Apitalia 10/2018

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2018

L A DOLCE VITA

Apitalia - Corso Vittorio Emanuele II, 101- 00186 - Roma - ITALY - UE - ISSN: 0391 - 5522 - ANNO XXXXIII • n. 10 • Ottobre 2018 •- 690 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/03 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1 Comma 1 – Roma Aut. C/RM/18/2016





EDITORIALE

ONORE ALLA LIGUSTICA

UNA REGINA DA MOLTI BISTRATTATA BISOGNOSA DI PROTEZIONE E RICONOSCIMENTO UN APPELLO ACCORATO ALL’AMBIENTALISMO E

Foto Lorenzo Della Morte

ALLE ISTITUZIONI NAZIONALI

C

i sono occasioni in cui bisogna avere il coraggio di dire le cose come stanno. “L’ape italiana - Apis mellifera ligustica (Spinola, 1806) in particolare - richiede speciali e urgenti interventi di protezione, visto il diffondersi incontrastato di regine ibride provenienti dall’estero, importate per la presunta capacità di produrre grandi quantità di miele, e che invece danneggiano il prezioso patrimonio genetico dell’ape autoctona.”. È l’appello lanciato dalla FAI, che per bocca del suo presidente Raffaele Cirone si è rivolta alle Associazioni ambientaliste - WWF-Italia, Legambiente e Lipu - ma anche agli Ufficiali, al Comandante dei Carabinieri Forestali, al Capo Segreteria del Ministro dell’Ambiente presenti alla tavola rotonda che l’Arma ha organizzato, il 28 settembre a Roma, in occasione delle premiazioni del Progetto Nazionale di educazione ambientale “Micro-Macro nella Biodiversità”. Una giornata dedicata alla tutela del nostro patrimonio naturale, svoltasi presso la Scuola Allievi Carabinieri di Roma dove scolaresche e insegnanti, provenienti da tutta Italia, hanno avuto l’onore di essere premiati per i loro elaborati, molti dei quali ispirati proprio agli insetti e alla vita delle api. Non era mai capitato prima, visto che di questi temi si parla quasi esclusivamente agli Apicoltori, che l’ape italiana volasse così in alto: lì dove la sua condizione di Regina della Biodiversità, da molti bistrattata, potrebbe essere meglio riconosciuta. Per andare finalmente a ritrovare quell’onore e quel prestigio che giustamente merita! Gaetano Menna 10/2018 | Apitalia | 5


SOMMARIO

Apitalia N. 690 | 10/2018 gli articoli 5 EDITORIALE Onore alla Ligustica 10 PRIMO PIANO Operazione Ligustica

Gaetano Menna

28 AGENDA LAVORI. SUD E ISOLE Tempo di varroa: che noia! Vincenzo Stampa

Nostro Servizio

43 MELISSOPALINOLOGIA Algoritmo naturale

Nicola Palmieri

50 BIOLOGICO L’amore per l’ambiente

Nostro Servizio

52 RICERCA Dentro il multibioma: ecosistema intestinale

Gianni Savorelli

54 CHEF AL MIELE L’oste gourmet

Luisa Mosello

14 AGENDA LAVORI. NORD-OVEST Gli ultimi ritocchi Alberto Guernier 17 AGENDA LAVORI. NORD-EST Alimentare sì o no? Giacomo Perretta 20 AGENDA LAVORI. CENTRO Siamo in autunno… ma non sembra proprio 22 AGENDA LAVORI. SUD Rimboccarsi le maniche

Angelo Lombardi Santo Panzera

56 FLORA APISTICA I pollini di emergenza Giancarlo Ricciardelli D’Albore

lo SPECIALE

VALORIZZARE LA LIGUSTICA

RIFLESSIONI TECNICO-SCIENTIFICHE SULLA NECESSITÀ DI SALVAGUARDARE L’APE LIGUSTICA

di Tiziano Gardi

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L’Italia delle api si lamenta, ma concorsi e consumi dicono che il miele tira sempre di più. La dolce vita rinasce in cucina!

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Lorenzo Della Morte (foto pag 5), Alessandro Patierno (foto pag. 9), Emanuele Graziano Pavone, Venanzio Fidanza, www.anciabruzzo.it (foto pag. 11), Alberto Guernier, Giacomo Perretta, www.reportgarda.com (foto pag. 17), Marco Brunelli (foto pag. 19), Angelo Lombardi, Luca Londei (foto pag. 20), Filippo Vassallo (foto pag. 22), Andrea Ognibene (foto pag. 23), Santo Panzera, Denis Anderson (foto pag. 24), Fabrizio Nisi (foto pag. 27), Vincenzo Stampa, Tiziano Gardi, Nicola Palmieri, Al Naturale (pag. 50, 51), Gianni Savorelli, www.microbiologiaitalia. it (foto pag. 52), Luisa Mosello, Giancarlo Ricciardelli D’Albore, Fabrizio Piacentini, Patrizia Milione.

marcatura dell’ape regina Secondo un codice standardizzato, le regine sono marcate con un colore (tabella a lato) per permettere all’apicoltore di riconoscerne l’anno di nascita

bianco

giallo

rosso

verde

azzurro

1o6

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4o9

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(ultimo numero dell’anno di allevamento, esempio “2018”)

i nostri valori Lo stemma circolare dell’ape regina al centro della scritta che recita “Il mio non sol, ma l’altrui ben procuro” accompagna da sempre le pubblicazioni curate dalle firme storiche dell’editoria apistica italiana da cui Apitalia trae origine

Questa è la medaglia d’oro accompagnata dalla menzione speciale della Giuria internazionale che ha riconosciuto Apitalia miglior rivista di apicoltura per i suoi contenuti redazionali, la qualità del corredo fotografico e il valore tecnico-scientifico

La moneta di Efeso, con l’ape come simbolo riconosciuto a livello internazionale già 500 anni prima di Cristo

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Foto Alessandro Patierno

FOTO DEL MESE

Apitalia piace anche a Patrizio Roversi. Presentatore televisivo, attore, scrittore, è stato al nostro stand di Castel San Pietro e ci ha regalato questa bella foto ricordo. Un onore per tutti gli Apicoltori,

grazie Patrizio!

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PRIMO PIANO

OPERAZIONE LIGUSTICA

SECONDA DELIBERA: IL PARCO DELL’APE APPENNINICA ALLARGA L’AREA CONSERVATIVA Nostro Servizio

Montebello di Bertona è il secondo Comune d’Italia ad aver scelto di impegnarsi in una concreta opera di tutela dell’Ape italiana. La chiara volontà di agire all’unisono con il confinante Comune di Farindola, fa di questo territorio un presidio strategico all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Il Consiglio Comunale, a dicembre 2017, ha votato all’unanimità la delibera che rinforza la decisione già presa a Farindola: anche Montebello di Bertona sostiene il progetto “Ligustica-Parco dell’Appennino”. Sono i primi due Comuni montani in cui, d’intesa con il coordinamento nazionale, si definisce l’azione conservativa dell’Ape Ligustica italiana

COMUNE DI MONTEBELLO DI BERTONA (PE) Copia di Deliberazione del Consiglio Comunale N. 32 del Reg. data 18/12/2017 Oggetto: OPERAZIONE LIGUSTICA APE DELL’APPENNINO ADESIONE ALLA FAI L’anno Duemiladiciassette il giorno Diciotto del mese di Dicembre, alle ore 19.38, nell’aula consiliare del Comune suddetto, alla 1a convocazione in sessione straordinaria che è stata partecipata ai signori consiglieri a norma di legge, risultano all’appello nominale: Consiglieri Presenti Fidanza Venanzio, Cantagallo Marco, Macrini Gianfranco, Viola Matteo, Pavone Emanuele Graziano, Durante Niclo, Rosa Vilma, Pavone Alessandra, Antonacci Fiore Donato, Colasante Enio, Tucci Carolina. Assegnati n. 11. Presenti n. 11. In carica n. 11. Assenti n. 0. IL CONSIGLIO COMUNALE CONSIDERATO

Montebello di Bertona

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• che nel comprensorio territoriale del Comune di Montebello di Bertona (PE) e dei Comuni ad esso confinanti, insistono ideali condizioni ambientali e storiche tradizioni locali che vedono da secoli diffusamente praticata la conduzione di Apis mellifera ligustica (Spinola, 1806), meglio nota come “ape italiana”; • che in questo territorio si è conservata, in virtù del ricco patrimonio di biodiversità vegetale, delle peculiari caratteristiche dell’Appennino abruzzese, fatto


Foto www.anciabruzzo.it

di barriere naturali e vallate che Bertona ha aderito al Consorzio di specie apistiche, con particolare hanno consentito a tale patrimodi Tutela del formaggio Pecorino riferimento alla salvaguardia della nio di giungere pressoché intatto di Farindola e che la promoziorazza di ape italiana (Ape mellifera e di preservarsi anche grazie ad ne e la commercializzazione di ligustica Spinola) e delle popolazioun sobrio stile di vita e di conquesta eccellenza agroalimentare ni di api autoctone tipiche o delle duzione agricola non intensiva è da sempre stata accompagnata zone di confine; adottato dalle popolazioni locali; dall’accostamento al miele di pro- • la legge regionale 09.08.2013 n. • che gli Apicoltori del territorio duzione locale; 23 recante “Norme per l’esercizio, comunale hanno sempre operato in • che negli anni, la tradizione la tutela e la valorizzazione dell’apiena armonia, cooperando allo svidell’allevamento apistico di questo picoltura nella Regione Abruzzo luppo del patrimonio di alveari, alla comprensorio è sempre rimasta ed altre disposizioni normative” produzione di miele di altissimo previva e vitale, esprimendo in epoca che recepisce la legge quadro nagio merceologico, acquistato e compiù recente la capacità ditrasferizionale e, in particolare, all’articolo mercializzato da operatori di spicco mentodell’esperienza professio9 istituisce l’elenco regionale degli dell’Apicoltura nazionale e collocato nale degli Apicoltori più anziani allevatori di api regine di Apis melsui mercati italiani ed esteri in viralle più giovani generazioni che ne lifera ligustica Spinola e all’art. 10 tù delle sue eccellenti caratteristiche stanno facendo oggetto di ulterioprevede zone di rispetto intorno fisico-chimiche e nutrizionali; re specializzazione in funzione anagli allevamenti di api regine e alle • che gli Apicoltori locali si sono che dell’al- levamento specialistico stazioni di fecondazione; da sempre distinti esprimendo una delle api per la selezione, difesa e • il Decreto Ministeriale n. 3159 inusuale capacità di coordinamento diffusione dell’Apis mellifera ligudel 16.02.2010 con il quale il Mie di aggregazione tra loro e insieme stica (Spinola, 1806); nistero delle Politiche Agricole, alle più importanti realtà organizAlimentari e Forestali istituisce zative del comparto apistico - sia VISTI il CRT4-Centro di Riferimento nell’ambito dei Comuni limitrofi Tecnico per la salvaguardia dell’Acome pure in ambito regionale e • la legge nazionale n. 313/2004 pe Italiana affidato alle competennazionale - giungendo a esprimere per la Disciplina dell’Apicoltura ze della FAI-Federazione Apicolfigure di elevato talento apistico e che all’articolo 1 riconosce l’Apitori Italiani; capaci di fornire ceppi autoctoni di coltura come attività di interesse • lo Statuto della FAI-Federazione ape regina Ligustica che ricercatori nazionale utile per la conservazione Apicoltori Italiani che all’articolo e allevatori apistici italiani e statudell’ambiente naturale, dell’ecosi3 recepisce l’esercizio dell’apicolnitensi hanno poi sviluppato per vastema e dell’agricoltura in generale tura come attività di interesse nalorizzare particolari linee genetiche; ed è finalizzata a garantire l’impolzionale utile per la conservazione • che il Comune di Montebello di linazione naturale e la biodiversità dell’ambiente naturale, dell’ecosi-

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PRIMO PIANO stema dell’agricoltura in generale, conformemente alla legge n. 313 del 24 dicembre 2004 “Disciplina dell’Apicoltura”, garantendo l’impollinazione naturale, la biodiversità delle specie apistiche e la salvaguardia della razza di ape italiana Apis mellifera ligustica (Spinola, 1806) e delle popolazioni di api autoctone tipiche o delle zone di confine e che all’articolo 5 prevede che gli Enti che promuovano nell’ambito di propria competenza iniziative a favore dell’Apicoltura possano aderire alla Federazione; RITENUTO pertanto di aderire alla Federazione Apicoltori Italiani-FAI; ACQUISITI i pareri favorevoli di cui all’art. 49 del D.Lgs n. 267/2000; Visto il T.U. degli Enti Locali; Visto lo Statuto Comunale; Con la seguente votazione: PRESENTI n. 11 VOTANTI n. 11 VOTI FAVOREVOLI n. 11 CONTRARI n. 0 ASTENUTI n. 0 DELIBERA Di assicurare il proprio suppor- to, delegando la FAI-Federazione Apicoltori Italiani e le sue articolazioni territoriali nel realizzare le necessarie sinergie tra la comunità degli Apicoltori presenti sul territorio affinché la loro attività si esprima all’insegna di un’azione cooperante e collettiva e non già di una sola e limitata impresa individuale; che al fine di ge-

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nerare ricadute positive sull’ambiente e sul territorio, sulle comunità locali ed in particolare a favore di tutti gli Apicoltori presenti, nessuno di loro escluso o escludibile. L’indirizzo di tale azione cooperante dovrà avere valore di interesse sociale, economico, turistico, enogastronomico e di sicurezza ambientale; Di operare in accordo con la FAI attraverso un’azione di coordi- namento delle Amministrazioni confinanti, degli altri Parchi ed altre Aree Naturali protette, al fine di adottare delibere uniformi e concorrenti alla migliore riuscita del progetto di difesa e diffusione dell’Ape Ligustica autoctona, del reperimento di risorse economiche adeguate a sostenerlo e a proiettarlo in un dimensione temporale di medio e lungo periodo;

della FAI-Federazione Apicoltori Italiani, allegato al presente atto a formarne parte integrante e sostanziale; Di dare atto che l’adesione di cui sopra non comporta oneri a carico del Bilancio Comunale. IL PRESIDENTE F.to Fidanza Venanzio IL SEGRETARIO COMUNALE F.to Dott. Pica Stefania N. reg. 72 li 19 Febbraio 2018 La presente deliberazione viene affissa in data odierna all’Albo Pretorio Comunale. IL SEGRETARIO COMUNALE F.to Dott. Pica Stefania

