Apitalia 11/2021

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Apitalia - Corso Vittorio Emanuele II, 101- 00186 - Roma - ITALY - UE - ISSN: 0391 - 5522 - ANNO XXXXVI • n. 11 • Novembre 2021 •- 719 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/03 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1 Comma 1 – Roma Aut. C/RM/18/2016

| Testata giornalistica fondata nel 1974 | Direttore Raffaele Cirone |

SEMPRE MENO MIELE


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nov a il 2 022




EDITORIALE

L’ALVEARE ITALIA

DECLINO INESORABILE SE IL CLIMA NON CAMBIA di Raffaele Cirone

IL NOSTRO APPELLO PER FAR FRONTE AL COSTANTE AUMENTO

Foto Archivio Apitalia - Alveari da biomonitoraggio per il Progetto BeeNet

DELLE AVVERSITÀ

A

ffamata e indebolita. È la condizione in cui versa l’ape di casa nostra: dove si produce sempre meno miele e l’agro-ambiente è sempre meno impollinato. Le cause sono esterne ed interne agli alveari: da una parte l’ambiente ostile, dall’altra i nemici naturali. L’ambiente, innanzitutto, con i suoi fattori di criticità: clima che cambia, territori cementificati, chimica smodata, carestia di nettare e polline e necessità, ormai, di nutrizioni di soccorso. Gli alveari sono così affamati che sta esplodendo il mercato del cibo artificiale anche per le api. I nemici naturali, al tempo stesso, indeboliscono sempre più l’ape: una cinquantina, tra predatori, acari, coleotteri, batteri, funghi, protozoi e virus, sono già presenti in Italia; altri ne arriveranno a causa del commercio di api senza tracciabilità. Se il clima non cambia - e non solo quello atmosferico - non saremo più in grado, come apicoltori, di gestire la nostra transizione ecologica. Il Progetto BeeNet, che ha l’obiettivo ambizioso di monitorare le condizioni in cui versa l’Alveare Italia, si è aperto alla collaborazione tra ricerca e apicoltori che operano in campo. Un’innovazione sostanziale. Ma Europa, Stato e Regioni hanno in mano - più di tutti - le sorti del nostro comparto: perché da un lato c’è bisogno di veder sostenuta la professionalità di chi sa produrre per il mercato e, dall’altro, di rendere sostenibile l’impegno di chi alleva e preserva api a fini agro-ambientali. Sono valori che vanno entrambi rispettati, protetti e incentivati: ora o mai più. Raffaele Cirone

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SOMMARIO

Apitalia N. 719 | 11/2021| gli articoli 5 EDITORIALE L’alveare Italia

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Raffaele Cirone

8 PRIMO PIANO Torna l’Apimell

Riccardo Redoglia

12 AGENDA LAVORI. NORD-OVEST Scampoli d’autunno

Alberto Guernier

15 AGENDA LAVORI. NORD Mai meno di 25 Kg!

Maurizio Ghezzi

19 AGENDA LAVORI. NORD-EST È tempo di glomere

Giacomo Perretta

22 AGENDA LAVORI. CENTRO A tutto invernamento

Matteo Giusti

26 AGENDA LAVORI. ISOLE

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Più Continente che Isola

Vincenzo Stampa

29 PROFESSIONE APICOLTORE

Pierantonio Belletti, Andrea Chicco e Marilena Tiziana Mazzariol

Cosa fare e dare a fine di stagione

46 BIOTECNICA Rendere innocua la varroa

Vincenzo Stampa

RICERCA 50 La nuova rete di monitoraggio Beenet 56 Api bioindicatori di virus

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Laura Bortolotti et al. Crea-AA

SPECIALE - Nuova PAC 35 Api e agro-ambiente

Nostro Servizio


i nostri recapiti

i nostri riferimenti: per pagare

Sempre meno miele: è la cruda realtà dinanzi alla quale ci ha messi il clima, in particolare in questo infelice 2021, in Italia come in gran parte dell’Europa e con eventi atmosferici sempre più violenti. Non sono condizioni ideali all’apicoltura da reddito e, talvolta, diventano persino danni strutturali agli apiari che vengono trascinati via dalla furia dei venti e delle acque. Dobbiamo ripensare il nostro modo di gestire gli alveari, nel frattempo facendo ricorso a idonei prodotti assicurativi per coprire i danni da mancata produzione.

abbonamenti: quanto costano

hanno collaborato a questo numero

1 anno (10 numeri carta) € 30,00 2 anni (20 numeri carta) € 54,00 Italia, una copia/arretrati € 5,00 Estero: costo variabile per area geografica, richiedere preventivo

Riccardo Redoglia, Alberto Guernier, Maurizio Ghezzi, Giacomo Perretta, Matteo Giusti, Vincenzo Stampa, Pierantonio Belletti, Andrea Chicco, Marilena Tiziana Mazzariol, Laura Bortolotti, Antonio Nanetti, Irene Guerra, Sergio Albertazzi, Vittorio Capano, Manuela Giovanetti, Fabrizio Piacentini, Patrizia Milione, Alessandro Patierno.

marcatura dell’ape regina Secondo un codice standardizzato, le regine sono marcate con un colore (tabella a lato) per permettere all’apicoltore di riconoscerne l’anno di nascita

azzurro

bianco

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(ultimo numero dell’anno di allevamento, esempio “2021”)

i nostri VALORI “Il mio non sol, ma l’altrui ben procuro” è il motto che accompagna le firme storiche dell’editoria apistica italiana da cui Apitalia trae origine.

Una Giuria internazionale ci ha premiati come miglior rivista di apicoltura, per i contenuti tecnico-scientifici e la qualità fotografica.

La moneta di Efeso, con l’ape come simbolo riconosciuto a livello internazionale già 500 anni prima di Cristo.

Abbiamo sottoscritto “Il Manifesto di Assisi”, per un’economia a misura d’uomo. Come apicoltori ci riconosciamo nel Tau.

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PRIMO PIANO

TORNA L’APIMELL

PIACENZA EXPO RIAPRE DOPO DUE ANNI DI FERMO di Riccardo Redoglia

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ra ora, dopo due anni di astinenza ci siamo ritrovati ad Apimell. Dal 30 ottobre al 1° novembre presso Piacenza Expo, il polo fieristico di Piacenza, si è svolta la 37a edizione di Apimell, la Mostra Internazionale di Apicoltura, dei Prodotti e delle Attrezzature Apistiche. Il rinvio, annunciato a più riprese già a partire dai primi mesi del 2020, causa l’insorgente pandemia, aveva visto slittare ben tre edizioni: primavera ed autunno 2020, primavera 2021: un sacrificio enorme, che l’intero comparto ha dimostrato di comprendere come più che giustificato. Ritorna così un’edizione, quella d’autunno 2021, che ha visto un’affluenza di pubblico che è andata oltre le aspettative degli organizzatori, superando i 14.000 visitatori: una tre giorni che ha registrato la presenza di più di 100 espositori provenienti da oltre 10 paesi europei, confermando l’importanza di questa manifestazione a livello continentale e migliorando il risultato ottenuto nell’analogo appuntamento del 2019. Ulteriore conferma di quanto è grande il bisogno che abbiamo tutti noi di tornare alla normalità e di incontrare i nostri colleghi, fornitori e clienti. 8 | Apitalia | 11/2021

CIBO PER LE API, IN RISPOSTA ALLE EMERGENTI DIFFICOLTÀ In questi due anni la platea degli espositori ha avuto il tempo di ampliarsi e diversificarsi rispecchiando, per certi aspetti, le esigenze di un mondo apistico in grave difficoltà. A fianco degli espositori storici, che non sono mancati, si sono moltiplicati gli stand di aziende che presentavano prodotti per la nutrizione delle api sia per l’alimentazione

FIERA IN FERMENTO AFFLUSSO CRESCENTE DI VISITATORI ED ESPOSITORI


di soccorso che per l’integrazione con sostanze nutraceutiche, rispondendo, così, alle necessità degli apicoltori sempre più impegnati a sopperire alla minore quantità di risorse a disposizione delle api (per noi prodotto, per le api cibo), con nutrizioni mirate a mantenere efficienti le colonie, accompagnandole nelle fasi di sviluppo dei nidi in primavera e nella formazione delle scorte invernali nella parte finale della stagione. Un’attività, l’alimentazione delle api, che ha ormai raggiunto livelli difficilmente ipotizzabili solo pochi anni or sono. L’INFORMATICA, NUOVA FRONTIERA DELL’APICOLTURA Anche le ditte produttrici di sistemi informatici per il controllo remoto degli apiari si sono moltiplicate, ampliando l’offerta di apparati che, oltre alla rilevazione delle variazioni di peso degli alveari controllati, possono essere dotati di programmi e sensori in grado di inviare pacchetti di dati anche molto completi che contengono indicazioni su parametri interni ed esterni all’alveare appagando i desideri e le necessità degli apicoltori più attenti ed esigenti. Ampliata anche l’offerta di sistemi antifurto che permettono di ricevere messaggi di allarme in caso di spostamento di alveari e di tracciarne la movimentazione con sistemi GPS. Come dicevamo un incremento dell’offerta che rispecchia il momento difficile che gli apicoltori stanno vivendo. Maggiore necessità di nutrizione e di spostamenti con conseguente esigenza di controllare gli alveari a distanza soprattut11/2021 | Apitalia | 9


PRIMO PIANO to per valutare preventivamente la natura e l’entità degli interventi da attuare, ma anche per difendersi da malintenzionati. L’APAP A CONVEGNO SUL CAMBIAMENTO CLIMATICO Tutte problematiche, quelle del settore, che hanno suggerito all’Associazione Provinciale Apicoltori Piacentini la traccia del convegno, con il patrocinio della FAI, dedicato al tema “Apicoltura 2021: Criticità e Prospettive”. A cominciare dagli effetti in apicoltura del cambiamento climatico, argomento affidato ad Antonio Nanetti, ricercatore del CREAAA di Bologna, che ha illustrato,

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con la chiarezza che lo contraddistingue, come il cambio climatico sia alla base della ridotta capacità delle api di raccogliere quanto loro necessario nell’ambiente che esplorano. Il repentino innalzamento delle temperature medie del pianeta ha causato uno sfasamento tra lo sviluppo delle colonie di api e il periodo di produzione di nettare dei vegetali ma non solo, anche i cicli di vita interni all’alveare regolati da fotoperiodo e temperature ambientali sono alterati dal cambiamento dei valori termici. Tutto questo, unito alla reazione dei vegetali che cercano di difendersi dalla siccità, che ormai im-

perversa, trattenendo al loro interno i liquidi che scarseggiano e di riflesso riducendo la produzione di zuccheri per la conseguente ridotta fotosintesi, è alla base della rivoluzione negativa che affligge l’apicoltura contemporanea. SPERANZE DA NUOVA PAC ED ECOSCHEMI Un aiuto agli apicoltori potrebbe arrivare dalla nuova PAC, come hanno spiegato gli altri relatori invitati al convegno. Luca Piacenza, Vicedirettore della Federazione Provinciale Coldiretti di Piacenza, ha illustrato i capisaldi della nuova PAC che sostituirà i regolamenti in vigore fino allo scorso


Foto a lato - I relatori al Convegno. Da sinistra: Riccardo Redoglia, Luca Piacenza, Alberto Contessi, Antonio Nanetti.

anno e che dal 2023 ingloberà anche l’OCM Apicoltura, oggi parte del Reg. Ue 1308/2013; Alberto Contessi, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Miele e Coordinatore del Tavolo tecnico dell’Intesa Apicoltura/Agricoltura, ha esposto il piano di Ecoschemi redatto a livello ministeriale e le proposte avanzate dal Tavolo che egli stesso coordina affinché questa particolare tipologia di intervento delle aziende agricole, che ne trarrebbero un vantaggio finanziario, diventino utili per gli insetti impollinatori e per le api mellifere in modo particolare. SERVONO AIUTI DIRETTI E CONCRETI Chi vi scrive ha avuto l’ardito compito di coordinare il convegno, cercando di interpretare anche le istanze e le preoccupazioni raccolte nella tre giorni di Piacenza, stando allo stand, cercando di

parlare con tutti. Ne viene fuori un quadro neanche troppo complicato. Il momento che stiamo vivendo è forse il più critico che l’apicoltura moderna ha affrontato. Gli apicoltori possono modificare sia le tecniche di allevamento, per condurre le api ad uno sviluppo in linea con le esigenze nate con il cambiamento del clima, sia la gestione degli apiari aumentando gli spostamenti alla ricerca di risorse nettarifere. Ma questo non basta. La nostra categoria che rappresenta un fondamentale fattore di sostegno alle produzioni agricole ed alla biodiversità che si esprime attraverso l’attività di impollinazione di colture e flora spontanea, è sempre stata autosufficiente e non ha mai chiesto onerosi interventi di sostegno. In questo momento, invece, l’apicoltura ha grande necessità di

un aiuto concreto e diretto per poter continuare ad esistere, stiamo correndo il reale rischio che al momento del completamento del percorso burocratico – comunitario e nazionale - e della entrata a pieno regime delle nuove disposizioni della Politica Agricola Comune, non ci siano più aziende apistiche in grado di raccoglierne i frutti. Adesso è tempo di invernamento, occupiamoci della cura dei nostri alveari in questo periodo di apparente riposo. A marzo del prossimo anno ci ritroveremo in occasione della nuova edizione di Apimell e faremo ancora una volta il punto della situazione. Pronti, come sempre, ad andare avanti. Riccardo Redoglia Presidente APAP Associazione Provinciale Apicoltori Piacentini 11/2021 | Apitalia | 11


AGENDA LAVORI. NORD-OVEST

SCAMPOLI D’AUTUNNO

CONTRASTARE LA TARMA E RECUPERARE LA PROPOLI di Alberto Guernier

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Foto Alberto Guerniert

antissimi anni or sono un noto apicoltore vicentino, attraverso le pagine di questa Rivista, disse pressappoco queste parole: “In apicoltura comanda il calendario”. Con questa premessa, che il clima prettamente autunnale mi concede, è mia semplice intenzione portare l’attenzione - soprattutto di chi è all’inizio ed intende intraprendere quella che pare ormai a molti, essere diventata una scommessa... cioè fare l’apicoltore per mestiere - sulla necessità di seguire “il calendario”, ma anche di non perdere tempo.

