Apitalia 4/2019

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CRESCE L’APICOLTURA

Apitalia - Corso Vittorio Emanuele II, 101- 00186 - Roma - ITALY - UE - ISSN: 0391 - 5522 - ANNO XXXXIII • n. 4 • Aprile 2019 •- 695 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/03 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1 Comma 1 – Roma Aut. C/RM/18/2016




Leggere le Api

la Biblioteca dell’Apicoltore

TITOLO LIBRO

AUTORI

N° PAGINE

M.K. Thun

248

Antroposofica

25,00 €

• Apicoltura in sicurezza

Giacomo Perretta

84

Montaonda

10,00 €

• Apicoltura tecnica e pratica

Alessandro Pistoia

348

L’Informatore Agrario

32,00 €

F. Grosso

156

TIP.LE.CO.

15,50 €

B. Beck

120

Nuova Ipsa

10,50 €

• Cenni introduttivi per la selezione sull’ape Ligustica

INA, FAI

36

FAI

8,00 €

• Guida pratica alla produzione del polline in Italia

A. Metalori

180

Montaonda

25,00 €

• Guida pratica allo studio della melissopalinologia

AA.VV.

109

--

25,00 €

• Guida pratica di apicoltura con agenda dei lavori

G. Bosca

240

Il Castello

19,50 €

L. Bortolotti e G.L. Marcazzan

196

Edagricole

18,00 €

M. Campero

160

FAI Apicoltura srl

19,00 €

• Il mondo delle api

--

221

Fabbri

27,00 €

• Il piacere delle api

P. Fontana

610

WBA Books

24,00 €

• Il polline

Alin Caillas

108

FAI

19,00 €

• Il ronzio delle Api

J. Tautz

302

Springer Verlag

29,00 €

• Il tempo delle api

M. L. Winston

338

Il Saggiatore

23,00 €

F. Ruttner

344

FAI

35,00 €

Padre Mathias Dugat

72

FAI

16,00 €

M. Gonnet, G. Vache

70

FAI

10,00 €

F. Frilli, R. Barbattini, N. Milani

112

Calderini Edagricole

17,00 €

Abate Warrè

272

Montaonda

18,00 €

R. Menzel, M. Eckoldt

310

Raffaello Cortina

29,00 €

• La meravigliosa vita delle api

G. Accinelli

155

Pendragon

14,00 €

• La produzione del miele in favo

R. A. Morse

112

FAI

12,00 €

• La rivoluzione dell’alveare

M. Grasso

138

Terra Nuova

14,80 €

• La vita sociale delle api - trattazione divulgativa

M. Spinett

192

Taiga

10,00 €

• Le api - biologia, allevamento, prodotti

A. Contessi

570

Edagricole

42,00 €

• Le api

R. Steiner

150

Antroposofica

14,00 €

• Le api

Herrera, Gallo

96

FAI

30,00 €

• Le api e la penna

A. De Spirito

142

Studium

13,00 €

• Le api in poesia

C. Graziola

350

Montaonda

15,00 €

• Le api per l’impollinazione

D. Frediani

82

FAI

10,00 €

• Le api - storia, mito e realtà

C. Preston

248

ORME

16,00 €

A. Contessi, G. Formato

386

Edagricole

38,00 €

H. Storch

78

Européennes Apicoles

15,00 €

E. Carpana e M. Lodesani

410

Springer

49,90 €

• Strategie di sopravvivenza delle colonie di api

H. Wille

56

FAI

10,00 €

• Un cucchiaio di miele

H. Ellis

192

Guido Tommasi

25,00 €

• Apicoltura

• Apipuntura - terapia medica con veleno d’api • Apiterapia

• I prodotti dell’alveare • I mille segreti dell’alveare

• L’allevamento di Api Regine • L’alveare “grattacielo” con più regine

•novità•

• L’analisi sensoriale dei mieli • L’ape - forme e funzioni • L’apicoltura per tutti • L’intelligenza delle api

• Malattie delle api e salute degli alveari • Osservando la porticina di volo dell’arnia • Patologie e avversità dell’alveare

EDITORE

PREZZO

• ORDINI E INFO • FAI Apicoltura srl - Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma - Tel. 06. 6877175 - commerciale@faiapicoltura.biz


