Apitalia 3/2021

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Apitalia - Corso Vittorio Emanuele II, 101- 00186 - Roma - ITALY - UE - ISSN: 0391 - 5522 - ANNO XXXXVI • n. 3 • Marzo 2021 •- 712 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/03 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1 Comma 1 – Roma Aut. C/RM/18/2016

| Testata giornalistica fondata nel 1974 | Direttore Raffaele Cirone |

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numeri

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EDITORIALE

FRODI E QUALITÀ

PUBBLICATO IL RAPPORTO ANNUALE DELL’ISPETTORATO CENTRALE ICQRF

DATI CONFORTANTI PER I CONTROLLI SUL MIELE ITALIANO

Stefano Patuanelli

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onostante il 2020 sia stato l’anno preso in ostaggio dalla pandemia, l’Ispettorato Centrale per la Tutela della Qualità e Repressione delle Frodi Agroalimentari ha comunque portato avanti la propria attività rendicontata, in questi giorni, con l’annuale Rapporto Attività. Per dirla con le parole del nuovo Ispettore Generale Capo Felice Assenza, è stata “un’incisiva azione di controllo svolta dimostrando grande senso di responsabilità e altissimo livello di professionalità” dell’ICQRF. Sono i dati a parlar chiaro: 70.992 controlli, su 37.508 operatori ispezionati, in tutti i singoli comparti agroalimentari. Non manca il miele che gode giustamente di una particolare attenzione da parte dell’Autorità ispettiva. I controlli totali sono stati 1.556, di cui 1.200 ispettivi e 356 analitici; gli operatori controllati sono stati 867, di cui il 14,5% è risultato irregolare. I prodotti controllati sono stati 1.484, di cui il 10,8% irregolari. Le notizie di reato sono state in tutto 4, con un solo sequestro, 40 contestazioni amministrative e 95 diffide. Il Rapporto dell’ICQRF, in sostanza, ci dice che il settore del miele nel 2020 non è stato interessato da grandi criticità: le irregolarità si collocano nella media o nella fascia di minor rischio rispetto a molte altre filiere agroalimentari. Questo non deve farci abbassare la guardia e bene ha fatto Stefano Patuanelli, Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, presentando il Rapporto dell’ICQRF, a richiedere garanzie e “standard di legalità ancora più elevati, a protezione dei consumatori e salvaguardia delle nostre imprese”. Raffaele Cirone

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SOMMARIO

Apitalia N. 711 | 3/2021 | gli articoli

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5 EDITORIALE Frodi e qualità

Raffaele Cirone

8 PRIMO PIANO Direttiva Miele al giro di boa

Giovanni Gioia

12 AGENDA LAVORI. NORD-OVEST Preservare l’esistente

Alberto Guernier

15 AGENDA LAVORI. NORD Il tempo dell’azione

Maurizio Ghezzi

19 AGENDA LAVORI. NORD-EST Matematica apistica

Giacomo Perretta

22 AGENDA LAVORI. CENTRO Api a tutta forza

Matteo Giusti

26 AGENDA LAVORI. SUD Lavori al massimo

Santo Panzera

30 AGENDA LAVORI. ISOLE La sciamatura

Vincenzo Stampa

46 PROFESSIONE APICOLTORE La rimonta interna

P.A. Belletti, A. Chicco, M.T. Mazzariol, G.E. Mazzariol

52 SOCIETÀ Nasce Cultum Change 54 FLORA APISTICA I pollini di emergenza

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Nostro Servizio Giancarlo Ricciardelli D’Albore

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SPECIALE Linee guida per la salvaguardia degli impollinatori

37

SPECIALE Api e agrofarmaci: la posizione di un esperto

Mario Colombo


i nostri recapiti

i nostri riferimenti: per pagare

A marzo 2019 l’Assemblea generale dell’Associazione Apicoltori dell’Alto Adige ha incoronato la nuova regina del miele. Porterà il diadema con l’ape fino al 2022. Sabine Franzelin è apicoltrice con 20 alveari a Plose, montagna sopra Bressanone. Diplomata alla Scuola di Apicoltura altoatesina, vende articoli apistici come commessa e consulente del Consorzio agrario. Il figlio di tre mesi si chiama Florian: significa “dei fiori” e mamma Sabine sa già cosa farà da grande questo bimbo…

abbonamenti: quanto costano

hanno collaborato a questo numero

1 anno (10 numeri carta) € 30,00 2 anni (20 numeri carta) € 54,00 Italia, una copia/arretrati € 5,00 Estero: varia per area geografica, richiedere preventivo

Giovanni Gioia, Alberto Guernier, Maurizio Ghezzi, Giacomo Perretta, Matteo Giusti, Santo Panzera, Vincenzo Stampa, Pier Antonio Belletti, Andrea Chicco, Marilena Tiziana Mazzariol, Gaia Eleonora Mazzariol, Mario Colombo, Giancarlo Ricciardelli D’Albore, Fabrizio Piacentini, Patrizia Milione, Alessandro Patierno.

marcatura dell’ape regina Secondo un codice standardizzato, le regine sono marcate con un colore (tabella a lato) per permettere all’apicoltore di riconoscerne l’anno di nascita

azzurro

bianco

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rosso

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(ultimo numero dell’anno di allevamento, esempio “2021”)

i nostri VALORI “Il mio non sol, ma l’altrui ben procuro” è il motto che accompagna le firme storiche dell’editoria apistica italiana da cui Apitalia trae origine.

Una Giuria internazionale ci ha premiati come miglior rivista di apicoltura, per i contenuti tecnico-scientifici e la qualità fotografica.

La moneta di Efeso, con l’ape come simbolo riconosciuto a livello internazionale già 500 anni prima di Cristo.

Abbiamo sottoscritto “Il Manifesto di Assisi”, per un’economia a misura d’uomo. Come apicoltori ci riconosciamo nel Tau.

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PRIMO PIANO

DIRETTIVA MIELE AL GIRO DI BOA

INIZIATO IL PROCESSO DI REVISIONE LA FILIERA APISTICA DETTA LA LINEA di Giovanni Gioia

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Foto Jay79/Pixabay

artiti i lavori che vedono impegnate le rappresentanze del mondo agricolo ed apistico, sia nel comparto delle organizzazioni professionali, sia in quello della cooperazione. La modifica alla Direttiva miele si farà e gli interventi correttivi sono ora oggetto di un dibattito destinato a proseguire nei prossimi mesi. Il dibattito, allo stato attuale, è già sceso nei particolari del testo della versione vigente della Direttiva sul miele che, ricordiamolo, nasce nel 1979 e giunge alla sua ultima

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versione nel 2001. Un processo di modifica, pertanto, delicato anche per la proiezione temporale cui è destinato. Il metodo di lavoro prescelto, per giungere dopo adeguato e approfondito dibattito ad una proposta da sottoporre alla Commissione UE, è quello dei gruppi e sottogruppi di lavoro che partono dalla WP Honey del Copa-Cogeca (Gruppo di lavoro Miele attivo in sede europea) e si diramano in sottogruppi di lavoro per uniformità linguistica.

GLI ESPERTI A CONFRONTO IN TUTTA LA UE


Foto Leandro Segoni/Unsplash

Le riunioni hanno avuto una parte plenaria in premessa, una parte curata dai sottogruppi per le valutazioni di merito, una parte conclusiva per fare sintesi delle posizioni emerse. Un tema cruciale è stato quello relativo alla trasparenza, più che condivisa tra tutti gli organismi rappresentati nel Copa-Cogeca, con l’intento di particolareggiare l’etichettatura del miele rendendo identificabili le miscele, evidenziando i singoli Stati di provenienza del miele e indicando le percentuali che compongono una miscela. Il dibattito si è acceso quando si è dovuta concretizzare una modifica alla direttiva che descrivesse questa volontà del comparto produttivo che ciascuno interpreta in modo più o meno restrittivo: sulla componente di origine geografica, ad esempio, e quindi sull’opportunità

di inserire insieme alla denominazione commerciale ben visibile e sul campo principale dell’etichetta, anche la dicitura “miscela di mieli” che andrebbe a sostituire le ambigue diciture previste nella attuale versione della Direttiva. La novità, in sostanza, sarebbe quella di obbligare produttori e confezionatori a evidenziare nel campo visivo principale dell’etichetta che si tratta di un prodotto miscelato. Nel corso del dibattito del sottogruppo italiano, alcuni rappresentanti della filiera apistica hanno manifestato una presunta difficoltà per i confezionatori nell’essere precisi sulle percentuali indicate richiedendo quindi di prevedere margini di tolleranza nelle stesse. La posizione manifestata da Confagricoltura e dalla FAI è stata quella di non prevedere alcu-

na tolleranza considerando che il confezionatore è perfettamente in grado di conoscere la tipologia del prodotto confezionato in ciascun lotto talvolta con precisioni anche superiori all’unità percentuale. Le tolleranze proposte, peraltro da alcuni soggetti, sia in Italia, sia in altri stati membri, oscillano dal 5 al 10% che, fatti i debiti calcoli, peserebbero eccessivamente in termini di volume di miele classificato in “fascia di tolleranza”. Proviamo a fare un esempio pratico: su un lotto di 100 quintali pare singolare che il confezionatore possa sbagliarsi di ben 5 quintali di prodotto! Di qui la posizione da noi tenuta che risulta allineata sia alla gran parte del mondo apistico nazionale, sia alla totalità del mondo agricolo che già si è pronunciato sulle diverse filiere produttive per valorizzare il made in Italy 100%. 3/2021 | Apitalia | 9


PRIMO PIANO

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Foto Steve Buissinne/Pixabay

Numerose realtà europee, peraltro, convergono su questa posizione, apertamente manifestata alla presidenza del Gruppo durante i lavori. La questione arriva da lontano e non va assolutamente trascurata: Apitalia aveva già lanciato l’allarme, proprio su questo punto, quando i Paesi dell’Europa balcanica avevano addirittura paventato una moratoria sul 30% del prodotto oggetto di miscele. Proprio per la delicatezza del punto il gruppo di esperti italiani ha richiesto un ulteriore confronto allargato alle altre Organizzazioni degli Stati membri. C’è poi il delicato, quanto misconosciuto, tema dei mieli ultrafiltrati: processo già previsto dalla vigente Direttiva con il quale si cancella la matrice pollinica di qualsiasi partita di miele usata per le miscele, con questo eliminando la possibilità di risalire al Paese d’origine mediante l’analisi melissopalinologica. Su questo argomento i dubbi sono tutti fugati: l’Italia punta al divieto dell’ultrafiltrazione per ogni categoria di miele. C’è poi la volontà delle Organizzazioni apistiche di riappropriarsi del bacino commerciale del miele utilizzato come ingrediente di prodotti trasformati. Attualmente la norma che disciplina gli ingredienti dei prodotti trasformati è il Regolamento n. 1169/2011 con il quale la nuova direttiva dovrà raccordarsi: occorre infatti garantire che anche il miele impiegato come ingrediente, ad esempio dell’industria dolciaria, sia completamente tracciabile e riconoscibile nella sua matrice geografica.

Chiedendo trasparenza per ogni categoria di miele le Organizzazioni degli apicoltori invitano la Commissione a istituire al più presto un sistema europeo di tracciabilità che rechi al suo interno informazioni dettagliate sull’intera filiera produttiva: l’area geografica, il produttore, l’origine floreale o vegetale, l’anno del raccolto; assicurando così che tali informazioni accompagnino il miele nel suo percorso dall’apiario alla tavola. Non dovranno essere escluse le fasi che interessano la movimentazione di miele anche quando trasportato alla rinfusa (cisterna o fusti). Il sottogruppo di lavoro ha inoltre evidenziato come esistano al momento grandi difformità tra Stati membri sia sulle Autorità di controllo, sia sulle procedure ispettive presso il comparto apistico: prelievi, analisi e monitoraggio dei parametri di legge sul mercato interno e alle dogane dovranno essere standardizzati. Inevitabile per gli esperti giungere anche al tema del “miele riscaldato” o “miele pastorizzato”, al fine di

esprimere con maggiore chiarezza in etichetta la procedura cui il prodotto viene sottoposto non già per aspetti igienico-sanitari quanto piuttosto per ragioni legate alla tecnologia alimentare e alla sua lavorazione. L’umidità (che si vorrebbe riportata al 23% all’origine) e l’HMF che pare stia salendo a causa del riscaldamento climatico, specie nelle aree dell’Europa meridionale, sono temi in via di ulteriore approfondimento. Tanto per non farci mancare nulla, il che sorprende non poco, in Italia e nel resto d’Europa non si fa mistero della volontà di ridurre la Direttiva miele ad un provvedimento che riguardi solo il genere Apis censurando quindi la specie mellifera (men che meno a questo punto vale la sottospecie, ligustica, sicula/siciliana, carnica che sia) senza arrivare a chiarire il perché di una tale proposta e il vantaggio che potrebbero trarne gli apicoltori italiani ed europei tutti. A fronte di molti svantaggi… ci permettiamo di dire. Giovanni Gioia


