Apitalia 11/2019

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RISPET TIAMOLA

Apitalia - Corso Vittorio Emanuele II, 101- 00186 - Roma - ITALY - UE - ISSN: 0391 - 5522 - ANNO XXXXIIII • n. 11 • Novembre 2019 •- 701 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/03 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1 Comma 1 – Roma Aut. C/RM/18/2016




Atlante mondiale dei mieli uniflorali

Grazie alle analisi sensoriali e ai dati melissopalinologici raccolti dall’Autore in tutto il mondo, è stato possibile organizzare, in un unico volume, le schede descrittive di 310 mieli uniflorali delle più diverse provenienze. Il volume costituisce un compendio inedito e indispensabile per gli esperti di melissopalinologia, i ricercatori e i cultori della scienza apistica.

285 pagine, € 45,00 • ORDINI E INFO • FAI Apicoltura srl - Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma - Tel. 06. 6877175 - commerciale@faiapicoltura.biz


EDITORIALE

L’ITALIA DEL MIELE

COSTRUIRE UNA FILIERA TRASPARENTE DARE UN FUTURO ALLA NOSTRA APICOLTURA PRODUTTORI E CONFEZIONATORI: UNA TAVOLA ROTONDA PER RIAPRIRE IL DIALOGO

I

nostri lettori più di tutti sanno quanto siamo impegnati a favore degli apicoltori, con particolare riguardo all’Ape e al miele di origine nazionale. Il volto del comparto produttivo, però, in questi ultimi anni si è rapidamente trasformato: morìe di alveari, emergenze climatiche, scarsità di produzioni, rischio inquinamento e frodi, normative inadeguate. Nel 2019 sono venute meno 10.000 tonnellate di miele, per un valore di 75 milioni di euro. Una ferita profonda, che ora bisogna rimarginare: occorrono azioni coraggiose, risposte collettive, programmi urgenti, interventi concreti. I soggetti della Filiera vanno coordinati, servono protocolli e accordi commerciali come per le altre filiere produttive, vanno avviate campagne promozionali sul miele. Sui tanti interventi da attuare ci siamo confrontati con i principali protagonisti del mercato italiano del miele in occasione dell’Apimell d’Autunno; qui abbiamo messo attorno al tavolo Apicoltura Piana, il Consorzio Nazionale Conapi, Apicoltura Casentinese, Apicoltura Vangelisti, ADI Apicoltura. Ed è stato un confronto franco, teso a superare ingiustificabili contrapposizioni tra produttori e confezionatori. Perché facciamo questo? Semplice: il miele italiano rischia di rimanere emarginato dallo scenario internazionale, ma anche dal mercato nazionale. Ecco perché costruire una filiera del miele coesa e trasparente significa dare un futuro all’apicoltura italiana. Una prima risposta è arrivata: tutti i soggetti aderenti al Gruppo Miele e altri prodotti dell’alveare dell’Unione Italiana Food, insieme alle Organizzazioni maggiormente rappresentative del comparto apistico, si riuniranno presto ad un tavolo di confronto. È l’inizio di un percorso che parte da una crisi per tradurla in opportunità, guardando prima di tutto al bene comune: l’Italia del Miele. Raffaele Cirone

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SOMMARIO

Apitalia N. 701 | 11/2019 gli articoli 5 EDITORIALE L’Italia del miele

Raffaele Cirone

8 PRIMO PIANO I 40 anni di Lazise

Nostro Servizio

22 AGENDA LAVORI. SUD Cibo, aria e calore

25 AGENDA LAVORI. SUD E ISOLE Essere resilienti, una strategia di successo Vincenzo Stampa 35 LEGISLAZIONE Un bis di decreti 41 API E FISCO Piccoli apicoltori, reddito non imponibile

10 AGENDA LAVORI. NORD-OVEST Lavori d’autunno Alberto Guernier 13 AGENDA LAVORI. NORD È tempo di ultimare gli interventi antivarroa

Nostro Servizio

Tiziana Di Gangi

43 PRODOTTI DELL’ALVEARE Il pane delle api Alessandro Pistoia 48 ARTE Galleria di artisti contemporanei Renzo Barbattini e Giuseppe Bergamini

Maurizio Ghezzi

16 AGENDA LAVORI. NORD-EST Regine, covata e varroa Giacomo Perretta 19 AGENDA LAVORI. CENTRO Impariamo ad osservare Stefano De Pascale

LA NUOVA POLIZZA ASSICURATIVA PER GLI ALVEARI a pag. 56

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Santo Panzera

lo SPECIALE

1° CONVEGNO NAZIONALE Aethina tumida in Europa Ricerca ed esperienza di campo


i nostri recapiti

i nostri riferimenti: per pagare È la parola d’ordine del nostro tempo: il rispetto dell’altro, del Pianeta in cui viviamo, delle risorse e delle diversità che ci offre. Tra queste non possiamo non dare priorità alla nostra Ape. Ed è questa per noi l’esortazione da non dimenticare mai: rispettiamola! (Foto Nicolàs Argoti)

hanno collaborato a questo numero

abbonamenti: quanto costano 1 anno (10 numeri carta)

€ 30,00

2 anni (20 numeri carta)

€ 54,00

Italia, una copia/arretrati

€ 5,00

Alberto Guernier, Giancarlo Martire (foto pag. 11), Maurizio Ghezzi, Honey Bee Health Coalition (foto pag. 13), montedomel.blogspot.com (foto pag. 14), Giacomo Perretta, www.mosevenezia.eu (foto pag. 16), Stefano De Pascale, Alberto Montagnani (foto pag. 20), Santo Panzera, Tenuta Casa del Sole (foto pag. 22), 3Bee.it (foto pag. 24), Vincenzo Stampa, Francesco Artese, Lorella Barca, Giovanni Federico, Andrea Maroni Ponti, Tiziana di Gangi, Alessandro Pistoia, Renzo barbattini, Giuseppe Bergamini, Giancarlo Ricciardelli D’Albore, Fabrizio Piacentini, Alessandro Patierno.

marcatura dell’ape regina Secondo un codice standardizzato, le regine sono marcate con un colore (tabella a lato) per permettere all’apicoltore di riconoscerne l’anno di nascita

Lo stemma circolare dell’ape regina al centro della scritta che recita “Il mio non sol, ma l’altrui ben procuro” accompagna da sempre le pubblicazioni curate dalle firme storiche dell’editoria apistica italiana da cui Apitalia trae origine

azzurro

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(ultimo numero dell’anno di allevamento, esempio “2019”)

Questa è la medaglia d’oro accompagnata dalla menzione speciale della Giuria internazionale che ha riconosciuto Apitalia miglior rivista di apicoltura per i suoi contenuti redazionali, la qualità del corredo fotografico e il valore tecnico-scientifico

La moneta di Efeso, con l’ape come simbolo riconosciuto a livello internazionale già 500 anni prima di Cristo

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PRIMO PIANO

I 40 ANNI DI LAZISE

LA PRIMA FIERA DI APICOLTURA NEL PRIMO COMUNE D’ITALIA Nostro Servizio

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uella di Lazise è la prima nata tra le fiere di Apicoltura, per di più promossa da un Comune fondato nel lontano anno 983. Qui che quest’anno apicoltori e consumatori si sono ritrovati per festeggiare il 40° compleanno di una manifestazione che lascia ormai il passo ad un crescente pubblico di visitatori stranieri, attratti dal miele e dalle altre bontà del territorio. Di risalto il Convegno nazionale che la FAI-Federazione Apicoltori Italiani ha organizzato su incarico del Comune di Lazise, rappresentato dall’Assessore Elena Buio, dinamica figura traino dell’evento insieme a Stefano Dal Colle, presidente dell’APAT-Apicoltori in Veneto, altro protagonista della manifestazione lazicense. Nutrita e partecipe la platea degli apicoltori che ha riempito la Dogana Veneta; di rilievo l’intervento di Gianpaolo Vallardi, Presidente della Commissione Agricoltura del Senato della Repubblica che, da sempre vicino agli apicoltori, non ha mancato di raccogliere le istanze di chi richiede una maggior diffusione di fiori e piante utili per le api. Il presidente nazionale della FAI, Raffaele Cirone, ha coordinato i lavori portando il saluto del neoeletto Sottosegretario alle Politiche agricole, On. Giuseppe L’Abbate che ha inviato un messaggio ai presenti sottolineando l’importanza dell’apicoltura e la vicinanza delle istituzioni.

AMMINISTRAZIONE AMICA DELLE API E CITTÀ DEL MIELE

Stefano Dal Colle, Raffaele Cirone, Gianpaolo Vallardi

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Il pubblico presente in Dogana Veneta

Da destra, i relatori Claudia Garrido, Giorgio Della Vedova, Raffaele Cirone, l’Assessore Elena Buio, Stefano Dal Colle

Il nostro stand in fiera

Sempre partecipati i minicorsi di analisi sensoriale

La gioia di una bimba che scopre i segreti dell’alveare

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AGENDA LAVORI. NORD-OVEST

LAVORI D’AUTUNNO

OCCHI BEN APERTI DENTRO L’ALVEARE E PUNTUALE CONOSCENZA DEL LORO STATO di Alberto Guernier

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trario operavano correttamente. Una di queste due condizioni di cui accennavo all’inizio, consiste nel vedere la fine dell’estate e buona parte dell’autunno come una stagione attiva. Questo periodo che dura dei mesi, non va scambiato per una stagione invernale solo perché non si produce miele; le api devono stare in un ambiente dove possano trovare fonti

QUESTO È IL TEMPO DEL SUBLIMATORE

Foto Alberto Guernier

ue, sono a mio avviso le condizioni imprescindibili, che ci consentono di arrivare al primo “traguardo volante”, nella corsa apistica per la sopravvivenza degli alveari, che è quello del trattamento invernale di pulizia radicale della Varroa. Chiamato in questo modo, a seguito di una vecchia consolidata scaletta di trattamenti che prevedeva un trattamento estivo (più blando, probabilmente parziale, mirato all’abbassamento del carico della Varroa) ed uno, appunto, invernale che grazie al blocco naturale della deposizione, usuale al nord in quel periodo, rappresentava e rappresenta tuttora l’occasione per portare a termine una pulizia radicale dell’acaro in questione. Due erano anche i comuni fraintendimenti che spesso i più ottimisti percepivano: il primo trattamento, quello estivo, come facoltativo e quello invernale comunque efficacie al di là delle possibili tempistiche e metodiche. Questa considerazione, è volta a far comprendere come negli anni, questi comportamenti abbiano spesso inficiato il lavoro apistico di molti che al con-


Foto Giancarlo Martire

di polline e nettare; solo in questo contesto, naturale o artificiale. Le nostre nutrizioni comunque necessarie, avranno il risultato sperato di mantenere alto il numero di api all’interno di ogni famiglia ed in condizioni ottimali di sanità. Per anni ho avuto nella mente

quella curva parabolica che iniziava la sua inesorabile rassegnata discesa proprio lì, alla fine del castagno... Come a significare che i giochi erano fatti e nulla si poteva contro il volgere naturale delle stagioni; salvo poi osservare alveari

in alcune favorevoli postazioni, continuare a bottinare fino a tardi (metà Ottobre e oltre) rendendo, si sa, più facili le operazioni in apiario (minor rischio di innescare saccheggi, sopratutto quelli che non si esauriscono in breve ma che si protraggono, con risultati catastrofici). I trattamenti sono più efficaci: se è vero che l’abbattimento della varroa è stato già eseguito in precedenza; è anche vero che esso generalmente ha indebolito il super organismo alveare che ora ha bisogno di normalità per riacquistare il proprio vigore ed equilibrio; una normalità che si verifica solo se ci sono le condizioni per continuare a bottinare. Va sottolineato che stiamo parlando di alveari allevati in un contesto produttivo, con un’alta densità di apiari, in un ambiente ad elevata pressione competitiva. Ridurre l’autunno ad un periodo morto, di attesa, tra un trattamento e l’altro è quindi un gravissimo errore!

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AGENDA LAVORI. NORD-OVEST Le essenze pollinifere e nettarifere autunnali esistono, sia spontanee che coltivabili, a seconda della zona; sopperire con semine e piantagioni oppure operare opportuni spostamenti, può essere una scelta vantaggiosa anche in termini di spesa come integrazione alle scorte invernali. L’imperativo è non confondere quelle che sono le grosse esigenze di pascolo estive o primaverili (o ancor meno i coefficienti di superficie per le produzioni di miele), adesso bastano superfici molto minori! La seconda condizione è il monitoraggio della varroa e della covata, condizione oserei dire stranamente importante e forse anche spesso dibattuta e non scontata.