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Diceva anche il collega: “un giorno c’è il sole ed un altro piove...”. Certo questo sarebbe il periodo dei trattamenti, dei sublimati, dei gocciolati; ma se a guastare il nostro programma ci si mette il maltempo, dobbiamo avere pronte delle alternative! Dunque, non ci si può ritrovare spiazzati, occorre sempre avere pronta un’alternativa, altrimenti il tempo passerà ugualmente e noi ci ritroveremo in ritardo sui lavori e avviliti! Sappiate dunque che anche nelle uggiose giornate autunnali, uggio-

LA GIORNATA UGGIOSA SI TRADUCE IN TANTO LAVORO


se ma non ancora freddissime come quelle invernali, possiamo dedicarci ad una moltitudine di lavori che ci torneranno utili nel momento in cui le giornate saranno buone per lavorare in apiario. Un po’ del nostro tempo, lo possiamo dedicare ai melari ed ai telaini in genere, il classico materiale da magazzino, quel materiale che, anche per la fretta di altri momenti, era stato accantonato in attesa del “tempo giusto”, quello che adesso abbiamo appunto a disposizione. Per cominciare, sfatiamo un mito: la tarma della cera, non si nutre di cera. Troppe volte si sentono le più disparate teorie sulla conservazione dei melari, occorre quindi avere quelle poche ma buone informa-

zioni, che ci consentano di agire in modo proficuo e senza correre inutili rischi. La propoli che si trova nei melari è generalmente la più pulita, in quanto nessun trattamento dovrebbe essere fatto con i melari posati; possiamo dunque metterci comodi e, tolti i telaini dal primo melario, iniziare a scrostare la propoli presente al suo interno (per l’insenatura dove appoggiano i telaini, si trova in commercio un attrezzo apposito che fa molto bene il suo mestiere); l’utilizzo di attrezzi idonei ci eviterà di ferirci e anche di finire con il raschiare più legno che propoli! Senza entrare nel merito dei DPI (dispositivi di protezione indivi-

duali), - di cui comunque sarebbe doveroso conoscerne l’importanza e l’utilizzo anche attraverso corsi specifici - consiglio sempre di utilizzare un paio di guanti quando si lavora a contatto con oggetti dai profili taglienti come le reggette porta favi. Il supporto su cui effettuare questa operazione può essere di qualunque tipo: un banco o il pavimento del laboratorio, l’importante è porre prima un telo pulito in cui andrà a cadere, resa “vetrosa” dalla temperatura, la nostra propoli. Fatta questa operazione, prima di reinserire i telaini ripuliti, dovremo fare attenzione che all’interno di questi non vi sia rimasto polline, allo stesso modo non ci deve

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essere stata covata; telaini con polline (anche solo qualche celletta) vanno messi da parte con quelli covati. Alla fine di questa cernita, ci troveremo con molti melari dai telaini di sola cera; questi devono essere riposti all’asciutto e chiusi alla sommità della pila, onde evitare l’intrusione di parti estranee e insetti, per tutto il periodo invernale e primaverile. I pochi melari contenenti i favi scartati, andranno a formare una pila a se stante; ad essi e solo ad essi, qualora la temperatura torni a superare per alcuni giorni i 14-15 °C, dovremo effettuare un trattamento che scongiuri la proliferazione della tarma. Siccome in genere si tratta di una consistenza esigua, i pochi melari incriminati possono essere tranquillamente sorvegliati di tanto in tanto con il rialzo delle temperature di fine inverno; anche in questo caso eviteremo di andare “alla lepre col cannone”! Da un po’ di anni non si trova più in commercio il formulato commerciale del Bacillus turinghensis (ceppo selezionato appositamente per l’uso in apicoltura, non surrogabile con altri ceppi disponibili per altri usi); esso veniva spruzzato in soluzione sui favi e non permetteva alle larve di vivere a spese dei favi attraverso un meccanismo di proteine e tossine specifiche, innocue per gli esseri umani e per le api. Rimangono a questo punto due soluzioni e per questo è importante selezionare solo i favi che devono essere trattati. La prima è la solforazione, che veniva molto utilizzata in passato (spesso effettuata con approssimazione, 14 | Apitalia | 11/2021

senza conoscere esattamente la pericolosità di tale intervento), utile se si devono trattare grosse partite; la camera a gas veniva creata all’interno delle pile di melari, incendiando pastiglie di zolfo per enologia, creando due situazioni potenzialmente pericolose: la fuoriuscita di gas tossici con conseguente probabile inalazione da parte dell’operatore e l’accensione di una fiamma non controllabile all’interno di una catasta di legno secco e cera! A tal proposito è bene ricordare, che le normative attuali, nonché le clausole assicurative, potrebbero essere violate andando incontro a contenziosi conseguenti quanto appena descritto, soprattutto nel caso si verifichino incidenti nei vostri laboratori. La seconda soluzione è il congelamento, che possiamo infatti

Foto www.lafossa.eu

AGENDA LAVORI. NORD-OVEST

produrre con un normale freezer all’interno dei quali inserire i favi scartati, portandoli per qualche settimana a temperature di almeno -20 °C; assieme a questi, sfruttando appieno il congelatore o la cella frigorifera, possiamo unire anche i favi da nido ritirati in magazzino; il congelamento ha un’azione sanificante sui favi, sia per la tarma che per le spore di nosema. Una volta scongelati, possono essere riposti nei loro contenitori e protetti come gli altri da eventuali intrusioni. Ricordo che se si utilizzano buone pratiche in campo (ad esempio l’escludiregina) ed un minimo di razionalità nella gestione del magazzino, non sarà necessario effettuare trattamenti pericolosi e dispendiosi in termini di tempo e denaro. Buon lavoro! Alberto Guernier


AGENDA LAVORI. NORD

MAI MENO DI 25 KG!

SE TRASCURATE LE SCORTE GLI ALVEARI MUOIONO DI FAME di Maurizio Ghezzi

STERILIZZARE LE ARNIE VUOTE SANIFICARE ATTREZZI

Foto Artur Pawlak

E SPAZI DI LAVORO

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n’altra stagione sta passando e lascia sulle nostre spalle tutto il peso di un faticoso lavoro che, purtroppo, per molti di noi anche quest’anno sarà stato povero di grandi soddisfazioni sia per le bizzarrie di un meteo sempre più prono alla volontà dei cambiamenti climatici, sia per l’avvelenamento dell’ambiente, legato all’irragionevole e smodato utilizzo di fitofarmaci in agricoltura, cosa quest’ultima che provoca un severo indebolimento delle nostre famiglie quando non addirittura la loro morte.

Piangerci addosso, a fine stagione è, ormai da qualche anno, un triste e ben consolidato rituale per noi che pratichiamo apicoltura, un rituale che però non ci aiuterà ad andare molto lontano. Cerchiamo di guardare il futuro con un pizzico di ottimismo in più: è molto difficile ma certo ci aiuterà a rafforzare quella capacità di resilienza che già da diversi anni ci contraddistingue e che si è radicata con tenacia nel nostro DNA. Scrutiamo il cielo e, consapevoli della saggezza che caratterizza i detti dei nostri anziani (se a fine

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autunno tuona, l’annata sarà buona), cerchiamo quella variabilità metereologica capace di donarci un pizzico di ottimismo che ci darà la forza e il coraggio per pensare positivo e per affrontare la prossima stagione con il miglior entusiasmo possibile. In questo periodo, con giornate che si fanno sempre più corte settimana dopo settimana, la natura ci annuncia che sta per iniziare la sua fase di meritato riposo. Le temperature iniziano a diminuire sia nei campi sia nell’alveare così che all’interno del suo nido la regina smette di deporre, mentre le operaie si accingono a stringersi in un “tiepido” glomere, anche se non sarà difficile osservare, nelle giornate più soleggiate, qualche esploratrice temeraria spingersi al di fuori dell’alveare. Sotto i dieci gradi però le api si serrano in glomere proteggendo la loro regina e ben difficilmente oseranno avventurarsi all’esterno. Nelle giornate ben soleggiate e più tiepide approfittiamo del blocco di covata fisiologico che 16 | Apitalia | 11/2021

si è venuto a creare per fare i trattamenti di contrasto alla varroa con prodotti autorizzati per l’impiego in apicoltura, a base di acido ossalico gocciolato, ed eventualmente l’inserimento in successione di strisce di Apivar® o Apitraz®, premurandoci di svolgere queste operazioni nel più breve tempo possibile. Per il resto, in codesto periodo della stagione, non dovremo inventarci alcun’altra motivazione che ci porti ad aprire l’alveare. Raffreddare le colonie in questo momento avrà sicuramente un risultato nefasto sulla salute e sulla sopravvivenza delle famiglie. Le colonie da qui alla prossima primavera dovranno sosten-

Foto Alveis by Chemicals Laif

AGENDA LAVO RI. NORD

tarsi unicamente con le provviste che hanno stivato nei loro nidi, per tale motivo è opportuno soppesare di tanto in tanto gli alveari (non dovranno avere peso inferiore ai 25 kg) e qualora ne trovassimo qualcuno piuttosto leggero sarà appropriato provvedere ad un’alimentazione di sostegno, utilizzando del candito, per evitare di ritrovare alla prossima primavera una famiglia morta per fame o peggio ancora anche per la nostra negligenza! Non avendo più grandi impegni che ci spingono in apiario, risulterà propizio in questo periodo lo svolgere riparazioni di tutto quel materiale che si è deteriorato e consumato nel tempo; disinfettiamo anche le arnie che utilizzeremo la prossima primavera. Questo


importante lavoro di manutenzione e disinfezione ci consente di attuare una valida profilassi contro eventuali patologie infettive che potrebbero altrimenti verificarsi nella stagione a venire. Se non lo avessimo ancora fatto, ricoveriamo i melari mettendoli al riparo dalla tarma della cera impiegando la modalità a noi più congeniale. Disinfettiamo leve e pinze metalliche con una bella fiammata: questa buona pratica, in realtà, dovremmo adoperarla anche nel passaggio fra un’ispezione di un alveare e l’altro, soprattutto nel caso si sospettasse la presenza di qualche patologia. La loro regolare disinfezione è una precauzione che si rivela sempre molto utile, aiuta a ridurre sensi-

bilmente il rischio di diffusione di patologie infettive fra una famiglia e l’altra. Laviamo tute e guanti e riponiamoli nell’armadio lasciandoli riposare fino all’arrivo del prossimo anno, il loro lavoro per il momento è terminato. Com’è facile comprendere, ora i carichi di lavoro non sono poi così tanti per cui, sicuramente, del tempo a disposizione ne rimarrà abbastanza. Non sprechiamolo, utilizziamolo per partecipare ai convegni e ai corsi organizzati dalle nostre associazioni apistiche, incontriamoci con i tanti soci e colleghi di lavoro creando simpatici momenti di socializzazione che al tempo stesso potranno

trasformarsi in positivi confronti durante i quali lo scambio d’idee di opinioni e di esperienze porterà un sicuro beneficio al nostro sapere e alla nostra conoscenza apistica consentendoci di migliorare la pratica apicola e di sviluppare e architettare nuovi progetti e nuove strategie da utilizzare nella stagione che verrà. Vorrei salutare così tutti gli amanti delle nostre bottinatrici affinché vi sia concesso un giusto e meritato riposo nella speranza che la stagione a venire sia finalmente ricca di gioia e soddisfazioni da poter condividere con le nostre preziose e laboriose operaie! Maurizio Ghezzi

