Apitalia 12/2020

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Apitalia - Corso Vittorio Emanuele II, 101- 00186 - Roma - ITALY - UE - ISSN: 0391 - 5522 - ANNO XXXXV • n. 12 • Dicembre 2020 •- 710 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/03 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1 Comma 1 – Roma Aut. C/RM/18/2016

| Testata giornalistica fondata nel 1974 | Direttore Raffaele Cirone |

BUONA SALUTE A TUTTI





EDITORIALE

PANDEMIA DOLCE

INVERSIONE DI TENDENZA NEI CONSUMI FAMIGLIARI SI USA PIÙ MIELE, MA A DOMINARE

Foto Willfried Wende

È SEMPRE L’IMPORT

N

on pare vero che col finire del 2020, annus horribilis della nostra epoca, ci scappi anche una buona notizia: le famiglie italiane starebbero riscoprendo il miele. Lo riferisce un rapporto dell’ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), che presentiamo in questo numero di Apitalia per i dati di sicuro interesse che ciascuno di noi vorrà approfondire. Emerge dunque che la maggiore attenzione alla salute durante l’emergenza sanitaria e il protrarsi della nostra permanenza tra le mura di casa, sarebbero i fattori che hanno contribuito a stimolare le vendite, nei primi 9 mesi del 2020, ad un incremento del 13% in volume. Dati giustamente interpretati come un’inversione di tendenza; ne consegue, inoltre, che lo stare a casa costretti a ritmi e rituali più naturali - induce al maggior uso di miele. È una bella notizia, almeno in parte. L’incremento tendenziale dei consumi durante la pandemia, infatti, non ha finora aiutato il prodotto nazionale e non è detto che il fenomeno sia stabile nel tempo. Analizzando i rilevamenti Istat sugli acquisti di miele in Italia, vediamo inoltre che il prodotto d’importazione domina stabilmente, nella grande distribuzione, più del 50% del mercato nazionale ed europeo. Per agganciare la crescita dei consumi di miele, dunque, la nostra apicoltura dovrà prima produrre maggiori quantità, poi farsele pagare il giusto e, infine, sperare in una campagna promozionale che spieghi ai consumatori perché italiano è meglio. Prima, durante o dopo una pandemia. P.S.: Vi auguriamo di essere presto testimoni di un annus mirabilis per la nostra apicoltura. Intanto buona salute a tutti! Raffaele Cirone

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SOMMARIO

Apitalia N. 710 | 12/2020 | gli articoli

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5 EDITORIALE Pandemia dolce

Raffaele Cirone

10 PRIMO PIANO Apicoltura biologica

Nostro Servizio

12 AGENDA LAVORI. NORD-OVEST Che fortuna l’inverno!

Alberto Guernier

15 AGENDA LAVORI. NORD Il glomere antigelo

Maurizio Ghezzi

19 AGENDA LAVORI. NORD-EST Niente morie per fame 22 AGENDA LAVORI. CENTRO Controllo consumi

22

Giacomo Perretta Matteo Giusti

26 AGENDA LAVORI. SUD Sconvolgimenti epocali

Santo Panzera

32 AGENDA LAVORI. SUD E ISOLE Impariamo a contare 44 PATOLOGIA Ossalico salvavita

Vincenzo Stampa

Pier Antonio Belletti, Andrea Chicco, Marilena Tiziana Mazzariol

50 CULTURA Quattro ladri di miele

Angelo Camerini

54 FLORA APISTICA I pollini di emergenza

Giancarlo Ricciardelli D’Albore

lo speciale

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- ISMEA TENDENZE Boom dei consumi di miele durante la pandemia


i nostri recapiti

i nostri riferimenti: per pagare

Quell’ape che fa da sigillo ad una confezione regalo: è al tempo stesso una meritata pausa dopo il lungo volo di una stagione che volge al termine, la curiosa e costante ricerca di qualcosa di buono, il dono inatteso a chi l’ha preservata da ogni tipo di avversità. Nell’anno della pandemia è questo che abbiamo imparato: il valore inestimabile di ciò che può dirsi essenziale.

hanno collaborato a questo numero

abbonamenti: quanto costano 1 anno (10 numeri carta) € 30,00 2 anni (20 numeri carta) € 54,00 Italia, una copia/arretrati € 5,00 Estero: varia per area geografica, richiedere preventivo

Alberto Guernier, Maurizio Ghezzi, Giacomo Perretta, Matteo Giusti, Santo Panzera, Vincenzo Stampa, Pier Antonio Belletti, Andrea Chicco, Marilena Tiziana Mazzariol, Angelo Camerini, Giancarlo Ricciardelli D’Albore, Fabrizio Piacentini, Patrizia Milione, Alessandro Patierno.

marcatura dell’ape regina Secondo un codice standardizzato, le regine sono marcate con un colore (tabella a lato) per permettere all’apicoltore di riconoscerne l’anno di nascita

azzurro

bianco

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verde

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(ultimo numero dell’anno di allevamento, esempio “2020”)

i nostri VALORI “Il mio non sol, ma l’altrui ben procuro” è il motto che accompagna le firme storiche dell’editoria apistica italiana da cui Apitalia trae origine.

Una Giuria internazionale ci ha premiati come miglior rivista di apicoltura, per i contenuti tecnico-scientifici e la qualità fotografica.

La moneta di Efeso, con l’ape come simbolo riconosciuto a livello internazionale già 500 anni prima di Cristo.

Abbiamo sottoscritto “Il Manifesto di Assisi”, per un’economia a misura d’uomo. Come apicoltori ci riconosciamo nel Tau.

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PRIMO PIANO

APICOLTURA BIOLOGICA

VIENE MESSA IN DISCUSSIONE LA NATURA DEI SITI PRODUTTIVI Nostro Servizio

I

competenti Uffici della PQAI tarlo, alla luce di quanto sta accaI - Agricoltura Biologica e dendo: sistemi di qualità alimentare nazionale e affari generali, del Articolo 13 Ministero delle Politiche Agricole, Requisiti e condizioni di ricovero Alimentari e Forestali, hanno di specifici applicabili all’apicoltura recente esaminato con i referenti 1. L’ubicazione degli apiari nazionali dell’agricoltura biologica deve essere tale che, nel raggio (Enti di Certificazione e Associadi 3 km dal luogo in cui si trozioni) le modalità applicative adotvano, le fonti di nettare e polline tate dall’Italia in merito all’art. 13 siano costituite essenzialmente del Reg. CE 889/2008. La Comda coltivazioni ottenute con missione europea, infatti, sta raccoil metodo di produzione biogliendo pareri tecnici sulla corretta logico e/o da flora spontanea interpretazione da darsi all’articolo e/o da coltivazioni sottoposte a in questione, che definisce i requicure colturali di basso impatto siti che debbono avere gli apiari quando vengono collocati in determinati siti produttivi destinati alla produzione biologica. Il Regolamento europeo in questione, il n. 889/2008 della Commissione, del 5 settembre 2008, è il provvedimento che disciplina attualmente la materia e che reca le “modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, per quanto riguarda la produzione biologica, l’etichettatura e i controlli”. Appare utile, quindi, riportare intanto l’articolo, anche per rivalu8 | Apitalia | 12/2020

INGIUSTIFICABILE LA RICHIESTA DELLA BULGARIA


ambientale equivalenti a quelle descritte all’articolo 36 del regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio (12) o all’articolo 22 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio (13) che non incidono sulla qualifica della produzione apicola come produzione biologica. I requisiti sopra esposti non si applicano alle aree che non sono in periodo di fioritura o quando gli alveari sono inoperosi. LA NORMA ORIGINARIA NON LASCIA DUBBI La Commissione europea, secondo la quale l’ubicazione degli apiari è un requisito essenziale per la produzione di miele biologico, ha informato l’Italia e gli altri Stati a proposito del fatto che la Bulgaria sarebbe orientata ad interpretare le regole sull’ubicazione degli apiari applicandole solo alle colture che sono fonti di nettare e polline: secondo questo principio, pertanto,

i controlli degli Enti di certificazione non dovrebbero tener conto delle altre colture presenti all’interno dell’area interessata (entro i 3 km di distanza dagli alveari). Nel frattempo, la Commissione europea ha richiamato l’attenzione degli operatori su un ulteriore elemento normativo il cui contenuto riportiamo di seguito: Articolo 14 comma 1), lettera b), punto IX), del Regolamento (CE) n. 834/2007 Gli apiari devono essere collocati in aree che assicurano fonti di nettare e polline costituite essenzialmente da colture prodotte biologicamente o, se del caso, da vegetazione spontanea o foreste gestite in modo non biologico o colture che sono trattate solo con metodi a basso impatto ambientale. Gli apiari devono essere mantenuti a una distanza sufficiente da fonti che possono portare alla contaminazione dei

prodotti dell’apicoltura o alla cattiva salute delle api. Esistono quindi diversi elementi per valutare l’ubicazione legalmente corretta degli apiari: la loro distanza da colture non prodotte biologicamente deve essere di 3 km; distanza entro la quale le sorgenti di nettare e polline debbono essere costituite essenzialmente da colture biologiche e/o vegetazione spontanea e/o colture trattate con metodi a basso impatto ambientale (uso sostenibile di seminativi o terreni forestali, come Natura 2000). SI CHIEDE UN’INGIUSTIFICATA SEMPLIFICAZIONE La posizione espressa dalla Bulgaria, pertanto, appare come una semplificazione ingiustificata di quello che è il vero indirizzo dell’articolo del Regolamento n. 889/2008, secondo il quale si dovrebbe tenere conto dell’intera area entro i 3 km dall’ubicazione degli

Foto ammuina.org

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numeri

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apiari, per il semplice fatto che una determinata coltura anche se non utilizzata principalmente come fonte di polline potrebbe portare a contaminazioni e, per di più, essendo coltivata secondo metodi convenzionali potrebbe contaminare la produzione di miele che avviene nella stessa zona. Di qui la ragione per cui è stato nuovamente sollecitato, dalla Commissione alla Bulgaria, di fornire le informazioni già richieste e quindi di confermare la loro interpretazione e la natura dei controlli. Anche gli altri Stati membri sono stati invitati a condividere la loro esperienza e le pratiche di controllo adottate per garantire il rispetto dei criteri di localizzazione degli apiari biologici. CONSIDERAZIONI E INDIRIZZI EMERGENTI IN ITALIA Le prescrizioni introdotte dall’articolo 13 del Reg. CE 889/2008, relative ai requisiti e alle condizioni cui l’apicoltura deve attenersi per

poter essere certificata in “regime biologico” sono state finora oggetto, in Italia, di sistematico rispetto da parte degli Enti certificatori e delle aziende apistiche certificate; la comunità apistica nazionale, nondimeno, vede gli operatori in “regime convenzionale” rispettare i princìpi introdotti da tale provvedimento. Non potrebbe essere diversamente, del resto, visto che l’Articolo 78 del medesimo Regolamento stabilisce “Misure di controllo specifiche per l’apicoltura” con obbligo di esibire, da parte degli operatori, prove documentali e adeguate analisi atte a dimostrare che le aree di bottinatura degli alveari rispondono ai criteri fissati dal Legislatore europeo. È da intendersi pertanto fuorviante, come tale non condivisibile, la proposta avanzata che ritiene di dover limitare le valutazioni sulla tipologia delle aree di pascolo degli alveari “bio” ai soli parametri sulle fonti nettarifere e pollinifere visitate dalle api. È noto, in realtà, che in un qualsiasi ecosistema gli alveari

entrano in contatto con altri elementi - la melata, la propoli, l’acqua, la rugiada, la guttazione vegetale, i complessi nutraceutici, le molecole chimiche e i metalli pesanti - che sono tutti possibili fattori di valorizzazione o contaminazione delle matrici alimentari che le api introducono all’interno dell’alveare. La proposta della Bulgaria, in definitiva - si legge in un documento sottoposto all’esame del Ministero, elaborato dalla FAI-Federazione Apicoltori Italiani - oltre che essere insostenibile sotto il profilo tecnico-scientifico, introdurrebbe elementi di concorrenza sleale tra apicoltori dell’Unione Europea e risulterebbe in evidente contrasto con il Regolamento comunitario oltre che con le più comuni buone pratiche apistiche che gli Apicoltori - biologici e convenzionali - sono chiamati a rispettare. Il che motiva il parere contrario alla modalità interpretativa avanzata dalla delegazione bulgara.

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AGENDA LAVORI. NORD-OVEST

CHE FORTUNA L’INVERNO!