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Stranamente, in quanto essa non avrebbe ragione di esistere, avendo operato bene con il trattamento estivo (senza rivangare l’annoso dilemma sulla reinfestazione) salvo poi ritrovarsi con un carico inaspettato di acari a carico di più colonie. Questo per dire che esiste la possibilità di intervenire con il sublimatore, facendo anche qualche ragionamento sull’andamento della covata, in attesa che questa si esaurisca. Concludo dicendo che negli ultimi anni, l’interruzione e/o diminuzione della covata, non è più così prevedibile senza monitorarne l’andamento; il confidare esclusivamente in questa condizione naturale, senza interventi,

potrebbe non rappresentare una scelta valida. Solo avendo ben presente la situazione generale della covata, potremo intervenire nel modo più efficace possibile, conciliando l’andamento climatico più opportuno per un trattamento anticipato in Novembre o al limite anche un poco prima, senza correre il rischio di andare “alla lepre col cannone”. Non è quindi questo il periodo per chiudere gli occhi aspettando ancora mesi, magari fino ad inizio inverno, senza sapere come sia la reale, puntuale, situazione all’interno degli alveari. Arrivederci e buon lavoro! Alberto Guernier


AGENDA LAVORI. NORD

È TEMPO DI ULTIMARE GLI INTERVENTI ANTIVARROA

PROTEGGERE GLI ALVEARI DA VENTO E FREDDO DARSI DA FARE IN MAGAZZINO di Maurizio Ghezzi

PIANTUMARE ESSENZE UTILI

Foto Honey Bee Health Coalition

ALLE API

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iamo nella stagione del meritato e lungo riposo per le nostre compagne volanti, tutte le famiglie sono ormai pronte per affrontare con sorprendente dignità il lungo periodo di obbligato internamento nel proprio alveare, così che da ora in poi per l’apicoltore si aprono nuovi spazi in cui potersi dedicare piacevolmente ad altre attività. Per chi ha l’hobby del giardinag-

gio questo potrebbe rivelarsi un periodo invitante per porre a dimora nuove piante, nuovi arbusti o nuovi fiori di comprovato interesse apistico che al giungere della prossima primavera non potranno che rendere felici le nostre amiche di lavoro. All’esordio del mese in presenza di giornate che, nelle ore centrali, si mantengono ancora gradevolmente tiepide, non dimentichiamo di ultimare i trattamenti antivarroa con una nuova sgocciolatura di acido ossalico ed il posizionamento di due nuove strisce contenenti amitraz (principio attivo delle strisce di Apivar® o Apitraz®) per ciascun alveare, strisce che poi andranno rimosse all’arrivo del mese di febbraio. Dedichiamoci anche ai lavori di magazzino, il tempo e le giornate uggiose che sicuramente faranno la loro comparsa in questo mese, di certo ce lo permetteranno. Se nonostante le nostre precauzioni dovessimo scoprire che la tarma della cera ha danneggiato alcuni telai dei nostri melari, non esitiamo a rimuovere il favo danneggiato sostituendolo con un nuovo 11/2019 | Apitalia | 13


AGENDA LAVORI. NORD Foto montedomel.blogspot.com

foglio cereo; tutto lavoro in meno che si renderà necessario all’inizio della stagione del nuovo raccolto. Con la nostra nutrizione di sostegno, elargita comunque e a prescindere alle famiglie dei nostri apiari, dovremmo avere colonie con sufficienti riserve di cibo che gli consentiranno di superare brillantemente i geli del lungo e freddo inverno ormai alle porte. Comunque e a prescindere, come da mia filosofia, non facciamo mancare del candito alle nostre collaboratrici esse sapranno apprezzare e gradiranno molto questo nostro gesto e soprattutto premuriamoci di reintegrarlo qualora lo dovessero consumare tutto. Aiutiamo le nostre api a sopportare un freddo e lungo inverno coibentando i sottotetti con fogli spessi di tessuto non tessuto, con tavole di polistirene, con lana di roccia con quel che preferiamo, ma non dimentichiamoci di isolare la parte alta dei nostri alveari per impedire dispersioni importanti di calore. Se non lo avessimo ancora fatto restringiamo le porte d’ingresso dell’alveare con l’apposita rastrelliera in metallo prima che qual14 | Apitalia | 11/2019

che topolino infreddolito cerchi alloggio all’interno di un tiepido e confortevole alveare creando non pochi problemi alla salubrità dello stesso. Se si utilizzano arnie con fondo provvisto di rete antivarroa, dopo aver girato al contrario il cassettino in lamiera, è bene porre posteriormente un piccolo rialzo che le dia una minima pendenza verso l’avanti, così che le goccioline di condensa che si riversano sulla superficie capovolta del cassettino di lamiera possano scivolare al di fuori senza creare ristagni di umidità sempre deleteri per il benessere dell’alveare, questa pratica non è invece necessaria per chi come me utilizza fondi a tubo tipo “Happykeeper” (foto sopra). In questo periodo con giornate ancora tiepide nelle ore centrali sarà possibile vedere qualche timida apetta volare al di fuori in cerca d’acqua e qualcun’altra svolazzare per eseguire un veloce e pudico volteggio di purificazione, questo è un buon segnale che ci sta ad indicare che all’interno dell’alveare tutto sta procedendo nel modo migliore.

Anche se la stagione non ci invoglia, non dimentichiamoci di fare con una certa regolarità ispezioni in apiario: sono giorni in cui qualche forte raffica di vento potrebbe scoperchiare le nostre arnie. Solo con un atteggiamento di attenta sorveglianza potremmo impedire tempestivamente l’insorgere di danni importanti dovuti agli eventi metereologici estremi che sempre più frequentemente caratterizzano le nostre stagioni. In magazzino nel tempo che ci rimane dedichiamoci a riparare vecchie arnie malandate, prepariamo nuovi telai con fogli cerei così che un’eventuale precoce e frenetica ripresa dell’attività primaverile non ci colga impreparati. Se poi del tempo ce ne rimane ancora possiamo sicuramente dedicarlo alla lettura: acquistiamo libri che parlino d’apicoltura visto che, nella nostra attività, c’è sempre qualcosa che ancora non conosciamo ed è utile l’arricchimento culturale in materia. Sarà sicuramente una conquista per noi e per il benessere delle nostre api. Maurizio Ghezzi



AGENDA LAVORI. NORD-EST

REGINE, COVATA E VARROA

VERIFICHE IMPROROGABILI ELIMINAZIONE DI FAVI NON PRESIDIATI di Giacomo Perretta

L

e temperature, ora, si sono abbassate ma l’eccessivo caldo di questa estate ci ha messo duramente alla prova; la mancanza di piogge ha quasi bloccato la secrezione nettarifera; è andata bene, qui nella mia regione (il Veneto, ndR) solo nella laguna veneziana dove quest’anno è stato prodotto quel meraviglioso miele chiamato semplicemente di “barena”. Una divagazione è d’obbligo, propongo un accenno a questo miele che non tutti gli anni può essere prodotto cioè immagazzinato dalle api in una quantità sufficiente da potersi definire produzione, gli apicoltori che portano i loro alveari ogni anno in barena, sperando che prima o poi arrivi un anno come questo, che permette la produzione

QUANDO IL RACCOLTO È PIÙ ABBONDANTE SULL’ACQUA

COSA SONO LE BARENE E QUALI FIORI VISITANO LE API Le barene sono degli isolotti di argilla e sabbia tipici della laguna veneziana che sono inondati dall’acqua durante l’alta marea. Quando il terreno è emerso nasce un interessante tipo di vegetazione. Il fiore che principalmente caratterizza il miele è il “limonium”. Appartenente alla famiglia delle Plumbaginacee è una

Foto www.mosevenezia.eu

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di questa particolarissima tipologia di miele. Gli apicoltori concordano: la produzione 2019 di questo miele è stata ottima (solitamente non si producono più di dieci chilogrammi ad alveare). La caratteristica di questo miele è senz’altro unica, la sua sapidità è data dall’habitat che non può che essere salato.


ERRATA CORRIGE Sul n. 10/2019 di Apitalia, nella tabella dei prodotti utili al contenimento di Nosema ceranae, pubblicato a pag. 12, sono stati erroneamente riportati alcuni dati sul costo del prodotto ApiHerb. Questi gli importi corretti: Prezzo: 52,00 Euro Confezione: 500 grammi Dose per: 40 alveari Ce ne scusiamo con la ditta produttrice (Chemicals Laif) e con i Lettori.

semplice pianta erbacea che cresce in prossimità delle acque salate del mediterraneo; il fiore ha sfumature di colore che vanno dal viola all’azzurro, ma anche al rossiccio. Quando, anni fa, scorazzavo con il mio kayak nei canali della laguna,

avevo la sensazione di far parte di • controllare il numero di telaini se un caleidoscopio di colori dato daleffettivamente necessari; le composizioni floreali. • trattare con il prodotto autorizzato acido ossalico ApiBioxal. NEL CENTRO DELL’ AUTUNNO L’assenza di covata si verifica semQuesto periodo ci porta automa- plicemente controllando che non vi ticamente a pensare di nuovo alla siano celle opercolate, le quali sono varroa con il blocco naturale della portatrici e incubatrici di varroe. L’acovata. I prodotti più indicati nella picoltore accorto non si limita solo lotta alla varroa sono quelli che agi- a questo primo controllo, ma volge scono per contatto, utilizzare eva- uno sguardo anche alle cellette aperporanti in questo periodo è prati- te al fine di verificare che non vi siano camente inutile. Come intervenire: larve in cellette pronte per l’operco• verificare l’assenza di covata; latura: la varroa spinta da una lunga • verificare la presenza della regina; astinenza può aver deposto prima • controllare le quantità di scorte; del tempo il suo carico mortale. • controllare la quantità di api D’obbligo controllare la presenza (abbiamo affrontato questo argo- della regina: potremmo confondemento nei precedenti articoli); re l’assenza di covata con la mor• posizionare correttamente i telaini; te della regina compromettendo il

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AGENDA LAVO RI. NORD-EST destino della famiglia. Altra importante verifica, fondamentale oserei dire, deve essere rivolta alla presenza di sufficienti scorte, anche perché d’ora in poi visiteremo i nostri alveari con minor frequenza. Sapere quante api ci sono non è una osservazione inutile; dal numero delle api possiamo intravedere il futuro della famiglia, quelle presenti “trasporteranno” la famiglia attraverso l’inverno. La posizione dei telaini è spesso condizionata dalla nostra decisione, l’ideale è usare due diaframmi ai lati della famiglia per meglio gestirla nei periodi rigidi. Il controllo del numero dei telaini deve avvenire una volta valutata l’effettiva quantità di api all’interno dell’alveare: maggiore sarà la concentrazione di api e meglio, queste, passeranno l’inverno (sempre a patto che la quantità non sia tale da bloccare il normale flusso di ventilazione per il controllo della temperatura e, soprattutto, dell’umidità).

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I prodotti antivarroa più efficienti sono quelli per contatto, quindi principalmente a base di acido ossalico come l’ApiBioxal. Ricordiamo insieme che viene venduto in apposite confezioni con la descrizione del metodo di uso. Ricordiamo insieme il corretto dosaggio: sciogliere 1 Kg di zucchero in 1 litro d’acqua e quando lo zucchero sarà completamente sciolto, da questa soluzione (sciroppo di zucchero 1:1) se ne toglie ½ litro. Nella caraffa dove è contenuto il ½ litro di sciroppo, aggiungere la monodose in bustina da 35 grammi di ApiBioxal e procedere con il trattamento. Questa quantità è data

per dieci alveari; sappiamo tutti che ad autunno inoltrato non abbiamo dieci telaini per alveare ma mediamente cinque, quindi goccioleremo 5 cc per telaino (fra i telaini cioè sulle api e non sui longheroni). Se abbiamo operato correttamente le nostre famiglie pulite dalla varroa, liberando le api da quel fardello che le costringe a stress e soprattutto a pericolose infezioni. In inverno è possibile un indebolimento dei processi immunitari; operando, pertanto, una buona pulizia dalla varroa, sarà sicuramente un aiuto per lo sviluppo della famiglia nella prossima primavera. Giacomo Perretta


