RONZANTE PRIMAVERA
Apitalia - Corso Vittorio Emanuele II, 101- 00186 - Roma - ITALY - UE - ISSN: 0391 - 5522 - ANNO XXXXIV • n. 3 • Marzo 2019 •- 694 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/03 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1 Comma 1 – Roma Aut. C/RM/18/2016
Leggere le Api
la Biblioteca dell’Apicoltore
TITOLO LIBRO
AUTORI
N° PAGINE
M.K. Thun
248
Antroposofica
25,00 €
• Apicoltura in sicurezza
Giacomo Perretta
84
Montaonda
10,00 €
• Apicoltura tecnica e pratica
Alessandro Pistoia
348
L’Inormatore Agrario
32,00 €
F. Grosso
156
TIP.LE.CO.
15,50 €
B. Beck
120
Nuova Ipsa
10,50 €
• Cenni introduttivi per la selezione sull’ape Ligustica
INA, FAI
36
FAI
8,00 €
• Guida pratica alla produzione del polline in Italia
A. Metalori
180
Montaonda
25,00 €
• Guida pratica allo studio della melissopalinologia
AA.VV.
109
--
25,00 €
• Guida pratica di apicoltura con agenda dei lavori
G. Bosca
240
Il Castello
19,50 €
L. Bortolotti e G.L. Marcazzan
196
Edagricole
18,00 €
M. Campero
160
FAI Apicoltura srl
19,00 €
• Il mondo delle api
--
221
Fabbri
27,00 €
• Il piacere delle api
P. Fontana
610
WBA Books
24,00 €
• Il polline
Alin Caillas
108
FAI
19,00 €
• Il ronzio delle Api
J. Tautz
302
Springer Verlag
29,00 €
• Il tempo delle api
M. L. Winston
338
Il Saggiatore
23,00 €
• L’allevamento di Api Regine
F. Ruttner
344
FAI
35,00 €
• L’analisi sensoriale dei mieli
M. Gonnet, G. Vache
70
FAI
10,00 €
F. Frilli, R. Barbattini, N. Milani
112
Calderini Edagricole
17,00 €
Abate Warrè
272
Montaonda
18,00 €
R. Menzel, M. Eckoldt
310
Raffaello Cortina
29,00 €
• La meravigliosa vita delle api
G. Accinelli
155
Pendragon
14,00 €
• La produzione del miele in favo
R. A. Morse
112
FAI
12,00 €
• La rivoluzione dell’alveare
M. Grasso
138
Terra Nuova
14,80 €
• La vita sociale delle api - trattazione divulgativa
M. Spinett
192
Taiga
10,00 €
• Le api - biologia, allevamento, prodotti
A. Contessi
570
Edagricole
42,00 €
• Le api
R. Steiner
150
Antroposofica
14,00 €
• Le api
Herrera, Gallo
96
FAI
30,00 €
• Le api e la penna
A. De Spirito
142
Studium
13,00 €
• Le api in poesia
C. Graziola
350
Montaonda
15,00 €
• Le api per l’impollinazione
D. Frediani
82
FAI
10,00 €
• Le api - storia, mito e realtà
C. Preston
248
ORME
16,00 €
A. Contessi, G. Formato
386
Edagricole
38,00 €
H. Storch
78
Européennes Apicoles
15,00 €
E. Carpana e M. Lodesani
410
Springer
49,00 €
• Strategie di sopravvivenza delle colonie di api
H. Wille
56
FAI
10,00 €
• Un cucchiaio di miele
H. Ellis
192
Guido Tommasi
25,00 €
• Apicoltura
• Apipuntura - terapia medica con veleno d’api • Apiterapia
• I prodotti dell’alveare • I mille segreti dell’alveare
• L’ape - forme e funzioni • L’apicoltura per tutti • L’intelligenza delle api
• Malattie delle api e salute degli alveari • Osservando la porticina di volo dell’arnia • Patologie e avversità dell’alveare
EDITORE
PREZZO
• ORDINI E INFO • FAI Apicoltura srl - Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma - Tel. 06. 6877175 - commerciale@faiapicoltura.biz
EDITORIALE
LA FIERA DELL’EST
L’UNGHERIA DIVENTA IL PRIMO FORNITORE DI MIELE ALL’ITALIA
D
el mercato del miele, in Italia, si parla poco e spesso a sproposito. È insistente, ad esempio, la voce che sia la Cina la ragione di tutti i nostri mali. Magari sarà proprio così, mancano però dati ufficiali a conferma. Di vero c’è che l’Italia acquista dalla Repubblica Popolare Cinese poco più di 2 milioni di chili di miele all’anno, al prezzo di 1,07 Euro/Kg: quantità e valori modesti, ormai in continua diminuzione. La stessa Argentina, una volta nostro fornitore di punta, non si è più ripresa dal divieto di importazione in Europa di miele prodotto su colture Ogm.
Da sinistra: Raffaele Cirone presidente FAI-Federazione Apicoltori Italiani fa omaggio di miele italiano a Massimiliano Giansanti presidente di Confagricoltura e ad Antonio Tajani presidente del Parlamento europeo.
LA CINA PERDE PUNTI CRESCONO ROMANIA E UCRAINA INDIFESI I NOSTRI APICOLTORI Anche le forniture di questo Paese sono in costante riduzione: circa 2 milioni di chili di miele all’anno, che acquistiamo al prezzo di 2,21 Euro/Kg. Colpisce invece la straordinaria impennata dei quantitativi di miele che l’Italia importa dall’Est europeo. Ungheria, Romania e Ucraina sono le nuove miniere di oro giallo alle quali gli importatori di casa nostra attingono a ritmi sempre crescenti. Nei primi dieci mesi del 2018 sono transitati alle nostre dogane oltre 12 milioni di Kg di miele, provenienti da questi tre Paesi (fonte Istat), a un prezzo medio inferiore ai 3,00 Euro/Kg. La sola Ungheria piazza in Italia, anche grazie alla cooperazione apistica nazionale, quasi la metà di tutto il miele importato: un quantitativo superiore ai 9 milioni di chili, per un valore di quasi 30 milioni di Euro. Dati che finora sembrano sfuggiti a chi dovrebbe osservare il mercato del miele, ma che per fortuna vengono periodicamente rilevati dal nostro Istituto di statistica. Un’analisi dalla quale sembra chiaro che non solo gli apicoltori italiani sono indifesi, ma spesso e volentieri presi anche in giro da chi dice di volerli rappresentare. 3/2019 | Apitalia | 5
SOMMARIO
Apitalia N. 694 | 3/2019 gli articoli 5 EDITORIALE La fiera dell’Est
22 AGENDA LAVORI. CENTRO Finalmente ritorniamo in apiario
10 PRIMO PIANO Antivarroa pronto uso: il nuovo Api-Bioxl® Nostro Servizio
25 AGENDA LAVORI. SUD Livelliamo gli alveari
Tecnici APAM Santo Panzera
33 AGENDA LAVORI. SUD E ISOLE L’importanza di prevedere le fioriture Vincenzo Stampa 35 BIOLOGIA Dentro il multibioma: ecosistema intestinale Gianni Savorelli 41 FAKE NEWS Einstein e le api
Raffaele Cirone
12 AGENDA LAVORI. NORD-OVEST L’acquisto di api è una buona pratica apistica Alberto Guernier
44 RICERCA Analisi biometriche e molecolari in apicoltura Roberto Reali, Lorenzo Della Morte
15 AGENDA LAVORI. NORD La ripresa delle attività
Maurizio Ghezzi
50 ARTE Galleria d’arte contemporanea Renzo Barbattini e Giuseppe Bergamini
19 AGENDA LAVORI. NORD-EST Non di solo miele… Giacomo Perretta
56 FLORA APISTICA I pollini di emergenza Giancarlo Ricciardelli D’Albore
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i nostri recapiti
i nostri riferimenti La natura si risveglia, i campi si riempiono di mille colori come nella tavolozza di un pittore e si rinnova la frenesia delle api di raccogliere nettare e polline (Foto Luca Cosco)
hanno collaborato a questo numero abbonamenti 1 anno (10 numeri carta)
€ 30,00
2 anni (20 numeri carta)
€ 54,00
Italia, una copia/arretrati
€ 5,00
Alberto Guernier, www.sardegnamiele.it (foto pag. 12), ortolavalverde.wordpress.com (foto pag. 13), Maurizio Ghezzi, Giacomo Perretta, Tecnici APAM, Santo Panzera, Vincenzo Stampa, Gianni Savorelli, Massimo Mazzucco, Roberto Reali, Lorenzo Della Morte, Renzo Barbattini, Giuseppe Bergamini, Giancarlo Ricciardelli D’Albore, Fabrizio Piacentini, Alessandro Patierno, Patrizia Milione.
marcatura dell’ape regina Secondo un codice standardizzato, le regine sono marcate con un colore (tabella a lato) per permettere all’apicoltore di riconoscerne l’anno di nascita
azzurro
bianco
giallo
rosso
verde
0o5
1o6
2o7
3o8
4o9
(ultimo numero dell’anno di allevamento, esempio “2019”)
i nostri valori: siamo dalla parte dell’ape italiana, ligustica di spinola Lo stemma circolare dell’ape regina al centro della scritta che recita “Il mio non sol, ma l’altrui ben procuro” accompagna da sempre le pubblicazioni curate dalle firme storiche dell’editoria apistica italiana da cui Apitalia trae origine
Questa è la medaglia d’oro accompagnata dalla menzione speciale della Giuria internazionale che ha riconosciuto Apitalia miglior rivista di apicoltura per i suoi contenuti redazionali, la qualità del corredo fotografico e il valore tecnico-scientifico
La moneta di Efeso, con l’ape come simbolo riconosciuto a livello internazionale già 500 anni prima di Cristo
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PRIMO PIANO
ANTIVARROA PRONTO USO: ® IL NUOVO API-BIOXAL
IL GLICEROLO MIGLIORA L’EFFICACIA E LA STABILITÀ DELL’ACIDO OSSALICO Nostro Servizio
L
a varroosi si riconferma come la patologia a maggior impatto sull’apicoltura italiana e mondiale. Questo parassita danneggia sia le forme larvali dell’ape sia le forme adulte e ha un ruolo negativo sulle performance della famiglia, dovute all’azione immunodepressiva e depauperante nonché alla capacità di veicolare patologie come le virosi. Risulta indispensabile quindi mettere in atto un piano di lotta che preveda, possibilmente, l’associazione della tecnica apistica con l’uso di medicinali veterinari autorizzati, con l’obbiettivo di mantenere livelli di infestazione più bassi possibile, pena l’indebolimento e la perdita di parte delle famiglie con ingenti danni a livello economico a carico dell’apicoltore. I trattamenti utilizzati contro la Varroa dovrebbero avere le seguenti caratteristiche: • essere autorizzati; • essere efficaci; • dare un risultato ripetibile in termini di efficacia; • non dare farmacoresistenza; • essere sicuri sia per l’ape che per l’apicoltore; 10 | Apitalia | 3/2019
• essere pratici e semplici da usare; • non avere limitazioni stagionali, visto che la lotta alla Varroa non si ferma solo alla stagione estiva, ma spesso si prolunga anche durante le stagioni fredde; • essere efficaci sia sulla Varroa foretica sia su quella sotto opercolo. Ovviamente il farmaco perfetto non esiste. Tuttavia ad oggi l’acido ossalico è uno dei migliori principi attivi che abbiamo a disposizione in apicoltura contro la Varroa.