QUESTO È IL TEMPO PER RIORGANIZZARE GLI APIARI di Alberto Guernier

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Foto Fernando Moital

uando iniziai l’attività di apicoltore, prima per curiosità e con pochissimi alveari, nell’ordine di due o tre, poi per passione e voglia di risultati come è naturale che sia e che avvenga a tutt’oggi a chi decide di intraprendere l’avventura, mi immaginavo il futuro e l’ordine con cui tutto questo si sarebbe svolto. Ordine e metodo; d’altro canto, la mia scorta di letture, come per molti di noi, un po’ autodidatti e un po’ no, per tanto forbita e variegata che fosse, faceva sempre intravedere e intendere che l’apicoltura era fatta di file ordinate di alveari tutti perfettamente funzionanti! A conferma di questa immagine permanente nella mia testa, c’era quello che vedevo andando a trovare altri apicoltori esperti e visitando i loro apiari: anche qui, or-

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dinate file di alveari perfettamente funzionanti! Potete immaginare il mio disappunto nel volgere lo sguardo al mio apiario e vederlo difforme da quanto immaginato, o quantomeno fuori da quel maledetto schema che albergava nella mia mente... Non capivo quasi come, in pochi anni di attività, fossi riuscito ad arrivare ad accumulare un simile guazzabuglio, pur nel tentativo di seguire un ordine mentale preciso. Questo articolo lo dedico dunque a chi è all’inizio di una splendida avventura e a chi quella splendida avventura ancora la deve vivere, magari la prossima primavera. Quando si diventa “apicoltori” e si frequentano le associazioni territoriali, rivenditori e magazzini specializzati, si è ancora particolarmente plasmabili e suscettibili alle

UNIFORMARE, METTERE ORDINE, SERRARE LE FILE


nozioni che ci arrivano “dall’ambiente apistico” che ci circonda ed anche alle offerte e alle occasioni. Noi volevamo una bella fila di coloratissime arnie con portichetto da 10 favi D.B. e nel giro di pochi mesi ci siamo ritrovati con robustissime arnie del nonno da 12 favi con tetto a due falde con “mansarda abitabile”, accanto ad arnie a cubo, in cui ci sono magari le api che abbiamo acquistato, oppure i nuclei che ci hanno venduto e, come sempre più spesso accade, senza chiederci la restituzione del cassettino. Un apicoltore che smette e ci svende o regala dei melari, magari che aveva fatto lui un po’ più bassi, perché aveva gli escludi regina con la cornice in legno (pratica-

mente un ricordo), altre bellissime casse con coprifavi dai bordi più bassi, perché magari avevano il vantaggio di essere scomponibili in due parti, arnie con fondo mobile, altre con quello fisso, ideali per numerosi spostamenti che probabilmente non effettueremo mai, maniglie grandi ed agevoli o inesistenti appigli. Insomma, erano tutte occasioni: sono stati soldi risparmiati, il materiale era sano, rilevato da persone serie. Situazioni forse che non sono neppure tutte dipese da una espressa volontà di sperimentare, benché, sia importante e logico anche un minimo di sperimentazione e di prove... ma, ecco, è così che ci si ritrova, spesso senza vo-

lerlo, in un fatidico guazzabuglio! Come se non bastasse, ogniqualvolta che c’era uno sciame, in un periodo già di per sé pieno di lavoro, il “nuovo nato” veniva posto provvisoriamente dove c’era spazio (e magari in quella cassa che mi ero proposto di non usare mai, proprio per quella sua dissimilitudine con tutto il resto) e quella famiglia fucaiola che avevo scosso lasciava, ancora una volta con altre, il suo buco in un apiario “sdentato”... Poi finalmente, arrivava l’inverno! Ed arriva fortunatamente ancora, perché qualche pasticcio si continua a farlo ed è fisiologico che ci sia un minimo di disordine in apiario a fine stagione. L’inverno, con i suoi lunghi periodi di inattività delle api,

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AGENDA LAVORI. NORD-OVEST ci dà adesso la possibilità di rimediare e di rimettere ordine alle cose. Procederemo quindi analizzando con calma ed obiettività la posizione stessa dell’apiario: spesso, nonostante ci sia stato un certo ragionamento nella sua creazione, ci siamo accorti poi lavorandoci di come fosse troppo vicino al confine con la strada o con il vicino di casa; oppure, solo per qualche metro scomodo per la movimentazione dei melari. Dei supporti decisamente poco “in bolla” ci hanno contrariato ogni volta che non siamo riusciti a riempire i nutritori, traverse dei supporti troppo ravvicinate o troppo lontane, con i nuclei che non stanno né su né giù... con il pericolo mortale di andare a chiuderne inavvertitamente la porticina al minimo movimento. Forse ancora con il nostro pensiero si potrebbe andare, ora, a tutte le volte che abbiamo dovuto tagliare l’erba sotto alle casse in piena stagione, quando sarebbe bastato stendere sotto ai supporti un buon telo da pacciamatura. Perché non prestare finalmente attenzione a quell’albero che sembrava regalare un po’ d’ombra alle nostre brave lavoratrici, ma che adesso, col senno di poi ed il tempo trascorso, pende pericolosamente sul nostro apiario? Allora, ancora una volta, questo è il momento di metterci al lavoro, per rimettere le cose a posto superando i motivi che durante la stagione produttiva avevano reso impossibili queste operazioni. Prevenire la deriva ed il caos che ne potrebbe pericolosamente derivare, dato dal grande senso di apparte14 | Apitalia | 12/2020

nenza delle api alla loro famiglia, ma anche dalla relativa posizione della stessa che a volte favorisce l’afflusso di api bottinatrici di altre colonie, è un altro degli aspetti su cui si può intervenire in questo periodo. In settimane con temperature molto basse, degne di un inverno classico al Nord Ovest del Paese, operando con calma e attenzione, magari facendoci aiutare da qualcuno (le api non devono ricevere pericolosi scossoni, che le farebbero cadere sul fondo dell’arnia andando incontro a morte certa), si potranno spostare e/o togliere gli alveari dalla posizione che occupano per ricollocarli in un altro posto, oppure come già detto, anche solo provvisoriamente per effettuare una “risistemazione” dei supporti che formano l’apiario. I nuclei che abbiamo costituito, magari con l’intenzione di limitare la sciamatura, che adesso occupano sporadici posti tra una cassa e l’altra, possono ora andare ad occupare uno spazio tutto dedicato a loro, magari opportunamente avvicinati a ridosso l’un l’altro, giovando della protezione reciproca contro il freddo; si porrà attenzione in questo caso, affinché alla fine dell’inverno essi abbiano attorno lo spazio per

essere travasati in arnie da produzione (procedendo prima ad un loro graduale allontanamento, di pochi centimetri per volta, fino ad arrivare alla giusta posizione). Quello che non si può fare (se non in casi di effettiva improvvisa necessità e solo nelle ore più calde, con temperature che comunque lo permettano), è il travaso delle famiglie. È possibile acquistare adesso quello che manca, verniciare quello che occorre, ordinare quello che in primavera-estate non si troverebbe a magazzino (con il risultato che saremmo costretti ancora una volta ad acquistare materiale diverso) e, volendo, posizionarlo già in apiario, pronto a sostituire quello provvisoriamente messo in campo quando non avevamo altro materiale più idoneo. Il lavoro che avremo fatto adesso non sarà solo una miglioria “estetica”, ma ci permetterà di lavorare al meglio, senza inutili perdite di tempo, quando il tempo varrà oro e le giornate ne saranno avare. Con l’augurio che il nuovo anno porti a tutti meritate soddisfazioni, vi auguro ancora una volta buon lavoro! Alberto Guernier


AGENDA LAVORI. NORD

IL GLOMERE ANTIGELO

OCCHIO VIGILE VERSO I SEGNALI ESTERNI di Maurizio Ghezzi

EVITARE I RISTAGNI

gio e di lavoro limitano il passaggio delle fredde correnti d’aria all’interno del loro nido per cercare di conservare, con il minor dispendio d’energia possibile, la giusta temperatura. In questo periodo della stagione, infatti, le temperature iniziano a farsi sempre più prossime allo zero, particolarmente nelle prime ore della mattina e durante la notte; tuttavia, le nostre apette non temono più di tanto il freddo e lo combattono molto bene. Esse all’interno dell’alveare, dopo essersi raggruppate aggrappan-

Foto www.fragolebio.it

DI UMIDITÀ

P

ioggia, neve, vento e freddo… potrà mai il meteo di questo periodo essere più clemente con le nostre operaie dal grembiule nero e giallo? È così, questi giorni segnano inesorabilmente l’arrivo dell’inverno, ma le nostre compagne alate si organizzano all’interno del loro nido raggruppandosi in glomere, che sarà sempre più serrato, intorno alla propria regina, quanto più la temperatura all’esterno dell’alveare si farà rigida e insopportabile. In tale modo le compagne di viag-

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dosi le une alle altre, consumano le riserve di cibo accumulate con sapiente diligenza, per far vibrare i loro muscoli e generare il calore necessario a mantenere la temperatura su valori di 13-17 °C indispensabili per una serena sopravvivenza. Più la temperatura esterna scende più il glomere si fa serrato con le api abbracciate strette fra loro per conservare al meglio il calore faticosamente prodotto. Se è vero che le temperature fredde non rappresentano un problema per le nostre colonie è altrettanto vero che l’umidità rappresenta un temibile pericolo: questo è il motivo per cui dobbiamo sincerarci che i nostri alveari siano sufficientemente aerati! Ciò non vuol dire lasciarli esposti a correnti d’aria fredda, ma semplicemente controllare che al di sotto di essi non vi siano erbacce e/o sterpaglie che impediscano un corretto ricambio. Per impedire che l’umidità, presente nel nido, ristagni sotto forma di piccole gocce di condensa sarebbe opportuno mettere dei piccoli ri16 | Apitalia | 12/2020

alzi nella parte posteriore dell’alveare in maniera tale che, grazie all’inclinazione creata, le goccioline d’umidità condensatesi sulle pareti possano scivolare in avanti fuoriuscendo dalla porticina di volo e di conseguenza garantendo un ambiente più salubre. Nell’arnia come del resto nella nostra casa la maggior dispersione di calore avviene verso l’alto e quindi verso il tetto. Per questo motivo, per aiutare le nostre preziose operaie a mantenere un miglior tepore nell’alveare con un minor consumo di energia, è necessario isolare l’interno dei coprifavi con materiale coibentante come lana di roccia, spessi fogli di polistirene, vecchi stracci di lana, paglia, foglie secche oppure semplicemente con fogli di giornale. Nella circostanza assicuriamoci ancora una volta che i tetti delle arnie siano ben saldi e ben fissati così che non prendano il volo a seguito di forti e fredde raffiche di vento abbastanza frequenti durante tale periodo della stagione. Se vi saranno precipitazioni nevo-

Foto 3Bee.it

AGENDA LAVORI. NORD

se, magari anche abbondanti, non preoccupiamoci più di tanto: la neve che circonda gli alveari non costituisce un pericolo poiché essa è permeabile al passaggio dell’aria e consentirà comunque che avvenga il regolare ricambio di atmosfera all’interno del nido. Preoccupiamoci invece che non si formi del ghiaccio nei punti in cui avviene lo scambio d’aria fra esterno ed interno dell’alveare in quanto il ghiaccio, contrariamente alla neve, non permette lo scambio dei gas. In caso di neve sarebbe meglio oscurare l’ingresso per impedire che i raggi del sole illuminando l’interno dell’alveare richiamino qualche operaia temeraria a uscire per librarsi in un breve ma pericolosissimo volo, infatti, se essa si poserà sulla neve sarà purtroppo destinata a morte certa. Probabilmente, come spesso accade, questo periodo ci regalerà ancora qualche bella giornata con temperature gradevoli, soprattutto intorno alle ore centrali, che consentiranno alle nostre apette di


regalarsi qualche breve e timida uscita dall’alveare magari per un piccolo volo di purificazione. Questo è il momento, per noi apicoltori, di compiere delle piacevoli passeggiate di sorveglianza all’interno dei nostri apiari, per vedere che i freddi venti del nord non abbiano scoperchiato qualche alveare, per soppesare le arnie valutandone il peso e la presenza di buone riserve di cibo, per liberare il predellino di volo dalla possibile formazione di ghiaccio dopo forti nevicate, così che all’interno del nido sia sempre garantito un buon ricambio d’aria; ma anche per accertarsi che qualche picchio verde non abbia dispettosamente creato pertugi nelle pareti delle nostre arnie ed

eventualmente correre ai ripari, per ascoltare e interpretare l’assordante silenzio dei nostri alveari: esso saprà, in effetti, fornirci molte più indicazioni di quanto non si possa immaginare. Le colonie, adesso, dedicano la maggior parte del tempo a loro disposizione alla regolazione della temperatura e la covata è pressoché inesistente (o per lo meno dovrebbe esserlo, salvo che non si presentino eccezionalmente inverni miti come quello dello scorso anno) e le famiglie mostrano un’attività notevolmente rallentata. Il fatto che il riposo e la pace siano ora predominanti all’interno dei nostri alveari non ci autorizza ad assumere un atteggiamento di

negligenza e a lasciare incustodito il proprio apiario. Il saggio apicoltore sa sempre buttare un occhio, anche in questo periodo della stagione, alle sue postazioni per accertarsi che tutto proceda nel verso giusto. È comunque importante, durante le nostre visite in apiario, non fare rumore, né creare scompiglio attorno al perimetro delle arnie per non disturbare le nostre amiche mentre si stanno godendo un più che meritato riposo. Con buona probabilità, durante questi giri ispettivi, ci capiterà di verificare la presenza di un certo numero di api morte stese sul predellino di volo; non spaventiamoci oltre misura: in codesto periodo è purtroppo una situazione assolutamente