AGENDA LAVORI. CENTRO

IMPARIAMO AD OSSERVARE

MONITORARE GLI ALVEARI SENZA DISTURBARE LE COLONIE di Stefano De Pascale

C’È UNA REGOLA ED IL CALCOLO DELLA CADUTA

Foto Stefano De Pascale

NATURALE DI VARROE

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e attività dell’apicoltore in apiario con il procedere dell’autunno tendono a diminuire, quasi a fermarsi. Se pur nelle giornate di sole si possono osservare le api attive sul predellino di volo, è bene ridurre al minimo il disturbo delle colonie che sono impegnate nel mantenere il nido caldo. Il monitoraggio dei nostri alveari può essere svolto dall’esterno con dei piccoli accorgimenti ed un buono spirito d’osservazione. Ve-

diamo quali sono i dati che possiamo raccogliere dall’esterno senza il bisogno di aprire le nostre colonie. Quello che ci interessa in questo momento è la quantità di scorte di miele a disposizione delle famiglie, possibili condizioni d’orfanità, e come sempre lo stato sanitario ed in particolar modo il grado d’ infestazione dell’acaro Varroa destructor. Per quanto riguarda il monitoraggio del livello di scorte di miele è pratica abbastanza comune quella di soppesare gli alveari. semplicemente si solleva leggermente la famiglia dalle maniglie laterali, prima da un lato e poi dall’altro. Con poca pratica si riuscirà subito a capire quale sia la differenza tra le colonie e quali famiglie possiamo definire pesanti ovvero con scorte a sufficienza e quali leggere che probabilmente avranno bisogno di un integrazione delle scorte. Per non incorrere in errori è bene sollevare sempre dallo stesso punto, dalle maniglie ad esempio. Spesso sollevando dal dietro dell’arnia la stima del peso non è chiarissima. Soprattutto perché le colonie possono aver predisposto le scorte tutte su 11/2019 | Apitalia | 19


AGENDA LAVORI. CENTRO

Foto Alberto Montagliani

un lato dell’arnia. Altro fattore che può trarre in inganno è la fattura dell’arnia e la qualità del legno. Ad esempio io ho delle arnie che hanno 15 anni d’età ed il legno risulta essere molto più pesante delle arnie di “ultima” generazione. Ma come vi ho già detto basta pochissima pratica e metodo e riuscirete a fare buone stime nei vostri apiari. Se si vuole approfondire questa valutazione esterna si può “bussare” sul coprifavo. Sollevato il coperchio in lamiera si da dei piccoli tocchetti con la mano nei 4 angoli attorno al disco centrale. Un suono pieno individuerà la parte dell’arnia dove insiste la famiglia con le scorte, il suono sordo individuerà la parte dell’alveare vuota. Quindi si potranno trovare famiglie forti che con la loro popolazione riescono a coprire tutto lo spazio all’ interno dell’alveare e famiglie più piccole che ad esempio da un lato risulteranno vuote e dall’altro piene. Anche qui, dopo aver provato a fare 20 | Apitalia | 11/2019

questa operazione su poche arnie risulterà subito chiara la differenza tra il suono del vuoto e del pieno. L’argomento dei trattamenti invernali per abbattere la popolazione di Varroa destructor l’abbiamo affrontato a grandi linee nell’articolo del numero 10/2019 di Apitalia. Se ben ricordate la chiave di volta per un trattamento di successo sta nell’individuare il momento in cui le api vanno in blocco di covata. Come possiamo individuare questo momento senza aprire gli alveari? È difficile individuare il momento esatto, per quello si può visitare gli alveari a campione e controllare se la covata è ancora presente, ma sicuramente possiamo prendere informazioni dai nostri vassoi sul fondo degli alveari. Le diverse attività delle api sui favi producono quasi sempre dei residui e questi a loro volta sono diversi tra loro a seconda dell’attività della colonia: nascita di api giovani, consumo di miele, produzione di cera nuova,

importazione di polline o nettare. Condizione necessaria per la lettura e che i vassoi siano periodicamente puliti con una spatola. La prima cosa che si capisce a colpo d’occhio è la dimensione della colonia, i residui si dispongono in strisce che indicano lo spazio tra i favi dove è presente attività della famiglia. I residui più facili da individuare sono sicuramente quelli provenienti dal consumo di miele, abitualmente sono residui di cera di diverse tonalità chiare o scure, con una consistenza fine e granulosa. Se questa cera nel vassoio risulta abbondante e spezzettata in maniera grossolana, molto probabilmente è un sintomo di saccheggio. Residui di cera scura ed esuvie indicano che all’interno della colonia le api sono attive nell’allevare covata e giovani api stanno nascendo, questi residui sono riconoscibili per la loro forma irregolare, piccoli pezzetti rosicchiati dalle mandibole delle api.


La presenza di piccole scaglie di cera trasparente non ancora plasmate dal calore e dalle mandibole delle api vengono perse durante l’attività di secrezione della cera dall’addome, la loro forma è trapezoidale ed indicano un flusso nettarifero ed un attività di sviluppo della colonia, costruzione di favi o opercolatura di miele. Corbiculette di polline, le piccole palline di polline che le api bottinatrici portano attaccate al terzo paia di zampe, indicano attività di foraggiamento da parte della colonia. Nei vari passaggi per l’utilizzo e lo stoccaggio di polline all’interno dell’alveare capita che le api perdano il carico e che questo finisca nel vassoio. Questo dato ci deve far

supporre che all’interno dell’alveare ci sia ancora attività di deposizione e covata aperta. Per monitorare il livello d’infestazione di varroa attraverso il fondo bisognerà avere l’accortezza di spalmare su questo un fine strato di olio di vasellina o porre al suo interno un foglio adesivo altrimenti le formiche e piccoli artropodi potrebbero nutrirsi delle varroe presenti. Per valutare la caduta naturale basta contare il numero di varroe presenti sul fondo. Dividerlo per i giorni trascorsi dopo la pulizia del vassoio e moltiplicarlo per 100. Questo dato ci darà una stima percentuale del grado d’infestazione della colonia. Anche questo tipo di lettura ester-

na richiede metodo e un buono spirito d’osservazione, risulterà semplice con il passar del tempo. Dalle mie indicazioni sembrerebbe che non si debba controllare le famiglie all’interno ma non è proprio così. Bisogna ridurre al minimo indispensabile il disturbo. Nelle giornate di sole con temperature sopra i 12-13 gradi centigradi si possono aprire gli alveari e controllare i favi ma solo se questa operazione risulta utile alla conduzione degli alveari. Ad esempio ontrollare famiglie deboli che ha una visita esterna sembra abbiano bisogno di nutrimento che diano sintomi di orfanità o di uno stato sanitario non ottimale. Stefano De Pascale

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AGENDA LAVORI. SUD

CIBO, ARIA E CALORE

ELEMENTI PER LA CURA DELL’ALVEARE, OTTIMIZZANO GLI STANDARD DI SALUBRITÀ di Santo Panzera

N

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una croce sopra, vanno eliminate in quanto, durante l’inverno, andrebbero irrimediabilmente incontro ad un progressivo indebolimento che le esporrebbe al saccheggio da parte delle famiglie sane; queste si porterebbero a casa, oltre al miele anche la malattia, con conseguenti sgradite sorprese in primavera. Dobbiamo anche verificare, nelcorso delle visite, la situazione delle scorte ed equilibrare il rapporto api-miele, controllando che

NESSUNA ESITAZIONE: LA COVATA NON SANA VA ELIMINATA

Foto Tenuta Casa del Sole

el nostro Sud, per gli apicoltori, questo non è certo il periodo del “dolce riposo”, in quanto è necessario continuare il duro lavoro in apiario, ormai sempre più dispendioso ed avaro di soddisfazioni. Infatti, è necessario adoperarci a mettere in atto tutte le operazioni di invernamento, allo scopo di tenere lontane le malattie e permettere alle api di passare l’inverno senza grossi problemi. Approfittando delle belle giornate di sole e delle temperature miti che il questo periodo ci sa ancora regalare, risulta utile effettuare negli alveari le ultime visite prima dell’arrivo del vero freddo, verificando che i precedenti interventi abbiano sortito gli effetti sperati. Una volta aperti gli alveari, bisogna verificare innanzitutto l’esistenza della covata ed il suo buono stato di salute, evidenziato dall’assenza di celle sforacchiate, untuose o infossate, contenenti larve che possono essere affette da peste americana; è bene puntualizzare che le famiglie malate, se la covata presente ha le caratteristiche sopramenzionate, non vanno curate ma, mettendoci


le provviste di miele e di polline siano sufficienti. Qualora in alcune famiglie ecceda il fabbisogno, bisogna operare una sorta di livellamento dei favi da miele, togliendo favi di scorte alle famiglie che ne hanno troppe, per inserirli in quelle che ne hanno bisogno. Qualora avanzino favi di scorte, questi saranno messi in un magazzino asciutto, ventilato ed accuratamente protetto dai topi, per essere poi ridati alle famiglie la prossima primavera, allo scopo di assecondare lo sviluppo esplosivo della covata. Oltre alle giuste quantità di scorte, è bene verificare che le stesse siano “a portata di ligula d’ape”, in vicinanza del glomere che si andrà a formare e che, in pieno inverno,

ridurrà le proprie capacità di movimento, per cui potrà capitare che le api muoiano di fame, pur avendo il miele a poca distanza. Infatti, un’altra operazione da fare nell’invernamento, per far passare meglio l’inverno alle nostre api, è quella di stringere le famiglie con uno o meglio ancora due diaframmi, uno per lato, sui telaini ben presidiati dalle api, allontanandoli dalle pareti laterali dell’arnia dove, a causa dell’umidità, andrebbero incontro a sicuro ammuffimento. A differenza di quanto avveniva nel recente passato, dove in Calabria vi è la presenza di Aethina tumida, non ci si può più permettere il lusso di collocare al di là del diaframma quei favi vecchi, con

troppe celle da fuchi e con residui di miele da far svuotare alle api per poi essere tolti e fusi, poiché tali favi, in assenza delle api, sarebbero facile e comodo ricovero per questi nuovi parassiti dell’alveare. Sempre in funzione anti-Aethina, è bene non inserire a guisa di diaframma i nutritori a tasca, in modo che siano già presenti per le successive nutrizioni stimolanti, in quanto essi fungerebbero da comodo ricovero, quando non un vero albergo a cinque stelle, per il piccolo coleottero dell’alveare. In linea generale, si tende a posizionare le famiglie allo stesso modo, sul lato più esposto ai raggi del sole, comunemente il destro, guardando l’arnia da dietro, allo scopo di una

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AGENDA LAVORI. SUD

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Foto 3Bee.it

maggiore praticità operativa e di avere una più realistica e veritiera valutazione invernale della quantità di favi coperti dalle api, della effettiva popolosità della famiglia, indispensabile per impiegare il giusto dosaggio nel trattamento con acido ossalico (Api-Bioxal). Infatti, un’importante operazione da compiere, verso la fine di questo mese, quando all’interno degli alveari la covata sarà assente o minima, è il trattamento di pulizia radicale contro la varroa, dalla cui riuscita dipenderà la nostra prossima stagione apistica. Solo riducendo il numero di acari per famiglia ad una soglia molto bassa, di poche unità, ci potremo garantire una prossima stagione tranquilla, reinfestazione permettendo, in quanto sarebbe bene concordare il momento del trattamento con tutti gli apicoltori che operano sullo stesso territorio. Nel nostro Sud Italia il momento giusto, il “magic moment” per eseguire il trattamento varia da zona a zona in funzione delle diverse condizioni climatico-botaniche e dell’esposizione propria di ciascun apiario. In ogni caso è necessario che non vi sia più covata o sia asportato il favo che ne presenti qualche rosellina: solo in presenza del blocco di covata le varroe sono tutte sulle api adulte, risultando facilmente raggiungibili dall’acaricida. Il trattamento dovrà essere eseguito nelle ore centrali di una giornata di bel tempo, con temperatura mite, in presenza di volo di api, in quanto le api, una volta bagnate dal trattamento, devono avere il tempo

di uscire per asciugarsi. La soluzione di Api-Bioxal viene distribuita per gocciolamento (vedi foto), nello spazio tra i favi, direttamente sulle api, alla dose di 5 cc per favo coperto di api, facendo attenzione a non sovrastimare la quantità di api presente. Bisogna gocciolare lentamente, ripassando due volte, allo scopo di lasciare salire le api non bagnate ed assicurare una migliore distribuzione della soluzione, evitando che la stessa cada sul fondo e vada sprecata. Va ricordata che solo in assenza di covata tale trattamento, allo giusto dosaggio ed al corretto momento di utilizzo, può avere un’efficacia superiore al 90%; tale dato però, è bene sottolinearlo, è relativo e non assoluto, nel senso che, con un’efficacia appunto del 90%, il 10% di varroe che rimar-

ranno non saranno necessariamente poche: saranno poche se l’infestazione era di 200 unità (10% equivale a 20), ma saranno molte qualora l’infestazione fosse di 1500 varroe (il cui 10% equivale a 150). È bene puntualizzare che, nel sempre più dinamico e complesso scenario apistico in cui siamo chiamati ad operare, solo se avremo proceduto con competenza, metodo e cura le nostre api saranno sane ed avranno cibo, calore ed aria tali da superare senza difficoltà i rigori invernali e potremo ritrovarci, a fine inverno, con famiglie in ottime condizioni, pronte a garantirci grosse soddisfazioni produttive nella successiva e non lontana primavera. Santo Panzera


AGENDA LAVORI. ISOLE

ESSERE RESILIENTI, UNA STRATEGIA DI SUCCESSO

NON È SOLTANTO UN PUNTO DI VISTA MA PIUTTOSTO UNO STILE DI VITA di Vincenzo Stampa

DA PADRONI DELL’ALVEARE A SERVITORI

Foto Vincenzo Stampa

DELLE API

S

e guardiamo, molto sinteticamente, alla storia naturale di questo nostro unico pianeta, per molti aspetti stupefacente, scopriamo che i suoi abitanti hanno subito nel corso dei milioni di anni, per cause naturali, diverse estinzioni di massa; di primo acchito si potrebbe pensare ad una serie di disastri e certamente lo fu-

rono per i soggetti che ci incapparono, però per quella che noi semplicisticamente chiamiamo la vita fu soltanto un cambiamento di rotta; infatti l’obiettivo della vita è la vita stessa. Pensiamo alla classe dei piccoli mammiferi arcaici sopravvissuti, 65 milioni di anni fa, all’ultima estinzione di massa e da cui derivano e discendono tutti i mammiferi terrestri attuali. Le varie forme in cui la vita si manifesta, sono soltanto delle temporanee sue realizzazioni atte a mantenere l’obiettivo, sopravvivere, con una ancestrale propensione alla resilienza. Ora, su una scala temporale di gran lunga inferiore ma, concettualmente paragonabile, stiamo provocando e subendo dei cambiamenti che non possiamo sottovalutare; certamente non è il caso di pronosticare un’estinzione ma non c’è dubbio che siamo costretti ad adottare comportamenti e strategie tali da scongiurare un possibile Carrubo, chioma al vento e vai!