I TRATTAMENTI CONTRO LA VARROA DEVONO ESSERE AUTORIZZATI
Molti passi sono stati fatti per rendere sicura, efficace e autorizzata questa molecola, attraverso la ricerca di una forma farmaceutica che le donasse le caratteristiche sopracitate. Chemicals Laif, azienda italiana leader nel settore di prodotti biologici per il controllo della Varroa, ha sviluppato a partire da uno dei suoi medicinali veterinari a base di ossalico più conosciuti e usati, Api- Bioxal® 886mg/g polvere solubile, una nuova forma farmaceutica altamente innovativa ovvero Api- Bioxal® 62mg/ml soluzione per alveari. L’obbiettivo è stato quello di migliorare le performance del principio attivo e soprattutto rendere più pratico l’utilizzo del farmaco. Il nuovo Api-Bioxal® 62mg/ml soluzione per alveari è un medicinale veterinario a base di acido ossalico e glicerolo. Proprio il glicerolo è il nuovo coformulante che migliora l’efficacia dell’acido ossalico e permette alla formulazione di restare stabile anche in forma liquida per un lungo periodo di tempo. Uno svantaggio appunto delle soluzioni zuccherine contenenti acido ossalico è quello di non poter essere conservate, in quanto si avrebbe la formazione di idrossimetilfurfurale (HMF). L’HMF è un composto derivante dalla disidratazione degli zuccheri in ambiente acido, tossico per le api anche in piccolissime quantità. Il glicerolo è un composto organico naturale, componente dei grassi, presente nelle membrane cellulari ed è utilizzato come additivo alimentare (E422 con capacità umet-
tanti, emulsionanti e dolcificanti) e grazie alla sua struttura chimica è miscibile con l’acqua in qualsiasi proporzione. Oltre a non dare la formazione di HMF quando in soluzione con l’acido ossalico, ha la caratteristica di avere un’igroscopicità (la capacità di trattenere a se l’acqua) migliore rispetto allo zucchero. Questo permette al principio attivo di rimanere più a lungo in forma liquida, stato nel quale svolge la sua azione acaricida, anche nelle condizioni di umidità relativa tipiche dell’interno dell’arnia. Lo stato liquido rende Api-Bioxal® 62mg/ml soluzione per alveari pronto all’uso. Non è più necessario quindi investire tempo nella ricostituzione della polvere solubile che spesso porta, a causa di errori soggettivi nella preparazione della miscela, ad una variazione dell’efficacia. L’azzeramento del tempo di preparazione, nonché la facilità d’utilizzo si traduce in un vantaggio oggettivo e rende attuabili i trattamenti anche tra gli apicoltori
poco esperti e non professionisti. Questo nuovo medicinale veterinario è commercializzato in flaconi da 500 ml e in taniche eco pack da 5 litri, e mantiene la stessa concentrazione di acido ossalico diidrato di Api-Bioxal® polvere, ovvero 6.2%. Questa è una caratteristica importante in quanto l’efficacia dell’acido ossalico è concentrazione dipendente. Api-Bioxal® è il medicinale veterinario oggi in commercio avente la concentrazione più elevata di acido ossalico, studiata per la massima efficacia acaricida utile alle nostre latitudini e al grado di infestazione dei nostri alveari, mantenendo nel contempo un’elevata tollerabilità. La posologia rimane la stessa della polvere solubile; 5 ml per telaino occupato da api; considerando 10 telaini pieni, la confezione da 500ml è sufficiente per il trattamento di 10 alveari. il farmaco è adatto alla somministrazione per gocciolamento, mentre per la somministrazione tramite sublimazione l’unico farmaco autorizzato continua ad essere Api-Bioxal® in polvere. Un’altra caratteristica dell’acido ossalico è la possibilità di poterlo usare durante tutto il periodo dell’anno, in quanto non vi sono limitazioni nel range di temperatura nel quale può essere somministrato. Tuttavia resta essenziale per il raggiungimento di un efficacia elevata la riduzione o assenza di covata. Api-Bioxal® 62mg/ml Soluzione per alveari quindi è una nuova arma, contro la Varroa, nelle mani dell’apicoltore. Nostro Servizio 3/2019 | Apitalia | 11
AGENDA LAVORI. NORD-OVEST
L’ACQUISTO DI API È UNA BUONA PRATICA APISTICA
PRESTIAMO PARTICOLARE ATTENZIONE ALLO STATO DI SALUTE DELLE API FORNITE DAL MERCATO di Alberto Guernier
L
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corsi di apicoltura stessi, spieghino le innumerevoli tecniche di “propagazione” dell’insetto ape: nonostante siano spesso validissimi metodi, danno sicuramente soddisfazione se seguiti come dicevo prima a “regola d’ arte”. È il caso di domandarsi, sempre, al di là del metodo, se sia il caso di operare oppure no, in quel contesto, con quel materiale biologico e con quali rischi. Anni fa un vecchio apicoltore, mi
I PACCHI D’APE OFFRONO MAGGIORE SICUREZZA
Foto www.sardegnamiele.it
a stagione apistica del nuovo anno vede il suo inizio l’estate dell’anno precedente. Da allora, dai trattamenti fatti a regola d’arte e dalle divisioni a volte forse un po’ azzardate (dividere una famiglia con la certezza di fare la cosa giusta, richiederebbe in primis, conoscerne bene lo stato sanitario, e non solo la condizione che essa esprime, in apparenza, durante le visite di mezza estate), ha inizio la nuova stagione. Ho fatto questa breve premessa perché è situazione molto diffusa quella di moltiplicare le famiglie, con il solo risultato finale di ritrovarsi, in primavera, con pressappoco lo stesso numero di famiglie che andranno in produzione, possedute prima delle moltiplicazioni fatte appunto l’anno precedente. Il dato, pur nella sua tragicità ha del comico se si arriva ad immaginare che, con ogni probabilità, senza fare nulla, avremmo avuto in primavera lo stesso numero di alveari, con la unica deprimente differenza che sempre “probabilmente” sarebbero stati in condizioni migliori. Ora io so benissimo quanto i manuali di apicoltura, le riviste ed i
disse che l’apicoltore che compra api, è come il pastore che compra le pecore; in quell’epoca mi sembrava una considerazione giusta oltre che simpatica, oggi posso dire che essa era in parte errata. L’apicoltore bravo nel suo mestiere è colui che non ha grosse perdite di alveari dovute ad errori di pratica apistica, e riesce a mantenere il proprio allevamento, non solo vivo, ma anche efficiente, produttivo e sano. Il fatto di acquistare alveari, nuclei o pacchi d’ape (foto pagina precedente) per incrementare il patrimonio apistico, senza impoverire quello esistente, io la considero una buona pratica apistica. Non sempre è possibile e conveniente impoverire le fa-
miglie produttive, quelle che ci danno una buona resa in miele e prodotti dell’alveare, per farne altre famiglie. Deve essere chiaro che “moltiplicare” vuol anche, in un certo senso, dire “impoverire”; e allora domandarsi se sia il caso di farlo in ragione della nostra situazione, anche ambientale - è una buona pratica apistica! Detto questo, se abbiamo subito delle perdite invernali, osservando adesso le colonie dei nostri apiari, possiamo già immaginare quale sarà la “forza produttiva” della imminente primavera. Se occorre, siamo dunque in tempo, almeno noi al nord, a prenotare alveari, nuclei o pacchi d’ape, che possono rinforzare quelle famiglie
che escono spolpate della loro sostanza dall’inverno. Come già feci a suo tempo, consiglio vivamente di far sterilizzare i favi che hanno ospitato famiglie morte, prima di riutilizzarli, magari per i pacchi d’ape che, se preparati da ditte specializzate, possono essere una valida alternativa, non tanto per il costo, ma per la bassa possibilità di veicolare malattie. Ciò nonostante, quando si acquistano api, è sempre utile operare correttamente in banca dati, onde avere poi traccia del materiale acquistato, come pure richiedere un “vero” certificato sanitario, attestante la salubrità degli alveari venduti o di quelli di provenienza da cui sono state prese le api.
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AGENDA LAVORI. NORD-OVEST
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Foto ortolavalverde.wordpress.com
La pretesa da parte dell’acquirente, che vengano utilizzati tutti gli strumenti atti a tracciare le movimentazioni di materiale apistico, è pratica importante anche quale strumento atto a scoraggiare i ladri di alveari (soprattutto nuclei) che come si è visto in queste ultime annate non sono un fenomeno in diminuzione! In ultima analisi, va ricordato che è bene orientarsi sui venditori che sono in grado di fornire le migliori garanzie, questo anche a scapito di qualche euro in più. Ovviamente, in virtù di una “nuova visione” apistica aziendale, sarebbe bene, qualora si intendesse pianificare una crescita numerica costante negli anni, “stringere” qualche va-
lido rapporto con apicoltori che si una certa sicurezza e fiducia dovuta dedicano alla moltiplicazione delle ad un rapporto consolidato. famiglie, con il giusto impegno, affinché venga a crearsi per entrambi Alberto Guernier
AGENDA LAVORI. NORD
LA RIPRESA DELLE ATTIVITÀ
SE AVREMO BEN LAVORATO SARÀ PIÙ FACILE CONOSCERE IL POTENZIALE DELLE FAMIGLIE di Maurizio Ghezzi
VALUTIAMO SE LE SCORTE DI CIBO SONO ANCORA SUFFICIENTI
È
giunto il tempo che consacra l’uscita dal lungo inverno e con il suo arrivo si assiste alla ripresa dell’attività all’interno dell’alveare: è finalmente giunto il momento per l’apicoltore di rimettersi in “pista” a pieni giri. Con le prime giornate davvero tiepide e con una temperatura che in tarda mattinata si mantiene non inferiore ai 16 °C potremo, dopo lunga attesa, eseguire la tanto so-
spirata prima visita di primavera. Così, senza nemmeno preoccuparci di nascondere sì grande soddisfazione, ostentando una consapevole gioia, dopo esserci assicurati che l’affumicatore, ormai a riposo dallo scorso anno, sia ancora perfettamente funzionante, con enfasi e con quel po’ di apprensione che non guasta mai, ci accingiamo ad aprire il primo alveare procedendo a un’attenta, ma comunque veloce, esamina. Preoccupiamoci di controllare se: A) c’è una bella covata compatta, in questo caso la regina sarà ancora prolifica e tutto procede per il meglio. Con un alveare in queste condizioni possiamo sicuramente sperare in un buon raccolto. Non dimentichiamoci, comunque, di valutare se le scorte di cibo siano ancora sufficienti, in caso contrario nessuno ci vieterà di aggiungere del candito che si rivelerà essere prezioso soprattutto in caso di un imprevisto ritorno di freddo, accompagnato da un eventuale susseguirsi di giornate umide e piovose. B) Se troveremo una covata scarsa sicuramente saremo in presenza di una famiglia con una regina non più troppo giovane o, eventualmente, non in buona salute. Una famiglia in queste 3/2019 | Apitalia | 15
AGENDA LAV O RI. NORD condizioni avrà quasi con certezza delle difficoltà a svilupparsi e, senza ombra di dubbio, ci fornirà un raccolto scarso o mediocre. Alla comparsa sulla “scena” dei primi fuchi potremo eliminare questa regina, senza alcun rimorso, e la colonia baderà a crearsene una nuova più vigorosa e forte che contribuirà a incrementare positivamente lo sviluppo della famiglia stessa. C) Se non troveremo covata vorrà dire, purtroppo, che siamo in presenza di una famiglia rimasta orfana, in questo caso, forse, la cosa più conveniente da fare è di “spargere” un’abbondante quantità di fumo all’interno dell’alveare, così che le api si getteranno nel miele raccogliendolo; quindi scrolliamo tutti i telaini, facendo in modo che le api abbandonino l’alveare, dopo di che porteremo via l’arnia rimasta vuota. Per un po’ osserveremo le api girare in prossimità del loro vecchio alveare, ma alla fine non trovandolo esse si dirigeranno verso gli alveari più vicini nei quali saranno sicuramente ben accette, poiché non arriveranno a “mani vuote”. Dai vecchi telaini, ormai quasi completamente privi di miele, potremo ricavare dell’ottima cera che si rivela sempre essere utile e preziosa nella nostra attività. Alla fine di queste prime visite primaverili, se avremo ben lavorato, saremo in grado di conoscere con estrema esattezza la forza e il potenziale di ciascuna delle nostre famiglie. Se le nostre arnie possiedono un fondo estraibile, questo è anche il periodo giusto per rimuo16 | Apitalia | 3/2019
verlo e per pulirlo, liberandolo da tutte le impurità che, nel tempo, su di esso si sono depositate. Asporteremo così residui di cera e di polline e cadaveri di povere api, rimuovendo quel potenziale “terreno di coltura” tanto favorevole allo sviluppo di muffe e microrganismi che si potrebbero rendere responsabili di eventuali infezioni e malattie all’interno dell’alveare. Per compiere quest’operazione, l’ideale sarebbe possedere un fondo supplementare che potremmo porre al posto del primo e che, una volta pulito, utilizzeremo per sostituirlo a quello della seconda arnia e così via di seguito; è ovvio che ciò presuppone che si abbiano arnie tutte dello stesso modello e che nessuna delle famiglie in esse contenute presenti segni di qualche patologia. La covata è in piena espansione e le api, per sostenerla, oltre che a un abbondante consumo di cibo avranno bisogno anche di grandi quantità di acqua. Se nelle vicinanze dell’apiario non dovesse esserci, sicuramente faremo cosa a loro gradita disporre un recipiente colmo di acqua, nel quale avremo messo a galleggiare dei piccoli bastoncini di legno: renderà felici le nostre api che saranno orgogliose di abbeverarsi nel contenitore a loro fornito anche perché, appoggiandosi sui bastoncini flut-
tuanti, potranno tranquillamente bere evitando un indesiderato bagno fuori stagione. Se in queste giornate di ripresa dell’attività apistica il clima si mantiene buono, potrebbe essere il momento propizio per sostituire almeno due vecchi telai con cera nera, con due nuovi attrezzati con foglio cereo, e forse l’ideale sarebbe disporli immediatamente ai due lati della covata. Cari amici apicoltori, a me piace pensare che marzo sia il mese delle più belle speranze per noi e per le nostre “amichette volanti” e, soprattutto, con l’arrivo dei primi piacevoli tepori, mi piace aspettare assieme a loro quella meravigliosa esplosione di fioriture, ad alto potenziale nettarifero, che le aiuterà a proiettarsi in un inarrestabile sviluppo esponenziale. I caldi colori pastello di fiori distesi sul verde tappeto di un prato erboso, il chiarore di giornate sempre più lunghe, i profumi di una primavera che vigorosa e prepotente irrompe tutto intorno a noi, inducono me e le mie amate api a sperare in un inizio di mese mite e soleggiato perché marzo è dolce, è prezioso… è così, come il romanticismo: “finisce sempre nello stesso modo con cui comincia”. Maurizio Ghezzi
AGENDA LAVORI. NORD-EST
NON DI SOLO MIELE...