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AGENDA LAVORI. NORD-EST

È TEMPO DI GLOMERE

ALMENO 5-6 TELAINI DI API E FAVI LATERALI CON MIELE di Giacomo Perretta

ANALIZZIAMO L’ANNATA: ORA VA FATTO UN

Foto Damiano Tripodi

UN SERIO BILANCIO

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ntriamo nel periodo in cui tutti i principali lavori della campagna finiscono, compresi quelli dell’apicoltura. Rimane nei ricordi, ormai storici, la scadenza dei contratti di mezzadria, i coloni che lasciavano le campagne nelle quali avevano lavorato: immagini che la letteratura e il cinema del “neorealismo italiano” ci hanno tramandato in tutta la loro drammaticità. Gli apicoltori ormai anziani sanno cosa fare, ma i suggerimenti e le ripetizioni sono d’obbligo per i nuovi apicoltori: c’è da rimaner

sorpresi dai tanti giovani che ci contattano, stimolandoci ad un cauto ottimismo e motivandoci nel dare aiuto e soddisfazione a domande sempre volte a superare la paura di sbagliare, a migliorare la propria preparazione tecnica. LA VISITA AUTUNNALE Siamo generalmente in una condizione di piogge più rade e il bel tempo è sempre più una normalità: sembra, infatti, che non solo ci sia un aumento delle temperature ma anche una modifica delle condizioni atmosferiche. Il controllo interno agli alveari è quindi ancora possibile: in questa visita verificheremo con la massima attenzione le condizioni delle api. L’occhio deve vedere, oltre a quello che è visibile in quel momento, la condizione di uno stato di salute e se l’insieme generale permetterà alle api di passare l’inverno. Ricordiamoci che non apriremo più gli alveari per i due mesi successivi, dicembre e gennaio, se non per motivi importanti e con visite velocissime. Controlliamo le scorte e il restringimento della famiglia, verifichiamo che le api siano sane e in numero sufficiente a coprire almeno cinque o sei telaini; le scorte devono essere di almeno un paio di 11/2021 | Apitalia | 19


kg di miele e polline a corona sulla covata, inoltre un telaino a lato pieno con miele e polline sono i presupposti per passare con tranquillità l’inverno. IL GLOMERE Sappiamo che ha la forma di una sfera allungata, una specie di palla da rugby, ma diminuendo la temperatura esterna, le api, per mantenere una temperatura sufficiente alla sopravvivenza, si restringono sempre più sul telaino centrale abbandonando, di fatto, quelli laterali formando così una specie di sfera all’interno della quale la temperatura non deve scendere al di sotto di valori minimi di sopravvivenza che sono intorno ai 10 °C. Le api sono incapaci, al di sotto di questi valori, di muovere i muscoli (coma da freddo) che gli permetterebbero invece, con il loro continuo movimento, di controllare e aumentare la temperatura interna al glomere. Pertanto diventa importante che intorno a questo nucleo ci siano sufficienti scorte, infatti le api in 20 | Apitalia | 11/2021

glomere si muovono contemporaneamente, cioè tutte insieme, una massa di api che diventa un tutt’uno; perciò a volte può capitare, in giornate troppo fredde, che in rapporto al numero delle api la temperatura del glomere scenda fino al punto in cui le api non possono riuscire a raggiungere il miele, anche se sullo stesso telaino. La verità è che generalmente questo accade non tanto per il freddo o la cattiva coibentazione, ma perché sono state invernate poche api o peggio ammalate.

Foto Primo Pellin

AGENDA LAVORI. NORD-EST

periodo invernale. È semplice: le operaie escono nelle giornate miti per depurarsi, ogni tanto si fermano su rami di piante irrorate di ogni sorta di veleni e ne succhiano l’acqua della rugiada per servirsene all’interno dell’alveare: quando accade questo il danno è fatto e la diminuzione delle api riduce la capacità di mantenere la temperatura dell’alveare. Può capitare che le api in queste condizioni non riuscano ad arrivare al miele deposto, oppure se arrivate, non sono state in grado di alzare la temperatura in modo da poter aprire l’opercolo in cera della cella contenente il miele. Come si riconoscono le api morte per fame? Le vediamo, purtroppo, infilate nelle cellette dalle quali fuoriesce solo l’addome (foto sopra), questo nel tentativo di suggere l’ultima goccia di miele là in fondo alla celletta.

SE L’AGRICOLTORE È DISTRATTO Se a questa mancanza d’attenzione da parte dell’apicoltore si aggiunge anche il lavoro distratto e non professionale dell’agricoltore, con trattamenti autunnali e invernali non proprio regolari, si avrà un mix di eventi sfavorevoli che possono contribuire alla diminuzione delle api con le relative conseguenze. IL BILANCIO DI STAGIONE C’è da chiedersi come può avve- Cose che possono capitare in nire che le api si avvelenino nel un anno come quello che sta per


concludersi ed è necessario anche questo, in chiusura di stagione: far sintesi dell’annata e cercare di concluderla nel migliore dei modi. Non possiamo, infatti, non fare un’analisi della produzione, una verifica delle sciamature, una valutazione delle perdite e dello sviluppo delle famiglie. La produzione è stata certamente inferiore alla media, almeno del 50%, con la quasi assenza di alcune fioriture importanti come la Robinia, il Tiglio e Millefori e ne hanno risentito anche le produzioni di propoli e pappa reale. Un’annata non certo felice. Le sciamature sono state talmente veloci e improvvise che a volte ci si accorgeva della loro avve-

nuta solo dopo diverso tempo. Le perdite sono state alte, sebbene compensate dal recupero di sciami, con problemi che si sono riversati sulla produzione, con il paradosso che il raccolto si è più che dimezzato pur contando lo stesso numero di alveari: sommando scarsità di nettare e indebolimenti delle famiglie causa sciamature non si poteva avere che questo magro risultato. Le famiglie si sono sviluppate in modo difforme: alcune in buone condizioni, altre molto male, certune in modo drammatico; senza dimenticare che quest’anno molte regine sembrano essere state mal fecondate, alcune fucaiole e altre incapaci di mantenere la famiglia. Si potrebbe supporre una caren-

za di feromoni, altrimenti non si spiegherebbe come numerosi apicoltori hanno notato formazione di celle reali e sciamature anche verso la fine del mese di settembre. La scarsità di fioriture è stata sopperita dall’alimentazione artificiale, sia estiva che autunnale. Anche in ragione di queste avversità va ricordato l’intervento della Regione Veneto che ha distribuito gratuitamente del candito proteico, azione già programmata lo scorso anno, a supporto di una ricerca analitica sugli alimenti artificiali per le api: intervento dimostratosi ancora più propizio con un’annata così irregolare. Giacomo Perretta

039.2873401 11/2021 | Apitalia | 21


AGENDA LAVORI. CENTRO

A TUTTO INVERNAMENTO

SELEZIONARE COLONIE SANE FORTI E RICCHE DI SCORTE di Matteo Giusti

L’

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In fase di stima è bene considerare che le api dovranno occupare questo spazio in glomere, quindi stando molto vicine e anche addosso le une alle altre. Come diaframmi si possono usare pareti in legno o in materiale isolante o anche nutritori a tasca. È bene invece non usare fogli cerei o telaini costruiti ma vuoti, perché spesso le api non li percepiscono come vere e proprie pareti e l’effetto di confinamento è minore. Al di qua del diaframma, cioè dalla parte delle api, è bene che ci siano anche i telai contenenti scorte

MONITORARE DI FREQUENTE OPERANDO IN LOCO O DA REMOTO

Foto www.apicolturatrecolli.i

autunno pieno è tempo di invernamento, tempo cioè di mettere in condizione le api di passare nel modo migliore possibile l’inverno. E per farlo le api hanno bisogno fondamentalmente di due cose: essere sane e avere scorte di cibo a sufficienza. In più è particolarmente importante che gli alveari siano forti, o almeno che abbiamo una forza adeguata alle dimensioni dell’arnia in cui sverneranno. Tutti i lavori di questo periodo sono quindi finalizzati a garantire queste cose: spazio adeguato, scorte adeguate e salute adeguata. Partendo dalla gestione dello spazio, in questo periodo è importante sistemare le api in modo tale che la forza dell’alveare sia adatta a quella dell’arnia. Non essendo però più possibile aumentare la popolosità dell’alveare, dal momento che le api stanno andando verso la fase di riposo, si deve intervenire sull’arnia, riducendone il volume con l’uso di diaframmi. L’importante è che le api coprano la maggior parte della superficie di entrambe le facce dei telaini, quindi bisogna stimare ad occhio su quanti telaini possono stare le api e ridurre lo spazio dell’arnia di conseguenza.


di miele. Tuttavia, se ci sono diversi telai con scorte di miele poco presidiati, alcuni è bene tenerli al di là del diaframma in modo da garantire un adeguato confinamento della famiglia, avendo cura di spostarli a contatto con le api se e quando queste avranno terminato le scorte nei telaini su cui è il glomere. È molto importante avere cura che le api siano confinate in modo che si trovino sempre a diretto contatto con il foro di alimentazione sul coprifavo: in caso di nutrizione con il candito infatti, questo deve essere subito raggiungibile. Se il candito è troppo distante, infatti, in giornate fredde le api in glomere potrebbero non riuscire a raggiungerlo, renden-

do di fatto inutile la nutrizione. Nel caso quindi l’alveare sia debole e confinabile su pochi telaini, è opportuno o praticare con un trapano a punta a tazza un altro foro di alimentazione sul coprifavo in posizione laterale (se si confinano le api su un lato dell’arnia), o confinare le api con due diaframmi sotto il foro di alimentazione, o trasferire la famiglia in un portasciami, sempre usando il diaframma se necessario. L’importante è che anche nei portasciami ci sia la possibilità di fornire agevolmente candito in caso di necessità, quindi che ci sia un coprifavo con il foro di alimentazione, o in alternativa che si possa aggiungere una cornice mobile di 8-10 cm di al-

tezza tra il bordo del portasciami e il coperchio in modo da garantire uno spazio adeguato a posizionare il panetto di candito. Riguardo altri aspetti dell’arnia è importante mettere la porticina di metallo davanti all’entrata, non tanto per ridurre la dispersione di calore (dal momento che le sue capacità termoisolanti sono quasi nulle) ma per evitare l’accesso a topi o piccoli roditori che possono entrare nell’arnia facendo danni ai telaini poco presidiati dalle api. Riguardo invece al vassoio diagnostico, ci sono varie scuole di pensiero, ma in generale la sua presenza o la sua assenza non è così fondamentale se le api sono sane e ben provviste di scorte.

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L’importante, se si decide di utilizzarlo, è di avere l’accortezza di pulirlo il più spesso possibile. Riguardo alle scorte, il controllo di quelle presenti è sempre fondamentale e altrettanto importante è monitorarne il consumo con visite periodiche, valutando a mano il peso degli alveari, o con l’utilizzo di bilance che ci forniscono il dato a distanza, in modo da poter intervenire tempestivamente con la nutrizione di soccorso, se necessario. Le nutrizioni di questo periodo debbono essere fatte esclusivamente con candito. È bene evitare sciroppi o canditi proteici che potrebbero stimolare l’attività di deposizione della regina, portando ad un aumento della covata o a un prolungamento della sua presenza. La covata in questo periodo rischia solo di far aumentare i consumi alimentari della famiglia e diventa un ostacolo alla realizzazione di trattamenti antivarroa efficaci. È quindi importante che la covata vada a ridursi o meglio a sparire. In alcune condizioni meteorologiche o geografiche del Centro Italia, in questo periodo dell’anno, le famiglie possono addirittura già essere in blocco naturale di covata: in questo caso è utile anticipare il trattamento invernale da fare con preparati autorizzati all’impiego in apicoltura, a base di acido ossalico gocciolato. Prima si fa meglio è: le api saranno libere dalla varroa con buon anticipo, riducendo anche la possibilità degli acari di trasmettere virus e con un vantaggio sanitario non indifferente. Matteo Giusti 24 | Apitalia | 11/2021

Foto www.facebook.com/apicolturaticinese

AGENDA LAVORI. CENTRO



AGENDA LAVORI. ISOLE

PIÙ CONTINENTE, CHE ISOLA

PERDUTI MIGLIAIA DI ALVEARI QUADRO CLIMATICO COMPLICATO di Vincenzo Stampa

I

Foto 1 - Diplotaxis erucoides “sinacciola”, è da segnalare che nello stesso appezzamento e nello stesso periodo in anni diversi si verifica la predominanza di una delle tre specie botaniche tipiche del periodo, le altre due sono la Calendula arvensis e la Brassica fruticulosa; questo avvicendamento dipende soltanto dalle condizioni climatiche che avvantaggiano l’una o l’altra specie.