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AGENDA LAVORI. NORD-OVEST

PRESERVARE L’ESISTENTE

MANTENERE IL PARCO APISTICO AZIENDALE PRIMA DI IMPEGNARSI AD INCREMENTARLO di Alberto Guernier

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prio sul finire dell’estate. Ed ecco che quella “fine stagione”, cui sopra accennavo, arriva poi inesorabile e magari a macchia di leopardo, desolante conclusione nel momento di ripartire. Ogni anno tutto questo avviene spazzando via migliaia di famiglie di api e (rileggere il mio precedente articolo su Apitalia 1/2-2021) migliaia di euro! Come a dire: la conclusione del nostro sforzo produttivo è spesso la scomparsa del mezzo con il quale

È IL MOMENTO DI RIPARTIRE MA LA STRADA SARÀ LUNGA

Foto Alberto Giuernier

confini (fine ed inizio) di una stagione apistica sono stati individuati dai “vecchi apicoltori” in quel periodo che, appunto, chiude una stagione produttiva: che coincide quindi con la fine dell’importazione quantitativamente rilevante dovuta alle grandi fioriture ma, soprattutto, con l’inizio della preparazione delle famiglie di api mellifere alla stagione invernale, fondamentale in quanto legata alla futura ripartenza. Da questa premessa si può partire a considerare la primavera una stagione prettamente produttiva: di miele e di api. Le api intese come nuove famiglie sono sempre più considerate fonte di reddito, questo anche in virtù della sempre presente e costante richiesta di nuclei sul mercato. Tale richiesta, fondamentalmente, risponde a due categorie da soddisfare: una “benigna” che è quella di quanti ancora vogliono iniziare a fare gli allevatori di api; l’altra, quella più “antipatica”, che risponde al bisogno di rimpolpare le perdite, sempre invernali, da parte di quanti hanno assistito al tracollo dei propri alveari. Situazioni che, appunto, iniziano in modo subdolo e poco visibile ai meno esperti pro-


abbiamo prodotto (l’ape viene rottamata!). Chi mi segue da anni, ormai, avrà notato come se da una parte io riesca a dare dei consigli pratici sul lavoro di apicoltore, dall’altra non risparmio mai di instillare dubbi qualche dubbio anche se questo comporta la conseguenza di aprire qualche ferita. Ferite, d’altra parte, che anche le varroe lasciano sul corpo dell’ape, diciamo corpo “grasso” dell’ape... causando la propagazione di virus e batteri. Quali? Quanti? Un primo risultato auspicabile, derivante da questa nostra attività, sarebbe dunque quello che prevede il mantenimento del parco apistico aziendale, prima ancora di impe-

gnarci nel tentativo di aumentarlo. In questo periodo, la limitazione del fenomeno della sciamatura può avvenire in due modi: sciamatura artificiale e pareggio. Oppure, con metodi che ci consentano di arrivare alla fioritura dell’acacia, con il maggior numero di api possibile, scongiurando appunto la sciamatura. Applicare la seconda possibilità a molte famiglie, non è cosa semplice, ma su di un certo numero di famiglie è sempre possibile farlo; potremmo scoprire, che “indebolire” significa sempre e comunque indebolire... un animale che per ragioni sanitarie, di pascolo, di stress, di ibridazione, risulta spesso già fortemente indebolito! Acquisite le nozioni per le quali si

presuppone che una famiglia vada in sciamatura (nel mondo gli animali, compreso l’uomo, tendono a moltiplicarsi anche quando non sono in ottima forma), si può operare partendo dal periodo in cui le api cominciano in modo ben visibile ad aumentare di numero. Al di là dei favi di covata che notoriamente si tende a contare, quindi, l’importante è il numero di api che li ricoprono: questo è il metro che ci dice se e come possiamo manovrare senza danneggiare l’equilibrio dell’alveare. Esporre le api a stress, in primavera, con possibili ritorni di freddo e blocchi di importazione, può dar luogo e favorire l’insorgere di patologie, una fra tutte: Ascosphaera apis

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Foto it.wikipedia.org

AGENDA LAVORI. NORD-OVEST

(covata calcificata). Quindi, qualora le api abbiano raggiunto uno sviluppo che lo consente, è possibile porre due melari con escludiregina, come si farebbe normalmente per la produzione, spostando su questi in posizione centrale due o anche tre favi di covata opercolata (su famiglie già ben avanti con lo sviluppo), sostituendoli con favi sani e già costruiti. Lateralmente a melario ci saranno i normali telaini già costruiti. Questo metodo offre molti vantaggi: primo fra tutti quello di collocare la covata opercolata in una posizione calda, molto più adatta rispetto ad un nucleo, seppur di polistirolo, con le sole api presenti sui favi asportati; esso inoltre ci consente, se praticato per tempo, di protrarre la deposizione della regina senza andare ad indebolire la famiglia. Questo non significa che non si rendano necessarie visite periodiche alla ricerca di eventuali cupolini o celle, ma sicuramente ci offre maggiori possibilità di arrivare indenni da sciamature sulla fioritura dell’acacia, specie con le famiglie grosse. 14 | Apitalia | 3/2021

Allo stesso modo, una volta nata la covata, questi favi vanno nuovamente scambiati con quelli sottostanti, ovviamente facendo attenzione a non spostare anche la regina, che deve restare nel nido. All’arrivo dell’acacia ci troveremo con due-tre favi di covata in più ed allora, con la stagione già inoltrata, potremo a quel punto formare un nuovo nucleo oppure, prendendo da più famiglie, optare per la formazione di una nuova famiglia su otto-nove favi, con cella o regina feconda. Nello spostare la covata, dobbiamo sapere che quella maschile, una volta nata, creerà la presenza di fuchi, questi cercheranno quasi subito di spostarsi nella parte inferiore dell’alveare: i fuchi (foto sopra) però non passano dall’escludi regina... rischieremmo di trovarli intrappolati nella griglia nel tentativo di oltrepassarla: risulta dunque opportuno eliminare direttamente la covata maschile prima di procedere in tal senso. Lavoro che spesso viene completamente sottovalutato e tralasciato, ma che ritengo di notevole importanza quando si interviene in

apiario in questo periodo, è quello di asportare con la leva tutti i ponti di cera presenti sulle stecche portafavo, sia superiori che laterali; in questo periodo le api sono solite costruirne molti ed è un buon segno, ma rallenta notevolmente le operazioni di visita e soprattutto rende difficoltoso lo spostamento dei favi: i “ponticelli” spesso sono fonte di schiacciamento delle api durante i riposizionamenti. Telaini ben puliti invece, anche nella parte dove appoggiano sui supporti dell’arnia, ci permetteranno di risparmiare notevolmente sul tempo, senza il bisogno di sbloccare i favi con la leva: riusciremo a procedere speditamente con le visite e, così puliti, ci consentiranno anche di estrarre favi centrali senza spostare tutti gli altri! Non solo: nel momento in cui andremo a fare il trattamento estivo, sia che decideremo di inserire delle strisce di prodotti acaricidi, sia che opteremo per il trattamento con acido ossalico gocciolato, non ritrovarci la strada sbarrata da cumuli di cera sarà un bel vantaggio; stessa cosa quando e se dovremo somministrare integratori e candito! Capita di vedere ponti di cera, favetti e costruzioni varie, scaraventate nella fretta di lavorare in ogni dove attorno agli alveari; una soluzione esiste: basta un sacco di carta robusto oppure un secchiello di plastica da miele con coperchio; eviteremo saccheggi e recupereremo anche un po’ di cera vergine, che le api hanno faticosamente costruito. Alberto Guernier


AGENDA LAVORI. NORD

IL TEMPO DELL’AZIONE

TUTTO CIÒ CHE FACCIAMO ORA INFLUENZERÀ LA STAGIONE APISTICA di Maurizio Ghezzi

DIAMO CERA DA COSTRUIRE NON TARDARE

Foto Ulleo/Pixabay

CON I MELARI

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inisce il tempo dell’osservazione e transitiamo verso quello dell’azione. L’inizio della primavera è, in effetti, un periodo cardine e la nostra attività in questo momento particolare sarà in grado di influenzare, nel bene e nel male, tutto il prosieguo della stagione apistica appena cominciata. Le api che hanno condotto alla primavera le nostre famiglie sono state progressivamente sostitui-

te da nuovi individui in grado di garantire un formidabile sviluppo della colonia, essi ci regaleranno inizialmente un buon raccolto di miele, mentre provvederanno, sul finire della stagione, a realizzare un ottimo stoccaggio di provviste necessario affinché la colonia possa superare il lungo e freddo periodo invernale in tutta tranquillità. Le prime visite in questa stagione ci permettono di individuare le famiglie più forti e se nel precedente autunno avevamo ristretto l’alveare non esitiamo, in caso di buon tempo, ad aggiungere nuovi telai per riportare il nido alla sua giusta dimensione. Alcune famiglie potrebbero presentarsi più deboli rispetto alle altre; in questo caso, dopo aver escluso possibili patologie, si può eseguire un pareggiamento delle colonie prelevando telai di covata dalle più forti per andare a inserirli nelle più deboli. Personalmente sono abbastanza contrario all’impiego di questa metodica che, va detto, ci espone al rischio di diffondere patologie e che, in diversi casi, non ottiene l’effetto desiderato poiché la famiglia debole potrebbe rimanere tale 3/2021 | Apitalia | 15


Foto WFranz/Pixabay

AGENDA LAVORI. NORD

mentre quella forte rischierebbe di subire uno squilibrio a seguito del prelievo della covata con compromissione del suo regolare sviluppo. Nelle famiglie più deboli è bene controllare la regina, spesso la vera responsabile di questa situazione e provvedere successivamente a una sua eventuale sostituzione, stimolando poi la famiglia con sciroppo alla concentrazione del 50% (1 lt di acqua per 1 kg di zucchero). L’aggiunta di nuovi telai fa sì che le giovani api - le cui ghiandole ceripare, in questo periodo della stagione, altro non chiedono se non che di essere messe in attività - lavoreranno per riuscire a costruirli nel più breve tempo possibile. I nuovi favi apporteranno all’alveare cera pura e fresca, non contaminata da germi e da eventuali sostanze chimiche, cera che rappresenterà un supporto ideale per lo sviluppo e la crescita delle giovani larve. Ricordiamo, inoltre, che più le api ceraiole saranno intente nel loro lavoro di costruzione più a lungo rimarrà sedata l’insorgenza della febbre sciama16 | Apitalia | 3/2021

toria. Una volta che la famiglia si disporrà su tutti i telai presenti nel nido, sarà bene aggiungere il primo melario; allargare il volume dell’alveare con l’aggiunta di un melario può temporaneamente ritardare ancora di un po’ la comparsa dell’istinto sciamatorio. Prima di aggiungere un melario è opportuno valutare con attenzione le previsioni meteo, un allargamento del nido fatto in prossimità del passaggio di una perturbazione foriera di freddo e brutto tempo comporterebbe, infatti, un danno per la covata e per il successivo corretto sviluppo della famiglia. Saranno il tempo e l’esperienza a insegnarci come e quando allargare lo spazio del nido con l’aggiunta di un melario; nel dubbio però potremmo comunque interporre fra la camera di covata e il melario un foglio di giornale, quest’ultimo impedisce una dispersione termica e saranno poi le stesse api che, mangiucchiando il giornale, creeranno il passaggio per salire a melario e grazie alla loro particolare sensibilità lo faranno quando sarà

giunto il momento propizio. È possibile, in questo periodo, poter assistere alle prime sciamature: solitamente queste avvengono nelle ore più calde della giornata, fra mezzogiorno e le due del pomeriggio, un grande movimento frenetico in prossimità della porticina di volo spesso è il preludio alla sciamatura. Molto frequentemente questo fenomeno si manifesta alla comparsa di una bella giornata soleggiata che fa seguito a un breve periodo piovoso e di mal tempo. Sono più che sicuro che ognuno di noi con il tempo e l’esperienza avrà elaborato la propria tecnica per contrastare la sciamatura, oltre all’applicazione della tecnica personale potrebbe rivelarsi cosa utile posizionare, in prossimità dell’apiario, qualche arnia esca (vedi Thomas Seeley, ricercatore e apicoltore), orientandola verso est/sud-est, al cui interno avremo messo dei favi con vecchia cera e della propoli: sostanze che emanano un buon odore sempre molto attrattivo per le api. Spesso e volentieri lo sciame la


sceglierà come nuova abitazione e potrebbe, inoltre, anche succedere che al loro interno finiscano sciami di altri apiari se non addirittura sciami provenienti da famiglie di api selvatiche che popolano il territorio circostante. Se lo scorso autunno avevamo ridotto l’apertura della porticina di volo ora è giunto il momento di allargarla così che le bottinatrici possano entrare e uscire dall’alveare il più velocemente possibile e senza faticare più di tanto. Teniamo pulita la terra nei pressi degli alveari rimuovendo tutto ciò che potrebbe creare umidità all’interno del nido, sappiamo già bene come un alto tasso di umidità sia incompatibile con un buono e

sano sviluppo della famiglia. Il tarassaco, la colza, gli alberi da frutta, il prugnolo e il ciliegio sono in fiore e le loro fioriture forniranno un’abbondante riserva di polline e di nettare, con la quale le api inizieranno a regalarci un buon primo raccolto. Ricordiamoci di smielare subito a fine fioritura il miele di tarassaco e quello di colza, poiché cristallizzano molto velocemente. Un ritardo nel compiere questa operazione potrebbe farci correre il rischio di ritrovarci con un miele cristallino all’interno dei favi, cosa che ci renderà sicuramente molto laboriosa la sua estrazione. In questo periodo le bottinatrici troveranno anche delle buone risorse mellife-

re sulle fioriture di tutte le piante ornamentali presenti all’interno di giardini sia pubblici sia privati e lungo i viali alberati delle città. Quest’ampia varietà di flusso pollinico e nettarifero oltre a foraggiare un’abbondante produzione mellifera permette anche alle nostre api di mantenersi in ottima salute. Forza dunque, si riparte: armiamoci di tuta e affumicatore e prepariamoci a nuove battaglie, scendiamo in apiario con la speranza che questo inizio di stagione si accompagni a belle giornate, perché un mese temperato non è mai abbastanza ingrato! Maurizio Ghezzi