PRODURRE PROPOLI PER USO DOMESTICO UNA PRATICA ALLA PORTATA DI TUTTI di Giacomo Perretta
LA SOLUZONE ALCOLICA NON È INDICATA PER I BAMBINI
L’
inverno sta finendo, le gemme sui rami degli alberi cominciano ad ingrossarsi, sui primi fiori volano le api non solo in cerca di nettare e polline, ma anche di un altro prodotto: la resina, che attraverso una elaborata lavorazione diventa propoli. Questo composto di resine è utilizzato dalle api per vari scopi che racchiuderemo nel significato stesso della parola propoli, ovvero dal greco “pro-polis” a favore (o an-
che “a protezione”) della città. Per chi già raccoglie la propoli, o per chi vuole iniziare: questo è il miglior periodo. Parliamo spesso di miele e polline e quasi mai di propoli: è giunto il momento di dare alcuni consigli. La propoli di questo periodo ritengo sia la migliore, specialmente nel nostro nord-est ricco di pioppi. Ritornano i miei ricordi giovanili, quando ancor prima di diventare apicoltore frequentai dei corsi di erboristeria. Proprio in questa stagione, mi muovevo nelle campagne in sella alla mia bicicletta, alla ricerca del pioppo nero dal quale staccare le giovani gemme ricche di resina, pregiata per la salute. Oggi il pioppo nero è sempre più raro, al suo posto altre varietà più utili a fini commerciali ma con gemme ugualmente ricche di ottima resina, componente principale della propoli. COME RACCOGLIERE LA PROPOLI La propoli raccolta deve essere preferita a quella da raschiamento. La propoli da raschiamento deve essere utilizzata per scopi non destinati alla persona, piuttosto per fare vernici protettive dell’alveare 3/2019 | Apitalia | 19
AGENDA LAVORI. NORD-EST
e per tutti quei trattamenti esterni dove, la inevitabile contaminazione della propoli, non possa arrecare problemi o addirittura danni alla persona che l’utilizza. È bene rammentare che molti dei prodotti che usiamo nell’alveare (acidi sublimati o soluti, aromatici di vari composti), rimangono prigionieri della propoli. Una tecnica veloce e facilmente applicabile consiste nel preparare un coprifavo con qualche foro; io utilizzo i coprifavi ai quali tolgo i due fugapi di plastica: sui fori che rimangono applico una rete di nylon. Una volta propolizzata, tolgo la rete, la trasferisco in congelatore e quando la propoli è ghiacciata, la sbriciolo facilmente in un sacchetto trasparente per alimenti e la conservo. La mia tecnica è adatta alle mie esigenze, limitate a qualche etto l’anno. Ritengo sia da 20 | Apitalia | 3/2019
preferire quantità limitate di prodotto, di ottima qualità, piuttosto che molto ma, inevitabilmente, scadente. Ne vale la pena. La propoli viene messa in un barattolo con l’alcool nell’attesa che si diluisca. La mistura deve essere agitata giornalmente e conservata al buio, generalmente per almeno un paio di settimane: maggiore è il tempo di infusione e più alta sarà la concentrazione del soluto. In ogni caso è importante agitare spesso il composto, anche più volte al giorno. Al termine del periodo, si filtra il tutto (un filtro di carta va benissimo) e si mette nei flaconcini. Non bisogna esagerare nelle dosi, non è detto che una soluzione più concentrata sia migliore anzi, a volte, è vero il contrario. Allo stesso modo prestare particolari attenzio-
ni nell’uso: dalle 3 alle 10 gocce al giorno possono essere sufficienti. Ricordo che la presenza dell’alcool può nuocere ai bambini. Questa preparazione è paragonabile ad un liquore molto alcoolico; sebbene sia una preparazione casalinga per uso personale, parlatene sempre con il vostro medico. Ricordo che per la vendita o la cessione a terzi è obbligatorio che il prodotto venga lavorato da un laboratorio chimico farmaceutico autorizzato, non sottovalutate mai niente. QUALCHE NUMERO La propoli è solubile in alcool a 95°, generalmente usata nelle percentuali che variano dal 15 al 30%. Ipotizziamo di avere unito una quantità di propoli in 300 ml di alcool e di avere ottenuto un volume pari a 390 ml, la percentuale di so-
luzione ottenuta sarà: 90 / 390 x 100 = 23 % Per calcolare, invece, il grado alcolico - la cui conoscenza è relativa in questo tipo di preparazione -, indico una semplicissima formula che può essere applicata anche per i liquori fatti in casa. Quindi 390 ml soluzione totale, 300 ml di alcool + 90 ml di soluto propoli. 95 x 300 / 390 = 73° dove 95 sono i gradi dell’alcool usato, 300 ml volume dell’alcool usato e 390 ml volume totale (somma dell’alcool e del soluto, la propoli). Per una propoli idroalcolica è sufficiente aggiungere acqua in piccole quantità; la propoli non è solubile in acqua e può creare una sorta di lattice gelatinoso. Per le preparazioni casalinghe è possibile usare la lecitina di soia che ne migliora la diluizione. Le soluzioni con maggiori quantità di acqua possono essere prodotte con processi chimici farmaceutici non praticabili in una normale cucina.
INIZIA LA PRIMAVERA E LA COLONIA CRESCE Se ben alimentate e se esenti da patologie gravi, le api in questo periodo hanno uno sviluppo incredibilmente veloce, riuscendo ad avere per la fine del mese alcuni favi di covata (anche 4 o 5): vantaggio o svantaggio? Dipende da come si opera all’interno dello stesso apiario. Avere molte api non significa necessariamente “produrre più miele”. Piuttosto, può essere sinonimo di sciamatura e quindi perdita di raccolto. L’ideale è avere una buona quantità di api nel momento di massimo raccolto, né prima né dopo. La tecnica può venirci in aiuto, tenendo ben presenti alcuni parametri. Ad esempio il tempo dall’opercolatura alla nascita, 10 giorni, e il tempo di vita dell’ape all’interno dell’alveare, 15-20 giorni. Una tecnica semplice, che suppongo sia la più usata, è quella definita “pareggiamento”: spostare telaini di covata opercolata in eccesso, da-
gli alveari più abbondanti a quelli meno ricchi, generalmente nello stesso apiario. D’obbligo è il prestare particolare attenzione alla salubrità delle colonie, onde evitareil trasferimento di patologie da un alveare all’altro. Nel caso in cui si abbiano a disposizione ulteriori telaini, si possono preparare dei nuclei, pronti in estate, utili per passare l’inverno. In questi casi l’alimentazione supplementare è d’obbligo: le api all’interno del nucleo non hanno bottinatrici, perché sono tutte tornate al loro alveare madre. Questa tecnica che io sono solito chiamare “salasso”, permette di decongestionare gli alveari troppo ricchi evitando, o meglio, scongiurando la sciamatura, rafforzare gli alveari più deboli e formare nuovi nuclei. Potete in questo caso anche decidere che esse si facciano una regina, ma vi consiglio vivamente di dare loro una regina già feconda. Giacomo Perretta
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AGENDA LAVORI. CENTRO
FINALMENTE RITORNIAMO IN APIARIO
CON LA RIPRESA PRIMAVERILE È BENE PROGRAMMARE TRATTAMENTI TAMPONE CONTRO LA VARROA di Tecnici APAM
B
en tornata primavera. Finalmente. Superati i rigori invernali ecco che il fotoperiodo, già da un po’ di tempo, e le prime significative fioriture (dopo il nocciolo e le brassicacee, appaiono i primi fiori di campo, borragine, biancospino e ciliegio) ci annunciano che oramai stiamo entrando nella stagione produttiva. Le famiglie di api hanno ripreso ad allevare la prole, con rose di covata che si estendono sui favi in modo
sempre più evidente. Ci troviamo in una delle fasi più delicate della stagione, la cui gestione è fondamentale per determinare i risultati produttivi. Memori dell’andamento anomalo dell’autunno che ha visto le api mantenersi in attività ben oltre l’ordinario, allevando covata e volando fino ad ottobre inoltrato, ed in alcune zone anche a novembre, è opportuno, alle prime visite post-invernali, focalizzare l’atten-
L’ACIDO OSSALICO È AMMESSO ANCHE NEL BIOLOGICO
Foto Tecnici APAM
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zione sullo stato sanitario delle famiglie e sulla consistenza di scorte disponibili. Ne avevamo già parlato in articoli precedenti, il prolungamento anomalo del periodo di allevamento della covata ha favorito anche il permanere nell’aveare di condizioni favorevoli alla riproduzione della Varroa. I pochi acari sfuggiti alle terapie tampone del periodo estivo potrebbero essersi riprodotti nel periodo autunnale e nonostante gli interventi effettuati d’inverno, potremmo ritrovarci, ora, in primavera, con un livello di infestazione superiore al sostenibile. Questo, ovviamente, non significa che ci possiamo aspettare di ritrovare la presenza di acari vicino alla
soglia della criticità; la situazione potrebbe essere tale, però, che considerando la capacità di riproduzione del parassita, sarà consigliabile programmare degli interventi tampone durante lo sviluppo delle famiglie, senza poter aspettare il periodo estivo. Gli interventi tampone che possiamo attuare in questa fase sono di due tipi: biomeccanico, con l’inserimento dei favi trappola oppure chemioterapici, con prodotti non invasivi, come l’ossalico (APiBioxal principalmente, anche se ora sono disponibili altre formulazioni commerciali come l’Oxuvar - acido ossalico assoluto o il Varromed, che è una combinazione di acido ossalico e acido formico), o più pesanti,
come l’amitraz (Apivar ad esempio). La scelta della tecnica biomeccanica piuttosto che l’utilizzo di prodotti più o meno invasivi è legata all’intensità della infestazione presente nell’alveare e alla tipologia di conduzione che abbiamo normalmente adottato nell’apiario. In particolare, se siamo apicoltori iscritti al sistema di apicoltura biologica dobbiamo necessariamente escludere l’utilizzo delle strisce a base di amitraz (non ammesso dalla regolamentazione comunitaria che disciplina l’apicoltura biologica), strisce che se utilizzate in questa fase, quindi con le famiglie che non hanno ancora raggiunto il massimo livello di sviluppo e le attività di raccolta non sono anco-
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AGENDA LAVORI. CENTRO ra a livelli di punta, sembrano dare risultati abbastanza soddisfacienti. Gli apicoltori, invece, che scelgono di non utilizzare presidi chimici chiaramente più invasivi, possono somministrare l’acido ossalico, scegliendo una delle formulazioni disponibili, attraverso il gocciolamento o la sublimazione. Una o più interventi, a seconda della situazione sanitaria in cui si trova la famiglia. A questo proposito è opportuno chiarire che nonostante le indicazioni più diffuse prevedono di non ripetere il gocciolato su di una stessa generazioni di api, in quanto ne ridurrebbe eccessivamente la vitalità (con effetti collaterali negativi che annullerebbero il beneficio derivante dall’efficacia del prodotto contro la Varroa), si sta diffondendo sempre di più, tra gli apicoltori, l’abitudine di somministrare acido ossalico ripetuto - anche più di due volte - per mantenere basso, durante la stagione produttiva, il livello dell’infestazione. Le osservazioni di campo non rilevano particolari problematiche, soprattutto quando i dosaggi utilizzati di principio attivo sono inferiori a quelli tradizionalmente
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consigliati. L’altra opzione disponibile per gli apicoltori biologici e per gli apicoltori che prediligono tecniche di allevamento e di prevenzione sanitaria orientate alla sostenibilità, è rappresentata dal cosiddetto favo trappola. Un telaino da nido con inserito un foglio cereo per covata maschile oppure un normale telaino da melario. Inseriti come sponda, se le temperature si mantengono ancora incerte, oppure tra l’ultimo favo di covata ed il primo di scorte, nel caso le ceraiole sono in attività. Una volta completati con la costruzione delle cellette, saranno utilizzati dalle api per allevare covata maschile dove presumibilmente molti acari tenderanno, con buona probabilità, a