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ge, tanto atteso, si è tramutato in un ulteriore danno. Tutti abbiamo visto, tramite i filmatini amatoriali, quello che è successo nelle città, meno abbiamo visto dalle campagne, mentre invece lì il danno è stato incommensurabile. Un apicoltore mi ha riferito atterrito in diretta telefonica: “vedo le arnie passare galleggiando nel fiume”. Per i sopravvissuti ancora il pericolo non è passato. Le piogge autunnali, che non si vedevano da anni, dove

PAREGGIARE GLI ALVEARI TRASFERENDO LA COVATA

Foto Vincenzo Stampa

n passato ho a più riprese riferito che la Sicilia ha una struttura geografica e una posizione che la fa somigliare più a un continente piuttosto che a un’isola, come tanti si immaginano: questo ha una profonda influenza sul clima tant’è che possiamo distinguere il territorio in tre zone climatiche. Se in tempi per così dire “normali” non è semplice mediare e quindi ipotizzare sviluppi e interventi di validità generale, con le intemperanze climatiche a cui assistiamo tutto è sempre più complicato. Durante l’estate oltre agli incendi, sicuramente di natura dolosa, gli eccessi climatici hanno colpito duramente gli allevamenti già provati da molti mesi di siccità e di mancanza di raccolto; sono andati perduti migliaia di alveari tant’è che la Regione Sicilia ha chiesto la calamità naturale specificatamente per l’apicoltura. L’arrivo delle piog-


Foto www.lastampa.it Alluvioni che portano via alveari: se ne sono viste da nord a sud della Penisola (ripescate nel Lago Maggiore le arnie travolte dalla piena del Toce).

non hanno fatto danni, insieme alle alte temperature hanno dato la sveglia ai semi dormienti che hanno dato origine a fioriture spettacolari come si vede nella Foto 1. La corsa contro il tempo, in previsione dell’inverno, è cominciata. Però, per quanto ci si possa industriare, il ciclo della covata è sempre di 21 giorni per cui non possiamo sperare che gli alveari si ripopolino e contemporaneamente accumulino scorte. Occorre quindi agire su due piani. Sicuramente

negli apiari non tutti gli alveari si sviluppano con la stessa velocità: ce ne saranno alcuni più popolosi che crescono più rapidamente e questo ci permetterà di programmare, tra la fine di novembre e la prima metà di dicembre, un pareggiamento con trasferimento di covata opercolata. D’altro canto l’alimentazione con candito proteico stimolerà la deposizione anche negli alveari più deboli ed in ogni caso possiamo sempre ricostituire le scorte, al bisogno, con l’apporto di alimenta-

zione liquida, a base di glucosio + fruttosio. A dirlo sembra una festa mentre invece è un lavoraccio ed un notevole impegno economico, come dire “piove sul bagnato”; inoltre non è detto che tutto questo, mentre ci porta a salvare gli alveari, ci conduca ad una primavera produttiva. Ancora una volta scommettiamo sul futuro sperando che ci vada meglio rispetto agli ultimi anni. Vincenzo Stampa

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PROFESSIONE APICOLTORE

COSA FARE E DARE A FINE DI STAGIONE

IL TRATTAMENTO ANTIVARROA L’ALIMENTAZIONE INTEGRATIVA

di Pierantonio Belletti*, Andrea Chicco e Marilena Tiziana Mazzariol**

ATTENTI ALLA REINFESTAZIONE INTERVENIRE ORA È UN INVESTIMENTO

Q

uella in cui ci troviamo è una fase molto importante nella gestione degli alveari e spesso poco considerata: si arriva a fine stagione con la convinzione che le api saranno in grado di affrontare da sole il lungo periodo invernale, che non significa solo basse temperature (Centro - Nord Italia) e riduzione del fotoperiodo ma anche assenza di importazione di polline e nettare. In un tale contesto sono tre i punti da osservare: a) Verifica della sanità dell’alveare, profilassi e controllo della varroa. b) Alimentazione di soccorso e mantenimento. c) Tecnica apistica: restringimento della famiglia, riunione di famiglie orfane o deboli.

Iniziamo ad esaminare ogni singola fase dando dei suggerimenti operativi che derivano da una diretta esperienza in campo di prove di monitoraggio effettuate in collaborazione con Vita Europe Ltd e Chemicals Laif Spa. VERIFICA DELLA SANITÀ DELL’ALVEARE, PROFILASSI E CONTROLLO DELLA VARROA Arrivati a fine agosto/inizi settembre è necessario verificare la condizione sanitaria della famiglia osservando bene la covata e le api. Il trattamento estivo non raggiunge mai una efficacia standard omogenea superiore al 90%, questo vale anche per il trattamento con formulati a base di acido ossalico, autorizzati per l’impiego in apicoltura, in blocco di covata; in un apiario ci sono alveari che raggiungono e superano il 90% e altri che sono ben al di sotto di questa soglia, era dunque necessario intervenire, sempre nel mese di settembre, con un trattamento di controllo. In aggiunta, in questo periodo, il fenomeno della reinfestazione 11/2021 | Apitalia | 29


PROFESSIONE APICOLTORE è molto insidioso soprattutto in ambienti dove il carico di alveari risulta importante e gli apicoltori non adottano un piano di lotta territoriale; essa è riconducibile a saccheggi perpetrati da alveari forti verso quelli più deboli. Imndorf (1992) studiando il fenomeno della reinfestazione era riuscito a determinare come un alveare in un solo giorno può “importare” fino a 100 varroe. I punti critici sono determinati da scarsa efficacia del trattamento estivo e reinfestazione di fine estate. Nel mese di settembre pertanto è necessario intervenire con un ulteriore trattamento. Quali le possibili soluzioni? Si può optare per un trattamento con Apivar® o Apistan® lasciando le strisce (una se il numero di favi è inferiore a 5, due se si supera il numero di 6 favi) per 8 - 10 settimane fino al momento del trattamento invernale; se il trattamento estivo è stato fatto con Apivar®/ Apistan® è possibile prolungare la presenza delle strisce fino a fine settembre - primi di ottobre, poi alla rimozione è consigliabile effettuare un trattamento con ossalico e glicerolo (formulato autorizzato per l’impiego in apicoltura) in quanto siamo ancora lontani dal blocco invernale della covata. In alternativa è consigliabile un trattamento con ossalico sgocciolato in polvere o in soluzione con glicerolo entro la seconda decade

Fig. 1 - Api con ali deformi (Foto Belletti, 2021).

ni ottimali di importazione (vedi polline e nettare di edera) ed è logico che tutto ciò che andremmo ad esaminare diventa superfluo. Focalizzando l’attenzione alle operazioni di preparazione delle famiglie all’invernamento è importante iniziare a valutare l’entità delle scorte già a fine agosto; un sesto di favo pieno contiene circa 0,6 - 0,8 Kg2 di miele. Una famiglia su 6/7 favi di api ben coperti dai primi di ottobre ad inizio marzo consuma mediamente dai 12 ai 15 kg di scorte; quando la stagione autunnale è mite le api escono senza trovare nessuna fonte nettarifera e pertanto consumano loro stesse e le scorte. Nell’alimentazione di soccorso ALIMENTAZIONE in pre-invernamento l’obiettivo è DI SOCCORSO quello di migliorare la formazioE MANTENIMENTO ne del corpo grasso dell’ape, un È bene sempre precisare che si tessuto di riserva che permette di parla di alimentazione di soccor- immagazzinare prodotti alimenso e mantenimento, in condizio- tari elaborati (digeriti) e renderli

di settembre (Api-Bioxal®); tale intervento consente di capire meglio la situazione dell’infestazione, una caduta inferiore alle 50 unità non è preoccupante, sopra tale soglia potrebbe diventare un problema se all’interno dell’alveare c’è ancora covata. Nel caso in cui è evidente la presenza di api con ali deformi ed è ancora presente della covata è consigliabile asportare la covata stessa (si tolgono i favi senza le api e si trattano con Vita Oxygen®).1 Questa virosi oltre a deformazioni a carico delle ali provoca una riduzione delle dimensioni del corpo dell’ape e un’aspettativa di vita molto breve, anche su api senza evidenti segni di deformità.

Note 1

I favi contenenti la covata se vecchi vengono scerati, altrimenti si possono mettere tutti in arnie vuote, trattandoli con Vita Oxygen®. Dopo una settimana si possono reintrodurre nell’alveare al di là del diaframma, le api provvederanno poi alla pulizia degli stessi. 2 Nel caso della valutazione delle api 1 sesto equivale a 253 api.

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Fig. 2 - Alimentazione di soccorso. Profilassi e controllo della varroa settembre – dicembre.

disponibili all’organismo in momenti difficili (avversità climatiche - invernamento), garantendo così una maggiore longevità dell’ape. È molto importante nella fase larvale; una larva sottoalimentata non dà origine ad un’ape matura normale.

Le famiglie di api in porta-nucleo hanno necessità di maggiore controllo in quanto è stato stimato che il consumo di scorte risulta proporzionalmente più alto rispetto ad una famiglia in arnia, dovuto al fatto che la ripresa della deposizione risulta anticipata; questo potrebbe creare una crisi

Fig. 3 - Suddivisione di un favo in sesti per la valutazione delle api e delle scorte.

nella disponibilità di scorte in un momento molto delicato, la covata in sviluppo ha necessità di essere riscaldata. L’apporto di alimento solido è più difficoltoso visto il ridotto spazio tra i favi ed il coperchio, l’inserimento di pacchi di candito da 1 kg può rappresentare una soluzione. L’apporto di alimento proteico in generale va limitato alla fase di pre-invernamento, non è utile utilizzarlo oltre il mese di ottobre in quanto lo stesso è funzionale alla formazione delle api svernanti. Alcune formulazioni di candito contenti elementi non direttamente proteici (ApiHerb Candy) posso essere utilizzati anche nella fase invernale con l’obiettivo di migliorare lo stato fisiologico delle api (Fig. 5). Con l’utilizzo di Apiherb® a fine agosto si riscontrano ottimi risultati nelle famiglie al momento dello svernamento. Oltre alla modalità sgocciolato come indicato in etichetta è possibile miscelare Apiherb® nello 11/2021 | Apitalia | 31


PROFESSIONE APICOLTORE sciroppo nella dose di 2 g per litro, questa tipologia di somministrazione non sostituisce il trattamento sgocciolato ma rende lo sciroppo un prodotto con valore nutraceutico. Quando iniziare il trattamento? Nella terza decade di agosto e proseguire fino a metà settembre. Mentre per la parte proteica, amminoacidica e vitaminica se si riscontra una scarsità di polline nel nido e l’importazione non consente una reintegrazione di questo alimento è importante intervenire già tra la fine di agosto e l’inizio del mese di settembre. Allo sciroppo commerciale oltre all’aggiunta di Apiherb® è consigliabile l’inserimento di un integratore come Vitafeed Power® nella dose di 5 ml per litro (il trattamento con i due integratori non supera i 2 euro per alveare nelle tre somministrazioni). Quanto sciroppo dare? Si va da

1,5 litri (nutritore Baravalle) fino a 6 litri (nutritore Miller) ogni 7 giorni; tutto dipenderà da quante scorte sono presenti e dal potenziale di importazione che precede l’inattività autunno-invernale. In presenza di importazione non si alimenta, l’alimentazione deve sempre essere concepita come una operazione di tecnica apistica che se necessaria si effettua altrimenti diventa superflua e dispendiosa (Fig. 3, schema di alimentazione e trattamento).

Fig. 5 - Candito nutraceutico (Foto Belletti 2021).

Fig. 6 - Posizionamento del candito a diretto contatto con i favi e non sopra il coprifavo.

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Fig. 4 - Suddivisione di un favo in sesti per la valutazione delle api e delle scorte.

RESTRINGIMENTO DELLA FAMIGLIA, RIUNIONE DI FAMIGLIE ORFANE O DEBOLI Il restringimento della famiglia facilita l’utilizzo da parte delle api del miele in modo particolare di quello di edera che per sua caratteristica tende a cristalizzare, quasi cementificare nei favi. I favi laterali contenenti questo miele spesso vengono abbandonati, cioè se non popolati dalle api, le api stesse non sono in grado di riscaldare questo


Fig. 7 - Schema di restringimento e posizionamento dell’alimento solido (candito).

Fig. 8 - Schema esemplificativo di riunione di un alveare debole e uno forte

miele e utilizzarlo (Fig. 6 e 7). A fine stagione nell’apiario vi possono essere alveari forti e deboli. Si consiglia sempre la riunione (Fig. 8). I motivi per cui una famiglia è più debole possono essere molteplici; se l’apicoltore ha lavorato bene una diminuzione della popolosità può essere ricondotta anche a fattori genetici. La scelta di mettere insieme le due entità consentirà un migliore invernamento e maggiori chance di sopravvivenza delle api; la regina dell’alveare debole va soppressa, questo consentirà di allevare regine e fuchi più funzionali (“se qualcuno non è d’accordo ...ne prendo atto”). La riunione si rende necessaria ancor di più in caso di alveari deboli (Fig. 9). In questo caso e sempre meglio ingabbiare la regina e facendo così è possibile riunire favi con api provenienti da diverse famiglie. La tecnica apistica accompagnata alla corretta nutrizione e ad opportuni interventi di controllo della varroa sono operazioni necessarie per la sopravvivenza delle api. Ciò che viene fatto e dato a fine stagione è un investimento che darà i suoi frutti nella primavera successiva... chi semina prima o poi raccoglie. *Pierantonio Belletti Apicoltore professionale Tecnico apistico

Fig. 9 - Schema esemplificativo di riunione di famiglie deboli.