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AGENDA LAVORI. NORD-EST

MATEMATICA APISTICA

STIMARE SEMPRE LE BOTTINATRICI E PREDISPORSI AD UN MIGLIOR RACCOLTO di Giacomo Perretta

OSSERVARE LE FIORITURE MONITORARE

Giovanni Campus Foto Jenny Thambs/Pixabay

LE PATOLOGIE

A

bbiamo avuto l’opportunità, durante il dramma della pandemia, di poterci recare in apiario, anche se fuori dai perimetri previsti, a dimostrazione che la nostra attività è importante; dovremo ora continuare a vivere la nostra apicoltura con attenzione e professionalità come e forse più del passato. La nostra attività dovrà essere sostenuta e assistita

prima di tutto da noi apicoltori, come peraltro già facciamo e con ancora maggiore impegno. Ci troviamo nel periodo più importante per lo sviluppo delle famiglie. Il polline entra nell’alveare in grande quantità e per i raccoglitori di questo prodotto parte ora la stagione attiva. Anche per chi punta a mieli specifici - tarassaco, ciliegio - la stagione inizia un po’ prima. Faremo comunque riferimento, dato l’altalenare climatico, anche alla fioritura dell’acacia (normalmente verso la fine di aprile e l’inizio di maggio), perché è il primo raccolto importante a cui la maggioranza degli apicoltori aspira. Questi sono indirizzi generali, ma interessanti per capire come sviluppare una famiglia. Per una buona importazione l’alveare ha necessità di un certo numero di bottinatrici, più è alto questo numero e, ovviamente, maggiore sarà il raccolto. Deve comunque esserci la fonte primaria, ovvero il nettare prodotto dalle fioriture che per vari motivi potrebbero anche scarseggiare: ad esempio a causa degli sbalzi di temperature, delle frequenti e continue piogge, oppure dell’impiego di fitofarmaci in presenza di fioritura. 3/2021 | Apitalia | 19


Foto David Hablützel/Pixabay

AGENDA LAVORI. NORD-EST

LA MATEMATICA DELLE BOTTINATRICI Fatte queste considerazioni, vediamo meglio la tecnica alla luce della matematica, sì! Perché l’apicoltura è anche la tecnica dei numeri. Il buon vecchio apicoltore, infatti, consiglia di non superare i tre telaini di covata alla fine della ripresa primaverile. Un quantitativo che in alcune condizioni può risultare eccessivo: è preferibile, in tal caso, togliere la covata in ecces20 | Apitalia | 3/2021

so e metterla in alveari più deboli, non senza aver prima controllato il motivo della loro debolezza. Ecco il perché della massima attenzione alle infezioni. Rimanendo quindi ai 3 telaini di covata in ripartenza di stagione, un calcolo approssimativo ci dice che nella nostra zona l’acacia fiorisce, diciamo indicativamente, a inizio maggio, avremo circa 40 giorni. I tre telaini di api hanno nella loro covata indicativamente

1/3 di covata nascente, 1/3 di covata che nascerà dopo 10 giorni e 1/3 di covata aperta che nascerà, progressivamente, dopo 21 giorni; ovviamente con lo scivolo della deposizione di circa un migliaio di uova al giorno. Sappiamo che per 20 giorni le api accudiscono l’interno dell’alveare e solo dopo diventano bottinatrici, quindi le prime api nascenti saranno bottinatrici verso la metà del mese successivo e, mentre queste diventano bottinatrici, le altre nasceranno per la prima settimana di maggio: tutte saranno bottinatrici. Sappiamo inoltre che questo ciclo operativo delle api si allunga o si accorcia secondo le necessità della famiglia, in questo caso si accorcia. È noto che un favo (telaino) contiene circa 800 celle per dm², favo che in entrambi i lati è composto da più di 8 dm² x 800 api (400 celle circa per lato) = 6.400 api x 3 telaini = 19.200 api che sicuramente saranno bottinatrici sull’acacia (leggere questi numeri come indicativi, anche se sottostimati); se a queste api aggiungete tutte quelle che nasceranno qualche giorno dopo o che sono già nate qualche giorno prima, vi accorgerete che le bottinatrici presenti in una famiglia sono veramente tante. Desiderare tante api bottinatrici per un più ricco raccolto è stimolante per l’apicoltore, ma se non siete sufficientemente esperti, fate attenzione a confrontare questi calcoli con le condizioni accennate prima, in particolare al tempo atmosferico: in tal caso il rischio è quello della sciamatura proprio sul più bello.


Per avere una visione più completa del calcolo, vi consiglio la rilettura dell’articolo di Vincenzo Stampa su Apitalia n. 1-2/2021, nel quale ci dà indicazione di come calcolare quante api coprono un telaino: sono 2.800 api su di un telaino coperto da entrambi i lati (1.400 per lato). La conclusione, per facilitarvi i calcoli anche se per difetto, è che indicativamente 19.200 bottinatrici coprirebbero più della metà dei favi dell’alveare: 19.200/2.800 = 6,8 telaini solo di bottinatrici. Se a circa un mese dalla ripresa primaverile notate un eccessivo aumento “demografico” non indugiate a togliere ancora qualche telaino ed unirlo a quelli tolti precedentemente; se avrete lasciato fare a loro la regina questa sarà già nata e forse avrà anche iniziato la deposizione che in primavera inizia molto presto, a volte già al 25° giorno dalla nascita.

grande quantità; a volte può mancare il nettare, specie se le tarde gelate bloccano nei fiori la produzione di nettare: quindi covata presente, bottinatrici presenti ma fiori asciutti, al punto che in alcune zone del nostro nord-est, special modo in montagna, possono verificarsi mortalità per fame. Il ruolo vigile dell’apicoltore non deve mai venir meno. Egli a volte è tranquillo, le api entrano ed escono dall’alveare, su ogni fiore c’è un’ape, quindi si suppone che non ci sia nessuna necessità di ispezionare le famiglie la cui condizione, invece, deve essere sempre verificata. Un suggerimento: osservate attentamente le api sui fiori, se il loro andare da un fiore all’altro è rapido provate a domandarvi il perché. Spesso questo tipo di movimento indica che il fiore non produce nettare, le api che si posano su di un fiore produttivo difficilmente l’abbandonano e tentano di succhiare più nettare possibile. Se disturALIMENTAZIONE Non è necessario alimentare con bandola, l’ape si allontana, ma poi proteine, se il polline è presente in caparbiamente ritorna sulla stessa

corolla, significa che il fiore offre nettare, se non fosse così l’ape si allontanerebbe indifferente a ricercare un’altra fonte. Verificare la condizione della famiglia non comporta solo vedere se c’è covata, regina e alimento, ma anche e soprattutto se ci sono infezioni. Quindi l’alveare va aperto e controllato con attenzione, per verificare la presenza di patologie che possono colpire la covata ma anche le api adulte. Può essere utile, infine, ricordare come si distingue un alveare morto per fame, argomento già descritto su Apitalia 12-2020. Troverete le api tutte infilate nelle cellette, con l’addome fuori nel tentativo di recuperare l’ultimo residuo di miele in fondo alla cella. Alcuni giovani apicoltori, è a loro che mi rivolgo, mi hanno contestato questo adducendo che intorno alle api ci fosse una corona di miele ancora sigillato: ebbene, ciò non significa che le api siano riuscite a raggiungerlo. Giacomo Perretta

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AGENDA LAVORI. CENTRO

API A TUTTA FORZA

PREPARARSI AI GRANDI FLUSSI MELLIFERI, SPOSTARSI VERSO POSTAZIONI STRATEGICHE di Matteo Giusti

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Foto Luca Mazzocchi

a piena primavera è un momento intenso per l’apicoltura in tutto il centro Italia. Gli alveari sono in rapido sviluppo e il periodo della sciamatura entra nel vivo, così come iniziano le prime raccolte di miele. Fondamentale in questo passaggio di stagione è il mantenimento di famiglie forti e popolose anche in vista delle fioriture più importanti dell’anno come la sulla(foto pag. 23), l’acacia e il castagno (foto sotto), che, si spera, arriveranno di qui a poco. Mantenere famiglie forti ed evitare la sciamatura non è una contraddizione come alcuni pensano, ma è

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un gioco di equilibrio che va gestito con cura. Per avere famiglie pronte per le produzioni è necessario avere tutti i telaini del nido popolati di api e almeno l’80% dei telaini di nido con covata, indipendentemente dal numero di telaini e dal tipo di arnie con cui si lavora. Ovviamente avremo famiglie con una forza variabile, per cui sarà necessario regolarne la forza. Nelle famiglie molto forti si possono togliere telai di covata ricoperti di api. In generale può essere opportuno non togliere più di un telaino a settimana a famiglia, per non ri-

BILANCIAMENTI TRA FAMIGLIE E INCREMENTO DELLE COVATE


Foto graziamargherita.wordpress.com

schiare di indebolirla troppo, e valutare di volta in volta se è il caso di togliere o meno telaini, mantenendo la covata su almeno l’80% dei favi presenti. I telaini di covata e api asportati possono essere usati per fare bilanciamenti, ma meglio ancora per fare sciami artificiali, riunendo almeno 4 o 5 telaini insieme e dandogli una regina o facendogliela allevare. I telai asportati possono anche essere usati per fare dei bilanciamenti, ma questa è sempre una operazione delicata, perché bisogna essere certi che la famiglia più debole che si vuole rafforzare non sia debole per una qualche malattia: in questo caso non risolveremo la sua debolezza e andremmo anche a far ammalare le api e la covata aggiunta, sciupando di fatto un buon materiale biologico. Per contenere la sciamatura, il prelievo di telaini di covata coperti di api nelle famiglie forti è utile, ma spesso può non essere sufficiente. Se le famiglie iniziano ad allevare

celle reali, la soluzione più efficace per evitare la sciamatura resta la cosiddetta “scellatura”, cioè la rimozione periodica di tutte le celle reali presenti. Questa operazione permette praticamente di azzerare il rischio di sciamatura se viene fatta bene, cioè se viene fatta ogni sette giorni, massimo ogni dieci, avendo cura di rompere tutte le celle reali presenti. Per essere sicuri di individuare e devitalizzare tutte le celle reali, il sistema migliore resta quello di controllare tutti i telaini, anche quelli non di covata, su

tutti e due i lati e dopo averli scossi all’interno dell’arnia per poterli osservare senza api sopra. Ma come garantirsi di avere famiglie forti? Per avere una buona presenza di api e di covata è fondamentale un adeguato flusso di nettare e polline. Per ottenere questi risultati in primavere sempre più caratterizzate da andamenti climatici e meteorologi altalenanti è importante garantire, se necessario, anche una alimentazione adeguata per far fronte a ritorni di freddo che ormai si spera non si ripetano

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a questo punto della stagione - o periodi di siccità, come avvenuto in questo inizio di stagione, oppure condizioni di perturbazioni e forti venti durante i quali le api non sono in grado di bottinare. Ma al di là della nutrizione, la scelta della posizione dell’apiario è fondamentale. Di solito in questo periodo, anche in caso di aziende che fanno molto nomadismo, le api possono essere nello stesso sito per lo svernamento, ma niente vieta di cercare una posizione più idonea per le sue fioriture e magari realizzare anche le prime produzioni di miele dell’anno. In questo periodo fioriture importanti sia per lo sviluppo delle famiglie che per le produzioni sono la colza e già anche

la sulla, ma anche le molte fioriture spontanee o le colture da sovescio. Per avere famiglie forti, infine, l’efficienza di ovideposizione della regina è fondamentale. Questo periodo è già un buon banco di prova per valutare le regine uscite dall’inverno e programmare piani di sostituzione, anche a breve termine, allevandole per conto proprio o ricercandole sul mercato sia come api regine adulte già fecondate che come celle reali da innestare e far sfarfallare e poi fecondare nel proprio apiario. Per le fecondazioni è importantissimo in questo periodo dell’anno la scelta della postazione, soprattutto a causa dell’arrivo dei gruccioni. Infatti questi uccelli, si presenteranno tra la fine di aprile e gli inizi

di maggio soprattutto lungo le coste, in particolare quella tirrenica, rimanendo anche per alcune settimane in stormi piuttosto numerosi che possono causare gravi problemi in fase di fecondazione delle regine, mangiando anche tutte quelle che si trovano in volo nuziale. Va dato sempre un occhio alle malattie, soprattutto della covata, che in questo periodo si possono controllare benissimo anche durante l’attività di scellatura. Ma in generale se si è lavorato bene nell’inverno, non dovrebbero ancora esserci particolari problemi. Per il resto la stagione sta entrando nel vivo, c’è solo da lavorare. Matteo Giusti