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AGENDA LAVORI. ISOLE disastro planetario. Già vediamo che l’ecosistema è alla ricerca di un nuovo equilibrio che inglobi e compensi le modifiche introdotte dalle attività umane e sicuramente lo troverà; non è certo, però, che la soluzione finale sia favorevole a tutti gli attuali esseri viventi. Possiamo guardare alle nostre api come ad un esempio positivo di adattabilità. Nel 2006, in Myanmar (Birmania), è stato rinvenuto un fossile di ape risalente a circa 100 milioni di anni fa; dall’esame di questo fossile si vede che trattasi di un’ape che porta anche alcune particolarità anatomiche tipiche delle vespe. Gli studiosi pensano ad una coevoluzione con le piante le quali, all’epoca, iniziano a riprodursi tramite i fiori, il che significa che hanno reso disponibile una nuova grande fonte alimentare, rappresentata dal polline e dal nettare. Questa inedita opportunità ha favorito il soggetto più adatto allo sfruttamento della nuova fonte di cibo, provocando la diffusione della sua struttura anatomica e che con continui aggiustamenti, in un tempo lunghissimo, ha generato l’ape che noi conosciamo. Tutte le sottospecie note di api sono il frutto di ulteriori adattamenti alle modifiche ambientali verificatisi in centinaia di migliaia di anni, ne sono una testimonianza ad esempio le 14 sottospecie presenti nel bacino del mediterraneo. Va da se che l’apicoltore non ha a disposizione tutto questo tempo, d’altro canto neanche sta vivendo ancora modifiche climatico-ambientali estreme, per cui se ne de26 | Apitalia | 11/2019

Sopra - Olivastro, mi piego non mi arrendo. Sotto - Fico d’india, scommettiamo che ce la faccio?

duce che sono possibili, oltre che necessari, piccoli e continui adeguamenti. Da dove cominciare? Cominciamo dallo stesso apicoltore il quale, per forza di cose, deve ripensare al suo ruolo nel rapporto con l’ape o meglio con l’alveare, da signore e padrone a collaboratore e servitore. Gli alveari dipendono dall’ambien-

te è vero, ma non sono soggetti passivi: essi sanno, anzi sanno fare, in particolare si rapportano alle normali variazioni stagionali e ambientali, interpretando i segnali che arrivano dal mondo esterno; tutto il loro saper fare è scritto nel codice genetico delle colonie di api. Il concetto è semplice, gli alveari attuali hanno una storia iniziata


LA RESILIENZA La resilienza è la capacità di un sistema di adattarsi al cambiamento. In ecologia e biologia la resilienza è la capacità di una materia vivente di auto ripararsi dopo un danno, o quella di una comunità o di un sistema ecologico di ritornare al suo stato iniziale, dopo essere stata sottoposta a una perturbazione che ha modificato quello stato.

almeno da cento milioni di anni, in questo lasso di tempo i discendenti da questo ceppo arcaico hanno acquisito delle abilità necessarie ad affrontare e risolvere una serie di problematiche, queste abilità, codificate geneticamen-

te, sono il patrimonio a cui gli alveari attuali possono attingere. L’attuale stato di difficoltà è determinato dall’andamento, chiamiamolo capriccioso, delle stagioni che fornisce agli alveari informazioni contrastanti in intervalli di tempo molto brevi. In effetti, sia nello svolgimento normale delle loro attività che in casi di emergenza gli alveari danno dei segnali di programmazione o di disagio, segnali che l’apicoltore deve saper cogliere, interpretare e tradurre in operazioni tese ad agevolarne l’attività o a rimuovere i motivi del disagio. In certi casi il disagio si origina dallo stesso apicoltore, per cui l’alveare è costretto a lavorare anche per ri-

parare il danno indotto da operazioni errate o da interventi mancati e ripristinare lo stato di benessere. Applicato all’apicoltore il concetto di resilienza si traduce in: • programmazione con chiari obiettivi da raggiungere; • interventi non a calendario, ma secondo necessità accertate; • corretta applicazione di tecniche apistiche appropriate. Caliamo tutto questo nell’attualità con un esempio concreto. Non possiamo parlare di programmazione senza un preventivo accertamento dello “status quo” in termini di api, covata e scorte, per ogni singolo alveare. Data la stagione (autunno), il prossimo obiettivo è “preparare gli al-

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AGENDA LAVORI. ISOLE veari per l’inverno” in pratica, alla fine delle operazioni che ci riproponiamo di fare, dovremmo avere, in ogni alveare, una popolazione che occupa almeno cinque favi, con due favi di scorte e una corona di miele sui favi restanti. I fattori limitanti la crescita della popolazione sono sostanzialmente due, il ciclo della covata che rimane comunque di 21 giorni e la porzione di favo disponibile per la deposizione. L’apicoltore può agire soltanto sul secondo fattore. La superficie di favo disponibile per la deposizione non corrisponde ai favi presenti nell’arnia ma alla porzione di favo che le api riescono a coprire; l’operazione prelimi-

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nare quindi consiste nel ridurre il numero dei favi lasciando soltanto quelli che le api coprono completamente al fine di ottenere il massimo di superficie “deponibile” nel minimo spazio da accudire. L’imperativo categorico è stringere! Si passa quindi alla fase di stimolazione della covata in tutti gli alveari dell’apiario, saranno gli alveari in partenza più popolosi che risponderanno meglio allo stimolo e saranno quelli che ci aiuteranno, come vedremo, a rinforzare la popolazione di quelli più deboli. L’apicoltore controllerà lo svolgimento dell’operazione, prestando particolare attenzione all’entità delle scorte.

Incomincerà a vedere un risultato, l’aumento della popolazione, dopo il compimento di due cicli di covata. La terza operazione consiste nel pareggiamento, anche in prospettiva, delle popolazioni mediante il trasferimento di covata opercolata. L’ultimo intervento sarà il controllo delle scorte e il loro rinforzo o ricostituzione mediante fornitura di un alimento liquido concentrato, disponibile in commercio, tramite il nutritore a tasca. Nell’applicare le tecniche necessarie siamo stati attenti, tempestivi, puntuali, in una parola resilienti? Lo giudicheranno gli alveari. Vincenzo Stampa


SPECIALE PATOLOGIA

1° CONVEGNO NAZIONALE

Foto 3Bee.it

AETHINA TUMIDA IN EUROPA RICERCA ED ESPERIENZA DI CAMPO

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SPECIALE PATOLOGIA

L

a sezione territoriale di FAI Calabria - Federazione Apicoltori Italiani, assieme all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno di Portici (NA), attraverso i suoi Istituti di Cosenza e Reggio Calabria, ritenendo che su questo terribile parassita e sugli effetti negativi della sua presenza negli alveari italiani ed europei fosse necessario fare il punto della situazione, ha organizzato un convegno/seminario sul tema: “Aethina tumida in Europa - Ricerca ed esperienza di campo”. Il convegno, è stato realizzato grazie ai fondi dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno e di FAI-Calabria, senza ulteriori finanziamenti pubblici o privati. Vista l’attesa partecipazione di relatori ed esperti internazionali, è stata richiesta la collaborazione della Scuola Superiore di Mediatori Linguistici di Reggio Calabria, con il compito di fornire la traduzione simultanea degli interventi. L’evento si è tenuto nella “Masseria I Risi” di Lamezia Terme, che il 6 Ottobre 2019 ha ospitato oltre 150 tra apicoltori, veterinari e ricercatori giunti da diverse regioni d’Italia. Il gruppo più numeroso, dopo quello calabrese, è stato quello siciliano. Erano inoltre presenti operatori giunti da Piemonte, Abruzzo, Campania e Basilicata. La prima parte del convegno ha visto come re-

Al microfono, Francesco Artese.

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latore Marc Schäfer (foto sopra, sinistra) della Sezione di Infettivologia del Freidrick - Loefler Institut (Centro Federale di Ricerca sulla Salute Animale) di Grefswald-Inel Reims, in Germania. Il ricercatore tedesco è referente sulle infestazioni di Aethina tumida dell’OIE (Organizzazione Internazionale delle Malattie Animali). È inoltre intervenuto Bram Cornelissen (foto sopra, destra) dell’Università di Wageningen, in Olanda. I due esperti stranieri hanno fatto il punto in materia di biologia del coleottero e sulle sue capacità di parassitizzazione degli alveari alla luce delle ultime ricerche svolte a livello internazionale. Gli aspetti normativi, riferiti alle azioni di contrasto che l’Italia ha adottato nei confronti di Aethina tumida (Decreto ministeriale del 17/09/2019 e successive modifiche, vedi nostro Servizio di pag. 35), sono stati trattati da Andrea Maroni Ponti, che rappresentava il Ministero della Salute. Per i provvedimenti a carattere strettamente territoriale e regionale, inoltre, è intervenuto Gianluca Grandinetti, Responsabile della Taskforce Veterinaria della Regione Calabria. Le numerose domande sull’ultimo Decreto del Ministero della Salute, indirizzate a Maroni Ponti dai medici veterinari presenti in sala, hanno evidenziato la necessità di uniformare urgentemente, esplicitando la natura degli interventi che occorre promuovere a livello regionale come pure la tipologia dei compiti e degli strumenti necessari alla concreta applicazione di questo Decreto.


Da sinistra: Santo Panzera, Francesco Artese, Lorella Barca, Franco Mutinelli, Andrea Maroni Ponti e Gianluca Grandinetti.