Copia conforme all’originale. li, 19 Di perseguire il fine ultimo che Febbraio 2018 IL SEGRETARIO COMUNALE Montagna e Genti d’Abruzzo si F.to Dott. Pica Stefania facciano portatori della necessaria azione di salvaguardia dell’Ape italiana e custodi di un bene che non può e non deve essere sottratto alla CERTIFICATO DI PUBBLICAcomunità apistica nazionale, europea ZIONE E DI ESECUTIVITÀ ed internazionale e alle future gene- La presente deliberazione è starazioni, pena disastrose ricadute di ta pubblicata, mediante affissione impatto ambientale di cui i primi se- all’albo pretorio, per quindici giorni gni stiamo già registrando in questi consecutivi, dal 19 Febbraio 2018 al 05 Marzo 2018. ultimi tempi; La presente deliberazione è stata dichiarata immediatamente eseguibile, ai sensi dell’art. 134, comma 4, D.Lgs n° 267/2000. La presente deliberazione è divenuta esecutiva a seguito di pubblicazione all’Albo per 10 giorni consecutivi (art. 134, comma 3, D.Lgs n° 267/2000). IL SEGRETARIO COMUNALE F.to Dott. Pica Stefania Di approvare all’uopo lo Statuto Di aderire alla FAI-Federazione Apicoltori Italiani riconoscendole la competenza, il ruolo e la progettualità in campo apistico così come contemplato dallo Statuto sociale dell’Organizzazione che gli Apicoltori del Comune hanno sempre considerato come proprio riferimento tecnico-specialistico;



AGENDA LAVORI. NORD-OVEST

GLI ULTIMI RITOCCHI

TENERE TRACCIA DELLA SITUAZIONE DEGLI ALVEARI È DI FONDAMENTALE IMPORTANZA di Alberto Guernier

A

lle 19:00 il sole ormai è un ricordo, in apiario i voli sono sempre più scarsi, la fioritura dell’edera di metà settembre, ultima fonte di gioia per le ligule delle nostre operaie, è anch’essa solamente un ricordo. Forse un quadro un po’ triste, ma in questo momento le visite agli alveari non sono per questo meno importanti, con l’accortezza però di visitare principalmente quelle famiglie che veramente lo necessitano. Nelle varie fasi del “fare l’apicoltore”, si comincia con molto entusiasmo e poche casse, scrivendo molti appunti. Con l’aumentare degli alveari in apiario, si arriva a scrivere di meno, solo le cose ritenute importanti. A volte, poi, col passare degli anni, molti smettono di scrivere e di annotarsi le varie situazioni: si ha la tendenza a standardizzare il lavoro e il tempo per leggere e scrivere scarseggia (tipica è la convinzione del “quando la visiterò la vedrò”). Ma in apicoltura “standardizzare”, non sempre è sinonimo di “ottimizzare”. Con l’affinamento delle capacità si comprende che scrivere qualcosa - magari attaccando direttamente gli appunti sotto al 14 | Apitalia | 10/2018

coperchio con il nastro adesivo oppure, per i più irruenti, direttamente sull’arnia o sul coperchio con il pennarello indelebile - aiuta. In questo periodo, passando in rassegna gli alveari, se avremo scritto delle note, conosceremo, ad esempio, molto velocemente lo stato delle scorte: questo accorgimento ci eviterà di soppesare inutilmente tutti gli alveari alla

STANDARDIZZARE NON È SINONIMO DI OTTIMIZZARE


ricerca di eventuali alveari ancora da nutrire. Chi scrive sui coperchio, incurante dell’estetica, eviti di scambiare gli stessi tra loro durante le varie visite e manipolazioni! In questo periodo ancora siamo in tempo ad usare i favi contenenti miele riposti in magazzino. Nel Nord Ovest d’Italia, l’autunno è solitamente un mese “umido”, può quindi capitare che in alcuni favi il miele sia particolarmente liquido, addirittura potrebbero esserci cellette contenenti miele in stato di fermentazione (in questo caso gli opercoli saranno rotti con la conseguente fuoriuscita di gocce di miele); se il fenomeno dovesse essere par-

ticolarmente rilevante, bisognerà evitarne l’utilizzo. Allo stesso modo, se avremo avuto l’accortezza di annotarci le famiglie rimaste “piccole”, quelle che non si sono riprese bene dai trattamenti estivi (magari per mancata fecondazione della regina), potremo presentarci in apiario con tutto il materiale occorrente per travasare e/o riunire, senza perdere tempo in inutili visite; a questo proposito è consigliabile mettere nei nuclei tutte quelle famiglie che, per numero di favi, api e scorte, stanno tranquillamente all’interno delle arniette di polistirolo. A proposito di nuclei in polistirolo; scrivere su di essi può diventare maledettamente difficile. Questo

materiale, infatti, si deteriora facilmente, rendendo la superficie sempre meno idonea alla scrittura. Io consiglio di apporre un numero su ognuno di essi e registrare i dati occorre su un quaderno. Se invece, siamo nella “fase apistica” in cui non si scrive più niente e non abbiamo nemmeno una memoria da elefante, affumicatore e leva saranno gli unici strumenti che avremo a disposizione per una visita approfondita e, magari, leggendo queste righe chissà che non si decida di passare alla fase successiva... Come sempre, qualunque esso sia, buon lavoro! Alberto Guernier

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AGENDA LAVORI. NORD-EST

ALIMENTARE SI O NO?

GLI ALVEARI CHE, A FINE ESTATE, HANNO SCORTE DEVONO ESSERE UGUALMENTE NUTRITI di Giacomo Perretta

IL CIBO PROTEICO ARRICCHISCE LA MASSA GRASSA

Foto www.reportgarda.com

DELLE API

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a molti anni, in coincidenza con la chiusura dell’annata apistica, considero l’inizio dell’autunno come il periodo di riferimento culturale del mondo apistico; si inizia con “I giorni del miele” di Lazise, i primi di ottobre, e si termina con l’Apimell di Piacenza a marzo. Questa cultura non si identifica solo nelle fiere di apicoltura più importanti ma in decine di altre piccole realtà sparse in tutte le Regioni. Sono molti, fortunatamente, gli apicoltori che

presenziano questi eventi, ciò dimostra che il desiderio di conoscenza dell’apicoltore è molta. Ma non è tutto oro quel che luccica. La verità sembra essere un’altra, ben più amara. Le statistiche parlano di una scarsa propensione degli italiani (anche gli apicoltori… lo sono) non solo alla lettura ma anche alla curiosità culturale. Gli incontri sono, spesso, frequentati dalle solite persone, tanto che potremo parlare di “amicizia da convegno”: apicoltori di varie città che si rincontrano solo in occasioni congressuali. Ciò è dimostrato dai dati che provengono dalle segreterie delle associazioni: l’elenco degli apicoltori che partecipano ai viaggi organizzati in occasione delle manifestazioni, è quasi sempre il medesimo dell’occasione precedente. Parimenti gli apicoltori che prenotano i nuclei di anno in anno, lamentando la perdita di alveari adducendo le più svariate cause, sono sempre gli stessi. È, forse, un segno? Non voglio sembrare un provocatore, semmai cerco di stimolare i colleghi apicoltori alla lettura. E allora, trascorriamo un inverno differente e ripartiamo con una nuova conoscenza. 10/2018 | Apitalia | 17


AGENDA LAVORI. NORD-EST AD INIZIO AUTUNNO, ALIMENTARE O NO? L’estate appena passata, come del resto quelle degli ultimi anni, è stata caratterizzata da temperature piuttosto alte; nelle zone dove opero, nelle province di Venezia e Treviso, si sono verificati episodi molto strani: in alcune zone assenza di importazioni in altre, invece, le importazioni sono state soddisfacenti, cioè capaci di far fronte al fabbisogno della famiglia. Indipendentemente dalla condizione in cui si trovi l’apiario (assenza o presenza di importazioni), ritengo sia positivo ricorrere all’alimentazione supplementare. L’alimentazione arricchisce la massa grassa delle api che permet-

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terà loro di superare l’inverno in modo migliore. Con cosa alimentare. Candito o sciroppo, almeno in questo periodo, è indifferente. Il candito è sicuramente più efficace e pratico nei periodi freddi, mentre lo sciroppo dovrebbe avere concentrazioni almeno di 2:1, cioè due parti di zucchero e una di acqua. La verifica più importante da eseguire in questo periodo è quella sulla presenza di scorte, non trascurando di osservare con attenzione le condizioni generali dell’alveare. Cosa osservare. Prima di tutto la presenza della covata, facendo riferimento al suo stato ovvero il colore, la compattezza, e non ultimo la sua estensione. In questo periodo

la covata è l’ultima prima che la regina blocchi la deposizione. Per questa ragione le api devono essere ben nutrite, come già anticipato. Occorre poi verificare la presenza di polline, elemento indispensabile per una buona costruzione della massa grassa, le scorte, la regina e non ultima la pulizia del vassoio. Alcuni apicoltori iniziano a stringere le famiglie ad ottobre, altri a novembre, a volte anche più tardi, detto ciò il mese non può essere un parametro di riferimento. E aggiungo che non può esserci un riferimento razionale, ogni zona ha le sue caratteristiche. Consiglio i giovani apicoltori o comunque chi ha iniziato l’attività da poco di confrontarsi con apicoltori esperti


Foto Marco Brunelli

della stessa zona. Per evitare equivoci posso ricordarvi che già a settembre, al ritorno delle vacanze, i telaini non utilizzati dovrebbero essere stati tolti, le famiglie durante l’estate si riducono. Per stringere la famiglia è bene aspettare che essa decida dove fare il glomere per passare l’inverno. La scelta della posizione del glomere sembra sia dettata dalla circolazione dell’aria all’interno dell’arnia (le principali aperture sono la porticina di volo e la rete di fondo): temperatura e umidità dovranno essere ottimali. Tale scelta sarà influenzata anche dall’estensione della covata e dal-

la posizione delle scorte di miele e polline che si trovano nella parte più esterna del nido (in gergo “le sponde”). Ricordo solo che queste scorte devono essere rapportate alla dimensione della famiglia.

Accertata l’orfanità è necessario intervenire quanto prima. Per determinare da quanto tempo quella famiglia sia orfana sarebbe opportuno tenere un registro delle attività in apiario. Anche se, nel periodo autunnale è molto difficile che nell’arco di una trentina di giorni possano formarsi delle api ovificatrici (fucaiole), per una maggiore sicurezza conviene spostare l’alveare ad una trentina di metri, possibilmente dietro qualche cespuglio o manufatto, spazzolare le api a terra, riportare l’arnia nella posizione originaria, attendere che le api rientrino al suo interno, poi unire una famiglia con regina con il classico metodo del foglio di giornale. Non è vincolante che la famiglia unita sia precedentemente stata vicino all’alveare orfano, anche se preferibile. Le api dopo aver rosicchiato il giornale rimarranno nel nuovo “condominio” fino a quando, con la rimozione dell’alveare precedentemente unito, ormai vuoto, diverrà una sola famiglia. Nella mia esperienza ho constatato che le api rimangono nella nuova famiglia con, ovviamente, la regina. Non preoccupatevi se un buon numero farà ritorno alla precedente postazione, perché queste non ritrovando la vecchia dimora si divideranno: alcune si infileranno negli alveari vicini, altre torneranno nel condominio appena lasciato, nostalgiche della loro regina.

FAMIGLIA ORFANA Può capitare che durante la visita ci si accorga dell’assenza della regina. Per confermarla è necessario prendere in esame diversi parametri paralleli (non sempre l’assenza della covata è un riferimento preciso): la tranquillità o l’agitazione Buon Lavoro della famiglia, la ricerca minuziosa della regina stessa.

Giacomo Perretta

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AGENDA LAVORI. CENTRO

SIAMO IN AUTUNNO… MA NON SEMBRA PROPRIO

ECCESSI DI COVATA ESPONGONO LE NOSTRE API A REINFESTAZIONI DI VARROA di Angelo Lombardi

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soddisfatti. Avendo effettuato da poco tempo le terapie estive contro la Varroa possiamo immaginare di avere famiglie con livelli di infestazione molto bassi. Dunque tutte le api che nasceranno da questa inusuale e copiosa covata, saranno molto vitali ed in ottimo stato di salute, essendo state allevate in condizioni sanitarie eccellenti. Un risultato raggiunto, tra l’altro, senza dover ricorrere

SONO SEMPRE I MIGLIORI CHE CI LASCIANO PER PRIMI

Foto Luca Londei

emperature decisamente miti ed umidità elevata un po’ ovunque con piogge frequenti che hanno costantemente arricchito il terreno di acqua, hanno caratterizzato tutto il mese di settembre. Le api hanno continuato a volare, sostanzialmente senza soluzione di continuità, raccogliendo, oltre al consueto polline settembrino, anche tanto nettare, in quantità decisamente anomale per il periodo. Addirittura in alcune zone, gli apicoltori hanno lasciato i melari sugli alveari ed hanno ottenuto una produzione aggiuntiva, certamente non particolarmente significativa dal punto di vista quantitativo, ma comunque indicativa di un andamento stagionale non consueto. Le famiglie di api, dunque, si sono arricchite di scorte - ovviamente in condizioni ordinarie - ed hanno allevato rose di covata di dimensione primaverile. Dal punto di vista tecnico, questa situazione può essere considerata come una bella medaglia a due facce. Da un primo lato, quello positivo, possiamo essere


a costosi e fastidiosi interventi di nutrizione. Dunque possiamo affermare che quest’anno la condizione delle api invernali e del loro indispensabile corpo grasso si presenta, alle porte del prossimo inverno, quasi ottimale. C’è anche, però, il rovescio della medaglia. Purtroppo. Troppa covata a settembre può significare che gli acari continuano a riprodursi in forma esponenziale, trovando condizioni ambientali ideali. Occhi aperti, pertanto, alle condizioni sanitarie delle nostre api. Non ci dimentichiamo una delle peculiarietà più caratteristiche dell’attività apistica che la rende diversa da tutti gli altri settori della zootecnia. Normalmente, infatti, negli allevamenti tradizionali, gli animali in migliori condizioni di salute riescono a difendersi meglio dalle varie patologie. In apicoltura, invece, le famiglie più forti, più produttive, che hanno allevato più covata in arco temporale più allargato, sono le prime a soffrire la presenza della Varroa, fino ai limiti estremi della sopravvivenza. In apicoltura, infatti, sono sempre i

migliori a lasciarci per primi. Ciò significa che meglio appaiono le condizioni medie delle nostre famiglie, più dobbiamo prestare attenzione ai livelli di infestazione e reinfestazione della Varroa. Occhio alla caduta naturale e, in caso di dubbi fondati, procediamo a verifiche più accurate. Durante il monitoraggio non ci dobbiamo dimenticare di controllare l’andamento della covata che, al di là della situazione settembrina, ad ottobre incomincerà a rallentare. Sarà importante cogliere tempestivamente il momento del blocco per intervenire con la terapia invernale. Non possiamo sottovalutare la considerazione che oggi non possiamo prevedere con eccessivo anticipo il periodo in cui si manifesterà il blocco della covata invernale, viste le troppo variabili ad andamento non prevedibile che entrano in gioco. Basti pensare che l’anno scorso, nella maggior parte della provincia di Caserta il blocco di covata si è manifestato alla metà di ottobre. Periodo impensabile che possa ripetersi quest’anno, viste le condizioni in cui si trovano le api.