EDITORIALE

I PREDATORI DELL’ARNIA

RUBANO LE NOSTRE API, MA UCCIDONO IL FUTURO DI TUTTI

DANNI MATERIALI, MORALI E AMBIENTALI: APPELLO ALLE

Foto Luigi Di Battista

FORZE DELL’ORDINE

L’

apicoltura sta crescendo in termini numerici, per consistenza di capi allevati e per quantità di addetti. Lo dice l’Anagrafe Apistica Nazionale e l’abbiamo anche visto all’Apimell di Piacenza, di quale rinnovato interesse sia pervaso il settore. Abbiamo visto inoltre, anzi l’abbiamo chiaramente sottolineato al convegno nazionale sulla legalità in apicoltura, che di pari passo a tale entusiasmo sono sempre più frequenti i furti di alveari. I fatti denunciati di recente a Torino - ai danni di un nostro giovane collega apicoltore, derubato di 34 alveari in un colpo solo - rappresentano l’ultima di una serie di analoghe notizie giunte un po’ da tutta Italia. Richiamare l’attenzione su questa tipologia emergente di reato - che si manifesta in forme diverse, subdole e imprevedibili - è dunque doveroso da parte nostra. Ecco perché non ci stiamo a considerare “apicoltori” questi ladri che, mentre giocano a vincere facile, procurano svariati e irreparabili effetti collaterali. Alla perdita materiale subita dagli apicoltori, già notevole, occorre aggiungere anche quella per mancata produzione, sia apistica, sia agricola. Ma c’è anche un danno ambientale, che questi furti determinano nel complesso. E se facciamo i conti si tratta di milioni di euro! A seguito di un furto, infatti, si determina sempre un processo di depauperamento e questo è il peggiore dei soprusi che la collettività possa subire perché equivale a sottrarre “un bene che è parte di un ciclo naturale di interesse pubblico” (Art. 7, legge n. 313/2004 per la Disciplina dell’Apicoltura). Ecco perché invitiamo gli Apicoltori onesti ad aiutarci nel contrastare il fenomeno, segnalandoci fatti di cui sono a conoscenza e sporgendo denuncia alle Forze dell’Ordine. È il solo modo per ridurre i danni e salvare l’apicoltura italiana da una nuova e insopportabile piaga… che va sanata, prima che infetti tutto il resto. Raffaele Cirone

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SOMMARIO

Apitalia N. 695 | 4/2019 gli articoli 5 EDITORIALE I predatori dell’arnia

Raffaele Cirone

10 PRIMO PIANO 36° Apimell, un successo

29 AGENDA LAVORI. ISOLE Il fondo con rete e la porticina di volo Vincenzo Stampa

nostro servizio

33 RETROSPETTIVA 40 anni di assaggi

Elena Molinelli

35 ANTICHITÀ Le api nei bestiari

Angelo Camerini

12 AGENDA LAVORI. NORD-OVEST Pareggiare: sì, no, come Alberto Guernier 15 AGENDA LAVORI. NORD La natura rinasce

Maurizio Ghezzi

39 FLORA APISTICA Quel giallo “Silphie”, dal miele al biogas Moreno Savegnago

19 AGENDA LAVORI. NORD-EST Non solo varroa Giacomo Perretta

43 BIOLOGIA Dentro il multibioma: ecosistema intestinale Gianni Savorelli

21 AGENDA LAVORI. CENTRO Che il tempo ci assista

46 RICERCA Tecniche di lotta biomeccanica alla varroa Marco Lodesani, Raffaele Dall’Olio, Simone Franceschetti

Piero Iacovanelli

25 AGENDA LAVORI. SUD Giuste gratificazioni con impegno e passione Santo Panzera

& 6 | Apitalia | 4/2019

56 FLORA APISTICA I pollini di emergenza

G. Ricciardelli D’Albore

Ora puoi leggere la versione digitale di Apitalia. Clikka su issu.com/apitaliarivista


i nostri recapiti

i nostri riferimenti L’esplosione cromatica di questa pila di arnie sia di buon auspicio per una fruttuosa stagione apistica

hanno collaborato a questo numero

abbonamenti 1 anno (10 numeri carta)

€ 30,00

2 anni (20 numeri carta)

€ 54,00

Italia, una copia/arretrati

€ 5,00

Luigi Di Battista (foto pag. 5) Alberto Guernier, Maurizio Ghezzi, Viviana Micheluzzi (foto pag. 15), Momentmal (foto pag. 17), Giacomo Perretta, rfvbeeguardians.com (foto pag. 19), Piero Iacovanelli, Fabrizio Piacentini, Santo Panzera, Vincenzo Stampa, Elena Molinelli, Angelo Camerini, Moreno Savegnago, www.llh.hessen.de (foto pag. 40), Gianni Savorelli, Susanne Pälmer (foto pag. 43), Marco Lodesani, Raffaele Dall’Olio, Simone Franceschetti, Umberto Vesco (foto pag. 52), Giancarlo Ricciardelli D’Albore, Patrizia Milione, Alessandro Patierno.