ricoverarsi per la fase riproduttiva. Ovviamente eliminando dalla famiglia i favi quando la covata sarà opercolata, alleggeriremo il carico di parassiti presenti nella famiglia. Tale operazione può essere ripetuta fino all’estate, quando sarà il momento della terapia tampone vera e propria, oppure limitata solo ad una o due ripetizioni. Messa sotto controllo la Varroa, possiamo dunque dedicarci alla preparazione delle famiglie per la fase di raccolta vera e propria. Incrociamo le dita e… “speriamo che io me la cavo”. Tecnici APAM Associazione Produttori Apistici Molisani
AGENDA LAVORI. SUD
LIVELLIAMO GLI ALVEARI
PAREGGIARE LA FORZA DELLE FAMIGLIE MANTERRÀ IN EQUILIBRIO L’APIARIO di Santo Panzera
GUARDIAMO SEMPRE LE NOSTRE API CON OCCHI NUOVI
È
giunto il periodo che, in Calabria, ci consegna con pienezza la stagione del lavoro in apiario, in quanto l’inverno, salvo poche eccezioni territoriali ed intemperanze climatiche sempre possibili, può considerarsi finito; bisogna entrare con il giusto dinamismo nel lavoro delle api che diventerà, da ora in avanti, sempre più frenetico. Assistiamo, infatti, alla crescita vertiginosa delle colonie che, a seconda del nostro
operato più o meno accorto, può evolvere in abbondanti produzioni o in pericolose e frustranti acrobazie sugli alberi, alla raccolta di inevitabili sciami. In questo periodo il nostro operato risulta determinante nell’ottenimento di buone famiglie di api, sane, bilanciate, con il giusto grado di popolosità, pronte a sfruttare nel migliore dei modi il generoso nettare dei fiori di arancio sulla costa tirrenica, di sulla (foto a lato) nelle aree joniche e di macchia mediterranea nelle zone pedemontane. Memori degli errori e delle esperienze maturate negli anni precedenti, dobbiamo tendere a correggere e migliorare il nostro “essere apicoltori”, improntandolo alla prudenza ed alla saggezza, impegnandoci a “giocare” al meglio delle nostre possibilità questa “partita”in cui, oltre al nostro operato più o meno corretto, entrano sempre più pesantemente in gioco le condizioni meteo-climatiche, evitando così di dover successivamente, in assenza di raccolto, rifugiarci in comode scuse, nel tentativo di celare una sbagliata gestione degli alveari. La nostra Calabria, in virtù della sua particolare orografia, con brevi distanze mare-monti e conseguen3/2019 | Apitalia | 25
AGENDA LAVORI. SUD
ti notevoli diversificazioni climatico-botaniche, impone procedure e tempistiche diverse a seconda delle aree territoriali di localizzazione degli apiari, senza dimenticare che, alla luce dei cambiamenti climatici in atto con l’assenza delle mezze stagioni, il periodo si può rivelare imprevedibile, con giornate di pieno sole seguite da bruschi abbassamenti termici, pioggia o, a quote elevate, anche neve. Nelle operazioni da eseguire in apiario in questo mese le due “parole d’ordine” dovranno essere creare spazio e pareggiamento tra le famiglie, in modo da un lato assecondare il loro sviluppo e dall’altro, togliendo ai “ricchi” per dare ai “poveri”, riportare gli alveari ad un livello di forza il più possibile omogeneo. L’obiettivo è quello di ottimizzare il lavoro in quanto, uniformando il più possibile gli alveari, si avrà il vantaggio che, attraverso la visita soltanto di alcuni di essi, saremo in grado di capire con 26 | Apitalia | 3/2019
buona approssimazione le necessità di tutti , con grande risparmio di tempo ed energie ed al contempo di aumentare la resa media degli alveari stessi. Infatti, famiglie troppo forti, con il massimo della forza lavoro e poco da bottinare, se non salassate a dovere, risulteranno difficilmente contenibili e finiranno per innescare la classica situazione di emergenza, con inevitabile scellatura e frequente sciamatura; al contrario, famiglie troppo deboli avranno crescita stentata e non andranno a raccolto, arrivando magari al top quando la fioritura sarà terminata. Nel mantenimento dei delicati equilibri in apiario dovremo fare appello alla nostra esperienza apistica, cercando di interpretare al meglio, sulla base dell’andamento meteoclimatico, quello che la natura e la nostra amata ape ci comunicano ogni volta che visitiamo gli alveari. Sappiamo bene che la capacità di raccolta di un alveare è determina-
ta dal numero di api bottinatrici in esso presenti e che, per formare una bottinatrice devono trascorrere 40 giorni; bisogna così avere il massimo della deposizione delle nostre regine 40 giorni prima del grande raccolto, in quanto è proprio da tali uova che nasceranno le future raccoglitrici di nettare, mentre invece le nuove api che nasceranno poco prima o durante il raccolto contribuiranno ad intasare il nido e rendere difficoltosa la distribuzione del feromone reale, facilitando così la sciamatura. Sulla base di questi dati, andando a ritroso di 40 giorni, avremo la data in cui dovremo avere nei nostri alveari non più di 4 o 5 favi di covata e, partendo da quella data, seguire la crescita degli alveari per arrivare a ridosso della fioritura con 7 o 8 favi di covata, posto che da ciascun favo di covata, a sfarfallamento avvenuto, nasceranno circa 7000 api le quali, in aggiunta a quelle già presenti, renderanno la famiglia produttiva.
Per quanto riguarda la concessione di spazio, nelle nostre visite di fine inverno ci accorgeremo come le famiglie, che nell’invernamento avevamo ristretto senza pietà tra due diaframmi solo sui favi ben presidiati dalle api, tutto ciò in Calabria anche in funzione anti Aethina, adesso reclamino maggior spazio in quanto tendono a spingersi oltre il diaframma, forzando tale confine; segno evidente che dobbiamo introdurre telaini con foglio cereo o, qualora non vi siano ancora una buona importazione e la temperatura idonea per rendere pienamente operative le api ceraiole, restituire alle api i favi, di sanità certa, stoccati in magazzino. L’inserimento del telaino
con foglio cereo o favo deve avvenire ai lati della covata, tra l’ultimo favo di covata ed il primo di scorte in quanto, un loro inserimento in posizione centrale all’interno della covata, implica due possibili effetti negativi: 1. La compromissione della capacità delle api di mantenere in temperatura la covata, per cui eventuali ritorni di freddo, sempre possibili, potrebbero rompere l’equilibrio termico dell’alveare, con conseguente abbandono e morte della covata più esterna; 2. Lo svolgimento, se non rapidamente costruito, della funzione di diaframma, isolando e relegando la regina nella porzione di nido da esso delimitata.
In caso di famiglia forte, con buona importazione e condizioni idonee di temperatura, il foglio cereo può anche essere inserito tra due favi di covata opercolata; esso verrà perfettamente costruito e rapidamente utilizzato dalla regina per la deposizione. Non appena il foglio cereo verrà costruito, nelle nostre visite settimanali, dovrà essere spostato centralmente, rendendo così disponibile alla regina un favo nuovo, ottimo per la sua deposizione; Qualora invece esso venga lasciato ai lati della covata, generalmente verrà sfruttato solo parzialmente per la ovideposizione e in misura maggiore per il deposito delle scorte di miele e
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AGENDA LAVORI. SUD polline, sottraendolo così alla sua ricevente fino a diventare botin caso di cali di temperatura, funzione principe, l’accoglimento tinatrici. Le api ceraiole (età da non essendo inglobata dal picdi covata. 13 a 18 giorni) poiché vanno a colo glomere, andrebbe incontro Il livellamento degli alveari alla colonizzare i fogli cerei appena a morte certa, ma dovranno ingiusta quantità di covata ed api per inseriti, possono essere trasferite vece contenere solo covata operil periodo viene effettuato, dopo prelevando i fogli cerei dalle facolata nascente che, sfarfallando aver verificato la sanità delle famimiglie donatrici e scrollandoli in a breve, non presenterà rischi di glie ed aver rintracciato la regina, quella ricevente. mortalità: attraverso interventi che prevedo- • trasferimento di api adulte, • Trasferimento bottinatrici, si reno il trasferimento da alveari forti ha lo scopo di rendere le colonie alizza invertendo la posizione tra ad alveari deboli di api a diverso deboli capaci di fronteggiare im- l’alveare donatore e quello ricevenstadio di sviluppo ed altro mateprovvisi ritorni di freddo attra- te, con conseguente scambio delle riale biologico, operato con diverse verso la formazione di glomeri rispettive bottinatrici e rafforzamodalità: più grandi; data l’impossibili- mento dell’alveare debole; tale in• trasferimento favi di scorte, tà di trasferire api bottinatrici, tervento deve essere effettuato in presenti soprattutto sui favi di piena attività di raccolta di nettare, ha lo scopo di ovviare a fine inmiele e di covata opercolata, non può essere modulato e può inverno alla carenza di polline che poiché farebbero rapidamente durre uno spopolamento eccessivo qualche famiglia manifesta; si efritorno all’alveare di origine, tale dell’alveare donatore. fettua scrollando leggermente il trasferimento può riguardare È bene sottolineare che, in apiario, favo affinché venga abbandonato o api nutrici o api ceraiole. Le bisogna operare con umiltà, nella dalle bottinatrici e su di esso perapi nutrici (età da 3 a 10 gior- piena consapevolezza che non c’è mangano le sole api di casa che, ni), localizzate sui favi con co- mai una regola valida ed uniforme incapaci di volare, molto giovani vata aperta e giovane, vengono che tenga, alla quale improntare e meno aggressive, andranno a trasferite attraverso una legge- con sicurezza e certezza le nostre rappresentare un ulteriore rafforra scrollatura del favo appena azioni, ma siamo sempre più chiazamento della colonia debole; prelevato, allo scopo di indurre mati a studiare con rinnovata pas• trasferimento favi di covata, al volo le bottinatrici ed il suo sione e stupore ed a guardare con ha lo scopo di rafforzare colonie successivo energico scuotimento occhi nuovi le nostre api ed il nodeboli; essi non dovranno essere o spazzolamento delle api che stro territorio. di covata aperta, data l’incapacità lo ricoprono che, essendo api di delle colonie deboli di nutrire ed Santo Panzera casa, rimarranno nella colonia accudire tale tipo di covata che,
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AGENDA LAVORI. ISOLE
L’IMPORTANZA DI PREVEDERE LE FIORITURE
BASTA AVERE ATTENZIONE E PERSEVERANZA PER CONOSCERE TEMPI E QUALITÀ DELLA FLORA di Vincenzo Stampa
ALVEARI SVILUPPATI IN TEMPO
Foto Vincenzo Stampa
PER LA FIORITURA
N
egli ultimi due anni abbiamo molto sofferto per la mancanza di raccolto sulle fioriture dei fruttiferi, in particolare su quella degli agrumi. Osservando l’andamento climatico, del periodo considerato, abbiamo rilevato in particolare la scarsità delle piogge e l’elevata temperatura durante l’inverno, del tutto anoma-
la rispetto alle medie storiche. Le fioriture dei fruttiferi si sono sviluppate apparentemente in modo normale ma non sono state frequentate dalle api. C’è un nesso tra l’anomalia climatica e la mancata attrazione delle fioriture verso le api? Secondo gli agronomi tutte le piante hanno bisogno di attraversare un periodo di basse temperature una “quota di freddo” in seguito alla quale manifesteranno una particolare vigoria al risveglio vegetativo. Quest’anno abbiamo l’opportunità di attuare una verifica di campo. A partire da questo autunno le piogge sono state abbondanti, alle volte anche eccessive, in gennaio le temperature sono state basse, in accordo con le medie storiche; in conseguenza ci aspettiamo una influenza positiva sul comportamento delle piante in particolare durante la fase delle fioriture. Possiamo prendere a riferimento il mandorlo, una pianta molto Spettacolare fioritura di un mandorlo precoce, a destra un mandorlo tardivo.