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AGENDA LAVO RI. NORD normale. Durante l’inverno, infatti, un alveare può perdere all’incirca un numero variabile fra duemila e tremila individui della sua popolazione. Per un comportamento igienicamente corretto sarebbe meglio, ma non indispensabile, con una piccola spazzola rimuovere i cadaveri dalla plancia di volo anche per garantire un miglior ricambio d’aria all’interno del nido. Se del tempo ne rimane, facciamo pulizia sul perimetro delle nostre arnie, rimuovendo erbacce e sterpaglie che potrebbero, riducendo la circolazione dell’aria, creare la condizione per un aumento d’umidità all’interno delle stesse, cosa questa sempre poco auspicabile. Mi raccomando, tutti questi lavori eseguiamoli senza mettere in moto apparecchiature meccaniche fonte di rumore e di disturbo per le inquiline dedite al riposo all’interno dei loro nidi. Il nostro comportamento in apiario, in questo periodo, dovrà essere sempre attento a non provocare turbamento alle api: infatti, se si agitano consumano e se consumano diminuiscono le scorte alimentari che esse hanno sapientemente e certosinamente accumulato nel nido per poter trascorrere in serena tranquillità questo lungo e freddo periodo invernale. Oltre a ciò ricordo che una sovralimentazione porterà a un maggior ingombro intestinale che, vista la difficoltà ad abbandonare il nido per brevi voli, potrebbe provocare una ripercussione sull’igiene della colonia con le conseguenze che tutti possiamo ben immaginare. Se durante le nostre ispezioni in apiario, soppesando un alveare, doves18 | Apitalia | 12/2020

simo accorgerci che la famiglia ha scarsa riserva di cibo non esitiamo a somministrare del prelibato candito così che la stessa non rischi di morire di fame. A parte queste piccole incombenze, quando le giornate sono più clementi, la gran parte del lavoro che ci impegnerà sarà sicuramente da svolgere in laboratorio. Se non lo abbiamo ancora fatto è questo il momento propizio per dedicarci alla pulizia ed alla sterilizzazione a fiamma degli attrezzi che dovremo utilizzare alla ripresa della stagione: prepariamo telai e telaini armandoli e attrezzandoli con foglio cereo, così che questo lavoro non lo si debba fare con affanno alla ripresa della prossima stagione. Avremo sicuramente vecchie arnie da risistemare, procuriamone di nuove e

dipingiamole così che al momento propizio saranno già pronte all’uso. Nel tempo che ci rimarrà studiamo dove poter posizionare, nella prossima primavera, piantine aromatiche nettarifere che faranno sicuramente la gioia delle nostre operaie: timo, rosmarino, borragine, lavanda, maggiorana, origano, ruta, echinacea non serviranno ad incrementare la nostra produzione di miele, ma saranno sicuramente un prezioso regalo molto gradito dalle nostre amichette. Sintonizziamoci sulle frequenze dei nostri alveari, regaliamoci anche noi un meritato riposo per recuperare le forze necessarie che dovremo mettere in campo nella stagione che verrà. Maurizio Ghezzi


AGENDA LAVORI. NORD-EST

NIENTE MORIE PER FAME

LE SCORTE VANNO AVVICINATE AL GLOMERE di Giacomo Perretta

GLI OPERCOLI CRISTALLIZZANO SE IL NIDO

Foto amazon.com

NON È CALDO

E

ntriamo subito nel vivo delle attività da svolgere in questo periodo, facendo una premessa: i suggerimenti che seguono sono prevalentemente necessari a quei tanti giovani apicoltori che hanno una continua necessità di essere incoraggiati, riportando alla loro memoria quanto appreso durante i corsi introduttivi; agli apicoltori più esperti, nello stesso tempo, manterremo viva la passione e il ricordo delle pratiche alle quali sono da sempre impegnati. Abbiamo ricordato sul numero precedente quale grande importanza hanno le scorte di miele o la nutrizione supplementare. È bene ribadire

che il candito sotto forma di pani è in questo periodo il mezzo più semplice e facile per alimentare le api: infatti, basta depositare il panetto sui telaini, rovesciare il coprifavo ed il gioco è fatto. Ci sono però anche altre cose da tenere sempre presenti: dopo la metà di dicembre inizia l’inverno e per almeno due o tre mesi avremo poco da fare in apiario, ma certamente avremo più di “qualche cosa” di cui occuparci in magazzino. Ad esempio, tenere sempre sotto controllo la parte più delicata dell’alveare che è il fondo in rete; per il resto, come i laterali e la parte superiore che essendo più visibili non dovrebbero darci problemi in sede di verifica, a meno che non si tratti di un apicoltore un po’ distratto. La rottura della rete,

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in particolare quella non in acciaio inox, potrebbe avvenire anche per il semplice contatto con gli acidi che utilizziamo per la lotta alla varroa; anche la rete in acciaio inox ha la necessità di essere controllata, a volte spostando gli alveari potrebbe accidentalmente essersi rotta. Può capitare inoltre, purtroppo, che una famiglia muoia per fame pur avendo affianco celle con miele. Soprattutto a beneficio dei più giovani analizziamo questo drammatico evento. Iniziamo, ad esempio, con lo spiegare come si distingue una famiglia morta per fame: la particolarità principale è data dalla postura delle api con il capo infilato nelle cellette, nel tentativo di trovare qualche traccia di miele: questa drammatica visione diventa ancora più dolorosa quando ci accorgiamo che vicino a queste api morte di fame ci sono scorte di 20 | Apitalia | 12/2020

miele che non sono state toccate e viene da chiedersi perché. Le api in glomere si spostano tutte assieme e qualora esso sia troppo allargato su più telaini, oppure la quantità di api non sia sufficiente a mantenere la temperatura di sopravvivenza, è necessario intervenire; aggiungo a titolo di curiosità che questa temperatura è di circa 26 °C circa ed è importante sapere che la sopravvivenza delle nostre famiglie dipende tanto dalla condizione termica quanto da quella nutritiva: la temperatura prodotta dalle api, infatti, non serve solo a scaldare il glomere e l’eventuale covata, ma anche a rendere malleabile la cera dell’opercolo che chiude il miele immagazzinato in modo che possa essere rosicchiato permettendo alle api di raggiungere il nutrimento. Nel periodo invernale, in alcune zone del nostro Nord Est, la tem-

Foto leapidirospocchia

AGENDA LAVORI. NORD-EST

peratura può scendere di molti gradi sotto lo zero. Per questo motivo è necessario mettere in pratica quelle tecniche che si sono acquisite negli anni e che aiutano le api a passare meglio l’inverno, prima fra queste il restringimento che consiste nel togliere telaini e favi in esubero; ciò affinché il glomere si possa formare in modo più compatto e uniforme. Un altro accorgimento importante è quello di riparare gli alveari dai venti gelidi invernali e, pur essendo le api in grado di resistere alle basse temperature, è sempre opportuna la precauzione di rivolgere gli apiari verso Sud o comunque di accostarli a siepi o ad alberi; qualora questi ripari naturali non fossero presenti è comunque bene intervenire con protezioni frangivento e adeguate coperture degli alveari. Giacomo Perretta



AGENDA LAVORI. CENTRO

CONTROLLO CONSUMI

L’UTILITÀ DELLE BILANCE NEL PERIODO INVERNALE di Matteo Giusti

L’

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cienti, meglio se abbondanti. Il lavoro dell’apicoltore in apiario, durante l’inverno, è quindi quello di garantire queste condizioni di salute e presenza di cibo. Se i trattamenti invernali per il controllo della varroa sono stati fatti, il resto del lavoro si concentrerà sul monitoraggio della presenza delle scorte e sulla eventuale nutrizione artificiale, laddove se ne presenta la necessità. Un monitoraggio che deve essere fatto in modo accurato e tempestivo perché possa essere efficace, considerando che un ritardo, anche

UN AIUTO A CHI HA POSTAZIONI NUMEROSE E LONTANE

Foto Matteo Giusti

inverno è considerato un periodo di riposo per le api e per l’apicoltore. Un concetto che in generale è vero solo se lo rapportiamo ai mesi primaverili ed estivi di intensa attività e lavoro. Ma anche in questo periodo le api non stanno senza far niente e per l’agricoltore, specie nel Centro Italia, ci sono ancora lavori da fare in apiario: pochi, sì, ma fondamentali. Le api infatti sono attive, dal momento che devono termoregolare e mantenere una temperatura adeguata. Per farlo, come si sa, esse si raccolgono in glomere e conservano una temperatura costante di circa 30 °C nel cuore del glomere stesso, azionando i muscoli del torace e generando calore. Per questo si può considerare che le api, prese come singoli individui, siano animali a “sangue” freddo (anche se non hanno sangue), mentre l’alveare sia un organismo (o meglio un superorganismo) a “sangue” caldo, cioè in grado di mantenere una sua temperatura costante, indipendentemente dalla temperatura esterna. Per poter compiere questa attività anno bisogno di due sole cose: essere numerose e in salute e avere scorte di cibo, in particolare di miele suffi-


di pochi giorni, può essere fatale per un alveare che ha esaurito le sue scorte alimentari. Per poter far bene questo tipo di lavoro, oggi ci vengono in aiuto anche le nuove tecnologie per il controllo a distanza degli alveari, in particolare l’uso delle bilance elettroniche. Da posizionare sotto le arnie, esse sono in grado di darci in tempo reale il peso dell’alveare, trasmettendoci i dati direttamente sul telefono o sul computer. Un aiuto importante che permette di ottimizzare il lavoro di monitoraggio dei consumi di scorte da parte delle api, giorno per giorno e senza dover andare fisicamente in apiario. Già il solo fatto di non dover recarsi in campo di per sé rappre-

senta un notevole risparmio sia di tempo che di soldi, soprattutto per chi ha apiari a diversi chilometri di distanza gli uni dagli altri o dalla sede dell’azienda o da casa. Oltre questo, l’uso delle bilance permette anche una migliore organizzazione del lavoro dal momento che, sapendo quante scorte siano state consumate e quante sono necessarie da dare, permettendo di andare in apiario, non solo quando è veramente necessario, ma già con i quantitativi giusti di candito da portare. Ma come si usano correttamente le bilance elettroniche? Intanto è fondamentale, come per tutte le bilance, un corretto posizionamento. In particolare, le bilance

(tutte le bilance di questo mondo) per poter essere il più possibile accurate devo essere posizionate su un piano perfettamente orizzontale. Quindi è necessario controllare con una livella il pianale di appoggio dell’arnia sotto cui vogliamo mettere la bilancia, e nel caso non sia perfettamente orizzontale occorrerà procedere ad un livellamento. Per far questo è importante usare tavole o lastre rigide di altro materiale sotto i punti di appoggio del pianale, in modo da distribuire il peso dell’arnia ed evitare sprofondamenti o assestamenti del terreno. In ogni caso il terreno si può comunque muovere, soprattutto a seguito di precipitazioni abbondanti, quindi è

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sempre bene controllare l’orizzontalità dell’arnia e del pianale ogni volta che si va in apiario. Quando ci saremo assicurati che la bilancia è messa bene, sarà importante controllare il peso iniziale dell’alveare e il suo stato di scorte. Si deve quindi fare una visita e controllare quanti telai di miele ci sono. In questo modo avremo il dato iniziale del peso dell’alveare che ci servirà per capire quanto miele sta consumando nel tempo. Se si vuol essere molto accurati si possono pesare i singoli telai con le scorte usando un dinamometro di quelli comunemente usati dai pescatori per pesare pesci e reperibili in qualsiasi negozio di caccia e pesca o anche in ferramenta per pochi euro. Pesando prima un telaino completamente vuoto si può ottenere il peso del legno e della cera e poi per differenza ottenere il peso del miele presente in alveare. In 24 | Apitalia | 12/2020

maniera più approssimata si può fare una stima ad occhio del peso del miele. Ma quanto è il miele necessario alle api per affrontare l’inverno? Questo dipende da vari fattori, prima di tutto dalla popolosità dell’alveare e dalla presenza o meno della covata, che in alcune zone della costa tirrenica e adriatica può non essere mai assente o che già in gennaio può iniziare ad essere presente in molte zone anche dell’interno. Diciamo che avere circa 6-8 Kg di miele per alveare ben popolato è importante per poter stare tranquilli. Poi la bilancia ci dice giorno per giorno quanto miele stanno consumando, quindi con quale velocità stanno esaurendo le scorte, dandoci così un quadro abbastanza preciso per poter organizzare eventuali interventi di nutrizione che siano efficaci e tempestivi. Ma c’è un altro problema e non di poco conto. Attualmente le bilan-

Foto blogdelleapi.wordpress.com

AGENDA LAVORI. CENTRO

ce hanno un costo non indifferente, dell’ordine di alcune centinaia di euro, quindi in genere si usa non più di una bilancia per apiario. La bilancia quindi monitorerà solo un alveare e ci darà quindi un dato campione, cosa che ovviamente può non rispecchiare correttamente la realtà degli alveari nell’intero apiario. Ci può essere infatti una grande variabilità tra alveare ed alveare nei consumi di miele. Una variabilità che è dovuta soprattutto a fattori interni dell’alveare, anche difficili da stabilire, e da fattori esterni. Ecco che diventa importante quindi scegliere sotto quale alveare mettere la bilancia. Il consiglio è quello di posizionarla sotto l’alveare che ha maggiori probabilità di consumi elevati, in modo che il monitoraggio prenda come campione l’alveare più “critico” potendo intervenire con tempestività su quello e con un


Foto honeyinstruments.com

margine di sicurezza sugli altri. Come si è detto, però, è molto difficile stabilire quali siano i fattori interni che causano un maggior consumo di scorte da parte dell’alveare, quindi per valutare questo aspetto ci si può rifare all’esperienza, se durante la stagione o durante le ultime visite autunnali si sono osservati alveari con consumi più elevati. Riguardo ai fattori esterni invece, si può considerare che alveari con una minore

esposizione al sole, magari perché ombreggiati da un albero o da un pendio per qualche ora in più al giorno, possano avere esigenze di consumi maggiori. Questi tuttavia restano criteri non precisi, non è detto infatti che l’alveare accanto a quello che abbiamo scelto per posizionare la bilancia seguendo questi parametri alla fine non consumi più velocemente le scorte di quello accanto. Un altro criterio per la scelta

dell’alveare da monitorare può essere quello della presenza di scorte. Andare cioè a posizionare la bilancia su quell’alveare che ha il minor numero di scorte di miele. Il fatto di avere meno scorte potrebbe essere un indice di una maggiore velocità di consumo da un lato, e dall’altro, soprattutto, fa sì che quell’alveare sia il più critico dell’apiario; quindi intervenendo tempestivamente per le sue esigenze dovremmo poter intervenire con un buon margine di sicurezza anche sulle altre famiglie dell’apiario. Come si può vedere quindi l’uso delle bilance è ancora una pratica che presenta dei limiti, ma che se gestita con criterio permette comunque una elevata ottimizzazione del lavoro. Se poi la tecnologia ci permetterà di avere bilance economiche ed efficienti potranno essere applicate sotto ogni arnia, garantendo un monitoraggio completo e preciso, e diventando uno strumento pressoché irrinunciabile per una apicoltura veramente razionale. Matteo Giusti

