Rinnova per il 2022
Foto © quirinale.it
BENTORNATO PRESIDENTE!
CI ASSOCIAMO AL PLAUSO GENERALE
di Raffaele CironeIl Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Sono cose che capitano ai viaggiatori, quelli che il mondo lo guardano con l’occhio di chi ama le api. Una dolcezza al femminile scaturisce da questa scena che si colloca in un immaginario orientale, ma che molti di noi potrebbero aver visto tante volte in un paesaggio rurale dell’entroterra italiano. Ai tempi in cui il miele veniva venduto in favi, a pezzi avvolti in carta oleata o sfuso in contenitori di vetro e plastica talmente rari da dover essere a tutti i costi riciclati. Col fare semplice di chi sulla strada ci andava per offrire, con dignità, tutto il proprio avere.
hanno collaborato a questo numero
Giuseppe Lega, Alberto Guernier, Maurizio Ghezzi, Giacomo Perretta, Matteo Giusti, Santo Panzera, Vincenzo Stampa, Daniela De Fabritiis, Giancarla Galli, Angelo Camerini, Etienne Bruneau, Patrizia Milione, Fabrizio Piacentini, Alessandro Patierno.
giallo
rosso
bianco verde 0 o 5
nostri VALORI
“Il Manifesto di Assisi”, per un’economia a misura d’uomo. Come apicoltori ci riconosciamo nel Tau.
IL CALENDARIO LEGA 2022
Il dipinto che arricchisce il Calendario Lega 2022 riecheggia l’esotismo con il quale avevamo familiarizzato nell’opera dell’annata precedente: ma questa volta, invece di trasportarci indietro nella storia, la macchina del tempo dell’Artista ci invita ad un viaggio in una particolarissima contemporaneità.
Come in una sequenza di fotogrammi, che invece di scorrere si sovrappongono, la memoria ha composto una scena che è sintesi di un vissuto riaffiorante in un presente immaginario.
Un gioco di riflessi interiori, che si imprimono nella narrazione di ciò che lungo decine e decine di migliaia di chilometri percorsi abbiamo visto e poi lasciato che restassero per sempre vivi dentro di noi. Chiamatele, se volete, “sensazioni”… e ci parlano con i simboli che sono l’esperanto di noi apicoltori tutti.
«La scena rappresentata viene da tre diverse foto che ho fatto in tempi diversi e, tutte, scattate in Estremo Oriente. Questi tre soggetti li trovate qui allegati: rappresentano momenti e ricordi privati, ma pare utile svelare la genesi del concepimento finale:
A) la venditrice di favi la fotografai moltissimi anni fa su di un marciapiedi di Bangkok (Capitale della Thailandia). Purtroppo indossava un sombrero ed ho dovuto sostituirlo con un cappello più adatto al contesto in cui desideravo collocarla;
B) il miele venduto in vasetti e bottiglie “fantasia” viene da una foto scattata in un mercato di Samarcanda, mitica Città dell’odierno Uzbekistan, narrata da Marco Polo, crocevia di culture e oggi Patrimonio dell’Umanità; C) il paesaggio di sfondo fu fotografato durante una visita ad un tempio buddista in Sud Corea, durante il congresso Apimondia svoltosi nel 2015 nella Città di Daejon. Sono storie di vita e di viaggio di chi, come me, ha trovato continuo e particolare motivo di interesse nelle culture di altri popoli e in quegli usi e quei costumi che, tralasciando qualche elemento distintivo, ci accomunano quando è di api che si parla in un linguaggio che è davvero patrimonio dell’umanità.»
PRESIDENZA FRANCESE: UNA UE DI RECIPROCITÀ
IL MINISTRO DENORMANDIE E LA DOTTRINA “EGALITARIA”
di Nostro ServizioSi è parlato molto di Italia in quest’ultimo periodo, in particolare in Europa. Le nostre vicende politiche, la prematura scomparsa del Presidente del Parlamento UE, Davide Sassoli salutato con affetto dai suoi colleghi europei e da noi tutti. Ma anche la firma del “Trattato per una cooperazione bilaterale rafforzata” da parte del Presidente della Repubblica Francese, Emmanuel Macron e del Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, che alla fine di novembre 2021 era stata accompagnata da momenti di grande risalto per il nostro Paese. L’immagine del Presidente Sergio Mattarella, che per mano suggella tale accordo, non ha bisogno di ulteriori commenti: e assume oggi, all’indomani della corale rielezione a Presidente della Repubblica Italiana, un valore simbolico ancora maggiore. È in questo contesto che si concluso il semestre di presidenza slovena dell’Unione Europea che, dal 1° gennaio 2022 si avvia ad un nuovo ciclo e passa nelle mani della Francia. Con toni e celebrazioni, fuochi d’artificio ed emissioni fila-
teliche, che hanno dato l’idea precisa, semmai ve ne fosse bisogno, di quanta importanza viene data a Parigi per questo mandato e in questo particolare e delicatissimo momento storico.
Emmanuel Macron, dal Palazzo dell’Eliseo, l’ha illustrata così la Presentazione della presidenza francese del Consiglio dell’Unione europea che vuole essere improntata a «perseguire un’agenda per la sovranità europea, vale a dire la capacità dell’Europa di esistere nel mondo contemporaneo
per difendere i suoi valori e interessi; costruire un nuovo modello europeo di crescita, creare un’Europa più “a misura d’uomo”».
IL LINGUAGGIO DEL MONDO AGRICOLO
Calando il tutto nella dimensione del nostro piccolo mondo, partiamo con il darvi conto di ciò che abbiamo potuto percepire in occasione del primo Consiglio Agricolo svoltosi a Bruxelles lo scorso 17 gennaio, quando cioè il Ministro Julien Denormandie (foto a sinistra) ha preso in mano le redini della presidenza inaugurando il primo Consiglio dei Ministri dell’Agricoltura a guida francese. L’agronomo di alto cabotaggio quale è, il tecnico competente
che ha dimostrato finora di sapersi perfettamente districare tra le complicate questioni del comparto primario, è arrivato a Bruxelles riecheggiando i discorsi del suo compagno e leader di partito Macron: «Continuità con la presidenza slovena, con una visione dell’Europa che dinanzi ai grandi problemi del momento dimostri di essere padrona del proprio destino».
Sembrano frasi fatte, attestazioni generali di principio, eppure Denormandie queste affermazioni le ha declinate subito in un linguaggio adatto a chi coltiva la terra nei 27 Stati membri: «Le nostre priorità saranno la sicurezza alimentare, la produzione del cibo e la sua regolamentazione, l’attaccamen-
to al nostro progetto comune». Il volto cioè di un’agricoltura capace di produrre per i consumatori europei, di nutrirli con prodotti di qualità che diano giusta remunerazione, senza dimenticare che tutto questo va fatto nel pieno rispetto della reciprocità delle norme: ciò che vale per agricoltori e prodotti europei deve valere per agricoltori e loro prodotti importati in Europa. Per dirla ancora più chiaramente alla francese: «Niente residui di antibiotici e fitofarmaci sui prodotti di importazione se si tratta di formulati vietati sul territorio dell’Unione europea». E ha ragione il giovane e convincente presidente del Consiglio Agricolo europeo: la reciprocità delle norme non solo è necessaria,
ma è persino imperativa per portare a termine la transizione ecologica che Bruxelles ha messo a fondamento di tutta la sua azione di rinnovamento. Dunque, quello della reciprocità è un tema sensibile, bisognoso di slancio politico, di coerenza con le strategie commerciali, di uniformità tra quello che si chiede agli agricoltori europei e quello che ci offrono gli agricoltori che producono all’esterno del mercato comune.
Una visione, se possiamo dirlo, che pare calarsi alla perfezione anche all’interno del mondo apistico e delle sue piccole vicende che però vanno sempre lette alla luce di quello che si pensa, si dice e si fa a Bruxelles: perché le cose viste dal buco della chiave da noi Apicoltori valgono poi per tante altre valutazioni. Le cose dette dal Ministro francese, ad esempio, non si sono sentite altrettanto chiaramente in precedenza e, oggi, sembrano rimettere in discussione tanti argomenti cari agli apicoltori e finora sempre rinviati. Il ministro Julien Denormandie, sebbene non faccia espliciti riferimenti all’apicoltura, come aveva invece fatto il suo collega Joše Podgoršek sia in apertura sia in chiusura del semestre sloveno, ci dice però perché questa faccenda riguarda anche noi. E a rinforzarne l’autorevolezza le parole di Denormandie riemergono in quelle del Commissario europeo all’Agricoltura, il polacco Janusz Wojciechowski: «L’Europa risponde ai più alti standard di produzione: alimentari, sanitari, veterinari. Stiamo parlando delle
norme più stringenti del mondo ed è dunque ora di convincere i nostri partner e i nostri concorrenti che la situazione è uguale per tutti, altrimenti non potremo mai raggiungere gli ambiziosi traguardi ambientali che ci stiamo prefiggendo in questi anni».
UN’EUROPA DELLA RECIPROCITÀ
I giornalisti in conferenza stampa, non a caso, proprio su questo invitano il ministro francese a maggiori chiarimenti e lui non si lascia sfuggire l’occasione: «Quello della reciprocità è un tema che fino a qualche anno fa non poteva neanche essere discusso», quasi fosse un tabù quello di andare a vedere come veniva prodotto il cibo necessario all’Europa in altre parti del mondo (e ancora una volta basta immaginare come questo discorso diventi calzante alla perfezione anche quando parliamo di miele e altri prodotti dell’alveare).
«Se da un lato la nostra missione alimentare sia quella di nutrire, dice convincente Denormandie, l’efficacia di questa azione dipende sempre di più dalla reciprocità perché i sistemi produttivi non possono essere divergenti e lontani dalle norme europee: non è accettabile che un prodotto agricolo dei Paesi terzi faccia concorrenza ad un prodotto europeo, nello stesso mercato, ma con metodi e norme differenti. Qui si tratta della nostra sovranità, della volontà di difendere i nostri produttori, il nostro ambiente, ma anche di verificare se i prodotti che vengono dall’estero sono ottenuti facendo
danni ambientali o accettando parametri e prodotti inquinanti». Dunque si profila una nuova linea, potremmo chiamarla la “dottrina Denormandie” che non è per niente lontana dal sentiment del mondo apistico e agricolo al tempo stesso: «Avere una poli-
tica uniforme sui limiti massimi dei residui di un alimento costituisce un elementare principio di reciprocità e di questo, d’ora in avanti, vogliamo che si tenga debito conto. E non solo tra Unione europea e Paesi terzi, ma anche tra Stati membri dello stesso mercato unico». Sembra ovvio, ma finora nessuno aveva messo sul tavolo la questione in modo così netto, ele-
mentare, chiaro e condivisibile. Del resto, lo dice il ministro francese al pari di come potremmo dirlo o sottoscriverlo da apicoltori o cittadini europei, l’aumento delle importazioni non ha senso quando gli altri competitori usano prodotti e sistemi che noi in
logiche e alle preoccupazioni del mondo apistico per capire che il semestre di presidenza francese dell’Unione europea è qualcosa che ci riguarda da vicino.
METTER MANO
ALLA DIRETTIVA MIELE
quadro di forte criticità che sta ridimensionando la nostra capacità produttiva.
Europa vietiamo. Ecco perché non si può favorire l’importazione solo guardando alla libera circolazione delle merci nel nostro mercato: serve un’armonizzazione che produca come effetto concreto l’annullamento della concorrenza sleale.
