle ferite durante la II Guerra Mondiale. In continenti come l’Asia e l’Africa, regioni remote e spesso povere, l’alveare viene visto come un “inesauribile armadietto di farmaci” ed il miele è ancora utilizzato dai guaritori locali. In questi luoghi per esempio, l’uso del miele per la cura

di ferite e ustioni non è mai caduto in disuso. TEMPI MODERNI E APPROCCI SCIENTIFICI I moderni studi sull’Apiterapia ed in particolar modo sul veleno d’api, sono stati iniziati dal medico Austriaco Philipp Terc che ha pubblicato, nel 1888, il lavoro “Report about peculiar connection between the bee-sting and Rheumatisms” (Relazione sulla peculiare connessione tra puntura d’ape e reumatismi, ndR) nel quale descriveva i risultati dell’intenzionale puntura d’api. Terc viene per questo considerato il padre dell’Apitoxiterapia (terapia tramite la puntura delle api). Se nel 1919 vennero in laboratorio dimostrate le proprietà antibatteriche del miele, tuttavia, si è dovuto aspettare fino agli anni ’30 prima che il miele facesse la sua comparsa nelle riviste mediche in cui veniva citato per essere un ottimo germicida.


A partire dai primi anni ‘70 si assiste in Occidente a una crescita di considerazione anche per la propoli, nel contesto della riscoperta dei prodotti naturali. Oggi l’Apiterapia si sta rapidamente diffondendo in tutto il mondo: numerose università e centri di ricerca studiano gli effetti dei trattamenti a base di prodotti dell’alveare, una letteratura via via crescente mostra come i prodotti apistici abbiano delle proprietà tutt’altro che trascurabili. Negli ultimi anni numerosi studi di laboratorio hanno dimostrato la capacità di composti di origine naturale di migliorare gli effetti di un farmaco antitumorale o antimicrobico contribuendo a superare il fenomeno della resistenza delle cellule tumorali o di microrganismi al trattamento con farmaci o antibiotici. L’interesse ritrovato nei confronti dei prodotti naturali, ha riguardato anche i prodotti apistici grazie alle loro proprietà nutrizionali e biologiche. Questi prodotti, sebbene conosciuti da migliaia di anni, solo recentemente sono stati oggetto di ricerca scientifica. Ed è anche per questo che recentemente c’è stato un incremento nella do-

manda di prodotti naturali fra cui i prodotti apistici. L’attuale tendenza verso uno stile di vita salutare, porta sempre più persone a prendersi cura della propria salute. Essi cercano prodotti qualità, che abbiano benefici per la salute, ricchi di vitamine e nutrienti. Pane d’api e polline, così come altri prodotti dell’alveare, sembrano soddisfare bene queste aspettative, costituendo nutrienti completi e biologicamente attivi. L’APITERAPIA HA BISOGNO DI CORRETTA INFORMAZIONE Alla luce di questo, possiamo concludere, riprendendo anche ciò che è stato detto all’inizio, che non bisogna intendere l’Apiterapia come una sorta di panacea in grado di curare tutti i mali, o quantomeno, allo stato attuale non si può parlare di questa come una vera e propria medicina alternativa, ma semplicemente riconoscere il valore che i prodotti dell’alveare hanno. Un valore che è stato ed è tuttora oggetto di interesse scientifico e che noi abbiamo il dovere di portare avanti. Come? Con la divulgazione, cercando di trasmettere l’amore per

il nostro lavoro, per le nostre api e per i doni preziosi che esse ci regalano. Informare in maniera corretta ed efficace consumatori e clienti riguardo ai benefici e alle virtù dei prodotti apistici, trasmettere l’importanza ed il valore nutrizionale di questi, invitarli ad utilizzare prodotti naturali e di qualità offre un duplice risultato: per prima cosa aiuta chi ci sta di fronte al raggiungimento del tanto ricercato benessere psico-fisico al quali tutti aspiriamo al giorno d’oggi e seconda cosa, ma non meno importante, valorizza il nostro lavoro, gli sforzi che ogni giorno facciamo e investe il meraviglioso insetto di cui ogni giorno ci prendiamo cura di un ruolo molto importante: aiutare tutti noi, grazie ai suoi prodotti, a condurre uno stile di vita più sano ed equilibrato. Chiara Casoria e Armando Monsorno rispettivamente Responsabile controllo qualità e Fondatore-titolare di Al Naturale sas PRIMA PARTE - CONTINUA

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CULTURA

LEGGENDARIA MELUSINA

FATA DOLCISSIMA, MA SOLO A METÀ di Angelo Camerini

L

Foto it.wikipedia.org

a leggenda di Melusina è ben nota dalla lontana Inghilterra alla Sicilia. È una storia di un’unione amorosa tra mortali ed esseri sovrannaturali come quella di Zeus con ninfe, divinità e con fanciulle mortali. Melusina, fino al 1390 già protagonista di innumerevoli miti della tradizione popolare di tutta Europa e persino del vicino Oriente, prende nuova vita grazie all’opera di Jean d’Arras, “Histoire de Lu-