Ah, dimenticavamo di precisare che se durante i controlli ordinari dovessimo riscontrare una presenza di acari preoccupante che ci sconsiglia di aspettare il blocco naturale della covata, dobbiamo intervenire subito. A tale scopo abbiamo sostanzialmente due strade. La prima è percorribile solo se le condizione climatiche ci saranno d’aiuto e, cioè, se le api continueranno a volare senza chiudersi in glomere. Potremo allora intervenire con prodotti a base di amitraz (come Apivar® ad esempio), che sembrano garantire soddisfacienti risultati di efficacia nel periodo invernale. Per chi ha adottato un regime di apicoltura biologica o se per scelte aziendali non vuole ricorrere a terapie chimiche invasive, la scelta ricade sull’oramai collaudato ingabbiamento invernale dell’ape regina che, ovviamente, induce un blocco della covata e consente un successivo intervento terapeutico a base di acido ossalico somministrato per gocciolamento. Chi ha inserito nel mese di settembre le reti per la raccolta della propoli può controllare i livelli di

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AGENDA LAVORI. CENTRO riempimento e procedere con la sostituzione delle reti completamente riempite o con la loro rotazione se si notano aree lasciate vuote. La disponibilità di molto nettare settembrino ha influenzato negativamente la produzione di propoli che, ad oggi, si presenta molto inquinata da cera. Nel procedere con le operazioni di preinvernamento, dopo aver spostato alle estremità della camera di allevamento i favi da sostituire, possiamo incominciare a restringere il nido, eliminando tali favi - che andranno avviati alla sceratura, oltre a tutti i favi che non sono adeguatamente presidiati da api - che andranno conservati in magazzino al riparo dall’umidità e da insetti, roditori ed altri animali.

Il presumibile calo di raccolto che si registrerà a ottobre, con le famiglie ancora ben sviluppate e con tanta covata in allevamento, alzerà il livello di pericolo di saccheggi, ossia di aggressione delle api provenienti da famiglie forti nei confronti delle famiglie più deboli. Molto spesso questo fenomeno è provocato dall’imperizia o dalla scarsa diligenza degli apicoltori. Lasciare apiari non adeguatamente bilanciati - composti da famiglie molto forti e famiglie molto deboli, le une di fianco alle altre, così come il lasciare favi o pezzi di favo sporchi di miele nei pressi dell’apiario o sporcare di miele o sciroppo le arnie o le attrezzature presenti negli apiari - può innescare fenomeni massivi di

saccheggio. Che siano facilmente individuabili, latenti o difficili da scoprire, saranno sempre dannosi, perché oltre ai danni diretti provocati alle famiglie saccheggiate, sono causa di danni indiretti come la veicolazione nell’apiario di batteri, virus o funghi. Ricordiamoci, infine, di assicurare ai nostri apiari la disponibilità di acqua. Anzi, quest’anno, in modo particolare, considerando la notevole consistenza delle famiglie, in caso di periodi prolungati di mancanza di piogge ed in assenza di fonti di approvvigionamento naturale, installiamo gli abbeveratoi. L’acqua è una componente vitale nella biologia delle api. Se è vero, come è vero, che le api riescono a percepire variazioni dell’umidità

Foto Filippo Vassallo

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Foto Andrea Ognibene

relativa dell’ordine del 5%, e quindi sono in grado di approvvigionarsi di acqua con sufficiente facilità, è altrettanto certo che potersi approvvigionare nei pressi dell’apiario, con il minimo sforzo, anche in considerazione dei quantitativi importanti che devono raccogliere (fino a 200 litri/anno per alveare con punte di consumo giornaliero pari a 5 litri), produce certamente un vantaggio quanto meno sulla longevità delle api bottinatrici

che possono approvvigionarsi con sforzi contenuti. Di abbeveratoi ce ne sono di tutti i tipi e dimensioni, basta cercare un po’ che la soluzione adatta alla propria azienda sicuramente si trova. Oggi non possiamo prevedere che tipo di inverno ci attende, ma abbiamo strumenti e conoscenze per preparare noi e le nostre api ad affrontare qualsiasi andamento. L’importante è lavorare bene in questo periodo su sanità, scorte

e consistenza del nido. Ottobre è sostanzialmente l’ultimo mese utile per mettere utilmente le mani negli alveari. Non ci distraiamo, facciamo un ultimo sforzo prima del meritato riposo invernale. Le nostre api, a primavera prossima, sapranno come ripagare i nostri sacrifici di oggi. Buona apicoltura a tutti. Angelo Lombardi

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AGENDA LAVORI. SUD

RIMBOCCARSI LE MANICHE

DOPO UN’ANNATA MISERA DI SODDISFAZIONI CONCENTRIAMO L’IMPEGNOSUI LAVORI IN APIARIO di Santo Panzera

Le

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mentre le piante riducono i flussi linfatici ai rami e lasciano cadere le foglie, mentre gli animali cercano le tane ed i ripari più idonei e caldi per superare la rigida stagione invernale, le api invece devono necessariamente fare affidamento sulla nostra capacità e competenza di bravi apicoltori nell’aiutarle a preparare il “nido” per l’inverno. Se il luogo di posizionamento del nostro apiario non risponde appieno ai requisiti di buona conduzione, bisogna operare interventi migliorativi come ad esempio riparare la parte Nord con siepi, stuoie o teli protettivi, in quanto il freddo è ac-

RIUNIRE LE FAMIGLIE DEBOLI AIUTA A PREVENIRE I DANNI CAUSATI DA AETHINA TUMIDA

Foto Denis Anderson

operazioni da eseguire in apiario ed in magazzino ad inizio autunno, pur non essendo quantitativamente molto impegnative, sono molto delicate e, se non svolte con le necessarie diligenza e scrupolosità, possono seriamente pregiudicare le nostre aspettative produttive future. È questo il periodo in cui bisogna sostituire la frenetica attività dei mesi precedenti con la riflessione sull’annata apistica trascorsa e la saggia operatività; è il momento di analizzare il lavoro fatto, le strategie messe in campo, definire gli obiettivi futuri e pianificare in anticipo gli interventi da eseguire, sulla base delle nostre buone conoscenze sulla biologia delle api e sulle potenzialità del territorio in cui operiamo. Nel nostro Sud in apiario, nel mese di ottobre, è necessario procedere al riordino ed alla pulizia, recuperando ciò che è rimasto da un’annata apistica da dimenticare al più presto; effettuare le operazioni di preinvernamento, con lo scopo di predisporre le nostre famiglie di api ad affrontare nelle migliori condizioni le temperature rigide e l’alto grado di umidità della stagione invernale. In autunno infatti, tutta la natura si prepara ad affrontare e trascorrere l’inverno; però,


compagnato dal vento proveniente da questa direzione; è necessario, al fine di scongiurare il rovesciamento degli alveari, verificare l’integrità e sistemare la stabilità dei supporti che reggono le arnie o, in casi estremi, trovare nuove sistemazioni più idonee al periodo invernale. Prima dell’apertura degli alveari è bene procedere ad osservazioni e verifiche esterne volte ad escludere la presenza di api morte sul predellino o api che camminano per terra o sui fili d’erba, incapaci di volare e con ali rosicchiate, segni evidenti di elevata infestazione da varroa con conseguenti virosi; la presenza di voli di farfalline della cera davanti agli alveari sono segnale di alveari spopolati o molto deboli perché orfani o con poche api, impossibilitate a presidiare i favi laterali, divenuti facile preda della tarma. Bisogna accertarsi anche che le api in uscita dalle arnie prendano il volo in direzione diritta e lontana e non volino invece attorno agli alveari adiacenti, senza una meta precisa; in quest’ultimo caso sarà necessario rinviare il lavoro di apertura delle arnie in quanto innescheremmo di sicuro un saccheggio. Infatti non

bisogna dimenticare che in questo periodo le famiglie sono molto inclini al saccheggio, in quanto calano le fioriture disponibili, hanno bisogno di alimento per sostenere la covata e di costruire le scorte alimentari per l’inverno. Possiamo poi procedere all’apertura delle arnie, tenendo ben presente che la visita deve essere diligente e veloce, per cui è necessario conoscere precisamente le operazioni da effettuare, senza tenere aperti per troppo tempo gli alveari; inoltre in questo periodo, più che in altri, è necessario guardare l’interno dell’alveare con occhi diversi, con una visione più ampia, basata sul concetto di “superorganismo” nella sua globalità, senza privilegiare le singole entità vitali (operaie, fuchi, regina) o strutturali (cera, miele, polline). Dopo una sbuffata di fumo, alziamo il coprifavo e scopriamo il nido, annusiamo se l’odore che ne esce è gradevole o acido; ascoltiamo il rumore prodotto dalle api, un ronzio intenso e prolungato, un movimento nervoso ed una maggiore aggressività delle operaie sono tutti indice di orfanità.

Si estrae quindi il diaframma laterale e si procede ad ispezionare telaino per telaino, al fine di controllare se le impostazioni date a settembre siano state diligentemente eseguite dalle api ed allo scopo di eseguire diagnosi preventive sulle patologie dell’alveare, evitando così di accorgersi di una patologia non al suo sorgere ma quando è ormai conclamata; dovranno attirare la nostra attenzione le celle di covata isolate o con opercolo infossato e sforacchiato. Si individuano i telaini abbandonati dalle api, non ancora completati nella costruzione, con favo vecchio, nero o deformati dal caldo estivo o che presentino alveoli grandi per la deposizione di covata da fuco, che devono essere eliminati al fine di ridurre la camera di covata, stringendola al numero di telaini effettivamente coperti dalle api; tale misura nella nostra Calabria è una pratica indispensabile per prevenire i danni da Aethina tumida. Bisogna verificare accuratamente che le scorte siano abbondanti; esse devono essere valutate in funzione della covata ed api presenti ed una situazione sufficiente ai nostri climi è data da una

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AGENDA LAVORI. SUD buona corona di miele e polline sopra la covata (circa 2 Kg per favo) più un telaino laterale pieno di miele. Bisognerà accertarsi anche della presenza di abbondanti scorte di polline, molto importanti per garantire una popolazione di api adulte longeve che, protette da un consistente corpo grasso, potranno superare i rigori invernali. Il telaino con polline andrà posizionato dopo il primo telaino di scorte di miele, mai vicino alle pareti esterne dell’arnia in quanto, per l’umidità che si forma in inverno all’interno dell’alveare, sarebbe attaccato da muffe e spore che altererebbero la salubrità del polline stesso, trasformandolo così in fonte di malattie. Evitiamo assolutamente di inserire qualche favo di miele in posizione centrale, dove avverrà la formazione del glomere, in quanto le api costituiscono il glomere vicino alle scorte ma mai sopra di esse, poiché il miele a differenza delle cellette vuote sottrae calore. È bene precisare che le api, in rapporto allo spazio del nido a loro disposizione, tendono a distribuire le scorte per l’inverno secondo un ordine ben preciso, funzionale sia alle aree per la covata e per il futuro glomere, sia alla direzione delle correnti di aria fredda e dei raggi solari che colpiscono l’arnia, Infatti, se al centro della covata, soprattutto negli sciami, vi sono dei telaini nuovi non del tutto costruiti, sarà necessario asportarli, inserendo al loro posto dei telaini scuri che abbiano avuto già due o tre cicli di covata , in quanto le api si riscaldano meglio su tali favi, data la loro maggiore proprietà di acquisire e mantene26 | Apitalia | 10/2018

re il calore. Nella nostra ispezione dell’arnia, vanno osservate anche le api adulte mentre sui favi sono intente alle loro funzioni domestiche, verificando che non ci siano api tremanti o con le ali sfrangiate, indice di virosi. Una volta visitati tutti gli alveari ed accertata la loro integrità sanitaria si passa al bilanciamento delle famiglie, una pratica apistica di fondamentale importanza in autunno, in quanto una colonia poco popolata avrà poche possibilità di sopravvivere ai rigori invernali, mentre le famiglie orfane verranno sicuramente saccheggiate. Infatti, tra le buone pratiche 1. Metodo del apistiche da attuare in Calabria, foglio di giornale. Consente alle api un contatto al fine di prevenire i danni causati graduale e progressivo, riduda Aethina tumida figura quella di cendo la naturale propensione tenere sempre e solo famiglie forti dell’ape a difendere il proe procedere alla riunione di quelle prio alveare dall’intrusione di deboli. È bene sottolineare che, di estranei, in quanto ogni famiquesti tempi, alla luce del mix di glia ha un proprio “odore” che vecchie e nuove emergenze saniconsente alle operaie di distintarie da fronteggiare, è necessario guere le proprie sorelle dalle avere le idee ben chiare, consideapi estranee. La riunione va rando l’opportunità di condurre effettuata la sera, quando tutte meno arnie, dedicando a quelle le bottinatrici sono rientrate; detenute tutto il tempo necessario, se la famiglia debole da riunire in quanto è bandita ogni improvè posta in un’arnia con fondo visazione e la nostra incuria apistimobile, dopo la rimozione del ca, a differenza del passato, non ha fondo, il nido viene posiziocarattere localizzato e circoscritto nato sopra l’arnia contenente ma dimensione territoriale, amla famiglia forte, ovviamente bientale e culturale. Nella riunione dopo aver tolto coprifavo e tettra famiglie, volta a porre rimedio to ed aver interposto un foglio a situazioni di debolezza, di ordi giornale fittamente bucato fanità, di regine sterili o fucaiole, con la punta di un coltello. In non bisogna mai dimenticare che assenza di un’arnia con fondo è sempre l’alveare orfano che deve mobile, i favi della famiglia da essere introdotto nella famiglia con riunire verranno travasati in regina, mai il contrario. Due sono due melari sovrapposti collole tecniche che possono essere apcati sopra l’alveare forte. Una plicate:


Foto Fabrizio Nisi

volta che, nel giro di pochi giorni, il foglio di carta che separa i due nidi sarà roso e sarà avvenuta la pacifica riunione tra le due famiglie, sarà possibile trasferire al nido inferiore i favi contenenti covata e scorte, asportando quelli vuoti. 2. Tecnica di accorpamento più diretta e sbrigativa. Prevede il prelievo dei favi con api dalla colonia debole ed il loro inserimento nell’arnia che ospita la famiglia più forte, disponendoli a fianco dei favi già occupati da quest’ultima. Per evitare i possibili conflitti dovuti al diverso “odore di famiglia” che caratterizza le due popolazioni è utile, prima di eseguire l’operazione di riunione immediata, cospargere le api di entrambi gli alveari con farina di frumento, zucchero a velo o nebulizzazioni di soluzione di acqua e zucchero, allo scopo di mascherare gli specifici odori e obbli-

gare le api ad un’impegnativa attività di pulizia che le distoglie da atteggiamenti cruenti. Tale operazione è bene che sia attuata nelle ore centrali della giornata e durante i periodi di importazione, in cui le bottinatrici sono all’esterno. Altre operazioni da svolgere in apiario sono : • Tagliare ed asportare l’erba davanti e sotto gli alveari in quanto essa mantiene alta l’umidità del microclima a contatto con gli alveari, creando condizioni poco confortevoli per le api; • Restringere con le porticine le aperture di volo allo scopo di scoraggiare qualche saccheggio ed evitare che topolini, lucertole o altri animaletti possano infastidire le api; • Inserire i vassoi per chiudere i fondi delle arnie, operazione che, a seconda del posizionamento dell’apiario, alcuni apicoltori non eseguono lasciando quindi liberi i fondi; tale scelta, da un lato provoca un incremento del consumo

di scorte, ma dall’altro migliora la circolazione dell’aria all’interno dell’alveare, riducendo così i livelli di umidità e creando condizioni sfavorevoli allo sviluppo di patologie fungine come la covata calcificata. • Far pulire alle famiglie i melari prima del loro immagazzinamento in quanto, se lasciati sporchi, il miele che rimane all’interno con l’umidità della stagione invernale inacidisce o cristallizza ed, in occasione della smielatura, si mescola con il miele novello provocando gravi danni non solo d’immagine. Le cose da fare sono tante, per cui al lavoro, con mente e sguardo non rivolti al recente passato ma proiettati al futuro, nella speranza che finalmente si presenti all’orizzonte una stagione che ci gratifichi dei tanti sacrifici fatti ed accresca l’entusiasmo che deriva dalla nostra passione per le api. Santo Panzera 10/2018 | Apitalia | 27


AGENDA LAVORI. ISOLE

TEMPO DI VARROA: CHE NOIA!

APICOLTURA IN PROGRESSIONE: IL PENDOLO DELLA NATURA OSCILLA VERSO LO SPAZIOMUSSI® di Vincenzo Stampa

N

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così, come dicono ancora oggi i nostri cugini Greci “Pánta rhêi hōs potamós tutto scorre, come un fiume”, non c’è niente di immutabile, in questo mondo; ne parlava il filosofo greco Eraclito attorno al 500 Avanti Cristo. Anche il fondo antivarroa ha fatto il suo tempo, per un motivo molto semplice, non serve più’! Non è un segreto che dal 2004 tutti i miei alveari sono condotti a SpazioMussi® ma, adesso, c’è una novità, gli alveari sono stati ulteriormente modificati. Per esigenze di carattere produttivo in periodo invernale, i fondi

FAVO ALLARGATO HA RESO INUTILE IL FONDO ANTIVARROA

Foto Vincenzo Stampa

on posso non ricordarmi di quando, tanti anni or sono, come apicoltore ero più giovane di adesso, ero entusiasta ma non più di adesso, ero curioso ma non più di adesso, ero tenace ma non più di adesso, ero agli inizi e non più adesso. Quando ci arrivò tra capo e collo l’acaro varroa, alcuni ma sicuramente non pochi, mettemmo in campo le nostre qualità, abilità e capacità per trovare delle soluzioni di tecnica apistica che ci aiutassero a contrastare il nuovo parassita. Uno di questi accorgimenti è il fondo di rete delle arnie, meglio noto con il nome di fondo antivarroa. Non so esattamente in quanti arrivammo a concepire contemporaneamente questa idea verso la fine del 1980, ma certamente tra questi ci sono io, Graziano Corbellari, e altri, di cui non so il nome e mi piacerebbe saperlo, del Consorzio di Udine che fu la prima organizzazione ad adottarlo e proporlo su larga scala. L’efficacia dell’azione del fondo antivarroa fu talmente apprezzata e riconosciuta, lo è ancora adesso, che divenne accessorio obbligatorio negli acquisti sovvenzionati di arnie. Niente e nessuno può sfuggire alle leggi fondamentali della natura


di rete sono stati completamente chiusi, siamo tornati al fondo chiuso di antica memoria e questo non ha provocato un incremento di varroa e tanto meno una sofferenza alle api, lo dimostrano, come se ce ne fosse bisogno, il benessere degli alveari e le produzioni. LA VARIABILE SPAZIOMUSSI® HA RESO INUTILE LA VARIABILE FONDO ANTIVARROA Alle volte mi sono chiesto quale è il punto di equilibrio nel percorso di oscillazione di un pendolo, ancora non ho trovato una risposta definitiva, infatti, a volere essere pignoli, ogni punto del percorso del pendolo può essere il passato il presente o addirittura il futuro dell’oscillazione; è solo un problema di defini-

zione del punto di partenza. Allora ricominciamo da capo? In gergo calcistico, Zero a Zero e palla al centro? Credo proprio di no! Semmai due a zero per lo SpazioMussi® e prendete pure la palla. Come la mettiamo con le fesserie che si leggono in giro sul comportamento della varroa che, a causa della maggiore distanza tra i favi a SpazioMussi®, perde la presa o l’equilibrio o sbaglia il salto tra un’ape e l’altra, fino a quando non impara, ed altre amenità vomitevoli di questo tipo? Ci sarebbe da farsi delle grasse risate se non fosse che questi soggetti si danno una patente di esperti apicoltori e, non sapendo fare o proporre soluzioni valide, non perdono occasione di parlare

male di quello che non hanno sperimentato o saputo sperimentare. Una vera vergogna! L’esperienza del fondo chiuso, accoppiato allo SpazioMussi® e per di più in alveari con l’ingresso (porticina) posto in alto, con il risultato del medesimo controllo completo della varroa, è sicuramente un importante punto di riflessione. Ma che fine hanno fatto le varroe strabiche, poco atletiche ma molto furbe? È credibile che tutte le varroe più fesse, che si fanno catturare dalle api, e tutte le api più furbe si sono concentrate a Trapani (Sicilia)? Da noi c’è un detto «Cu è fissa, sta a so casa» (chi è più stupido resta a casa sua). Vincenzo Stampa

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SPECIALE APIS MELLIFERA LIGUSTICA

VALORIZZARE LA LIGUSTICA

RIFLESSIONI TECNICO-SCIENTIFICHE SULLA NECESSITÀ DI SALVAGUARDARE L’APE LIGUSTICA di Tiziano Gardi

Lavoro pubblicato in occasione del Seminario di alta formazione ApisCampus organizzato dal CRT4-Salvaguardia dell’Ape italiana, nel giugno del 2016

Fig. 1 - Particolare di covata primaverile in fase di espansione (Gardi , aprile 2016).

L

a situazione italiana in cui versa la salvaguardia delle diverse specie autoctone animali e vegetali credo sia piuttosto grave per tutta una serie di motivi che vedono oggi impegnate varie istituzioni che a diverso titolo si sono accorte, finalmente, che molto del germoplasma autoctono italiano è a rischio di erosione genetica, dimenticato e/o sacrificato per troppo tempo in nome delle produzioni. In diversi settori del comparto agricolo-zootecnico, permettetemi la franchezza, si è atteso che le diverse razze/ecotipi/varietà, scomparissero definitivamente o comunque giungessero al “lumicino”, prima di iniziare una sorta di ricostituzione varietale/razziale partendo spesso da un qualche altro germoplasma che ci consentisse di avere l’illusine di averle recuperate/ripristinate. Da diversi anni sto asserendo in diversi consessi che anche l’Ape italiana autoctona, scientificamente conosciuta come Apis mellifera ligustica (Spinola, 1806), sta rischiando di estinguersi nella sua autoctonia. E se per le diverse razze animali è possibile, qualora siano ancora presenti se pur in numero ridotto, ricostituire le popolazioni preesistenti, controllando e guidando gli accoppiamenti, per l’ape sappiamo tutti che non è così semplice. Le api regine si fecondano in volo ed è giustissimo che continuino a farlo in questo modo; l’unico che permette alle regine vergini di scegliersi i fuchi più forti, adulti e sessualmente maturi, in grado di trasferire alla progenie (api operaie e future regine) quei caratteri di rusticità troppo a lungo sacrificati in nome delle produzioni (gelatina reale, miele, polline e quant’altro) ed a cui si è teso con l’introduzione sconsiderata di “riproduttori” esteri o selezionati esclusi10/2018 | Apitalia | 31


SPECIALE APIS MELLIFERA LIGUSTICA

Fig. 2 - Telaino con ottimo rapporto tra covata e scorte otre che tra api adulte e covata; questi giusti rapporti fanno propendere per la buona longevità della linea femminile (api operaie e future regine) (Gardi, 2013).

vamente in base ad un solo parametro “quantistico”. L’ape ligustica autoctona italiana non può essere questa; trasformarla rispetto alle sue peculiari caratteristiche, tanto esaltate da tutti coloro che non avevano il privilegio di possederla, è come pretendere di trasformare una razza di vacca da carne in una da latte e viceversa, quando sarebbe molto meglio, eventualmente, migliorare nell’una o nell’altra le peculiari produzioni senza mai perdere di vista le caratteristiche morfofunzionali che nel tempo (secoli), gli hanno permesso di essere oggetto di attenzione da parte dell’uomo e dei genetisti per un suo qualche pregio che le diverse condizioni ambientali, insieme al patrimonio genetico, gli hanno permesso di selezionarsi naturalmente per quel territorio che in qualche modo l’aveva “plasmata” . Anche per l’ape italiana è successo questo, ma spesso gli apicoltori ed anche alcune istituzioni, hanno 32 | Apitalia | 10/2018

perso di vista queste cose e nel giro di alcuni anni sono cominciate a comparire patologie apistiche nuove a cui la Ligustica Autoctona, proprio perché autoctona, era riuscita da sempre a sfuggire per le sue peculiari caratteristiche di rusticità, resistenza, produttività sotto tutti gli aspetti, tanto da essere apprezzata e richiesta in tutto il mondo. A fronte di ciò, credo sia piuttosto insensato, rischiare di perdere definitivamente questo patrimonio che non riguarda solo l’Apicoltura intesa in senso generale, ma l’Agricoltura e l’Ambiente intesi in senso lato. Che fare dunque: Mi permetto di suggerire che oggi la cosa più opportuna ed immediata da fare, almeno in quelle regioni italiane che si stanno mostrando più sensibili al problema della salvaguardia e valorizzazione dell’autoctonia dell’Ape italiana, iniziare ad individuare in ambito regionale are-


ali ed apicoltori ancora geneticamente sani, al fine di: • Poter disporre di apiari stanziali in cui gli apicoltori abbiano da sempre praticato la rimonta interna ed in cui non siano stati immessi sciami di origine ignota da lungo tempo; • Poter riuscire ad individuare all’interno dei suddetti apiari, alveare per alveare, le colonie che presentano i caratteri comportamentali e fenotipici (caratteri morfofunzionali) che contraddistinguono la Ligustica italiana autoctona, quali: 1) capacità di ripresa primaverile commisurata al territorio e alle disponibilità di pascolo, 2) buona tenuta del favo (docilità), 3) qualità della covata, 4) ottimo rapporto scorte vive/scorte morte, 5) ottimo rapporto api adulte/covata, 6) scarsa tendenza alla sciamatura, 7) longevità delle regine, 8) quantità di miele prodotto); • una volta individuate queste colonie, è neces-

sario eseguire su un congruo numero di api operaie, da esse prelevate, una prima analisi morfometrica, accompagnata da uno stesso tipo di analisi su un campione cumulativo di api operaie prelevate dai restanti alveari dell’apiario, al fine di verificare il grado di variabilità genetica presente all’interno della popolazione monitorata. • Qualora i campioni risultino rispondenti ai parametri razziali (intesi sotto l’aspetto morfometrico, ma anche comportamentale (caratteri morfofunzionali), è necessario procedere alla rimonta delle regine provenienti dagli alveari migliori; • Nell’anno successivo sarà ancora necessario continuare con le analisi morfometriche estese a tutta la popolazione oggetto di salvaguardia e valorizzazione. Tutto ciò servirà a valutare l’omogeneità o meno delle diverse popolazioni di ligustica autoctona

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SPECIALE APIS MELLIFERA LIGUSTICA

Fig. 3 - Fase di recupero di uno sciame primario di ligustica autoctona: si noti la docilità delle api (Gardi, 2016).