Basta calare questo discorso dell’insediamento del Presidente dei Ministri Agricoli europei alle
Le problematiche che Julien Denormandie ha sottolineato destano la preoccupazione di molti Stati membri e riguardano il mercato di molti prodotti, incluso il miele. A queste preoccupazioni bisogna dare risposte che possono dirsi “soluzioni” e non rinvio o accantonamento dei problemi. Se si tratta di un inizio al quale vogliamo e dobbiamo a ragione dare piena fiducia, non mancherà la verifica che a stretto giro potremo effettuare riguardo alle modifiche sulla Direttiva del Miele. Un dossier che sta molto a cuore agli apicoltori francesi, non meno di quanto stia a cuore di quelli italiani, e che la presidenza di turno dell’Unione europea non può e non deve farsi sfuggire: il ministro sloveno ha detto chiaramente, scambiando il testimone con il collega francese, che l’opera avviata è stata portata sul tavolo del Commissario e di tutta la Commissione: una modifica sulla direttiva miele che contraddica il programma di lavoro della presidenza francese dell’Europa metterebbe in discussione l’immagine del ministro, del governo, del programma che Parigi intende fortemente rispettare. È qualcosa di più di una speranza, è ciò a cui anche noi apicoltori italiani ed europei dobbiamo mirare se vogliamo sopravvivere nel
Del resto, quello della reciprocità anche sul versante veterinario è un tema che torna di estrema attualità proprio adesso che sta entrando in vigore in tutto lo Spazio economico europeo il Registro Elettronico dei Trattamenti Veterinari. 650.000 apicoltori dovranno adeguarsi, vogliamo proprio vedere se ciò accadrà in tutti gli Stati membri e, al tempo stesso, fuori dal mercato comune europeo. E questo, un tecnico come Denormandie non può certo far finta di non saperlo.
Post scriptum: a Bruxelles, durante la cerimonia d’insediamento, c’erano tutti i ministri agricoli degli Stati membri salvo quelli di Cipro, Danimarca e Italia. Ad ascoltare il nuovo Presidente del Consiglio Agricolo c’era un alto funzionario della nostra rappresentanza diplomatica, che di certo avrà riferito puntualmente al Ministro Stefano Patuanelli. Ne riparleremo dopo il prossimo Consiglio agricolo, fissato per inizio febbraio. Certi che la cooperazione bilaterale rafforzata, tra Francia e Italia, preveda un margine di recupero adeguato per quell’amico delle api che il ministro italiano dell’agricoltura ha più volte dimostrato di saper essere. E che, se lo sarà davvero anche nei rapporti con il suo omologo francese, di certo potrà dare buoni frutti a tutta l’apicoltura europea.
QUANDO L’INVERNO NON C’È
COME ASSECONDARE LA RIPRESA SFRUTTANDO IL CLIMA CHE CAMBIA
di Alberto GuernierSiamo ancora in pieno inverno, eppure la mia testa, e probabilmente anche la vostra, non riesce a smettere di domandarsi se quest’anno l’acacia si farà... credo sia naturale dopo tanta penuria!
Per avere una risposta dovremo aspettare ancora un bel po’ di mesi, nel frattempo, a partire da ora, dobbiamo lavorare affinché tutto sia nelle migliori condizioni quando sarà il momento.
“Per anni ho aspettato che tornasse l’inverno”, potrebbe essere il titolo di un racconto che, se non possiamo fare già ai nostri figlioli, sicuramente potremo narrare ai nostri nipoti; perché di quell’inverno, che copriva di gelo e di neve per lunghi mesi i nostri alveari, non ci sarà inesorabilmente più traccia negli anni a venire.
Di fatto, già quasi non esiste più il lungo periodo di gelo in cui le api restavano senza allevare covata; al caldo del glomere fitto, in attesa di qualche rara giornata di sole, le api come sappiamo trascorrevano i lunghi mesi invernali, senza allevare covata, senza bottinare, con pochissimi brevi voli, relegati ai momenti occasionalmente più caldi al fine di svuotare l’ampolla rettale
dalle scorie accumulate nel tempo. Si è cancellata, con questo clima nuovo, una pagina di apicoltura e di tecniche apistiche legate ad un importante periodo: l’invernamento e l’uscita dall’inverno; ma questo servirà comunque a scriverne altre. Continuare a fare finta che l’inverno sia quello di prima, non ci aiuterà, tanto meno aiuterà le nostre api che hanno dovuto già da qualche anno, modificare il loro comportamento. Questo che viviamo è un periodo
CREARE LE CONDIZIONI CON IDONEI STRUMENTI
di transizione, nonostante non sia ancora ben visibile la meta verso la quale siamo destinati; dunque non possiamo far altro che azzardare delle misure che assecondino ed agevolino il più possibile la vita delle api, che ostinatamente continuiamo a voler allevare.
Il blocco della covata invernale, per esempio, è un tentativo di ricreare artificialmente quella condizione che non esiste più: esso ci consente di trattare le api in modo sicuro ed efficace eliminando tutti i problemi legati alla mancanza di blocco naturale opportunamente prolungato.
Il periodo in cui è possibile e proficuo bloccare la regina all’interno del glomere con una gabbietta ido-
nea, per un ciclo variabile di 30-60 giorni, va generalmente a rispecchiare quello che era il blocco in natura: novembre-dicembre, non oltre comunque la metà di gennaio al nord.
Il trattamento disinfestante, in questo caso, può essere tranquillamente effettuato con uno o due interventi con acido ossalico gocciolato (con prodotti regolarmente registrati), anche se ormai è abbastanza consolidato l’utilizzo degli apparecchi sublimatori, con i quali vengono eseguiti svariati trattamenti al mese, questo con l’intento di abbattere il maggior numero di acari possibile.
Quindi, seguendo questa logica, ora che le api sono state ripulite e la regina sbloccata, le giornate di sole faranno il resto e potremo apprezzare, visitando gli alveari, una marcata deposizione di porzioni di favo decisamente superiori a quanto eravamo abituati.
Questa partenza, repentina e anticipata, ha delle insidie perlopiù legate ancora alla carenza di importanti quantità di polline di buona qualità; un fattore dovuto sia alla stagione in sé, ma anche al patimento da parte di quelle piante che non hanno goduto dell’inverno e adesso stentano.
È auspicabile che la natura in qualche modo, con gli anni, riesca ad adeguarsi a questa nuova situazione, ma nel frattempo possiamo intervenire con l’utilizzo di un’alimentazione integrativa a base di aminoacidi essenziali. In commercio ormai ne esistono veramente di molti tipi; l’importante è seguire i tempi e le dosi in modo scrupoloso, evitando magari quei prodotti che non danno la sicurezza di essere di ottima qualità.
Siamo probabilmente arrivati al punto in cui, il solo apporto zuccherino, la semplice stimolazione, non solo non sono sufficienti, ma
rischiano probabilmente di fare danni se non riusciamo ad assicurare nel contempo anche quella parte di nutrizione proteica che ormai manca in natura.
Se è vero che non possiamo interferire con l’andamento stagionale, ci è dunque possibile oggi, a differenza di un tempo, andare a colmare quelle lacune nutrizionali consentendoci probabilmente addirittura di trarre un certo vantaggio da questo nuovo andamento climatico; è una sfida, un’altra tra le tante. Oggi però iniziamo ad avere nuove armi a disposizione.
Calibrato il tutto, non è impossibile che questo nuovo modo di gestire le api, non ci porti magari a risolvere quei problemi di allevamento che negli ultimi anni spesso andavano a sommarsi rendendo ancora più difficile il raggiungimento di obiettivi soddisfacenti.
GuernierVIGILE SORVEGLIANZA
ASCOLTARE ANCHE SOLO IL BRUSIO
di Maurizio Ghezzi TETTI SEMPRE IN ORDINE E LEGNI MAI FESSURATIFinalmente fa un salutare freddo e la neve riesce a fare la sua comparsa anche in pianura. Sappiamo bene quanto poco auspicabile sia la presenza di un inverno caratterizzato da temperature quasi costantemente primaverili, come sempre più di frequente se ne vedono; situazione, questa, che comporta la continua presenza di covata negli alveari. Tale condizione climatica, infatti, favorisce lo sviluppo delle varroe rendendo il mite inverno disastroso per quanto riguarda il controllo
e il contenimento dell’infestazione dei nostri alveari da parte di questo terribile parassita e dalle conseguenti sovrainfezioni virali ad essa connesse.
Durante il periodo più freddo (specie nei mesi di gennaio e febbraio) le api trascorrono serenamente all’interno dei loro nidi la fase dell’invernamento. Le famiglie nell’alveare si stringono in glomere e attraverso la contrazione dei loro muscoli mantengono una temperatura interna pari e/o di poco superiore ai 12 °C a prescindere da qua-
le che sia la temperatura esterna. Durante questo periodo di scarsa se non assente attività in apiario è comunque buona cosa mantenere un atteggiamento di vigile sorveglianza per cui non scordiamoci, di tanto in tanto, di passare a fare un giro fra i nostri alveari. Appoggiamo delicatamente il nostro orecchio alla parete dell’arnia per vedere se si riesce a percepire un rassicurante brusìo: sarà infatti indice che nel nido tutto sta procedendo come deve. Controlliamo il posizionamento dei tetti delle nostre arnie per assicurarci che siano tutti ben saldi ed evitare che un’improvvisa tormenta di vento, come frequentemente può accadere in questo periodo della stagione, ne sollevi qualcuno scoperchiando così l’alveare ed esponendo la colonia contenuta al suo interno a un pericoloso e grave rischio. Verifichiamo lo stato del legno delle pareti dei nidi: esse possono esser state danneggiate da una martora e/o da qualche faina, soprattutto non sottovalutiamo l’attività del picchio verde che con il suo potente becco riesce a scalfire l’integrità della parete di legno creando pertugi attraverso i quali le gelide correnti d’aria possono raffreddare il giusto tepore presente nel nido portando a morte le nostre preziose operaie. Nel caso riscontrassimo qualche danneggiamento alle pareti dell’alveare provvediamo immediatamente a porvi rimedio richiudendo il buco con un tassello in legno piuttosto che un francobollo in polistirene. Il riposo vegetativo dei mesi invernali consente di effettuare le
potature delle piante: approfittiamone per tagliare tutti quei rami che causano un eccessivo ombreggiamento dell’apiario favorendo insorgenza di umidità, possibile causa di sofferenza per le nostre famiglie.
Se quest’inverno è stato e sarà foriero di abbondanti nevicate provvederemo a rimuovere la neve che staziona davanti alle porticine di volo: essa è permeabile ai gas e consente comunque uno scambio d’aria fra interno ed esterno del nido, ma qualora le gelide temperature la trasformassero in ghiaccio si creerebbe una condizione in cui la ventilazione all’interno del nido potrebbe venir compromessa. Posiamo sulla neve antistante all’alveare uno pannello in polistirene (fissandolo al suolo con una pietra) e/o un asse di legno per impedire che le api nelle brevi uscite possano appoggiarsi sull’accumulo freddo, la qual cosa le renderebbe incapaci di decollare condannandole a morte certa.
Superata questa fase ci avvicineremo all’esordio di una nuova stagione apistica. Nel lento trascorrere di questo periodo il guardiano delle api può permettersi giornate relativamente tranquille, senza però scordarsi di buttare un occhio all’apiario per evitare che questo periodo di relativa calma si trasformi in un periodo di pericolosa negligenza.
Poi le giornate inizieranno progressivamente e costantemente ad allungarsi mentre fra gli arbusti inizierà il debutto delle fioriture del nocciolo e le famiglie all’interno delle loro casette continue-
ranno, fortunatamente, a proteggersi dal freddo consumando pian piano le loro riserve alimentari. In questa ideale condizione il peso dell’alveare diminuisce in media di 500/1000 grammi al mese. Accertiamoci che le arnie non diventino troppo leggere, in caso contrario non esitiamo a somministrare del candito che sarà molto gradito alle nostre amichette e ci aiuterà a non lasciar morire di fame le preziose famiglie che custodiamo. È questo, per noi apicoltori, anche il momento durante il quale possiamo goderci un piccolo ma meritato riposo; utilizziamo questo tempo per terminare di leggere quelle riviste e/o quei libri di apicoltura che avremo sicuramente trovato sotto l’albero il giorno di Natale.
Verso il finire di gennaio e l’inizio di febbraio, un pochino più tardi nelle zone maggiormente a nord e/o collinari, all’interno del nido riprenderà anche l’attività di cova da parte della regina. Le giornate più lunghe e la maggior intensità di luce che riuscirà a passare all’interno dell’alveare, introducendosi dalla porticina di volo, stimolano le api a consumare una più grande quantità di miele e di polline e a produrre più pappa reale per sostenere la regina nella sua attività di deposizione.