marcatura dell’ape regina Secondo un codice standardizzato, le regine sono marcate con un colore (tabella a lato) per permettere all’apicoltore di riconoscerne l’anno di nascita

azzurro

bianco

giallo

rosso

verde

0o5

1o6

2o7

3o8

4o9

(ultimo numero dell’anno di allevamento, esempio “2019”)

i nostri valori: siamo dalla parte dell’ape italiana, ligustica di spinola Lo stemma circolare dell’ape regina al centro della scritta che recita “Il mio non sol, ma l’altrui ben procuro” accompagna da sempre le pubblicazioni curate dalle firme storiche dell’editoria apistica italiana da cui Apitalia trae origine

Questa è la medaglia d’oro accompagnata dalla menzione speciale della Giuria internazionale che ha riconosciuto Apitalia miglior rivista di apicoltura per i suoi contenuti redazionali, la qualità del corredo fotografico e il valore tecnico-scientifico

La moneta di Efeso, con l’ape come simbolo riconosciuto a livello internazionale già 500 anni prima di Cristo

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FOTO DEL MESE

Il meraviglioso mondo delle api è anche questo: imbattersi in uno sciame di migliaia di insetti “appoggiato” sul lunotto di un’auto parcheggiata. In casi come questo come dobbiamo comportarci? Invitiamo tutti a mantenere la calma e operiamo con professionalità: le api che sciamano, lo sappiamo, hanno un’indole docile e ci faciliteranno nel compito di recuperarle

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PRIMO PIANO

36° APIMELL, UN SUCCESSO LA MANIFESTAZIONE SI CONFERMA COME IL PIÙ IMPORTANTE APPUNTAMENTO DEL SETTORE APISTICO, A LIVELLO EUROPEO

Nostro servizio

N

umeri in crescita per l’edizione 2019 di Apimell, storica fiera nazionale. La tre giorni dell’apicoltura ha richiamato nei padiglioni di PiacenzaExpo ben 36.000 visitatori, confermandosi ancora una volta come il più importante appuntamento per le tecnologie e le attrezzature apistiche. Seguitissimo il consueto appuntamento della domenica mattina con il convegno nazionale organizzato dalla FAI - Federeazione Apicoltori Italiani dedicato al tema “Contro frodi e inquinamento genetico” cui hanno preso parte, nella veste di relatori, il Comandante Regione Emilia Romagna Carabinieri Forestali, Generale di Brigata Giuseppe Bove, Tiziano Gardi dell’Università di Perugia, Luca Veglia dell’Ispettorato Repressione Frodi del Mipaaft, Luca Fontanesi dell’Università di Bologna. Degno di nota l’intervento di Simona Caselli, Assessore all’Agricoltura della Regione Emilia Romagna che ha anticipato i contenuti della nuova Legge Regionale per l’apicoltura con particolare riguardo alla difesa dell’Ape Ligustica. Appuntamento a Piacenza con l’edizione autunnale il 26 e 27 ottobre prossimo.

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AGENDA LAVORI. NORD-OVEST

PAREGGIARE: SÌ, NO, COME

I RACCOLTI PRIMAVERILI IMPONGONO UNA FORZA DELL’APIARIO LA PIÙ OMOGENEA POSSIBILE di Alberto Guernier

L’

arrivo della bella stagione, favorisce senz’altro visite in apiario più prolungate, e più attente; visite che andranno a confermare o a smentire magari parzialmente quelle che erano state le nostre prime impressioni, dovute ad un giudizio forse prematuro, fondato appunto più su impressioni che su vere e proprie constatazioni e comparazioni. Adesso invece si possono chiaramente vedere le famiglie che decollano e quelle che invece chissà perché restano al palo. Ed è su entrambe le tipologie che

volendo è possibile intervenire; fermo restando il consiglio di segnare “le mediane”, cioè quelle che vanno da sole, quelle per intenderci che arrivano giuste senza troppi interventi al raccolto dell’acacia. Al Nord, fatte salve alcune eccezioni, il raccolto primaverile di maggior interesse è infatti l'acacia. Questo non significa che ciliegio e tarassaco, per citarne alcuni, non siano interessanti, basti pensare ai raccolti sui meleti del Trentino-Alto Adige, che però stanno ad Est, e comunque interessano zone circoscritte. Rincorrere, appunto, fiori-