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AGENDA LAVORI. SUD

SCONVOLGIMENTI EPOCALI

IL QUADRO ALLARMANTE DI UN’APICOLTURA CHE NON C’È PIÙ di Santo Panzera

N

elle fredde e lunghe giornate invernali, sollevati dall’esecuzione di lavori in pieno campo, davanti al piacevole tepore del camino acceso, non possiamo non abbandonarci a riflessioni e meditazioni sull’annata appena trascorsa. Ed anche a fare un’analisi retrospettiva sul nostro operare in apiario e sul deludente andamento produttivo di questi ultimi anni. Una cosa risulta a noi evidente: il fare apicoltura è mutato enormemente; ciò che prima, nelle nostre operazioni in apiario, risultava vali-

do ed efficace, adesso non lo è più; nonostante, in questi ultimi anni, si siano riversate sulle nostre api sempre maggiori energie, sia in termini economici sia in termini di tempo ad esse dedicato, i risultati del nostro agire in apiario, a ben vedere, risultano deludenti ed inferiori alle attese. Le vecchie certezze hanno sempre più lasciato il posto ad inquietudini ed insicurezze. È lecito allora chiedersi: cosa è cambiato? Cosa rende il nostro lavoro sempre più impegnativo ed avaro di soddisfazioni, nonostante le sempre

CRESCE L’IMPEGNO, MA LE AVVERSITÀ SONO INSOSTENIBILI

Foto pinvi.net

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maggiori energie profuse? sull’uso massiccio, spesso inconUna certezza ce l’abbiamo: la nosapevole ed a cuor leggero, di stra ape ed il nostro superorganifitosanitari e sulla monocoltusmo alveare risultano sempre più ra, con semplificazione sempre vulnerabili ed il delicato equilibrio maggiore dell’agro-ecosistema, che determina il loro stato di salute progressiva riduzione del numero o di malattia è sempre più inclinato di varietà coltivate e relativo imverso situazioni di anormalità, che poverimento in quantità, varietà molto spesso minano la soprave scalarità delle risorse pollinifere vivenza del nostro amato insetto e nettarifere nella disponibilità sociale. Infatti, nel complesso modelle api; saico delle malattie delle api e della • la selezione di ibridi commerdifesa sanitaria degli allevamenti ciali, incrociati spesso con diverse apistici, incidono sempre di più e sottospecie di api non europee, sono causa di stress ed indeboliche hanno alterato in maniera mento delle api sia fenomeni umairrimediabile il prezioso patrini sia fenomeni ambientali. monio genetico delle popolazioTra i fenomeni umani, legati al noni autoctone, frutto di una lunga stro agire, figurano: coevoluzione con l’ambiente di • l’agricoltura intensiva basata riferimento e depositario di alte

qualità di rusticità e resistenza; • il “fai da te” con l’uso crescente di preparati chimici casalinghi anti-Varroa o anti-Aethina che hanno determinato un progressivo indebolimento delle api con conseguente loro maggiore vulnerabilità alle patologie. Tra i fenomeni ambientali che in questi ultimi anni hanno condizionato pesantemente la nostra attività di apicoltori, con grave compromissione dei risultati produttivi, figurano i cambiamenti climatici che, specie al nostro Sud, hanno dispiegato i loro deleteri effetti in maniera sempre più conclamata ed evidente. Si è assistito, in questi ultimi anni, alla progressiva deriva, al sempre

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AGENDA LAVORI. SUD

più marcato scollamento della stagione metereologica rispetto alla stagione astronomica; la calda e siccitosa estate si prolunga sul sempre meno piovoso autunno, che poi cede il posto al sempre meno rigido inverno, al quale segue poi una primavera sempre più avara di piogge e dalle temperature estive; si assiste ad una sempre maggiore frequenza di fenomeni metereologici estremi con caldo asfissiante, piogge, grandinate distruttive e venti impetuosi. Alcune piante come la calendula (Calendula arvensis) (foto nella pagina) e la sinacciola (Diplotaxis erucoides), che caratterizzano i pascoli autunnali, tendono ad avere sempre più un comportamento di tipo desertico per cui, dopo le prime piogge autunnali e dopo l’emissione delle prime fogli basali, vanno in fioritura in brevissimo 28 | Apitalia | 12/2020

tempo, tanto che la stessa non può essere intercettata efficacemente dalle api. I cambiamenti climatici, inoltre, inducono un prolungamento del periodo di carestia del raccolto di fronte al quale le api ibride, che tali si stanno riducendo nostro malgrado, da noi possedute rimangono disarmate. Infatti, mentre le api autoctone avevano adottato, nell’arco di millenni di coevoluzione con il loro ambiente naturale, una strategia di sopravvivenza basata sullo scrupoloso rispetto delle scorte, messa in atto attraverso la progressiva riduzione della covata, al contrario gli ibridi commerciali, ahinoi tanto in voga, presentano un comportamento opposto: le api, sotto lo stimolo dell’aumento delle ore di luce e della temperatura, intensificano la deposizione e, in assenza di raccolto, finiscono per ridursi alla fame.

La notevole riduzione di fonti alimentari, il loro appiattimento verso l’unicità d’origine e la loro scarsa diversificazione sono causa di un notevole indebolimento delle difese immunitarie delle nostre api, sia a livello individuale sia a livello sociale, di superorganismo alveare. L’immunità individuale, essendo l’ape un insetto sociale, si basa sulla disponibilità di poche “armi” di difesa che sono rappresentate essenzialmente dalle strutture anatomiche della cuticola dell’esoscheletro e delle membrane del tratto digerente, le quali proteggono dal contatto di sostanze nocive provenienti dall’esterno o in quanto viene ingerito. Molto più ben strutturata è invece l’immunità sociale i cui dispositivi difensivi sono innescati su due fronti. Il primo fronte di difesa si


basa su meccanismi, sia di natura meccanica sia chimica comprendenti: • il lavoro delle api di guardia, volto ad impedire l’accesso fisico a soggetti estranei all’alveare, potenziali veicolatori di patogeni; • le api nutrici che fungono da apparato digerente dell’intero alveare e, attraverso la somministrazione dell’alimento più adatto alle larve, operano un’azione di detossificazione delle sostanze nocive; • la produzione di sostanze con effetti microbicidi, che comprendono proteine come ad esempio apalbumina e peptidi antimicrobici presenti nella gelatina reale ed inoltre anche il miele, la

cui attività antibatterica è legata all’elevata concentrazione di zucchero ed alla presenza di perossido d’idrogeno e defensina. Una volta che il patogeno ha superato queste prime linee di difesa, entrano in gioco l’immunità cellulare basata sulla fagocitosi, sull’incapsulazione operata da popolazioni di emociti (linfociti) e l’immunità umorale basata sulla produzione di una “batteria” di peptidi ad azione antibatterica, antimicotica, come ad esempio apidecina, abecina, imenopectina e defensina. Tutte proteine che, però, possono essere sintetizzate, edificate, solo utilizzando come mattoni gli amminoacidi ottenibili esclusivamente dal polline:

per cui, in condizione di scarsità di polline e di assenza di pollini diversificati, le difese immunitarie delle api risultano meno efficienti, rendendo i nostri amati insetti più vulnerabili alle patologie. Ci resta un’ultima speranza, che sta a noi tutti tradurre in certezza: è quanto mai indispensabile attivare, facendo riferimento a realtà associative, un’apicoltura “di territorio” che possa far maturare quella coscienza e sapienza immunitaria collettive, indispensabili per fronteggiare le sfide vecchie e nuove con le quali, da apicoltori coscienziosi, siamo chiamati a misurarci. Santo Panzera

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AGENDA LAVORI. ISOLE

IMPARIAMO A CONTARE

ECCO COME SI STIMA IL NUMERO DI API di Vincenzo Stampa

BASTA RIDURRE CIASCUN FAVO

Foto Vincenzo Stampa

IN RIQUADRI

Fig. 1 32 | Apitalia | 12/2020

O

rmai ci siamo! Con inizio di inverno alle porte facciamo un ultimo controllo. Intanto stabiliamo uno standard: uno sciame su cinque favi coperti di api e con due favi di scorte e corona di miele negli altri, non teme nessun inverno. In caso di qualche carenza, siamo ancora in tempo per fare qualcosa? Non molto. Se pensiamo di avere insufficienza di api possiamo valutare la superficie di covata opercolata presente e calcolare approssimativamente quante api nasceranno nell’arco di

una decina di giorni. La regola empirica è la seguente: dalla covata opercolata nasceranno tante api sufficienti a coprire una superficie di favo tre volte più grande. Se questo non vi soddisfa e avete del tempo da dedicare ad un calcolo più accurato, potete valutare la superficie di covata con il metodo dei sesti (Fig. 1). Esso consente la valutazione in campo dell’entità della popolazione, delle covate e delle scorte mediante la suddivisione dell’area di un telaino da nido, con del fil di ferro, in sei rettangoli uguali: l’apicoltore, sovrapponendo questa griglia al favo dell’alveare valuta più agevolmente il numero di api, le celle di covata o le scorte per ogni rettangolo. Per una valutazione corretta, inoltre, è importante sapere quante celle ci sono per sesto di favo: ciò dipende dalle dimensioni delle celle del foglio cereo adottato (Fig. 2); ed è così che potrete sapere, con buona approssimazione, quante api nasceranno da ciascun telaino. Infine, per sapere quanta superficie di favo occuperanno le api nascenti, possiamo adottare lo standard del “Centro Svizzero di Ricerche Apicole”, che stima 1400 api su una facciata di favo Dadant-Blatt,


Fig. 2 - Calcolo del numero di celle per decimetro quadrato di foglio cereo lunghezza di 10 celle in mm

celle per decimetro quadrato

50

953

52,1

850

53,7

800

55,5

750

56

736

57,5

700

58,2

680

60

640

cioè circa 230 api per sesto di favo. Se pensiamo o valutiamo, dunque, di avere in prospettiva una quantità di api insufficiente possiamo in extremis alimentare la colonia con una busta di candito proteico per indurre la regina ad un’ultima deposizione. Se invece il problema che si evidenza riguarda le scorte, perché insufficienti, la soluzione consiste nel fornire un alimento liquido tal quale, ad esempio la miscela di glucosio e fruttosio, pensata proprio per le api, somministrata in un’unica soluzione mediante un alimentatore a tasca. Le api lo sistemeranno velocemente nei favi, secondo un loro criterio, senza l’effetto collaterale di stimolo della deposizione. In conclusione, considerando che

la stagione che avanza ci regala del tempo libero, possiamo imparare giocando; il gioco che vi propongo consiste nel valutare ad occhio la quantità di api presenti sulla facciata di un favo; è un giochino messo a punto dal “Centro Svizzero di Ricerche Apicole” e recuperabile dal link https:// www.agroscope.admin.ch/agroscope/it/home/temi/animali-reddito/ api/biologie/volksentwicklung/bienenschaetzen.html (vedi sito apitalia.net). In effetti, più che un gioco è un allenamento e insistendo verificherete che è proprio vero che “sbagliando si impara”. Vincenzo Stampa

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SPECIALE ISMEA

TENDENZE BOOM DEI CONSUMI DI MIELE DURANTE LA PANDEMIA

Pubblichiamo il report ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) sulle tendenze di mercato, dal quale emerge che le famiglie italiane riscoprono il miele. Complici la maggiore attenzione alla salute in un’epoca di emergenza sanitaria e la più lunga permanenza tra le mura di casa, le vendite di questo prodotto hanno registrato nei primi 9 mesi del 2020 una crescita del 13% in volume. Le famiglie con giovani e giovanissimi sono alla base di questo incremento. Un’inversione di tendenza, sottolinea l’ISMEA, sia rispetto alla flessione degli acquisti dell’ultimo biennio sia al ruolo trainante fin qui esercitato degli over 50, di reddito medio alto, a cui si devono normalmente oltre il 70% degli acquisti di miele. Lo scorso anno circa il 60% di prodotto disponibile è stato di provenienza estera, a fronte di una produzione nazionale in forte ridimensionamento. Per il 2020 le stime ISMEA-Osservatorio miele indicano un recupero del 13% sull’anno precedente con una produzione che dovrebbe portarsi a 17 mila tonnellate. Si tratta comunque di un livello molto al di sotto della capacità produttiva nazionale, che conta oltre un milione e 600 mila alveari, in aumento del 7,5% su base annua. 12/2020 | Apitalia | 35