ancora presenti in un determinato territorio che andrà strenuamente difeso sotto ogni aspetto: legislativo (zone di rispetto), attraverso il vuoto genetico (assenza di fuchi estranei alla popolazione da salvaguardare), come banca di germoplasma autoctono, come registro della sottospecie Apis mellifera ligustica autoctona italiana. Io credo che se si potrà mettere in atto tutto questo, allora potremo ancora fregiarci di essere la patria dell’Ape italiana e di poter garantire alle future generazioni sia la salvaguardia delle produzioni apistiche che di quelle agricole, come anche della biodiversità coltivata e spontanea che solo un’ape autoctona come è appunto per l’Italia l’Apis mellifera ligustica (Spinola, 1806) riuscirà ancora ad assicurare, in quanto: IMPORTANZA DELL’EQUILIBRIO NEL “SISTEMA ALVEARE” Ciascuna sottospecie di ape da miele autoctona 34 | Apitalia | 10/2018

(più avanti definita Razza), presenta particolari caratteristiche di adattamento alla flora ed al clima del Paese in cui si è naturalmente adattata. L’adattamento comporta per le singole razze di api: 1) di essere in grado di avvertire i tempi in cui inizieranno le prime fioriture annuali e di conseguenza di essere capaci di allevare covata in grado di nascere (Fig. 1) e successivamente di dare luogo a numerose api bottinatrici di pari passo con l’andamento stagionale e le disponibilità nettarifere e pollinifere; 2) di essere in grado di approvvigionarsi di polline e nettare da stivare nei favi del nido e di dare produzioni abbondanti nei favi dei melari e quindi deve presentare api operaie longeve (Fig. 2); 3) di non avere tendenza a produrre troppe celle reali e di conseguenza a sciamare, in quanto la sciamatura tende ad impoverire le colonie e compromette le produzioni annuali (Fig. 3);


4) di essere docile durante le visite all’apiario; 5) di non avere tendenza al saccheggio degli alveari limitrofi nemmeno durante i periodi di scarsità di raccolto, a meno che questo non venga provocato dall’operatore apistico; 6) di possedere un buon istinto al riconoscimento delle larve malate o con corredo cromosomico inappropriato e di rimuoverle dalle celle di covata (istinto igienico). LE PRINCIPALI PROBLEMATICHE CONNESSE A PROCESSI DI IBRIDAZIONE SPONTANEA O PROVOCATA DALL’APICOLTORE Ciascuna sottospecie, se allevata in purezza genetica è in grado di estrinsecare al massimo le sue peculiarità di razza, per cui l’apicoltore può più facilmente intervenire (anche mediante programmi di selezione), per poter correggere in senso positivo o comunque attenuare alcuni caratteri indesiderati (squilibrato sviluppo primaverile, tendenza alla sciamatura, aggressività, scarsa resistenza ad alcune patologie della covata, scarsa longevità delle regine e delle api operaie). 1) La fecondazione delle regine e i rischi di ibridazione in natura Le api regine di qualsiasi sottospecie si fecondano in volo attraverso accoppiamenti multipli (8-12 fuchi); i fuchi sono in grado di percorrere molti chilometri dal loro alveare di origine (oltre 15 km) perché attratti dai feromoni emanati dalle regine vergini. Ciascuna sottospecie, inoltre, presenta nei confronti dell’accoppiamento particolari esigenze: altezza dal suolo, gradi di temperatura ed orari diversi nell’ambito della giornata (tarda mattinata, prime ore pomeridiane, pomeriggio pieno). Proprio in relazione a ciò, alcuni paesi caratterizzati da diverse tipologie di clima, hanno permesso che attraverso le vie naturali le diverse sottospecie si mantenessero separate (Fig. 4). I fuchi di ciascuna razza, per essere in grado di accoppiarsi, aberrazioni e/o mutazioni genetiche a parte, devono essere adulti, sessualmente maturi e devono prima aver volato a lungo, oltre a ne-

cessitare di quelle particolari condizioni connesse a temperatura, assenza di vento e condizioni altimetriche tali da “invitarli” a concentrarsi in luoghi favorevoli all’accoppiamento in cui andranno periodicamente a confluire anche le regine vergini. Quindi, se ciascuna sottospecie esige condizioni climatiche ed orari diversi, per molte di esse (le sottospecie), si verifica però che alcune frazioni di orario e di gradi di temperatura, risultano coincidere in parte. Pertanto, se l’apicoltore si trova a gestire i propri alveari in areali di “confini razziali”, può facilmente accadere che fenomeni di ibridazione si verifichino naturalmente per due cause: scarsità o immaturità sessuale dei fuchi di una determinata sottospecie che frequentano l’area di accoppiamento nel momento in cui sopraggiungono le regine vergini della stessa sottospecie per essere fecondate; preponderanza di fuchi di altre sottospecie rispetto a quella a cui appartiene la regina vergine. 2) Principali problematiche connesse alla fecondazione strumentale ai fini dell’ibridazione

Per quanto concerne l’apporto che l’inseminazione strumentale potrebbe dare alla salvaguardia e valorizzazione del patrimonio genetico autoctono nazionale, è ritenuto che questa tecnica possa essere di utile applicazione, solo a carattere temporaneo ed effettuata da personale specializzato, in quei casi in cui, nel corso delle osservazioni biennali, vengano riscontrate in alcune colonie peculiari caratteristiche di resistenza a determinate patologie dell’alveare o riassumibili in un elevato comportamento igienico, tanto da temere che possano andare perdute anche attraverso la fecondazione controllata. Infatti, questo tipo di fecondazione dovrebbe essere applicata utilizzando esclusivamente la stessa sottospecie. Qualora invece venga impiegata per produrre ibridi a fini strettamente produttivi, può risultare di per se molto pericolosa ai fini della conservazione delle singole sottospecie, per i seguenti motivi principali: • Per poterla attuare, necessita di riuscire ad 10/2018 | Apitalia | 35


SPECIALE APIS MELLIFERA LIGUSTICA tenuta del favo, difficoltà a superare l’inverno e/o i periodi di assenza di fioritura). 3) Principali accorgimenti da tenere presenti per effettuare il miglioramento genetico delle colonie a fini produttivi e di resistenza alle patologie

Fig. 4 - Giovane ape regina di Ligustica autoctona che sta iniziando a deporre (Gardi, 2016).

allevare, mantenendole geneticamente ben separate, le due o più sottospecie che si intende sottoporre ad incrocio (incroci a 2 o 3 vie); • permette all’allevatore di scegliere la linea femminile (da colonie con regine madri), ma non consente di scegliere i fuchi sessualmente migliori anche se provenienti da colonie con “regine padri” (Fig. 5); • non permette di valutare dal punto di vista funzionale i fuchi da utilizzare per il prelievo del seme che in natura sono esclusivamente quelli adulti, sessualmente maturi ed in grado di raggiungere e fecondare le regine in volo; • Gli ibridi che vengono prodotti con questo metodo si mostreranno più efficienti rispetto alle rispettive sottospecie da cui derivano nella generazione F1, ma presenteranno caratteristiche negative e molto alterne nella generazione F2. Le colonie con api ibridate non possono inoltre fornire “Regine madri” e nemmeno “Regine padri” e devono essere mantenute assolutamente separate dalle linee genetiche pure (per evitare processi di ibridazione spontanea); Le colonie ibridate non consentono una gestione razionale e corretta dell’apiario e danno frequentemente luogo a fenomeni indesiderati dall’apicoltore (aumento dell’aggressività, insorgenza di patologie tipiche delle sottospecie di provenienza, tendenza alla sciamatura, scarsa 36 | Apitalia | 10/2018

È di estrema importanza che ogni apicoltore italiano che intenda allevare e salvaguardare l’Apis mellifera ligustica autoctona si impegni in un programma di selezione genetica da attuare nei propri apiari. Tale programma non può prescindere dalla valutazione biennale di un certo numero di colonie che abbiano regine della stessa età e che preferibilmente siano anche regine sorelle (attuazione di una selezione combinata a schema familiare per gruppi di regine sorelle). Inoltre è altrettanto importante che prima di iniziare il prelievo delle larve destinate a diventare regine, l’apicoltore si accerti che nelle colonie migliori vi sia presenza di fuchi già nati; i fuchi per essere in grado di accoppiarsi devono infatti essere adulti e sessualmente maturi. Se esistono stazioni di fecondazione sufficientemente isolate (> 5 km da altri alveari), per ogni regina da fecondare, è necessario che siano disponibili almeno di 40-50 fuchi selezionati e sessualmente maturi. Se invece non esistono Stazioni di Fecondazione isolate è necessario che per ogni regina da fecondare siano disponibili da 150 a 200 fuchi appartenenti alla stessa sottospecie autoctona. Per essere considerati tali, i fuchi devono presentare una buona conformazione fisica e l’estremità addominale ben coperta di peli; prendendoli in mano e facendogli estroflettere l’endofallo, il fuco deve presentare un buon contenuto in liquido spermatico; per essere in grado di accoppiarsi i fuchi devono aver prima volato a lungo (i fuchi raggiungono in genere la maturità sessuale dopo circa 22 gg dalla nascita). Al momento dell’accoppiamento, ciascun maschio che interviene nella fecondazione, apporta il suo patrimonio genetico pressoché in eguale misura a tutti gli


altri, determinando così una minore o maggiore purezza genetica all’interno della colonia e nelle future regine. 4) Valutazione dell’appartenenza alla sottospecie desiderata

Per poter essere certi di non moltiplicare colonie con caratteri indesiderati, è inoltre necessario fare effettuare da laboratori specializzati e accreditati, le analisi biometriche e se possibile l’analisi molecolare su un campione di api operaie sufficientemente rappresentativo (80 – 150 api operaie di media età) per ciascuna delle colonie dell’apiario ritenute migliori. Per essere certi di aver valutato correttamente le colonie da cui ottenere regine madri e regine padri, sono necessari almeno 2 anni di osservazioni al termine dei quali è possibile decidere quali siano le colonie da destinare a diventare colonie madri e colonie padri.

5) Tempi necessari per una corretta valutazione delle colonie migliori

Nel corso dei 2 anni di osservazioni, si dovrà procedere a valutare per ciascuna regina (assegnando un punteggio da 1 a 5), i seguenti parametri: ripresa primaverile, scarsa tendenza alla sciamatura, attaccamento al favo, vitalità della covata, rapporto scorte morte/scorte vive, rapporto api adulte/covata e Kg di miele annualmente prodotto. • Ripresa primaverile: questa non dovrà essere troppo precoce, ma commisurata alle fioriture del territorio, a meno che l’apicoltore non intenda produrre regine da destinare a mercati diversi (colonie più precoci per il Sud, più tardive per il Nord del proprio Paese). • Tendenza alla sciamatura: deve essere valutata in base al numero di celle reali prodotte (colonie che nel terzo anno di età della regina, o che per errate tecniche di conduzione, o per-

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SPECIALE APIS MELLIFERA LIGUSTICA ché confinate in arnie troppo piccole, dovessero sciamare, ma la produzione di celle reali si attesta intorno a 5-6 celle, non devono essere considerate tendenti a sciamare, pur fuoriuscendo dal programma di selezione). • Attaccamento al favo: viene valutato estraendo uno o più telai di covata opercolata ben coperti di api, contro i quali si procederà a soffiare energicamente; più le api tenderanno a mantenersi compatte e a proteggere la covata, maggiore sarà il punteggio che verrà assegnato alla colonia (attaccamento al favo = docilità). • Vitalità della covata: Indica la quantità e qualità della covata opercolata; più essa è “estesa”, uniforme e compatta, maggiore è il punteggio che verrà assegnato (da 1 a 5). In particolare il telaio di covata verrà virtualmente suddiviso in sei sesti e le scorte dovranno occupare almeno un sesto del telaio (rapporto scorte morte/scorte vive). • Rapporto api adulte/covata: tale parametro, troppo spesso sottovalutato da parte degli apicoltori/allevatori di api regine, è invece di estrema importanza in quanto serve a valutare la longevità della linea femminile (api operaie e future regine, in quanto entrambe derivano da uova fecondate). Disporre di alveari con tali caratteristiche consente di ottenere raccolti maggiori, ma soprattutto di avere regine longeve e numerose api bottinatrici. • Kg di miele prodotto: indica i kg di miele che vengono estratti dalla colonia in una intera stagione, senza mai procedere a prelievi ed aggiunte di favi sia nel nido che nel melario. Nel corso delle osservazioni l’assegnazione dei punteggi, per ciascun parametro considerato, dovrà essere riportata in una apposita scheda di valutazione che li contenga; al termine di ciascun anno, sarà così possibile esprimere un giudizio di merito deducibile dall’indice (I) che si ricava dall’applicazione della seguente formula da applicarsi per ciascuno dei parametri rilevati: 38 | Apitalia | 10/2018

SCHEDA INDIVIDUALE DELLE COLONIE CHE SI INTENDE VALUTARE AI FINI DELLE PATOLOGIE - SCHEDA 1 Codice Apicoltore....................... Apiario n° ......................... Alveare n°.................................... Regina anno:...................... Data rilievo:.................................. Punteggio

Vitalità covata*

Docilità

Sciamatura

5

Molto compatta

Molto calme

Nessuna cella reale

4

Compatta

Calme con fumo

Poche celle reali

3

Mediocre

Un po’ aggressive

Molte celle reali

2

Bassa

Aggressive

Sciamata

1

Assai scadente

Molto aggressive

Orfana

Punteggio assegnato Quantità di miele prodotto nel corso dell’intero anno (Kg): ................... Per assegnare i valori alla quantità e vitalità della covata, è necessario suddividere idealmente i favi in sei parti uguali (come nel tracciato in rosso riportato nell’immagine); quindi assegnare un punteggio da 1 a 5; infatti almeno 1/6 del telaino da nido dovrebbe essere sempre occupato dalle scorte morte (miele e polline) e come riportato in SCHEDA 1.

I= (valore medio regine sorelle – valore medio apiario) + (valore individuale – valore medio apiario) A seguito dell’applicazione della formula ai diversi parametri considerati, verrà ad istituirsi una graduatoria di merito per cui tra i nostri alveari che hanno ottenuto il miglior punteggio (compreso tra i valori 1 e 5), risulteranno, al termine dei due anni di osservazioni, un alve-


Scheda di valutazione alveari a fini selettivi (anno: ………………) - ALLEGATO 1 Data........................ Luogo ....................................................... Apiario................... Alveare n°:............................................... Parametri da considerare

Valutazione

Ripresa primaverile

1

2

3

4

5

Vitalità della covata

1

2

3

4

5

Telaio intero

Qualità della covata

Semiluna 1/2

Forza numerica della colonia

2/3 1/3

(telaini coperti di api: n/10)

.........../10

Rapporto scorte vive/morte

1/6

2/6

3/6

4/6

5/6

6/6

Rapporto api adulte/covata

1

2

3

4

5

Scarsa tendenza alla sciamatura

1

2

3

4

5

Miele prodotto

Kg ...................