L’ALVEARE GRATTACIELO L’Autore del manuale, già nella sua prefazione, avvertiva il lettore che questo non rappresenta “un nuovo metodo di apicoltura”, bensì la maniera più semplice per mettere a frutto alcuni princìpi che governano le colonie delle api. Lo sviluppo in verticale, la forza della cooperazione, l’emulazione tra api di famiglie sovrapposte, sono infatti tutti elementi che mettono gli alveari nelle condizioni ideali ad offrire una resa massima e naturale. Da un numero ristretto di colonie, procedendo attraverso i passaggi de scritti, potremo infatti produrre quantitativi di miele, o in alternativa di sciami artificiali o regine, nettamente superiori a quelli ottenibili dagli stessi alveari condotti singolarmente. Non è però, questa, una tecnica adatta ai principianti: essa, infatti, pre suppone conoscenze approfondite sui meccanismi più intimi che regolano il complesso mondo delle api. Questo volume fornirà tutte le conoscenze teoriche e pratiche a chi deciderà di cimentarsi con l’alveare “grattacielo”, che darà sicuramente grandi soddisfazioni a patto che venga applicato scrupolosamente. Il testo è disponibile al prezzo di Euro 16,00 • ORDINI E INFO • FAI Apicoltura srl - Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma Tel. 06. 6877175 - commerciale@faiapicoltura.biz

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DUE FAMIGLIE SOVRAPPOSTE COOPERANO PER AUMENTARE IL RACCOLTO


ture antecedenti l’acacia, impone - qualora lo si intendesse fare - una popolazione di api all'interno degli alveari non proprio comune e che ci esporrebbe, occorre saperlo, a una deficienza sul raccolto successivo dovuto spesso alla sciamatura impellente appunto per l’anticipo dello sviluppo raggiunto dalla popolazione di api. Certo, la tentazione di fare incetta anche delle prime fioriture, ammettiamolo, tenta molti apicoltori, ma questo impone appunto di arrivare con famiglie al massimo dello sviluppo notevolmente in anticipo ed è una condizione che deve essere valutata seriamente. Allora se è questo che si intende fare, occorre addirittura rinforzare

le famose “mediane”, in modo che possano raggiungere questo obiettivo. Uno dei metodi possibili, senza esporre le nostre api a troppi stravolgimenti, che visto il periodo ancora soggetto a ritorni di freddo talvolta repentini, con abbassamenti termici di tutto rispetto, è quello che non prevede, come nel classico pareggio, lo spostamento di alcuni favi di covata e api che, spesso, non ottengono nel breve e altalenante periodo il risultato sperato. L’intera sovrapposizione di due famiglie, si sa, comporta la cooperazione tra di esse, che usufruiscono in toto della presenza reciproca: api giovani (nutrici, ceraiole), bottinatrici con scorte di nettare e polline e, non in

modo trascurabile, la forza termica che si viene a generare, e che può aiutare sopratutto in primavera a scongiurare l’avvento di patogeni che sono soliti approfittare degli sbilanciamenti all’interno delle colonie, dovuti a volte proprio ai tentativi di pareggio classico. A ridosso della fioritura, poi, la famiglia “di sopra”, sacrificherà buona parte della sua popolazione, alla “causa” del raccolto: buona parte dei favi verranno scossi nel melario posto sopra alla famiglia rimasta, che servirà alla raccolta del miele. Trattandosi di api che già lavoravano assieme, questo non comporta problemi di accettazione. Ciò che viene mantenuto della famiglia superiore, verrà quindi portato via con un favo

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AGENDA LAVORI. NORD-OVEST di covata opercolata, il favo con la regina che in genere ha covata mista e i favi in eccedenza (quelli che per numero non stanno nel nido sottostante), se troppi possono essere dati ad altre famiglie, ovviamente non mancheranno le scorte. Nella formazione iniziale occorre un po’ di attenzione, per non incorrere in problemi, le famiglie possono essere sovrapposte tramite il metodo classico del foglio di giornale oltre, ovviamente, all’escludiregina. Esse devono avere inoltre un ingresso indipendente. Con questo metodo si riesce ad avere anche un utilizzo più efficace delle nutrizioni stimolanti grazie alla maggiore capacità di assunzione.