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signan (o Roman de Mélusine)” che la pone all’origine della nobile famiglia francese dei Lusignano. L’etimologia del nome è incerta: alcuni sostengono l’origine bretone del nome, talvolta collegandola alla parola miele, e via via così fino ad arrivare ai miti celtici. L’etimologia del nettare degli dei, del resto, evoca tante e variegate opzioni. Le parole che indicano il miele, in Europa, hanno due origini: dall’ittita melit derivano il

SECOLARE NARRATIVA SULLA PAURA ANCESTRALE DELLA FEMMINILITÀ Foto sotto - Melusina raffigurata con l’aspetto di una sirena, in un dipinto ottocentesco di Julius Hübner.


greco meli, il latino mel - melis, il francese e portoghese miel fino al miod russo, polacco e rumeno. C’è poi un’altra radice, honey in inglese e honig in tedesco ed olandese, completamente diversa ma che si collega alle altre lingue con la parola mead che indica, in queste lingue nordiche, l’idromele. In turco miele si dice bal, e la sua radice è vicina all’arabo asal: usando questo termine i Turchi chiamarono i Balcani, indicando questa regione come la terra del miele (bal) e del sangue (kan) che evidentemente lì avevano sparso in abbondanza. Curiosità etimologiche a parte, torniamo ora a Melusina: è la storia di una bellissima giovane, per metà donna e per metà serpente,

come fosse una sirena, che proviene dal mare, e che rivela la sua parte ferina solo quando si bagna, nascosta in una tinozza. Svariate, al pari delle derivazioni etimologiche, le narrazioni che accompagnano questo personaggio. Una delle versioni è questa: la misteriosa e bellissima Melusina concede il suo amore a Raimondo, giovane scudiero del conte di Poitier, e gli promette amore e ricchezze a patto però che questi rispetti il divieto di vederla nei giorni di sabato. In quel giorno infatti la fata diviene metà donna e metà serpente. Un giorno Raimondo, vinto dalla curiosità, rompe il giuramento e la spia dal un foro nella porta della stanza da R

dal 1989

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bagno, dal quale vede la vera natura della moglie: dalla vita in giù il suo corpo è un’immensa coda di serpente. L’epilogo ovviamente è funesto per il nostro ex scudiero, avendo tradito il suo giuramento. LE FATE POSSONO ESSERE CRUDELI Esiste però anche una versione tutta siciliana del mito di Melusina, ad opera dell’abate Goffredo d’Auxerre (1115 ca. - 1194 ca.), allievo di Pietro Abelardo e convertito da Bernardo di Chiaravalle, di cui diventerà persino segretario personale. Il testimone dell’avventura è un prete che Goffredo conosce personalmente. Questo ha lasciato la Borgo-

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CULTURA

Foto sopra - Fregio della chiesa di Saint-Sulpice di Fougères.

gna per seguire la sorella del suo duca, sposata con Ruggero II re di Sicilia, ed è proprio in Sicilia che sente raccontare la storia di un giovane, un ragazzo forte ed esperto nel nuoto, che si trovava con gli amici in riva al mare per fare il bagno di notte. Una volta sentì il rumore di un corpo che sguazzava nei flutti. Egli credette che uno dei suoi compagni volesse attaccarlo per scherzo sott’acqua, ma il giovane afferrò la chioma di una donna. Tenendo stretta ciò che credeva una donna, la portò fino a riva, dove lei lo seguì spontaneamente. Il giovane le parlò a lungo e le chiese chi fosse senza ricevere risposta. Nonostante tutto, la coprì col suo mantello e la portò a casa, dove la affidò alla madre che l’aiutò a vestirla con bellissimi indumenti. La donna continuava a stare in silenzio tra di loro. Molte persone la interrogavano e lei rispondeva esaustivamente con segni, ma non diede mai indicazioni sulla sua famiglia o sulla sua patria. Viveva con loro, si comportava in modo socievole in tutte le cose, e quando le chiesero se credeva in Dio, lei annuì. Un giorno le chiesero se fosse intenzionata a sposare il giovane, e lei subito diede l’assenso e gli porse la mano. Solo dopo po44 | Apitalia | 4/2022

chi giorni, la madre accondiscese al desiderio del figlio, e dopo che furono persuasi gli amici e i parenti, fu fatto venire un sacerdote per celebrare il matrimonio. Con la parola dello sposo ed il cenno del capo della sposa, il matrimonio fu compiuto. L’amore cresceva di giorno in giorno, e sembrava che i due giovani fossero sempre più contenti della loro unione. La donna concepì e partorì un figlio; lo curava con tantissimo amore che non permetteva mai che fosse allontanato dalla propria madre. Accadde, un giorno che il giovane camminava con un suo amico che questi, parlando del suo matrimonio, sostenne che la sposa era un essere stregato, più che una donna. L’animo del giovane iniziò così ad essere scosso. Concordarono che il giovane, rientrato a casa, nel segreto della sua camera, avrebbe minacciato la moglie e il figlio con la spada sguainata, e con parole e sguardi terribili avrebbe obbligato la moglie a confessare immediatamente chi fosse, pronto a uccidere il figlio se lei si fosse rifiutata. Ritornato a casa, il marito mise subito in atto ciò che aveva progettato dietro suggerimento dell’amico. La donna vedendo la spada puntatale contro, indietreggiò impaurita e per la prima volta parlò: “Oh