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AGENDA LAVORI. SUD

LAVORI AL MASSIMO

VERIFICA REGINE, SCORTE E MALATTIE, UNIFORMARE E RAZIONALIZZARE LE VISITE di Santo Panzera

S

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Va sottolineato però che, prima di intervenire all’interno della colonia con qualche manipolazione, sarà necessario verificarne lo stato di salute, attenzionando l’eventuale presenza di malattie della covata, la qualità delle regine e le scorte di miele e polline. Un’operazione che è possibile fare in questo periodo è la marcatura delle regine in quanto, anche se malauguratamente le danneggiassimo, le api sarebbero in grado di sostituirle. È bene puntualizzare

ARIEGGIARE, SPAZIARE, LIVELLARE, MARCARE

Foto Freelander V/Youtube

iamo in piena primavera, periodo del risveglio dal torpore invernale, dei fiori, della fertilità; trova nuovo vigore il mirabile rapporto d’amore tra le nostre laboriose api e i fiori dai colori sgargianti, determinante per l’impollinazione e la conseguente produzione di frutti e quindi di semi che assicurano la continuità delle specie. È il periodo in cui api ed apicoltore lavorano al massimo; da una parte le api vanno incontro ad una vera e propria “esplosione demografica”, dall’altra l’apicoltore è in preda ad un irrefrenabile dinamismo, con visite frequenti in apiario e controlli attenti negli alveari. Solo riuscendo a mettere in piedi un buon gioco di squadra e fare quadrato, infatti, i nostri alveari staranno bene ed avremo assicurata una soddisfacente produzione di miele. Se nei mesi precedenti lo scopo principale del nostro agire era stato quello di ottenere famiglie forti e ben popolate, adesso è il momento di razionalizzare questo sviluppo, cercando di rendere gli alveari il più possibile uniformi, allo scopo di sostenere molto più facilmente e velocemente le successive visite, rivolte alla prevenzione e controllo della sciamatura.


che il colore di marcatura delle regine non è quello dell’anno in cui verranno contrassegnate, ma quello della loro nascita. Per la marcatura delle regine si usano diversi metodi: • blocco della regina sul favo con differenti marchingegni o dentro gabbiette cilindriche; • poggiare il favo in modo stabile, afferrare la regina per il torace o per le ali con la mano destra, quindi passarla nella mano sinistra e procedere alla colorazione. Una volta marcata, bisognerà soffiare leggermente sullo smalto per asciugarlo ed infine la regina verrà riposta sul favo. Tale operazione, pur non essendo indispensabile, assicurerà indubbi vantaggi nel momento in cui si andranno a prele-

vare dalle famiglie “esuberanti” dei favi da destinare al rinforzo delle famiglie deboli o alla costituzione di nuovi nuclei: con un bel punto colorato sul torace la regina sarà ben visibile. Il vero e proprio “tour de force” al quale siamo chiamati come apicoltori in questo periodo, è rappresentato dalla prevenzione e controllo della sciamatura. La prevenzione prevede l’adozione di tecniche volte ad evitare l’insorgenza della febbre sciamatoria, che includono: • evitare l’affollamento eccessivo di api all’interno dell’alveare attraverso l’inserimento sui nidi dei melari, previa interposizione degli escludiregina, operazione

da eseguire anticipando il momento del raccolto in quanto i favi vuoti stimolano la raccolta e l’immagazzinamento di nettare; oppure togliendo favi di covata e inserendo fogli cerei, una volta rintracciato il favo con la regina, da riporre in un cassettino vuoto, allo scopo di scongiurare il rischio di organizzazione; nell’inserimento dei fogli cerei, la posizione migliore affinché essi vengano costruiti perfettamente è tra due favi di covata opercolata e, si badi bene, non uova perché, se inseriti tra covata fresca, potrebbero fungere da diaframma, con conseguente stimolo alla sciamatura; se inseriti invece vicino ai favi di scorta o addirittura

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AGENDA LAVORI. SUD

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Foto Matthew Greger/Pixabay

al diaframma, si otterrebbero favi irregolari, mal costruiti e riempiti non di covata ma di miele; • assicurare sempre alla nuova regina dello spazio per deporre covata evitando che l’arnia sia intasata di miele e vecchia covata; • mantenere all’interno della famiglia regine giovani e di buona genetica, sostituendo le regine vecchie con altre allevate da ceppi che hanno dimostrato scarsa propensione alla sciamatura; • aprire la porticina d’entrata delle api, per evitare che si sviluppi un calore eccessivo all’interno dell’alveare; • livellamento delle famiglie per equilibrarne la popolazione, invertendone la posizione: l’alveare debole verrà collocato al posto di uno forte e viceversa. Pur operando scrupolosamente, può accadere che le nostre amate api non vogliano sentire ragioni e, con testardaggine, si mettano a costruire celle reali. In tal caso bisogna procedere al controllo della sciamatura, attraverso diverse possibili operazioni: • dopo aver distrutto tutte le celle reali si cambierà di posizione la famiglia, impoverendola delle bottinatrici, inserendo al suo posto un alveare debole o un nucleo; • si toglie un favo di covata recente con la regina per fare un nucleo e, all’interno della colonia, si lascia una sola cella reale; • si smembra la famiglia in più nuclei, lasciando in ognuno una sola cella reale; • metodo dello “scellamento” che prevede la visita della famiglia ogni sette-otto giorni per pro-

cedere alla distruzione di tutte le celle reali presenti, facendo attenzione a non dimenticarne alcuna, in quanto vanificherebbe tale gravoso lavoro. È un’operazione non facile e dispendiosa, che prevede lo scrollamento delle api dai favi (uno per volta) all’interno dell’arnia, dopo aver creato uno spazio apposito, attraverso l’estrazione del diaframma e di un favo; tutto ciò assicurerà una visione più completa del telaino e l’osservazione accurata di tutte le facciate e dei bordi, assicurando così il rintraccio dei cupolini. Viene conseguito l’effetto desiderato se non sfugge allo scellamento neppure una sola cella reale e se la regina non sia già pronta alla “fuga” (ha smesso di deporre ed appare più snella). Da non trascurare le sciamature “metereologiche” legate a condizioni atmosferiche con piogge intervallate da bel tempo, indipendenti dall’operato dell’apicoltore, al contrario di quelle per eccessiva alimentazione stimolante, in cui l’apicoltore, per eccessiva generosità, nel tentativo di avere tante api e

conseguire un raccolto eccezionale, ottiene una famiglia dallo sviluppo incontrollabile. Nel caso in cui, nonostante gli sforzi, si vedrà qualche sciame penzolare dal ramo di un albero, non resterà altro da fare che inarniarlo ed indurlo a produrre miele. Lo sciame verrà posto all’interno di un’arnia con soli fogli cerei, previa interposizione dell’escludiregina, sull’arnia verrà sistemato un melario già costruito e, mentre le api inizieranno ad alzare i fogli cerei nel nido, nelle cellette dei favi del melario depositeranno immediatamente il nettare, non avendo covata da accudire. È bene infine sottolineare come, alla luce delle tante criticità da fronteggiare, bisogna rimodulare il nostro rapporto con le api, improntandolo ad una rinnovata sensibilità che guardi a tale prezioso insetto non come ad una mucca da mungere ma come ad una ancora meravigliosa creatura, dispensatrice di uno scrupoloso servizio per la natura, l’uomo e l’ambiente; meritevole come tale di genuino rispetto. Santo Panzera



AGENDA LAVORI. ISOLE

LA SCIAMATURA

FENOMENO NATURALE CHE VIENE VISTO E GESTITO COME UN PROBLEMA di Vincenzo Stampa

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ualche tempo fa ho origliato involontariamente, eravamo in auto insieme, una conversazione tra un noto apicoltore e un suo aiutante intento a eliminare celle reali, nel tentativo di ostacolare una sciamatura, in pratica una follia. Si può fare molto di meglio e di più produttivo; però prima di suggerire un qualcosa è d’obbligo analizzare il fenomeno. Parliamo quindi di una legge naturale universale che è funzionale alla sopravvivenza di ogni specie di essere vivente, dal più minuscolo come un’ameba al più gigante-

sco come una balena. L’esistenza di una specie è strettamente legata al numero di individui che la compongono e la rappresentano nei confronti di tutti i viventi del pianeta; gli strumenti per mantenere ed accrescere il numero di individui sono la riproduzione e la propagazione e valgono per tutti indistintamente, avete presente la gramigna? Da ciò ne deriva che l’atto riproduttivo assume valore di essenzialità e di necessità per le specie viventi. Per le api l’atto riproduttivo è la sciamatura, necessaria non per l’esistenza dell’organismo alveare ma per tutta la

GOVERNARE UN ATTO RIPRODUTTIVO NECESSARIO ALLA SPECIE

Cose che capitano all’apicoltore distratto.

Foto Vincenzo Stampa

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specie. La Natura, ancora una volta, si mostra proiettata nel futuro ma è anche prudente e proprio il fenomeno della sciamatura ce lo conferma; mentre da una parte l’alveare punta all’espansione della specie dall’altra espone al rischio di fallimento un esemplare che ha già dato, ossia la vecchia regina. Pulsione irrefrenabile è vero, ma governabile con intelligenza e con rispetto nei confronti dell’esigenza dell’alveare. Iniziamo dalla prevenzione. Partiamo dalla constatazione che nei primi due anni di vita le api regine non mostrano propensione alla sciamatura, l’apicoltore professionale sa che sostituire le regine è una buona regola di prevenzione. E se invece ci imbattiamo in un alveare che ha già iniziato la procedura per la sciamatura? Avviamo anche noi una procedura per “governare” il fenomeno. Individuata la regina, la preleviamo con tutto il favo su cui si trova e la poniamo in un portasciami insieme ad un favo di provviste ben guarnito di api; il portasciami lo poniamo in un posto disponibile in apiario.

Controlliamo a fondo tutti i favi dell’alveare facendo particolare attenzione a tutte le celle reali esistenti con lo scopo di mantenerne soltanto due, una la più matura, possibilmente opercolata, ed una molto giovane con una larvicina la più piccola possibile che serve di scorta nel caso che la prima regina nata non vada a buon fine; tutte le altre verranno accuratamente eliminate. Che cosa succede? Dal punto di vista dell’alveare lo scopo è stato aggiunto, rinnova la regina; non saprà mai della sorte toccata alla vecchia regina, così come succede in natura. Anche l’apicoltore avrà raggiunto il suo scopo: ha infatti mantenuto la possibilità di arrivare ad un raccolto, impedita la sciamatura naturale, lasciato l’alveare popoloso e capace di produrre. La regina che abbiamo messo da parte la teniamo fino a quando nell’alveare di origine la nuova regina non inizia a deporre; successivamente eliminiamo la vecchia regina e utilizziamo lo sciame per rinforzare altre famiglie. Qualcuno potrebbe pensare che allevare regine da un alveare che

vuole sciamare incrementa la tendenza alla sciamatura, questa è una delle tante stupidaggini che continuano a circolare tra gli apicoltori. Il primo fattore di incremento della sciamatura è l’apicoltore diciamo “distratto” che non visita con regolarità gli alveari o, peggio, che non sa cogliere i segnali che l’alveare mostra (Foto 1). La mancanza di spazio per la deposizione, l’eccesso di popolazione rispetto al numero di favi disponibili, il ritorno improvviso di freddo a primavera iniziata, l’improvvisa interruzione delle fonti alimentari come nel caso della fienagione, sono tutti fattori che spingono l’alveare verso la sciamatura. Però teniamo presente che alla base c’è sempre l’età della regina. In conclusione, risulta evidente che il continuare a distruggere le celle reali che le api operaie regolarmente riallevano, è un impegno lavorativo da follia che non arresta il programma riproduttivo dell’alveare e lo porta alla distruzione. Ricordiamo l’adagio “ogni privazione porta all’aberrazione”. Vincenzo Stampa

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SPECIALE L’OPINIONE

API E AGROFARMACI: LA POSIZIONE DI UN ESPERTO

API, MORIE, AGROFARMACI E PESSIME PRATICHE APISTICHE: LETTERA APERTA DI MARIO COLOMBO, GIÀ PROFESSORE DI ENTOMOLOGIA PRESSO UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO

Foto Pixabay/Seaq68

di Mario Colombo

La figura del professor Mario Colombo è di quelle da annoverare ad autorevole riferimento per l’apicoltura. Ci è doverosa questa sottolineatura perché nel nostro mondo capita spesso, ai protagonisti del passato, di essere via via trascurati: fino a dimenticare, la memoria collettiva, chi ha aperto strade, segnato solchi, raggiunto traguardi. Specie per un settore come il nostro che proprio grazie a figure così preparate vanta oggi un elevato interesse verso le api. Ecco, nel precisare tali aspetti altro non vogliamo se non motivare la scelta di pubblicare questo contributo che reca la firma, innanzitutto, di un nostro collega: Mario Colombo, infatti, oltre a poter vantare un curriculum di livello accademico e scientifico, che lo ha portato fino al vertice del CREA Agricoltura-Ambiente, è stato anche un apicoltore, un dirigente di Associazioni e Unioni di Apicoltori, un protagonista di un lungo corso fatto di impegno, studi, pubblicazioni, eventi e iniziative a favore dell’apicoltura. Questa riflessione, dunque, è particolarmente preziosa perché viene formulata da chi ha sempre vissuto dall’interno il nostro mondo, dando un sostanziale contributo alla formazione di quella coscienza apistica che oggi si manifesta diffusamente e di cui L’Opinione analizza, con la dovuta lucidità, le più grossolane e inaccettabili contraddizioni. La Redazione di Apitalia 3/2021 | Apitalia | 37


SPECIALE L’OPINIONE

C

irca i problemi del settore apistico riceviamo e pubblichiamo il contributo di Mario Colombo, già Professore di Entomologia presso l’Università degli Studi di Milano ed egli stesso coinvolto nelle attività legate all’apicoltura. “Dopo 45 anni di attività nella veste di ricercatore - con un piede nell’apicoltura (in tante delle sfaccettature che la caratterizzano), metà dell’altro nella difesa delle piante dagli insetti e l’ultimo mezzo piede nella tutela dell’ambiente - ritengo sia venuto il tempo di condividere le mie posizioni rispetto a quella stressante propaganda che descrive le api vittime unicamente dei fitofarmaci e che le utilizza per promuovere la messa al bando dei medesimi. Se è vero che per arrivare a produrre gran parte delle colture agrarie si beneficia dell’impollinazione, prevalentemente delle api, è altrettanto vero che le stesse colture, se non adeguatamente

Foto Pixabay/weeghdesign

Mario Colombo

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difese dalle avversità, non produrrebbero quanto l’agricoltore, giustamente, si attende. A monte di ciò, confesso che l’idea di scrivere questa lettera è scaturita dall’avere riscontrato come negli ultimi anni si stia parlando delle api a tutto tondo, talvolta a proposito, ma talvolta anche a sproposito. Mentre un tempo l’ape era presa a simbolo di parsimonia, lavoro, ordine, saggezza e per questo motivo è stata stilizzata in gonfaloni di Comuni, logo di banche e ovunque ci fosse da richiamare determinate virtù che riconducessero a quelle dell’ape, più recentemente questo meraviglioso insetto è diventato soprattutto simbolo di naturalità e di qualità ambientale. Per tali ragioni è finito con l’apparire con i suoi prodotti fra i coformulanti di shampoo, alimenti o creme, infine è stata usata impropriamente la sua capacità difensiva legata all’aculeo e al veleno in film terrifici, sempre con ruoli cruenti e aggressivi, benché questo non sia nella sua na-


tura. Ma non voglio allontanarmi troppo dall’argomento agricoltura-api-ambiente. L’ape è al vertice di quella grande piramide, costituita da milioni di specie, che va a comporre la Classe degli insetti. Tante specie classificate e altrettante, se non di più, in attesa del riconoscimento scientifico. L’ape, con il suo primato evolutivo, presenta spiccati punti di forza e di debolezza, fra questi: la vita e l’organizzazione sociale, la comunicazione e l’indispensabile interazione fra soggetti della medesima famiglia, l’intimo rapporto con l’ambiente circostante, la sua coevoluzione con molti vegetali e tant’altro ancora. All’interno di queste caratteristiche sussistono delle fragilità quali il vincolo di convivere con le “sorelle”, perché mai potrebbero sopravvivere isolate, la compatibilità con l’ambiente - che fornisce le materie prime che permettono la vita delle famiglie - la possibilità di essere allevate, ma non addomesticate, la plasticità di adattarsi alle

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esigenze dell’allevatore ai fini produttivi e altro ancora. Come precedentemente scritto, l’ape negli ultimi anni è stata oggetto di attenzioni - molte attenzioni - alcune disinteressate, altre meno. Purtroppo, “pasticci” generati dall’uomo hanno reso la sopravvivenza di questo insetto molto più precaria di quanto lo fosse fino a pochi decenni or sono. Potrei citare molti casi ma ne scelgo solo due emblematici, imputabili esclusivamente alla disattenzione e/o all’ignoranza umana: la prima legata alla diffusione dell’ape africanizzata, la seconda dovuta all’esportazione dai territori d’origine della Varroa (Varroa destructor). Vere e proprie calamità permanenti, talmente gravi da mettere a rischio la sopravvivenza dell’ape stessa (Apis mellifera). Per precisione d’informazione, altrettanti rischi sono in corso, si pensi alla Vespa velutina e altri artropodi pronti a salpare dai loro areali di origine per occupare gli allevamenti di

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SPECIALE L’OPINIONE api di tutto il globo. Purtroppo, di queste minacce si parla poco e ancor meno si approntano misure atte alla riduzione del rischio di diffusione pandemica di agenti avversi. Tornando invece all’oggetto di questo scritto, si riscontra sempre più spesso l’accusa ai fitofarmaci di essere la causa prevalente delle oggettive difficoltà in cui versano le api. In particolare, tali accuse sono rivolte agli insetticidi neonicotinoidi, pur toccando anche altre classi chimiche ad effetto insetticida, oltre a diserbanti, acaricidi ecc. Riprova di ciò è l’incalzante, permanente e continua diffusione su reti tv, radio o sul web, di spot di chiara e netta accusa generica verso il “chimico”. Pubblicità che tutti, almeno una volta, abbiamo potuto riscontrare. Preso atto che i prodotti nati con lo scopo di uccidere insetti (insetticidi) per loro natura e scopo non possono essere altro che possibile causa di morte delle api, ma anche di tante altre specie ed entità entomatiche e biologiche in genere, il mio pensiero diverge nettamente quando si imputano a questi prodotti tutte le disgrazie che colpiscono le api. La risposta è semplice: no, questo non è assolutamente vero e per dimostrarlo procederò con alcune esemplificazioni tanto inequivocabili quanto riscontrabili. Le api muoiono anche per i trattamenti insetticidi. A seconda del fitofarmaco utilizzato e del modo in cui viene impiegato, si ha un impatto minore o maggiore, ma sempre si hanno conseguenze negative. In generale si può quindi affermare che questo dipende dal prodotto impiegato, talvolta in violazione alle indicazioni presenti nelle etichette dei prodotti stessi. Indicazioni che invece dovrebbero sempre essere rispettate rigorosamente sia dagli agricoltori sia dai contoterzisti. Aggiungo poi che in alcuni casi l’effetto è maggiormente temibile perché subdolo nel suo manifestarsi, in altri è invece più immediato e palese. A seconda delle matrici prelevate dall’ambiente, si possono infatti avere effetti diversi e più o meno gravi: acqua, polline, propoli, nettare, melata, per loro natura sono elementi che intercettano in modo differente gli inquinanti ambientali, con varie conseguenze sulle famiglie di api. 40 | Apitalia | 3/2021

Questa complicità ambientale è una delle maggiori fragilità dell’ape. Si tenga conto che quando si parla di inquinanti non ci si riferisce solo a quelli usati in agricoltura, ma anche a sostanze derivanti da cicli industriali e dalla vita quotidiana di ognuno di noi, inconsapevoli complici nel mettere a rischio la vita dell’insetto. Pozze d’acqua possono venire inquinate da olii, disinfettanti, detergenti, diluenti utilizzati in pratiche usuali, ma che per le api, nel momento in cui vanno a contatto o vengono ingerite, diventano più o meno letali; oppure resine sintetiche confuse con la propoli, o ancora la propoli stessa che per sua natura invischia e capta corpuscoli atmosferici tossici, ecc. Quando invece si parla di inquinamento ambientale, sensu lato, dobbiamo tenere conto anche di quei cambiamenti rispetto all’assetto originale di un territorio, imposti dall’uomo, per le proprie comodità e necessità: nuove strade e autostrade, urbanizzazione, distruzione di aree verdi ecc. Oppure nell’ambito agricolo: le monocolture con fioriture anemofile e non nettarifere, gli avvicendamenti con piante sfalciate prima della fioritura, varietà di nuova costituzione che in origine erano nettarifere e poi con la selezione non lo sono più, oppure piante arboree che con la potatura riducono e azzerano il potenziale nettarifero e pollinifero, al pari del taglio a raso di parti di selva a cui possiamo aggiungere scelte scellerate come quelle di escludere specie considerate alloctone, quindi da eradicare, benché presenti da centinaia di anni. Caso emblematico la robinia (Robinia pseudoacacia), leguminosa che pecca sì, ma di generosità: fiori profumati, eduli, nettariferi e ornamentali, legno forte per opera e per il fuoco, radici possenti e infine, come leguminosa, in grado di arricchire i terreni. Oggi la robinia è soggetta a estirpazione su larga scala. Quindi è ineludibile che queste situazioni, come altre non citate per motivi di sintesi, siano punti di grande fragilità per la sopravvivenza delle api e comunque causa di indebolimento organico delle famiglie. Oltre ai fattori esogeni sopra citati per com-


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pletezza d’informazione, ma mai considerati da coloro che accusano unicamente i fitofarmaci delle stragi apistiche, ci sono anche diversi fattori endogeni, ovvero quelli derivanti dal rapporto api-allevatori. È fuor di dubbio che negli ultimi trent’anni la gestione apistica sia cambiata radicalmente. Banalmente in conseguenza dell’avvento della Varroa: arnie con rete e lamierino mobile sul fondo, a 12, poi a 10, ora perfino a 8 telaini, oppure arnie “top-bar”, ecc.… Sono cambiate anche le strutture delle arnie, a volte radicalmente. Si pensi a quell’arnia particolare da cui si emungerebbe direttamente il miele (vero o non vero, chissà?) o altre che vengono promosse come arnie urbane, da terrazzo, per famiglia (umana). Le arnie B-BOX da posizionare sui terrazzi e dalle quali, periodicamente, è possibile togliere dei piccoli telaini pieni di miele. Peccato che tali strutture nulla più abbiano dell’arnia tradizionale, la Dadant Blatt, e altrettanto distanti siano dai nidi naturali. È cambiata anche - e di netto - la gestione. Pensiamo ai nutrimenti a supporto della famiglia. Un tempo venivano utilizzati semplicemente acqua e zucchero per stimolare la deposizione delle uova da parte della regina a fine inverno, oppure per somministrare insieme allo sciroppo farmaci antibiotici (sic!). Sciroppi leggermente tiepidi in 42 | Apitalia | 3/2021

Foto Pixabay/kie ker

SPECIALE L’OPINIONE

modo che con il calore le api operaie trovassero ristoro e facessero i primi voli purificatori. Poi, però, incontrando il freddo esterno non riuscivano più a tornare all’alveare, morendo lontano da esso e portando l’agente infettante lontano dalla famiglia, evitando così ulteriori contaminazioni. Si trattava quindi solo della nutrizione come supporto alle famiglie, nient’altro. Oggi la somministrazione di sciroppi industriali, casalinghi, oppure canditi fatti con varie formule è divenuta invece cosa quotidiana e spalmata durante tutto l’arco dell’anno, a volte anche in presenza dei melari, andando contro ogni criterio di rispetto per le api e anche per i consumatori. Purtroppo, la pratica della nutrizione accessoria viene impiegata spesso in modo eccessivo, ridondante e non sempre in buonafede. Certo lo scopo non è più quello di sostenere le api in momenti specifici, ma di sfruttarle maggiormente. Il miele proveniente dal nettare dei fiori non è più scorta per le api, ma viene sottratto per la commercializzazione, mentre le scorte invernali di miele provengono dal prelievo di sciroppi dai nutritori, scorte che ovviamente non corrispondono a quelle “naturali”, provenendo da un surrogato del nettare avente ben altre caratteristiche nutrizionali. Questo modo di gestire le colonie è tutt’altro che d’aiuto per le api.