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Tra le varianti possibili, si può utilizzare questo sistema per far crescere due famiglie rimaste indietro, per il raccolto dell’acacia. Allo stesso modo, si può utilizzare per indebolire la famiglia troppo avanti, andando a pareggiare durante il percorso una famiglia forte unita ad una più debole, spostando semplicemente favi di covata da sopra a sotto; l’ottimo in questo caso è sistemare le arnie vicine al momento della divisione, in modo da dividere anche le bottinatrici. Pareggiare le famiglie, ha il vantaggio che si ha meno probabilità di sbagliare, avendo sott’occhio sia l’andamento della famiglia a cui si è tolto, sia quella della famiglia a cui abbiamo dato, con la possibilità

di poter rimediare in modo molto diretto. Non solo, legate al pareggiamento classico, restano le problematiche inerenti l’aspetto sanitario, cioè il rischio di trasmissione di patogeni da un alveare all’altro, che se fatto senza tenerne traccia, rischia soprattutto in caso di peste americana di sfociare in una vera e propria tragedia. Questo metodo, se ritenuto interessante, offre la possibilità di molte varianti che possono essere previste negli anni preparando per tempo il materiale più idoneo: corpi di arnia sovrapponibili, famiglie nuclei. Come al solito, buon lavoro! Alberto Guernier


AGENDA LAVORI. NORD

LA NATURA RINASCE

SE AVREMO BEN LAVORATO SAREMO IN GRADO DI VALORIZZARE IL POTENZIALE DELLE FAMIGLIE di Maurizio Ghezzi

PRIMAVERA È GIUNTA L’ORA DI ALLARGARE

Foto Viviana Micheluzzi

LE PORTICINE

È

arrivato il tempo in cui la natura ci regala gemme e germogli capaci di protendersi con maestosa imponenza verso un più che tiepido e fortificante sole, nell’accattivante desiderio di liberare verso il suo bagliore un ciuffo di foglie o un bocciolo di fiore. Per l’apicoltore è passato il tempo dell’osservazione ed inizia il momento dell’azione! L’esuberante inizio di primavera è un momento cardine per la stagione apistica, la cui evoluzione dipenderà anche da come ci siamo saputi muovere. Primavera, spesso e volentieri, fa

rima con sciamatura, per cui monitoriamo attentamente lo sviluppo delle nostre colonie per intervenire tempestivamente con le tecniche a noi più congeniali, volte a prevenire il verificarsi di questa fisiologica manifestazione. Con le visite ispettive, eseguite precedentemente, siamo riusciti ad individuare la forza delle famiglie presenti in apiario imparando a riconoscere le più forti. Ora, se le belle giornate persistono e se in autunno avevamo operato bene, è arrivato il momento propizio per iniziare ad allargare il nido per aumentare lo spazio di covata a disposizione della regina. Basterà aggiungere un nuovo telaio con foglio cereo all’interno dell’alveare e appena la sua costruzione sarà stata quasi ultimata, procederemo ad aggiungerne un altro fino ad aver riportato il numero di telai pari a nove. Questa tecnica, oltre a consentirci di rinnovare i favi, permetterà alle giovani ceraiole, tanto volonterose, di produrre nuova cera e di rimanere impiegate attivamente nello svolgimento del loro compito primario; ciò permetterà anche di distrarre la famiglia allontanando momentaneamente il periodo di insorgenza della febbre sciamatoria. L’inizio del periodo primaverile 4/2019 | Apitalia | 15


Foto Momentmal

AGENDA LAVORI. NORD

è inoltre il momento propizio, per chi amasse praticare questa tecnica, di pareggiare la forza delle famiglie presenti in apiario, prelevando telai di covata dalle più forti per andarli ad inserire in quelle un pochino più deboli. Io non amo molto questa metodica, preferisco stimolare abbondantemente, iniziando già sul finire di marzo, con sciroppo, quelle famiglie che mi sembrano essere un po’ in ritardo rispetto alla media in modo tale che riescano a rinforzarsi da sole. Una volta che tutti i favi sono stati costruiti e presidiati dalle api possiamo pensare di posizionare il primo melario e, se tutto va come deve, si rivelerà esser stata cosa utile sia per raccogliere il primo importante miele della stagione, che per aver aumentato lo spazio a disposizione della famiglia, allontanando così ancora per un po’ la temibile insorgenza di istinti sciamatori. Attenzione però, seguiamo con accuratezza le previsioni meteo e lo sviluppo del clima per non correre il rischio di anticipare il momento della posa del melario, un suo posizionamento troppo precoce con 16 | Apitalia | 4/2019