misero! Costringendomi a parlare perdi una sposa preziosa. Sarei rimasta con te e avrei continuato a farti del bene se solo mi avessi permesso di osservare il silenzio che mi è stato imposto. Ecco, ora ti parlo perché mi costringi, ma dopo avermi udita non mi vedrai più”. Dette queste parole sparì. Il figlio continuò a crescere e vivere come tutti gli altri. Tuttavia, cominciò ad andare spesso sulla riva del mare, nel posto da dove era venuta la madre, fino al giorno in cui, davanti a numerosi testimoni, la Melusina rapì il figlio, mentre faceva il bagno in quelle stesse acque; e da quel giorno né l’uno e né l’altra furono mai più visti. Su Melusina hanno scritto in tanti, e tra questi J.W. Goethe, che nel 1797 scrisse “Die neue Melusine”. In conclusione possiamo dire che questo personaggio, il cui nome ha certo relazione col miele, si va ad aggiungere a tutti quei personaggi, per metà donna affascinante e per metà pericoloso animale, come l’Echidna (donna-serpente), la Sirena (donna-pesce) o la Gorgone - come la Medusa - (donna con i serpenti nei capelli) che da sempre affascinano e terrorizzano l’immaginario maschile. Angelo Camerini


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FLORA APISTICA

IL MIELE DI CASTELLUCCIO DI NORCIA

IL MIGLIORE MILLEFIORI DELL’ITALIA CENTRALE di Giancarlo Ricciardelli D’Albore

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astelluccio di Norcia è un piccolo paese, posto a notevole altitudine (1450 m s. l.m.). È il più alto paese dell’Umbria, noto soprattutto per due caratteristiche: la famosa Fiorita di giugno-luglio e la lenticchia, insuperabile rispetto a quella coltivata in altre zone; l’unica lenticchia rivale di questa è quella di Colfiorito, ottima pure essa, ma inferiore in qualità rispetto a quella di Castelluccio. Il paese è infine anche noto perché alcuni ignoti buontemponi coprono le pareti delle case in piazza di grandi scritte a colori, che narrano delle vicende sessuali di alcune

coppie del paese (i famosi TA TSE BAO di Castelluccio). Pochi sanno che il paese era anche molto noto, poiché molte case davano in affitto le camere per un breve soggiorno ad escursionisti ed alpinisti, che consideravano il posto ideale per iniziare a camminare in montagna. Purtroppo questa arttività è stata temporaneaente interrotta a causa del terremoto, per l’azione del quale oggi Castelluccio si trova spostato di quasi mezzo metro verso l’Adriatico ed il massiccio del Vettore, presenta nella fiancata una nuova e molto lunga cicatrice, come un in-

Fig. 1 - Il miele dell’apicoltore di Castelluccio.

Fig. 2 - Il miele uniflorale del Grano Saraceno, recentemente prodotto verso la fine dell’estate anche a Castelluccio, quando la Fiorita è ormai da tempo finita.

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FIORITURE INIMITABILI UNA BIODIVERSITÀ ANTICA E PRESERVATA

Fig. 3 - Il miele millefiori della Fiorita di Castelluccio.


Tav. I - Le essenze, che più di altre contribuiscono alla produzione del miele di Castelluccio (da sinistra a destra e dall’alto in basso): Lupinella, Fiordaliso, Sferracavallo, Erba viperina, Trifoglio bianco, Lampone, Trifoglio rubicondo, Ginestrino e Bistorta.

terminabile profomdo solco. Nella zona di Castelluccio sorgono 4 Piani carsici: Pian Grande, Pian Perduto, Pian Piccolo e Piano di S. Lorenzo. Non si fa uso di diserbanti; perché i contadini in quel luogo ritengono che la lenicchia viene meglio; così i campi cotivati, a giugno-luglio, si coprono di bellissime fioriture. Intorno a Castelluccio ci sono i campi coltivati a Foraggere, ad Orzo e Segala, ma soprattutto a

Lenticchia, la famosa leguminosa nota in tutto il mondo. Ma Castelluccio è soprattutto noto a me, che scrivo, poiché per ben 25 anni è stato teatro delle mie ricerche sull’ape domestica e sui pronubi selvatici. Gl apicoltori di altre zone (pochi, per un totale solo di un centinaio di alveari) sono presenti con le loro api durante la Fiorita. Ma a Castelluccio, fino a pochi anni fa, era stato scoperto da me

un apicoltore (l’unico di Castelluccio) che governava 2 alveari. Considerato il lungo inverno in cui non ci sono fiori, questo apicoltore lasciava alle api metà del raccolto di miele (la metà di 50 Kg di miele/ alveare. Solo così le sue api potevano sopravvivere al lungo inverno). L’apicoltore, che oggi non c’è più, mi dette due campioni di miele dei suoi 2 alveari. Questo miele era interessante, perché in esso c’erano tutte le essenze erbacee, arboree e 4/2022 | Apitalia | 47