In una bella e tiepida giornata, passata la prima metà di febbraio, potremmo provare a rimuovere il tetto dell’arnia e a posare la nostra mano sul coprifavo e se avvertissimo un piacevole tepore, cosa sicuramente molto auspicabile, sarà il segno che ci troviamo alla presen-
za di una famiglia forte e vigorosa. Se altro tempo ce ne rimane, non sprechiamolo, utilizziamolo per far pulizia intorno ai nostri alveari rimuovendo rovi e sterpaglie che impediscono alle api di aver un buon ricambio d’aria all’interno del nido e a noi di avere un comodo passaggio da utilizzare per posare e rimuovere i melari quando sarà giunta l’ora. Come sostiene un vecchio e saggio detto: “Là dove la carriola non passerà la schiena dell’apicoltore certamente soffrirà”. Permettetemi, a questo proposito, un consiglio da vecchio e consumato ortopedico: lavoriamo sempre utilizzando un corsetto semirigido, quando si è giovani le fatiche ci scivolano addosso,
ma con il passare delle primavere arriverà il giorno in cui la nostra colonna vertebrale non smetterà di rinfacciarci tutte le strenue fatiche alle quali l’abbiamo sottoposta nei tanti anni di duro lavoro!
Anche se le arnie sono ancora discretamente pesanti, segno che in esse sono presenti delle buone riserve di cibo, in questo periodo preferisco comunque somministrare del candito: sarà sicuramente cosa gradita che permetterà alle mie apette di risparmiare consumo del miele e del polline immagazzinato nella precedente stagione, così che esse, eventualmente, potranno utilizzare questa preziosa riserva alimentare sul finire di marzo e a inizio aprile in eventuali periodi di
giornate perturbate caratterizzate da costante presenza di lunghe e abbondanti piogge.
Non trascuriamo le attività di magazzino: ripariamo le vecchie arnie, puliamole, riverniciamole con impregnante a base di olio di lino cotto e/o secondo le nostre personali abitudini e preferenze. Approfittiamo anche di queste giornate non solo per ridipingere le vecchie arnie, ma anche per disinfettarle e, a mio avviso, una più che soddisfacente disinfezione la possiamo ottenere con un vigoroso passaggio di fiamma all’interno della cassa grazie all’impiego di un “chalumeau” (un cannello a gas, ndR). Ci occorrerà per “flambare” bene fino a che non vedremo il legno diveni-
Modulo d’ordine Sigilli
NOME
re di colore bruno così avremo la certezza di aver eliminato la quasi totalità dei germi che in esso si annidano: ricordiamo, infatti, che le spore della peste resistono fino alla temperatura di 140 °C. Se invece possediamo delle arnie di plastica, occorrerà lavarle all’interno con della soda caustica, non prima di aver indossato tutte le protezioni necessarie al fine di proteggere i nostri occhi e il nostro corpo. In questi mesi si organizzano, Covid permettendo, molti corsi di apicoltura, se avete partecipato ad uno di questi e la vostra intenzione è quella di debuttare in tale meravigliosa disciplina, qual è l’apicoltura, ora è il periodo opportuno per acquistare il materiale necessario cominciando proprio dalle arnie ricordando che le api nel bene e nel male si adattano a qualsiasi tipo di spazio per cui saremo noi a dover scegliere il tipo di arnia più consono al modello d’apicoltura che abbiamo deciso d’intraprendere. Sul finire di febbraio noi, così come le nostre apette, inizieremo a intravvedere l’avvicinarsi di una prossima primavera che presto verrà a bussare alle porte, è giunto il momento di sintonizzarci al meglio sulle frequenze dei nostri alveari per sostenere nel migliore dei modi le nostre guerriere rombanti nel momento della piena ripresa della loro attività.
Vi saluto augurandovi che la prossima stagione sia davvero, per tutti noi e per le nostre stupende operaie, una stagione piena di gioia e di grande soddisfazione!
Maurizio GhezziINIDIRIZZO CAP LOCALITÀ PROVINCIA TELEFONO 1 TELEFONO 2
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Compilare chiaramente e inviare alla: FAI-FEDERAZIONE APICOLTORI ITALIANI Corso Vittorio Emanuele II, 101 Email commerciale@faiapicoltura.biz
Autorizzo l’utilizzo dei miei dati personali ai sensi dell’art. 10 della legge n. 197/03 (Tutela della Privacy) e acconsento al loro trattamento per il perseguimento degli scopi statutari della FAI-Federazione Apicoltori Italiani. SI NO
LA PIGRIZIA DELLE API È UN SEGNALE D’ALLARME
CONTROLLO COSTANTE ALLE SCORTE E AGGIUNTA DI CANDITO
di Giacomo PerrettaAVANZA IL TEMPO SI PENSA ALLA DIDATTICA
L’inverno è iniziato da pochi giorni e già si fa sentire con le sue temperature; certo che sebbene siano questi i giorni storicamente più freddi dell’anno, sarà presto di nuovo presente la covata e quindi dovremo comportarci di conseguenza. È sempre bene controllare la tenuta degli alveari e le protezioni esterne se ce ne sono; aprendoli anche per pochi istanti nelle giornate e nelle ore più calde, occorre controllare le fonti di alimentazione. Se le api sono in movimento, una volta
alzato il coprifavo, il pacchetto di candito e il livello di consumo sarà facilmente visibile e qualora non ce ne fosse a sufficienza non abbiate indugi: aggiungere un pacchetto di candito in questo periodo è importante visto che troveremo presto un po’ di covata e questa sappiamo consuma molto; inoltre lo sforzo delle api aumenta a causa del lavoro per tenere una temperatura adatta allo sviluppo della covata. Con l’arrivo di Febbraio sarà necessario avere più attenzione all’alimentazione, ma le aperture dell’alveare dovranno avvenire solo se le temperature e le condizioni atmosferiche lo consentono; controllando la mobilità delle api davanti al predellino di volo possiamo raccogliere molte indicazioni sullo stato di salute della famiglia. Voli energici, veloci e vivaci dimostrano un buono stato di salute, al contrario voli pigri quasi scostanti devono farci sospettare e quindi è meglio guardare all’interno.
L’importazione di polline in questo periodo sarà prevalente su quella del nettare che è quasi inesistente: di qui la necessità di alimentare se la covata inizia a svilupparsi e se
APIARIO DIDATTICO
Che cos’è un apiario didattico? Un progetto i cui scopi sono molteplici, in primo luogo entrare in rapporto sinergico con le api al fine di arricchire un programma di formazione ambientale. Con ciò permettendo ai visitatori di ottenere quella familiarità necessaria a conoscere questi straordinari e utilissimi insetti. Conoscenze che in parte si veicolano mediante cartelli e materiali didattici, ma soprattutto visitando gli alveari in sicurezza e con la guida di un apicoltore; ma l’apiario didattico di cui vi stiamo parlando ha qualcosa in più.
A Marcon, nella provincia di Venezia, è nata un’iniziativa la cui finalità didattica non si esaurisce nelle immagini dei poster o nelle spiegazioni dell’apicoltore; qui si possono trovare informazioni aggiuntive sulla vita delle api, fare una visita in tutta sicurezza all’interno dell’alveare, osservare attraverso una parete di vetro (alveare trasparente) all’interno di una casetta in legno che funge anche da aula e laboratorio sperimentale. I visitatori possono accostarsi all’arnia trasparente cui è collegato un particolare apparato che permette di respirare l’aria che proviene dall’interno dell’alveare: una vera esplosione di profumi e di aromi, facendo così percepire oltre all’uso dell’olfatto e del tatto o la visione del bellissimo volteggiare delle api all’ingresso dell’alveare, anche il suggestivo ronzio la cui frequenza è riconosciuta come calmante e rilassante. E’ così che il tutto ci riempie di piacere. L’impegno per quest’attività è del Gruppo Marcon (VE) dell’Associazione APATApicoltori in Veneto, aderente alla FAI-Federazione Apicoltori Italiani. Tra i promotori attivi si distinguono Carlo Cattai e Gian Paolo Nadali che ci tengono a sottolineare come questa iniziativa sia stata supportata da tutte le autorità territoriali, il Sindaco Matteo Romanello, l’Assessore all’Ambiente Valeria Salvati e il locale Consorzio di Bonifica con Silvano Borile. Non deve dunque sorprendere la soddisfazione del presidente APAT Stefano Dal Colle che ha voluto sottolineare la rilevanza dell’iniziativa del gruppo di Marcon e ringraziando tutti i collaboratori che hanno permesso la realizzazione del progetto. La “Casa delle Api”, così è stata nominata la casetta che accoglierà i visitatori durante le loro escursioni, sorge presso l’Oasi naturalistica Cave di Gaggio Nord, località ideale collocata nella riserva naturale della Rete Natura 2000, sito di rilevanza comunitaria. Questo approccio all’apicoltura e alla natura che la circonda è molto suggestivo: l’apicoltore con questo metodo di divulgazione fa entrare in empatia con l’ape le persone coinvolte attraverso la stimolazione di tutti i sensi. L’esempio concreto di uno dei tanti lavori, all’apparenza non produttivi, svolti dall’Apicoltore con la A maiuscola. G.P.
tutto andrà bene fino ad inizio di primavera.
Non ci sono altre cose da fare in questo periodo invernale se non quella di riordinare il magazzino, verificare le condizioni degli alveari vuoti e prepararne qualcuno che andrà a sostituire ciò che in apiario ha la necessità di una ristrutturazione.
IMPEGNATI NELLA DIDATTICA
In questi mesi invernali l’impegno fisico degli apicoltori si alleggerisce, ma come spesso succede si intensificano le attività didattiche e culturali: c’è sviluppo attivo tra le Associazioni che organizzano corsi di formazione, ci si trova tra colleghi per uno scambio di informazioni, la pandemia stimola incontri telematici che stanno vivendo un momento di notevole successo.
Ci piace così segnalare (vedi riquadro) una lodevole iniziativa, quella dell’ “Apiario Didattico” installato di recente a Marcon (VE), che come molti altri presenti in giro per l’Italia legano intimamente api, apicoltori e ambiente portando il nostro mondo alla portata e alla conoscenza di tutti.
E’ importante qui sottolineare che questo tipo di approccio - promosso da chi con pochi alveari è in grado di entrare in contatto con la società civile - è un esempio che merita tutta la nostra riconoscenza verso quegli apicoltori che illustrando l’utilità delle api danno dignità al lavoro di ciascun allevatore, piccolo o grande che sia. E anche questo è un impegno da tenere a mente nella nostra agenda dei lavori.
Giacomo PerrettaPREPARARSI A FINE INVERNO
LA RIPRESA SI FA SEMPRE PIÙ CRITICA ATTENZIONE AL COLLASSO PER FAME
di Matteo GiustiLa fine dell’inverno coincide con l’inizio di uno dei momenti fondamentali della biologia dell’alveare: la ripresa primaverile, quando la regina inizia nuovamente a deporre uova, la superficie dei favi coperta da covata comincia a crescere e le attività di bottinamento delle operaie riprendono in maniera sistematica, ovviamente tempo permettendo. Un momento che in alcune zone del Centro Italia può iniziare già dalla seconda metà di gennaio, complici l’allungamento delle ore di luce delle giornate e le prime fioriture pollinifere, in particolare dei noc-
cioli oltre che di altre piante, come ad esempio le mimose, che stanno fiorendo sempre più precocemente, ben prima dell’8 marzo. Un periodo di ripresa che poi prosegue più o meno lentamente, a seconda dell’altitudine, dell’esposizione e della zona, e procede fino a marzo-aprile quando inizierà la sciamatura. Questa fase della ripresa primaverile però, negli ultimi anni, sta diventando uno dei periodi più critici per la sopravvivenza delle famiglie, principalmente a causa dei cambiamenti climatici che tendono ad alternare giornate miti, anche in pieno febbraio, a lunghi periodi di
perturbazioni e ritorni di freddo, che spesso si protraggono per buona parte della primavera. La criticità di questo momento è dovuta al fatto che da un lato la colonia cresce, facendo aumentare la covata da accudire, ma dall’altro iniziano a scarseggiare le scorte invernali. L’andamento altalenante del meteo poi rischia di generare squilibri, perché nelle giornate miti l’attività di raccolta delle bottinatrici riparte stimolando anche l’ovideposizione della regina, ma poi i ritorni di mal tempo possono bloccare tutto, lasciando le famiglie con poche scorte, con covata da accudire e senza entrate di raccolto dall’esterno.