Per poter scegliere le colonie a fini selettivi (scelta dei riproduttori: regine madri e regine padri) è necessario servirsi della scheda (ALLEGATO 1) e valutarle singolarmente all’interno di ciascun apiario (postazione di alveari) per almeno 2 anni consecutivi.

are classificatosi al primo posto ed un altro al secondo posto; in tutte le restanti colonie, classificatesi dal terzo posto in poi, si procederà alla sostituzione delle regine con nuove regine ottenute dalle colonie classificatesi ai primi 2 posti; a questo punto le osservazioni riprenderanno per un successivo biennio e così a seguire. In particolare, la colonia I classificata (A): verrà destinata alla produzione di fuchi ed al prelievo di larve per regine, mentre la colonia II classificata (B): fornirà esclusivamente larve per regine. Otterremo così di nuovo due gruppi

di regine sorelle appartenenti ai ceppi (regine A x fuchi A) e (regine B x fuchi A) che sottoporremo ad osservazione per ulteriori 2 anni. 6) Corrette dimensioni dei nuclei di fecondazione per ottenere buone regine

La condizione essenziale per ottenere buone regine, oltre alla genealogia, è che i nuclei di fecondazione abbiano dimensioni idonee (almeno 3-4 mezzi favi da nido) e siano densamente popolati di api adulte e covata a tutti gli stadi al fine di garantire le cure necessarie alle giovani regine che rientrano dai voli di fecondazione e si apprestano ad iniziare la deposizione; per ogni ciclo produttivo è necessario che i nuclei presentino un numero di celle vuote, sufficienti a verificare la quantità e qualità della covata deposta dalla nuova regina prima della marcatura e dell’ingabbiamento. Infatti, i nuclei di fecondazione troppo piccoli (es. APIDEA), spingono le giovani regine a compiere il volo di fecondazione troppo in fretta e non forniscono loro celle di deposizione in quantità sufficienti ad una regina di grande valore genetico. È importante, infine, conoscere i diversi motivi che rendono estremamente complesso il lavoro di selezione in ambito apistico, in quanto: • L’accoppiamento naturale delle regine è libero e multiplo; • I maschi derivano da partenogenesi; • La risposta alla selezione è mascherata dal peculiare adattamento della colonia alle condizioni locali di clima e di pascolo; • La maggior parte delle caratteristiche fenotipiche è il risultato di numerosi processi comportamentali; • Il comportamento individuale (singola colonia) è fortemente influenzato dal contesto sociale; • Il valore riproduttivo tende a ridursi con l’aumentare del coefficiente di consanguineità; • La produzione di miele è il risultato di molte cause ed effetti che ne rendono difficile la valutazione: la selezione per questo carattere può condurre al miglioramento di molti altri caratteri ad esso positivamente correlati o viceversa. 10/2018 | Apitalia | 39


SPECIALE APIS MELLIFERA LIGUSTICA

Fig. 5 - Regina Ligustica autoctona utilizzata per produrre la linea maschile (regina padre) e costretta a deporre su un favo fatto appositamente costruire liberamente dalle api con celle da fuco (Gardi, 2014).

7) selezione combinata a schema familiare L’applicazione delle pratiche di selezione genetica sopra descritte, fanno riferimento al metodo della ”selezione combinata a schema familiare”, che tiene conto del valore individuale e di quello di un gruppo di alveari con regine sorelle, attribuendo l’indice di merito, per ciascuno dei parametri valutati, calcolato secondo la formula sopra riportata. Ciò nonostante sarebbe bene, una volta individuate regine madri e regine padri di grande valore, che la loro progenie fosse sottoposta a fecondazione controllata (Stazioni di fecondazione ufficialmente riconosciute e ben isolate), al fine di garantire nel minor tempo possibile la produzione e diffusione di materiale genetico di grande valore (fuchi in particolare e regine fecondate), nell’ambito di areali il più possibile vasti, quale barriera all’inquinamento arrecato da fuchi ibridati od estranei ad ogni programma di selezione genetica. Infatti, la “fecondazione controllata”, rispetto all’inseminazione strumentale preclude alle api regine di essere fecondate esclusivamente dai fuchi più adulti, sessualmente più maturi e do40 | Apitalia | 10/2018

tati di maggior vigoria ed apportatori di caratteri di resistenza e rusticità. In laboratorio, infatti, l’operatore può basarsi sulla scelta dei fuchi da cui prelevare il seme, esclusivamente attraverso valutazioni fenotipiche degli stessi (esame visivo dello sperma), nonché sul fenomeno dell’aploidia (partenogenesi arrenotoca: fuchi uguali alla madre), ma non sulle loro effettive capacità di accoppiamento. Per cui, ricorrendo principalmente od esclusivamente a tale tecnica, il cui scopo principale dovrebbe essere quello di produrre individui altamente selezionati, si può invece incorrere nel rischio di riprodurre “linee di sangue” i cui fuchi, come già avviene per altre specie animali, siano caratterizzati da un basso grado di imprinting all’accoppiamento naturale; tale fenomeno comprometterebbe senza dubbio alcuno la possibilità di salvaguardare, valorizzare e diffondere quella biodiversità che ancora oggi è presente nelle popolazioni autoctone delle diverse sottospecie di Apis mellifera. 8) Le api autoctone e il territorio Rispetto al passato, con il trascorrere del tempo e l’intensificarsi delle produzioni, del commercio e dello scambio di api, si è assistito ad un depauperamento del patrimonio genetico apistico autoctono anche a seguito di inopportune importazioni a bassissimi prezzi da paesi esteri che a loro volta avevano importato in passato quelle sottospecie. Oggi, troppo spesso il fenomeno di impoverimento genetico e di ibridazione sta diventando tale da mettere a repentaglio le caratteristiche peculiari di molte delle api mellifere autoctone con gravi ripercussioni comportamentali, produttive, gestionali e di patologie. Genotipo e fenotipo • Tutti gli organismi viventi sono formati da cellule che ne costituiscono le unità di organizzazione strutturale. • Gli animali, e quindi anche le api, sono organismi pluricellulari eucariotici poiché il loro corpo è costituito da numerose cellule e in cia-


scuna di queste è possibile individuare un nucleo in cui è racchiusa l’informazione genetica necessaria alla formazione dell’individuo. Tali informazioni sono contenute nella struttura di molecole di DNA organizzate in cromosomi. • Quando si prende in considerazione un individuo bisogna ricordare che le sue caratteristiche non sono dovute solamente al patrimonio genetico, ma anche all’Ambiente in cui vive. Il termine Ambiente deve essere inteso nell’accezione più larga. • Definiamo pertanto come FENOTIPO l’insieme delle caratteristiche di un individuo che possono essere osservate, qualunque sia il metodo di osservazione adottato; per GENOTIPO invece si deve intendere l’insieme dei geni, cioè delle informazioni genetiche che vengono trasferite dai genitori alla discendenza (figli), per mezzo delle cellule riproduttive e che dirigono, in coordinazione con diversi fattori ambientali, la formazione e il funzionamento degli individui. Tutto ciò, può essere evidenziato dalla relazione: F=G+A in cui: F = fenotipo, G = genotipo, A = ambiente.

Così, le caratteristiche di una colonia risultano dall’interazione fra il genotipo delle operaie e quello della regina nonché tra queste e l’Ambiente; le caratteristiche che una regina autoctona deve possedere sono riassumibili in: ottima attività di ovodeposizione, elevata produzione di feromoni, ottimi fattori plasmatici dell’uovo, mentre le caratteristiche che devono contraddistinguere le api operaie sono annoverabili tra le seguenti: ottima cura della covata, possedere il carattere che determina la loro longevità, ottima capacità di raccolto, elevata reazione ai feromoni, resistenza alle principali patologie, ottimo istinto igienico. Tutte queste caratteristiche, se abbinate all’ecosistema, al clima ed alle buone pratiche apistiche, concorrono a determinare la risposta che il “Sistema alveare” offre alla selezione genetica operata dall’Apicoltore. 9) alcune problematiche dell’Apicoltura Se ad esempio, prima di iniziare ad attuare il lavoro di selezione, il problema maggiore per l’apicoltore dovesse essere rappresentato ad esempio dalla tendenza alla sciamatura delle colonie in suo possesso, si potranno costringere alcune regine a svilupparsi in spazi ridotti (arnie a 5-6 favi) al fine di verificarne nella primavera suc-

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SPECIALE APIS MELLIFERA LIGUSTICA cessiva l’effettiva tendenza a sciamare. Una volta iniziato il programma di selezione descritto ai punti precedenti, una volta scelte le 2 colonie migliori, attraverso l’applicazione della formula degli indici di merito, possiamo iniziare con la produzione di regine. Mettendo in atto la tecnica del traslarvo e badando a prelevare larve di meno di 72 ore di vita, si cercherà di non dare alle colonie scelte per l’alleveranno delle celle, più di 20 cupolini per ciascun ciclo, affinché ciascuna larva venga ben nutrita ed alla sua nascita possa rimanere sul fondo della cella reale della gelatina reale residua, a testimonianza della buona nutrizione da parte delle api nutrici. Una volta che le celle reali saranno prossime alla nascita e pronte per essere inserite nei nuclei di fecondazione è necessario ricordare che: • Le celle reali vanno mantenute nella posizione in cui vengono naturalmente costruite dalle api; • non devono essere prelevate prima dell’11°-12° giorno dalla data del traslarvo; • non devono essere assolutamente inserite in nuclei di piccole dimensioni; • è necessario offrire alle giovani regine la possibilità di avere a disposizione un elevato numero di fuchi selezionati (Fig. 5), adulti e sessualmente maturi (da 40/50 a 120/150 fuchi / regina da fecondare),

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• controllare che le regine, clima permettendo, si fecondino nei primi 15-16 giorni di vita; • prima di effettuare la marcatura delle nuove regine feconde, accertarsi della qualità e quantità di covata da esse deposta. Solo operando in questo modo potremo garantire all’interno dei nostri apiari uniformità genetica e buone e costanti produzioni e ai diversi paesi di poter disporre oggi come in passato, ma soprattutto per i tempi a venire, di ottime api da miele nella loro autoctonia. Tiziano Gardi Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali Università degli Studi di Perugia Borgo XX Giugno, 74 06121 Perugia (PG) tiziano.gardi@unipg.it

Titolo originale del lavoro: “Riflessioni tecnico-scientifiche sulla urgente necessità di salvaguardare e valorizzare le popolazioni autoctone di Apis mellifera ligustica (Spinola, 1806)”


MELISSOPALINOLOGIA

ALGORITMO NATURALE

ANALISI SUI POLLINI: UNICO STRUMENTO DI CERTIFICAZIONE D’ORIGINE DEL MIELE ITALIANO di Nicola Palmieri

DOBBIAMO TUTELARE IL PANIERE NAZIONALE DEI 60 MIELI UNIFLORALI

V

orrei riprendere il tema sull’origine geografica dei mieli iniziato in un precedente articolo, nel quale sono stati affrontati alcuni argomenti introduttivi quali: gli aspetti geomorfologici e l’elevata diversità biologica presenti sul territorio italiano (che favoriscono la caratterizzazione geografica dei nostri mieli); le dinamiche che accompagnano il polline (marcatore della diversità botanica presente lungo la nostra penisola) nel suo complesso viaggio verso il nettare florale ma anche direttamente verso

il miele (arricchimento); il sedimento pollinico presente nel miele che mostra una fotografia della diversità vegetazionale presente nel territorio di produzione dello stesso; l’importanza di questa rappresentazione che non mostra solo le piante di interesse apistico ma anche quelle piante il cui polline giunge nel miele per contingenza (apoidei e vento) o anche per casualità e per altre svariate ragioni, già menzionate in precedenza. E dunque l’informazione che giunge a noi immergendoci nel miele non è solo l’osservazione di un mondo visto con gli occhi delle api ma anche quello che sfugge al loro controllo e permette a noi una valutazione più amplia, ma non del tutto esaustiva, della diversità botanica che circonda la colonia di api. LA PAROLA AI MELISSOPALINOLOGI Tutto ha origine dal lavoro di pochi e sparuti melissopalinologi che durante una semplice analisi microscopica riconoscono uno ad uno pollini che, dopo aver fugato dubbi ed incertezze, prendono la via del brogliaccio ed andranno a comporre una lista “grossolana” di specie, 10/2018 | Apitalia | 43