FLORA APISTICA arbustive, che le api visitavano durante tutto l’anno. Il miele non era bianco; aveva un colore marrone scuro. All’analisi organolettica emanava un notevole puzzo di fumo, che tradiva la poco aeguata tecnica apistica dell’ apicoltore. All’esame microscopico c’era una miriade di pollini diversi, che testimoniavano l’attività annuale di quelle api sui Piani carsici (Coltivi e pascoli). Oltre agli stessi pollini più importanti, riscontrati nel miele abituale di Castelluccio, I pollini rari rinvenuti nel sedimento del miele dell’ apicoltore di Castelluccio appartenevano ai seguenti generi: Acer, Anchusa, Anthyllis, Astrantia, Capsella, Centaurea montana e scabiosa, Cerastium, Convolvulus, Coronilla, Crataegus, Cynoglossum, Filipendula, Geranium, Heracleum, Hypericum, Lathyrus, Matricaria, Melilotus, Odontites, Ranunculus, Reseda, Rhinanthus, Salvia, Scrophularia, Sempervivum, Sorbus,Viola. In pratica questi pollini, oltre a quelli importanti, che seguono, rappresentavano il notevole numero di piante montane visitate da quelle api durante un anno. Il colore del miele diceva che le api visitavano anche la coltura, qua e là e non tutti gli anni, presente in fiore a fine agosto, del Grano Saraceno (Fagopyrum esculentum), da cui è noto che si ricava un miele di colore giallo scuro. Il miele, che presento più dettagliatamente in questa nota, è invece di colore bianco come la neve, quando è cristallizzato; emana un gradevole e delicato profumo. derivato prevalentemente dal Fiorda48 | Apitalia | 4/2022

Fig. 4 - I pollini più importanti del sedimento del miele millefiori di colore bianco:(A) Onobrychis,(B) Lotus ; (C) Hippocrepis; (D) Trifolium repens Gr.; (E) Trifolium purpureum.

liso (Centaurea cyanus), dalla Lupinella (Onobrychis viciifolia), dallo Sferracavallo (Hippocrepis comosa), dalla Bistorta (Polygonum bistorta), dall’erba viperina (Echium vulgare), dal Lampone (Rubus idaeus), dal Timo (Thymus pulegioides), dal Ginestrino (Lotus corniculatus), dal Trifoglio bianco (Trifolium repens), del trifoglio rubicondo montano (Trifolium purpureum). Rara, ma certa, la presenza sporadica di altre essenze. Lo spettro pollinico di questo miele

presenta i pollini delle piante più importanti per la produzione del miele millefiori tipico di Castelluccio. Va anche considerato che sui pascoli e scarpate di Castelluccio fioriscono contemporaneamente almeno una quindicina di Trifogli e non si sa bene quali sono determinanti per lo spettro pollinico. Il colore bianco di questo miele è proprio tipico di Leguminose; infatti i mieli uniflorali di vari Trifogli coltivati (T. repens, T. incarnatum, T. pratense) sono tutti color bianco, come que-


sto millefiori di Castelluccio. Anche il colore dei più rari uniflorali di Lupinella e del Ginestrino sono color molto chiaro. Ho avuto modo, durante i miei lavori universitari di oltre 40 anni, di assaggiare un notevole numero di mieli millefiori, provenienti dalle regioni dell’Italia centrale; ma nessuno di questi mieli valeva organoletticamente quanto il miele millefiori di Castelluccio, che considero con certezza di essere notevolmente il migliore. Purtroppo ancora oggi si assiste a un atteggiamento contrario da parte degli abitanti d Castelluccio, che accusano le api di pungere gli armenti e i turisti, che si abbeverano alle poche fontane presenti. Ma

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anche le api hanno bisogno di bere! Inoltre portare le api a Castelluccio significa percorrere strette strade montane, piene di curve. Per questi motivi ancora oggi duranre la Fiorita sono presenti non più di un centinaio di alveari di pochi arditi apicoltori; mentre da calcoli da me eseguiti la zona, durante la Fiorita, potrebbe ospitare almeno un migliaio di alveari. Altro problema è che l’ottimo miele di Castelluccio è poco conosciuto. Così un apicoltore furbo, di cui preferisco non fare il nome, fornisce spesso ai 2 soli negozi di alimentari di Castelluccio il suo miele, spesso prodotto altrove o miscelato con miele diverso. Se si riuscirà a rimuovere alcune di

queste contrarietà, i Piani carsici di Castelluccio diventeranno una delle zone apistiche più interessanti dell’Italia centrale. In conclusione sarebbe auspicabile che la Regione dell’Umbria e la Provincia di Perugia si attivassero con disposizioni e controlll periodici, atti a favorire gli apicoltori umbri, rimuovendo i suddetti ostacoli, facendo opera persuasiva presso gli abitanti del paese di Castelluccio, realizzando un marchio di origine, consentendo così di arrivare ad una consistente valorizzazione di questo mirabile prodotto, esclusivo dei Piani carsici di Castelluccio di Norcia. Giancarlo Ricciardelli D’Albore