Una situazione che se non gestita può portare al collasso per fame delle famiglie in poco tempo. Con la covata sempre più estesa i fabbisogni energetici, e quindi di cibo, dell’alveare aumentano sensibilmente e le scorte che in condizioni di blocco di covata o di quasi blocco potevano essere sufficienti
per diverse settimane, ora con diversi decimetri quadrati di covata possono essere sufficienti per pochi giorni. Scaldare oltre i 30 °C il centro del glomere o estese porzioni di favo con larve e pupe, infatti, non è la stessa cosa e i consumi crescono velocemente, spesso non quanto le quantità di nettare raccolte. Il controllo delle scorte, e dei consumi delle scorte, è quindi un lavoro fondamentale da fare in questo periodo, per poter intervenire in maniera tempestiva con l’alimentazione di soccorso se ce n’è la necessità. I controlli devono quindi essere organizzati in modo frequente e costante, tenendo conto del meteo. L’uso delle bilance elettroniche può essere molto utile per monitorare la situazione e l’andamento dei consumi e dell’attività di raccolta, ma non basta. Le bilance infatti vengono usate di solito una per apiario, e danno quindi una informazione a campione. Una informazione che è utile per avere un’idea generale, ma in definitiva è valida in senso stret-
to solo per l’alveare su cui è istallata la bilancia stessa, dal momento che le differenze tra alveare a livello di consumi e di raccolta possono essere molto marcate, anche nello stesso apiario e anche tra famiglie di forza simile.
La nutrizione di soccorso da dare in questa fase deve essere sempre basata sul candito, che poi potrà essere sostituito da sciroppi ad alta densità con l’avanzare della stagione. L’uso di sciroppi, in particolare quelli non troppo concentrati, rischia infatti di stimolare ulteriormente l’ovideposizione, una cosa che nelle ultime fasi dell’inverno può essere controproducente dal momento che rischia di far aumentare i fabbisogni energetici, soprattutto se la primavera stenta a partire o a rimanere stabile. Lo stesso vale per i canditi proteici, anche questi stimolatori di covata, che debbono essere presi in considerazione quando ormai la stagione tende a stabilizzarsi, sperando ovviamente che questo accada.
L’alimentazione di soccorso può esser fatta anche con favi di miele opercolato, messi preventivamente in magazzino in autunno, purché provenienti da famiglie in ottima salute per evitare il rischio di diffondere malattie. Con l’avanzare e l’affermarsi della bella stagione è possibile fare anche dei bilanciamenti di favi di scorte, se sono ancora presenti, tra famiglie in buona salute che eventualmente ne abbiano ancora molti, verso altre che ne abbiano pochi o nessuno.
Questa operazione invece non è indicata per la fase finale dell’inverno, perché si rischia di togliere ottime scorte naturali alle famiglie che le hanno, non sapendo ancora come procederà la stagione e rischiando di dover nutrire anche queste famiglie, quando magari
sarebbe stato possibile evitarlo. I bilanciamenti di covata e di api, in questa fase e almeno fino alla fine di marzo, sono invece ancora da evitare.
In questo periodo si deve poi iniziare a valutare se iniziare ad allargare le famiglie che si erano confinate su meno telaini di quelli disponibili in autunno, in modo da far spazio e da garantire un equilibrato sviluppo delle colonie. È sempre bene concedere un telaino alla volta, valutando di visita in visita il da farsi, in modo da non concedere troppo spazio alle api, riducendo così la loro efficienza di termoregolazione, che soprattutto di notte continua ad essere molto importante.
Questo periodo dell’anno è anche il momento migliore per eliminare
i favi vecchi da sostituire, visto che ora è il periodo che con più probabilità si possono trovare liberi da scorte di miele di polline e da covata, soprattutto se si è avuto cura di metterli in posizione esterna durante le visite di pre-invernamento. Un occhio attento poi va dato al controllo sanitario. In questo periodo la varroa dovrebbe essere sotto controllo, se i trattamenti invernali sono stati fatti bene, mentre con la ripresa della covata è possibile, e importante, monitorare lo stato di salute di larve e pupe per poter tenere sotto osservazione situazioni a rischio o per intervenire prontamente in caso di sintomi di malattie, quali pesti o covata calcificata.
“ESCALATION” DI PERDITE INVERNALI
UN’INSIDIA LEGATA A TANTE VARIABILI MA MOLTO SPESSO DOVUTA ALL’INCURIA
di Santo PanzeraNelle fredde e piovose giornate invernali, che stanno caratterizzando anche il nostro Sud e che ci costringono a stare lontani dalle nostre amate api, almeno con l’azione ma non con il pensiero, alla luce delle ultime annate con tanto fumo ma poco “arrosto” (miele), da coscienziosi e saggi apicoltori, non possiamo non abbandonarci ad alcune riflessioni: • le certezze del nostro essere apicoltori, maturate nel corso de-
gli anni, sembrano venire meno a causa del dominio sul nostro agire in apiario di fattori esterni imprevedibili ed ingovernabili, legati alle bizzarrie climaticobotaniche;
• l’amara consapevolezza che la partita del nostro futuro di apicoltori si gioca su un campo sempre più ampio e ricco di insidie, che mettono a dura prova l’efficienza dei nostri apiari. Con viva preoccupazione ci ac-
LA RIGIDITÀ NON PAGA PIÙ LE REGOLE SIANO FLESSIBILI
corgiamo sempre più come, sulle nostre pur robuste spalle di apicoltori, gravi pesantemente un ingombrante fardello costituito da una miscela, sempre più in sconvolgimento ed esplosiva, di fattori endogeni ed esogeni all’alveare. La Natura, da sempre madre grande, generosa e premurosa per noi apicoltori, negli ultimi anni sembra non esserlo più, comportandosi da insensibile e perfida matrigna. Non bisogna cadere però nella facile tentazione di lamentarsi e dare la colpa a tutto ciò che è attorno a noi, senza analizzare con scrupolo il nostro operato, la nostra tabella di marcia, rilevandone le criticità e le nostre inadempienze. Durante l’inverno, un grave pro-
blema sul quale riflettere è la perdita di famiglie di api, soprattutto se consideriamo che su ogni famiglia morta abbiamo lavorato parecchio, dedicandovi oltre che tempo anche cure e spese in nutrizioni e presidi sanitari. La perdita invernale di famiglie di api è un effetto domino che inizia in sordina, per poi divenire rilevante, catastrofico e purtroppo irrimediabile, in quanto nel periodo freddo non si recupera più nulla; inoltre, essa non riconosce un unico “perché”, non è dovuta quasi mai ad un’unica causa, ma ha una genesi multifattoriale. Una cosa è comunque certa: nel fare apicoltura, alla luce delle vecchie e nuove insidie e complicazioni che gravano pesantemen-
te su questa nobile arte, non ci si può basare sulla filosofia “ottenere il massimo con il minimo sforzo”; non si può guardare alle api come “mucche da mungere”, da “torchiare” il più possibile. Tale filosofia, associata all’incuria, crea un binomio distruttivo che ha come unico ed inevitabile risultato quello di ritrovarsi le arnie vuote. Infatti, le perdite di api, tralasciando quelle a livelli fisiologici, comuni ad ogni allevamento, molto spesso hanno una causa ben precisa: l’incuria. Si badi bene, tale incuria è molto pericolosa in quanto, dato il particolare carattere dell’allevamento apistico di essere aperto a 360° sul territorio circostante e le conseguenti implicazioni, oltre che api-
stica è un’incuria di tipo territoriale, ambientale, culturale. Inoltre, perdere le api non significa solo aver perso del tempo e rimetterci economicamente, ma anche perdere, giorno dopo giorno, quella sana autostima e quel vigile ottimismo che da sempre ci caratterizzano come apicoltori. Per evitare, o almeno contenere a livelli fisiologici tali perdite, risulta necessario operare un’azione preventiva durante tutto il corso dell’annata apistica, facendo tesoro delle parole del grande maestro di apicoltura Gaetano Malagola: “l’Ape fa ricco l’apicoltore senza spesa, ma non senza attenzione”.
L’apicoltore saggio e competente programma con scrupolo le operazioni e gli interventi in apiario, sempre attento ad avere dei piani B in caso di insuccesso dei piani A o di loro inapplicabilità per
imprevisti sopravvenuti; è ben consapevole che l’apicoltura non è fatta esclusivamente di regole e tempistiche rigide, ma soprattutto di strategie flessibili e sempre adattabili a situazioni mutevoli da un anno all’altro. Egli ormai ben sa che, per far fronte alle avversità vecchie e nuove che minacciano la propria attività, deve lavorare con grande accortezza, recuperando la capacità di aggregarsi, di condividere genuinamente conoscenze, competenze e corrette modalità operative. Infatti, la sopravvivenza delle api è il risultato di una serie di azioni ed interventi messi in atto negli alveari già ad inizio stagione, per poi continuare a lavorare bene nel corso di tutto l’anno, operando non nell’ottica della nostra proverbiale “inventiva apistica”, con tempi e dosaggi lasciati molte volte al caso ed alla discre-
zione di ognuno, ma seguendo precisi protocolli operativi, su base possibilmente territoriale.
Ripercorrendo “a volo d’ape” le azioni da mettere in atto con scrupolo in apiario, allo scopo di limitare il più possibile la perdita di api, esse comprendono:
• operare il ricambio primaverile dei telaini vecchi con nuovi, per favorire lo sviluppo regolare delle famiglie, con api sane e ben nutrite;
• controllare con atteggiamento vigile l’infestazione da varroa, monitorando la caduta sia posttrattamento che naturale, senza cullarsi sulla convinzione che tutto sia a posto e dormirci sopra, ma invece sempre pronti ad intervenire con tempestività;
• controllare la regolarità di ovodeposizione della regina, per verificare se sia il caso di cambiarla;
• eliminare le famiglie troppo deboli unendole, sfruttando il fatto che le famiglie forti fronteggiano meglio ogni avversità;
• nutrire le api dopo il raccolto, soprattutto in assenza di fonti di bottinaggio, allo scopo di fornire
loro scorte, prolungare e stimolare l’ovodeposizione della regina, creare nelle api svernanti un abbondante corpo grasso che le renda più robuste e resistenti;
• invernare bene le api, restringendo le famiglie su spazi idonei e proporzionati alla loro popolosità, togliendo i telaini con favi scuri, mal costruiti, deformi ed i fogli cerei non alzati, in modo che le api si tengano più calde e disperdano minori energie.
Altre cause che, anche se abbiamo ben operato, possono concorrere alla perdita delle famiglie di api sono:
• il cambio spontaneo tardivo in autunno della regina, quando la famiglia manifesta già un calo di nascite di nuove api e risulta più difficoltosa la fecondazione della regina stessa per le giornate più fredde e la carenza di fuchi;
• l’influenza dell’andamento climatico sulla linearità dello sviluppo delle famiglie, per cui un clima mutevole ed altalenante produce covate altrettanto altalenanti,
con famiglie dallo sviluppo irregolare; • inquinamento delle fonti di nutrizione delle api, in un ambiente agricolo ostile per gli impollinatori, a causa dell’uso massiccio ed a cuor leggero di fitofarmaci di sintesi.
La verifica, la “cartina di tornasole” del nostro buon operato in apiario, sarà senza dubbio la buona ripartenza primaverile delle nostre colonie.
Infine, è quanto mai necessaria una presa d’atto: il terreno sul quale si gioca il presente e l’immediato futuro dei nostri allevamenti apistici è un rinnovato senso dell’ “ecologia dell’ape”, fondato su competenze ampie, coordinamento efficace e giusti orientamenti; si badi bene, non è solo una questione di redditività dell’attività apistica, ma sono in gioco delicati e globali equilibri economici oltre che un intero sistema agro-ambientale.
Santo PanzeraINTERROGHIAMO LE PIANTE
NEI LORO SINCERI COMPORTAMENTI
C’È LA CHIAVE DELLA SOPRAVVIVENZA
di Vincenzo StampaLa Jacaranda mimosifolia, una splendida sudamericana che all’inizio dell’estate ci regala spettacolari fioriture blu, è molto adoperata nell’arredo verde sia pubblico che privato. Dalle nostre parti (Sicilia occidentale), in inverno, la pianta ha da sempre perso le foglie: però negli ultimi cinque anni, di anno in anno, sempre meno e adesso, 20 gennaio 2022, è in pieno rigoglio vegetativo e non soltanto la pianta del mio giardino (Foto 1) ma tutte le piante delle periferie e delle ville di campagna nei dintorni di Trapani che mi sono preoccupato di andare ad osservare.