L’annunciato programma prevedeva, inoltre, l’intervento in questa sezione del Convegno di Peter Neuman (ricercatore svizzero esperto di Aethina tumida e coordinatore del gruppo internazionale COLOSS) che è invece risultato assente per impegni dell’ultima ora. La situazione epidemiologica attuale in Italia è stata argomento della relazione, nella 2a parte del convegno, di Franco Mutinelli del Centro di Referenza Nazionale per l’Apicoltura facente capo al Ministero della Salute. Molta attenzione ha destato la relazione di Giovanni Formato sulla ricerca, ancora in atto, finanziata dal Ministero della Salute e condotta da ben 13 “unità operative” che vede coinvolte Università, Istituti Zooprofilattici Sperimentali, Ispra, Sanità calabrese e associazioni di apicoltori, guidata dallo stesso Formato dell’IZS di Lazio e Toscana. Particolarmente impressionante il filmato nel quale viene evidenziata la capacità di riproduzione del parassita (da pochi adulti allevati in vitro allo sviluppo di migliaia di larve ed alla nascita di altrettanti adulti). Nella 3a parte dei lavori, si è levato l’accorato appello del presidente di FAI-Calabria Santo Panzera affinché prosegua l’opera di collaborazione nella lotta ad Aethina tumida tra Apicoltori, As-

sociazioni, Ricerca ed Istituzioni. Immagini ad effetto, logica del ragionamento e rappresentazione dei risultati sono state le “armi” del locale presidente degli apicoltori che ha riscosso un lungo e caloroso applauso da parte dei presenti in sala. Francesco Artese - delegato FAI per l’Aethina tumida in Italia - ha svolto l’ultima relazione del convegno evidenziando come gli studi di un nutrito gruppo di apicoltori di FAI-Calabria sul comportamento del parassita nei nostri alveari ha permesso di raccogliere numerosi dati. Le osservazioni del gruppo “apicoltori-ricercatori” hanno consentito così l’ideazione e il suo successivo perfezionamento della “Parete Mobile”, uno strumento di trappolaggio del parassita che consente oggi una diagnosi pressoché certa della presenza dell’Aethina negli alveari. Strumento che ha permesso, fin dalla prima apparizione del parassita, di effettuarne una efficiente azione di contenimento entro i confini provinciali. L’esperienza maturata da questi apicoltori ha dato la possibilità di mettere a punto una serie di raccomandazioni sulle “cattive” pratiche apistiche da evitare durante la conduzione degli alveari al fine di impedire la creazione di nuovi e dannosi focolai di infestazione. Le conclusioni del convegno ad opera del rappre11/2019 | Apitalia | 31


SPECIALE PATOLOGIA sentante del Ministero della Salute, possono sintetizzarsi in queste sue parole: “Da quanto sentito nelle relazioni di questo convegno, l’ultimo provvedimento del Ministero della Salute sembra già sorpassato”. E infatti il decreto è stato di recente modificato. La otto ore di durata del convegno avrebbe potuto “stancare” gli uditori ma, le interessanti relazioni degli esperti hanno riscosso, nei questionari consegnati all’ingresso, un giudizio di gradimento più che lusinghiero tanto da ricevere già durante i lavori richieste di partecipazione per il prossimo incontro, sullo stesso tema, fissato per i giorni 4/5/6 Febbraio 2020. Francesco Artese

AETHINA: IL PROGETTO DEL MINSALUTE Il Progetto del Ministero della Salute: “Implementazione delle attività di sorveglianza e sviluppo di nuove metodiche per il controllo di Aethina tumida in Italia” prevede il coinvolgimento di 13 partner, tra i quali si annoverano lo stesso Ministero della Salute, il Centro di Referenza Nazionale per l’ApiDa sinistra: Lorella Barce e Giovanni Federico, Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno.

coltura, gli II.ZZ.SS. (Istituti Zooprofilattici Sperimentali) del Centro e del Sud Italia, l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione dell’Ambiente), le Università di Milano, di Pisa e di Pescara-Chieti e l’Associazione di Apicoltori FAI Calabria - Federazione Apicoltori Italiani. Il progetto si pone sia obiettivi a lungo, che a breve termine. Tra gli obiettivi a breve termine possiamo annoverare: A) migliorare il controllo, la gestione e la prevenzione dell’aethinosi; B) identificare e valutare metodi innovativi per la diagnosi in campo ed in laboratorio di Aethina tumida; C) studiare nuovi prodotti per il controllo di Aethina tumida. Tra gli obiettivi a lungo termine, possiamo invece annoverare: A) studio di fattibilità per un nuovo piano di sorveglianza contro Aethina tumida; B) campionamenti in collaborazione con le Associazioni di Apicoltori; C) una dettagliata analisi dei costi/benefici delle strategie ad oggi adottate. Grazie a questo progetto ed alla collaborazione internazionale con il gruppo COLOSS, con Bram Cornelissen (Università di Wageningen - Olanda) e con Peter Neumann (Università di Berna - Svizzera), da agosto 2019 è stato impiantato il primo laboratorio in Italia per l’allevamento in vitro di Aethina tumida, presso l’IZSM Sezione di Reggio Calabria, sotto il coordinamento di Giovanni Federico. I primi risultati di laboratorio (ciclo riproduttivo “in vitro” di Aethina tumida adulti - larve - adulti) sono stati presentati nella seconda sessione dei lavori del convegno di Lamezia Terme, con le relazioni di Lorella Barca “Attività sperimentale in Calabria (parte I) e di Giovanni Federico “Attività sperimentale in Calabria (parte II) dell’IZS del Mezzogiorno (Portici). Lorella Barca, Giovanni Federico Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno

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LA PAROLA AL MINISTERO DELLA SALUTE La scoperta della presenza di Aethina tumida in Calabria nel settembre del 2014 ha rappresentato una sfida per il settore produttivo e per le Istituzioni, che si sono trovate ad affrontare un problema sanitario senza avere completa conoscenza dell’epidemiologia di questo parassita e delle misure efficaci da adottare per arginare la sua diffusione. Le precedenti esperienze di altri Paesi colpiti da questo coleottero sono servite solo parzialmente, poiché i contesti epidemiologici e gli obiettivi da raggiungere erano differenti rispetto a quelli che l’Italia, quale Stato membro della UE, deve mettere in campo per preservare lo status sanitario del rimanente territorio nazionale ancora indenne e degli altri Stati membri. Quello che quindi è apparso essere un notevole punto critico, soprattutto nella prima fase dell’emergenza, è stata la carenza di conoscenze adeguate che potessero coadiuva-

Andrea Maroni Ponti, Ministero della Salute.

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SPECIALE PATOLOGIA

re efficacemente la gestione dell’infestazione. Ciò ha avuto forti ripercussioni sul conseguimento degli interventi previsti e nonostante i notevoli sforzi messi in campo sia dai veterinari ufficiali che dagli stessi apicoltori, l’obiettivo della piena eradicazione di Aethina tumida nella provincia di Reggio Calabria non è stato al momento conseguito. Nonostante ciò, e a distanza di cinque anni dal suo primo ritrovamento, l’infestazione da Aethina tumida continua a risultare contenuta nella provincia di Reggio Calabria. Si tratta di un importante risultato, forse unico al mondo, che contrasta con le previsioni di una rapida diffusione sul territorio italiano di questo infestante. Al raggiungimento di tale risultato hanno contribuito tutti, sia le autorità sanitarie che gli apicoltori, questi ultimi si sono conformati alle prescrizioni sanitarie previste ma in particolare hanno fornito un contributo fondamentale nell’individuazione delle migliori pratiche per la lotta al parassita. In questo contesto occorre rimarcare anche una 34 | Apitalia | 11/2019

forte collaborazione tra gli Istituti di ricerca e gli stessi produttori che hanno fattivamente partecipato ad alcuni progetti contribuendo con la loro esperienza e conoscenza nonché mettendo a disposizione materiali e mezzi. Si è creato quindi quello spirito di collaborazione che ha consentito di ottenere un effetto sinergico sull’attività di ricerca con importanti ricadute sulla messa a punto di misure di contenimento e individuazione di nuovi metodi diagnostici. Il convegnodi Lamezia Terme è il primo frutto di questo lavoro e i promettenti risultati presentati dai vari ricercatori e apicoltori fanno sicuramente ben sperare che in un prossimo futuro le Istituzioni sanitarie e il mondo produttivo saranno dotati di nuovi efficaci strumenti di lotta nei confronti di Aethina tumida. Andrea Maroni Ponti Ministero della Salute Direzione generale della sanità animale dei farmaci veterinari


LEGISLAZIONE

UN BIS DI DECRETI

BATTERIA DI URGENTI PROCEDURE ANTI AETHINA DIRAMATE DAL MINISTERO DELLA SALUTE di Nostro Servizio

OBBLIGO PER LE TRAPPOLE AL BIOCIDA

I

l Ministero della Salute, con due decreti emanati a distanza di un mese uno dall’altro (prima il Decreto 10 Settembre 2019, pubblicato il 19 Settembre 2019 sulla Gazzetta Ufficiale n. 220, che dispone “Modifica e integrazione al decreto 19 novembre 2014 recante «Misure straordinarie di eradicazione e indennizzo conseguente all’infestazione da Aethina tumida», successivamente il Decreto 11 Ottobre 2019, pubblicato il 22 Ottobre 2019 sulla Gazzetta Ufficiale n. 248, che modifica l’Allegato I del decreto precedente), interviene sulla complicata vicenda del piccolo coleottero dell’alveare. È la terza e quarta volta che la competente Direzione generale della Sanità Animale si pronuncia, nel giro di quindici anni, sul tema della profilassi del pa-

rassita di origine sudafricana. La prima volta capitò nel 2004, quando Aethina tumida e Tropilaelaps spp. furono per la prima volta inserite tra le malattie soggette all’obbligo di denuncia aggiornando la vecchia lista del Regolamento di Polizia Veterinaria. Giusto dieci anni dopo, nel 2014, il piccolo coleottero volò fino in Italia e, in quella circostanza, le Autorità sanitarie tornarono ad occuparsi di Aethina tumida con “Misure straordinarie di eradicazione e indennizzo” conseguenti questa infestazione. Dato il continuo e successivo propagarsi dalla Provincia di Reggio Calabria a quella di Vibo Valentia, visto l’estendersi dell’infestazione registrato dal 2014 al 2018, si decide oggi di “rivedere la strategia di intervento nei confronti di Aethina tumida passando all’adozione di misure di contenimento alternative e finalizzate a limitare l’approccio distruttivo di questo infestante”. Segnali che danno l’impressione che ci si prepari al dilagare della malattia dinanzi all’evidenza che i controlli sono inadeguati se non addirittura inesistenti, che le norme non funzionano o che non sono affatto applicabili. Quindi la natura dell’intervento

viene declassata da abbattimento totale (rogo dell’intero apiario e bonifica del sito) ad abbattimento di tipo selettivo (negli apiari infestati); verranno quindi distrutti i soli alveari nei quali sia stato ritrovato il piccolo coleottero. Il contenuto tecnico di questo decreto, tuttavia, è tutto concentrato nell’Allegato I (che non a caso subisce ritocchi) diviso in due parti: la A) con Misure da adottare; la B) con Misure da adottare in Zona di sorveglianza. Lo pubblichiamo integralmente perché Apicoltori, Associazioni apistiche, Aziende Sanitarie e Medici Veterinari possano rendersi conto di quali procedure e adempimenti vadano adottate nelle zone infestate. C’è un dettaglio che subito salta all’occhio: alla lettera a) il Ministero parla di “posizionamento da parte degli apicoltori di trappole meccaniche o biocide in tutte le arnie”. Si tratta di un obbligo, tanto che chi non lo rispetta sarà sottoposto a sequestro degli alveari che ne sono sprovvisti. Per la categoria “biocida”, tuttavia, non è dato di sapere quali siano i principi attivi e quando questi siano stati autorizzati per l’impiego in apiario. 11/2019 | Apitalia | 35


LEGISLAZIONE

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LEGISLAZIONE

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API E FISCO

PICCOLI APICOLTORI, REDDITO NON IMPONIBILE

AGEVOLATI I COMUNI MONTANI GLI ALVEARI TUTELANO LA BIODIVERSITÀ di Tiziana Di Gangi

L’ORIENTAMENTO DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

C

on risposta del 30.08.2019 n. 359, l’Agenzia ha chiarito che l’esercizio dell’attività di apicoltura in zona montana, effettuato con meno di 20 alveari, non costituisce attività d’impresa anche quando il miele viene venduto nei mercati o nei negozi. IL FATTO L’interpellante, dipendente a tempo pieno, nel tempo libero svolge l’attività di apicoltore con l’esercizio di un apiario composto da n. 19 alveari in forma amatoriale. L’interessato fa presente che ese-

gue anche il servizio di impollinazione e che intende confezionare il miele prodotto, da vendere a privati nell’ambito di mercati, negozi o in altre occasioni. Egli precisa, infine, che i relativi guadagni sono finalizzati alla promozione dell’apicoltura e alla tutela della biodiversità e dell’ecosistema, nonché all’integrazione del reddito in zona di montagna. A margine di ciò chiede di conoscere il parere dell’Agenzia delle Entrate, limitatamente al fatto se la fattispecie rappresentata, rientra o meno nelle previsioni della Legge di Bilancio

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API E FISCO 2018. Fu nel corso dell’iter di tale provvedimento che la FAI-Federazione Apicoltori Italiani contrastò con successo il tentativo di sopprimere l’esonero fiscale per gli apicoltori di piccola dimensione. IL PARERE DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA L’Agenzia delle Entrate chiarisce ora che l’attività rientra nelle previsioni di cui all’art. 1, c. 511 della L. n. 205/2017 (Legge di Bilancio 2018), e i proventi che ne derivano non concorrono alla formazione della base imponibile, considerato che non si è in presenza di una organizzazione imprenditoriale a norma dell’art. 4 del Decreto IVA.