IMPOLLINAZIONE

quasi senza significato, come le tessere di un puzzle contenute in una bustina di plastica. Il dubbio è il principale nemico del melissopalinologo ma come un “algoritmo naturale” ci aiuta a trovare strategie atte a fugare i dubbi. Un metodo per allontanare le prime incertezze è osservare quel polline all’interno del vetrino più e più volte in diverse posizioni; tutte queste immagini elaborate nella nostra testa ci aiutano a figurare la forma tridimensionale di quel polline, che insieme alla dimensione come anche allo spessore della parete e alle caratteristiche del citoplasma (tutta la porzione di una cellula contenuta all’interno della membrana cellulare; è di conseguenza fluida, ndR), ci aiuteranno a dare un nome al polline sconosciuto. Alcune volte, quando tutto questo non è sufficiente a farci accendere la lucina giusta per trovare una soluzione al dilemma, è necessario consultare gli atlanti cartacei o quelli elettronici, le singole pubblicazioni o le precedenti indagini scientifiche svolte in quel territorio. Ci sono giornate in cui il mio studio si riempie di testi, atlanti e fo44 | Apitalia | 10/2018

tocopie da non permettermi più alcun movimento… fino a quando tutti i pollini, mano a mano che si completa la visione microscopica del miele, prendono un nome. Successivamente la lista e le conte appuntate sul brogliaccio vengono copiate su un foglio elettronico dedicato e viene automaticamente stilato un elenco con le relative percentuali di frequenza. L’ORIGINE GEOGRAFICA A questo punto la fotografia del paesaggio prende forma e ci descrive finalmente l’ambiente da cui ha origine il miele. Questa ricostruzione però, attraverso la frequenza dei pollini ricavata nell’analisi melissopalinologica, non permette di risalire alla distribuzione o all’ampiezza della popolazione delle singole specie, ma nel caso della caratterizzazione geografica di un miele questo non è un aspetto limitante. Mentre è interessante sapere che lo spettro pollinico di un miele uniflorale rappresenta uno “zoom”, inteso come un breve arco temporale, di una parte della composizione di un miele millefiori raccolto nella stessa area. Tutti i mieli uniflorali

mostrano come “un’ingrandimento” di un preciso periodo nel quale si registrano, nel dettaglio, le fioriture che si avvicendano nell’arco della stagione in quell’area. Immaginate una fettuccia trasparente sulla quale sono incollati i pollini presenti in un miele millefiori, uno accanto all’altro molto vicini, in ordine temporale, seguendo il susseguirsi delle fioriture. Una parte della fettuccia, equivalente ad un miele uniflorale, se “ingrandita” permetterà in modo più particolareggiato di individuare un numero maggiore di pollini tra quelli rari, che nell’analisi melissopalinogica di tutta la fettuccia (caso di un millefiori) altrimenti sfuggirebbero all’osservazione. Quindi, per conoscere a fondo la composizione dello spettro pollinico di una data regione geografica è necessario studiare non solo i millefiori ma anche tutti i tipi di miele prodotti in quell’area, città, oasi, parco o Regione che si voglia caratterizzare. Il passo successivo è quello di confrontare i risultati melissopalinologici di un miele ad origine geografica certa con le analisi svolte in


precedenza o con gli studi di caratterizzazione geografica presenti in bibliografia. L’esperienza del singolo specialista oggi è ancora fondamentale nella determinazione dell’origine di un miele, mentre dovrebbe essere suffragata maggiormente da un supporto elettronico scientificamente ineccepibile. Comunque, se lo spettro è compatibile con tali comparazioni il gioco è fatto, il miele è “autentico”! I RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Attualmente tutte le analisi svolte dai singoli melissopalinologi si trovano tra i documenti cartacei o elettronici presenti negli scaffali o nei computers personali. In alcuni casi questi dati sono stati utilizza-

ti per lavori scientifici disponibili principalmente su carta e non sempre di pubblico dominio. L’ultimo grande lavoro di raccolta di questi dati si riferisce al 2006 e si intitola i Mieli Regionali Italiani. Gli autori che hanno contribuito a vario titolo sono 29 mentre i curatori dell’opera sono 3, Livia Persano Oddo, Maria Lucia Piana e Giancarlo Ricciardelli D’Albore (nonché mio maestro!). Ai curatori di questo volume va il merito di essere riusciti, nonostante le numerose difficoltà, a realizzare 20 schede una per ogni regione, nelle quali sono presenti alcuni paragrafi con una descrizione geografico vegetazionale, varie sopalinologiche relative. In questo note di apicoltura, i tipi di miele ultimo paragrafo sono riportati in prodotti e le caratteristiche melis- tabella uno spettro o combinazio-

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IMPOLLINAZIONE ne di pollini più frequenti in ordine di ricorrenza e un’altro spettro con pollini meno costanti. Questo volume oggi è la base per poter accertare l’origine geografica di un campione di miele. Quindi dovrebbe essere un punto di partenza, ma considerato lo scarso interesse dei governi succedutisi negli ultimi 20 anni ad investire risorse nella ricerca e nello sviluppo del nostro Paese, sembra essere il punto di arrivo. Il volume è relativamente recente ma i dati in esso contenuti sono molto più datati. I limiti sono tanti ed anche molto tecnici da esporre e quindi rimando ad una lettura del volume, nel quale vengono puntualmente affrontati. Ritengo doveroso sottolineare il lavoro mastodontico quali-quantitativo affrontato per ovviare a tutte questa disomogeneità. Si parla di oltre 12.300 campioni, contenenti ognuno decine di tipi di pollini e relative frequenze o classi di frequenza. I dati derivano da analisi mai pubblicate (originali) e altri da 199 lavori gia presenti in bibliografia. Essendo un volume riepilogativo di dati vecchi e nuovi (ante 2006), nelle tabelle sono rappresentati in sintesi quei pollini rilevati con maggiore frequenza (senza specificare il valore) in tutti i campioni analizzati, mentre in altri casi i dati erano stati gia elaborati e sintetizzati. Elaborazioni diverse hanno portato inevitabilmente ad elenchi di pollini molto dettagliati per alcune Regioni e molto limitati per altre. Di fatto queste tabelle quindi non rappresentano dati statistici omogenei, inoltre il volume è solo in 46 | Apitalia | 10/2018

Fioritura di rododendro

Fioritura e frutti di corbezzolo

Fioritura di astragalo

Fioritura di camelia


formato cartaceo poco fruibile per elaborazioni rapide e complesse. Nonostante tutto, il volume permette di determinare l’origine geografica dei mieli millefiori e uniflorali italiani. Lo spettro pollinico, come più volte sottolineato, riflette il contesto produttivo attraverso associazioni polliniche che mostrano differenze più spiccate e riconoscibili quanto maggiore è il divario geografico vegetazionale. Incontrare al microscopio molto polline di Prunus mahaleb ci conduce in Trentino Alto Adige, mentre il polline di Rododendron si

incontra sulle alture della Val d’Aosta. L’elevata frequenza del polline di Pistacia invece ci conduce in Toscana, in Puglia ed in Sardegna ma la compresenza di Borago ci condurrebbe solo in Sardegna. Incontrare al binoculare alta frequenza di Arbutus o corbezzolo è un fatto esclusivo del mite clima Sardo. Il Cynoglossum è tipico della Sicilia mentre Alkanna della Puglia. I pollini delle Dipsacaceae ci conducono in Trentino, Umbria e Sicilia, ma con elevata frequenza solo in quest’ultima. Teucrium rappresenta maggiormente la Toscana. Al contrario la totale assenza di Rubus,

Trifolium repens, Trifolium pratense, Lotus, Castanea e le Graminaceae in un millefiori ci allontanerebbe inequivocabilmente dalla nostra Italia. Uno spettro pollinico costituito da Prosopis, Minosa, Bravisia e Buersera ci indicano l’America Centrale. Un miele con tantissime forme di Cruciferae ed anche Astragalus sinicus, Eleagnus, Lycium, Pterocarya, Mimosa pigra, Camellia e Sesamun ci porterebbe in Asia, in Cina probabilmente. LA SITUAZIONE IN ITALIA L’Italia, con tutte le sue Regioni, avrebbe dovuto investire per pro-

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IMPOLLINAZIONE

muovere iniziative di tutela e valorizzazione del miele con i marchi DOP o IGP. Purtroppo attualmente l’unico DOP è quello del miele della Lunigiana. È necessario un progetto di amplio respiro, un’investimento sia a livello ministeriale nazionale che regionale per valorizzare le singole eccellenze. Abbiamo bisogno di tutelare il prodotto italiano e valorizzare i quasi 60 mieli uniflorali italiani, più altri “nuovi” che via via riempiono le bancarelle dei mercatini delle nostre piazze. Ci sono truffe da arginare, miscele camuffate e non dichiarate, mieli stranieri venduti come italiani e mieli che non rispettano le caratteristiche di origine sia botanica che geografica, presenti in etichetta. Va sottolineato che la maggior

parte dei mieli sono autentici e correttamente etichettati, tuttavia tutto questo va contro gli apicoltori onesti e i commercianti leali che fanno grande il miele italiano, nonostante tutto. L’analisi melissopalinologica è, di fatto, l’unico strumento efficace per salvaguardare l’origine del miele italiano. È necessario uno strumento dinamico, condiviso, univoco e fruibile con un “click”. Negli anni passati il Professor Ignazio Floris dell’Università di Sassari ha sperimentato il DataHoney, un programma elettronico che partiva da alcune semplificazioni per arrivare ad un’analisi multivariata. Come funzionava? Inserendo un numero relativamente importante di mieli nel DataHoney con il loro spettro pollinico e la loro prove-

L’ANALISI MULTIVARIATA L’Analisi multivariata è l’insieme dei metodi statistici usati nello studio della variazione simultanea di due o più variabili casuali. Date le distribuzioni congiunte di due o più variabili, il metodo più utile per analizzare i dati è quello di rappresentarli sotto forma di tabella o matrice dei dati. Inoltre esistono metodi che consentono di raggruppare gli oggetti a seconda del grado di somiglianza che essi presentano; questi metodi vanno generalmente sotto il nome di analisi dei clusters. Lo scopo principale è quello di risolvere una serie eterogenea di oggetti in una serie di insiemi omogenei, anche attraverso una rappresentazione grafica.

48 | Apitalia | 10/2018

nienza era possibile visualizzare graficamente il risultato attraverso un’analisi multivariata. I campioni provenienti da una singola regione e rappresentati da un puntino colorato, si posizionavano tutti vicini in una data parte del grafico ad esempio quelli della Sardegna in alto a sinistra e quelli della Toscana in basso a destra e quelli del Piemonte in un’altra posizione ancora e così via. L’estrema utilità del DataHoney consisteva nella capacità del sistema di individuare l’origine geografica di un campione ignoto semplicemente inserendo l’elenco dei pollini rilevati. Stiamo lavorando da anni e faticosamente affinché la formazione del melissopalinologo venga semplificata dall’apprendimento delle nozioni fondamentali, passando per il riconoscimento dei pollini fino alla determinazione dell’origine botanica e geografica di un miele. Per questo è necessaria una standardizzazione nella realizzazione delle fotografie da microscopio ottico e la creazione di un database fotografico la cui struttura è stata raggiunta con il modello embrionale del portale PollenAtlas che


contiene attualmente 119 schede e fotografie di pollini, 60 schede e fotografie di piante, fiori e relativi impollinatori e 30 video, in anteprima mondiale, di alcuni pollini visitati dalle api. Questo strumento semplifica il riconoscimento degli stessi pollini attraverso le fotografie, i video e le informazioni tecniche sulla struttura del polline e le informazioni relative alla pianta analizzata. È necessario un portale a servizio di tutti i melissopalinologi, nel qua-

le possano confluire tutti i dati possibili, vecchi e nuovi e un servizio che permetta di controllare (in tempo reale) la composizione dello spettro pollinico di un miele di lupinella del Parco dei Sibillini, ad esempio. Nello stesso tempo sarebbe estremamente utile per un melissopalinologo poter consultare tavole fotografiche riepilogative di un determinato miele per visualizzare lo spettro pollinico che andrà a incontrare analizzando un miele uniflorale di lupinella. Lo

scopo sarebbe quello di avere uno strumento potente a tal punto da poter avere conferme immediate sul miele analizzato circa la sua l’origine geografica. Sono necessari investimenti per realizzare questo progetto, per tutelare l’apicoltura italiana e valorizzare i mieli uniflorali anche di “nuova generazione”, garantendo ai consumatori l’eccellenza del prodotto miele made in Italy. Nicola Palmieri

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AZIENDE

L’AMORE PER L’AMBIENTE

AL NATURALE, UN’AZIENDA DEDITA ALLA VALORIZZAZIONE DEI PRODOTTI DELL’ALVEARE Nostro Servizio

Il

Laboratorio Erboristico “Al Naturale” si basa sull’offerta di prodotti salutistici e cosmetici di ottima qualità, che utilizzano la forza della Natura per conferire benessere e salute al consumatore. Le tecniche di produzione utilizzate si ispirano alla tradizione della Valle di Fiemme e del Trentino e tutto ciò che l’uomo ha imparato usufruendo, nel migliore dei modi, di ciò che la Natura stessa ha da offrire in queste terre ancora incontaminate. La selezione basata sulla ricerca e garanzia dei migliori principi attivi conferisce inoltre un elevato standard qualitativo a tutta la gamma dei prodotti che Armando tratta con la stessa cura che avrebbe ogni singolo apicoltore con le proprie api. Tutto il processo produttivo è seguito da personale esperto, che si occupa con scrupolosa cura di ogni

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singola fase di lavorazione, dalla raccolta delle piante officinali nel loro periodo balsamico fino al completamento del ciclo produttivo.

“ALLA NOTIFICA

I PRODOTTI Al Naturale è uno dei pochi laboratori erboristici in Italia che lavora con prodotti biologici di alta qualità e di origine italiana. Il punto di forza sta nella personalizzazione dei prodotti dell’alveare conferiti dagli Apicoltori. L’apicoltore che ha propoli o miele in esubero e non sa cosa farne, può conferire il tutto al Laboratori di Al Naturale al fine di ottenere una serie di prodotti di alta qualità, con i quali differenziare l’offerta e conquistare nuovi clienti. A tal proposito offre un pacchetto che comprende la realizzazione grafica delle etichette, la stampa, la Notifica Ministeriale e tutta la consulenza necessaria ad

CI PENSIAMO NOI

MINISTERIALE”


avere un prodotto unico, creato per le esigenze dell’apicoltore. Altra soluzione a disposizione dell’apicoltore è la realizzazione del “Prodotto White Label”: vengono forniti prodotti finiti di alta qualità con la personalizzazione scelta dal cliente. Al Naturale pensa a tutto il resto dall’etichettatura, al disbrigo delle pratiche burocratiche, alla comunicazione ministeriale e alla spedizione.

Non tutti sanno quanta flessibilità offre la strategia messa in atto dal Laboratorio di Al Naturale; pensate che possono essere effettuate personalizzazioni sulle seguenti lavorazioni e produzioni: tintura di propoli - prima fra tutti - una soluzione idroalcolica che ha ottime proprietà antisettiche, antibatteriche e disinfettanti. E ancora stick labbra, prodotti alla propoli, alla lavanda, crema corpo al mie-

le, crema viso al miele e tanto altro ancora. Molte aziende, a livello nazionale, usufruiscono già dell’esperienza maturata dal team di Armando Monsorno. È l’amore per l’ambiente e la continua ricerca che stimola i tecnici del Laboratorio Al Naturale a creare idee innovative per la cura del corpo e della mente e a svilupparle in una filiera produttiva delicata, complessa ed esigente come quella dell’apicoltura italiana. Un esempio, come pochi ve ne sono in Italia ed in Europa, di attenzione e dedizione a chi ogni giorno è impegnato nella produzione e valorizzazione dei prodotti dell’alveare.