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AGENDA LAVORI. ISOLE gradita alle api, che è in assoluto il primo fruttifero a fiorire; valutando l’attrattiva di questa fioritura e delle successive rosacee verso le api, potremmo azzardare una previsione anche sulla qualità della fioritura delle piante che più ci interessano ad esempio gli agrumi? Abbiamo la possibilità e l’opportunità di verificare la validità di questa ipotesi fin dalla prima fioritura della stagione? Vedremo! Intanto abbiamo già uno strumento collaudato che ci da la possibilità di prevedere, con sufficiente precisione, a partire da una fioritura di riferimento, le date delle fioriture successive. Innanzi tutto è necessario suddividere le piante in tre categorie: erbacee, arbustive e arboree, quindi annotare la data d’inizio di ogni fioritura e segnare l’intervallo di tempo che intercorre tra una fioritura e la successiva delle piante della stessa categoria. Scegliamo quindi una pianta di riferimento tra quelle più precoci, ad
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esempio tra le arboree potrebbe essere ancora un mandorlo, iniziamo con il segnare la data d’inizio della sua fioritura quando vediamo un 10% circa di fiori aperti e continuiamo così con gli altri fruttiferi. In seguito a osservazioni e registrazioni pluriennali si è notato che l’intervallo di tempo tra due fioriture successive, tra piante della stessa categoria, si mantiene costante negli anni, anche in presenza di ritardi o anticipi imputabili all’andamento climatico stagionale. Questo ci permette di potere fare delle previsioni sulla data in cui inizierà a fiorire la specie che ci interessa basandoci sulla data di fioritura della specie di riferimento che fiorisce in precedenza. La continua raccolta di dati ci permette di affinare negli anni il metodo fino ad arrivare a previsioni
con un errore inferiore a cinque giorni il che non è poco, anche considerando che le fioriture di una determinata specie da sfruttare per il raccolto non durano mediamente più di quattro settimane. All’ora con strumenti semplici quali l’osservazione e la perseveranza, ogni apicoltore si potrà costruire il suo personale calendario delle fioriture, strettamente connesso alle caratteristiche pedo-climatiche del territorio in cui intende operare e che lo aiuterà a sapere in anticipo le date d’inizio fioritura delle specie di suo interesse. La regola è: “gli alveari si devono sviluppare per la fioritura e non sulla fioritura” occorre quindi programmazione, che sarà tanto più efficace quanto più precisa sarà la previsione. Vincenzo Stampa
BIOLOGIA
DENTRO IL MULTIBIOMA: ECOSISTEMA INTESTINALE
PROSEGUE IL VIAGGIO NEL TRATTO DIGESTIVO DELLE API. di Gianni Savorelli
Titolo originale del lavoro Multibioma, dieta, permeabilità dello stomaco, successo dei patogeni infettanti. Come quel che si mangia in relazione alla presenza microbica nel tratto digestivo determina vulnerabilità nei confronti dei patogeni
È
bene evidenziare che un alto livello di attivazione immunitaria non è di norma presente nei soggetti biologici perchè estremamente costoso per quantità di risorse derivanti dall’alimentazione che devono essere utilizzate per mantenerlo. Per cui- al paradosso - un patogeno trova spesso alte difese già pronte se qualcun altro le ha evocate - magari “per burla”, come sembano fare i batteri commensali. Altra cosa è invece una risposta immunitaria specifi-
Imagine tratta da “Le Api” di Alberto Contessi, Edagricole.
ca in risposta ad un patogeno che “sfonda” le difese pre esistenti. I MEMBRI DEL MULTIBIOMA INTERAGISCONO IN UN SISTEMA DINAMICO Il lume intestinale ospita un ecosistema complesso e interattivo nel quale la colonizzazione batterica come commensale o simbionte oppure infezione possono essere influenzati dalla “discussione” inter-multibioma tra i componenti del multibioma che esercitano rapporti di forza. Può tranquillamente avvenire che batteri presenti ad esempio nel nettare non riescano a colonizzare lo stomaco dell’ape in maniera permanente e stabile e da ciò divenendo transienti. La stessa cosa può avvenire per un probiotico per un uomo o per un’ape e/o dalla risposta dell’ospite in relazione al tipo di dieta assunta, la quale condiziona la vita di tutti. Similarmente a quanto avviene in altri ecosistemi, la comunità presente nell’ intestino è dinamica e regolata dalle interazioni, dai rapporti di forza esercitati per via biochimica tra le distinte entità biologiche 3/2019 | Apitalia | 35
BIOLOGIA presenti. Per esempio, i batteriofagi (virus che infettano i batteri) possono modellare il microbioma batterico accoppiando batteri commensali oppure altri batteri che risultano patogeni per l’ospite, guidando con ciò l’evoluzione batterica (Duerkop and Hooper, 2013). Il microbioma batterico può inibire la colonizzazione dell’intestino dell’ospite da parte di altri batteri - commensali o patogeni (si pensi a Nosema, virus delle api) - occupando specifiche nicchie ecologiche, competendo per le risorse disponibili, producendo metaboliti bioattivi e stimolando specifiche risposte immunitarie nell’ospite dirette verso i batteri “nemici” eventualmente patogeni per l’ospite (Lawley and Walker, 2013; Caballero and Pamer, 2015; Belkaid and Hand, 2014). Il venir meno di una situazione di omeostasi ecologica,ovvero di un equilibrio fra tutti i soggetti presenti, può facilmente condurre a spiacevoli conseguenze, con effetti sulla fisiologia dell’ospite, sulle sue capacità immunitarie e provocando così infiammazioni, “disturbi” e patologie. CO-EVOLUZIONE TRA PATOGENI INTESTINALI E MULTIBIOMA Il tratto gastrointestinale è colonizzato da commensali per tutta la sua lunghezza benchè le popolazioni batteriche differiscano in quantità e specie a seconda della “località”. I virus con l’evoluzione hanno imparato a utilizzare i batteri per migliorare la loro infettività e trasmissione o per indurre un ambiente ad essere verso di loro 36 | Apitalia | 3/2019
Tratto intestino di un’ape. Immagine tratta da “Le Api” di Alberto Contessi, Edagricole.
tollerante (Karst, 2016). Le interazioni nel multibioma dell’ospite, influenzano infezioni e immunità con l’ambiente che contribuisce alla omeostasi immunitaria. La dieta e la storia delle infezioni subite, sono associate alle differenze inter individuali della omeostasi immunitaria e alla composizione del multibioma intestinale (Carr et al., 2016; Song et al., 2013). La condivisione intima di un ambiente, la coabitazione ed i rapporti di parentela portano ad una convergenza dei profili immunitari tra individui non relazionati (Carr et al., 2016). Questo si traduce perciò all’interno di un alveare nel riscontro di un microbioma pressoché comune fra le api in relazione al loro compito lavorativo che prevede specifica dieta ed è verosimile che anche l’intero apiario abbia microbioma piuttosto simile (per ciascuna delle specifiche “categorie lavorative”) e
relativamente dissimile da quello di un altro apiario geograficamente lontano. Insomma, se si sposta l’apiario si modifica il multibioma e la possibile incidenza dei patogeni. IL MULTIBIOMA INFLUENZA LA RISPOSTA IMMUNITARIA AI PATOGENI Partiamo da un caso specifico sulle api: un brillante lavoro dell’Università di Pisa (Mazzei e altri 2016) coordinato dal Professor Felicioli, noto apidologo, che è riuscito a diminuire l’incidenza dell’infezione prodotta dal virus DWV somministrando alle api “pezzi” inerti di batteri. Come si è arrivati a tale obiettivo? L’influenza del multibioma sulle cellule immunitarie, che producono i vari tipi di difesa espressi nello stomaco, può incidere sulla risposta ad agenti infettivi, vaccinazioni e farmaci. Un certo tipo di presenza batterica
può aumentare le difese antivirali. Per converso, una certa presenza virale può diminuire l’incidenza di infezioni batteriche (Abt et al., 2016). Se utilizzare “pezzi” inerti di virus per ridurre infezioni batteriche appare un metodo molto interessante, la questione starà nel saper comprendere le dinamiche derivanti da infezioni sequenziali in situazioni di malnutrizione e relativa interazione col multibioma, nel contesto di infezioni e relativa risposta immunitaria. Questa linea di studio può portare a nuove comprensioni su come “disregolazioni” immunitarie possono venir compensate in modo da poter adeguatamente affrontare agenti patogeni (e ciò è particolarmente interes-
sante per le api che sono costrette per sempre alla convivenza forzata con un parassita “straniero” con tutto quel che ne deriva). Gli studi sugli esseri umani mostrano che l’interazione tra viroma e batteri intestinali con l’ospite contribuisce alla manifestazione di malattie infiammatorie intestinali, ma al contempo si registrano particolari situazioni in cui al contrario mitigano la severità dell’infiammazione (Yang et al., 2016). La distruzione del viroma enterico commensale può influenzare la composizione del multibioma ed alterare l’omeostasi immunitaria: è da notare in questo senso il fortissimo impatto che la varroasi produce sul viroma delle api aumentando a dismisura
la presenza di DWV a discapito di chissà quali altri virus “simbionti”. I FAGI: LE “APP” DEI BATTERI Dalla scoperta dei fagi (virus che infettano i batteri; ndt) ad oggi, si è compreso che essi sono il più abbondante agente infettivo del pianeta, superando i batteri loro ospiti come numero di dieci volte almeno (Wommack et al., 1999). Attraverso la loro possibile abilità di uccidere i batteri ospiti, i fagi esercitano un ruolo cruciale nella modulazione delle comunità batteriche, relative strutture e funzioni (Gorski et al., 2003; Rohwer & Thurber et al., 2009; Brüssow et al., 2004; Suttle 2005a,b, 2007). Per converso la loro presenza può conferire attributi funzionali ai batteri ospiti
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BIOLOGIA come sintesi di tossine, produzione di fattori di virulenza (verso altri batteri, funghi o l’ospite) nonchè geni che possono provvedere alla espressione di proteine che conferiscono flessibilità del metabolismo (Brüssow et al., 2004; Suttle 2007; Fuhrman 1999; Wommack & Colwell 2000). La relazione fra fagi e batteri loro ospiti e per forza di cose dinamica attraverso interazioni che portano a co-evoluzione, ed ancora tali interazioni hanno un importante ruolo nella evoluzione dei batteri (Paterson et al., 2010). I più recenti lavori di ricerca hanno mostrato una dotazione di funzionalità sorprendentemente ricca, che viene codificata dal viroma dello stomaco sui loro batteri ospiti. Ciò conferisce loro tratti “benefici” in grado di mantenere la stabilità della comunità e consentire resilienza in caso di “invasioni e distruzioni” (Breitbart et al., 2003; Reyes et al., 2010; Minot et al., 2011; Breitbart et al., 2008; Zhang et al., 2006; Minot et al., 2012a,b; Colomer-Lluch et al., 2011; Kim et al., 2011; Modi et al., 2011; Ogilvie et al., 2013). In altre parole i fagi sono per i batteri qualcosa assimilabile a quello che è una “app” per un telefono cellulare o un tablet, che consente di fare qualcosa che prima non si poteva fare oppure di simile ad un mandrino che consente di intercambiare la punta di un trapano e metterci una sega a tazza o una pala mescolatrice. Di nuovo, ne consegue anche che voler propinare batteri - presumendoli simbionti - ad umani o api senza considerare l’allegato “carico” di fagi, non è la migliore idea della storia perchè gli effetti di un medesimo batterio, ma con fagi diversi (con “app” diverse o 38 | Apitalia | 3/2019
punte diverse) sarebbero molto diversi. Queste scoperte suggeriscono che i fagi possono svolgere un ruolo chiave sul metabolismo dell’ospite primario (uomo, ape), non in maniera diretta, ma attraverso gli effetti prodotti sui batteri loro ospiti che influiscono sull’ospite primario. Barr e colleghi (Barr et al., 2013a) hanno recentemente sottolineato il ruolo dei fagi nella salute umana e di conseguenza anche in altre specie suggerendo che i fagi residenti nelle mucose costituiscano una difesa immunitaria supplementare a quella dell’ospite. Può essere inoltre sottolineata la notevole modificazione del viroma prodotta dalla varroasi, che va a facilitare l’invasione di nosema e anche altri virus per via orizzontale. Per tali ragioni è stato ipotizzato che la distruzione di queste simbiosi possano produrre una componente significativa nelle disbiosi (squilibri) microbiche associate a patologie umane e animali. In un simile scenario, la genetica dell’ospite e il suo stile di vita possono condurre ad alterazioni delle caratteristiche anti microbiche delle mucose, con diminuzione delle specie batteriche presenti e con una successiva possibilità di sfociare in manifesta disbiosi, la quale conduce a insufficiente regolazione delle interazioni protettive microbicheepiteliali. In altre parole è come togliere il vetro anteriore all’automobile e vedersi arrivare così tutto in faccia: aria , insetti e “sorprese”, ai quali deve porre poi rimedio il sistema immunitario (Hooper & Gordon 2001; Kostic et al., 2013). Qualsiasi “alterazione” della complessa interazione associata alla