Dalla tabella si evince che, nonostante gli intensi fenomeni temporaleschi, l’inverno 2021/2022 è (almeno fino alla data odierna) decisamente caldo (7+8 giorni di temperatura al di sotto dei 7° C) poco meno di quello 2020/2021 (4+3 giorni di temperatura al di sotto dei 7° C).
Tabella climatica (*) Numero di giorni in cui la temperatura minima è scesa al di sotto dei 7 °C
(*) Dati riferiti alla stazione meteo dell’aeroporto di Trapani Birgi.
Prendere a riferimento le piante per valutare l’andamento climatico è una pratica che negli anni è stata molto utile, il comportamento delle piante è il risultato osservabile della misura quotidiana e continua di tutti gli eventi climatici stagionali; la jacaranda e non solo, non mente. Altra pianta da osservare è il mandorlo che si prepara a fiorire tra una decina di giorni (Foto 2), in linea con lo storico, ma questo non è un dato particolarmente signifi-
Avevamo parlato, sul numero 11/2021 di Apitalia (pagina 46), della biotecnica antivarroa nota come SpazioMussi® , dal nome dell’Apicoltore (Francesco Mussi) che l’ha messa a punto. Essa è basata sul principio che il maggiore distanziamento dei favi da nido agevola le api nel processo di “spulciamento” dagli acari di Varroa destructor.
L’Autore di questo articolo, Vincenzo Stampa, mostrava a tal proposito un’immagine dei due diversi distanziatori - uno a Spazio Dadant-Blatt, l’altro a Spazio Mussi - che hanno la stessa lunghezza (385 mm) ma una visibile differenza nell’interfavo (rispettivamente 13 e 20 mm) che, in pratica, determina un minor assembramento di api in un nido composto da 9 favi invece che da 10.
In sede di pubblicazione, la didascalia dei due distanziatori è stata invertita e quindi la riproponiamo qui nella maniera corretta, ringraziando il nostro attento lettore Egidio Pierobon che ci ha segnalato l’involontario refuso. Ce ne scusiamo con l’Autore, con i Lettori e con l’Ideatore.
cativo infatti l’ormone florigeno è attivato dalle ore di luce, altra cosa è la produzione di polline e nettare, negli anni scorsi questa fioritura, come quella dei fruttiferi in generale, non è stata visitata dalle api ed ha fatto il paio purtroppo anche con la fioritura degli agrumi. Ho già accennato all’ipotesi che addebita questo comportamento anomalo delle piante alle temperature invernali troppo elevate: se così è le prospettive non sono delle migliori anche se ancora di freddo ce ne possiamo aspettare, la fioritura del mandorlo ci darà l’indicazione necessaria. Il programma di conduzione degli
alveari dipende, oltre che dall’andamento climatico, anche dagli obiettivi produttivi che l’apicoltore si prefigge di raggiungere, certamente non si può spremere acqua dalle pietre, mettiamo in campo tutta la nostra esperienza di apicoltori per arrivare all’obiettivo con gli alveari nella massima forma, anche se ancora è presto per intervenire, se l’obiettivo è la produzione di miele.
Le prudenziali visite di controllo delle scorte non è detto che necessitano dell’apertura degli alveari, possiamo imparare a soppesarli sollevandoli appena dalla parte posteriore: questo presuppone, ol-
tre ad una certa esperienza, anche e soprattutto l’adozione di uno standard di composizione degli sciami nella fase d’invernamento; se proprio li dobbiamo scoperchiare aspettiamo una giornata di sole, non tanto per le api ma per permettere alla propoli di riadattarsi e chiudere gli spifferi tra coprifavo e nido.
Naturalmente si tenga presente che quello che succede da questa parte della Sicilia non si può calare pari pari dappertutto, però il criterio resta valido ed è semplice: “osservare, annotare, confrontare”.
Vincenzo StampaTRATTAMENTI VETERINARI
ENTRA IN VIGORE IL REGISTRO ELETTRONICO FINISCE L’ERA CARTACEA E SI PASSA ONLINE
di Daniela De FabritiisL’intento i questo nostro servizio è quello di far seguito alle numerose segnalazioni e richieste di chiarimento che giungono da tutta Italia in merito alla comunicazione che a mezzo posta elettronica è stata diramata dal Centro Servizi Nazionale delle Anagrafi Zootecniche avente per Oggetto “Comunicazione profilo Regi-
stro Elettronico dei Trattamenti” e indirizzata massivamente agli account dei “proprietari/detentori” di alveari registrati in BDA dell’Anagrafe Apistica Nazionale (vedi figura nella pagina).
La comunicazione riguarda, appunto, l’obbligatorietà delle registrazioni dei trattamenti cui dovranno attenersi tutti coloro che fanno ricorso a medicinali veterinari impiegati per la cura di malattie di tutte le specie animali che producono alimenti, ma anche di quelle da affezione (PET). Tale adempimento è stato introdotto da un complesso sistema di norme comunitarie e nazionali; in particolare, da ultimo, dal Reg. n. UE 2019/6 la cui entrata in vigore è stata fissata per il 28 Gennaio 2022. Un tema di cui la nostra Rivista Apitalia aveva dato ampia anticipazione in un servizio pubblicato sul n. 10-2021 che potete tornare a visionare al link seguente: • Apitalia 10/2021
https://issuu.com/apitaliarivista/ docs/apitalia_10_2021
Cerchiamo di fare il possibile per aiutare i nostri lettori a capire meglio cosa stia accadendo e cosa ancora possiamo aspettar-
ci dall’entrata in vigore di questo provvedimento. Di fatto, siamo al punto di partenza di una nuova maniera di concepire l’uso del medicinale veterinario e tutto quello che tale impiego comporta ai fini della tracciabilità dell’operato di coloro che sono proprietari e detentori di animali che producono alimenti. E quindi anche gli apicoltori.
RIVOLUZIONE BUROCRATICA: DALL’APIARIO AL PC
A dire il vero il comparto apistico più di altre filiere zootecniche deve prepararsi ad una vera e propria rivoluzione: siamo tra i pochi rimasti, infatti, per certi versi anche gli unici, che non debbono sottostare all’obbligo di far ricorso ad un medico veterinario aziendale, che non hanno l’obbligo di trattare le malattie dei propri capi zootecnici (gli alveari, gli sciami, i nuclei per l’allevamento di api regine, i pacchi d’api) con prodotti la cui ricetta sia prescritta dal medico veterinario, che non sempre provvedono ad annotare i trattamenti effettuati in apiario sull’apposito registro dei trattamenti veterinari e che in alcuni casi, quello ad esempio della produzione per autoconsumo, secondo alcune interpretazioni non vi sarebbero neanche tenuti.
Un settore piuttosto trascurato, quello apistico, anche se la formazione sanitaria cui hanno finora provveduto spontaneamente le Associazioni territoriali degli Apicoltori, quelle più giudiziose tenendosi sempre in stretto rapporto con la Sanità Pubblica Ve-
terinaria, ha sopperito non poco fornendo continue e utilissime occasioni di aggiornamento professionale agli apicoltori, quale che fosse il numero di alveari di cui erano proprietari. Altrettanto può dirsi riguardo all’impegno degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, molti dei quali in Italia hanno fatto e continuano a fare opera di affiancamento al comparto apistico, specie sul fronte della sanità degli allevamenti.
L’entrata in vigore dell’Anagrafe Apistica Nazionale, che ha reso obbligatoria l’iscrizione nella Banca Dati anche per gli apicoltori, ha messo inoltre in evidenza l’importanza del settore che anno dopo anno cresce per numero di addetti e di capi allevati e che, nell’anno della pandemia da Co-
vid-19 è stato per la prima volta dichiarato “essenziale” dalle competenti Autorità, non ultime quelle sanitarie.
Un complesso sistema di norme, infine, europee e nazionali, sta dando sempre maggiore attenzione a tutto quello che riguarda il benessere animale, la riduzione dei residui di prodotti medicinali negli alimenti, specie se antibiotici, la sostenibilità dei processi produttivi di cui l’apicoltura è parte integrante. E’ così che arriviamo alla entrata in vigore, prevista per il 28 gennaio 2022, dell’obbligo di Registrazione dei Trattamenti Veterinari: un adempimento complesso, al quale il Ministero della Salute, gli Assessorati Regionali alla Sanità, gli Ordini Professionali e le Associazioni dei
AIC Denominazione
Confezione
Modalità Prescrizione Componenti principi attivi Tempi di Sospensione
APIVAR BUSTINA DA 10 STRISCE SOP AMITRAZ 0 103132015
102481013
TIMOLO CRISTALLI NATURALI CANFORA CRISTALLI NATURALI MENTOLO CRISTALLI NATURALI ESTRATTO DI EUCALIPTUS 0 103222016 APISTAN SACCHETTO DA 10 STRISCE DA 8 G SOP FLUVALINATE 0 103567018
APILIFE VAR SACCHETTO DA 2 STRISCE PER ARNIA SOP
APIGUARD SCATOLA DA 10 VASCHETTE DI 50 G DI GEL SOP TIMOLO 0 103879019 THYMOVAR SACCHETTO DOPPIO DA 2 X 5 STRISCE 10 STRISCE SOP TIMOLO 0 104384019
API-BIOXAL BUSTA TERMOSALDATA DA 35 GR DI POLVERE SOP
ACIDO OSSALICO 0 104384021 API-BIOXAL BUSTA TERMOSALDATA DA 175 GR DI POLVERE SOP “ 104384033 API-BIOXAL BUSTA TERMOSALDATA DA 350 GR DI POLVERE SOP “ 104384045 API-BIOXAL FLACONE DA 500 ML (HDPE) DI SOLUZIONE SOP “ 104384058 API-BIOXAL TANICA DA 5 L (HDPE) DI SOLUZIONE SOP “ 104384060 API-BIOXAL TANICA DA 5 L (LDPE) DI SOLUZIONE SOP “ 104726017 MAQS 68,2 G 2 UNITÀ DOSE (4 STRIPS) SOP ACIDO OSSALICO 0 104726029 MAQS 68,2 G 3 UNITÀ DOSE (6 STRIPS)-NON COMM SOP “ 104726031 MAQS 68,2 G 5 UNITÀ DOSE (10 STRIPS)-NON COMM SOP “ 104726043 MAQS 68,2 G 10 UNITÀ DOSE (20 STRIPS) SOP “ 104726056 MAQS 68,2 G 30 STRISCE IN SCATOLA DI CARTONE SOP “ 104726068 MAQS 68,2 G 10 STRISCE IN SCATOLA DI CARTONE SOP “ 104726070 MAQS 68,2 G 2 STRISCE IN SCATOLA DI CARTONE SOP “ 104736018 VARTERMINATOR GEL IN SACCHETTO TESSUTO-NON TESSUTO E VASSOIO IN PLASTICA SOP ACIDO FORMICO 0 104930019 APITRAZ SACCHETTO DA 10 STRISCE 300MM X 40MM SOP AMITRAZ 0 104930021 APITRAZ SACCHETTO DA 10 STRISCE DA 250 MM X 48 MM SOP “ 0
104961014
APIFOR
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APIFOR TANICA DA 5000 ML SOP “ 0 104994013 POLYVAR YELLOW SACCHETTO DA 10 STRISCE PER API SOP FLUMETRINA 0 104994025 POLYVAR YELLOW SACCHETTO DA 100 STRISCE PER API SOP “ 0 105041014 OXUVAR 5.7%
FLACONE DA 500 ML CONTENENTE 275 G DI SOLUZIONE SOP ACIDO OSSALICO 0 105041026 OXUVAR 5.7%
FLACONE DA 2000 ML CONTENENTE 1000 G DI SOLUZIONE SOP “ 0 105129011
VARROMED 5 MG/ML + 44 MG/ML
FLACONE DA 555 ML - DISPERSIONE PER ARNIE API MIELLIFERE SOP
ACIDO FORMICO ACIDO OSSALICO DIIDRATO 0 105130013 VARROMED 75 MG + 660 MG BUSTINA MONODOSE 15 ML - DISPERSIONE PER ARNIE PER API MELLIFERE SOP “ 0 105168013 OXYBEE
SCATOLA DI CARTONE CON UN FLACONE IN HDPE (375 G) E UNA BUSTINA CONTENENTE 125 G DI SACCAROSIO SOP ACIDO OSSALICO 0 105168025 OXYBEE
SCATOLA DI CARTONE CON UN FLACONE IN HDPE (750 G) E DUE BUSTINE CIASCUNA CONTENENTE 125 G DI SACCAROSIO SOP “ 0 105247011 DANY?S BIENENWOHL
FLACONE DI SOLUZIONE DI ACIDO OSSALICO +BUSTINA DI POLVERE DA 125 G DI SACCAROSIO SOP ACIDO OSSALICO DIIDRATO 0 105247023 DANY?S BIENENWOHL FLACONE DI SOLUZIONE DA 750 G DI AC OSSALICO + 2 BUSTINE DI POLVERE DI SACCAROSIO DA 125 G SOP “ 0 105489013 FORMIC PRO 68.2 G - 2 DOSI IN 4 STRISCE SOP ACIDO FORMICO 0 105489025 FORMIC PRO 68.2 G - 10 DOSI IN 20 STRISCE SOP “ 0 105489037 FORMIC PRO 68.2 G - 30 DOSI IN 60 STRISCE SOP “ 0
Medici Veterinari si stanno preparando già dal 2013 con corsi di aggiornamento, sperimentazioni dei sistemi informatici e graduale allineamento al cambiamento epocale che si sta in questi giorni profilando. La strategia generale è quella della dematerializzazione dei documenti cartacei, quindi di semplificazione delle procedure che diventano informatiche e che possiamo aggiornare direttamente da un computer, da un tablet o da uno smartphone.