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ARTE

VEDOVATO E L’UOMO DELLE API

PRESERVARE LE MEMORIE ATAVICHE di Renzo Barbattini e Carlo Francou

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pitalia ha già pubblicato anni fa1 un articolo all’arte naïf di Guido Vedovato2, desideriamo riprendere in quanto l’artista ha recentemente realizzato un altro dipinto che richiama l’apicoltura. Questo dipinto s’intitola L’uomo delle api (Fig. 1). Un segno marcato è il colore che dà senso e vita a una tela che è anche narrazione. Guido Vedovato è un apprezzato pittore e scultore naïf il cui sguardo è rivolto in maniera particolare al Vicentino, sua terra natale. Nonostante i molteplici appuntamenti sia in Europa che oltreoceano lo stretto legame con i luoghi e gli accadimenti di cui fin dall’infanzia è testimone rappresenta il filo conduttore della sua arte che si identifica in un racconto che è memoria, ascolto, dialogo, voglia di tener viva una tradizione antica fatta di quella semplicità che solo chi vive a contatto con la natura

può descrivere in maniera coerente come un battito del cuore. Fra le tante tematiche che hanno ispirato questo artista non poteva mancare un riferimento al mondo delle api e al loro atavico rapporto con l’uomo. In diverse sue opere questo rapporto viene declinato lungo due direttrici principali che

Note 1 2

Barbattini R., Bergamini G., 2012 - L’ape nell’arte naïf (III parte). Apitalia, 38 (6): 37-43. Guido Vedovato è nato nel 1961 a Vicenza. Pittore e scultore naïf dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso, ha esposto le sue opere negli Stati Uniti, in diversi paesi europei, in Canada, in Israele, in Russia (http://www.guido-vedovato.it).

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Fig. 1

CAPIRE L’ORSO LA BRAMA DI MIELE DÀ VALORE AL BOTTINO


Fig. 2 mettono in risalto particolari aspetti di una convivenza fatta di laborioso lavoro di questi preziosi insetti ma anche dell’uomo che di essi ha cura per procurarsi quel dolce nettare che è alimento non solo del corpo ma anche dello spirito. In un recente dipinto Vedovato torna a raccontare L’uomo delle api mentre a pochi passi dalle multicolori arnie sembra intessere una sorta di dialogo con i piccoli imenotteri che gli volano attorno come in una danza. Il tutto racchiuso in un paesaggio circondato da un anfiteatro di svettanti montagne che si innalzano fino a lambire un cielo attraversato da una miriade di piccole nubi pronte a svanire sotto i raggi del sole. A chiudere questa cornice idilliaca una infinità di fiori, indispensabili soggetti di quel processo vitale che è l’impollinazione.

Sullo sfondo un villaggio, poche case e un campanile. Il luogo per eccellenza, quello dell’umano vivere a contatto con i propri affetti per sentirsi parte di una comunità, grande o piccola che sia. Ma il dipinto di Vedovato non ha un’espressione esclusivamente bucolica come potrebbe sembrare a un primo sguardo. “L’uomo delle api” ci interroga proprio su quel rapporto tra l’umanità e i laboriosi insetti e sulla necessità di salvaguardare gli habitat naturali nei quali vivono, sempre più a rischio per un processo di antropizzazione che fa ipotizzare quella attuale come una nuova epoca, l’Antropocene, nella quale l’essere umano con le sue attività incide in maniera spesso sconsiderata sui processi geologici e climatici a livello globale. Il rialzo della temperatura del

Pianeta, ad esempio, oggi costringe le api a cercare areali più freschi in cui vivere e svolgere la loro preziosa e determinante opera di impollinatori, in più l’uso di pesticidi va a costituire un ulteriore argomento di rischio di cui dobbiamo essere consapevoli dato che, come bene scrive papa Francesco nell’enciclica Laudato si’, “La terra ci precede e ci è stata data”. Guido Vedovato è presente nelle collezioni di numerosi musei europei d’arte naïf. I suoi dipinti sono ispirati da scene di vita con persone (il pastore, il suonatore di fisarmonica, il nonno, in montagna, in cantina, nell’orto, a far fieno, il suonatore di fisarmonica, il suonatore di mandolino, i suonatori di violino e di corno) e da animali vari (gatti, cani, galli, vacche, pecore, tartaruga, gufi, cavallo). Si 4/2022 | Apitalia | 51