espressione immunitaria dell’intestino può potenzialmente “aprire le porte” a “intrusi” che riescono o possono riuscire ad attraversare lo strato di cellule epiteliari che funge da barriera e permette la separazione con l’interno del corpo (Hooper & Gordon 2001; Kostic et al., 2013). In conclusione, compreso come i fagi possano contribuire o provvedere alla realizzazione di un sistema immunitario parallelo, non più di tanto legato alle capacità e potenzialità dell’ospite ma bensì alla sua dieta, la questione diviene come gestire la cosa (Barr et al., 2013). Proseguendo la considerazione in relazione alla salute delle api si può affermare che un buon 70 % delle difese immunitarie delle stesse sono espresse dal tratto digestivo. È lungo questo “percorso” che vi è il massimo delle problematiche infettive, in conseguenza dell’ azione prodotta dall’ambiente, che è spesso forzato dall’apicoltore che concede particolare alimentazione e da ciò particolare “rifornimento” di multibioma, e dai patogeni presenti. Le barriere intestinali sono, in questo senso, le parti più sollecitate dell’intero organismo. Trovare un complessivo e duraturo equilibrio , anche se lo diamo per scontato nella vita di tutti i giorni , è questione ardua. Prendiamo ora in considerazione l’articolo pubblicato su World J. Gastrointest Pathophysiol 2014 February 15; 5(1): 18-32, dal titolo “Intestinal barrier: A gentlemen’s agreement between microbiota and immunity” dei dottori Andrea Moro Caricilli, Angela Castoldi, Niels Olsen Saraiva Câmara. È ormai molto chia-
ro che il darwiniano adattamento, o evoluzione, di un soggetto biologico è largamanente influenzato dal suo multibioma, capace di apportare nuovi geni (come fossero nuove app o punte) e conseguenti nuove “funzioni” biologiche che permettono flessibilità nella dieta. Già, perchè la possibilità di digerire fragole piuttosto che pesticidi dipende sia dal multibioma che dai pasti precedenti che comunque al multibioma sono collegati. Il che spiega quale sia il motivo per cui il sistema immunitario di un essere biologico qualsiasi, ape o uomo che dir si voglia, si sforzi tanto per trovare un equilibrio tale da bilanciare queste modulazioni genetiche e biochimiche prodotte dalle modi-
ficazioni del multibioma. Per questi motivi e’ ragionevole pensare che una aumentata capacita’ di ricevere come simbionti microbi di nuovo e diverso tipo conduca ad un aumento della complessità della dieta. Ovviamente, in natura un aumento della complessità della dieta porta ad un aumento della probabilità di sopravvivenza. La relazione fra microbiota ed ospite è di conseguenza forzatamente complessa e ha importanti ripercussioni per entrambi in non pochi casi, con un reciproco miglioramento della vita. Non è per tanto sconvolgente che nel tratto gastro intestinale dell’ospite il microbiota possa produrre effetti molto differenti e talora addirittura opposti. Un batterio che
normalmente facilita lo sviluppo dei tessuti o partecipa al metabolismo dei nutrienti può talora e in particolari circostanze divenire patogeno in particolari individui. I più recenti studi hanno mostrato che il microbiota commensale influenza la risposta immunitaria intestinale dell’ospite. Lo può fare sia inducendo aumento di difesa che, al contrario, producendo “distensione e moratorie” con riduzione di stati infiammatori. Gianni Savorelli FINE 2A PARTE la 1a è stata pubblicata sul n. 10/2018
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FAKE NEWS
EINSTEIN E LE API
LA PROFEZIA CHE IL GRANDE FISICO E PREMIO NOBEL NON HA MAI FATTO di Raffaele Cirone
CRONACA DI UNA BUFALA PLANETARIA
Ci siamo cascati un po’ tutti, per anni. E, nonostante qualche dubbio, abbiamo voluto continuare a crederci ad ogni costo. Forse perché il nostro inconscio aveva bisogno di un appiglio: se è Albert Einstein a dire che senza le api il genere umano si estinguerà, allora potevamo star certi che il nostro lavoro di Apicoltori sarebbe stato più apprezzato. Sta di fatto che il grande fisico e Premio Nobel quella frase non l’ha mai pronunciata, né scritta, né lasciata intendere! Ecco come stanno davvero le cose Certo a dare questa notizia, che suona come la smentita più clamorosa degli ultimi dieci anni (seconda, forse, soltanto alla burla dei ragazzi livornesi che fecero ritrovare nei Fossi le teste fasulle di Modigliani), non poteva essere qualcuno del mondo apistico. Una responsabilità troppo grande quella di sottrarre alla comunità apistica il mito di una altisonante profezia di Einstein. Sarebbe stato come negare l’esistenza di Babbo Natale a un bimbo di 5-6 anni, dopo avergli fatto trovare i regali sotto l’albero. A sollevare i primi dubbi, per fortuna, ci ha pensato una comunità molto nota su Internet: il sito americano Snopes.com che il 21 aprile 2007 pone la questione “Einstein ha veramente detto questo?”. Snopes è un sito dove vengono analizzate e smontate le leggende metropolitane. Massimo Mazzucco, che ringraziamo per averci concesso la pubblicazione del suo scritto (che segue questa nostra nota), fa un’analisi molto puntuale a distanza di una sola settimana, sul suo sito Luogo Comune.net, nella rubrica “Le notizie commentate”. È la voce italiana su Internet di chi, appunto, analizza i luoghi 3/2019 | Apitalia | 41
FAKE NEWS comuni e li ridimensiona. Non per velleità di giornalisti alla ricerca di uno scoop, ma per evitare che la rete diventi un mondo virtuale dove chiunque può correre il rischio di confondere il reale con quello che reale non è. Cerchiamo quindi di capire come è nata e come si è riprodotta la profezia apistica di Einstein. Quella per intenderci che raccontiamo da tempo, a bambini e adulti, per far capire che “se le api scomparissero dalla terra, per l’uomo non resterebbero che 4 anni di vita”. I primi sospetti, sulla non veridicità di questa frase celebre, sono emersi quando gli esperti hanno fatto una semplice osservazione: “Come mai dalla morte del grande scienziato, avvenuta nel 1955, non c’è mai traccia di questa frase che, invece appare a sorpresa, solo nel 1994? Cosa è accaduto in quell’anno? Gli Apicoltori di tutta Europa sfilarono per le strade di Bruxelles (c’eravamo anche noi della FAI) per far conoscere alle Autorità comunitarie lo stato di grave disagio dovuto al diffondersi della varroa, ai bassi prezzi di mercato del miele, alla mancanza di uno strumento di sostegno finanziario dell’attività apistica. È in quell’occasione che un volantino dell’Unione Nazionale degli Apicoltori Francesi riporta per la prima volta la celebre frase di Einstein, senza tuttavia che qualcuno se ne accorgesse. In dieci anni questa goliardata ha avuto un impatto planetario, diventando endemica un po’ come la varroa. Tutti ce ne siamo beati, tutti ce ne siamo sciacquati la bocca. Salvo poi scoprire che è un’invenzione messa in bocca a un famoso personaggio per finalità politiche. A stabilirlo, con certezza, i custodi della memoria di Albert Einstein, presso l’Università di Gerusalemme. Sono loro ad averci certificato, laconicamente, che il grande scienziato non ha mai pronunciato quelle parole e che sarebbe doveroso evitare di attribuirgli questa suggestiva ma infondata sentenza. E dunque confermato che Einstein delle api non si è mai occupato, salvo un’occasionale citazione in cui lo scienziato fece un confronto tra umani e insetti sociali, quali api e formiche. Ciò non toglierà valore al nostro lavoro e all’utilità delle api. Prendiamone atto e smettiamola di continuare a raccontare una leggenda chiaramente priva di fondamento e che come tale non fa onore all’onesta intellettuale della comunità apistica.
E
cco un’analisi sui potenziali e sui rischi di un sistema “aperto” come Internet, dove le notizie, anche quando sono completamente destituite di fondamento, possono attecchire e moltiplicarsi al pari di una pianta infestante. Il rischio è quello di creare un mondo parallelo e virtuale che non ha nessun riscontro oggettivo con la realtà. Sta a noi evitare che questo accada, proprio come dovremmo fare per difendere un habitat naturale o le nostre api. Come tutte le novità in grado di trasformare la società, anche Internet presenta degli enormi pericoli connessi alla sua indubbia portata rivoluzionaria. La caratteristica fondamentale della “rete” è quella di rappresentare un enorme “archivio umano” contenente ogni sorta di informazione ormai acRaffaele Cirone cessibile a chiunque in qualunque
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momento. Ma Internet è anche accessibile “in entrata” e non solo “in uscita”, nel senso che qualunque utente è in grado di immettere informazioni a piacimento che, senza nessun filtro, andranno bene o male a fare parte di quell’archivio. È quindi diventato necessario cercare di verificare sempre la validità delle diverse informazioni a cui si accede, prima di farne uso o di tornare addirittura a rimetterle in circolo, amplificandole. Si rischia infatti quello che si potrebbe definire un “incesto dell’informazione”, dove una bugia iniziale, una volta immessa nel circuito, riesce a rigenerarsi proprio grazie alla propria esistenza. È il caso, sembrerebbe, della “famosa” predizione di Einstein sulle api, che più o meno recita così: “Se un giorno le api dovessero scomparire, all’uomo resterebbero sol tanto quattro anni di vita”. Il ragionamento che sottende a quell’affermazione è sicuramente valido, almeno in via di principio: niente più api, niente più impollinazione, niente più frutta e vegetali (non tutti, ma gran parte), con conseguente spirale a discendere il cui limite sta solo nella fantasia di ciascuno di noi. Ma l’ha davvero pronunciata Einstein quella frase? Una rapida ricerca su Google sembrerebbe confermarlo in pieno, visto che le parole “Einstein” “api” “quattro” e “anni” (tutte insieme, ma senza le virgolette), danno un ritorno di 50.000 pagine solo in italiano. Se poi si fa la ricerca in inglese, “Einstein” “bees” “four” e “years” daranno un ritorno di addirittura 300.000 pa-
gine. Se volete fare la prova, usate Google.it per la ricerca in italiano, e Google.com per quella in inglese. Eppure... sembra che nessuno riesca a trovare la fonte originale da cui è tratta quella citazione. Dopotutto Einstein non era l’ultimo degli sconosciuti, ed è difficile che una frase del genere che riguarda semplicemente il futuro dell’umanità - sia “sfuggita” alla marea di ricercatori, studiosi e normali lettori che nell’arco di 50 anni hanno in qualche modo letto, recensito, annotato, catalogato o archiviato tutto quanto di Einstein sia stato ritrovato. Una ulteriore ricerca, secondo il sito www.snopes.com, rivela che la citazione sarebbe comparsa pubblicamente soltanto nel 1994. In altre parole, prima di quell’anno non si troverebbe traccia di un eventuale uso di quella citazione di Eisntein. E dove sarebbe comparsa, per la prima volta, quella citazione? Sempre secondo Snopes, su un volantino distribuito in Francia e Belgio dalle rispettive Associazioni Nazionali degli Apicoltori, che iniziavano a preoccuparsi per una morìa di api molto superiore alla norma. Avremmo quindi un mastodontico caso di fallacia ad autoritatem, compiuta in maniera generalizzata su scala globale. Che le api quindi stiano morendo, è un dato di fatto ormai assodato da anni. Che le responsabilità di questa morìa siano da attribuire ai telefoni cellulari (le cui frequenze disturberebbero il senso di orientamento delle api, impedendo il loro ritorno all’alveare) piuttosto che agli OGM, al Global Warming o a
una frangia di fanatici di Al-Qaeda, questo ancora non lo sappiamo. Che Einstein abbia pronunciato quella frase, infine, diventa davvero improbabile. E questo nonostante una quantità impressionante di pagine che la riportano. Qualcuno aveva scritto, in tempi non sospetti: “una bugia ripetuta molte volte diventa una verità”, e questo lo abbiamo già imparato rendendoci conto della profonda differenza che passa fra la vita reale e il modo in cui ce la descrive la televisione. Ma anche Internet non è al riparo da questa profonda verità. Anzi, in un universo in cui la duplicazione/diffusione dell’informazione sta alla base stessa del suo funzionamento, il rischio è quello di creare un mondo parallelo, virtuale, che non abbia più nessuna attinenza con quello reale. Sta a ciascuno di noi, e non soltanto “agli altri”, evitare che questo succeda. Massimo Mazzucco
Apitalia ringrazia le fonti ufficiali consultate per chiarire il caso “Einstein e le api”. In particolare desideriamo ricordare la preziosa consulenza dal dottor Roni Grosz e da Barbara Wolff, curatori dell’Archivio Albert Einstein, presso l’Università di Gerusalemme Israele, dal sito snopes.com e da Massimo Mazzucco curatore del sito luogocomune.net
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RICERCA
ANALISI BIOMETRICHE E MOLECOLARI IN APICOLTURA
LAVORO PRESENTATO AL SEMINARIO DI ALTA FORMAZIONE “APISCAMPUS-CRT4” di Roberto Reali, Lorenzo Della Morte
4. LA MORFOMETRIA GEOMETRICA Partendo dunque da queste debolezze dell’analisi morfometrica classica, viene sviluppata quella che nel 1993 viene denominata la “morphometrics revolution” da Rohlf & Marcus: la morfometria geometrica. Questa metodologia, dopo aver individuato dei landmarks di riferimento quantifica la forma di oggetti anatomici utilizzando delle coordinate Cartesiane ottenute sulla base di punti biologicamente omologhi (per le api posti alle intersezioni delle venature delle ali), la cui posizione è specifica per ogni campione. I dati così ottenuti sono poi digitalizzati in 2D o 3D, fornendo una quantificazione della forma facilmente rappresentabile. Questo tipo di analisi si compone di alcune fasi particolari, precisamente: I. Individuazione dei Landmark II. Calibrazione di un Centroid Size III. Traslazione IV. Rotazione V. Rappresentazione in 3D (o 2D) 44 | Apitalia | 3/2019
4.1 Le fasi dell’analisi morfometrica geometrica 4.1.1 Landmarks Questa prima fase consiste nell’individuazione di punti che identificano caratteri omologhi (landmark) facilmente rilevabili su tutti gli esemplari raccolti e tali da caratterizzare la conformazione delle strutture anatomiche oggetto di studio.