**Andrea Chicco e Marilena Tiziana Mazzariol Tecnici apistici Consorzio Apicoltori Gorizia (Fvg) 11/2021 | Apitalia | 33


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SPECIALE NUOVA PAC

API E AGRO-AMBIENTE

PIANO STRATEGICO NAZIONALE PAC: ECCO COSA SERVE ALLE API Nostro Servizio

IL DOCUMENTO DELLA FAI TRASMESSO AL MIPAAF

VERSO L’ARCHITETTURA VERDE DELLA PAC 2023-2027 proposte di integrazione per la definizione delle esigenze del comparto apistico nazionale

A

seguito di quanto concordato al Tavolo di Partenariato Nazionale, istituito dal MIPAAF-Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, cui la FAI-Federazione Apicoltori Italiani partecipa in rappresentanza del mondo apistico, abbiamo provveduto ad inviare al Ministero una serie di proposte tese a indirizzare il Piano Strategico Nazionale che dovrà essere definito entro il 31 dicembre 2021 e dal quale scaturiranno poi gli indirizzi per la stesura dei Piani di Sviluppo Rurale adottati dalle Regioni. Stante inoltre la necessità che l’Architettura Verde della nuova PAC 2023-2027 preveda ecoschemi espressamente riferiti alla tutela e alla diffusione degli impollinatori - vista l’azione di coordinamento promossa a livello nazionale, al fine di elaborare un documento che raccogliesse le istanze di quei soggetti del mondo agricolo, apistico e ambientalista che riconoscono a tale tematica un valore strategico - abbiamo ritenuto opportuno condividere i contenuti della nota curata dal WWF che trovate nell’Allegato a questo documento. Abbiamo inoltre provveduto, come richiestoci dal Ministero, a compilare l’apposito questionario online “esigenze e priorità piano strategico nazio11/2021 | Apitalia | 35


SPECIALE NUOVA PAC nale 2023-2027” indicando di volta in volta i fattori strategici, qualificanti, complementari o marginali riferiti alle varie tipologie di intervento che la FAI ha condiviso con la propria base associativa e opportunamente sintetizzate. Questi adempimenti danno seguito a quanto emerso e richiesto nel corso della riunione dello scorso 8 Settembre 2021, in occasione della prima convocazione del Tavolo di Partenariato Nazionale della nuova PAC, che il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha convocato e alla quale la scrivente FAI-Federazione Apicoltori Italiani è stata invitata e ha preso parte nel corso dell’intera sessione dei lavori, in presenza del Ministro Stefano Patuanelli e del Capo Dipartimento Mipaaf Giuseppe Blasi. Occorre in primo luogo precisare, a tal proposito, che la FAI condivide gli obiettivi e i contenuti generali messi a punto in sede ministeriale e che costituiranno la visione strategica della nuova PAC 2023-2027. Come puntualmente riferito dal Ministro e dal Capo Dipartimento Mipaaf, che la FAI ha ringraziato per l’attenzione e l’impegno che non mancano di assicurare anche al comparto apistico, apprendiamo con favore che oltre ai diversi punti di interesse per il settore apistico - la nuova PAC, che include prioritariamente la nuova OCM (Organizzazione Comune di Mercato) finanziando direttamente gli interventi specifici per il nostro comparto - sono previsti altri interventi (indiretti) a favore dell’apicoltura e tra questi gli ecoschemi che hanno la finalità di preservare gli impollinatori e la biodiversità mediante fioriture di interesse apistico che gli agricoltori potranno riservare all’interno delle proprie aziende; con l’adozione, infine, di buone pratiche agricole utili ad arricchire la presenza e l’azione degli impollinatori. In ordine a quanto già emerso nel corso della riunione, tuttavia, sentita anche la base associativa rappresentata, la FAI ha precisato alcuni punti dirimenti di cosa e come sia necessario preve36 | Apitalia | 11/2021

dere nella architettura verde della nuova PAC, tenuto prioritariamente conto delle particolarità del comparto apistico rappresentato e, al tempo stesso, della necessità da tutti condivisa che non solo le api mellifere, ma anche gli impollinatori (quindi tutti gli altri insetti utili) siano oggetto di attenzioni specifiche e tese a preservarne la sopravvivenza negli habitat a conduzione agricola. È in particolare necessario al di là di principi generali che i vari portatori d’interesse richiamano di volta in volta dinanzi a fattori contingenti e transitori, che si faccia prioritario riferimento agli indirizzi specifici che le norme comunitarie, nazionali e regionali hanno emanato a favore del comparto apistico. Tali basi giuridiche non dovrebbero mai essere trascurate o contraddette, pertanto, nei percorsi progettuali e applicativi della nuova PAC. Oltre alle direttive, ai regolamenti, alle decisioni e alle risoluzioni di livello europeo che vanno sempre considerate, ci è doveroso sottolineare che la base legale dell’apicoltura in Italia è costituita dalla legge n. 313/2004 recante Disciplina dell’Apicoltura. Ad essa sono pertanto da ricondursi, oltre che ai provvedimenti legislativi connessi, i seguenti indirizzi specifici che la FAI ritiene debbano essere considerati imprescindibili e tenuti in chiara evidenza nella definizione delle esigenze della apicoltura italiana. DIFENDERE E DIFFONDERE L’APE ITALIANA L’ape italiana - le sottospecie Ligustica e Sicula, come pure le popolazioni apistiche delle zone di confine (a Nord-Ovest con la Francia e la Svizzera, a Nord-Est con l’Austria e la Slovenia) dell’Apis mellifera - è oggetto di tutela e salvaguardia per quel patrimonio di biodiversità che essa rappresenta e che la norma, in termini di conservazione del patrimonio genetico tipico della Penisola italiana che il mondo ci invidia, alleva e riproduce in tutti i Continenti, ha il preciso indirizzo di preservare. Ogni intervento


Foto Gary Stearman

della Pubblica Amministrazione, pertanto, deve concorrere a difendere e diffondere tali tipologie di ape mellifera, escludendo tassativamente la assegnazione di risorse pubbliche a chi seleziona e alleva ibridi interrazziali potenzialmente pericolosi per la nostra biodiversità o, peggio ancora, importa materiale genetico e biologico apistico (sperma di api, colonie di api, api regine) proveniente da Paesi stranieri. Va ricordato, a tal proposito, che la denuncia di possesso degli alveari in Italia è obbligatoria e che le sottospecie allevate da ciascun apicoltore sono soggette a dichiarazione in seno alla Banca dati dell’Anagrafe Apistica Nazionale. In sede di accesso alle misure e alle risorse disponibili, pertanto, la nuova PAC deve prevedere l’accoglimento delle domande presentate da apicoltori che rispondono al requisito di utilizzo esclusivo dell’ape italiana. L’APICOLTURA È “AGRICOLTURA SENZA TERRA” La legge n. 313/2004, recante la Disciplina dell’Apicoltura, introduce un principio giuridico che oltre a godere del parere favorevole delle autorità comunitarie e regionali, le quali hanno avallato la legge con il parere di merito fornito nel corso dell’iter parlamentare, viene oggi consi-

derato un indirizzo normativo esemplare da tutte le Istituzioni competenti. Anche nell’ambito della nuova PAC e dell’emanando Piano Strategico Nazionale, pertanto, occorre che il Ministero competente tenga nel debito conto questa peculiarità dell’allevamento apistico consentendo laddove possibile - accesso alle risorse e ai sistemi premiali che verranno previsti non già e non solo in funzione della titolarità di una data superficie di terreno, bensì in considerazione del numero di alveari posseduti e denunciati annualmente all’Anagrafe Apistica Nazionale. Valga per tutti l’esempio degli incentivi alle aziende che operano con processo di produzione biologica e che, nel caso di aziende a conduzione apistica, sono parametrate in base al numero di alveari e non già alla entità di superficie condotta. AIUTO AL SERVIZIO DI IMPOLLINAZIONE Ci viene diffusamente richiesto inoltre, sollecito che riportiamo per memoria pur consapevoli che esso possa essere considerato di complessa attuazione, che gli Apicoltori siano destinatari di un aiuto diretto all’impollinazione che operano alle colture agrarie dei terreni sui quali sono posizionati i loro alveari (condizione tracciabile in virtù dell’obbligo di georeferenziamento richiesto 11/2021 | Apitalia | 37


SPECIALE NUOVA PAC dall’Anagrafe Apistica Nazionale). Aiuto diretto che gli Apicoltori vorrebbero calcolato in base al numero degli alveari collocati in seno all’azienda agricola condotta e/o a quella bisognosa del servizio di impollinazione alle colture in particolare ortofrutticole e sementiere, sia in pieno campo, sia in ambiente protetto (serra, tunnel). USO CORRETTO DEGLI AGROFARMACI La difesa delle api mellifere, e di conseguenza di tutti gli impollinatori, passa giocoforza da un uso corretto dei principi attivi e dei formulati autorizzati dalle Autorità competenti. La legge italiana per la Disciplina dell’Apicoltura sancisce un principio giuridico che spesso le Istituzioni competenti trascurano o addirittura non conoscono e, pertanto, non considerano premiante per le aziende che lo applicano: il divieto assoluto di ogni trattamento chimico alle colture durante il periodo della fioritura. Ogni iniziativa della nuova PAC, indirizzo peraltro che sia l’UE sia il MIPAAF hanno tenuto in chiara evidenza, deve favorire tale comportamento virtuoso e premiarlo adottando inequivocabili certificazioni, ivi comprese, la certificazione bio o quella di lotta integrata, e prevedendo uno specifico e semplice ecoschema. Citiamo a titolo di esempio il punto BCAA9, riferito alla manutenzione di siepi tampone, per il quale sarebbe opportuno che venisse operata solo nel periodo di riposo vegetativo (ottobre febbraio) introducendo il divieto assoluto di uso del diserbante in tali aree; divieti o limiti che, in analogia, andrebbero previsti anche a proposito del diserbo sistematico di fossi e scoline in mezzo alle superfici produttive. Tutte pratiche che concorrono a compromettere la salubrità di un ecosistema agricolo e a danneggiare le popolazioni di api mellifere e insetti utili. Per quanto riguarda l’ambiente, è sempre necessario promuovere in maniera massiccia l’aumento di biodiversità vegetale utile agli insetti impollinatori. Fino ad ora l’obbligo di lasciare una parte dei terreni con piante utili agli insetti 38 | Apitalia | 11/2021

pronubi era solo per le aziende sopra i 15 ettari; questo dovrebbe essere esteso a tutte le aziende agricole e indipendentemente dalla vocazione produttiva e dall’estensione. Per le aziende non agricole, inoltre, occorrerebbe prevedere sistemi incentivanti per far fronte alle spese di eventuali ristrutturazioni di parcheggi con aree verdi, tetti verdi con piante utili agli insetti impollinatori e altre attività legate al sostentamento degli insetti impollinatori. COLTURE NETTARIFERE E POLLINIFERE La vigente normativa nazionale per la Disciplina dell’Apicoltura e la quasi totalità delle normative regionali di recepimento fanno esplicito riferimento alla necessità che la flora di interesse apistico venga protetta dove presente e propagata nelle superfici che ne sono carenti. Essendo noto che gran parte dei fenomeni di depauperamento del patrimonio apistico nazionale, di indebolimento del sistema immunitario delle colonie di api, dipende dalla carenza di adeguato e sufficiente nutrimento (fonti di nettare e polline), occorre incentivare ogni azione promossa dalle aziende agricole e tesa a impiantare superfici di essenze vegetali ad elevata utilità apistica e, contestualmente, ad utilità degli altri insetti impollinatori. La Definizione delle Esigenze enumerate nel documento MIPAAF chiarisce adeguatamente anche questo punto. È necessario tuttavia che in tal senso vengano previste premialità per azioni specifiche, intensificando le colture tipiche della nostra tradizione (di cui Stato e/o Regioni debbono stilare un elenco in base alla classe di interesse mellifero/pollinifero) che sono poi alla base delle produzioni di miele che, negli ultimi anni, si sono fatte sempre meno assortite e meno consistenti quantitativamente. L’azione qui descritta avrebbe il duplice effetto di moltiplicare il patrimonio di biodiversità incrementando la qualità e la quantità delle produzioni apistiche. Ancora a titolo di esempio, riteniamo siano interessanti e quindi meritevoli di essere sviluppa-