Fra le insidie determinate da un eccesso di zelo degli apicoltori, ce n’è una imperdonabile e fortemente deleteria, in quanto subdola e non palpabile. Nella fattispecie mi riferisco all’ibridare ecotipi locali con altri di provenienza remota e/o ignota. Non mi riferisco ad api regine prodotte da allevatori italiani certificati, ma ad api regine provenienti da Paesi lontani o lontanissimi. Forse non tutti sanno che è nell’ordine di migliaia di individui il numero di regine importate ogni anno. Migliaia! La confusione genetica che comporta questa scelta operativa è imprevedibile. Potrebbe essere che in alcuni casi si abbia un beneficio temporaneo, ma ho ragione di credere che prevalentemente se ne ricavino danni permanenti. Fortunatamente, anche in tempi recentissimi alcuni validi ricercatori (non sempre condivisi da altri, ma da me sostenuti) hanno pensato di dare valore agli ecotipi locali, consolidati nei propri

ecosistemi, dove la genetica e l’epigenetica si fondono e si modellano nel tempo per conformarsi in base alle condizioni vegetazionali e climatiche locali. Non dobbiamo infatti dimenticare che l’etologia dell’ape, conseguentemente alle sue caratteristiche biologiche, è estremamente fragile e soggetta ad elementi interni alla famiglia, ma anche esterni. Questo è quindi l’ennesimo gravissimo atto di disturbo e di danno per i nostri insetti. Un cenno meritano poi altre criticità e interferenze che quantomeno provocano caos nell’interazione degli individui della famiglia e che ignorano il principio del Superorganismo Alveare: per esempio gli scambio di favi con covata e api adulte da alveare ad alveare, il cosiddetto “bilanciamento” delle famiglie; la sciamatura pilotata; il nomadismo spinto agli estremi; l’ingabbiamento della regina; i molteplici trattamenti acaricidi; la presenza permanente della Varroa; ecc. Sono

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tutti fattori che presi singolarmente appaiono relativamente preoccupanti, ma nel loro insieme hanno un impatto negativo esponenziale. Ogni intromissione dell’apicoltore viene “assorbita” o risulta irrilevante ai fini dell’impatto sui comportamenti delle singole api, ma se sommati uno all’altro esaltano le fragilità del sistema sociale, anche fino alle estreme conseguenze. Tali negatività, esogene ed endogene, determinano una grave influenza che incide in modo esponenziale sull’etologia, la resilienza, la capacità di sopravvivenza dei nostri insetti. Non è quindi difficile capire e condividere a quale pressione negativa siano soggette le api. Qui mi fermo: come scritto all’inizio di questo mio pensiero, nella mia attività di ricercatore, se da un lato mi sono occupato prevalentemente della protezione delle api, dall’altro ho cercato di aiutare gli agricoltori individuando strumenti, nell’ambito del biologico e dell’integrato, che permettessero di proteggere le colture, determinando il minore impatto ambientale possibile. La domanda che sorge spontanea è quindi questa: perché additare unicamente i fitofarmaci come causa delle proprie disgrazie e di quelle delle api? Ritengo infatti che solo un’analisi olistica, oggettiva e serena di tali complessi scenari possa portare nel tempo alla soluzione di problemi tanto gravi. La collaborazione fra allevatori e agricoltori, avendo come tramite la ricerca, è perciò l’unico modo per trovare e fornire gli strumenti adatti per far sì che l’agricoltore possa ottenere le produzioni che gli consentono di vivere e di sfa44 | Apitalia | 3/2021

Foto Pixabay/BusinessHelper

SPECIALE L’OPINIONE

mare le popolazioni e che gli apicoltori possano, anche adottando loro stessi comportamenti più corretti, salvaguardare i propri allevamenti. Non ritengo che spot con sottofondo di musiche funerarie e voci laconiche che invitano ad adottare degli alveari siano il giusto aiuto alle nostre api. E poi, riflessione, vengono adottati gli alveari o gli apicoltori? L’adozione dell’alveare è solo una questione di marketing, non di effettivo aiuto alle api. Così come hi-tech non è sinonimo di soluzione, come si vuole fare credere, di tutti i problemi, anche di quelli per i quali vengono proposte determinate attrezzature. In realtà, non risolvono i problemi nemmeno in parte. L’uso di nuove tecnologie è senz’altro auspicabile, perché in un futuro ci si possa avvalere per prevedere i problemi e favorirne le soluzioni. Ma oggi spacciare certe strumentazioni come risolutive, anche no! Infine, per ricongiungere apicoltori e agricoltori, devono oggi essere loro i primi a compiere un atto di rispetto e attenzione, avviando un dialogo per dare forza alla ricerca affinché il nostro mondo sia green nei fatti, nel rispetto reciproco, per tutte le specie che popolano il globo e che non si riduca tutto a qualche vacuo slogan”. Mario Colombo Per gentile concessione di



PROFESSIONE APICOLTORE

LA RIMONTA INTERNA

PRODUZIONE PRIMAVERILE DI NUOVE FAMIGLIE DI API TECNICHE DI ALLEVAMENTO E ANALISI DEI COSTI/BENEFICI di Pier Antonio Belletti•, Andrea Chicco••, Marilena Tiziana Mazzariol••, Gaia Eleonora Mazzariol•••

I

logica dell’8-10% e che in questo caso possono attribuirsi a normali scompensi fisiologici dell’alveare. Se prendiamo come esempio la regione Friuli-Venezia Giulia, il patrimonio apistico ogni anno nel periodo invernale si riduce di più del 20% e le motivazioni sono essenzialmente riconducibili alla scarsa capacità tecnica apistica nelle operazioni di controllo della varroasi, alla bassa efficacia di alcuni piani di lotta, al fenomeno della reinfestazione di fine estate e alle errate operazioni di invernamento,

Fig. 1 - Alveare su 9 favi.

Fig. 2 - Produzione di nuclei da più famiglie.

COME COMPENSARE FISIOLOGICHE PERDITE DI CAPITALE APISTICO

Foto Andrea Chicco

Foto Mauro D’Agaro

n molti allevamenti zootecnici la rimonta interna, cioè l’allevamento di nuovi capi, è finalizzata a mantenere inalterato il patrimonio animale; nei bovini da latte ogni anno l’allevatore produce il 16% di nuove manze che andranno a sostituire le vacche lattifere a fine carriera (è un termine tecnico che indica gli animali che hanno terminato il ciclo produttivo). Nell’allevamento apistico la rimonta è diventata sempre più importante, negli ultimi anni, causa le perdite che superano la soglia fisio-

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oltre che a patologie quali nosemiasi e virosi. Dal punto di vista strettamente economico il decremento non riguarda soltanto il “danno emergente” (la perdita della entità produttiva), ma a questo si somma anche il “lucro cessante”. In aggiunta a ciò va considerato l’effetto benefico delle api per quanto concerne la mancata impollinazione delle specie agricole e spontanee, quello che può essere definito il principale valore aggiunto degli apoidei, non remunerato da nessuno. Complessivamente il danno ammonta a 447,24 euro, escludendo quelle che sono le perdite in termini di mancata impollinazione di specie agricole e spontanee. Costituire nuove famiglie, pertanto, è come mettere da parte una riserva utilizzabile in caso di necessità. Si possono formare già con cella reale, con regina oppure semplicemente facendo allevare loro le celle reali ed è proprio questo metodo che andremo ad esaminare nei dettagli. La produzione primaverile di nuclei rientra inoltre a pieno titolo

Fig. 3 - Schema operativo di come si presenta l’alveare dopo il salasso.

nella profilassi alla varroa e riveste un ruolo ancora più importante quando la stagione di deposizione della regina inizia con anticipo e quindi potenzialmente l’infestazione a luglio sarà più elevata. Si possono individuare 3 fasi: • svernamento con restringimento delle famiglie fino al cambio di generazione delle api (ad esempio ai primi di marzo al Nord Italia) e nutrizione con candito e successivamente con sciroppo glucidico1; • pareggiamento, se necessario, ogliendo un favo di covata e api dalle famiglie più forti per portare un giusto equilibrio a quelle meno sviluppate;

• da fine marzo (in concomitanza con le fioriture di tarassaco e colza o altre fioriture importanti) iniziano le operazioni di salasso e la produzione di nuclei. Prima si stringe, poi si pareggia e alla fine si toglie! Il salasso può essere effettuato fino al momento della fioritura dell’acacia. Un esempio aiuterà meglio a capire la metodologia. Dalle famiglie più forti, ben strutturate e con melario si preleva un favo di covate e api (Figure 1 e 2) e questa operazione consente di mitigare il fenomeno della sciamatura, la stessa sarà influenzata da altri fattori per cui è necessario comunque un controllo costante.

Tabella 1 - Danno materiale DANNO MATERIALE (solo costi espliciti)

NUMERO

IMPORTO UNITARIO

IMPORTO TOTALE

Famiglia di api (so considera come nucleo in consegna a fine marzo) - Range da 100 a 120 Euro

1

€ 110,00

€ 110,00

Eliminazione n. 3 favi con presenza di covata abbandonata (valore del favo da nido di tre anni con 1,5 Kg di miele, considerato miele per alimento api

3

€ 7,00

€ 21,00

Costo alimentazione, n. 2 interventi con candito per un totale di 2,5 Kg per intervento

5

€ 1,70

€ 8,50

Trattamenti antivarroa effettuati (tampone estivo) inclusa manodopera Totale danno materiale

1

€ 12,60 € 142,10

Note Per stimolazione si intende una quantità di massimo 2 litri di sciroppo ogni 5-7 gg su famiglie di api con più di 6 favi, al di sotto di questa “forza” è necessario ridurre la quantità di sciroppo a 1–1,5 litri; si effettuano 3 somministrazioni. È bene che lo sciroppo venga additivato con sostanze amminoacidiche, in quanto la qualità della pappa reale è molto importante in questo periodo per la formazione della nuova progenie.

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PROFESSIONE APICOLTORE L’alveare dopo il salasso (Figura 3) rimane su 6 favi di covata e dopo una settimana sarà pronto per una nuova asportazione; ovviamente la spinta esterna intesa come importazione di nettare e polline deve essere tale da consentire la costruzione del foglio cereo e successiva deposizione in pochi giorni. In questa fase è necessario capire cosa si preleva, cioè lo stadio della covata (ogni tanto è utile ripassare le basi della fisiologia): - Uovo da 0 a 3 giorni (durata); - larva non opercolata 6 giorni (durata); - larva opercolata e successiva evoluzione a pupa 12 giorni (durata); - sfarfallamento al 21° giorno. Il favo di covata che si preleva dovrà essere equilibrato tra uova e covata chiusa, preferendo da alcune famiglie la covata pronta a sfarfallare, quindi nuova forza lavoro per il neocostituito nucleo (si suggerisce di aprire qualche cella e verificare che la pupa sia nella fase di occhi neri, quindi pochi giorni dallo sfarfallamento). Nel breve periodo la vitalità del nucleo è decisamente inferiore rispetto ad uno sciame naturale; nel

lungo periodo invece, le regine giovani producono più covata incrementando il numero di api giovani che formeranno una famiglia. Per ridurre la perdita di api I nuclei vanno formati durante le ore centrali di giornate assolate, quando in grande misura le bottinatrici sono al raccolto, i favi pertanto porteranno in maggioranza api nutrici e quindi api con “varroa”; condizione che nella fase di orfanità consentirà una buona pulizia. Le api arrivano

da differenti famiglie,

quali precauzioni adottare?

I favi prima dell’inserimento nella nuova arnietta possono essere irrorati con acqua e zucchero (soluzione al 10%) con aggiunta di infuso di chiodi di garofano (20 g per litro).1 Questo consente una migliore accettazione fra loro delle api2. La domanda più frequente è dove posizionare

il neo costituito nucleo?

La cosa migliore è spostarlo in un apiario distante almeno i canonici 3 km e se questo non fosse possibi-

le lo si può posizionare nello stesso apiario solo se il nucleo prima della sua chiusura viene rinforzato con almeno due favi di api prelevati da colonie dove non è stato fatto il salasso (solo api). Si procede a “sgrullare” all’interno dell’arnietta in polistirolo le api e il ritorno di parte di queste negli alveari di origine viene compensato dai due favi aggiunti in più, con solo api (“do ut des”, ti do affinché tu dia, ndR). Un’altra possibilità è quella di posizionare il nucleo al posto di un altro nucleo forte, che va a perdere le bottinatrici a favore di questo, oppure al posto di un alveare a cui non è stato operato alcun salasso; questo diventa importante soprattutto nel caso in cui non si dispone di celle reali o nuove regine. Il nucleo appena formato infatti diventa uno starter e le api iniziano ad allevare celle reali, per far ciò soprattutto all’inizio della primavera dove l’inversione termica tra notte e giorno può essere significativa - diventa fondamentale la forza della famiglia (favi con più di 10-12 sesti di api, un sesto sono circa 250 api).

Tabella 2 - Danno finanziario, prezzi miele all’ingrosso - media anno triennio 2018-2020 (IVA inclusa) DANNO FINANZIARIO

NUMERO

IMPORTO UNITARIO

Produzione media miellefiori primaverile/estivo

12

€8

Produzione miele di acacia

12

€ 40,00

Produzione miele di castagno

10

€ 4,00

Salasso di n. 5 favi (quantità tale da non compromettere la produzione)

5

€ 22,00

Totale danno finanziario

Note 2

Si fa un infuso, quindi acqua con chiodi di garofani (20 g per litro) e poi si aggiunge 100 g di zucchero.