SPECIALE ISMEA STIME SULL’OFFERTA NAZIONALE L’Italia è il quarto paese europeo per numero di alveari (1,6 milioni), dopo Spagna (3 milioni di alveari), Romania e Polonia (rispettivamente 2 e 1,7 milioni di alveari), con una consistenza in aumento del 7,5% nel 2019 rispetto all’anno precedente. La produzione italiana di miele rilevata dall’Istat è poco meno di 8 mila tonnellate per un valore di oltre 64 milioni di euro, ma va considerato che l’Istat prende in considerazione l’apicoltura unicamente in occasione dei censimenti generali dell’agricoltura che, non essendo concepiti per stabilire la consistenza degli allevamenti apistici, rilevano esclusivamente parte degli allevamenti strutturati nel settore agricolo, laddove questi coincidano con la disponibilità di terreno. Rimangono pertanto esclusi i numerosi apicoltori, che a prescindere dalla loro connotazione professionale, non associano l’apicoltura ad un’attività agricola ma che pure, nel mantenere in vita le api, nei più disparati ambienti naturali o agricoli, assicurano di fatto una indispensabile e capillare impollinazione. L’effettiva produzione italiana di miele, secondo le stime Ismea-Osservatorio Nazionale Miele, per l’anno 2019 si attestano su circa 15 mila tonnellate, contro una produzione

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nazionale attesa di 23 mila tonnellate. Le prime stime per il 2020 indicano un lieve incremento rispetto al 2019 con una produzione nazionale di circa 17 mila tonnellate. Resta comunque una produzione ben al di sotto della potenzialità produttiva, se si considera anche l’incremento del numero di alveari nel 2020. L’introduzione della Banca Dati Apistica, alla quale tutti gli apicoltori devono essere obbligatoriamente registrati dichiarando gli alveari detenuti e la loro posizione geografica, ha consentito di validare le stime scaturite negli anni riguardo alla consistenza degli apicoltori e degli alveari italiani, evidenziando un elevato numero di apicoltori ed alveari e un numero di apicoltori con partita IVA più alto del previsto. La produzione di miele proviene da oltre 1,66 milioni di alveari, di cui circa 783 mila stanziali e 657 mila nomadi; una piccola quota residua è poi rappresentata da alveari non meglio classificati. Il 74% degli alveari totali (1.232.831), sono gestiti da apicoltori commerciali che allevano le api per professione. La grande prevalenza di alveari detenuti da apicoltori con partita iva sottolinea l’elevata professionalità del settore e l’importanza del comparto nel contesto agro-economico. Nel 2019 sono oltre 187 mila gli alveari che pro-


ducono miele biologico, mentre 1,39 milioni di alveari producono miele convenzionale. Nei primi 6 mesi del 2020 sono saliti rispettivamente a 208 mila e a 1,45 milioni. A livello geografico la produzione è diffusa in tutte le regioni dello stivale. La regione più produttiva è il Piemonte, con oltre 5 mila tonnellate stimate, seguita da Toscana con oltre 3 mila tonnellate e da Emilia-Romagna con oltre 2 mila tonnellate. Dai dati produttivi medi stimati per regione è emersa una resa media per alveare, per le aziende professioniste che praticano nomadismo, di circa 13 kg/alveare per le regioni del Nord e del Centro e circa 25 kg/alveare per le regioni del Sud e delle Isole, da cui risulta una resa media a livello nazionale di circa 18 kg/alveare. LA SITUAZIONE PRODUTTIVA DELLA CAMPAGNA 2020 Sebbene si stimi un lieve recupero della produzione nazionale rispetto al 2019, per la campagna in atto prosegue la tendenza negativa delle produzioni su gran parte del territorio nazionale. Molto eterogenee e complessivamente deludenti, tranne che per alcune eccezioni in specifiche aree vocate, le produzioni dei monoflora di punta sia per il Nord (l’acacia) che per il Sud (gli agrumi); annata pessima per la sulla. Ancora una volta le cause della mancata produzione sono da ricondurre soprattutto al cambiamento climatico che influisce sulla disponibilità nettarifera delle piante e al meteo incostante, con poche giornate favorevoli alla bottinatura. Condizioni che rendono necessario intervenire sempre più spesso con la nutrizione di soccorso con un aggravio dei costi di gestione dell’alveare1. Il cambiamento climatico non è comunque l’unica minaccia. Note 1 Per notizie dettagliate in relazione all’andamento produttivo nelle

diverse aree geografiche e per le diverse varietà di miele si rimanda al report dell’Osservatorio Nazionale: https://www. informamiele.it/uscito-report-di-prime-valutazioni-della-stagione-2020.html

IN BREVE •Capacità produttiva in crescita: +7,5% gli alveari nel 2019 •+13% la produzione stimata 2020 rispetto alla pessima annata 2019 •Ancora -26% la produzione rispetto le potenzialità degli impianti produttivi •Persistono problemi legati a cambiamenti climatici, parassiti e uso fitofarmaci nelle colture estensive •Importazioni in flessione(-12% nel 2019 e -12,4% nei primi mesi 2020) ma il prodotto importato è quasi la metà di quello prodotto ed ha prezzi notevolmente inferiori •Domanda in crescita: +4% nel quinquennio e +13% nei primi 9 mesi 2020 gli acquisti in volume •La pandemia cambia il profilo del consumatore: la fascia giovane diventa la più dinamica (+56%)

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SPECIALE ISMEA Il 2020 fa segnare anche un altro dato negativo per quanto riguarda spopolamenti e morie di api riconducibili all’uso spesso improprio dei prodotti fitosanitari. Nei mesi primaverili ed estivi gli apicoltori hanno registrato gravi perdite connesse ai trattamenti con fitofarmaci, in particolar modo nelle zone con presenza di colture estensive monovarietali. Sembra sempre più difficile produrre mieli di tarda estate quali girasole, erba medica, ed eucalipto, sia per motivi climatici e sanitari che per problematiche legate alle modalità di coltivazione e alla diffusione sempre maggiore di varietà non nettarifere. Altro annoso problema dell’apicoltura è rappresentato dagli attacchi di varroa, l’acaro parassita che vive a spese della colonia fino a determinarne, nei casi più gravi, la morte; quest’anno, un’infestazione sopra la media, ha costretto molti apicoltori ad interrompere la produzione dei mieli estivi per intervenire tempestivamente con i trattamenti per il controllo del parassita. Questo trattamento straordinario si è aggiunto ai due che normalmente l’apicoltore esegue durante l’anno, comportando un aumento dei costi di produzione non recuperati a causa della concomitante interruzione della produzione. Non ultimo tra i problemi, a preoccupare gli apicoltori italiani è anche la concorrenza del prodotto estero: ogni anno entrano nel nostro paese oltre ventimila tonnellate di miele estero che, con i prezzi bassi, deprimono il mercato nazionale. IL COMMERCIO CON L’ESTERO Dopo il picco del 2018, le importazioni italiane di miele si sono ridimensionate nel 2019, riducendosi del 12%. l trend sembra confermarsi flessivo anche nel 2020. I dati sui flussi di Import/Export relativi al 1° quadrimestre del 2020, fanno registrare un calo di prodotto sia in entrata che in uscita dal nostro Paese. Rispetto allo stesso periodo del 2019, l’Italia ricalca il trend europeo, con un calo dell’import in valore del 12,4%. Conte38 | Apitalia | 12/2020

stualmente, però, diminuisce anche l’export in valore di oltre il 25%. Principale fornitore resta l’Ungheria, dalla quale provengono il 42%dei volumi importati. Dall’Ungheria arrivano quantitativi nell’ordine delle 10mila tonnellate, oltre la metà delle produzioni nazionali Bisognerà vedere se, con la mancanza di mieli monoflora, acacia in primis, i dati del secondo quadrimestre confermeranno oppure no questo andamento. Dai prezzi medi all’import si evidenzia la scarsa competitività che il miele italiano può vantare in termini di prezzo. Il miele proveniente dalla


Cina quota in entrata appena1,25 €/Kg, e anche quello proveniente dai paesi dell’Est entra a prezzi di poco superiori ai 3€/Kg.

Foto Stefano Marni

EVOLUZIONE DELLA DOMANDA NAZIONALE Dal 2015 al 2019 la spesa per gli acquisti domestici di miele è cresciuta dell’8,8% a fronte di un incremento del 4% dei volumi. Tale dinamica, tuttavia, è il saldo tra un triennio di risultati estremamente positivi (dal 2015 al 2017 incremento dei volumi del 11% e della spesa del 13%), e il ripiegamento accusato nel biennio 2018 e 2019. Dopo un 2018 negativo con perdite del 5% dei volumi venduti alla GDO, il 2019 non può certo definirsi migliore, tutti gli indicatori evidenziano infatti un allontanamento del consumatore dal prodotto, oltre alla riduzione dei volumi acquistati (ancora un – 2% dei volumi) emerge infatti anche una contrazione del numero degli atti di acquisto e un minor numero di famiglie che hanno acquistato il prodotto almeno una volta nell’anno. In relazione a quest’ultimo indicatore va sotto-

lineato che il miele ha un indice di penetrazione, (ossia un rapporto tra famiglie acquirenti e universo delle famiglie) ancora molto basso, che dal 36% del 2017 scende al 33% nel 2019, indicando che solo una famiglia su tre consuma miele nel corso dell’anno. Nel 2020 gli acquisti di miele presentano una sostanziale inversione di tendenza con un recupero delle vendite a volume del 13% nei primi nove mesi che, se mantenuto, potrebbe riportare il risultato a fine anno su livelli precrisi. Il prezzo medio al consumo registra una graduale crescita nel corso degli anni che trova riscontro anche nei dati parziali del 2020 (+1,4% sul 2019 dopo il +1,7% di questo sul 2018). I prezzi del miele a livello mondiale dal 2013 al 2019 sono aumentati del 25%, mentre quelli dello zucchero, nello stesso periodo, sono diminuiti del 30%. Tale dinamica è in buona parte riconducibile alla crescente richiesta di dolcificanti naturali sia da parte dei consumatori finali che dell’industria dolciaria. A livello territoriale, nel quinquennio 20152019 si rileva una forte espansione della spesa nelle aree del Centro Nord, con il Nord Est che

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SPECIALE ISMEA segna nel 2019 un incremento del 12,5% sul 2015, mentre il trend è molto più moderato al Sud dove gli incrementi di spesa sono solo del 3,5%. In termini di volume, gli incrementi nel quinquennio 2015-2019 sono più contenuti: solo il Centro registra un +8% in cinque anni, mentre restano sotto il 3,5%le variazioni positive nelle altre tre macroaree. Nei primi nove mesi del 2020 il Sud è, invece, la macroarea che registra la miglior performance con incrementi a doppia cifra, sia in termini di spesa che di volume (rispettivamente +23%e +24%), seguita dal Nord Est anche essa con incrementi superiori al 20% sia in valore che in volume; più attenuata, ma discreta, la crescita dei volumi acquistati al Centro (+7,1%) e al Nord Ovest (+6,4%). Nel quinquennio 2015-2019, in un contesto di crescita dei volumi del 4%, la maggior spinta degli acquisti proveniva esclusivamente dalle famiglie con componenti di età adulta e avanzata, che oltre a coprire più del 70% dei consumi, avevano incrementato i loro acquisti del 10% (+16% le coppie di anziani). Tutti gli incrementi di acquisto erano inoltre da ascriversi esclusivamente alle famiglie con reddito alto (+18% a fronte di una flessione del 2,4% di quelle a reddito basso). Nel 2020 il quadro si ribalta, in una condizione di emergenza sanitaria si accentua l’attenzione del consumatore agli aspetti della salute e il miele viene considerato un prodotto salutistico, pertanto i consumi crescono del 13% acquistando appeal soprattutto tra i giovani e i giovanissimi. Sono quelle che Nielsen classifica come le “nuove famiglie” e le famiglie con figli adolescenti a far registrare le migliori performance, con incrementi degli acquisti in volume rispettivamente del 56% del 32%. Nel 2020, il miele non è più un prodotto solo per ricchi ma sono anzi le “famiglie a reddito medio basso” a incrementare maggiormente gli acquisti (+25% contro i +7,7% delle famiglie ad alto reddito). La Grande Distribuzione Organizzata (GDO) 40 | Apitalia | 12/2020


cile da rilevare poiché le informazioni oggi disponibili sui consumi di miele in Italia derivano dal monitoraggio delle sole vendite a scontrino tra consumatore e distribuzione organizzata a cui sfugge la vendita diretta. Nei primi nove mesi del 2020, alla crescita delle vendite di miele del 13% in volume, contribuiscono soprattutto i supermercati dove ne risultano esitati oltre 700 mila Kg in più rispetto allo scorso anno. La maggior dinamicità nel 2020 è però nei canali tradizionali che pur rappresentando ancora una piccola fetta del mercato hanno segnato incrementi delle vendite del 35%, seguiti dai supermercati, dove le vendite in termini di spesa sono aumentate del 22% (+18% a volume). In positivo anche le vendite nei discount (+12%), meno entusiasmanti le performance di Iper e Liberi servizi, con crescita dei volumi inferiori alla media.

costituisce il principale canale di vendita del miele con i Super che svolgono un ruolo primario coprendo il 43% del totale, gli Iper con il 28% e i Discounts con il 21%. Alla Grande Distribuzione si affianca il Piccolo Dettaglio con il 6% di incidenza per i liberi servizi e un 2% per il dettaglio tradizionale. Una parte della produzione viene ceduta poi per vendita diretta in azienda, quest’ultimo importante canale è diffi-