Fig. 3 tratta generalmente di olii su tela, in uno stile particolarmente personale e originale che non è classificabile né riconducibile a nessuna scuola e genere naïf esistente. Tra le sue numerose opere si riportano L’apicoltore (Fig. 2) e Il ladro di miele (Fig. 3). Il primo dipinto è stato realizzato nel 2009 e in esso si nota un apicoltore alle prese con le sue api. In verità le arnie rappresentate sono simili alle antiche arnie in paglia; queste arnie (dette anche bugni), non razionali, erano utilizzate nei tempi passati (anche gli antichi egizi le usavano, ma su questo ci sono interi libri!). Ciò indica, certamente, un buon livello Note 3

Tecnica finalizzata alla soppressione della colonia di api (ad es. mediante vapori di zolfo) per poi prelevare il miele contenuto nell’alveare.

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tecnico dell’apicoltura dell’epoca; ma l’adozione di queste arnie obbligava gli apicoltori, al fine di raccogliere il miele, ad effettuare l’apicidio. Con l’introduzione dell’arnia semirazionale, prima, e razionale, poi, si è potuto raccogliere il miele senza arrivare all’uccisione delle api. Per quanto riguarda quest’olio, lo stesso Guido Vedovato dice: “ ... credo che ogni quadro debba raccontare una storia. L’apicoltore è il racconto (nostalgico ahimé!) del perduto stretto rapporto che ha legato l’uomo alla Terra. Oggi sta scemando anche la memoria di ciò, e raccontare per ricordare è il mio personale contributo affinché resti traccia di quel passato…”. Anche il secondo dipinto è del 2009 e in esso è rappresentato l’orso, il notissimo predatore degli alveari che in tutti i “sacri” testi di

apicoltura è annoverato tra i “nemici” delle api. In quest’olio apparentemente si prospetta l’avverarsi di una tragedia: il grosso orso, infatti, si appresta a compiere la distruzione degli alveari per predarne il contenuto. Le api, non intimorite, svolazzano attorno al plantigrado che a sua volta, per nulla impensierito dal giungere del contadino all’orizzonte, sembra attendere il momento giusto per compiere il misfatto. Situazione altrimenti disastrosa se non vista attraverso l’occhio di un pittore naïf… quando anche la tragedia assume i toni della commedia. Renzo Barbattini Università di Udine e Carlo Francou Museo geologico “G. Cortesi” di Castell’Arquato (Piacenza)



Le aziende informano

I 45 anni di storia della rinomata Apicoltura Ottolina L’AMORE PER LE API E PER IL MIELE ITALIANO DALLE CARAMELLE APISTICHE ALL’IDROMELE 1977- Dalla passione per le api del suo fondatore Carlo, nasce la Apicoltura Ottolina, inizialmente come piccola produzione con una ventina di alveari. Il miele ricavato viene venduto in fiere, sagre locali e presso il piccolo laboratorio di Seregno (prima sede aziendale, in provincia di Monza-Brianza). 1980 - La produzione cresce e contestualmente anche il numero degli alveari. Oltre che essere presenti nella sede di Seregno vengono posizionati anche sulle montagne del Comasco (Val d’Intelvi) e sulle colline Brianzole, nel comune di Costamasnaga. La maggiore produzione di miele e derivati sprona Carlo a partecipare alle fiere nazionali. Negli anni sarà presente a quasi tutte le “prime” delle manifestazioni più importanti: Piacenza (Apimell), Faenza (RA), Castel San Pietro (BO),

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Lazise (VR), Montalcino (SI), Erba (CO), Montelupone (MC), Montezemolo (CN). 1984 - Dalla collaborazione con la sorella Bruna (cosmetologa e naturopata) inizia la piccola produzione di cosmesi apistica. La “Ottolina” è la prima azienda a creare una linea di cosmetici interamente derivati dai principi attivi dell’alveare. Il crescente impegno dedicato alla nuova produzione spinge Carlo ad abbandonare gradualmente (e a malincuore!) la produzione di miele. 1987 - Viene creata una nuova linea, che negli anni diventerà il pilastro portante dell’azienda. Vengono presentate quattro qualità di caramelle: miele, eucalipto e miele, mirtillo e miele, propoli. Questi gusti sono tutt’ora presenti a listino. 1992 - Il successo ottenuto dalla prima piccola linea