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L’Agenzia fa presente inoltre che, anche se la verifica del numero degli alveari richiede un accertamento di fatto non esperibile in sede di interpello, tale circostanza deve ritenersi facilmente superabile, con l’accesso alla Banca Dati Apistica (B.D.A.) dell’Anagrafe Apistica Nazionale. Conferma da ultimo che in presenza del doppio requisito (numero ridotto di alveari, e collocazione in zona montana), come nel caso di specie, torna applicabile la previsione di cui alla su menzionata legge di Bilancio 2018, che prevede: “Al fine di promuovere l’agricoltura quale strumento di tutela della biodiversità e dell’ecosistema e di integrazione del reddito nelle aree montane, i

proventi dell’apicoltura condotta da apicoltori con meno di 20 alveari e ricadenti nei comuni classificati montani non concorrono alla formazione della base imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche”. Per completezza, si ricorda, che il “Collegato agricoltura” (art. 34, c. 2 L. 28.07.2016, n. 154) ha introdotto anche un regime sanzionatorio per chi contravviene agli obblighi di iscrizione nella Anagrafe, di denuncia degli alveari e delle relative variazioni: è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 1.000 a un massimo di 4.000 euro. Tiziana Di Gangi


PRODOTTI DELL’ALVEARE

IL PANE DELLE API

UN ELEVATO TASSO DI ENZIMI COS’È E COME SI OTTIENE di Alessandro Pistoia

DIVERSO DAL POLLINE SARÀ IL PRODOTTO NOBILE DEL FUTURO

Nel capitolo precedente abbiamo visto come avviene la raccolta del polline sui fiori; qui esamineremo come avviene la trasformazione del polline in pane delle api, detto anche “pandapi” o “perga”. Questo cibo è alla base dell’alimentazione delle api in allevamento, come nutrimento alle nutrici che secernono la gelatina reale e anche delle piccole larve, essendo da loro perfettamente assimilabile. Polline e pane delle api sono due sostanze differenti: il primo dà origine al secondo, e dunque non è esatta l’espressione ricorrente “polline o pane delle api”. La differenza che PER SAPERNE DI PIÙ

Apitalia ringrazia le Edizioni L’Informatore Agrario per la gentile concessione alla pubblicazione di questo articolo, tratto dal volume Apicoltura tecnica e pratica di Alessandro Pistoia • INFO E ORDINI• FAI-Federazione Apicoltori Italiani - Corso Vittorio Emanuele II, 101 00186 Roma - Tel. 06. 6877175 - commerciale@faiapicoltura.biz

passa tra loro è la stessa che passa tra l’uva e il vino; in entrambi i casi l’uno genera l’altro grazie a una fermentazione. CHE COS’È Viene così definito il polline che ha subito la fermentazione lattica dentro la celletta del favo, attraverso un processo fermentativo che dura circa 20 giorni. Come dice l’esperto in patologie apistiche Gianni Savorelli nel suo testo “I sistemi immunitari delle api, immunità individuale e immunità sociale”, «la conversione del polline in pane di api prevede il coinvolgimento in progressione di microbi che stabiliscono l’ambiente ideale per la fermentazione e predigestione del polline». Le api usano il polline come fosse farina, lo impastano con il nettare e lo depositano nelle cellette del favo alternandolo a strati di miele, fino a riempire la celletta per due terzi. Al momento in cui viene immagazzinato, il polline ha le stesse caratteristiche di quello raccolto dalla trappola pigliapolline. COMPOSIZIONE Cristina Mateescu, biologa, a capo del Collettivo ricerca apiterapia presso l’Istituto di ricerca e svilup11/2019 | Apitalia | 43


PRODOTTI DELL’ALVEARE po dell’apicoltura di Bucarest, nel suo testo Apiterapia afferma che «il pane delle api è un prodotto naturale con proprietà più complete di quelle del polline, il suo valore nutritivo e le sue proprietà antibiotiche sono tre volte maggiori». Nel pandapi le proprietà biologiche e terapeutiche del polline sono accentuate e questo lo porta a essere un alimento che induce un’accresciuta capacità immunitaria e funzionalità dell’organismo uniti a un miglioramento del grado di adattabilità e diminuzione dello stato di stanchezza. Il pane delle api, che conservato in luogo fresco e asciutto può rimanere integro fino a 17 anni, contiene: vitamina E (170 mg/100 grammi), vitamina C (50200 mg/100 grammi), carotenoidi o provitamina A (200-875 mg/kg), carboidrati o glucidi (35-65%), lipidi (1-6%), vitamina K ed enzimi digestori del latte (sono assenti nel polline dei fiori) in quantità variabili in relazione al tipo di pianta da cui è stato raccolto il polline e al periodo vegetativo. Il polline dei fiori e il pandapi sono differenti a livello biochimico: il pandapi contiene più zuccheri semplici rispetto al polline della medesima specie vegetale, a causa dell’aggiunta di nettare e miele durante la formazione della pallottolina di polline e dell’azione microbica sui carboidrati. Per esempio, il pandapi prodotto dal polline di betulla contiene sei volte più di acido lattico del polline dei fiori della stessa specie.

COME SI OTTIENE IL PANE DELLE API Lo schema ricostruisce il processo per cui il polline (materia prima) si trasfoma in pane delle api (alimento completo). L’ape alterna nella cella uno strato di polline (A) e uno di nettare (B) ricco di lattobacilli; questa aggiunta avvia la fermentazione con lo sviluppo di funghi, batteri e altri microbi (C) che aiutano la produzione di enzimi, vitamine e antimicrobi. Al termine del processo si ha il pane delle api (D), alimento per la famiglia. Nel pane delle api il grado di disponibilità degli elementi nutritivi è più elevato perché durante il processo fermentativo avviene la degradazione dell’esina, la parete cellulare del granello di polline, fenomeno che porta a liberare ulteriori elementi nutritivi contenuti nel granulo del polline stesso.

le api lo inoculano con i microbi provenienti dal loro organismo. Nel pane di api sono stati infatti trovati numerosi generi di batteri e funghi che non sono presenti nel polline. Gli studiosi ipotizzano che i microbi, durante periodo invernale in cui non vi è raccolta di polline, siano stoccati nell’apparato digerente dell’ape. A primavera, quando la raccolta ricomincia, il polline viene immagazzinato dalle api e i microbi lo usano come mezzo per la loro crescita. La conversione del polline in pane di api ha inizio subito, da quando l’ape botCONVERSIONE DEL POLLINE tinatrice ritorna all’alveare e scarica il polline nelle cellette. Un’ape IN PANE DELLE API Mentre immagazzinano il polline, magazziniera aggiunge immedia-

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tamente del nettare al polline e lo immagazzina nella celletta del favo, pressandolo sul fondo utilizzando il proprio capo. Per circa 12 ore il polline, così stivato, contiene un’ampia varietà di batteri e lieviti. Aggiungendo il nettare, l’ape operaia trasferisce al polline i lactobacilli che sono presenti nel suo stomaco; questi batteri lattici (LAB, lactic acid bacteria) usano i fattori di crescita prodotti dai lieviti e da altri batteri e abbassano il pH dell’impasto di polline immagazzinato nella celletta. La fermentazione lattica si completa in circa 15 giorni. I lieviti, inizialmente presenti in scarso numero, risultano aumentati dopo


la fermentazione e permangono nel polline stoccato più a lungo di tutti gli altri microbi. Attraverso l’azione dei microbi il polline è predigerito e con ciò vi è un aumento della quantità di nutrienti in esso disponibili. Il processo fermentativo è opera di più batteri (del tipo Pseudomonas, Lactobacillus) e di funghi (lieviti, i saccaromiceti), che si sviluppano nelle prime 12 ore dalla deposizione del polline nel favo. In questo processo fermentativo la capacità germinativa del polline scompare nell’arco di un paio di giorni per effetto di alcune secrezioni enzimatiche delle ghiandole mandibolari delle api. Il saccarosio viene trasformato in zuccheri semplici e

questi in acido lattico per azione di alcuni enzimi; aumenta la presenza della vitamina K. In ogni granulo di polline si dissolve la parete, l’esina, che è lo strato più esterno della membrana del granulo pollinico, rendendo disponibile il contenuto del granulo stresso. Quando queste trasformazioni giungono al termine, il polline è diventato pane delle api. La presenza di grandi quantità di acido lattico allo stato libero contribuisce a una buona conservabilità del prodotto finale. La contaminazione del polline da parte di fitofarmaci può bloccare la fermentazione e quindi impedire la trasformazione del polline in pane delle api (si pensi per esempio all’utilizzo di fungicidi sulle piante

in fioritura, sebbene essi non abbiano una tossicità diretta per le api). Si è osservato che famiglie di api morte con sintomi di Collasso dell’alveare (CCD) non vengono saccheggiate per il fatto che il cibo rimasto in quell’alveare presenta una composizione microbiologica alterata e risulta quindi non appetibile per le api. L’ESTRAZIONE Il pane delle api è un prodotto poco diffuso da noi, mentre è molto conosciuto nei Paesi dell’Est, come la Russia e la Lituania. Occorre ancora dello studio per inquadrare meglio la raccolta di questo prodotto, ma le linee guida operative possono essere le seguenti:

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PRODOTTI DELL’ALVEARE • l’apicoltore che desidera estrarre il pane delle api deve aspettare la stagione autunnale per essere sicuro che la fermentazione lattica nel polline stoccato nei favi abbia avuto compimento; • durante le visite di invernamento, si prelevano dei favi del nido che hanno pane di api immagazzinato e si collocano in freezer (così che si induriscano) • per l’estrazione a livello amatoriale si opera poi muniti di una grande frusta applicata su un trapano (tipo quella da imbianchini) e di un secchiello in plastica della capacità di 5-10 chili. Si tagliano i favi a pezzi, si collocano nel secchiello e si polverizzano mediante la frusta. LA CONSERVAZIONE Il pane delle api è il risultato finale della fermentazione naturale subita dal polline nel cuore dell’alveare e come tale è un prodotto stabile che si conserva per lungo tempo: basta tenerlo nel contenitore originale (il vasetto di vetro) chiuso, in un luogo fresco e asciutto, a temperatura ambiente. E un prodotto che può essere portato anche in viaggio: potrà tornare utile anche per prevenire disordini metabolici dovuti al cambiamento di ambiente. L’UTILIZZO Il nome “pane delle api” la dice lunga sul ruolo di questo prodotto nella dieta dell’ape perché è l’alimento delle giovani api, facilmente assimilabile. Il pane delle api ha un sapore agrodolce e gradevole. Assunto quotidianamente (1 cuc46 | Apitalia | 11/2019

L’ESTRATTORE PERGI WILARA BBM MINI L’attrezzatura che viene illustrata di seguito è innovativa e può essere un elemento che potrà contribuire a divulgare il consumo del pane delle api anche nel nostro paese. L’estrattore Pergi Vilara Bom Mini viene prodotto e commercializzato in Lituania dalla ditta Wilara (wilara.lt; l’acquisto on-line dall’Italia è agevole e veloce), è stato presentato ad Apimondia di Kiev nel 2013 e, come riporta la scheda di presentazione, costituisce «una nuova pagina nella storia dell’apicoltura».

L’estrattore Pergi Wilara bbm mini ha il disco di lavoro interno simile a quello di un normale biotrituratore (1); prima dell’utilizzo, il favo contenente il pane delle api va posto in freezer e congelato a una temperatura di -15-18 °C (2).

Una volta congelato, si tagliano strisce di favo di 8 cm di larghezza e si inseriscono nell’estrattore (3); il favo congelato è friabile e si polverizza in pochi secondi sotto l’azione degli organi “trebbianti” (4); con il setaccio si separa la polvere del favo dai “pellet” di pane delle api (5).

Il pane delle api così ottenuto conserva la forma esagonale della celletta dove era stivato (6); si può conservare a lungo, in vasi chiusi ermeticamente, in un luogo fresco e asciutto (7).


chiaino / 3 grammi al giorno, preferibilmente prima di colazione), aiuta a contrastare lo stress e la stanchezza; è tonico per gli anziani e per i bambini; ha un’azione immunostimolante e un interessante e benefico effetto antibatterico sul

sistema digestivo. Può essere consumato in tutta sicurezza anche da persone con una certa sensibilità a vari tipi di polline perché contribuisce a combattere le allergie primaverili. Sul mercato è praticamente impossibile reperire il pane delle api, mentre esiste ed è presente all’estero, in particolare nei paesi dell’Est (in Russia, per esempio, si commercializza con il nome “perga”). A conclusione di questo viaggio nel “panificio” dell’alveare, emerge un pensiero sul popolo delle api:

esse raccolgono il nettare e, partendo da un prodotto enzimaticamente attivato, arrivano a un cibo parzialmente fermentato chiamato miele; raccolgono il polline e attraverso un lacto-fermentato, ottengono un cibo enzimaticamente attivato chiamato pane delle api. Dati produttivi del pandapi in Italia non ce ne sono perché siamo ancora in una fase iniziale di sperimentazione. Invitiamo pertanto ogni apicoltore a cimentarsi nell’estrazione e nel consumo di questo nuovo prodotto dell’alveare, per poi magari fare assieme quella che amo chiamare la “trofallassi della conoscenza”. Alessandro Pistoia

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ARTE

GALLERIA DI ARTISTI CONTEMPORANEI

UN LUNGO VIAGGIO ALLA SCOPERTA DEI CREATIVI CHE SI ISPIRANO ALLA NATURA di Renzo Barbattini e Giuseppe Bergamini

LE API CHE COLPISCONO L’IMMAGINARIO

Fig. 1 - Bruno Ceccobelli, Arnie amorose (1997) (collezione privata).