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RICERCA

DENTRO IL MULTIBIOMA: ECOSISTEMA INTESTINALE

POPOLATO DA MILIARDI DI ENTITÀ, REGOLA LO STATO DI SALUTE DEGLI ESSERI VIVENTI di Gianni Savorelli

È

52 | Apitalia | 10/2018

multibioma, bisogna partire dal fatto che occupare nicchie eco-logiche comuni, intese come luoghi di vita, porta a complessa interdipendenza tra “inquilini”; princìpi chiariti nella ricerca “The multibiome: the intestinal ecosystem’s influence on immune homeostasis, health, and disease”, delle microbiologhe H.A. Filyk e L.C. Osborne di cui parliamo in questo articolo. Nell’ecosistema “intestino” si os- serva una forte mutualità, tra ospite e suo microbiota batterico,

Titolo originale del lavoro Multibioma, dieta, permeabilità dello stomaco, successo dei patogeni infettanti. Come quel che si mangia in relazione alla presenza microbica nel tratto digestivo determina vulnerabilità nei confronti dei patogeni

Foto www.microbiologiaitalia.it

lecito chiedersi se la nutrizione sintetica degli alveari produca veramente i benefìci auspicati: il dubbio è di portata amletica. La scienza prodotta dall’essere umano spinge a considerare che molta parte di quello che “egli è”, sia dovuta alla sua coabitazione con miliardi di miliardi di microbi, costantemente impegnati in minuscoli ma essenziali adattamenti. Anche le api, a noi tanto care, traggono vantaggio dalla coabitazione simbiotica tra diverse tipologie di microbi. Gli apicoltori si interessano da poco ai batteri “probiotici”, ma la scienza già da tempo considera la questione più delicata e complessa di quanto finora percepito: un batterio ha per l’ospite una funzione o capacità in relazione ai virus (fagi) che lo parassitizzano. È quindi privo di senso somministrare batteri alle api se questi producono effetti variabili a seconda dei diversi virus infettanti già presenti nei batteri stessi. Per comprendere il concetto di-


che influenza la vascolarizzazione intestinale, le funzioni delle cellule epiteliali e l’assorbimento dei nutrienti, oltre a limitare le invasioni patogene (Brestoff and Artis, 2013; Stappenbeck et al., 2002; Hooper et al., 2012). Il “dialogo” continuo, inoltre, inteso come interscambio di sostanze chimiche tra comunità batteriche intestinali ed ospite, influenza fortemente il livello e la qualità delle difese immunitarie (Brestoff and Artis, 2013; Belkaid and Hand, 2014). Nell’intestino, tuttavia, oltre ai batteri sono presenti anche altre entità biologiche (archaea, virus, funghi, e parassiti) che, a loro volta, colonizzano, interagiscono ed influenzano la dinamica intestinale e l’omeostasi immunitaria (Pfeiffer and Virgin, 2016). In questo multibioma, dunque, hanno un ruolo fondamentale i virus, che non sono tutti cattivi come si potrebbe pensare: basti sapere che esiste addirittura un “ceppo” buono del virus delle ali deformi delle api (DWV) (McMahon, 2016) e moltissimi altri ceppi utili. Si sa oggi che la persistente colonizzazione virale di un intestino alterato può ricondurre ad una corretta morfologia intestinale o, al contrario, particolari situazioni portano le mucose dell’intestino ad assumere tessuti con “forme” inconsuete e deteriorate. La presenza dei virus rimodella situazioni definibili di normalità e risolve anche deficit immunitari svolgendo un ruolo critico nello sviluppo dell’ospite (Kernbauer et al., 2014). Batteri e virus inducono dunque infiammazioni o tolleranza negli

ospiti e la domanda sorge spontanea: perché un batterio è simbionte piuttosto che patogeno? Per capirlo dobbiamo sapere intanto che il multibioma è l’insieme di tutte le entità che popolano il tratto digestivo. Esso può essere suddiviso in microbioma, viroma e micobioma. Il microbioma è composto da milioni di miliardi di batteri appartenenti a più di 1000 specie, che interagiscono con epitelio intestinale, cellule e metabolismo dei batteri. Diverse malattie umane (colite, artrite reumatoide, sclerosi multipla) sono state di associate ad alterazioni della normale composizione quanti/qualitativa del microbioma (Belkaid and Hand, 2014). È però fondamentale notare che il dialogo tra microbioma batterico e ospite è fortemente legato al contesto in cui l’ospite vive ed è influenzato da fattori genetici ed ambientali che includono la disponibilità di nutrienti (Nicholson et al., 2012). In barba a chi si affanna a selezionare regine che, verrebbe da dire polemicamente, in un ambiente differente da quello di selezione si comporteranno in modo letteralmente diverso! Il viroma, invece, consiste nell’insieme di tutti i batteriofagi: virus che infettano quasi esclusivamente i batteri, virus dell’ospite, portati ad infettare ospite e batteri commensali, retrovirus endogeni da millenni integratisi nel genoma dell’ospite (Pfeiffer and Virgin, 2016). La quantità di virus presenti nell’intestino di qualsiasi essere di qualsiasi specie, è enorme. Si sti-

ma che sia dieci volte più grande della presenza batterica. La comprensione degli effetti del viroma su salute o patologie che affliggono l’ospite è agli albori. È però evidente che il viroma intestinale è un importante regolatore dell’omeostasi immunitaria. Il micobioma, infine, è l’insieme dei funghi presente nel multibioma ed è meno diverso e meno abbondante del microbioma (Underhill and Iliev, 2014). Per la precisione, i virus infettano anche i funghi e, per quanto trovato fi- nora, nel mondo delle api i virus BQCV, DWV e IAPV infettano Ascosphaera apis, l’agente della covata calcificata. I costituenti del multibioma influenzano dunque individualmente il sistema immunitario dell’ospite. Perciò, un multibioma vario e abbondante crea equilibrio fra tutti quanti gli “inquilini”. L’assenza o la scarsa presenza di batteri che si prestano come im- munomodulatori altera invece la risposta a batteri più pericolosi, a virus patogeni o a funghi. In altre parole, sembra che il multibioma, in relazione a quella che è l’alimentazione dell’ospite, produca vari livelli di attivazione immunitaria verso un patogeno che cerchi di inserirsi in quel particolare tratto gastrointestinale. Gianni Savorelli

FINE PRIMA PARTE continua sul prossimo numero

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CHEF AL MIELE

ARCANGELO DANDINI: L’OSTE GOURMET

UNA VERA PASSIONE QUELLA DELLO CHEF DI ROCCA PRIORA PER LE API. “CI PARLAVO” RACCONTA EMOZIONATO di Luisa Mosello

D

a apicoltore a chef, anzi “oste”, come Arcangelo Dandini ama essere definito, il passo o meglio il volo è breve. Perché a sciamare da un alveare alla tavola è soprattutto la passione per tutto ciò che dà gusto, sapore ed emozione alla vita. Ed è proprio questo che le api hanno trasmesso al geniale cuoco originario dei Castelli Romani. Come è nato questo rapporto tanto speciale? Avevo 17 anni, oltre alla scuola stavo nel ristorante di famiglia a respirare fin da piccolo la cucina ma il mio primo vero lavoro è stato proprio fare l’apicoltore. È iniziato tutto seguendo le orme di mio zio Beppe che lo era diventato dopo esser stato anche lui ristoratore. Lo accompagnavo nei boschi di querce alla Doganella, e sul monte Fiore, luoghi incantati intorno al mio paese, Rocca Priora. E lo aiutavo a governare le api. Ricordo la prima volta, il mio “battesimo dello sciame”, non potrò mai dimenticare 54 | Apitalia | 10/2018

quell’emozione (e qui Dandini si commuove e non riesce a trattenere le lacrime, ndr). E poi quando ascoltavo il loro canto e il loro battito d’ali, un vero e proprio linguaggio musicale che mi ha sempre accompagnato.

IL MIELE DI CASTAGNO MI ACCOMPAGNA DA SEMPRE


Io ci parlavo, davvero. Così sono entrato in questo universo che considero meraviglioso, una favola. Dalle tre arnie iniziali dopo 2/3 anni ne contavamo oltre 250. Quando è passato dall’alveare alla cucina cosa si è portato dietro di un’ esperienza così emozionante? Per esempio il grande senso organizzativo delle api, la loro gerarchia quasi militare, il loro grande senso sociale che si mescola alla creatività. Che ho cercato sempre di seguire, da quando ho mosso i primi passi fuori dal ristorante di famiglia, andando a MontePorzio Catone e poi a Milano a fianco di Aimo Moroni. E nel 1997 a Roma al Simposio fino al 2003 quando ho aperto L’Arcangelo a via Belli in Prati (a cui son seguite nel 2014 le aperture di Supplizio a

Banchi Vecchi e poi ai Coronari, e consulenze come quella per il rinnovato Passetto, ndr). Dalla creatività ai piatti: in quali c’è il miele? E di che tipo? Quello di castagno: mi accompagna da sempre. Lo utilizzo per esempio nel “Mio Garum” riedizione della salsa usata dagli antichi romani come condimento fatta con miele, rosmarino, acciughe, aglio e aceto. Accompagna i “Ravioli di cipollaccia”. Poi c’è nel galletto laccato e nel “Viaggio a Rocca Priora” dove viene mescolato con il polline. Si tratta di un piattoantipasto fatto con un uovo in camicia, erbe spontanee della campagna romana, manna, tre spezie, il tutto mescolato con miele e polline. Luisa Mosello 10/2018 | Apitalia | 55


FLORA APISTICA. Scheda n. 6

I POLLINI DI EMERGENZA

FIORI UTILI PER LE API E PER GLI ALTRI APOIDEI NELL’ITALIA CENTRALE di Giancarlo Ricciardelli D’Albore

POLLINI DI FINE INVERNO - Corylus avellana L. (Corylaceae) (Nocciolo)

DESCRIZIONE GENERICA

TEMPO DI FIORITURA

Alberello deciduo spontaneo e coltivato, alto fino a 5 m, originario europeo. Sporattutto nel Viterbese esistono ampi appezzamenti coltivati a nocciolo. Fiorisce a febbraio.

POLLINE

In febbraio il suo polline è praticamente tra i primi a comparire ed essere disponibile per le api. Con clima favorevole le bottinatrici raccolgono il polline sugli amenti e formano pallottoline grandi di colore giallo chiaro.

IMPORTANZA PER LE API

Il polline è importante come prima risorsa per la colonia, anche se il suo contenuto proteico è piuttosto basso (9 %).

IMPORTANZA ALTRI PRONUBI VALORE APISTICO VALORE PER ALTRI PRONUBI

ALTRI USI

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Non sono stati notati pronubi selvatici sugli amenti. Da 1 a 4: 3. Da 1 a 4: sconosciuto,ma probabilmente nullo. Le nocciole sono cibo tali e quali ed indicate per la pasticceria, frutta secca da dessert, gelateria, ecc. Se ne ricava anche un buon olio commestibile. La corteccia è astringente e febbrifuga. Le foglie si usano come astringenti per la pelle. Gli amenti sono antidiarroici e sudoriferi. Per uso esterno la pasta di nocciole è emolliente per la pelle. I ramoscelli giovani, carbonizzati con cura, forniscono carboncini buoni per disegno.


POLLINI DI FINE INVERNO - Crataegus monogyna jacq. (Rosaceae) (Biancospino)

DESCRIZIONE GENERICA TEMPO DI FIORITURA POLLINE IMPORTANZA PER LE API IMPORTANZA ALTRI PRONUBI

Alberetto deciduo alto fino a 5 m, distribuito nel bosco caducifoglio e ai margini del medesimo. Fiorisce all’inizio della primavera. Le pallottoline di polline sono color giallo molto chiaro verdastro. Le api vi bottinano notevoli quantità di polline per un periodo lungo; specialmente in montagna. Anche i bombi ed altri apoidei visitano assiduamente la specie.

VALORE APISTICO

Da 1 a 4: 4.

VALORE PER ALTRI PRONUBI

Da 1 a 4: 4.

ALTRI USI

BIBLIOGRAFIA

Foglie e fiori contengono flavonoidi e procianidine. La corteccia è utilie come febbrifuga. Le foglie sono antidiarroiche,moderatamente narcotiche. Fiori e foglie sono tonici cardiaci e ipotensivi. Agiscono positivamente sul ritmo delle coronarie. I frutti, commestibili, sono diuretici e antidiarroici. Con i frutti si preparano marmellate ad azione astringente intestinale. I fiori sono anche sedativi nervini e antispasmodici. Schoenfelder I. & P., 2012. Guida alle piante medicinali. Ed. Ricca, 62. Tosco U., 1989. Piante aromatiche e medicinali. Ed. Paoline: 220-221.

10/2018 | Apitalia | 57


INSERZIONISTI LEGA

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Prodotti per l’apicoltura info@legaitaly.com AL NATURALE

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Prodotti per l’apicoltura info@apicolturacompa.com CIVAN

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Prodotti per l’apicoltura e api regine info@apicolturamarcon.it LAPED

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pag. 33

Prodotti per l’apicoltura commerciale@pitarresiitalia-cma.it DOMENICI

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Prodotti di apicoltura di erboristeria info@domenici.it ONETTI ERBORISTERIA APISTICA

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Registro Stampa Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 15447 del 01.04.1974 ISSN: 0391-5522 - Iscrizione R.O.C.: 26230 Editore FAI Apicoltura S.r.l. Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma - Italia - UE Telefono +39. 06. 6852556 - Fax +39. 06. 6852287 Email info@faiapicoltura.biz Direttore Responsabile Raffaele Cirone direzione@apitalia.net Redazione e Segreteria Corso Vittorio Emanuele II, 101 00186 Roma - Italia - UE Telefono +39. 06. 6852280 - Fax +39. 06. 6852287 Email redazione@apitalia.net - segreteria@apitalia.net Grafica e Impaginazione Alberto Nardi alberto.nardi@apitalia.net Comunicazione e Social Media socialmedia@apitalia.net Esperto Apistico Fabrizio Piacentini fabrizio.piacentini@apitalia.net Promozioni e Pubblicità Patrizia Milione commerciale@apitalia.net Stampa Tipografica EuroInterstampa Via della Magliana 295 - 00146 Roma

Prodotti per l’apicoltura store@apistore.it OTTOLINA

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Associata USPI Unione Stampa Periodica Italiana

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