4.1.2 Centroid Size Le diverse fasi operazionali che si devono compiere nello studio comparativo della forma tra due o più organismi biologici sono successive all’individuazione dei
ALTERNATIVE ALLE ANALISI MORFOMETRICHE TRADIZIONALI
landamark. Ottenuti quest’ultimi si descrive il concetto di centroid size ricorrendo ad una esemplificazione grafica in primis, e successivamente descrivendone il procedimento matematico su cui si fonda tale procedimento: La shape analysis si riferisce alle sole proprietà geometriche dell’oggetto, indipendentemente dalla sua dimensione e localizzazione nello spazio: gli effetti dovuti a queste variabili devono quindi essere rimossi dall’analisi. Le informazioni legate al fattore “taglia” (size) contengono comunque importanti indicazioni di tipo adattativo ed evolutivo e devono essere perciò isolate ma conservate. Le misure della taglia vengono quindi riassunte in un
Traslazione
Rotazione
In questo caso, il rettangolo ed il trapezio hanno forma differente, per dimensioni e configurazione.
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RICERCA indice, il centroid size (Bookstein, 1986), che esprime la misura della dispersione dei landmark attorno al baricentro dell’oggetto, il centroide. È necessario chiarire che cosa si intende per forma, rispetto anche ai termini inglesi. La parola form in inglese riassume le caratteristiche sia della taglia (size) che della relazione geometrica tra i caratteri (shape); la parola “forma” in italiano è invece riferita al singolo termine inglese shape, mentre dovrebbe includere i due aspetti di dimensione o taglia (size) e “configurazione” (shape), per evitare confusione. Il centroide costituisce piuttosto che una misura lineare tra due punti, come la lunghezza massima o l’altezza, una stima sintetica delle dimensioni di un organismo in tutte le direzioni, rappresentate dai punti omologhi. 4.1.3 Traslazione e rotazione Le conformazioni vengono traslate l’una sull’altra facendo coincidere i rispettivi centroidi e la successiva rotazione, mantenendo fissi i centroids, opera un allineamento delle conformazioni consentendo la valutazione, anche visiva, delle differenze. L’operazione di rotazione è quella più critica, in quanto metodologie diverse possono portare a soluzioni diverse. Oggi si indica nel metodo dei minimi quadrati quello che soddisfa le proprietà di uno spazio non euclideo, noto come lo spazio di Kendall, in cui sono possibili operazioni algebriche e statistiche. Queste operazioni vengono effettuate con una procedura chiamata Generalized Least 46 | Apitalia | 3/2019
Square Procrustes superimposition, meglio nota come Generalized Procrustes Analysis (GPA), dal nome di Procuste, predone dell’antica Grecia. Si ottengono così delle nuove coordinate (shape variables). Dato che lo spazio della forma è curvo viene approssimato da uno spazio Euclideo tangente usando una proiezione che può essere paragonata alla cartografia della Terra sferica riportata appunto su una mappa. Questa proiezione è necessaria perché molti metodi statistici standard come la regressione, l’analisi della varianza e molti altri, generalmente richiedono che i dati siano in uno spazio Euclideo piano. La matrice delle coordinate bi- e tridimensionali individuate sugli oggetti (landmark), è stata quindi trasformata in una nuova matrice di variabili (shape variables), utilizzate per le successive analisi di statistica multivariata che indagano sulle variazioni di forma (shape). 4.1.3 Rappresentazione in 3D (o 2D) Le nuove variabili ottenute da questo processo (shape variables) vengono prima digitalizzate e poi rappresentate in 3D (o 2D) con metodi quali il Thin plate spline descritto da Bookstein (1989). Il rivoluzionario cambiamento rispetto alla morfometria tradizionale, che si limita a ricostruire le relazioni spaziali tra le misure, è dovuto al fatto che questo nuovo approccio di sintesi permette di visualizzare i risultati della variazione di forma (shape) indipendentemente dalle dimensioni (size) degli esemplari studiati.
Example of three-dimensional Thin-plate spline deformation grid (Gunz, 2001)
5. LE ANALISI MOLECOLARI 5.1 Limiti delle analisi biometriche Il confronto morfometrico tradizionale non fornisca risultati certi, questo anche sul piano teoricoscientifico. Sebbene infatti l’assetto genico determini la potenzialità di realizzazione delle caratteristiche fenotipiche, il fenotipo non è la semplice manifestazione del genotipo: le caratteristiche fenotipicamente osservabili di un organismo sono il risultato dell’interazione tra il genotipo e l’ambiente. L’espressione genica può essere influenzata dall’interazione tra i geni e i loro prodotti (es: gli ormoni), da fattori ambientali (es: alimentazione, stile di vita) e da eventi che possono verificarsi in modo casuale durante lo sviluppo. In sintesi, è possibile definire il fenotipo come la manifestazione fisicamente osservabile del genotipo, che dipende dall’interazione tra espressione genica, fattori ambientali e casualità. Per tale ragione è importante sottolineare che organismi con uno stesso genotipo non necessariamente presentano
uguale fenotipo. Inoltre l’accoppiamento della regina con più di un fuco, durante il volo nuziale, fino a che la sua spermateca non sia completa, fa sì che le operaie abbiano
una variabilità genomica non indifferente dovuta al crossing-over genetico. Questo infatti fa sì che le api regine e le operaie condividano solo il 50% dei geni della madre e il
resto dal seme di uno dei fuchi che ha fecondato la regina, in un mix sempre variabile. Anche tra regine sorelle, la corrispondenza genetica arriva fino al 75%, lasciando uno spazio d’incertezza nella tipizzazione basata esclusivamente sulle tecniche di indagine biometriche. È in questo margine di incertezza che si inseriscono le analisi molecolari, il secondo dei filoni, che supera quella che è la morfometria, classica e non, spostando il focus di interesse dalle strutture biometriche degli organismi a quelle molecolari: tra le principali tecniche molecolari e genetiche che hanno maggiormente avuto applicazione nell’ambito dell’analisi e ricer-
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RICERCA ca tassonomica vi sono la PCR (Polymerase Chain Reaction), la Real-Time PCR e l’elettroforesi allozimica che, rispettivamente, focalizzano la loro attenzione su distinte classi di macromolecole biologiche: il DNA, l’RNA messaggero o mRNA ed infine le proteine. Le differenze biologiche e strutturali tra diversi gruppi sistematici, evolutivamente più o meno distanti, possono essere valutate sul piano molecolare. Differenze a livello genomico e quindi a livello del DNA si riflettono a livello del mRNA e anche a livello proteico e sono quindi differenze fondamentali per analisi comparative tra differenti specie o sottospecie.
tra subspecie, rilevando quelle che sono definite le zone di ibridazione, e la ricostruzione fitogenetica. La problematica connessa a questa metodologia è che Solo circa il 30% cambiamenti DNA determina cambiamento proteine, delineando così i limiti di questa tecnica. Inoltre in base alla metodologia di analisi scelta per la lettura dei risultati e ai criteri scelti per la definizione del locus polimorfico variano i risultati ottenibili.
5.2.2 PCR e Real-Time PCR La vera innovazione tecnologica in campo molecolare del secolo scorso è sicuramente la Polymerase Chain Reaction (PCR). Ideata negli anni 1980 da K. Mullis, ha avuto negli anni successivi un 5.2 le tecniche tale sviluppo da rivoluzionare le di indagine molecolare analisi molecolari. Componente fondamentale del DNA sono le 5.2.1 Elettroforesi Allozimica Sono detti allozimi le diverse for- sequenze microsatelliti, una clasme di un enzima che vengono codificate da differenti alleli nello stesso locus genico. Trattandosi di enzimi si può utilizzare la specificità di substrato per catalizzare reazioni di colorazione specifiche, studiando poi la variazione allozimica ereditata tramite elettroforesi, tecnica analitica e separativa basata sul movimento di particelle elettricamente cariche immerse in un fluido per effetto di un campo elettrico applicato mediante una coppia di elettrodi al fluido stesso. Poiché differenti allozimi scorrono a differenti velocità possono essere utilizzati come markers per l’identificazione e le analisi delle strutture di individui e popolazioni, la delineazione dei confini tra specie e 48 | Apitalia | 3/2019
se di marker del DNA che hanno una lunghezza generalmente fissa (circa 5 nucleotidi). Tramite la PCR queste regioni genomiche possono essere analizzate, conoscendo le sequenze a monte e a valle il locus genomico d’interesse6. Attraverso la trascrittasi Inversa e l’enzima DNA polimerasi, l’mRNA (RNA messaggero o trascritto) viene convertito in DNA, definito cDNA (DNA complementare). I due filamenti della doppia elica del DNA di partenza da amplificare, che serviranno da stampo sono separati mediante riscaldamento a una temperatura di 94 °C, in seguito da raffreddati per permettere l’ibridazione dei primers o inneschi, oligonucleotidi costituiti da circa 16 paia di basi: in ciò consiste la fase di annealing. Il materiale così ottenuto è amplificato in modo esponenziale con i successivi cicli. L’analisi elettrofo-
retica del prodotto della PCR permette di valutarne la lunghezza e consente di confrontarlo con altri microsatelliti provenienti da altri organismi viventi. Nonostante l’immensa portata innovatrice di questa tecnologia, vengono risolti i problemi da un lato del degrado del materiale utilizzato, dovuto alle alte temperature richieste dal ciclo e dall’altro dell’assenza di una correlazione tra prodotto iniziale e quello finale post-cicli di amplificazione, modificando la tecnologia PCR di partenza in un’analisi Real-Time: tramite un colorante intercalante fluorescente (etidio bromuro) il dr. Higuchi ed il suo team, mettono appunto una tecnica PCR in grado di analizzare l’amplificazione nella sua fase esponenziale, definendo una linea soglia che interseca la curva esponenziale nel punto detto ciclo soglia, indicatore fedele della quantità di DNA iniziale: il logaritmo delle quantità iniziali di DNA rispetto al ciclo- soglia,
descrive una retta. Fondamentale questo passaggio che rende possibile ricavare da questa relazione la quantità di DNA iniziale nei campioni oggetti di studio. La duplice natura della Real Time PCR fa sì che essa possa avere una duplice valenza: • può essere utilizzata sia come una tecnica qualitativa, ossia PRESENZA/ASSENZA del cDNA ricercato; • può funzionare come una metodologia quantitativa, ossia in grado di stabilire QUANTE COPIE di quel cDNA sono presenti nel campione. La quantificazione può essere assoluta se si utilizzano standard di concentrazione noti ad alta precisione (utilizzando delle standard curves); può d’altro canto essere una quantificazione relativa: viene effettuato un confronto di tipo relativo, mediante riferimento ad uno standard specifico per la specie (dove per standard si intende appunto una sequenza amplificata dai pri-
mers scelti e specifica per la sonda selezionata) o misurando la fluorescenza mediante l’ausilio di un algoritmo appositamente studiato dal gruppo di ricerca del dr. Higuchi che permette di riportarne all’interno i valori incogniti e di valutare la concentrazione di DNA del campione. La valutazione dell’espressione genetica di specifici marker molecolari, fa della RT-PCR una tecnica essenziale per le future indagini molecolari dell’Apis mellifera, permettendo una volta elaborati differenti primers la differenziazione genetica delle varie sottospecie di ape. Roberto Reali, Lorenzo Della Morte Centro Nazionale delle Ricerche, Dipartimento di Scienze Bio-Agroalimentari, Roma FINE 2A PARTE la 1a è stata pubblicata sul n. 1-2/2019
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ARTE
GALLERIA D’ARTE CONTEMPORANEA
INIZIAMO UN LUNGO VIAGGIO ALLA SCOPERTA DI ARTISTI ISPIRATI DALL’APE di Renzo Barbattini e Giuseppe Bergamini
L’
espressione “arte contemporanea” tende a includere tutta l’arte creata dagli anni cinquanta del XX secolo fino ai giorni nostri. L’uso dell’aggettivo generico “contemporanea” per definire l’arte dei nostri giorni è dovuto anche in parte alla mancanza di una scuola artistica dominante o distinta riconosciuta da artisti, storici dell’arte e critici. L’arte con-
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temporanea si manifesta in varie modalità tutte interdipendenti: videoarte, pittura, fotografia, scultura, arte digitale, disegno, musica, performance, installazioni. Poiché nel nostro “viaggio” (“L’ape nell’arte”), alla ricerca di opere d’arte (pitture e sculture soprattutto) nelle quali vi fossero chiari riferimenti all’ape, abbiamo rinvenuto numerosi artisti (più o meno fa-
LA NOSTRA QUOTIDIANITÀ STIMOLA LA CREATIVITÀ
Foto 1 - Martino Barbieri Calori, Vetro, miele e materiali vari (2003) (proprietà dell’artista).