CONCLUSIONI L’apicoltura sembra essere una delle attività maggiormente colpite dai recenti effetti dei cambiamenti climatici, dalla erosione del suolo agricolo e dalla presenza nell’ambiente di pesticidi e agenti chimici: il 37% delle api è in declino (Fao, 2019). Per tale motivo, oggi più che mai, sembra necessario tutelare un comparto che, oltre ad assicurare la produzione di miele e di altri pregiati prodotti dell’alveare, rappresenta una delle più autentiche espressioni della multifunzionalità agricola. Le imprese agricole italiane, tra le più multifunzionali d’Europa, stanno evolvendosi sempre più verso la diversificazione delle funzioni aziendali e delle fonti di reddito e proprio grazie a tali attività, oltre alla sostenibilità economica, hanno spesso raggiunto buoni livelli in termini di sostenibilità ambientale e sociale, producendo beni collettivi, e assolvendo anche funzioni “pubbliche” (esternalità positive). Numerose aziende impegnate nel campo dell’attività apistica, oltre alla produzione diretta di reddito attraverso la vendita di miele e di altri prodotti quali gelatina reale, polline, cera e propoli, svolgo12/2020 | Apitalia | 41


SPECIALE ISMEA g

FOCUS: IL MIELE NEL MONDO E IN EUROPA

L’importanza dell’apicoltura è ormai riconosciuta universalmente e gli effetti dell’impollinazione sono considerati indispensabili per l’agricoltura mondiale oltre che, più in generale, per l’ambiente e per l’uomo. Un settore con un limitato valore economico ma di inestimabile importanza per l’agricoltura, ritenuto responsabile in Europa, secondo la Commissione Europea, dell’80% delle impollinazioni dei prodotti agricoli. Secondo l’ultima rilevazione FAO la produzione mondiale di miele si attesta su circa 1,85 milioni di tonnellate. La produzione globale è incrementata nell’ultima decade del 23%. Nel 2018 tuttavia si è registrato un lieve calo rispetto al 2017 (-1,5%). La produzione è concentrata prevalentemente in tre Continenti: l’Asia, che da sola pesa per il 45% (con il ruolo guida della Cina), seguono l’Europa con il 23% e le Americhe con il 19%. Sempre secondo i dati FAO oltre la metà della produzione mondiale deriva dai primi 7 Paesi produttori, tra cui spicca la Cina con 457 mila tonnellate, pari ad una quota del 25% della produzione mondiale, seguita dalla Turchia con 114 mila tonnellate, pari al 6% di share. Nel mondo esisterebbero oltre 60 milioni di alveari appartenenti a circa 6,5 milioni di apicoltori. La densità è maggiore in Europa con una media di 2,8 alveari per kmq. Secondo i dati della Commissione Agricoltura, pubblicati nei primi mesi del 2020, l’Unione Europea ha prodotto nel 2019 circa 280 mila tonnellate di miele, seconda solo alla Cina, con una quota pari al 15% della produzione mondiale; circa la metà della produzione è concentrata in soli 5 Paesi che rivestono pertanto un ruolo importante anche nel quadro degli scambi internazionali. Prima fra tutti la Spagna che da sola ha prodotto oltre 36 mila tonnellate di miele mentre l’Italia si posiziona solo al 10° posto (ma i dati produttivi comunicati in Commissione sono sottostimati: 9,5 mila tonnellate secondo la Commissione UE, 17 mila tonnellate la produzione effettiva secondo le stime del Osservatorio Nazionale). L’Europa è il secondo produttore mondiale con un totale di circa 18.5 milioni di alveari nel 2019 (+5.1% rispetto al 2018) e oltre 650 mila apicoltori. Secondo i dati raccolti dalla Commissione per ciascun Paese Membro, in media ciascun apicoltore europeo possiede 21 alveari, il

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risultato è la media di dati molto differenti fra loro: in Grecia e Spagna ciascun apicoltore ha infatti più di 100 alveari e in Inghilterra e Germania ne ha mediamente solo 6 o 7. L’Italia insieme alla Francia, ha una media di 27 alveari per apicoltore. la resa media di ciascun alveare mostra però sostanziali differenze tra Stati Membri: mentre in Germania ciascun alveare può rendere mediamente 35 Kg, in Grecia rende in media solamente 9 Kg l’anno. L’Italia in questo contesto si attesta vicina alla media europea con una resa media di 25 Kg/anno. L’Italia detiene il record mondiale per varietà di miele, ne conta infatti oltre 50. In Europa, l’84% delle specie coltivate e il 78% delle specie di fiori selvatici dipendono dall’impollinazione animale. Secondo la Commissione europea, oltre 15 miliardi di euro della produzione agricola annua dipendono dall’impollinazione degli insetti. (Fao, 2019). I dati del commercio estero internazionale, riferiti al 2019, attestano il valore dell’import complessivo di miele intorno a 1,8 miliardi di euro, per il 70% circa in capo a 10 Paesi. L’Italia si posiziona al 9° posto tra gli importatori in termini di volume (7° per valore), ma è presente in posizione più defilata anche tra gli esportatori (23° posizione per volume, 20° per valore). Tra gli esportatori la Cina riveste il ruolo fondamentale e predominante per un valore di oltre 210 milioni di Euro. Seguono Nuova Zelanda e Argentina, mentre al 4° posto si posiziona la Germania che però è anche al secondo posto tra gli importatori, per valori doppi di quelli di export. Tra gli importatori la classifica mondiale si apre con gli Stati Uniti d’America che da soli movimentano il 28% dei volumi importati, seguita da Germania e Regno Unito, l’Italia si posiziona al nono posto con un esborso di quasi 73 milioni di euro. L’Europa ha un grado di autosufficienza del 60%, necessita pertanto di importare prodotto per soddisfare le esigenze di consumo interno. I principali fornitori della UE sono la Cina con il 40% delle forniture e l’Ucraina, con il 20% di share sull’import. La bilancia commerciale dell’UE è fortemente negativa, nel 2019 le importazioni sono superiori alle esportazioni per oltre 252 milioni di euro; il saldo della bilancia commerciale 2019 migliora rispetto a quello dell’anno precedente del 19,6 % (il disavanzo nel 2018 era di circa 334 milioni di euro). Nei primi quattro mesi del 2020 a fronte di una stabilità dei flussi di export si registra una flessione delle importazioni che potrebbe ulteriormente migliorare il saldo della bilancia commerciale.

no una importante funzione sociale, di difficile quantificazione economica, consistente nella fornitura di servizi eco-sistemici essenziali come: l’impollinazione delle colture agrarie e forestali; la salvaguardia dell’ambiente attraverso l’impollinazione delle piante spontanee; la raccolta delle informazioni sullo stato di salute dei territori con relativa misurazione; la costituzione di un modello di sfruttamento non distruttivo dei territori; lo sviluppo di modelli di produzione e consumo sostenibili; il presidio eco-sistemico di aree in degrado o comunque marginali. Tutte le funzioni elencate sono perfettamente in linea con la strategia europea sul Green Deal che punta alla neutralità climatica entro il 2050, riconoscendo gli attori del sistema agro-forestale e della pesca quale parte fondamentale della transizione verso un futuro più sostenibile ed efficiente sotto il profilo dell’utilizzo delle risorse. L’obiettivo per il prossimo futuro a carico delle istituzioni e degli addetti al settore non può che essere la creazione di condizioni ottimali per consentire alle aziende apistiche italiane di affrontare con ottimismo un mercato dinamico ma sempre più competitivo. Il probabile aumento delle produzioni nazionali suggerito dall’incremento degli alveari registrato negli ultimi due anni potrebbe favorire una flessione delle importazioni, come dimostrano i dati: aumento del 31% nel quinquennio dal 2014 al 2018 in lieve calo nel 2019 e ancora in calo nei primi mesi del 2020. Come sempre la sfida competitività dovrà puntare su elementi qualitativi e non sul prezzo.

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PATOLOGIA

COVATA CALCIFICATA

PROFILASSI, CONTROLLO E BUONE PRATICHE di Pier Antonio Belletti*, Andrea Chicco**, Marilena Tiziana Mazzariol**

L

a covata calcificata è classificata tra le patologie dell’alveare il cui agente scatenante è un fungo denominato Ascosphaera apis le cui spore si insediano e si sviluppano nello stomaco della larva e da questo si diffondono in tutto il suo corpo. La morte della larva avviene prima dell’opercolazione o subito dopo, in quest’ultimo caso le api opercolano le cellette e solo successivamente rimuovono la mummia dalla forma a sacco e di colore inizialmente bianco e successivamente verde e nero (gli opercoli presentano dei piccoli fori e risultano infossati - Fig. 1). TRASMISSIBILITÀ DELLA PATOLOGIA Le spore riescono a sopravvivere per lungo tempo, anche fino a una decina di anni. Le visite agli alveari, quindi il contatto tra famiglia infetta e famiglie non infette, sono tra le prime cause di trasmissione assieme ai saccheggi e all’alimentazione con miele e polline infetto.

nella conduzione degli alveari. I fattori più scontati e banali sono l’ubicazione degli apiari in zone poco soleggiate e con ristagni di acqua, oltre alla presenza di un elevato tasso di umidità nell’alveare stesso. Nella preparazione della postazione è necessario prevedere una inclinazione in avanti di circa il 3%, cioè 1,5 cm più in alto del supporto interno (Fig. 2). È importante evitare condizioni che portano allo squilibrio tra api nutrici e covata, sbalzi termici, alimentazioni non corrette e presenza di api regine vecchie poco “igieniche”. Recentemente sono stati pubblicati dei lavori scientifici (Khan, Somerville, Nayudu, aprile 2020) che dimostrano come la flora batterica intestinale presente nell’ape risulta strettamente legata allo sviluppo di patologie della covata. In alcune api sono stati individuati valori più elevati di particolari ceppi di “batteri utili” e questo potrebbe rientrare in un programma di selezione delle api regine. Analizziamo di seguito i seguenti fattori.

FATTORI CHE FAVORISCONO LO SVILUPPO Lo squilibrio Questa patologia è molto influen- tra covata e api nutrici zata dalla tecnica apistica adottata Questo può verificarsi alla ripresa 44 | Apitalia | 12/2020

SANIFICARE CON PRODOTTI NATURALI

Fig. 1 - Covata calcificata in famiglia di api nel mese di maggio in piena stagione produttiva (foto da prova monitoraggio Micostop®, Belletti 2016).


Fig. 2 - Postazione con corretta inclinazione tra il supporto dietro e quello davanti, i portanuclei sono dotati di gabbie underbasket che in questo caso sono utili per monitorare anche la presenza di mummie di Ascosphaera apis (Foto Belletti, 2017).

primaverile, a causa di una abbondante alimentazione liquida che non tiene presente la reale forza della famiglia; l’apicoltore già a fine febbraio (al Nord) tende a somministrare dello sciroppo zuccherino inducendo una deposizione della regina nel momento in cui vi è un cambio generazionale e quindi un calo di api con conseguente scarsa copertura dei favi e raffreddamento delle larve. Si consiglia sempre di passare dall’alimentazione solida (candito) a quella liquida in modo graduale e ciò significa al massimo 2 litri di sciroppo ogni 7 giorni in famiglie con più di 7-8 favi ben popolati; è consigliabile iniziare lo stimolo con sciroppo solo quando vi è una ripresa delle temperature e un cambio della progenie. Raffreddamento della covata Nelle visite di fine inverno non bisogna sottoporre a stress termico la covata: ciò significa esporre il favo a temperature inferiori ai 20 °C per

qualche minuto così come all’interno dell’alveare una temperatura al di sotto dei 28-30 °C non è ottimale al normale sviluppo delle larve a prescindere dalla presenza di spore di covata calcificata. L’utilizzo del diaframma per compattare la famiglia di api è molto importante sin dalle fasi di pre-invernamento e spesso gli apicoltori trascurano questo aspetto lasciando svernare le api senza adottare alcun accorgimento in merito (grande errore!). Non dimentichiamo che anche l’efficacia dei trattamenti invernali, il consumo delle scorte e la stessa ripresa primaverile sono influenzate in modo positivo dall’utilizzo del diaframma. Da sempre la razionalità dell’alveare è una razionalità di conduzione per l’apicoltore, meno per le api che amano unirsi in glomere per superare condizioni ambientali spesso critiche. Per contro, alcuni sostengono che il diaframma favorirebbe lo svilup-

po della calcificata in quanto tra quest’ultimo e la parete del nido la tempertaura e l’umidità sono ottimali allo sviluppo della patologia; a questo proposito ricordiamoci che una larva ha uno sviluppo ottimale quando il range è di 34–34,5 gradi, quindi questa ipotesi va accantonata. Alimentazione glucidica in assenza di polline Anche in questo caso la larva subisce uno stress e questo si verifica soprattutto quando non ce apporto proteico e vitaminico ad inizio stagione o nei mesi più caldi e secchi. L’apicoltore nell’alimentazione glucidica di sostegno – in presenza di deposizione da parte della regina, deve sempre valutare l’apporto pollinico o la presenza di polline stoccato all’interno dell’alveare e se il caso intervenire con alimenti glucidici e proteici. Regine più suscettibili La sostituzione della regina è un altro aspetto che va considerato 12/2020 | Apitalia | 45


PATOLOGIA

Fig. 3 - Mummie sul fondo di un portanuclei (Foto Belletti, 2015).

nella profilassi e controllo di questa patologia. Nel caso di forte infestazione - più del 10% delle cellette infette - si consiglia di procedere anche con la sostituzione della regina in quanto è verosimile che la discendenza sia più suscettibile; la covata calcificata trova contrasto nella flora microbica “utile” presente nell’intestino dell’ape e questa presenza è influenzata dalla genetica e dal tipo di alimentazione. Anche nel caso di regina nuova d’annata se l’infestazione è molto grave la regina stessa va sostituita. COSA COMPORTA LA PRESENZA DI COVATA CALCIFICATA? La famiglia non riesce ad essere performante nella produzione di miele ed è più suscettibile ad altre patologie; in particolare va incontro a forte 46 | Apitalia | 12/2020