SPECIALE NUOVA PAC ti i punti BCAA4 e BCAA9, idonei a riportare una idonea quota di biodiversità. Circa il punto BCAA4, inoltre, riferito alle fasce tampone sui corsi d’acqua, occorre ricordare che esse dovrebbero esserci ma di fatto non esistono, soprattutto nei canali di pianura, dove i Consorzi di bonifica fanno a gara a chi ne ha meno o di una tipologia vegetale più veloce e facile ad essere ripulita (pulizia e manutenzione solo con ciclo vegetativo a riposo nei mesi di ottobre - febbraio). CHIARIRE IL CONCETTO DI “IMPOLLINATORI” Benché l’obiettivo di incrementare la politica di difesa degli insetti impollinatori in generale, sia un indirizzo che l’Unione Europea assegna agli Stati membri, occorre chiarire che tale necessità emerge a seguito dell’impoverimento della entomofauna utile dei Paesi in particolare del Nord e dell’Est Europa. La Germania ad esempio vieta la distruzioni di nidi di Vespe e Calabroni (considerati biodiversità da preservare) che invece in Italia sono considerati, a ragione, predatori anche alieni e pericolosi per la sopravvivenza delle colonie di api mellifere e di altri impollinatori. L’Italia, in effetti, gode di un patrimonio di specie molto più consistente e di una condizione di salubrità che nel complesso vede le popolazioni di insetti utili più numerose e consistenti di molti altri Paesi dell’Unione. Al tempo stesso, il patrimonio apistico nazionale è in continuo incremento numerico e si attesta ormai su livelli che oscillano tra il 4° e 3° posto su scala europea. Se da un lato, pertanto, si comprende e si condivide l’utilità di incrementare la presenza di impollinatori nel loro insieme, occorre tenere presente la necessità che: 1) essi siano di specie autoctone e quindi tipiche non solo della biodiversità nazionale, ma anche di quella territoriale, in caso contrario si rischia l’introduzione e la diffusione di specie che alterano un equilibrio preesistente a danno di altre specie presenti; 2) occorre prendere atto che gli impollinatori principali sono rappresentati dalle api mellifere, con quote che in taluni areali e in 40 | Apitalia | 11/2021

alcuni periodi toccano il 95% dei pronubi necessari in un determinato contesto agricolo e produttivo, è quindi assolutamente necessario dare priorità all’incentivazione di colture di interesse mellifero e pollinifero funzionali alla presenza di api; 3) molte specie di impollinatori, sebbene le loro popolazioni non siano particolarmente numerose, potrebbero essere salvaguardate con scelte colturali e mix botanici opportunamente mirati e dosati e nel rispetto di una dieta della quale tali insetti sono particolarmente bisognosi. Generalizzare e confondere, insomma, le politiche favorenti la presenza e la sopravvivenza degli insetti impollinatori, deve prevedere indirizzi operativi basati su studi entomologici e agronomici preliminari e una classificazione capillare riferita al riconoscimento tassonomico delle specie presenti in un determinato areale. Operare in assenza di tali criteri equivale a incentivare il rischio di danneggiare gli impollinatori più vul-


Foto Wolfgang_Hasselmann

nerabili e di rendere insufficienti ogni tipologia di intervento adottato a favore delle api mellifere.

tematici che il Ministero vorrà convocare tra tutti i portatori di interesse.

ECOSISTEMI PER GLI IMPOLLINATORI La necessità che il comparto apistico si faccia parte diligente, insieme a tutte le realtà del comparto agricolo che guarda ad una conduzione più sostenibile, biologica o comunque basata su disciplinari di lotta integrata e su buone pratiche agricole, ha fatto emergere e convergere su una posizione pressoché unitaria la conclusione che l’Italia e la nuova PAC abbiano bisogno di uno o più ecoschemi specifici per incentivare gli agricoltori che concorrono alla difesa degli impollinatori.

Nel sostenere i contenuti e principi ispiratori di questo e di altri ecoschemi apistici, chiediamo solo che essi vengano sempre e comunque raccordati ai punti che abbiamo circostanziato in questo nostro documento di integrazione nella Definizione delle Esigenze e con particolare riferimento alla tutela e salvaguardia dell’ape italiana autoctona, della flora tipica della nostra tradizione agricola e delle altre specie di impollinatori dei nostri specifici areali e rappresentativi della biodiversità del nostro Paese, delle nostre regioni e dei nostri territori.

La stesura della nota che il WWF ha coordinato e che, essendo da noi condivisa, alleghiamo al presente documento, riporta elementi di carattere generale e specifico che meglio potranno essere articolati in occasione dei futuri incontri

PER APPROFONDIRE Nelle pagine seguenti pubblichiamo: “Allegato 1): Ecoschema per la salvaguardia degli insetti impollinatori”, a cura del WWF Italia e condiviso da FAI.

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BIOTECNICA

RENDERE INNOCUA LA VARROA

DISTANZIANDO I FAVI DEL NIDO SI OTTIENE L’EFFETTO CONTENIMENTO di Vincenzo Stampa

Q

ualcuno avrà notato che la lotta alla varroa, dalle nostre parti, è un argomento che da anni ha perso ogni valore e significato. Specie nell’ambito degli associati di Fai-Sicilia. Tutto ebbe inizio durante il XXXVIII Congresso Apimondia (svoltosi nell’autunno 2003, a Lubjana-Slovenia, ndR), quando il presidente della FAI-Federazione Apicoltori Italiani, offrì all’apicoltore Francesco Mussi, l’opportunità di presentare in un consesso internazionale l’invenzione denominata Spazio Mussi®, che permette alle api di contrastare da sole l’acaro Varroa riducendone il numero fino a renderlo innocuo, senza ulteriori interventi di contenimento/sanificazione da parte dell’apicoltore. Furono in molti, in quei giorni, a snobbare l’iniziativa ma ciò non impedì, a partire dalla primavera 2004, che alcuni apicoltori prendessero anche sul serio la cosa. Ad esempio, dopo tre anni di verifica in campo delle modalità di applicazione e dell’efficienza del metodo, gli apicoltori della provincia 46 | Apitalia | 11/2021

di Trapani. Le loro testimonianze furono condivise ad un convegno promosso dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia “A. Murri”, con lo stesso Francesco Mussi, l’apicoltore che aveva messo a punto questa particolare biotecnica. Alla fine dell’incontro furono distribuiti gratuitamente, agli apicoltori disposti ad adottare la metodica, i distanziatori a Spazio Mussi®; come del resto stava già accadendo in tanti altri luoghi d’Italia. L’applicazione del metodo, per quanti non ne fossero a conoscenza, consiste in due fasi fondamentali: • Fase 1, sostituire i distanziatori a 10 tacche dello spazio “Dadant”

BIOTECNICA EFFICACE MA PRATICATA DA POCHI APICOLTORI

Foto 1 - I due distanziatori hanno la stessa lunghezza di 385 mm, la differenza sta nell’interfavo di 13 mm nel Dadant e di 20 mm nel Mussi.


con quelli a 9 tacche dello spazio “Mussi” (Foto 1). • Fase 2, eseguire il travaso delle api in primavera, nell’arnia predisposta, secondo le precauzioni appresso specificate. La differenza più evidente è lo spazio interfavo: nei distanziatori a Spazio Dadant la distanza tra i favi è di 13 mm, mentre nei distanziatori a Spazio Mussi® questa distanza diventa di 20 mm, cioè circa il 30% in più. Questa è una variazione che si è rivelata di importanza fondamentale per il microclima interno dell’alveare. Come funziona il controllo del microclima dell’alveare? Le api, riempiendo con la loro presenza lo spazio tra i favi, impediscono il movimento spontaneo dei fluidi: nella categoria dei fluidi rientrano gas, vapori ed anche il calore; l’aria, l’umidità e il calore vengono movimentati se necessario, oltre che con la ventilazione, anche con l’affollamento o il diradamento delle api presenti. Ne consegue che se

Figura 1 - Come si vede, il foglio cereo inserito tra due favi, anche con covata, crea un vuoto di 64 mm che è ingestibile rispetto agli standard delle api. In conseguenza, allo scopo di avere degli spazi gestibili le api costruiscono due semi favi affiancati al foglio cereo.

il volume interfavo cresce del 30% anche la quantità di api deve crescere in proporzione. Nella fase del travaso da Spazio Dadant a Spazio Mussi® le api sono quelle che sono, per conseguenza, per recuperare le api ne-

cessarie riduciamo il numero dei favi da presidiare, spostando i favi di scorte al di là del diaframma, scrollando le api che migreranno sulla covata. Alla visita successiva, dopo circa una settimana, se il diaframma è coperto di api diamo

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BIOTECNICA almeno uno o entrambi i favi sottratti precedentemente. Dopo questo avvio si procede regolarmente concedendo altri favi, seguendo la richiesta degli alveari, con l’accortezza di inserire l’eventuale foglio cereo a parete. L’introduzione del foglio cereo in posizione centrale è da evitare infatti, se le api non sono più che abbondanti, possono essere tratte in inganno e indotte a costruire dei favi supplementari come descritto in Figura 1. Oltre a queste semplici precauzioni non c’è nulla di diverso da una normale attenta conduzione, tranne nella posa del primo melario che può essere anticipata al momento in cui lo sciame occupa completamente 7 favi. Quando la facciata del diaframma rivolta verso il nido si presenta piena di api, questo è il momento di centrare lo sciame rispetto all’arnia, delimitare il nido tra due diaframmi e mettere il melario; questa manovra è possibile e conveniente per due motivi: 1°) 7 favi a Spazio Mussi® contengono tante api quante ce ne sarebbero in 10 favi a Spazio Dadant; 2°) il nido così strutturato è sufficiente per la deposizione della regina e tutto il raccolto va a melario. Riguardo al controllo della varroa, il metodo sfrutta a pieno la capacità delle api di liberarsi reciprocamente dal parassita, attitudine descritta in un lavoro di Darrell Moore pubblicato nel 1995 su Journal of Insect Behavior(1). Egli descrive in particolare il comportamento di un’ape marcata in rosso con il numero 93 la quale si è dedicata per tutta la sua vita a ripulire dalla varroa le altre api dell’alveare. 48 | Apitalia | 11/2021

Modulo d’ordine Sigilli NOME ................................................................................................ ................................................................................................ INIDIRIZZO ................................................................................................ CAP ................................................................................................ LOCALITÀ ................................................................................................ PROVINCIA ................................................................................................ TELEFONO 1 ................................................................................................ TELEFONO 2 ................................................................................................ CODICE FISCALE ................................................................................................ PARTITA IVA ................................................................................................ N° ALVEARI ................................................................................................

ORDINO

N. ...... bobine

formato STANDARD (1.000 pezzi), Euro 32,50 + IVA

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formato MEDIUM (500 pezzi), Euro 16,25 + IVA

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N. ...... bobine di Sigilli di Garanzia “Polline Italiano”

formato UNICO (100 pezzi), Euro 15,00 IVA inclusa

N. ...... bobine di Sigilli di Garanzia “Pappa Reale Italiana”

formato UNICO (30 metri), Euro 10,00 IVA inclusa

Compilare chiaramente e inviare alla: FAI-FEDERAZIONE APICOLTORI ITALIANI Corso Vittorio Emanuele II, 101 Email commerciale@faiapicoltura.biz

Autorizzo l’utilizzo dei miei dati personali ai sensi dell’art. 10 della legge n. 197/03 (Tutela della Privacy) e acconsento al loro trattamento per il perseguimento degli scopi statutari della FAI-Federazione Apicoltori Italiani. SI NO


Foto 2 - In mancanza dei distanziatori, mediante delle spille si sono distribuiti i telaini alla distanza, tra centro e centro, di 45 mm suggerita dallo stesso Francesco Mussi.