1948 a Bentivoglio (Bologna) e deceduto il 3/7/2009, nel 2003 ha esposto Vetro, miele e materiali vari (Fig. 1) presso il teatro Guiglia di Modena. Quest’opera, tipicamente d’avanguardia, faceva parte della moMARTINO BARBIERI CALORI stra collettiva IL SIGILLO - Io e l’Io. L’arte contemporanea in più casi Barbieri Calori Martino, nato nel sostituisce all’immagine un ogmosi) riteniamo opportuno uscire in più puntate. Similmente a quanto fatto in passato, gli autori saranno citati in ordine alfabetico.
getto che, con la sua concretezza e solidità, è una sorta di correlativo oggettivo del segno. Così fa anche Martino Barbieri Calori che rimarca la preziosità unica del miele semplicemente esponendone un certo quantitativo in due semplici contenitori di vetro, esprimendo anche il valore della trasparenza e mettendo in risalto il colore particolare, dorato, di questa sostanza. Ci piace riportare quanto scrive Morena Poltronieri, compagna di Martino: “Tante le leggende e le storie che raccontano del miele e della sua origine mitica. Dall’antico Egitto, ove l’ape nasceva dalle lacrime di Ra ed era un altro volto dell’anima, alla cultura greco-romana, ove il miele rappresentava la fertilità e la
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ARTE
Foto 2 - Alessandro Battistin, Porzione di favo in argento (1989) (proprietà dell’artista).
Foto 3 - Cristina Bazzoli, Atlante (2009) (proprietà dell’artista).
gio Rusco (MN) il 18/3/1957 e ha cominciato a dipingere sin da bambina. La sua formazione artistica è avvenuta nella Bassa Mantovana. Nel 2000 si è trasferita a Firenze, precisamente nel quartiere di Santo Spirito, dove ha cominciato ad appassionarsi al lavoro degli artigiani che vi tengono bottega. È ospitata sulla piattaforma EcoArt Project (www.ecoartproject.org) con il suo dipinto del 2009 Atlante (Fig. 3) tempera all’uovo e cera su carta fissata a legno. L’autrice stessa così commenta: “Il possente Atlante si è trasformato in un debole nidiaceo, sopraffatto dal peso di uno sviluppo sempre meno sostenibile. Per aiutarlo a sostenere il peso del mondo, servono scelte politiche forti da parte ALESSANDRO BATTISTIN delle grandi potenze, ma servono CRISTINA BAZZOLI anche piccoli quotidiani comporAlessandro Battistin, nato a Vetamenti virtuosi da parte di ogni nezia il 27/5/1945, è uno scultore Questa pittrice, rappresentante del cittadino, che, come un’ape opeche vive e opera a Vittorio Veneto surrealismo italiano, è nata a Pog- rosa, deve dare il suo contributo. ricchezza della natura, fino a giungere ad oggi, all’arte contemporanea che, attraverso l’artista Martino Barbieri raccoglie questo importante testimone del passato. Ne riempie due recipienti di vetro, “Io e l’io”, il femminile ed il maschile, separati, ma uniti da un unico racconto. Così da rappresentare la dolcezza di cui abbiamo bisogno, l’amore che vorremmo fermare e fissare all’interno di un involucro di vetro, per rinchiuderlo, solo per noi. Ma dentro, nel profondo, è nascosto un sasso, che rappresenta un male oscuro da debellare, in altre parole la paura del vero Io. Occorre sgretolare questa pietra, affinché il miele, anziché “legare” ci colleghi ancora una volta alla radice del vero amore”.
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(Treviso). Della sua produzione vogliamo ricordare Porzione di favo in argento del 1989 (Fig. 2). L’artista eseguendo quest’opera non tralascia l’input naturale che costituisce tutta l’esecuzione elaborata della composizione. L’elemento naturale è costituito dal favo riprodotto e solarizzato in un contesto monocromo. L’aver spinto ad occuparsi di questa opera è senz’altro la base formativa di scultore che l’artista ha in sé; in effetti questa composizione assomiglia ad una scultura bidimensionale volutamente resa di un unico colore: l’argento, per dare al favo, d’antichissima origine, un aspetto quasi avveniristico e sovrannaturale. La preziosità dell’opera, quindi, è la cifra stilistica dominante.
Diamo il nostro piccolo aiuto ad Atlante!”. L’opera di Cristina Bazzoli vuole proporre una curiosa interpretazione del mito classico di Atlante attraverso un’ottica artistica vicina al movimento artistico del Surrealismo. Sono affrontate questioni concernenti la stretta attualità e il dibattito quotidiano, in particolare le problematiche sullo sviluppo sostenibile e sulle questioni ambientali, la cui mancanza di soluzione è resa emblematica dalla raffigurazione del titano Atlante: se nella narrazione antica esso era considerato il simbolo stesso dell’eroico, della tenacità e della forza che è in grado di sostenere il cosmo intero, qui viene presentato privo della classica virilità ed,
anzi, è incapace di sostenere un peso così grande come quello che comporta l’affrontare le tematiche sopra citate. L’autrice esprime questo complesso riferimento con il linguaggio visivo surrealista: un mito classico, visto come una allegoria di problemi contemporanei, è rivisitato in chiave di amara ironia, in cui la figura del titano è assente, le figure presentate risentono molto della stilizzazione del mondo dei fumetti o dei “cartoons”. ERIC BERG
Le sculture animali bronzee di Eric Berg possono essere viste in università, in musei, in giardini zoologici, in parchi e in gallerie degli
Foto 4 - Eric Berg, Bombo (Bumble Bee) (1986) (proprietà dell’artista).
Stati Uniti d’America. Il Bombo (bumblebee) (Fig. 4), invece, si può ammirare presso lo studio dell’artista, sito a Filadelfia. Notizie biografiche (l’artista è nato nel 1945 a Filadelfia) e sulla sua attività artistica si possono reperire in www. bergbronze.com. Navigando nel sito si apprezza come lo scultore sia affascinato dalle specie animali che abitano il nostro pianeta e rivela lo straordinario amore per la natura rappresentato dalla riproduzione esatta degli animali. Sicuramente egli è portato a riprodurre perfettamente gli animali, così come sono, senza alterarne le proporzioni ma, nonostante la fredda materia scultorea, dona a ciascun animale il suo aspetto e la sua espressione
Foto 5 - E Lisa Berté, La casa delle api (2001) (proprietà dell’Ente Parco Nazionale Val Grande, VB).
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ARTE
Foto 6 - Giuseppe Billoni, Nuvola alata (1997) (proprietà dell’artista).
Foto 7 - Giuseppe Billoni, Quintessenza (1991) (proprietà dell’artista).
naturalmente viva. Egli realizza, sempre con intelletto razionale, varianti astratte (che tanto astratte non sono) ma anche forme spesso simmetriche, arrotondate: ed è questo che probabilmente guida l’artista quando realizza un’opera scultorea. Il suo lavoro è certamente guidato 54 | Apitalia | 3/2019
Foto 8 - Giuseppe Billoni, Bagatto (2000) (carte pubblicate Originale di proprietà dell’artista). Sotto, particolare.
dalla sua intelligenza rispettosa per le regole e i canoni naturali che governano il mondo. In particolare, tra i tanti imponenti animali che egli ha eseguito, spesso si tratta di primati, si nota l’opera che rappresenta un bombo: figura abbastanza fuori dal contesto globale ma, non per questo meno carica di quella
“vitalità” che l’artista dona alle proprie opere. LISA BERTÉ
Un ruolo molto importante nell’educazione ambientale, lo gioca l’illustrazione naturalistica. Per sottolineare quest’aspetto, riportiamo
una tavola eseguita dalla dottoressa Lisa Berté (www.lisaberte.com), pittrice piacentina e realizzatrice di illustrazioni sulla fauna. Questi disegni sono stati utilizzati da Enti e Associazioni naturalistiche. La tavola riportata è del 2001 e s’intitola La casa delle api (Fig. 5 pag. 53). Com’è noto, non vi sono confini netti tra illustrazione scientifica e rappresentazione artistica di soggetti dell’universo biologico, fonte inesauribile di forme e colori. Molti artisti si sono cimentati e si cimentano con la rappresentazione a scopo didattico-didascalico di piante e animali e, d’altra parte, non pochi zoologi e botanici sono stati sovente in passato o sono talora ancor oggi illustratori dei loro stessi lavori di ricerca. Le illustrazioni prodotte da entrambe le categorie spesso ci parlano anche della passione per la natura e dell’amore per i soggetti raffigurati. La tavola in esame, accanto all’intento didascalico, lascia trasparire la partecipazione dell’esecutrice che ha “trascritto” efficacemente brani
miele in quanto nettare e. come significativi della biologia dell’ape simbolo della “bevanda d’imcon delicata sensibilità che si rifletmortalità” a cui si potrebbe collete nelle gradevoli e chiare tonalità gare, per esempio, il “soma” della cromatiche pastello utilizzate. In tradizione vedantica indù. particolare la tavola illustra l’attività (1) di ovideposizione da parte dell’ape • Bagatto (Fig. 8) del 2000. Questo regina nonché lo stoccaggio, nelle dipinto fa parte della serie “Tarocchi” e in esso si notano il pavicellette, di polline e di miele da parte delle api operaie “di casa”. mento geometrico (a mo’ di favo) e un po’ di miele versato (in basso a sx; fig. 8 bis); in esso si apprezza GIUSEPPE BILLONI la riproposta artisticamente valida Nato a Roma nel 1953, dal 1971 ha ed esteticamente gradevole, di un elaborato un particolare linguaggio gusto rinascimentale che Giusepsimbolico che ha poi sviluppato in pe Billoni ha saputo ricreare sensenso metafisico e cosmologico. za alcuna rinuncia al proprio stile Per approfondimenti rimandiamo e alla propria espressività artistica. al suo sito web www.billoni.it Di questo pittore “criptico” (come Renzo Barbattini ama definirsi) ricordiamo: Dipartimento di Scienze • Nuvola alata (Fig. 6) del 1997, AgroAlimentari, Ambientali tavola in cui egli si è ispirato alla e Animali - Università di Udine struttura geometrica dell’alveare che ricalca in qualche modo un Giuseppe Bergamini archetipo di tipo platonico, cioè Museo Diocesano e legato all’architettura e alla geoGallerie del Tiepolo - Udine metria che sovrintende il cosmo. • Quintessenza (Fig. 7) del 1991 FINE 1A PARTE tavola in cui egli si è ispirato al
Note
Pur tenendo presente sia l’estrema variabilità esistente fra regina e regina e fra razza e razza sia il differente comportamento dello stesso individuo
(1)
negli anni, ogni regina può deporre anche più di 300.000 uova all’anno.
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FLORA APISTICA. Scheda n. 10
I POLLINI DI EMERGENZA
FIORI UTILI PER LE API E PER GLI ALTRI APOIDEI NELL’ITALIA CENTRALE di Giancarlo Ricciardelli D’Albore
POLLINI DI FINE INVERNO - Erica arborea L. (Ericaceae) (Scopa)
DESCRIZIONE GENERICA TEMPO DI FIORITURA POLLINE
Arbusto sempreverde alto fino a 4 m (nelle isole Canarie è albero alto fino a 20 m!), tipico della macchia mediterranea. Fiorisce all’inizio della primavera. Oltre al nettare, copioso, il polline è uno dei primi raccolti nella macchia, anche con percentuali fino al 100 % e per più di una settimana di seguito. le pallottoline sono color rosa chiaro.
VALORE APISTICO
Da 1 a 4: 4.
VALORE APIDOLOGICO
Da 1 a 4: 4.
ALTRI USI BIBLIOGRAFIA
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Tutte le Ericacee hanno azione antidiarroica e diuretica; in questa specie le proprietà medicamentose sono molto blande. Il legno rossastro è molto utilizzato per costruire pipe. Tosco U., 1989. Piante aromatiche e medicinali. Ed. Paoline, 182.
POLLINI DI FINE INVERNO - Erica multiflora L. (Ericaceae) (Scopa f lorida)
DESCRIZIONE GENERICA TEMPO DI FIORITURA POLLINE
VALORE APISTICO VALORE APIDOLOGICO
Arbusto sempreverde alto fino a 1,5 m, tipico della macchia mediterranea. Fiorisce all’inizio dell’inverno. Oltre al nettare, copioso, il polline è uno dei primi raccolti nella macchia, anche con percentuali fino al 100 % e per più di una settimana di seguito. Le pallottoline sono color rosa chiaro. Da 1 a 4: 3. Da 1 a 4: sconosciuto.
ALTRI USI
Tutte le Ericacee hanno azione antidiarroica e diuretica; in questa specie le proprietà medicamentose sono molto blande.
BIBLIOGRAFIA
Tosco U., 1989. Piante aromatiche e medicinali. Ed. Paoline, 182.
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