di caramelle incoraggia Carlo ad ampliare l’offerta. In cinque anni vengono aggiunte al listino caramelle ripiene di miele in vari gusti e caramelle gelatine alla frutta e miele. Ora la linea conta più di 10 referenze, ed è già la più ampia offerta di caramelle interamente apistiche sul mercato italiano. 1995 - Per la prima volta nella sua storia la “Ottolina” partecipa alla fiera Internazionale Apimondia (Losanna, Svizzera 1995). I cosmetici e le caramelle iniziano a “viaggiare” per L’Europa. 2000 - La sede viene spostata a Carate Brianza. I nuovi e più grandi spazi aziendali permettono di ampliare ulteriormente le linee, soprattutto quella delle caramelle che ora sono disponibili in 20 qualità, di gusti e formati differenti. 2002 - In onore del venticinquesimo aziendale ci sarà la partecipazione alla fiera “Cibus” di Parma, all’epoca la più importante fiera alimentare del mondo. In questa occasione verrà presentata la caramella da Guinness. Una gelatina di miele e mirtillo dal peso record di 50 kg. 2005 - La “forza lavoro aziendale” cresce con l’inserimento in azienda dei figli di Carlo, prima Alessandro poi Andrea. Le nuove leve portano con sé idee nuove. La linea di caramelle ora conta circa 30 referenze. 2007 - Andrea comincia a “sperimentare” con l’Idromele, inizialmente prodotto in piccole quantità per uso familiare, ma la strada verso l’affinamento della tecnica e verso la commercializzazione del prodotto sarà ancora lunga… 2008 - In occasione di Apimell Piacenza, viene presentata un’altra caramella da record. Una gelatina al miele e limone di otto(lina) metri. 2012 - Dopo anni di prove, alcune riuscite, altre meno, inizia la commercializzazione di Idromele, prodotto

esclusivamente da miele italiano (come per le caramelle). 2014 - Oltre la produzione di “Idromele Classico”, viene proposta la possibilità di lavorare il miele dell’apicoltore per creare piccoli lotti in tiratura limitata di Idromele personalizzato. Questa possibilità è talmente gradita che permetterà, di anno in anno, di incrementare la produzione, fino alle attuali 10.000 bottiglie. 2018 - Il focus aziendale viene rivolto sulle sue maggiori linee: Caramelle ed Idromele. Vengono di conseguenza ridimensionate gradualmente tutte le altre produzioni tra cui cosmesi apistica, articoli regalo, linee curative. 2022 - Oramai la “Ottolina” è una rinomata azienda del settore apistico italiano, con 45 anni di esperienza. I suoi “cavalli di battaglia” sono l’Idromele e le Caramelle Apistiche, che ad oggi vantano una linea di 40 referenze (la più ampia sul mercato) tra caramelle Drops, Gocce, Minigeleé, Senza Zucchero e Gelatine di frutta.

Per avere maggiori informazioni APICOLTURA OTTOLINA via Padre Ivaldi, 2 - 20841 Carate Brianza (MB) telefono e fax 0362 804135 telefono mobile 392 1825129 apicolturaottolina@gmail.com www.ottolinamiele.com

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Ape Sicura: e stai tranquillo Polizza si Assicurazione sulla Responsabilità Civile (R.C.) Alveari COME ASSICURARE I PROPRI ALVEARI Gli Apicoltori abbonati alla Rivista APITALIA che desiderano assicurare i propri alveari contro i rischi derivanti dalla responsabilità civile per eventuali danni provocati a terzi, debbono compilare l’apposito modulo di adesione alla Polizza collettiva “Ape Sicura” e trasmetterlo alla Segreteria della Rivista APITALIA. Gli Apicoltori abbonati alla Rivista APITALIA possono attivare una Polizza per ciascun apiario posseduto. È garantita la copertura assicurativa per un intero anno (12 mesi). Il Certificato di Polizza sarà prodotto (in formato cartaceo e/o elettronico) e trasmesso - solo a seguito dell’invio delle attestazioni di pagamento e del Modulo di Adesione - alla segreteria della Rivista APITALIA. La volontà di recesso dalla Polizza collettiva non dovrà essere preventivamente comunicata vista l’automatica scadenza annuale della copertura assicurativa. CONDIZIONI GENERALI DI POLIZZA 1) Rischi assicurati. La Compagnia “Gruppo UNIPOL-SAI. Divisione Fondiaria” assicura a ciascun abbonato alla Rivista APITALIA - purché Apicoltore e come tale iscritto

La Compagnia assicuratrice si riserva di modificare l’entitàdel premio in base all’andamento tecnico sul rapporto sinistri/annualità);

all’Anagrafe Apisatica Nazionale - il pagamento delle somme che, qua-

B) comunicare alla Segreteria della Rivista APITALIA con appostio modulo

le proprietario-esercente l’apicoltura, sia tenuto a corrispondere, in quanto

di adesione l’ubicazione esatta dell’apiario odegli apiari da assicurare.

civilmente responsabile ai sensi di legge, a titolo di risarcimento per danni involontariamente cagionati a terzi, sia per lesioni a persone che per danni

4) Decorrenza.

materiali a cose o animali, in conseguenza ad un fatto accidentale, compresi

La validità della garanzia decorre dalla data di versamento del premio

i rischi derivanti dalle operazioni di carico e scarico degli apiari e dal trasfe-

assicurativo, che dovrà essere contestuale alla data di sottoscrizione

rimento da una zona all’altra degli apiari stessi, escluso il rischio della circo-

all’abbonamnto annuale alla Rivista APITALIA, ha la durata di un anno a

lazione su strada di uso pubblico o su aree a questa equiparate dai mezzi

partire dalle ore 24 del giorno di versamento.