Si riporta un brano del lavoro originale: “… Red 93 ha curato altre api durante l’84% delle volte in cui è stata osservata (N=82; Tabella I) ...omissis... Un’analisi qualitativa dei dati nella tabella I indica che Red 93 ha iniziato la sua vita adulta eseguendo la cura della covata, come è tipico per le giovani api (Winston, 1987; Robinson, 1992). Al settimo giorno, tuttavia, Red 93 non ha quasi fatto altro che accudire i compagni di nido. Non c’è stato alcun cambiamento nel comportamento di Red 93 anche quando altri individui nel suo gruppo genotipico sono passati dalle attività dell’alveare al foraggiamento…”. Abbiamo almeno altri due lavori che dimostrano l’azione aggressiva-difensiva delle api verso la varroa.(2) Stabilito che non stiamo parlando di allucinazioni, vediamo cosa ci ha

convinto ad adottare e consigliare su vasta scala il metodo biotecnico dello Spazio Mussi®. Nella fase di sperimentazione, non avendo ancora i distanziatori, il distanziamento consigliato da Francesco Mussi (di 45mm tra centro e centro dei telaini da nido), è stato realizzato con delle spille (Foto 2). Contando le varroe cadute “spontaneamente” (dicitura inappropriata) in alveari a Spazio Dadant e a Spazio Mussi® della stessa composizione, sistemati fianco a fianco, il risultato è stato 1 varroa contro 25 varroe nello stesso intervallo di tempo, più che convincente. A questo sono seguiti 18 anni di applicazione con grande soddisfazione: nessun trattamento e quindi meno spese, meno lavoro, più benessere per le api. Non c’è nulla da discutere! Rimane, dopo tutti questi anni, ancora

senza risposta una domanda: “Perché negli alveari distanziati a Spazio Mussi® le api controllano la Varroa mentre in quelli distanziati a Spazio Dadant non riescono?”. Questo è un problema che non riguarda gli apicoltori: costoro gente semplice, pratica e concreta - constatata l’efficacia, l’utilità e l’economicità del metodo si sono limitati ad applicarlo, lasciando il quesito agli uomini di scienza ai quali, parrebbe, non importa molto di questa e altre biotecniche antagoniste della Varroa. Lo dimostrano se non altro i lunghi 18 anni di completa disattenzione ad un metodo che forse avrebbe meritato di più. Noi, per finire, in tutti i corsi di formazione e di specializzazione che promuoviamo come Fai-Sicilia proponiamo e illustriamo il metodo dello Spazio Mussi® e tutte le arnie utilizzate dai nostri Soci sono predisposte per la messa in atto di questa biotecnica. Abbiamo molto rispetto per chi non sa perché non è informato e molto meno per chi non vuol sapere. Vincenzo Stampa BIBLIOGRAFIA (1) A highly specialized social grooming honey bee (Hymenoptera: Apidae). Darrell Moore e altri; Journal of Insect Behavior, Vol 8(6), Nov. 1995, 855-861. doi: 10.1007/ BF02009512. (2) Apidologie (1997) 28, 427-437 Damaged Varroa mites in the debris of honey bee (Apis mellifera L.) colonies with and without hatching brood. - Apidologie 30 (1999) 249-256 Recording the proportion of damaged Varroa jacobsoni Oud. in the debris of honey bee colonies (Apis mellifera).

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RICERCA

LA NUOVA RETE DI MONITORAGGIO BEENET

OLTRE 350 APIARI PER VALUTARE LA QUALITÀ DELL’AMBIENTE AGRARIO ITALIANO

di Laura Bortolotti, Antonio Nanetti, Irene Guerra, Sergio Albertazzi, Vittorio Capano, Manuela Giovanetti INTRODUZIONE

P

er chi si occupa di api, sia esso apicoltore o ricercatore, è da sempre ben chiara l’enorme importanza che le api svolgono all’interno di qualsivoglia ambiente. Sono eccezionali impollinatori, infaticabili nelle loro visite ai fiori, dai quali traggono il cibo necessario a loro stesse e alla loro prole mentre trasportano granuli di polline che potranno dar luogo alla nuova generazione di una data pianta. Il servizio ecosistemico che svolgono è dunque fondamentale per mantenere un ambiente ricco in biodiversità ed equilibrato nel suo alternarsi di specie presenti. L’importanza degli impollinatori (nel loro insieme, alle nostre latitudini soprattutto api, farfalle e sirfidi), e delle api in particolare, è salita alla ribalta della cronaca in decadi recenti, a seguito dell’attenzione posta dai mass-media alla decimazione di colonie di api da miele e al declino degli impollinatori in generale. Parecchi studi scienti-

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fici hanno sottolineato come le api siano una componente irrinunciabile dell’ambiente. Il loro lavoro, infatti, ci permette di avere in tavola cibo abbondante e variegato. La loro scomparsa, o anche solo diminuzione, è causa di perdite che si ripercuotono a cascata in diversi ambiti: dalla natura, attraverso la diminuzione di biodiversità; all’economia, attraverso un rincaro dei prezzi di tutti quei prodotti frutto dell’operosità delle api. Le api da miele, per il loro stretto rapporto con il territorio che le circonda e la sistematica raccolta di materiali dall’ambiente (nettare, polline, propoli, acqua), sono state usate per molti anni come strumento per

RICERCA CONDIVISA CON APICOLTORI: INNOVAZIONE SOSTANZIALE


raccogliere importanti informazioni scientifiche.

Foto 1 il bio-monitoraggio. Esse sono ubiquitarie e distribuite in modo pressoché uniforme sul nostro territorio, grazie alla grande diffusione dell’apicoltura, sia professionistica che hobbistica, rappresentando quindi una sorta di rete naturale. Salute delle api e qualità dell’ambiente (sia naturale che agricolo) sono due concetti strettamente legati: le buone condizioni di salute delle api rappresentano da un lato la garanzia per il servizio di impollinazione della flora spontanea e delle specie coltivate, dall’altro l’indice di una buona qualità ambientale. L’attenzione verso le api e il loro stato di salute ha anche dato il via in passato a due importanti progetti nazionali atti a monito-

rare lo stato delle api e dell’ambiente in cui vivono: il progetto “Apenet: monitoraggio e ricerca in apicoltura” (2009-2010) includeva una prima rete di monitoraggio nazionale tramite alveari, successivamente implementata nel progetto “BeeNet - Apicoltura ed Ambiente in rete”, (2011-2014), che includeva un totale di circa 3.000 alveari, distribuiti in tutta Italia in 300 postazioni da 10 alveari ciascuna. Questi progetti avevano l’obiettivo di individuare le cause degli intensi fenomeni di spopolamento e morie delle famiglie di api, verificatisi in Italia e in altri paesi europei negli anni precedenti. Le api, attraverso la rete di monitoraggio, già in passato hanno quindi permesso di

IL PROGETTO L’attuale progetto “BeeNet: api e biodiversità nel monitoraggio dell’ambiente” (2019-2023) ripropone la rete di monitoraggio degli alveari con un obiettivo differente, quello di rilevare lo stato di salute delle nostre campagne attraverso l’utilizzo degli alveari come sentinelle ambientali. Il progetto è finanziato dalla Rete Rurale Nazionale del MiPAAF nell’ambito degli strumenti di monitoraggio e valutazione delle misure dei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR), in particolare quelle che ricadono sotto la denominazione di “greening”. In sintesi, questa nuova rete ci indicherà quanto siano salubri le zone agricole, quanto siano valide le pratiche agricole applicate, sulla base delle condizioni di insediamento e mantenimento delle popolazioni di api. Le postazioni della nuova rete BeeNet sono costituite ognuna da cinque colonie in buone condizioni di salute e gestite secondo la conduzione apistica propria dell’apicoltore. Su questi alveari vengono misurati alcuni parametri indicatori dello stato di salute delle famiglie e raccolti campioni di api adulte e di pane d’api per le analisi patologiche e chimiche. Solo in alcune postazioni, circa un terzo di quelle totali, tre delle cinque arnie vengono equipaggiate con dispositivi elettronici e sensori in grado di rilevare automaticamente alcuni parametri della colonia; si tratta delle cosiddette 11/2021 | Apitalia | 51


RICERCA smart hives, o “arnie tecnologiche”, che consentono la misurazione e la trasmissione di dati in maniera automatica attraverso la tecnologia IoT. Il progetto è coordinato dal CREA-AA e prevede la collaborazione con le Organizzazioni apistiche nazionali (che a loro volta coinvolgono le Associazioni apistiche regionali o provinciali) e il coinvolgimento degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali e dei Servizi degli Assessorati regionali che sono in vario modo implicati nella gestione del comparto apistico e/o agricolo. LA SELEZIONE DEI SITI-CAMPIONE Il progetto prevede un monitoraggio sull’intero territorio nazionale, attraverso 359 postazioni che rimarranno fisse al sito durante la durata del progetto stesso (Fig. 1). La scelta dei siti-campione è stata operata attraverso una selezione basata su criteri oggettivi, a partire dalle postazioni messe a disposizione da numerosi apicoltori volontari. Dal momento che in questo progetto si intende comprendere la situazione dell’agro-ecosistema attraverso le api, le chiavi di lettura da applicare sono appunto relative a questi due elementi. Innanzitutto, è stato analizzato il contesto territoriale con cui le api si interfacciano: si è quindi considerato un range medio di volo di 1,5 km attorno alle postazioni proposte. In questo range, si è considerato il territorio descrivendolo attraverso il corrispondente uso del suolo, e dato l’interesse del progetto verso 52 | Apitalia | 11/2021

l’agro-ecosistema, sono state scartate a priori quelle postazioni con più del 25% di superficie antropizzata. La cartografia di uso del suolo utilizzata è la Corine Land Cover (CLC), parte di un progetto che mappa a cadenza pluriennale tutta Europa (e non solo), grazie all’ausilio delle immagini satellitari. Questa cartografia riconosce diverse categorie, ma il dettaglio di riconoscimento al momento non risulta sufficientemente specifico per le superfici agricole. CLC infatti nasce con diverse finalità di gestione territoriale e può quindi capitare che il terreno circostante l’apiario da noi preso in considerazione risulti classificato come “seminativo” o “frutteti”. Queste categorie includono però al loro interno svariate colture, e le stesse colture possono essere a loro volta soggette a trattamenti molto differenti tra loro. Per sopperire a tali problematiche, quando possibile abbiamo utilizzato cartografie regionali più dettagliate e le informazioni fornite direttamente dagli apicoltori. Va anche considerata la variabilità temporale spesso necessaria in agricoltura. Infatti molte colture impiegate nei seminativi non possono essere ripetute continuativamente nel tempo; per un mantenimento della fertilità del suolo, devono necessariamente essere soggette a rotazione con altre più arricchenti (tendenzialmente leguminose o prato stabile poi interrato). Infine i PSR, che sostengono il miglioramento ambientale attraverso alcune misure, possono

avere impatti diretti sulla salute di un territorio e delle api che ci vivono. Nell’ampio ventaglio dei finanziamenti legati al PSR, verranno considerati quelli applicati sul territorio (che possono variare da regione a regione) e maggiormente attinenti a miglioramenti ambientali che possano andare a favore delle api (es: misure di greening quali le strisce fiorite, la copertura erbosa nei frutteti, il mantenimento di particolari habitat semi-naturale). Questa analisi sarà fatta in collaborazione con gli uffici regionali preposti. LA RACCOLTA DEI DATI IN CAMPO In ogni postazione del progetto si provvede al costante monitoraggio delle condizioni della colonia, attraverso campionamenti ripetuti 4 volte l’anno. Durante una visita di campionamento, il tecnico incaricato raccoglie i dati compilando schede apposite ed effettua il prelievo dei campioni dagli alveari. L’apicoltore può essere presente al campionamento e contribuire direttamente attraverso la sua consueta conduzione apistica, annotando gli interventi che effettua sulle colonie monitorate (Fig. 2A). Il tecnico di volta in volta intervista l’apicoltore, relativamente allo storico dell’apiario e all’ambiente circostante, avendo una conoscenza approfondita del territorio. Queste informazioni saranno integrate con quelle ottenute dall’analisi cartografica, permettendoci così di ben descrivere l’agroecosistema in cui è inserita la postazione di biomonitorag-


Foto 2 gio e interpretare i dati raccolti. Completato il questionario, è il momento della visita alle cinque colonie: si inizia valutando l’attività di volo di ciascun alveare, quantificando il numero di api in uscita in un intervallo di tempo fisso (30 secondi). La visita prosegue valutando la forza della colonia attraverso il “controllo funzionale”: immaginando di ripartire in sesti la superficie di ogni favo, il controllo funzionale consiste nell’assegnare un valore riferito alla porzione di favo ricoperto da api e da covata (presenza di uova e covata opercolata). In seguito, attraverso un fattore di conversione sarà possibile risalire al numero complessivo di api e di covata presente sulla facciata del favo. Sempre attraverso una scala predefinita, vengono quantificati anche il miele e il pane d’api. Durante il controllo funzionale, vengono anche prelevati campioni di api adulte e di pane d’api. I primi consistono in campioni di api bottinatrici nel numero di circa 50 individui, prelevati dai favi esterni dell’arnia che non presentano covata. Su queste api vengono eseguite analisi molecolari volte ad individuare la

presenza di alcuni patogeni, non soggetti a denuncia veterinaria ma comunque importanti per stabilire lo stato di salute dell’alveare. I campioni di api vengono congelati entro la giornata di raccolta e in seguito mantenuti alla temperatura di -18°C fino al conferimento al laboratorio del CREA-AA per le analisi. Si procede anche al prelievo del pane d’api, avendo cura di campionarlo da più punti in modo da avere un campione rappresentativo per tutto l’alveare. Il carotaggio del contenuto di pane d’api di una cella viene realizzato con l’ausilio di uno strumento apposito, il bee-bread collector, ideato dal dott. Giulio Loglio (ASL Bergamo; Fig. 2B). Anche il campione di pane d’api viene congelato per evitare che eventuali residui chimici possano degradarsi. Sul campione di pane d’api verranno poi eseguite analisi chimiche che permetteranno di stabilire la presenza di sostanze associabili a prodotti fitosanitari e di determinare la qualità nutrizionale del polline.