APICOLTURA SOGGETTA AD OBBLIGO “PARZIALE”
Ma quando si parla di api c’è sempre un “MA” e quindi il giorno dell’entrata in vigore del nuovo sistema non tutti gli allevatori hanno potuto iniziare le loro procedure informatiche, che comunque richiederanno tempo prima di entrare a regime e che, nel caso degli apicoltori, hanno dovuto essere per forza di cose rinviate. Per noi e per i nostri alveari, infatti, è chiara la volontà del Ministero della Salute di gestire un comparto così specifico con un altrettanto specifico provvedimento che farà parte di un emanando decreto ministeriale e di successive circolari chiarificatrici. Il “Sistema” generale che presiede al funzionamento del “Registro Elettronico dei Trattamenti Veterinari”, infatti, è stato concepito dagli ingegneri informatici per agevolare l’operato di chi acquista, dispensa, impiega, immagazzina o restituisce medicinali veterinari soggetti all’obbligo di ricetta. E questo è un
primo incastro venuto male: per l’apicoltura i prodotti autorizzati con una regolare “AIC”, cioè l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio che solo il Ministero della Salute può rilasciare, sono ben 36 (vedi tabella 1). Tutti prodotti, però, classificati come “SOP”, cioè Senza Obbligo di Prescrizione. Un dettaglio che il sistema di tracciabilità del medicinale veterinario non contempla e che dunque richiederà opportune modifiche affinché anche gli apicoltori possano registrare come, dove, quando e quanto trattamento veterinario hanno somministrato ai loro alveari. Cosa possiamo aspettarci dal sistema quando sarà messo a regime? Ad esempio che l’acquisto dei prodotti debba essere registrato riportando i dati di uno scontrino fiscale o di una fattura commerciale; oppure che il medicinale veterinario sia stato acquistato presso rivenditori o canali di commercializzazione ufficiali e autorizzati; oppure che le quantità di medicinale acquistato siano proporzionate al numero di alveari denunciati, che il prodotto non utilizzato sia una scorta chiusa e custodita in un apposito armadietto farmaceutico, che il prodotto venga impiegato nelle quantità e nei modi previsti dal cosiddetto “bugiardino”, il foglietto illustrativo che descrive modalità e dosaggio.
FACCIAMO CHIAREZZA SUL “MEDICINALE VETERINARIO”
Quando usiamo dire, talvolta anche con una certa disinvoltura,
“medicinale veterinario” dobbiamo sapere che stiamo parlando di qualcosa che trova precisi riferimenti normativi (ad esempio il decreto D.lgs 193/2006) che provvedono a darci una definizione dalla quale non dobbiamo mai discostarci, pena pesanti sanzioni. Dunque dicesi “medicinale veterinario” per:
1) ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative e profilattiche delle malattie animali; 2) ogni sostanza o associazione di 2) sostanze che può essere usata sull’animale o somministrata all’animale allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche mediante un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, oppure di stabilire una diagnosi medica.
Tanto per intenderci: se usiamo zucchero a velo per la diagnosi di presenza della varroa nei nostri alveari, c’è il rischio che la Sanità Pubblica Veterinaria di qualche territorio intenda questo come un “medicinale veterinario” visto che il metodo è notoriamente impiegato in apicoltura proprio per diagnosticare il livello di infestazione delle colonie.
Secondo il Ministero della Salute, inoltre, un prodotto non può proporre indicazioni medico veterinarie né può “dare l’impressione” di essere un medicinale veterinario tramite il confezionamento esterno o attraverso immagini che mostrano un effetto terapeutico o profilattico: cosa che invece vediamo molto spesso alle fiere di settore, nei mercatini locali o nei
canali di vendita online. Esistono addirittura precise tabelle per valutare correttamente se il prodotto in esame ricade o meno nella definizione di medicinale veterinario indicate nell’art. 1 del decreto legislativo. Questi termini, normalmente associati ai medicinali non devono comparire nelle etichette dei prodotti non medicinali. Il Ministero della Salute inoltre invita gli organi di controllo a valutare un elenco di funzioni che sottintendono un effetto terapeutico e rientrano nella definizione data dalla legge. Incentivare, dosare, prevenire, curare, dosare, guarire, eradicare, migliorare, rafforzare, rimediare, sono tutti termini che si possono usare solo per i medicinali veterinari autorizzati o per i cosiddetti “mangimi”: nel caso dell’apicoltura gli integratori, anch’essi a libera vendita e ampiamente impiegati per migliorare le condizioni in cui versano le api.
I PRODOTTI CHE RIENTRANO NELLA “LEGALITÀ”
Sembrerebbe dunque che stia per finire l’epoca delle ricette inventate dai “luminari” o dai “praticoni” dell’apicoltura, dalle commissioni sanitarie apistiche che decidevano con quali intrugli si dovessero salvare le api per il bene della nostra categoria. I prodotti che dobbiamo e potremo utilizzare sono quelli della tabella 1, quelli cioè che sono ufficialmente inseriti nel Prontuario dei Medicinali Veterinari e di cui abbiamo già accennato al precedente paragrafo. Quello che non c’è in questa
lista non potrà essere annotato nel Registro dei Trattamenti Veterinari e quindi non sono ammesse alternative.
Se il sistema sarà in grado o meno di garantire un rientro alla piena legalità della categoria apistica potremo dirlo solo quando tutto sarà entrato a regime e per questo, ad avviso di molti addetti ai lavori anche nel campo veterinario e farmaceutico, ci vorranno parecchi mesi e forse anche anni. La velocità di questa “stretta del cerchio” potrà essere più o meno rapida ed efficace in funzione di azioni di verifica, controllo e sanzioni che potranno essere messe in campo.
Va detto, tuttavia, che anche questa volta è mancata anche solo una minima volontà di concertazione con il mondo apistico. Speriamo di sbagliarci e siamo pronti a modificare le nostre opinioni se giungeranno segnali in tal senso. Di certo gli Apicoltori che vorranno mettersi in regola mostreranno, in tal senso, tutta la loro buona volontà. L’abbiamo già visto quando l’acido ossalico da banco è stato messo fuori legge e autorizzato solo in formulati specifici per l’apicoltura. Ce ne saranno altrettanti, però, di apicoltori, che troveranno un’altra buona ragione per allontanarsi da questo allevamento o che cercheranno soluzioni sbrigative fino a confondersi in quella zona grigia che rischia di trasformarsi in illegalità.
Prima che questo accada sembra che il Ministero della Salute sia orientato ad adottare disposi-
zioni per una modifica idonea al Sistema informativo Veterinario Nazionale della Farmacosorveglianza che dovrà comunque consentire agli Apicoltori la registrazione di ogni trattamento.
ARRIVA LA DEROGA MA SERVONO ANCORA ALCUNI CHIARIMENTI
Vista dunque la particolarità del quadro settoriale e la necessità di concedere una deroga per tale adempimento, è arrivato nel frattempo - sollecitato da più parti - uno slittamento per l’applicazione della norma da parte degli operatori del settore apistico. Resta qualche incertezza per applicazione di questa norma europea: in Italia gli apicoltori sono divisi in due categorie, quelli che producono per la commercializzazione (19.342) e quelli che producono per autoconsumo (49.005). Si dà però il caso che l’autoconsumo sia un criterio “ballerino” che si differenzia tra regione e regione: escludere questa tipologia di operatore non piace ad alcuni medici veterinari secondo i quali tutti coloro che hanno le api dovrebbero essere chiamati ad assumersi le loro responsabilità.
Anche questo è un problema di cui dovrà farsi carico il Ministero della Salute, che probabilmente dovrà chiedere alle Regioni di uniformarsi ad un parametro nazionale sulla reale misura del criterio di “autoconsumo”.
Il Ministero della Salute ha nel frattempo confermato i seguenti chiarimenti:
•
La versione 2.0-Aprile 2019 del Manuale Operativo, che prende in esame gli aspetti prettamente correlati alla registrazione dei trattamenti di cui all’articolo 79 del decreto legislativo n. 193 del 2006 e di cui agli articoli 4 e 15 del decreto legislativo n. 158 del 2006, è stata aggiornata al 25.01.2022 integrando specifici riferimenti al settore apistico;
• Viene precisato che sono presi in considerazione solo gli allevamenti aperti in BDN delle seguenti specie: bovini/bufalini, ovi-caprini, suini, equidi, avicoli, acquacoltura, lagomorfi, elicicoltura e api;
• Viene altresì precisato che “in questo periodo transitorio di 6 mesi, nelle more della definizione di specifiche regole informatiche per i singoli settori, le registrazioni dei trattamenti esclusivamente in formato elettronico non si applicano al settore apistico, in considerazione dell’utilizzo di specialità medicinali veterinarie senza obbligo di prescrizione medico-veterinaria per cui è necessario implementare ex-novo un sistema di registrazione non necessariamente vincolato alla prescrizione e dispensazione;
• Sono fatte salve le deroghe alla
registrazione dei trattamenti per gli allevamenti familiari, senza attività commerciale, i cui animali sono destinati all’autoconsumo ed all’uso domestico. Resta da chiarire l’aspetto relativo alla possibilità e modalità dell’adempimento “per delega”, in nome e per conto del singolo Apicoltore, da parte di soggetti organizzati, quali le Associazioni territoriali che operano già analogo servizio a supporto dei propri associati per le operazioni richieste dall’Anagrafe Apistica Nazionale.
ARRIVA L’ETICHETTA AMBIENTALE
INDICAZIONI OBBLIGATORIE SUL RICICLO MOBILITATI PRODUTTORI E CONSUMATORI
di Giancarla GalliAfar data dal 1° Luglio 2022 entrerà in vigore la nuova normativa sull’etichettatura ambientale. Gli adempimenti conseguenti riguardano anche il comparto produttivo dell’apicoltura, in particolare di quelle realtà aziendali che provvedono alla commercializzazione.
Le disposizioni, che sarebbero
dovute entrare in vigore con il 1° Gennaio 2022, sono state rinviate dal Decreto-Legge 30 dicembre 2021 n. 228 recante “Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 309 (Serie Generale) del 30.12.2021. In particolare l’Art. 11. - Proroga di termini in materia di transizione ecologica ha rinviato tutto al 1° luglio 2022
Un rinvio che può metterci in condizione di recepire meglio questa norma, smaltendo le vecchie etichette e predisponendone di nuove.
Occorre intanto ricordare che tali adempimenti scaturiscono dal Decreto Legislativo 3 Settembre 2020, n. 116 che impone l’obbligo dell’etichettatura ambientale su tutti gli imballaggi che vengono immessi in commercio.
Tale norma cita che “Tutti gli imballaggi devono essere opportunamente etichettati secondo le modalità stabilite dalle norme tecniche UNI applicabili e in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dell’Unione europea, per facilitare
la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali degli imballaggi”. Insomma, tutti gli imballaggi debbono essere etichettati in modo da facilitare raccolta e riciclo quando questi finiscono nelle mani del consumatore finale, che deve poi smaltirli adeguatamente.