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VALORE TOTALE

€ 67,50


Foto Gaia Eleonora Mazzariol

Evoluzione del nucleo Trascorsi 15 giorni dalla selezione (25 giorni dalla creazione della famiglia orfana) si procede al controllo e nel caso vi sia già della covata opercolata si effettua comun-

Foto Marilena Tiziana Mazzariol

La selezione delle celle È consigliato effettuare un controllo entro il 10° giorno e selezionare una sola cella ben formata (Figura 4). Alcuni apicoltori suggeriscono di lasciarne due di differente età, per maggiore sicurezza se una non dovesse andare a buon fine. Al contrario, se entrambe sfarfallano non è detto che la prima regina elimini la seconda sia essa già uscita o ancora nella cella.

Fig. 4 - Cella reale selezionata.

Fig. 5 - Prova alimentare su 24 nuclei marzo 2021 - provincia di Gorizia.

que il trattamento con Apibioxal®; si consiglia di non visitarlo prima dei giorni indicati in quanto questa è una fase molto delicata. Contemporaneamente al trattamento si procede all’alimentazione stimolante con 2 litri di sciroppo

glucidico, con aggiunta preferibilmente di composti amminoacidici e vitaminici per tre volte a distanza di 5-7 giorni l’una dall’altra (Figura 5); è questo il momento in cui la qualità della pappa reale è determinante.

039.2873401 3/2021 | Apitalia | 49


PROFESSIONE APICOLTORE L’aggiunta dei fogli cerei deve seguire lo sviluppo della famiglia anche se spesso per comodità se ne inseriscono direttamente un paio, ma il risultato non è il medesimo della famiglia ristretta è allargata di volta in volta. I nuclei formati nel mese di aprile e fecondi entro la prima decade di maggio possono venir impiegati con successo nelle produzioni tardive di miele (millefiori di montagna, melate, millefiori di barena, santoreggia) in quanto il trattamento contro la varroa può essere ritardato; l’importante è che gli apiari siano omogenei, cioè non vi siano famiglie trattate insieme a quelle non trattate. Nuclei formati da alveari

non destinati alla produzione

(sempre nel mese di aprile) Dagli alveari che hanno stentato la ripresa e non sono pronti per la produzione, ad esempio di acacia, è possibile una divisione netta in più unità, una con regina e due orfane (Figura 6). La procedura nella successiva “lavorazione” delle famiglie senza regina è la medesima sin qui descritta, tranne che per la famiglia

Fig. 6 - Formazione di nuclei da alveari non performanti.

madre con regina che se lasciata solo su favi di covata aperta e favi di miele può beneficiare subito del trattamento con Apibioxal®. Nel caso descritto si può inserire nelle famiglie appena orfanizzato un favo - in ognuna - di covata con prevalenza di uova proveniente da alveari che hanno dato buoni risultati nell’invernamento, nello svernamento e nella produzione di miele e da questo si selezioneranno successivamente le celle reali.

A fine marzo o fine febbraio, dipende dalla latitudine, non si dispone di materiale genetico selezionato. Le celle reali e regine provenienti da produttori specializzati hanno un’altra valenza ed è fuori discussione che saper fare il traslarvo non significa saper fare regine, dipende molto poi dallo starter e dal finisher (il finitore) dove le celle vengono poste, se in portanuclei o in piccole arniette. Il discorso qui sarebbe altrettanto interessante, ma la disamina sulla Le regine allevate da produzione di nuclei proposta in famiglie orfane sono di qualità? questo lavoro ha come obiettivo Si fa di necessità virtù. quello di far recepire l’importanza

Tabella 3 DESCRIZIONE

VALORE UNITARIO

1 favo (massimo di anni 3) ovviamente senza api: filo, foglio cereo (110g), cera costruita (100 g), miele (1 Kg)

€8

VALORE TOTALE

Totale 5 favi

€ 40,00

Trattamento antivarroa (in assenza di covata) - Distribuzione e Apibioxal®

€ 4,00

Lavoro (2 ore): costituzione nucleo e controlli (3-4) - 10,86 €/ora avventizio

€ 22,00

Ammortamento, cioè reintegra (annua) portanuclei in polistirolo + retina: 15 €/5 anni - 3 €/anno. Se vengono eseguiti due cicli di produzione si attribuisce € 1,50 a nucleo Totale

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€ 1,5 € 67,50


Foto ilmieledileo.com

della rimonta interna quale soluzione al mantenimento del capitale api. Costi e ricavi

nella produzione di nuclei

• Ricavo medio: 110 € * • Costo di produzione: 67,5 € • Rischio legato alla produzione (inteso come costo): 11 € (circa il 10% del ricavo totale). • Utile atteso: (110 € -67,5 € -11 €) = 31,5 € per nucleo. Ogni anno la richiesta è in crescente aumento soprattutto per quel che concerne il mercato dei nuclei prodotti secondo la metodologia di allevamento biologico. I prezzi di riferimento per il 2021 non si discostano molto da quelli dell’anno precedente: Nucleo su 5 favi di cui 3 di covata • Consegna entro 30 marzo: 140 € (iva inclusa) • Consegna dal 30 aprile: 120 € (iva inclusa) • Consegna giugno: 100 € (iva inclusa) Nella vendita sarebbe opportuno fornire una anamnesi dei trattamenti effettuati almeno negli ultimi 2 anni, per evitare che l’acquirente utilizzi gli stessi principi attivi e incorra in fenomeni di scarsa efficacia riconducibili alla resistenza di tipo chimico. I costi indicati non comprendono la gestione in Anagrafe apistica (scarico per il venditore e carico per l’acquirente) e nemmeno le imposte che in regime contabile semplice ammontano al 27% dell’IVA (le famiglie di api hanno una percentuale di compensazione del 7,3%, anno 2018).

Il cambio dei favi incide sulla sanità dell’alveare Lavorando su 9 favi con diaframma sarebbe opportuno un cambio di almeno 2-3 favi ogni anno, in modo da ottenere in 3 anni un rinnovo dell’intero corpo nido. Il cambio periodico della cera incide ed è un’ottima profilassi su patologie batteriche (peste americana) e consente di evitare la riduzione di volume delle cellette con la conseguenza di avere api più piccoline. In ultima analisi possiamo dire che la produzione di nuove famiglie di api - anche quando non finalizzata alla vendita - porta a implementare una selezione che

seppur di tipo massale o darviniano consente di migliorare nel tempo le performance dei propri e degli altrui alveari oltre che le performance delle proprie tasche, considerato che il primo ricavo è la minor spesa. Pier Antonio Belletti•, Andrea Chicco••, Marilena Tiziana Mazzariol•• Gaia Eleonora Mazzariol•••, •apicoltore professionale e tecnico apistico ••tecnico apistico Consorzio Apicoltori Gorizia - FVG •••Collaboratore nelle prove di monitoraggio 3/2021 | Apitalia | 51


SOCIETÀ

AL VIA CULTUM CHANGE

PROGRAMMA DI FORMAZIONE FINALIZZATO ALL’INCLUSIONE SOCIALE IN AGRICOLTURA Nostro Servizio

R

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• i rifugiati e i titolari di protezione internazionale, in quanto soggetti particolarmente svantaggiati e fragili rispetto all’accesso al mondo del lavoro. La proposta di programma è stata tradotta in una piattaforma on line raggiungibile al sito https://www. cultumchange.it/ che ha la funzione, grazie al supporto e alla professionalità di ENAPRA - Ente di Formazione di Confagricoltura- di mettere a disposizione dei rifugiati disoccupati, corsi di formazione mirati, per l’inclusione e la crescita professionale, nel tempo, di coloro che si iscriveranno alla piattaforma. I candidati e le aziende interessate ad entrare nella rete di Cultum Change e a collaborare alla buona riuscita del programma, dovranno compilare un apposito modulo

ANCHE LE AZIENDE DEL MONDO APISTICO POTRANNO ADERIRE

Foto confagricolturapistoia.it

eale Foundation, insieme a Confagricoltura e a Onlus Senior Età della Saggezza, con ENAPRA, FAI, Rete Fattorie Sociali, l’Università di Roma Tor Vergata, hanno avviato, in collaborazione con UNHCR l’Agenzia ONU per i rifugiati, “Cultum Change”, un programma di formazione finalizzato all’inclusione sociale e all’inserimento lavorativo dei rifugiati in agricoltura. Alle azioni previste dal Programma collaborerà anche la Cooperativa Kairos, titolare del Progetto Radix. Il Programma Cultum Change nasce da un’idea di Reale Foundation e sulla scia delle proposte fatte da Confagricoltura al governo per risolvere la crisi di manodopera nel settore agroalimentare italiano, dai corridoi verdi, ai voucher agricoli, fino a dare lavoro a chi percepisce un sussidio. In particolare, Cultum Change si rivolge a due tipologie di soggetti beneficiari: • le aziende agricole e i piccoli produttori italiani, che hanno bisogno di manodopera specializzata in brevissimo tempo; le aziende saranno selezionate da Confagricoltura secondo criteri non solo produttivi, ma anche di sostenibilità e di particolare attenzione alle condizioni di lavoro;


dove, oltre ai dati saranno indicate le disponibilità e le competenze lavorative, così da agevolare l’incontro tra il rifugiato e l’azienda. Nell’ambito delle attività previste da Cultum Change, ENAPRA ha messo a punto, all’interno della propria piattaforma E-learning, un ambiente dedicato al progetto. L’accesso gratuito a tale ambiente permette ai beneficiari di fruire di una serie di contenuti formativi con vari formati come ad esempio webinar, corso E-learning e pillole didattiche utili a creare le competenze necessarie per operare come addetto in un’azienda agricola. L’agricoltura ha saputo contribuire alla ripresa e alla crescita sostenibile del Paese. Nel 2020, durante l’emergenza provocata dalla pandemia, l’agricoltura italiana ha svolto un ruolo fondamentale per la tenuta dell’Italia. Anche nei periodi di massimo rischio sanitario e di lockdown le imprese agricole non hanno mai interrotto le attività. Hanno mantenuto la continuità produttiva e assicurato l’approvvigionamento del Paese, garantendo alti livelli di sicurezza per i lavoratori e per i consumatori. Oggi più che mai il lavoro e la manodopera sono essenziali per l’impresa agricola, e l’agricoltura sta assumendo nuovamente quel ruolo trainante l’economia e soprattutto come ammortizzatore sociale che permette a categorie svantaggiate di

trovare impiego ed una propria realizzazione. Per questo la formazione gioca un ruolo fondamentale, avere manodopera specializzata permette una crescita personale e professionale, ma anche della stessa impresa. “Cultum Change permetterà ai rifugiati di costruire percorsi di inserimento lavorativo di qualità grazie a moduli di formazione elearning e a processi di job coaching e accompagnamento personalizzati, anche dopo il termine del contratto stagionale”, ha sottolineato Angelo Santori, Segretario nazionale di Senior L’Età della Saggezza Onlus. “Cultum Change si inserisce in un più ampio progetto di Reale Group che persegue l’inclusione sociale. L’agricoltura è uno dei settori più competitivi del sistema produttivo italiano. Nel 2020 con la sua crescita ha contribuito in modo significativo a mitigare la recessione ed ora si appresta a offrire un apporto determinante alla ripresa. Siamo felici di contribuire, tramite questo progetto, all’orientamento dell’agricoltura verso l’inclusione sociale e verso modelli di produzione e di consumo capaci di correggere gli squilibri sociali e ambientali che minacciano la nostra epoca. - Ha dichiarato Virginia Antonini, Head of Reale Foundation - Tutto questo è possibile grazie alla partnership con grandi realtà storicamente amiche come Confagricoltura e UNHCR, che ci permettono di generare, insieme, impatto sociale positivo e innovazione economica.”

“Tra i possibili indirizzi formativi c’è anche quello in apicoltura, settore di grande utilità per l’agricoltura e per l’ambiente; in questo ambito di specializzazione - sottolinea Raffaele Cirone - sarà la FAI-Federazione Apicoltori Italiani, partner del programma, a prendere in carico le richieste dei rifugiati interessati a maturare una competenza nel settore della biodiversità. “Rete Fattorie Sociali - ricorda Marco Berardo Di Stefano - ha aderito all’iniziativa perché progetti come Cultum Change contribuiscono a contenere il disagio sociale generato dalla pandemia, favorendo soluzioni non precarie ma sostenibili nel tempo”. “L’accesso a questi percorsi formativi in ambito agricolo rappresenta per le persone rifugiate un’occasione preziosa per migliorare e riqualificare le proprie competenze, accrescendo le opportunità di inserimento lavorativo dignitoso e lontano da dinamiche di intermediazione illecita e sfruttamento”, conclude Chiara Cardoletti, Rappresentante di UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino”.