ni che come già detto non sono, al momento, soggetti a denuncia veterinaria. Questi hanno comunque un’influenza sulle colonie e si necessita di studi che ne chiariscano evoluzione e pericolosità. Le microscopiche dimensioni di questi patogeni richiedono analisi di laboratorio che ne permettano l’identificazione attraverso la lettura del loro codice genetico. È quindi necessario manipolare i campioni di api bottinatrici raccolte in campo, in modo da poter condurre le necessarie analisi molecolari. In BeeNet, queste analisi molecolari sono volte all’identificazione dei seguenti patogeni: il microsporidio Nosema ceranae, i tripanosomatidi Lotmaria passim e Crithidia mellificae, i virus Deformed Wing Virus (DWV), Acute Bee Paralysis Virus (ABPV) e Chronic Bee Paralysis Virus (CBPV). Per completezza di studio, nel progetto attuale vengono anche presi in considerazione due patogeni meno studiati: Crithidia bombi, per arricchire lo studio sulla prevalenza dei tripanosomatidi PATOGENI RILEVATI in Italia, e il Kashmir Bee Virus Il progetto BeeNet focalizza la (KBV) che, come altri già mensua attenzione su alcuni patoge- zionati, è collegato alle infestazio11/2021 | Apitalia | 53


RICERCA ni da Varroa destructor. In laboratorio, da ogni campione raccolto in campo si procede ad analizzare un sottocampione di 10 api attraverso dissezione (Fig. 3A). La procedura analitica adottata prevede l’estrazione (Fig. 3B) degli acidi nucleici, e l’analisi separata del DNA (per le analisi di N. ceranae, L. passim, C. mellificae e C. bombi) e del RNA (per le analisi dei virus). La risposta delle analisi viene anche restituita all’apicoltore che ha fornito il campione, relativamente alla categoria di rischio riscontrata nel campione stesso: negativo, positivo, positivo con allerta. Quest’ultima è una condizione che suggerisce segnali clinici di malattia e indicativa della necessità di un controllo approfondito dello stato delle colonie. A seguito dei primi prelievi, sono già stati analizzati 574 campioni; i risultati preliminari indicano una bassa distribuzione di ABPV, elevata prevalenza di CBPV, una prevalenza di KBV superiore a quella nota. Sono risultati preliminari e devono essere considerati con cautela, perché dovranno essere integrati da nuovi campioni e confermati dalle prossime analisi. RACCOLTA ED ELABORAZIONE DEI DATI La rete di monitoraggio Beenet prevede l’acquisizione di dati di diversa matrice: uso del suolo (dati cartografici), stato di salute degli apiari (controlli funzionali effettuati dai tecnici e monitoraggi in remoto attraverso arnie tecnologiche), dati descrittivi dell’apiario (storico di ogni al54 | Apitalia | 11/2021

veare), dati anagrafici (contatti apicoltori e associazioni di riferimento) e dati ottenuti dall’analisi dei campioni pervenuti (analisi patologiche sulle api e analisi multiresiduali e nutrizionali sul pane d’api). Per procedere all’elaborazione di questi dati è necessario che essi raggiungano il coordinamento del progetto e vengano uniformati in un database generale. Per quanto concerne la modalità di raccolta dei dati, possiamo identificare le seguenti tipologie: dati acquisiti in forma cartacea, quali i valori assegnati durante il controllo funzionale e riportati sulle schede dai tecnici, o le informazioni descrittive ottenute durante le interviste. Questi dati verranno in seguito digitalizzati ed uniformati per facilitarne la lettura in modo automatico. Un altro tipo di dato sono quelli acquisiti direttamente in formato digitale: questi includono le informazioni da cartografia e quelle inviate dalle arnie tecnologiche. Infine ci sono i dati ottenuti dalle analisi di laboratorio, immediatamente digitalizzati e inseriti nel database. Il database riconoscerà un elemento d’unione in grado di far convergere i diversi tipi di informazioni. L’elemento di unione dei diversi dati è costituito dall’unità di base della rete di monitoraggio, cioè la postazione, che a sua volta è costituita da cinque alveari. Parte delle informazioni ottenute verranno restituite direttamente all’apicoltore, per quel che concerne i risultati relativi alla sua postazione. Altre informazioni verranno analizza-

Foto 3 te con una visione più ampia del territorio, a carattere regionale e nazionale. Considerata la complessità del sistema, è stato creato un codice univoco (Fig. 4) di identificazione della postazione e la formattazione dei dati prevede che vengano riportati e conservati in versione digitale e messi in relazione tra loro proprio grazie a tale codice. Il formato del codice univoco tiene conto della praticità di utilizzo da parte dei diversi operatori, integrando un’informazione molto utile dal punto ti vista pratico, chiamata codice “intuitivo”: un breve codice mnemonico composto da 3 lettere che fa riferimento al nome della località in cui la postazione si trova. Infine, per l’ottenimento dei dati sopracitati, si rendono necessarie a) la creazione di una rete di comunicazione con le associazioni


apistiche e gli apicoltori, e b) la creazione di una rete di raccolta dei campioni in “punti di ritiro” predefiniti. La complessità del primo punto è naturalmente data dalla molteplicità di realtà coinvolte, dalle associazioni ai loro tecnici agli apicoltori stessi. Tale rete di contatti è necessaria per fornire le informazioni, per lo scambio di protocolli e di materiale necessario all’ottenimento dei campioni, per rispondere a dubbi-domande e dare assistenza sulla modalità di campionamento. La complessità del secondo punto è relativa alla “fragilità” dei campioni raccolti: essi devono essere mantenuti ad una temperatura di -18°C. Si rende quindi necessario creare dei punti di raccolta e mantenere alta l’attenzione sullo stato di conservazione dei campioni fino al raggiungimento del laboratorio. RISULTATI E CONCLUSIONI Il progetto ha subito un ritardo di oltre un anno a causa della pandemia, che, oltre ad ostacolare l’attività sul campo, ha rallentato le già complesse procedure burocratiche necessarie per l’avvio della rete. I primi campionamenti sono stati effettuati a marzo del 2021 in

Emilia-Romagna, regione in cui le postazioni sono gestite direttamente dai tecnici del CREA, e a giugno 2021 nelle restanti regioni italiane. Nei prossimi mesi si completeranno i quattro campionamenti annuali e all’inizio del 2022 si potranno trarre le conclusioni sul primo anno di attività della rete. Dopo la predisposizione della rete sul campo, che si è avvalsa della collaborazione delle Organizzazioni apistiche nazionali, gli aspetti che sono risultati maggiormente critici sono state le procedure di raccolta dei campioni e il loro trasporto alla sede CREA di Bologna. Per risolvere questo problema si sono presi accordi con le reti degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali presenti nelle diverse regioni, che dispongono di capillari sistemi di trasporto di campioni refrigerati tra le loro sedi e possibilità di stoccaggio, in grado di “ospitare” anche i campioni del progetto. A tale scopo saranno siglati contratti di collaborazione tra il CREA e i singoli Istituti Zooprofilattici, che possono prevedere anche attività scientifiche di comunque interesse. Un aspetto importante del progetto BeeNet è proprio quello di met-

tere in rete diversi attori a livello istituzionale e di ricerca: per ogni regione italiana si stanno creando gruppi di lavoro tra gli amministratori locali, le associazioni e i tecnici apistici e i ricercatori del CREA, che permetteranno lo scambio tra il coordinamento centrale e le diverse realtà regionali per la pianificazione delle attività sul territorio. Il progetto ha inoltre l’ambizione di avviare collaborazioni con altre esperienze già esistenti in Italia su tematiche analoghe, per ottimizzare le risorse e mettere in condivisione i risultati. Nonostante le problematiche sopra descritte, ad oggi BeeNet ha approntato una solida squadra di lavoro e una rete ben organizzata, per far convergere dati e informazioni in grado di dare risposte che possano aiutare a migliorare le condizioni generali dell’agroecosistema e delle api. Il monitoraggio e la valutazione sono infatti strumenti centrali per garantire una maggiore efficienza ed efficacia nell’attuazione dei PSR, finalizzati al miglioramento dei sistemi di gestione, alla valutazione degli effetti delle azioni realizzate e all’individuazione di interventi sempre più efficaci. Laura Bortolotti, Antonio Nanetti, Irene Guerra, Sergio Albertazzi, Vittorio Capano, Manuela Giovanetti

Foto 4

CREA - Centro Agricoltura e Ambiente (CREA-AA) 11/2021 | Apitalia | 55


RICERCA

API BIOINDICATORI DI VIRUS

LA RICERCA DEL CREA-AA: SI APRONO SCENARI FUTURI

Un esperimento avviato nell’ambito del Progetto BeeNet ha dimostrato per la prima volta la possibilità di utilizzare le api nel monitoraggio di patogeni umani aerodispersi.

L

e api, ormai sentinelle riconosciute della salute ambientale, sono risultate in grado di intercettare il virus SARS-CoV-2, agente della COVID-19, durante la loro attività di volo. Questo è quanto emerso dallo studio pubblicato sulla rivista “Science of the Total Environment” e realizzato nell’ambito del progetto BeeNet, coordinato da CREA Agricoltura e Ambiente e finanziato dal Mipaaf.

56 | Apitalia | 11/2021

GLI ALVEARI POTRANNO MONITORARE L’INFLUENZA

Foto Gerd Altmann

IL CONTESTO DI PARTENZA Da tempo, la capacità di esplorazione ambientale delle colonie di api mellifere supporta la rilevazione di contaminanti e, più in generale, il monitoraggio della salute dell’ecosistema. In qualche caso le api hanno dimostrato anche efficacia nell’individuazione di fitopatogeni. Studi pubblicati nelle fasi di pandemia da COVID-19 hanno identificato concentrazioni misurabili del virus SARS-COV-2 nelle polveri sottili aerodisperse, ottenute da campionatori automatici.

LE AZIONI CONDOTTE Osservando localmente la coincidenza fra le elevate concentrazioni di polveri sottili nell’aria e circolazione virale durante il terzo picco pandemico nazionale, si è concretizzata l’idea di utilizzare le api anche per il monitoraggio di patogeni umani aerodispersi. La prova è stata condotta in una giornata soleggiata di fine inverno, nell’apiario della sede di Bologna


del Centro di Ricerca Agricoltura e Ambiente del CREA. Sono stati realizzati dispositivi atti alla cattura di particelle trasportate dalle api e mantenuti davanti all’ingresso di volo di dieci alveari per tutta l’attività giornaliera delle api bottinatrici. Quindi, le colonie sono state aperte per prelevare campioni dalla superficie dei favi e di “pane d’api”, cioè le masse di polline compresso e immagazzinato nelle celle. I RISULTATI Tutti i campioni prelevati all’ingresso degli alveari sono risultati positivi per SARS-COV-2, indicando la capacità delle api bottinatrici di intercettare il virus durante la loro attività di volo. Ogni alveare possiede migliaia di queste api operaie con il compito di esplorare l’ambiente alla ricerca di risorse da trasportare al nido. In una giornata di attività, il loro insieme può entrare in contatto con centinaia di metri cubi d’aria, trattenendo particelle aerodisperse grazie al corpo densamente ri-

coperto di peli. Al contrario, nessuno dei campioni interni ha mostrato presenza dell’agente infettivo di COVID-19, elemento che esclude le api stesse e i loro prodotti da un’eventuale trasmissione di SARSCOV-2. I dati rilevati, quindi, non segnalano rischi per gli apicoltori in seguito alla manipolazione di api, favi e altri elementi costitutivi del nido, né per i consumatori dei prodotti dell’alveare, come miele e polline. “Questo studio sperimentale ha dimostrato per la prima volta la possibilità di utilizzare le colonie di api nel monitoraggio di patogeni umani aerodispersi. I risultati incoraggiano a proseguire questa ricerca, che può essere rilevante per la salute pubblica, contribuendo a migliorare la nostra capacità di prevedere ondate epidemiche anche meno gravi di quella di COVID-19, come quelle della comune influenza stagionale - spiega Antonio Nanetti, ricercatore CREA Agricoltura e Ambiente

e coordinatore dello studio - Occorre però individuare i limiti di sensibilità di questo metodo nei confronti di vari patogeni aerodispersi, anche in rapporto alle variabili ambientali”. LA PROPOSTA Le evidenze ottenute suggeriscono la possibilità di costituire reti di monitoraggio basate sulle api e finalizzate alla sorveglianza epidemiologica. Il loro utilizzo, infatti, a differenza dei campionatori automatici impiegati nella rilevazione delle polveri sottili, è flessibile poiché non richiede infrastrutture specifiche e può essere facilmente replicato, adattandolo alle diverse caratteristiche del territorio.

INFO Per chi vuol saperne di più ecco il link all’articolo originale: https://www.sciencedirect.com/ science/article/pii/S0048969721 054048?via%3Dihub

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