La stessa normativa disciplina anche lo smaltimento delle scorte affermando che“i prodotti privi dei requisiti prescritti dall’art. 219, comma 5 e già immessi in commercio o etichettati al 1° gennaio 2022, potranno essere commercializzati fino ad esaurimento delle scorte.”
Con il termine “ etichetta ambientale” si intende l’insieme delle indicazioni ambientali che dovranno essere indicate sugli imballaggi e spetta ai produttori e a chi li utilizza indicare tutte le specifiche necessarie a indirizzare gli imballaggi verso il corretto smaltimento o riutilizzo.
Un vero e proprio strumento per informare il consumatore finale visto che la normativa evidenzia fondamentalmente due obblighi che riguardano in entrambi i casi i produttori e gli utilizzatori degli imballaggi:
a) fornire al consumatore finale le informazioni adeguate per poter smaltire correttamente l’imballaggio; b) indicare la natura dei materiali utilizzati attraverso un sistema di identificazione dei materiali valido a livello europeo. I produttori degli imballaggi sono obbligati ad identificare corretta-
mente il materiale di imballaggio in funzione della codifica alfa numerica prevista dalla Decisione 97/129/CE.
Ciò premesso, per una corretta etichettatura ambientale vanno riportate le seguenti informazioni: Tipologia di imballaggio (bottiglia, flacone, lattina, vasetto, ecc.). Codice Identificativo del materiale dell’imballaggio (codifica alfanumerica fornita dal produttore o fornitore dell’imballaggio).
Famiglia di materiale (Acciaio, alluminio, plastica, vetro, ecc.). Indicazioni sulla raccolta (Raccolta differenziata/Raccolta indifferenziata)
Tali informazioni possono essere riportate scegliendo tra le diverse modalità:
• sull’etichetta già in uso;
• sulle singole parti dell’imballaggio;
• sul corpo principale dell’imballaggio.
Facendo riferimento al vasetto di miele ci sono due componenti: tappo e vasetto di vetro. Di ognuna occorre indicare la tipologia di
imballaggio, il codice identificativo, la famiglia di materiale e le modalità di raccolta. A titolo di esempio ecco cosa scrivere: vasetto gl70 vetro raccolta differenziata Verifica le disposizioni del tuo Comune
capsula fe40 acciaio raccolta differenziata Verifica le disposizioni del tuo Comune
Per approfondire la materia si possono consultare le Linee guida per una Etichettatura Ambientale obbligatoria degli imballaggi nel sito del “Consorzio Nazionale Imballaggi” (CONAI), cliccando sul link http://www.etichetta-conai.com/ documenti/linee-guida/
A SCUOLA DALL’APE
NUMEROSE LE SCOLARESCHE COINVOLTE ROMA CAPITALE DELL’APICOLTURA URBANA
di Angelo CameriniAnche quest’anno scolastico si sono incrociate le strade delle api e quelle dei bambini e delle bambine della scuola “Pistelli” a Prati, a Roma. L’anno scorso un progetto voluto dal I Municipio, dalla Presidente Sabrina Alfonsi (oggi, nella giunta Gualtieri, assessore all’Agricoltura, Ambiente e Ciclo dei rifiuti) e dall’assessore alla scuola Figà Talamanca, dalla FAI-Federazione Apicoltori Italiani e dal Fondo per l’Ambiente e con la collaborazione degli apicoltori dell’Abbazia di San Paolo, avevano portato tre arnie nuove di zecca, popolate da api su sei telaini, sul grandissimo terrazzo della scuola Pistelli a Roma.
A settembre sono riprese le visite alle arnie con i bambini delle otto seconde. Gli occhi spalancati (le bocche sono coperte dalle mascherine anche sul terrazzo oltre che in classe) la loro meraviglia, ripagano di qualsiasi fatica. Vedersi sfilare davanti un telaino carico di api un po’ li impaurisce, li eccita e li immobilizza.
Le visite sono proseguite nel laboratorio di smielatura, la ex cucina dell’Istituto De Sanctis con lavelli e tavoli facilmente igienizzabili. È uno spazio ottimale. Qui, in attesa che la burocrazia prenda il suo tempo per l’acquisto dei materiali apistici, ho portato le mie attrezzature, uno smielatore, il matura-
Le api stanno arrivando a scuola. I bambini delle seconde aspettano, pazienti e con la mascherina, di vedere le api. Forse non c’è la distanza di un metro tra le rime boccali ma siamo all’aperto. Non si nasconde che, in tempi di pandemia, con il cortile chiuso per evitare contagi tra classi, questa occasione di salire sul terrazzo della scuola è stata una vera boccata d’aria.
tore, i filtri e tutto quello che serve per fare il miele. Di più, poiché un giorno non abbiamo trovato più i melari, ho dovuto portare anche il mio smielatore da tre telaini da nido. Abbiamo così prelevato un telaino da ogni arnia che è stato subito sostituito da una grande busta di candito di zucchero per reintegrare le scorte invernali. Filtrati e messi nel maturatore 5 o 6 chili di miele. Dai pochi barattoli ne abbiamo preso uno per tutte le analisi chimiche. I più contenti sono stati i dieci bambini scelti per fare, per strizzare - a turno - le palle di cera con gli opercoli che grondano miele. Mani sanificate e lavate, mascherine sulla bocca che si sono abbassate finito il lavoro e poi via, a leccarsi le dita sul lavan-
Una vespa velutina, un calabrone, penzola dal predellino di volo catturato e ricoperto da tante api che lo immobilizzano. Del calabrone si vede bene solo il dorso, giallo vivo. Catturato in foto dalla maestra della II C della scuola “Pistelli” a ottobre 2021.
dino. Per inciso qualche bambino ha ceduto il suo posto perché non tutti amano il miele. Ogni visita alle api fa un po’ storia a sé e permette osservazioni naturalistiche, pedagogiche e didattiche diverse. La differenza tra una lezione in classe, magari con fotocopie per fare esercizi o guardando un filmato sulla Lim è
comunque grande rispetto a un’ora passata salendo al terrazzo, al terzo piano. Durante il lock down, quando anche il cortile era chiuso per evitare assembramenti, salire a dare un’occhiata alle api era anche uscire all’aria aperta, al sole, almeno una volta a settimana.
Se in classe l’atteggiamento di molti bambini rischiava di essere quello della curiosità sterile, subissando di domande il maestro (“Perché i fuchi sono senza pungiglione?”), sul terrazzo, dove vigono le regole apistiche del silenzio e dei movimenti lenti, l’attenzione e l’osservazione si focalizzano e lasciano spazio ai sensi (vista udito e olfatto) allo stupore e alla bellezza.
I tre sciami, in primavera, erano cresciuti velocemente e anche i melari erano stati costruiti e riempiti ad una velocità impressionante. La cosa notevole è che questi melari urbani erano cresciuti più velocemente dei melari di un apiario
sul Lago di Bracciano, che pure è al centro di un parco naturale e ha abbondanza di acqua in una natura incontaminata. Evidentemente il flusso di nettare sui balconi cittadini si mantiene costante quando la campagna è siccitosa. Ne ho parlato con un esperto apicoltore del Pigorini che sostiene che in città le api incontrano meno predatori. In effetti i gruccioni, i picchi e le rondini sembrano quasi scomparsi dalle nostre città, né i calabroni sono frequenti come in campagna. Pure per una decina di giorni gli ingressi delle arnie sono stati visitati dalle vespe velutine o api leoni. Qualcuna è stata schiacciata, qualcuna scacciata ma è piccola cosa rispetto a quelle che ritornano. Però siamo riusciti ad immortalare una vespa velutina, di cui si intravede il dorso giallo vivo coperta, immobilizzata e quindi
immagino soffocata da un gruppo di api che, immobili, non la mollavano. Una bella lenta vendetta per le nostre api.
A metà novembre il coperchio di un’arnia è stato sostituito da un coperchio in legno e plexiglas. In questo modo si evita di raffreddare l’arnia aprendola ed estraendo i telaini, e nelle belle giornate si continuano a fare visite invernali in totale sicurezza.
Sarà possibile commisurare le analisi di questo miele con quelle del miele raccolto nel 1992 alla scuola “Giacomo Leopardi”, una scuola all’aperto nel cuore del Parco di Monte Mario, che furono pubblicate in un articolo di Apitalia. Quella volta uno sciame proveniente dal bosco di lecci e sugheri del parco si era poggiato su un ramo dentro la scuola e a me era toccato il compito di metterlo dentro una delle mie arnie. Dopo
un paio di anni di attività didattiche un campione era stato inviato al laboratorio di Giorgio Celli che ci aveva risposto che il miele era commestibile ma con quantità di piombo (0,416 mg/Kg) che sforavano il limite fino al doppio del valore di riferimento del Comune di Bologna di 0215 mg/kg. C’era poi cadmio, (0.004), Nichel (0,071) e cromo (0,020). Insomma l’inquinamento era penetrato anche dentro la pineta di Monte Mario.
Ebbene presto, grazie alle analisi di un laboratorio universitario di Roma, potremo commisurare le analisi di questo miele con quelle apparse su Apitalia sul numero 12/1993, e saperne di più sullo stato dell’aria nella nostra città. E confrontarli con quelli degli altri apiari urbani.
Angelo CameriniL’UMIDITÀ DELLA COVATA
LE API LA GESTISCONO CON POCHE ED ABILI VENTILATRICI
di Etienne BruneauNelle cavità naturali le api debbono mettere in atto particolari meccanismi per evitare che l’umidità presente a livello della covata si condensi sui favi, originando così le condizioni per l’insorgenza di problemi sanitari. Come fanno le api a gestire questo eccesso di umidità? Come tutti i sistemi di deumidificazione, anche in questo caso tutto si basa sul ricambio di aria umida con aria più secca, ma come tutto ciò può avvenire all’interno di una colonia
di api? Ecco un anticipo di risposte messe a punto da Roland Sachs e Jurgen Tautz, noti ricercatori apistici tedeschi.
Per cercare di comprendere meglio il processo utilizzato dalle api, nel 2017 questi due ricercatori hanno messo a punto un piccolo studio partendo da un’arnia che riproducesse la condizione in cui si trova una colonia di api insediata nel ricovero naturale di un tronco d’albero. In quest’arnia “naturale”, vista l’esiguità dell’ambiente e l’apertura ridotta localizzata nel terzo inferiore della cavità, le circolazioni di aria sono veramente limitate. Per avvicinarsi a questa realtà è stata usata un’arnia Dadant-Blatt con delle pareti di 4 cm di spessore e un fondo fisso, il predellino di volo limitato a tre fori da 2 cm di diametro. Al centro del nido di covata i ricercatori hanno alloggiato un favo equipaggiato con 5 sensori di temperatura, uno al centro e gli altri quattro localizzati a 7 cm dal bordo del favo. Un misuratore di umidità molto sensibile è stato ugualmente sistemato al centro del favo. La raccolta delle misurazioni veniva fatta ogni 15 secondi da ottobre a metà novembre. L’obiettivo di questo test era quello di vedere
come le api fossero capaci di influenzare l’umidità relativa dell’aria al livello della covata.
I ricercatori hanno potuto osservare che l’umidità varia di più del 20% nello spazio di un minuto, con un ciclo della durata di più o meno 8-10 minuti, e che la temperatura sulla parte alta dell’arnia non varia praticamente mai. Per contro, i sensori situati nella parte bassa possono registrare variazioni di più di 5 °C con un ciclo giornaliero da 3 a 6 ore (che può andare fino ad un massimo da 1 a 17 ore).
Ciò che è certo, è che le variazioni di umidità non possono essere spiegate dal cambiamento della temperatura (fluttuazione <0,5 °C registrata sul sensore centrale). L’unica spiegazione possibile è che vi sia stata l’erogazione di aria alla stessa temperatura, ma che questa presentasse un’umidità differente.
Le fluttuazioni regolari delle temperature misurate al bordo del favo provano che l’aria ha subito un ricambio in questo spazio. Nel corso della ricerca, inoltre, si è potuta osservare un’ape che si spostava lentamente lungo il bordo del favo agitando le ali in modo discontinuo (con degli intervalli di 1-2 minuti), attività che ha generato molto probabilmente queste variazioni di temperatura. Le fasi di fluttuazione delle temperature, inoltre, cominciano sempre lentamente con delle modeste ampiezze e si attenuano con equivalente progressività. Questo conferma che la ventilazione è all’origine di tali fluttuazioni.