Fig. 4 - Covata calcificata sul predellino dell’alveare (Foto Belletti, 2015).

spopolamento nel mese di luglio e agosto, coincidente con il picco di infestazione da varroa e virosi. Per i produttori di polline è molto facile trovare mummie di covata calcificata nel cassetto e per chi lavora alla produzione di sciami, deve sapere che gli stessi non possono essere commercializzati (Fig. 3 e 4). SUGGERIMENTI PER MIGLIORARE LE CONDIZIONI IGIENICHE DELL’ALVEARE E QUINDI LIMITARE LO SVILUPPO DELLA MICOSI La nutrizione primaverile e autunnale da sempre giocano un ruolo importante nell’equilibrio dell’alveare. Negli anni ‘40 nell’alimentazione delle api veniva utilizzato il melitosio - zucchero greggio da barbabietola denaturato (cioè riscaldato) con aggiunta di pasta d’aglio prodotto e distribuito dalla società

italiana Berlese (Fig. 5); l’aggiunta di aglio aveva anche la funzione di rendere il prodotto non commercializzabile in altri settori considerato il prezzo agevolato (grazie a provvedimenti di Stato, ndR) per uso apistico. Al melitosio si aggiungeva dell’infuso di santoreggia garantendo allo sciroppo caratteristiche nutraceutiche (alimento–medicamento). In particolare la santoreggia contiene l’eugenolo, un composto liquido oleoso poco solubile in acqua che possiede una importante attività antimicotica. Nei paesi dell’Est Europa è diffusa la pratica di utilizzo di infusi di erbe (melissa, camomilla, santoreggia, timo) nell’alimentazione nell’ottica di migliorare lo stato di salute delle api. Nell’apicoltura contemporanea è stato testato l’utilizzo nello sci-


Fig. 5 - Società Berlese incaricata dal governo alla distribuzione del melitosio (anni ‘40).

roppo del prodotto commerciale Micostop (mangime complementare per api, Fig. 6) in famiglie con covata calcificata; le prove condotte nel 2016 (Belletti P., Chicco A.) avevano evidenziato una riduzione significativa della presenza di larve mummificate e un maggiore comportamento igienico delle api. Micostop è consigliabile nelle nutrizioni primaverili aggiungere 20 ml per ogni litro di sciroppo zuccherino (lo sciroppo può essere 1:1, non ha particolare importanza).

Un altro elemento di discussione è l’utilizzo di timolo nel migliorare le condizioni igieniche delle api e conseguentemente limitare la presenza di covata calcificata oltre ad altri effetti positivi riscontrati nella riduzione di spore di Nosema ceranae. Il timolo è il principio attivo maggiormente utilizzato nei prodotti contro la varroa. Una sperimentazione effettuata in Grecia negli anni 2004 e 2005 ha evidenziato una significativa diminuzione della presenza di covata

calcificata in alveari infetti trattati con Apiguard®. I dati scientifici provengono dal lavoro di ricerca realizzato presso l’Aristotle University di Salonicco, in Grecia e presentato ad Apimondia 2005, svoltosi a Dublino (Irlanda) da parte dei ricercatori Alexandros Papachristoforou e Konstantinos Theodoropoulos. In Friuli Venezia Giulia, dove dal 2004 Apiguard® (Fig. 7) è entrato nel piano di controllo alla varroasi, si sta predisponendo un piano triennale di monitoraggio (2021– 2023) su 36 alveari per verificare il miglioramento delle condizioni igieniche e di conseguenza la forza famiglia intesa come popolosità delle api e sviluppo della covata nei diversi periodi dell’anno. Il piano prevede il trattamento degli alveari con n. 4 confezioni di Apiguard®: • primo inserimento alla ripresa primaverile (1 confezione), inizio febbraio al Sud e inizio marzo al Nord Italia;

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PATOLOGIA

Fig. 6 - Alimentazione con sciroppo e Micostop (Foto Belletti, 2016).

• secondo intervento nel trattamento tampone estivo, cioè entro la seconda decade di luglio (2 confezioni a distanza di 14 giorni l’una dall’altra); • un successivo trattamento entro a fine metà settembre (per ridurre la reinfestazione in attesa del trattamento invernale in assenza di covata - 1 confezione). Tra gli effetti negativi del timolo ricordiamo la riduzione nella attività di deposizione dell’ape regina; le somministrazioni, secondo il calendario indicato sopra, non hanno particolari effetti sulla deposizione della regina rispetto ai benefici attesi.

Fig. 7 - Trattamento con Apiguard® (Foto Belletti, 2020).

ratamente disinfettato. Uno dei metodi più rapidi e testati è l’utilizzo di prodotti ad alto potere igienizzante (Vita-Oxygen 2 e Oxy Laif ). In Vita-Oxygen 2 la polvere, una volta dispersa in acqua corrente tiepida (possibilmente a circa 35 °C), alla dose del 2,0% (20 grammi per litro di acqua; la soluzione va utilizzata entro le 72 ore successive la preparazione), genera un equilibrio chimico-fisico che porta alla formazione del principio attivo a elevato potenziale biocida “Acido Peracetico” (dalla scheda dell’azienda produttrice). Si possono trarre delle conclusioni LA DISINFEZIONE che in questo caso specifico indiDEL MATERIALE INFETTO cano come la covata calcificata sia Le arnie e tutto il materiale a con- fortemente legata al comportamentatto con covata calcificata va accu- to dell’apicoltore, spesso gli alveari 48 | Apitalia | 12/2020

“razionali” hanno accompagnato lo sviluppo di patologie che negli sciami naturali sono poco presenti. Un ritorno alla irrazionalità, cioè al bugno villico? No, solo più buon senso nella conduzione dei nostri alveari… la buona pratica apistica.. Pier Antonio Belletti*, Andrea Chicco**, Marilena Tiziana Mazzariol** *apicoltore professionale e tecnico apistico **tecnico apistico Consorzio Apicoltori Gorizia - FVG Titolo originale del lavoro: “Covata calcificata: la corretta tecnica apistica e l’utilizzo di prodotti naturali nella profilassi e controllo”.



CULTURA

QUATTRO LADRI DI MIELE

SFAMARE GLI DEI VOLANDO SULLE ALI DEL MITO di Angelo Camerini

I

l mito dei quattro ladri di miele alla grotta di Creta, dove si nascose Zeus bambino, è uno dei più antichi nella mitologia greca. Si riferisce ad un’era preolimpica, Minoica (periodo dal 2700 a.C. al 1400 a.C., ndR) più che Micenea (periodo dal 1600 a.C. al 1100 a.C., ndR), al tempo di Crono e di Rhea, genitori di Zeus. Mentre Rhea, figlia di Terra e Cielo (Gea e Urano) e sposa del fratello Crono nasconde al marito divoratore dei suoi figli il piccolo Zeus, Crono si pone al di là e al di sotto dell’umanità. Lo sposalizio incestuoso, il divorare i propri figli maschi per paura di essere detronizzato, il cannibalismo, e in più sui propri figli maschi, sono propri di un’epoca ferina, preumana e precedente agli dei dell’Olimpo. Racconta Esiodo in Opere e giorni: “Erano ai tempi di Kronos, quand’egli regnava nel cielo; come dèi vivevano, senza affanni nel cuore, lungi e al riparo da pene e miseria, né triste vecchiaia arrivava, ma sempre ugualmente forti di gambe e di braccia, nei conviti gioivano, lontano da tutti i malanni; morivano come vinti dal sonno, e ogni sorta di beni 50 | Apitalia | 12/2020

c’era per loro; il suo frutto dava la fertile terra senza lavoro, ricco ed abbondante, e loro, contenti, in pace, si spartivano i frutti del loro lavoro in mezzo a beni infiniti, ricchi d’armenti, cari agli dèi beati”.

COME ACCADDE CHE L’APE FU DIVINA NUTRICE

Fig. 1 - La Titanide Rea, nel tentativo di salvare il suo ultimo figlio Zeus da suo marito Crono che ingollava i figli perché non gli sottraessero il potere, presenta al marito una pietra avvolta in fasce (base, 160 d.C. circa).


Fig. 2 - Cureti con il rumore dei loro scudi cercano di coprire il pianto di Zeus neonato.

È questa un’epoca beata, dove si viveva di raccolta e di allevamento gli uomini e di nettare e d’ambrosia gli dei. Ecco perché il piccolo Zeus viene nutrito di latte della capra Amaltea e di miele dell’ape Melissa. Non è ancora l’epoca dei cereali e dei legumi la cui produzione ti spezza la schiena. Ma con lo stratagemma del nascondere l’infante Zeus nella grotta,

lasciandogli la capra che lo allatta e le api il cui miele cola dalla volta, e con quattro Cureti scritturati per battere spade e scudi per coprire i vagiti del piccolo, Rhea salva il figlio sostituendolo con delle pietre che sono inghiottite voracemente da Crono che viene addormentato e poi detronizzato. Nei miti le versioni sono tante, e anche in questo l’immagine dei quattro Cureti si confonde con quella dei quattro ladri di miele, con quelli che saranno i quattro apicoltori medioevali e con i quattro uccelli predatori delle api. Nell’immagine conservata ai Musei Capitolini in primo piano i Cureti sono solo due, ma sullo sfondo si vede il piccolo Zeus seduto sotto una capra, e sulla sinistra una dea coronata non identificata, forse la dea Creta, che guarda in direzione del sacro monte. I Cureti sono divinità cretesi, geni tutelari, inventori della pastorizia, della caccia e di altro. Sono divinità tra le più antiche, pre-agricole.

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Fig. 3 - In questa terracotta campana, rinvenuta a Cerveteri (VT) e conservata al British Museum di Londra, risalente al I secolo a.C., i Cureti armati e danzanti proteggono il piccolo Zeus anche coprendolo con gli scudi.

Molto spesso sono rappresentati vestiti di corta tunica allacciata alla spalla sinistra e di un mantello svolazzante dietro le spalle, armati di spada, scudo rotondo od ovale ed elmo a calotta, raramente chiomato. Ma nel mito i pericoli, per Zeus nascosto con le ninfe Amaltea e Melissa (proprio lei, la figlia di Minosse, mitico re di Creta), non

S

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CULTURA

Fig. 4 - I quattro ladri di miele su un vaso attico a figure nere proveniente da Vulci (VT) (540 a.C.).

Fig. 5 - Anche in questa famosa immagine dell’Exultet di Montecassino, il “Barberini 592” del 1087 d.C., sono rappresentati quattro “ladri di miele”. È una scena già presentata da Eva Crane, in “Archeology of Beekeeping.”

Fig. 6 - Exultet realizzato nel 1030 e conservato nel Museo Diocesano di Bari.

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sono finiti con l’eliminazione di Crono. Arrivano i quattro ladri di miele: Laios, Keleos, Kerberos e Aigolios. I quattro ladri sono raccontati tra gli altri da Antonino Liberale (scrittore e grammatico greco antico, ndR) nelle Metamorfosi. Si narra di come Zeus bambino fosse intenzionato ad annientarli con un fulmine, ma sconsigliato da Themis e dalle Moire, poiché a nessuno era lecito morire nel luogo della sacra nascita, li tramutasse, secondo il loro nome in uccelli. Ed ecco che i quattro diventano il Gruccione (non a caso Merops apiaster, capace di devastare un alveare in cerca di larve), la Rondine (Kelidon), il Picchio (Picus) e l’Upupa: i quattro predatori nemici delle api. L’iconografia per questo mito è ricca: l’anfora attica a figure nere, proveniente da Vulci (VT) (540 a.C.) ed esposta al British Museum di Londra mostra quattro uomini barbuti, uno dei quali accovacciato, che scacciano le api con dei ramoscelli mentre cercano di sottrarre alle api il sacro miele. Le api sono tantissime e grandi quanto un piede, e quello dei ramoscelli non pare un buon sistema per scacciarle, anzi le allarmerebbe ancor più. Sulla destra un barbuto, ancora inseguito dai giganteschi insetti, gira le spalle agli altri tre mentre sembra portare alla bocca un pezzo di favo: comportamento anche questo sconsigliabile perché attirerebbe altre api alla bocca. Sembra quasi - quest’immagine - un’illustrazione di cosa non fare quando si ruba il miele, più che di cosa fare

se si è assaliti rubando il miele delle api. Prescrizioni in negativo come lo sono, in positivo, quelle degli uomini barbuti dell’Exultet. I ladri di miele sono nudi, ma la loro non è la nudità delle statue in marmo dell’antica Grecia, e rimanda ancora ad un’era pre-olimpica e protoumana, quella dei Cureti, degli Eroi e dei Giganti prima che gli Dei s’insediassero nell’Olimpo. Due degli apicoltori sono barbuti, e lavorano più vicini alle api, e ciascuno ha un aiutante imberbe vestito di tunica. Ma qui l’apicoltura è già pienamente diventata allevamento: le arnie sono in tavole di legno poggiate sugli alberi (usanza ancor oggi praticata in Africa, per sfuggire ai predatori). E mentre i raccoglitori di miele di sinistra (l’aiutante che fa fumo con un turibolo e il barbuto che taglia favi con un coltello) sono completamente coperti (come ho raccontato in Apitalia, giugno 1995) i due di destra che catturano uno sciame hanno le gambe nude. Qui le immagini dedicate al popolo illetterato indicavano l’uso di tecniche già progredite come l’uso del fumo e sancivano il passaggio dalla raccolta del miele selvatico all’allevamento delle api. E indicavano l’abbigliamento diverso per la cattura di uno sciame (quando le api non pungono) e per la smielatura quando conviene coprire le gambe con delle fasce. Eppure gli apicoltori sono sempre quattro. In questa scena, invece, i personaggi sono tre. Sulla sinistra un uomo che sta intagliando un tronco poggiato su una gamba che tiene agilmente piegata e che prepara un’arnia, simile a quella che ha vi-


cino, pronta ad accogliere lo sciame poggiato su un alberello. Sulla destra un secondo uomo che con la destra scuote un alberello da cui scende uno sciame, mentre con la sola mano sinistra sostiene un’arnia di legno. L’unico vero “ladro di miele” è l’uomo barbuto al centro che si muove come uno della Banda Bassotti, piegato dal peso di un sacco contenente cera e miele, che avanza impugnando quello che sembra un machete, ma che è stato visto anche come un arnese in legno per tagliare i favi. Il barbuto che fugge è l’unico che rimanda ad un’apicoltura arcaica, di prelievo e non di cura ed allevamento. Infine, va ricordato che la nascita del

Fig. 7 - Natività ed elogio delle api, rotolo di Exultet, XII secolo (Montecassino, Archivio dell’Abbazia).

pargolo divino nascosto in una grotta è un topos comune nell’antichità. Il dio bambino è “protetto” da due animali (tra i Greci antichi la capra e l’ape e tra i Cristiani il bue e l’asinello) mentre la sua vita è in pericolo (per la crudeltà del padre, Zeus, o per quella dei soldati romani, Gesù).