impiegati (in conformità alle norme della legge 24/12/69 n. 990 e del DPR 24/11/70 n. 973 è infatti obbligatoria l’assicurazione per rischi di responsa-

5) Norme e sinistri.

bilità civile auto). Sono compresi nel novero dei terzi, limitatamente a lesioni

In caso di sinistro l’assicurare deve darne denuncia scritta alla Segreteria

personali, gli aiutanti occasionali dell’assicurato, sempreché vi sia responsa-

della Rivista APITALIA - Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma

bilità dell’assicurato stesso. La polizza collettiva “Ape Sicura” copre inoltre i

(tel. 06.6852556; fax 06.6852287; email segreteria@federapi.biz) en-

rischi inerenti alla partecipazione degli Assicurati a Fiere, Mostre e Mercati,

tro cinque anni dal fatto o al momento in cui ne viene a conoscenza. Per

compreso il rischio derivante dall’allestimento e dallo smontaggio dello stand,

i sinistri implicanti gravi lesioni corporali, l’assicurato oltre a darne notizia

ma con l’esclusione dei danni agli espositori ed alle cose esposte.

alla Segreteria della Rivista APITALIA, ne darà comunicazione alla Compagnia “Gruppo UNIPOL-SAI. Divisione Fondiaria”(indirizzo PEC: unipol-

2) Massimali e Franchigia.

saiassicurazioni@pec.unipol.it), indicando anche il codice della polizza n.

L’Assicurazione vale fino alla concorrenza massima complessiva, per ca-

159877505. Non adempiendo all’obbligo della denuncia l’assicurato

pitale, interessi e spese di: Euro 1.000.000,00 (un milione/00 di Euro)

perde il diritto al risarcimento. Parimenti decade da tale diritto qualora pre-

per ogni sinistro e relativi danneggiamenti arrecati a persona, animali e

giudichi i diritti interessi della Compagnia nella difesa o contro le azioni

cose. Per ciascun sinistro è prevista una franchigia pari a Euro 250,00 che

o pretese per il risarcimento dei danni che ad essa esclusivamente spetta

dovrà essere corrisposta dall’assicurato all’atto della denuncia del sinistro.

di condurre in qualsiasi sede o modo, in nome e con la collaborazione dell’assicurato.

3) Partecipazione all’Assicurazione. Possono essere incluse nella Polizza collettiva “Ape Sicura” le persone

6) Accettazione condizioni generali e particolari.

e gli enti che siano Abbonati alla Rivista APITALIA - purché Apicoltori o

Il versamento del premio di assicrazione significa piena accetta-

Proprietari di alveari e come tali iscritti all’Anagrafe Apicstica Nazionale.

zione di tutte le condizioni generali e particolari della Polizza n.

Per beneficiare dell’Assicurazione gli Apicoltori debbono:

159877505, di cui gli interessati possono, su richiesta, prendere vi-

A) versare sul conto corrente postale n. 46157004 intestato a:

sione, dovendosi intendere il rapporto assicurativo, indipendemente

FAI - Federazione Apicoltori Italiani - Roma,o con qualsiasi altro mez-

dall’opera intermediaria della contraente, direttamente intercedente

zo ritenuto idoneo, il premio assicurativo di 15,00 Euro (per ciascun

fra la Compafgnia assicuratrice e i singoli assicurati e regolato unica-

apiario da assicurare).

mente dalle condizioni stabilite nella Polizza citata. Mod. 01/2022 Questo modulo annulla e sostituisce tutti i precedenti

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IL SOTTOSCRITTO........................................................................................................................................................................................................ INDIRZZO...................................................................................................................................................................................................................... CAP ................................. LOCALITÀ....................................................................................................................... PROVINCIA.............................. TELEFONO........................................................................... EMAIL............................................................................................................................. CODICE FISCALE................................................................ PARTITA IVA................................................................................................................... nella sua qualità di Abbonato alla Rivista APITALIA: a) chiede di essere incluso nella Polizza collettiva ”Ape Sicura” di Assicurazione per la responsabilità civile contratta a beneficio degli Apicoltori che aderiscono all’iniziativa; b) dichiara, sotto la propria responsabilità, di essere iscritto all’Anagrafe Apistica Nazionale con Codice di Allevamento n. .........................

Apiario composto da n°..................................... alveari Comune, Provincia......................................................................................................................................................................................................... Indirizzo, Frazione......................................................................................................................................................................................................... Località, Fondo............................................................................................................................................................................................................... Coordinate satellitari..................................................................................................................................................................................................... NOTA BENE Che rimette

Utilizzare n. 1 modulo per ogni apiario da assicurare Proseguire su altri fogli fotocopiati per eventuali altri apiari da assicurare. a mezzo ccp n. 46157004 - FAI - Federazione Apicoltori Italiani - Roma a mezzo bonifico bancario, MPS Banca - IBAN IT65T0103003283000061424927 unitamente alla presente

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