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FLORA APISTICA. Scheda n. 16

I POLLINI DI EMERGENZA

FIORI UTILI PER LE API E PER GLI ALTRI APOIDEI NELL’ITALIA CENTRALE di Giancarlo Ricciardelli D’Albore

POLLINI DI FINE INVERNO - Prunus spinosa L. (Rasaceae) (Pugnolo)

DESCRIZIONE GENERICA

TEMPO DI FIORITURA POLLINE

Alberetto o arbusto deciduo alto fino a 4 m, distribuito in boschi caducifogli montani e siepi. In montagna rappresenta una fonte di nettare e di polline precoce importanti. Fiorisce alla fine di febbraio. Le api bottinano nettare e polline da questa pianta; in zona montana per lungo tempo.

VALORE APISTICO

Da 1 a 4: 3.

VALORE PER ALTRI PRONUBI

Da 1 a 3: 3.

ALTRI USI

BIBLIOGRAFIA

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La corteccia è amara, astringente, antidiaroica, diuretica, febbrifuga. Le foglie sono dissetanti, depurative e astringenti. I fiori sono depurativi, tonici, stomachici, lievemente lassativi. I frutti ben maturi sono astringenti intestinali e antidiaroici. Dai frutti una buona acquavite. Schoenfelder I. & P., 2012. Guida alle èiante medicinali. Ed. Ricca, 66. Tosco U., 1989. Puante aromatiche e medicinali. Ed. Paoline: 323-324.


POLLINI DI FINE INVERNO - Pyracantha coccinea M. J. Roemer (Rosaceae) (Agazzino)

DESCRIZIONE GENERICA TEMPO DI FIORITURA

POLLINE

Arbusto cespuglioso alto fino a 3 m, distribuito ai marigini dei boschi o in siepi. Questa fioritura precoce è utilizzata dalle api per bottinare polline; meno per nettare. Fiorisce a febbraio. Ne vengono raccolte buone quantità e per un lungo periodo. Anche i bombi sono soliti bottinare su questa specie. Le pallottoline di polline sono color giallo chiaro.

VALORE APISTICO

Da 1 a 4: 3.

VALORE PER ALTRI PRONUBI

Da 1 a 4: 2.

ALTRI USI BIBLIOGRAFIA

Per via interna ed esterna risulta astringente. Tosco U., 1989. Piante aromatiche e medicinali. Ed. Paoline, 326.

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Ape Sicura: e stai tranquillo Polizza di Assicurazione sulla Responsabilità Civile (R.C.) Alveari COME ASSICURARE I PROPRI ALVEARI Gli Apicoltori abbonati alla Rivista APITALIA che desiderano assicurare i propri alveari contro i rischi derivanti dalla responsabilità civile per eventuali danni procurati a terzi, debbono compilare l’apposito modulo di adesione alla Polizza collettiva “Ape Sicura” e trasmetterlo alla Segreteria della Rivista APITALIA. Gli Apicoltori abbonati alla Rivista APITALIA possono attivare una Polizza per ciascun apiario posseduto. È garantita la copertura assicurativa per un intero anno (12 mesi). Il Certificato di Polizza sarà prodotto (in formato cartaceo e/o elettronico) e trasmesso - solo a seguito dell’invio delle attestazioni di pagamento e del Modulo di Adesione - alla Segreteria della Rivista APITALIA. La volontà di recesso dalla Polizza collettiva non dovrà essere preventivamente comunicata vista l’automatica scadenza annuale della copertura assicurativa. CONDIZIONI GENERALI DI POLIZZA 1) Rischi assicurati. La Compagnia “Gruppo UNIPOL-SAI. Divisione Fondiaria” assicura a ciascun abbonato alla Rivista APITALIA - purché Apicoltore e come tale iscritto all’Anagrafe Apistica Nazionale - il pagamento delle somme che, quale proprietario-esercente l’apicoltura, sia tenuto a corrispondere, in quanto civilmente responsabile ai sensi di legge, a titolo di risarcimento per danni involontariamente cagionati a terzi, sia per lesioni a persone che per danni materiali a cose o animali, in conseguenza ad un fatto accidentale, compresi i rischi derivanti dalle operazioni di carico e scarico degli apiari e dal trasferimento da una zona all’altra degli apiari stessi, escluso il rischio della circolazione su strada di uso pubblico o su aree a questa equiparate dai mezzi impiegati (in conformità alle norme della legge 24/12/69 n. 990 e del DPR 24/11/ 70 n. 973 è infatti obbligatoria l’assicurazione per rischi di responsabilità civile auto). Sono compresi nel novero dei terzi, limitatamente a lesioni personali, gli aiutanti occasionali dell’assicurato, sempreché vi sia responsabilità dell’assicurato stesso. La polizza collettiva “Ape Sicura” copre inoltre i rischi inerenti alla partecipazione degli Assicurati a Fiere, Mostre e Mercati, compreso il rischio derivante dall’allestimento e dallo smontaggio di stand, ma con l’esclusione dei danni agli espositori ed alle cose esposte. 2) Massimali e Franchigia. L’Assicurazione vale fino alla concorrenza massima complessiva, per capitale, interessi e spese di: Euro 1.000.000,00 (un milione/00 di Euro) per ogni sinistro e relativi danneggiamenti arrecati a persona, animali e cose. Per ciascun sinistro è prevista una franchigia pari a Euro 250,00. 3) Partecipazione all’Assicurazione. Possono essere incluse nella Polizza collettiva “Ape Sicura” le persone e gli enti che siano Abbonati alla Rivista APITALIA - purché Apicoltori o Proprietari di alveari e come tali iscritti all’Anagrafe Apistica Nazionale. Per beneficiare dell’Assicurazione gli Apicoltori debbono: A) versare sul conto corrente postale n. 46157004 intestato a: FAI - Federazione Apicoltori Italiani - Roma, o con qualsiasi altro mezzo ritenuto idoneo, il premio assicurativo di 15,00 Euro (per ciascun apiario da assicurare).

La Compagnia assicuratrice si riserva di modificare l’entità del premio in base all’andamento tecnico sul rapporto sinistri/annualità; B) comunicare alla Segreteria della Rivista APITALIA con apposito modulo di adesione l’ubicazione esatta dell’apiario o degli apiari da assicurare. 4) Decorrenza. La validità della garanzia decorre dalla data di versamento del premio assicurativo, che dovrà essere contestuale alla data di sottoscrizione all’abbonamento annuale alla Rivista APITALIA, ha la durata di un anno a partire dalle ore 24 del giorno del versamento. 5) Norme e sinistri. In caso di sinistro l’assicurato deve darne denuncia scritta alla Segreteria della Rivista APITALIA - Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma (tel.: 06.6877175 - 06.6852276; fax: 06.6852287; email: segreteria@federapi. biz) entro cinque giorni dal fatto o al momento in cui ne viene a conoscenza. Per i sinistri implicanti gravi lesioni corporali, l’assicurato oltre a darne notizia alla Segreteria della Rivista APITALIA, ne darà comunicazione alla Compagnia “Gruppo UNIPOL-SAI. Divisione Fondiaria” (indirizzo PEC: unipolsaiassicurazioni@pec.unipol.it), indicando anche il codice della polizza n. 159877505. Non adempiendo all’obbligo della denuncia l’assicurato perde il diritto al risarcimento. Parimenti decade da tale diritto qualora pregiudichi i legittimi interessi della Compagnia nella difesa o contro le azioni o pretese per il risarcimento dei danni che ad essa esclusivamente spetta di condurre in qualsiasi sede o modo, in nome e con la collaborazione dell’assicurato. 6) Accettazione condizioni generali e particolari. Il versamento del premio di assicurazione significa piena accettazione di tutte la condizioni generali e particolari della Polizza n. 159877505, di cui gli interessati possono, su richiesta, prendere visione, dovendosi intendere il rapporto assicurativo, indipendentemente dall’opera intermediaria della contraente, direttamente intercedente fra la Compagnia assicuratrice e i singoli assicurati e regolato unicamente dalle condizioni stabilite nella Polizza citata.

Mod. 01/2020 Questo modulo annulla e sostituisce tutti i precedenti

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Ape Sicura

Modulo di Adesione per gli Apicoltori abbonati alla Rivista

1

IL SOTTOSCRITTO.......................................................................................................................................................................................................... INDIRIZZO...................................................................................................................................................................................................................... CAP................................... LOCALITÀ.......................................................................................................................... PROVINCIA........................... TELEFONO......................................................................... EMAIL................................................................................................................................ CODICE FISCALE.............................................................. PARTITA IVA...................................................................................................................... nella sua qualità di abbonato della rivista APITALIA: a) chiede di essere incluso nella Polizza collettiva “Ape Sicura” di assicurazione per la responsabilità civile contratta a beneficio degli Apicoltori che aderiscono all’iniziativa; b) dichiara, sotto la propria responsabilità, di essere iscritto all’Anagrafe Apistica Nazionale con Codice di Allevamento n. ..........................; c) indica, qui di seguito, l’ubicazione dell’apiario che intende assicurare:

2

1. Apiario composto da n° ................. alveari Comune, Provincia........................................................................................................................................................................................................... Indirizzo, Frazione........................................................................................................................................................................................................... Località, Fondo................................................................................................................................................................................................................. Coordinate satellitari.......................................................................................................................................................................................................

NOTA BENE Utilizzare n. 1 modulo per ogni apiario da assicurare

Proseguire su altri fogli fotocopiati per eventuali altri apiari da assicurare.

Che rimette

a mezzo CCP n. 46157004 - FAI - Federazione Apicoltori Italiani - Roma

a mezzo bonifico bancario, MPS Banca - IBAN IT65T0103003283000061424927

unitamente alla presente

Data.............................................. Firma (leggibile) dell’Assicurato............................................................................................................................ Data.............................................. Firma per accettazione da parte della Compagnia............................................................................................

3

Acconsento all’utilizzo dei miei dati personali ai sensi della normativa sulla Tutela della Privacy (Art. 10 Legge n. 196/2003 e del Reg. UE 2017/679) ai fini del trattamento da parte della Rivista Apitalia e della FAI-Federazione Apicoltori Italiani per l’invio di materiale amministrativo, informativo e/o promozionale. I miei dati non potranno comunque essere ceduti a terzi e mi riservo il pieno diritto di conoscere, aggiornare, modificare o cancellare le informazioni a me riferite. Data................................................ Firma (leggibile) dell’Assicurato.......................................................................................................... Mod. 01/2020 - Questo modulo annulla e sostituisce tutti i precedenti

3/2021 | Apitalia | 57


INSERZIONISTI CHEMICALS LAIF Prodotti per la cura e nutrizione delle api info@chemicalslaif.it

pag. 2

LAPED Candito per api info@lapeditalia.com

pag. 10

APICOLTURA TETTAMANTI Nuclei e api regine ligustiche tettamantiapicoltura@virgilio.it

pag. 13

CBE Macchine e attrezzatura per apicoltori com@cbesrl.net

pag. 17

ERICH LARCHER Api regine carniche info@larcher-honigprodukte.it

pag. 21

ONETTI ERBORISTERIA APISTICA Prodotti per l’apicoltura store@apistore.it

pag. 23

ENOLAPI Alimenti per api info@enolapi.it

pag. 25

CMA DI PITARRESI MICHELE Prodotti per l’apicoltura commerciale@pitarresiitalia-cma.it

pag. 27

ZOOTRADE Prodotti per la cura delle api apicoltura@mpzootrade.com

pag. 29

ASS. ROMAGNOLA APICOLTORI Api regine di razza ligustica info@arapicoltori.com

pag. 31

CENTRO APICOLTURA Prodotti per l’apicoltura info@centroapicoltura.it

pag. 39

Esperto Apistico Fabrizio Piacentini redazione@apitalia.net

DARWIN GARDEN “Casa delle api” info@darwingarden.com

pag. 41

Promozioni e Pubblicità Patrizia Milione redazione@apitalia.net

BIOAPIS apicosmesi info@bioaspis.it

pag. 43

AL NATURALE Laboratorio erboristico info@alnaturale.com

pag. 45

DOMENICI Prodotti di apicoltura di erboristeria info@domenici.it

pag. 49

OTTOLINA Caramelle di qualità apicolturaottolina@gmail.com

pag. 53

VITA ITALIA Prodotti per la cura delle api vitaitalia@vitaitalia.191.it

pag. 59

LEGA Prodotti per l’apicoltura info@legaitaly.com

pag. 60

Registro Stampa Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 15447 del 01.04.1974 ISSN: 0391-5522 - Iscrizione R.O.C.: 26230 Editore FAI Apicoltura S.r.l. Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma - Italia - UE Telefono +39. 06. 6852556 - Fax +39. 06. 6852287 Email info@faiapicoltura.biz Direttore Responsabile Raffaele Cirone redazione@apitalia.net Redazione e Segreteria Corso Vittorio Emanuele II, 101 00186 Roma - Italia - UE Telefono +39. 06. 6852556 - Fax +39. 06. 6852287 Email redazione@apitalia.net Grafica e Impaginazione Alberto Nardi redazione@apitalia.net Comunicazione e Social Media redazione@apitalia.net

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