Il rifugio provvisorio è per entrambi una grotta, luogo prediletto dalle api. Tutto ciò lo ritroviamo in altri miti e credenze dell’antichità sull’origine della divinità celeste. E negli Exultet (pergamene utilizzate a scopo liturgico, ndR) del Medioevo meridionale, nella Magna Grecia, le immagini della grotta della Natività sono ancora circondate da arnie, api svolazzanti e angeli. Ninfe, melisse e angeli che condividono caratteristiche fisiche (occhi multipli e ali) e caratteristiche morali (la purezza, l’asessualità e talvolta la forza del pungiglione o della spada infuocata) comuni alle diverse religioni e culture. Angelo Camerini

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FLORA APISTICA. Scheda n. 17

I POLLINI DI EMERGENZA

FIORI UTILI PER LE API E PER GLI ALTRI APOIDEI NELL’ITALIA CENTRALE di Giancarlo Ricciardelli D’Albore POLLINI D’INVERNO - Petasites officinalis Moench. (Compositae) (Cavolaccio)

DESCRIZIONE GENERICA TEMPO DI FIORITURA

POLLINE

Perenne erbacea di notevole taglia (150 cm) ubiquitaria ,distribuita vicino ai corsi dacqua. Abbastanza visitata dalle api per polline e per nettare. Fiorisce a febbraio. Raccolto buono di polline per poco tempo. Pallottoline di polline bianche. Notati pochi piccoli apoidei sui fiori.

VALORE APISTICO

Da 1 a 4: 3.

VALORE PER ALTRI PRONUBI

Da 1 a 3: 1.

ALTRI USI

BIBLIOGRAFIA

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La base delle foglie mediocre alimento bollito. La specie selvatica contiene alcaloidi pirrolizidinici, dannosi per il fegato e cancerogeni. Oggi si coltivano varietà prive di tali alcaloidi. Le radici sono diuretiche, toniche, stomachiche, sudorifere, antiartritiche, calmanti delle cefalee e antidolorifiche. I capolini sono astringenti, sudoriferi, espettoranti e bechici. Le foglie pestate per cataplasma esterno contro piaghe e ferite. Schoenfelder I. & P., 2012. Guida alle piante medicinali. Ed. Ricca, 242. Tosco U. 1989. Piante aromatiche e medicinali. Ed. Paoline, 300.


Foto Annette Meyer

POLLINI D’INVERNO - Phillyrea latifolia L. (Oleaceae) (Lilàtro)

DESCRIZIONE GENERICA TEMPO DI FIORITURA

POLLINE

VALORE APISTICO VALORE PER ALTRI PRONUBI ALTRI USI

BIBLIOGRAFIA

Arbusto sempreverde alto fino a 3 m, distribuito nella macchia mediterranea. Fiorisce a marzo. Polline di emergenza raccolto dalle api in discrete quantità, insieme a quello simile di P. angustifolia, in un periodo di scaristà di flora pollinifera. Le pallottoline di polline sono colore giallo chiaro, quasi bianco. Pronubi selvatici non sono stati notati. Da 1 a 4: 3. Da 1 a 4: sconosciuto. Le foglie sono diuretiche, toniche, astringenti, emmenagoghe. Per uso esterno per lavande o come colluttorio. Tosco U. 1989. Piante aromatiche e medicinali. Ed. Paoline: 302-303.

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Ape Sicura: e stai tranquillo Polizza di Assicurazione sulla Responsabilità Civile (R.C.) Alveari COME ASSICURARE I PROPRI ALVEARI Gli Apicoltori abbonati alla Rivista APITALIA che desiderano assicurare i propri alveari contro i rischi derivanti dalla responsabilità civile per eventuali danni procurati a terzi, debbono compilare l’apposito modulo di adesione alla Polizza collettiva “Ape Sicura” e trasmetterlo alla Segreteria della Rivista APITALIA. Gli Apicoltori abbonati alla Rivista APITALIA possono attivare una Polizza per ciascun apiario posseduto. È garantita la copertura assicurativa per un intero anno (12 mesi). Il Certificato di Polizza sarà prodotto (in formato cartaceo e/o elettronico) e trasmesso - solo a seguito dell’invio delle attestazioni di pagamento e del Modulo di Adesione - alla Segreteria della Rivista APITALIA. La volontà di recesso dalla Polizza collettiva non dovrà essere preventivamente comunicata vista l’automatica scadenza annuale della copertura assicurativa. CONDIZIONI GENERALI DI POLIZZA 1) Rischi assicurati. La Compagnia “Gruppo UNIPOL-SAI. Divisione Fondiaria” assicura a ciascun abbonato alla Rivista APITALIA - purché Apicoltore e come tale iscritto all’Anagrafe Apistica Nazionale - il pagamento delle somme che, quale proprietario-esercente l’apicoltura, sia tenuto a corrispondere, in quanto civilmente responsabile ai sensi di legge, a titolo di risarcimento per danni involontariamente cagionati a terzi, sia per lesioni a persone che per danni materiali a cose o animali, in conseguenza ad un fatto accidentale, compresi i rischi derivanti dalle operazioni di carico e scarico degli apiari e dal trasferimento da una zona all’altra degli apiari stessi, escluso il rischio della circolazione su strada di uso pubblico o su aree a questa equiparate dai mezzi impiegati (in conformità alle norme della legge 24/12/69 n. 990 e del DPR 24/11/ 70 n. 973 è infatti obbligatoria l’assicurazione per rischi di responsabilità civile auto). Sono compresi nel novero dei terzi, limitatamente a lesioni personali, gli aiutanti occasionali dell’assicurato, sempreché vi sia responsabilità dell’assicurato stesso. La polizza collettiva “Ape Sicura” copre inoltre i rischi inerenti alla partecipazione degli Assicurati a Fiere, Mostre e Mercati, compreso il rischio derivante dall’allestimento e dallo smontaggio di stand, ma con l’esclusione dei danni agli espositori ed alle cose esposte. 2) Massimali e Franchigia. L’Assicurazione vale fino alla concorrenza massima complessiva, per capitale, interessi e spese di: Euro 1.000.000,00 (un milione/00 di Euro) per ogni sinistro e relativi danneggiamenti arrecati a persona, animali e cose. Per ciascun sinistro è prevista una franchigia pari a Euro 250,00. 3) Partecipazione all’Assicurazione. Possono essere incluse nella Polizza collettiva “Ape Sicura” le persone e gli enti che siano Abbonati alla Rivista APITALIA - purché Apicoltori o Proprietari di alveari e come tali iscritti all’Anagrafe Apistica Nazionale. Per beneficiare dell’Assicurazione gli Apicoltori debbono: A) versare sul conto corrente postale n. 46157004 intestato a: FAI - Federazione Apicoltori Italiani - Roma, o con qualsiasi altro mezzo ritenuto idoneo, il premio assicurativo di 15,00 Euro (per ciascun apiario da assicurare).

La Compagnia assicuratrice si riserva di modificare l’entità del premio in base all’andamento tecnico sul rapporto sinistri/annualità; B) comunicare alla Segreteria della Rivista APITALIA con apposito modulo di adesione l’ubicazione esatta dell’apiario o degli apiari da assicurare. 4) Decorrenza. La validità della garanzia decorre dalla data di versamento del premio assicurativo, che dovrà essere contestuale alla data di sottoscrizione all’abbonamento annuale alla Rivista APITALIA, ha la durata di un anno a partire dalle ore 24 del giorno del versamento. 5) Norme e sinistri. In caso di sinistro l’assicurato deve darne denuncia scritta alla Segreteria della Rivista APITALIA - Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma (tel.: 06.6877175 - 06.6852276; fax: 06.6852287; email: segreteria@federapi. biz) entro cinque giorni dal fatto o al momento in cui ne viene a conoscenza. Per i sinistri implicanti gravi lesioni corporali, l’assicurato oltre a darne notizia alla Segreteria della Rivista APITALIA, ne darà comunicazione alla Compagnia “Gruppo UNIPOL-SAI. Divisione Fondiaria” (indirizzo PEC: unipolsaiassicurazioni@pec.unipol.it), indicando anche il codice della polizza n. 159877505. Non adempiendo all’obbligo della denuncia l’assicurato perde il diritto al risarcimento. Parimenti decade da tale diritto qualora pregiudichi i legittimi interessi della Compagnia nella difesa o contro le azioni o pretese per il risarcimento dei danni che ad essa esclusivamente spetta di condurre in qualsiasi sede o modo, in nome e con la collaborazione dell’assicurato. 6) Accettazione condizioni generali e particolari. Il versamento del premio di assicurazione significa piena accettazione di tutte la condizioni generali e particolari della Polizza n. 159877505, di cui gli interessati possono, su richiesta, prendere visione, dovendosi intendere il rapporto assicurativo, indipendentemente dall’opera intermediaria della contraente, direttamente intercedente fra la Compagnia assicuratrice e i singoli assicurati e regolato unicamente dalle condizioni stabilite nella Polizza citata.

Mod. 01/2020 Questo modulo annulla e sostituisce tutti i precedenti

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Ape Sicura

Modulo di Adesione per gli Apicoltori abbonati alla Rivista

1

IL SOTTOSCRITTO.......................................................................................................................................................................................................... INDIRIZZO...................................................................................................................................................................................................................... CAP................................... LOCALITÀ.......................................................................................................................... PROVINCIA........................... TELEFONO......................................................................... EMAIL................................................................................................................................ CODICE FISCALE.............................................................. PARTITA IVA...................................................................................................................... nella sua qualità di abbonato della rivista APITALIA: a) chiede di essere incluso nella Polizza collettiva “Ape Sicura” di assicurazione per la responsabilità civile contratta a beneficio degli Apicoltori che aderiscono all’iniziativa; b) dichiara, sotto la propria responsabilità, di essere iscritto all’Anagrafe Apistica Nazionale con Codice di Allevamento n. ..........................; c) indica, qui di seguito, l’ubicazione dell’apiario che intende assicurare:

2

1. Apiario composto da n° ................. alveari Comune, Provincia........................................................................................................................................................................................................... Indirizzo, Frazione........................................................................................................................................................................................................... Località, Fondo................................................................................................................................................................................................................. Coordinate satellitari.......................................................................................................................................................................................................

NOTA BENE Utilizzare n. 1 modulo per ogni apiario da assicurare

Proseguire su altri fogli fotocopiati per eventuali altri apiari da assicurare.

Che rimette

a mezzo CCP n. 46157004 - FAI - Federazione Apicoltori Italiani - Roma

a mezzo bonifico bancario, MPS Banca - IBAN IT65T0103003283000061424927

unitamente alla presente

Data.............................................. Firma (leggibile) dell’Assicurato............................................................................................................................ Data.............................................. Firma per accettazione da parte della Compagnia............................................................................................

3

Acconsento all’utilizzo dei miei dati personali ai sensi della normativa sulla Tutela della Privacy (Art. 10 Legge n. 196/2003 e del Reg. UE 2017/679) ai fini del trattamento da parte della Rivista Apitalia e della FAI-Federazione Apicoltori Italiani per l’invio di materiale amministrativo, informativo e/o promozionale. I miei dati non potranno comunque essere ceduti a terzi e mi riservo il pieno diritto di conoscere, aggiornare, modificare o cancellare le informazioni a me riferite. Data................................................ Firma (leggibile) dell’Assicurato.......................................................................................................... Mod. 01/2020 - Questo modulo annulla e sostituisce tutti i precedenti

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INSERZIONISTI

CHEMICALS LAIF Prodotti per la cura e nutrizione delle api pag. 2 info@chemicalslaif.it OTTOLINA

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Prodotti per l’apicoltura info@civan.com.tr CMA DI PITARRESI MICHELE

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Direttore Responsabile Raffaele Cirone redazione@apitalia.net Redazione e Segreteria Corso Vittorio Emanuele II, 101 00186 Roma - Italia - UE Telefono +39. 06. 6852556 - Fax +39. 06. 6852287 Email redazione@apitalia.net Grafica e Impaginazione Alberto Nardi redazione@apitalia.net Comunicazione e Social Media redazione@apitalia.net

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