Sulla base delle misurazioni delle variazioni di temperatura, si può concludere che l’ape mantiene la direzione del suo flusso d’aria mentre passa lungo il fondo del favo
da destra a sinistra o da sinistra a destra. Durante il suo passaggio da sinistra a destra, ad esempio, è posizionata a testa in giù e spinge l’aria fredda nell’interfavo e a intervalli regolari.
Dopo un certo tempo essa ritorna e si sposta da destra a sinistra, cambiando la direzione della ventilazione: l’aria calda sarà ora espulsa verso l’esterno del nido ad intervalli regolari.
La Figura 2 illustra chiaramente questo fenomeno (vedere le tangenti derivate sulla curva). All’inizio l’ape ventila dell’aria fredda nell’interfavo quando passa davanti al sensore. Se il sensore non è più nella sua zona di influenza, la curva della temperatura riprende il suo gradiente d’origine, ma ad un livello più freddo di quello precedente. La parte inferiore dell’aria risulta raffreddata considerevolmente.
Quattro ore più tardi l’ape passa di nuovo davanti al sensore. Questa volta la temperatura aumenta. L’ape ventila dell’aria calda verso il basso.
Per generare un flusso di aria montante, le ventilatrici si spostano nel terzo laterale dell’interfavo ma raramente al centro. Le api sono situate al di sopra di questo punto, la struttura dei favi e le pareti laterali funzionano come degli scambiatori di calore. In un secondo tempo l’aria “secca” è indirizzata al centro del glomere di api a partire da questo punto e o verso l’alto. Si può osservare una perdita di umidità del 45% (0,36 litri) in 12 minuti, che corrisponde a uno scambio del 46% dell’aria situata al livello della covata con l’aria esterna riscaldata. Da due a otto api per favo possono essere sufficienti per effettuare questa operazione. È in considerazione dell’esiguo numero di ventilatrici addette, che proba-
bilmente non abbiamo mai osservato questo fenomeno in precedenza.
Tale comportamento permette di trasportare attivamente l’umidità dal centro del glomere verso le zone esterne dell’arnia. Nel migliore dei casi l’umidità è in seguito assorbita dal legno circostante, trasportata all’esterno attraverso il legno per dispersione del vapore acqueo o, nel peggiore dei casi, essa si condensa sugli elementi strutturali dell’abitazione e cola verso il basso. Negli alberi cavi questo metodo di deumidificazione presenta il vantaggio di non comportare praticamente alcuna perdita di calore. Il calore non è ventilato all’esterno, ma resta nell’arnia e sale gradualmente con il tempo. Possiamo concludere dicendo che in più tappe le api dirigono dell’aria fredda “secca” nel nido, la riscaldano poi la sostituiscono con dell’aria calda “umida”. È così che l’umidità
relativa dell’aria all’interno del glomere di api è ridotto fino a al 20% in qualche minuto senza provocare variazioni di temperatura. Nel 2020 gli autori hanno segnalato tuttavia che oltre al ruolo attivo delle api esistono altre piste che possono contribuire alla variazione dell’umidità relativa della covata. La ricerca pertanto prosegue e possiamo aspettarci di saperne presto di più.
Etienne Bruneau
Fonte: Sachs Roland, Tautz Juergen (2017) How Bees (Apis Mellifera) Reduce Humidity in the Beehive by Means of Active Ventilation - Research gate 13phttps://researchgate.net/publicatione/ 315083892_How_Bees_Apis_Mellifera_ Reduce_Humidity_in_the_Beehive_by_ means_of_Active_Ventilation
RINGRAZIAMENTI
Ape Sicura: e stai tranquillo
Polizza si Assicurazione sulla Responsabilità Civile (R.C.) Alveari
COME ASSICURARE I PROPRI ALVEARI
Gli Apicoltori abbonati alla Rivista APITALIA che desiderano assicurare i propri alveari contro i rischi derivanti dalla responsabilità civile per eventuali danni provocati a terzi, debbono compilare l’apposito modulo di adesione alla Polizza collettiva “Ape Sicura” e trasmetterlo alla Segreteria della Rivista APITALIA. Gli Apicoltori abbonati alla Rivista APITALIA possono attivare una Polizza per ciascun apiario posseduto. È garantita la copertura assicurativa per un intero anno (12 mesi). Il Certificato di Polizza sarà prodotto (in formato cartaceo e/o elettronico) e trasmesso - solo a seguito dell’invio delle attestazioni di pagamento e del Modulo di Adesione - alla segreteria della Rivista APITALIA. La volontà di recesso dalla Polizza collettiva non dovrà essere preventivamente comunicata vista l’automatica scadenza annuale della copertura assicurativa.
CONDIZIONI GENERALI DI POLIZZA1) Rischi assicurati.
La Compagnia “Gruppo UNIPOL-SAI. Divisione Fondiaria” assicura a ciascun abbonato alla Rivista APITALIA - purché Apicoltore e come tale iscritto all’Anagrafe Apisatica Nazionale - il pagamento delle somme che, quale proprietario-esercente l’apicoltura, sia tenuto a corrispondere, in quanto civilmente responsabile ai sensi di legge, a titolo di risarcimento per danni involontariamente cagionati a terzi, sia per lesioni a persone che per danni materiali a cose o animali, in conseguenza ad un fatto accidentale, compresi i rischi derivanti dalle operazioni di carico e scarico degli apiari e dal trasferimento da una zona all’altra degli apiari stessi, escluso il rischio della circolazione su strada di uso pubblico o su aree a questa equiparate dai mezzi impiegati (in conformità alle norme della legge 24/12/69 n. 990 e del DPR 24/11/70 n. 973 è infatti obbligatoria l’assicurazione per rischi di responsabilità civile auto). Sono compresi nel novero dei terzi, limitatamente a lesioni personali, gli aiutanti occasionali dell’assicurato, sempreché vi sia responsabilità dell’assicurato stesso. La polizza collettiva “Ape Sicura” copre inoltre i rischi inerenti alla partecipazione degli Assicurati a Fiere, Mostre e Mercati, compreso il rischio derivante dall’allestimento e dallo smontaggio dello stand, ma con l’esclusione dei danni agli espositori ed alle cose esposte.
2) Massimali e Franchigia.
L’Assicurazione vale fino alla concorrenza massima complessiva, per capitale, interessi e spese di: Euro 1.000.000,00 (un milione/00 di Euro) per ogni sinistro e relativi danneggiamenti arrecati a persona, animali e cose. Per ciascun sinistro è prevista una franchigia pari a Euro 250,00 che dovrà essere corrisposta dall’assicurato all’atto della denuncia del sinistro
3) Partecipazione all’Assicurazione.
Possono essere incluse nella Polizza collettiva “Ape Sicura” le persone e gli enti che siano Abbonati alla Rivista APITALIA - purché Apicoltori o Proprietari di alveari e come tali iscritti all’Anagrafe Apicstica Nazionale. Per beneficiare dell’Assicurazione gli Apicoltori debbono: A) versare sul conto corrente postale n. 46157004 intestato a: FAI - Federazione Apicoltori Italiani - Roma,o con qualsiasi altro mezzo ritenuto idoneo, il premio assicurativo di 15,00 Euro (per ciascun apiario da assicurare).
La Compagnia assicuratrice si riserva di modificare l’entitàdel premio in base all’andamento tecnico sul rapporto sinistri/annualità); B) comunicare alla Segreteria della Rivista APITALIA con appostio modulo di adesione l’ubicazione esatta dell’apiario odegli apiari da assicurare.
4) Decorrenza.
La validità della garanzia decorre dalla data di versamento del premio assicurativo, che dovrà essere contestuale alla data di sottoscrizione all’abbonamnto annuale alla Rivista APITALIA, ha la durata di un anno a partire dalle ore 24 del giorno di versamento.
5) Norme e sinistri.
In caso di sinistro l’assicurare deve darne denuncia scritta alla Segreteria della Rivista APITALIA - Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma (tel. 06.6852556; fax 06.6852287; email segreteria@federapi.biz) entro cinque anni dal fatto o al momento in cui ne viene a conoscenza. Per i sinistri implicanti gravi lesioni corporali, l’assicurato oltre a darne notizia alla Segreteria della Rivista APITALIA, ne darà comunicazione alla Compagnia “Gruppo UNIPOL-SAI. Divisione Fondiaria”(indirizzo PEC: unipolsaiassicurazioni@pec.unipol.it), indicando anche il codice della polizza n. 159877505. Non adempiendo all’obbligo della denuncia l’assicurato perde il diritto al risarcimento. Parimenti decade da tale diritto qualora pregiudichi i diritti interessi della Compagnia nella difesa o contro le azioni o pretese per il risarcimento dei danni che ad essa esclusivamente spetta di condurre in qualsiasi sede o modo, in nome e con la collaborazione dell’assicurato.
6) Accettazione condizioni generali e particolari.
Il versamento del premio di assicrazione significa piena accettazione di tutte le condizioni generali e particolari della Polizza n. 159877505, di cui gli interessati possono, su richiesta, prendere visione, dovendosi intendere il rapporto assicurativo, indipendemente dall’opera intermediaria della contraente, direttamente intercedente fra la Compafgnia assicuratrice e i singoli assicurati e regolato unicamente dalle condizioni stabilite nella Polizza citata.
Questo modulo annulla e sostituisce tutti i precedenti
nella sua qualità di Abbonato alla Rivista APITALIA: a) chiede di essere incluso nella Polizza collettiva ”Ape Sicura” di Assicurazione per la responsabilità civile contratta a beneficio degli Apicoltori che aderiscono all’iniziativa; b) dichiara, sotto la propria responsabilità, di essere iscritto all’Anagrafe Apistica Nazionale con Codice di Allevamento n. Apiario composto da n°..................................... alveari Comune, Provincia Indirizzo, Frazione Località, Fondo Coordinate satellitari Utilizzare n. 1 modulo per ogni apiario da assicurare Proseguire su altri fogli fotocopiati per eventuali altri apiari da assicurare.
APIMELL pag. 3 Mostra mercato internazionale di apicoltura commerciale2@piacenzaexpo.it
CENTRO APICOLTURA pag. 15 Prodotti per l’apicoltura info@centroapicoltura.it
DOMENICI pag. 19 Prodotti di apicoltura di erboristeria info@domenici.it
LAPED pag. 23 Alimentazione per api info@lapeditalia.com
ONETTI ERBORISTERIA APISTICA pag. 25 Prodotti per l’apicoltura store@apistore.it
VITA ITALIA pag. 27 Prodotti per la cura delle api vitaitalia@vitaitalia.191.it
ENOLAPI pag. 29 Alimenti per api info@enolapi.it
OTTOLINA pag. 31 Caramelle di qualità apicolturaottolina@gmail.com
ICKO pag. 34
Prodotti per l’apicoltura www.icko-apiculture.com
ASS. ROMAGNOLA APICOLTORI pag. 36 Api regine di razza ligustica info@arapicoltori.com
APIC. FAMIGLIA TETTAMANTI pag. 39 Regine Ligustiche tettamantiapicoltura@virgilio.it
ZOOTRADE pag. 45
Prodotti per la cura delle api apicoltura@mpzootrade.com
AL NATURALE pag. 46
Laboratorio erboristico info@alnaturale.com
LEGA pag. 60
Prodotti per l’apicoltura info@legaitaly.com
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FORCHETTA INOX PLUS In acciaio Inox con raschietto e manico ergonomico € 19,50 €
Tutte le immagini sono inserite a scopo illustrativo. I prodotti possono subire modifiche. APICOLTURA DAL 1937
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Presso i nostri rivenditori aderenti all’iniziativa - Validità dal 1 al 28 febbraio 2022 - Prezzi IVA inclusa. SMIELATORE RADIALE TUCANO” Con gabbia in acciaio inox e motore TOP a velocità variabile. 20 favi da melario Dadant € 1.405,00 1.053,75
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SMIELATORE TANGENZIALE QUATTRO” Solo corpo dello smielatore con tre gambe. 2 favi da nido / 4 favi da melario Dadant € 275,00 € 206,25 € 136,00 € 102,00
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AFFUMICATORE In acciaio inox completo di protezione Ø 100 mm € 28,00 € 21,00 LEVA AMERICANA In acciaio Inox € 11,00 €
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