BRUNO CECCOBELLI

Di quest’artista umbro (nato a Montecastello di Vibio, Perugia, il 2/9/1952, www.brunoceccobelli.com) ricordiamo Arnie amorose (Fig. 1). Ciò che colpisce di questo 48 | Apitalia | 11/2019

dipinto è l’estrema essenzialità delle figure rappresentate, la resa dello spazio compositivo quasi simbolico. Tutto qui è ridotto a un’estrema stilizzazione, i tratti somatici dei personaggi sono a malapena distinguibili, i corpi dimostrano una tremenda espressività nella

loro assoluta stilizzazione formale. L’opera potrebbe essere facilmente identificata come una composizione espressionista, con riferimento al celebre movimento artistico del primo quarto del Novecento: perché proprio come questa forma d’arte anch’essa colpisce per l’aspetto più interiore, emozionale e psicologico della scena rappresentata, piuttosto che per il paesaggio naturalistico esteriore. CASSANDRA CHRISTENSEN BARNEY

L’artista è nata a Orem, Utah (USA) ove ha vissuto la sua adolescenza (www.cassandrabarney.com) di quest’artista, e insegnante, ricordiamo Ape regina (Queen Bee) (Fig. 2).


Fig. 2 - Cassandra Christensen Barney, Ape regina (Queen Bee) (2003) (collezione privata).

Di questo dipinto ci piace il colore: il viso un po’ enigmatico dall’incarnato molto bello e morbido che contrasta con la tinta calda dello sfondo valorizzato dal nero dei capelli e del vestito! Gli occhi sembrano malinconici ma la boccuccia nasconde un sorriso, se non proprio palese, sicuramente “pensato”! Il collo “alla Modigliani” le conferisce molta eleganza! Il dipinto è splendido, le api che

si dirigono tutte verso una sola direzione probabilmente hanno un significato, e se è vero, com’è vero, che le api si dirigono tutte verso una fonte di cibo che hanno individuato in precedenza, probabilmente il simbolismo che la pittrice ha voluto rappresentare alle spalle della fanciulla è proprio questo nel pensiero della ragazza: andare verso un luogo a lei congegnale che ha visto o vissuto in precedenza. Tutte le api vanno verso una direzione ma una sola di esse si è posata sul petto della ragazza. Con ciò probabilmente l’artista voleva far capire che sulla persona rappresentata (posta immobile al centro della vita ed incapace di qualsiasi azione), finalmente si è posato qualcosa di “animato”; quindi si ribadisce il senso di incontro. La ragazza rappresentata in questa tela potrebbe essere l’ape regina nella sua vita (dopo tutto, le api vivono in una società matriarcale) ma l’artista, avendo inserito le api,

potrebbe aver anche alluso al fatto che la vita può sfuggire se gli “uomini” non si prendono il tempo per fermarsi ad apprezzarla. Le api bottinatrici, infatti, sostano, per tempi più o meno lunghi, sui loro obiettivi (i fiori) al fine di raccogliere nettare e polline. L’ape regina potrebbe anche essere riferito alla stessa fanciulla rappresentata! In senso ironico, in quanto circondata dalle api e lo sfondo è un bel color miele caldo appunto! BRANKO CUSIN

Questo pittore è nato nel 1935 a Koroska Bela (Slovenia), località situata vicino a Jesenice (o lago di Bled) ed è morto nel settembre 2009, sempre a Koroska Bela, dove ha vissuto tutta la sua vita. Branko Cusin ha realizzato diversi dipinti “apistici”, tra cui apiari sloveni e dell’Alto Adige adottando, soprattutto la tecnica dell’acquarello. Della sua ricca produzione riportiamo:

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Fig. 3 - Branko Cusin, Begunje vicino a Cerknico (Begunje nad Cerknico) (2002) (collezione privata, Sempas).

Fig. 4 - Branko Cusin, Nascita dell’apicoltura: il saccheggio ai danni delle api selvatiche (Začetki čebelarjenja: plenjenje čebeljih gnezd) (2002) (collezione privata, Koroska Bela).

la casa, la stalla con le mucche, gli • Begunje nad Cerknico (Begunje un nido di api selvatiche al fine altri animali allevati; tra quest’ulvicino a Cerknico) (Fig. 3); in esso di raccogliere il miele. Al di sotè rappresentato un famoso episotimi sono annoverate anche le to della pianta, altre due persone dio relativo all’assedio, nel 1555, api. Alla benedizione partecipa sono intente a produrre fumo da parte dei turchi della chiesa pregando, tutta la famiglia. tramite un fuoco acceso1; fortificata di Begunje. Gli asse- • Kraški čebelniak (Apiario carsico) • Medved. Čebelar... na štirih nogah (Orso. Apicoltore... a quattro zamdiati (contadini del paese) get(Fig. 5). In Slovenia sono molto tarono alcuni alveari sugli assepe) (Fig. 7), che ritrae il noto prediffusi questi tipici apiari costidianti e sui loro cavalli. datore degli alveari. In Slovenia tuiti da numerose arnie di tipo • Začetki čebelarjenja: plenjenje č vivono circa 400 orsi che rappreŽnidersič2 sovrapposte; queste arebeljih gnezd (Nascita dell’apicolsentano una minaccia soprattutnie sono visitabili dal retro e spestura: il saccheggio ai danni delle to per gli alveari situati vicino so la parete anteriore è decorata. api selvatiche) (Fig. 4), in cui è • Božični blagoslov (La benedizione boschi. rappresentato un uomo, in cima di Natale) (Fig. 6). Durante la • Tipičen slvenski čebelnjak blizu a una scala appoggiata al tronco Kranjske gore (Un apiario tipico notte di Natale, in Slovenia, i condell’albero, impegnato a predare sloveno vicino a Kranjska gora) tadini hanno l’usanza di benedire Note

1 È risaputo che le api, se disturbate, reagiscono aggredendo; ma fin dalla preistoria l’uomo ha scoperto che il fumo le ammansisce. Ne basta poco

perché tutte le api di una famiglia raggiungano rapidamente i favi rimpinzandosi di miele in modo tale che, aumentando di peso, perdono gran parte della loro agilità e della capacità di volare, ed hanno maggiore difficoltà ad estrarre il pungiglione. 2 L’invenzione di questo tipo di arnia si deve all’apicoltore e imprenditore di Illirska Bistrica (anticamente chiamata Villa del Nevoso, in Slovenia al confine con la Croazia) Anton Žnidersič (1874-1947) il quale aveva sperimentato i diversi tipi di arnia esistenti allora, ritenendoli inadatti alle caratteristiche climatiche della Slovenia. Oltre che grande apicoltore, poeta e scrittore, Anton Žnidersič fu anche un imprenditore di successo: infatti, a Ilirska Bistrica era proprietario di una segheria, di una fabbrica di imballaggio e di un pastificio; a Maribor, invece, possedeva una fabbrica di cioccolata.

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Fig. 5 - Branko Cusin, Apiario carsico (Kraški čebelniak) (collezione privata, Sempas). Fig. 6 - Branko Cusin, La benedizione di Natale (Božični blagoslov) (collezione privata, Sempas).

(Fig. 8). Il dipinto ritrae ancora un apiario con arnie Žnidersič accatastate: essendo protetto da una tettoia, esso rimane al riparo dalla pioggia, dalla neve e dall’usura rimanendo a lungo utilizzabile (anche per più di cinquant’anni). Branko Cusin non è un allevatore di api ma è un grande appassionato dell’apicoltura: infatti in molte sue

opere si ritrovano riferimenti alle api, agli apiari, agli apicoltori ecc. Nella cappella della chiesa di San Giuseppe (Lansprez, Slovenia) è esposto un dipinto eseguito nel 2002 (Fig. 9) Il quadro raffigura San Giuseppe, molto pensieroso, appoggiato al suo tavolo da lavoro: essendo un falegname (come denota la sega in bella vista) egli si sarebbe dedicato, secondo l’autore

del dipinto, anche alla costruzione di arnie. Sul tavolo da lavoro, infatti, vi sono tre arnie in legno di tipo sloveno3. La posizione di san Giuseppe pensoso è tradizionale, nell’arte antica; risale, infatti, alle più arcaiche raffigurazioni, e perdurò ben oltre il Rinascimento, insieme ad altre tipologie figurative, che vede san Giuseppe in attitudine operosa e partecipe, intento a svolgere compiti pratici (e a partire dal Seicento verrà raffigurato al lavoro, nella bottega di falegname, attorniato dagli attrezzi del mestiere minuziosamente descritti). La posizione pensosa, che fu a lungo prevalente, va sicuramente riferita all’episodio dell’apparizione dell’angelo, che gli svela, in sogno, il disegno divino4: tale iconografia ha influenzato gli artisti, che lo rappresentarono così anche nelle Natività. Tornando al quadro di Cusin, va sottolineata una particolarità: sul frontale di un’arnia vi è rappresentata la stella di David: sta a significare l’appartenenza di Giuseppe alla tribù di Davide, re di Israele; sul frontale, poi, di un’altra arnia è raffigurata la colomba, simbolo della pace, annunciatrice della nuova creazione operata da Dio dopo il Diluvio (Gn 8,11). Appoggiata al tavolo vi è una sega; questa è una figurazione decisamente moderna,

Note

3 Il modello raffigurato nel quadro risale al 18° secolo; si tratta di arnie di legno di abete o di tiglio, lunghe in media 70 cm, larghe tra i 25 e i

30 cm e alte tra i 18 e i 22 cm. Sui frontali di queste arnie, sono ritratte scene di arte popolare. Queste arnie orizzontali sono modello “kranjic”: basse, senza telai. Portano il nome “kranjic” perchè il loro utilizzo prese piede originariamente in Alta Carniola, la cui capitale è Kranj. Successivamente questo tipo di arnia si è diffuso in tutta la Slovenia, e cento anni fa esso è stato sostituito dalla arnia moderna di tipo Znidersic. 4 L’angelo - conformemente al Vangelo di Matteo (Mt. 1,20) - rivela a San Giuseppe, nel sonno, di non temere di prendere con sé Maria, perché ciò che in lei avverrà - vale a dire la gestazione - sarà opera dello Spirito Santo.

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Fig. 7 - Branko Cusin, Medved. Čebelar... na štirih nogah (Orso. Apicoltore... a quattro zampe) (2002) (collezione privata).

come, d’altra parte, è moderna la sua comparsa nell’attrezzatura della bottega del Santo falegname (infatti essa si sviluppa e si diffonde in campo artistico nel 1600). La sega è un attributo, come lo è il bastone, ed essa fa riferimento al legno dell’artigiano5. A completare la

Fig. 8 - Branko Cusin, San Giuseppe (Sveti Jozef) (2002) (cappella della chiesa di San Giuseppe, Lansprez, Slovenia).

Fig. 8 - Branko Cusin, Tipičen slvenski čebelnjak blizu Kranjske gore (Un apiario tipico sloveno vicino a Kranjska gora) (2002) (collezione privata, Koroska Bela).

scena si notano in primo piano un vaso di gigli e, sullo sfondo, Maria in preghiera: di fronte a lei si distinguono due fasce bianche. I gigli sono simbolo della purezza di Maria e Giuseppe, le fasce indicano la presenza del Bambino Gesù. Il pittore Giuliano Zoppi dice: “Osservando il dipinto di Branco Cusin, a prima vista ho avuto una sensazione di sottomissione e di una alta morale simbolica attraverso le presenze divine qui rappresentate. A un’attenta osservazione, questa sensazione si sfuma per lasciare posto alla ragione. La simbolica presenza dell’angelo, così maestosa e severa, su un povero falegname di nome Giuseppe denota il pensiero altamente teologico dell’artista. Anche l’idea di una pia Signora di nome Maria che prega ai piedi delle fasce denota la convinta religiosità cristiana di Cusin. Senza dimenticare il giglio, simbolo di purezza, che il pittore ha posto ai piedi di Giuseppe; Giuseppe è pensieroso, è immerso in un pensiero lontano, è serio, è quasi per-

plesso... Branco Cusin da credente e da appassionato di apicoltura ha idealizzato il suo pensiero in questo dipinto: ha fatto una fusione del suo credo religioso con la sua passione per le api, non a caso ha riprodotto delle arnie antiche con la stella di David, dando una motivazione molto in tema al dipinto, inserendo oggetti probabilmente utilizzati anticamente in terra d’Israele. Nel complesso il dipinto è equilibrato al suo pensiero, idealizzato e spontaneo nella sua candida ideologia”. Renzo Barbattini Dipartimento di Scienze AgroAlimentari, Ambientali e Animali - Università di Udine Giuseppe Bergamini Museo Diocesano e Gallerie del Tiepolo - Udine FINE 4A PARTE la 3 è stata pubblicata sul n. 9/2019 a

Note

5 Nell’arte, per identificare più facilmente i Santi, si è voluto affiancarli di un oggetto o di un animale riferibile ad un miracolo o al martirio (ad es. la graticola di San Lorenzo, gli occhi di Santa Lucia, i seni di Santa Agata) o ad una caratteristica biografica o della tradizione (il drago di San Giorgio, il cane di San Rocco, il porcellino di Sant’Antonio). San Giuseppe falegname, appunto, può avere una sega, ma questa è un’iconografia piuttosto rara, poiché generalmente egli non è ritratto al lavoro, fin quando si diffuse nel 1500 l’iconografia della Bottega di San Giuseppe.

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FLORA APISTICA. Scheda n. 12

I POLLINI DI EMERGENZA

FIORI UTILI PER LE API E PER GLI ALTRI APOIDEI NELL’ITALIA CENTRALE di Giancarlo Ricciardelli D’Albore POLLINI DI AUTUNNO Trattasi di pollini importanti come fonte proteica principale o di completamento della dieta delle api e degli apoidei che si preparano all’invernamento Asparagus acutifolius L. (Liliaceae) (Asparago selvatico)

DESCRIZIONE GENERICA TEMPO DI FIORITURA

POLLINE

Perenne erbacea, in parte sarmentosa, distribuita sui pendii e nel sottobosco. Fiorisce in autunno. Le pallottoline di polline sono color giallastro molto chiaro. Questa specie è molto visitata dalle api per polline in una stagione in cui mancano o sono molto scarse le specie vegetali per l’approvvigionamento proteico. Sono frequenti anche le visite di apoidei di piccola taglia (Hylaeus, Lasioglossum).

VALORE APISTICO

Da 1 a 4: 3.

VALORE PER ALTRI PRONUBI

Da 1 a 4: 2.

ALTRI USI

BIBLIOGRAFIA

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I turioni sono commestibili come l’Asparago coltivato. Danno un odore caratteristico all’urina. Controindicati per chi ha problemi di fegato e di reni. Le bacche sono velenose (saponine tossiche) e provocano problemi intestinali. Per fermentazione producono alcool e zucchero. Le radici sono diuretiche. Schoenfelder I. & P., 2012. Guida alle Piante Medicinali. Ed. Ricca, 104. Tosco U., 1989. Piante aromatiche e medicinali. Ed. Paoline, 187.


POLLINI DI AUTUNNO - Aster Novi-Belgii L. (Compositae) (Settembrino)

DESCRIZIONE GENERICA

TEMPO DI FIORITURA POLLINE

Perennante erbacea alta fino a 1,30 m, distribuita nei giardini. È specie facilmente reperibile come ornamentale nei giardini dell’Italia centrale. Le api la visitano volentieri soprattutto per la raccolta di polline; e per un periodo molto lungo. Anche varie specie di apoidei visitano questi fiori. Fiorisce a settembre. Le pallottoline di polline sono color arancio marrone.

VALORE APISTICO

Da 1 a 4: 4.

VALORE PER ALTRI PRONUBI

Da 1 a 4: 3.

ALTRI USI

È solo pianta ornamentale per aiuole o angoli del giardino.

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Ape Sicura: e stai tranquillo Polizza di Assicurazione sulla Responsabilità Civile (R.C.) Alveari COME ASSICURARE I PROPRI ALVEARI Gli Apicoltori abbonati alla Rivista APITALIA che desiderano assicurare i propri alveari contro i rischi derivanti dalla responsabilità civile per eventuali danni procurati a terzi, debbono compilare l’apposito modulo di adesione alla Polizza collettiva “Ape Sicura” e trasmetterlo alla Segreteria della Rivista APITALIA. Gli Apicoltori abbonati alla Rivista APITALIA possono attivare una Polizza per ciascun apiario posseduto. È garantita la copertura assicurativa per un intero anno (12 mesi). Il Certificato di Polizza sarà prodotto (in formato cartaceo e/o elettronico) e trasmesso - solo a seguito dell’invio delle attestazioni di pagamento e del Modulo di Adesione - alla Segreteria della Rivista APITALIA. La volontà di recesso dalla Polizza collettiva non dovrà essere preventivamente comunicata vista l’automatica scadenza annuale della copertura assicurativa. CONDIZIONI GENERALI DI POLIZZA 1) Rischi assicurati. La Compagnia “Gruppo UNIPOL-SAI. Divisione Fondiaria” assicura a ciascun abbonato alla Rivista APITALIA - purché Apicoltore e come tale iscritto all’Anagrafe Apistica Nazionale - il pagamento delle somme che, quale proprietario-esercente l’apicoltura, sia tenuto a corrispondere, in quanto civilmente responsabile ai sensi di legge, a titolo di risarcimento per danni involontariamente cagionati a terzi, sia per lesioni a persone che per danni materiali a cose o animali, in conseguenza ad un fatto accidentale, compresi i rischi derivanti dalle operazioni di carico e scarico degli apiari e dal trasferimento da una zona all’altra degli apiari stessi, escluso il rischio della circolazione su strada di uso pubblico o su aree a questa equiparate dai mezzi impiegati (in conformità alle norme della legge 24/12/69 n. 990 e del DPR 24/11/ 70 n. 973 è infatti obbligatoria l’assicurazione per rischi di responsabilità civile auto). Sono compresi nel novero dei terzi, limitatamente a lesioni personali, gli aiutanti occasionali dell’assicurato, sempreché vi sia responsabilità dell’assicurato stesso. La polizza collettiva “Ape Sicura” copre inoltre i rischi inerenti alla partecipazione degli Assicurati a Fiere, Mostre e Mercati, compreso il rischio derivante dall’allestimento e dallo smontaggio di stand, ma con l’esclusione dei danni agli espositori ed alle cose esposte. 2) Massimali e Franchigia. L’Assicurazione vale fino alla concorrenza massima complessiva, per capitale, interessi e spese di: Euro 1.000.000,00 (un milione/00 di Euro) per ogni sinistro e relativi danneggiamenti arrecati a persona, animali e cose. Per ciascun sinistro è prevista una franchigia pari a Euro 250,00. 3) Partecipazione all’Assicurazione. Possono essere incluse nella Polizza collettiva “Ape Sicura” le persone e gli enti che siano Abbonati alla Rivista APITALIA - purché Apicoltori o Proprietari di alveari e come tali iscritti all’Anagrafe Apistica Nazionale. Per beneficiare dell’Assicurazione gli Apicoltori debbono: A) versare sul conto corrente postale n. 46157004 intestato a: FAI - Federazione Apicoltori Italiani - Roma, o con qualsiasi altro mezzo ritenuto idoneo, il premio assicurativo di 15,00 Euro (per ciascun apiario da assicurare).

La Compagnia assicuratrice si riserva di modificare l’entità del premio in base all’andamento tecnico sul rapporto sinistri/annualità; B) comunicare alla Segreteria della Rivista APITALIA con apposito modulo di adesione l’ubicazione esatta dell’apiario o degli apiari da assicurare. 4) Decorrenza. La validità della garanzia decorre dalla data di versamento del premio assicurativo, che dovrà essere contestuale alla data di sottoscrizione all’abbonamento annuale alla Rivista APITALIA, ha la durata di un anno a partire dalle ore 24 del giorno del versamento. 5) Norme e sinistri. In caso di sinistro l’assicurato deve darne denuncia scritta alla Segreteria della Rivista APITALIA - Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma (tel.: 06.6877175 - 06.6852276; fax: 06.6852287; email: segreteria@federapi. biz) entro cinque giorni dal fatto o al momento in cui ne viene a conoscenza. Per i sinistri implicanti gravi lesioni corporali, l’assicurato oltre a darne notizia alla Segreteria della Rivista APITALIA, ne darà comunicazione alla Compagnia “Gruppo UNIPOL-SAI. Divisione Fondiaria” (indirizzo PEC: unipolsaiassicurazioni@pec.unipol.it), indicando anche il codice della polizza n. 159877505. Non adempiendo all’obbligo della denuncia l’assicurato perde il diritto al risarcimento. Parimenti decade da tale diritto qualora pregiudichi i legittimi interessi della Compagnia nella difesa o contro le azioni o pretese per il risarcimento dei danni che ad essa esclusivamente spetta di condurre in qualsiasi sede o modo, in nome e con la collaborazione dell’assicurato. 6) Accettazione condizioni generali e particolari. Il versamento del premio di assicurazione significa piena accettazione di tutte la condizioni generali e particolari della Polizza n. 159877505, di cui gli interessati possono, su richiesta, prendere visione, dovendosi intendere il rapporto assicurativo, indipendentemente dall’opera intermediaria della contraente, direttamente intercedente fra la Compagnia assicuratrice e i singoli assicurati e regolato unicamente dalle condizioni stabilite nella Polizza citata.

Mod. 01/2019 Questo modulo annulla e sostituisce tutti i precedenti

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Ape Sicura

Modulo di Adesione per gli Apicoltori abbonati alla Rivista

1

IL SOTTOSCRITTO.......................................................................................................................................................................................................... INDIRIZZO...................................................................................................................................................................................................................... CAP................................... LOCALITÀ.......................................................................................................................... PROVINCIA........................... TELEFONO......................................................................... EMAIL................................................................................................................................ CODICE FISCALE.............................................................. PARTITA IVA...................................................................................................................... nella sua qualità di abbonato della rivista APITALIA: a) chiede di essere incluso nella Polizza collettiva “Ape Sicura” di assicurazione per la responsabilità civile contratta a beneficio degli Apicoltori che aderiscono all’iniziativa; b) dichiara, sotto la propria responsabilità, di essere iscritto all’Anagrafe Apistica Nazionale con Codice di Allevamento n. ..........................; c) indica, qui di seguito, l’ubicazione dell’apiario che intende assicurare:

2

1. Apiario composto da n° ................. alveari Comune, Provincia........................................................................................................................................................................................................... Indirizzo, Frazione........................................................................................................................................................................................................... Località, Fondo................................................................................................................................................................................................................. Coordinate satellitari.......................................................................................................................................................................................................

NOTA BENE Utilizzare n. 1 modulo per ogni apiario da assicurare

Proseguire su altri fogli fotocopiati eventuali altri apiari da assicurare.

Che rimette

a mezzo CCP n. 46157004 - FAI - Federazione Apicoltori Italiani - Roma

a mezzo bonifico bancario, MPS Banca - IBAN IT65T0103003283000061424927

unitamente alla presente

Data.............................................. Firma (leggibile) dell’Assicurato............................................................................................................................ Data.............................................. Firma per accettazione da parte della Compagnia............................................................................................

3

Acconsento all’utilizzo dei miei dati personali ai sensi della normativa sulla Tutela della Privacy (Art. 10 Legge n. 196/2003 e del Reg. UE 2017/679) ai fini del trattamento da parte della Rivista Apitalia e della FAI-Federazione Apicoltori Italiani per l’invio di materiale amministrativo, informativo e/o promozionale. I miei dati non potranno comunque essere ceduti a terzi e mi riservo il pieno diritto di conoscere, aggiornare, modificare o cancellare le informazioni a me riferite. Data................................................ Firma (leggibile) dell’Assicurato..........................................................................................................

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Registro Stampa Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 15447 del 01.04.1974 ISSN: 0391-5522 - Iscrizione R.O.C.: 26230 Editore FAI Apicoltura S.r.l. Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma - Italia - UE Telefono +39. 06. 6852556 - Fax +39. 06. 6852287 Email info@faiapicoltura.biz Direttore Responsabile Raffaele Cirone redazione@apitalia.net Redazione e Segreteria Corso Vittorio Emanuele II, 101 00186 Roma - Italia - UE Telefono +39. 06. 6852280 - Fax +39. 06. 6852287 Email redazione@apitalia.net Grafica e Impaginazione Alberto Nardi redazione@apitalia.net Comunicazione e Social Media redazione@apitalia.net Esperto Apistico Fabrizio Piacentini redazione@apitalia.net Promozioni e Pubblicità Patrizia Milione redazione@apitalia.net Stampa Tipografica EuroInterstampa Via Eleonora Carlo Ruffini 1 - 00145 Roma

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