condizioni meteo non proprio favorevoli e con famiglie non ancora ben sviluppate, potrebbe esporci al rischio di avere una colonia non più in grado di riuscire a mantenere la giusta temperatura all’interno del nido, con conseguente raffreddamento della covata ed involuzione della crescita. Solo con la pratica e con l’esperienza diventeremo capaci di “percepire” quando è arrivato il momento giusto. Qualora avessimo qualche dubbio o qualche incertezza potremmo, come artifizio, utilizzare uno stratagemma: posizioniamo fra il nido e il melario un foglio di carta di giornale che farà sia da divisorio, fra le due unità, che da isolante termico e quando la famiglia sarà sviluppata al punto da poter gestire uno spazio di dimensioni maggiori, provvederà essa stessa a eliminare il foglio e ad iniziare a salire a melario. Nonostante tutte le accortezze e gli stratagemmi che abbiamo messo in atto, può accadere che le api decidano di regalarci un’affascinante sciamatura, eludendo la bontà del nostro duro lavoro, volto ad impedirne la sua comparsa. Spesso, questo feno-

meno, avviene nelle ore centrali di una giornata calda e soleggiata che fa il suo esordio a seguito di un periodo più o meno lungo di giornate brutte e piovose. E così non dimentichiamoci di sorvegliare le arnie in apiario in quelle ore, per cercare di individuare le famiglie che abbiano comunque deciso di andarsene: in tal modo potremo cercare di seguire lo sciame per provare a recuperarlo. Se i nostri impegni non ci consentono di poter sorvegliare l’apiario, potremo come ripiego - posizionare nella sua prossimità, vecchie arnie alle quali avremo accuratamente flambato le pareti interne, per far sì che da esse si diffonda profumo di cera oppure sulle cui pareti avremo spalmato un po’ di melassa alla quale avremo aggiunto sostanze attira sciami. Un altro stratagemma, per cercare di attirare uno sciame, potrebbe essere quello di mettere all’interno di un’arnia trappola qualche vecchio favo in posizione laterale di cera nera, mentre al centro dei favi con cera nuova: ciò potrebbe invogliare lo sciame a scegliere questo riparo come sua nuova dimora. Orientiamo rigorosamente tutti


• Se in prossimità dei nostri apiari ci sono dei campi di colza (foto a lato) o un’abbondante fioritura di tarassaco, non dimentichiamoci di rimuovere precocemente i melari e di smielare altrettanto velocemente altrimenti correremo il rischio che il miele cristallizzi all’interno dei favi rendendo molto difficile, se non impossibile, una corretta smielatura.

questi rifugi per il nuovo inquilino verso est o sud est e posizioniamoli a una distanza di circa due trecento metri dalla postazione. Queste accortezze potrebbero indirizzare le api sciamate verso la nostra arnia, invitandole ad andare ad abitarla… ma non illudiamoci più di tanto. QUALCHE UTILE CONSIGLIO • Se in autunno abbiamo lavorato correttamente, le porticine d’ingresso all’alveare erano state ridotte: è giunto ora il periodo di allargarle, così che le bottinatrici vi possano entrare ed uscire più velocemente possibile. • Teniamo rasata l’erba davanti e sotto agli alveari, se lasciata lunga potrebbe portare umidità all’interno degli stessi e l’umidità non è mai compatibile con una buona salute della famiglia.

CONTROCORRENTE Io che per passione, quando posso, navigo a vela in quel ramo del lago di Como accarezzato dalla brezza nelle prime ore pomeridiane, sono solito partir sempre controvento e controcorrente così che, sul finir della giornata al calar del vento, riesco comunque a far ritorno verso casa sorretto da un refolo residuo e supportato da una corrente amica. Così come in vela, anche nella mia “pratica apistica” tendo sempre a navigar controcorrente ed ecco perché sul finir d’aprile, quando le famiglie sono ormai belle vigorose e hanno il pieno possesso dei melari mi dedico a formare i nuovi nuclei, prelevando un telaio con abbondante covata da ciascuna famiglia. Contrariamente alla pratica comune che insegna a formar nuclei in luglio, io li preparo in aprile, assecondando quel fisiologico istinto della natura che vuole che la sciamatura avvenga pro-

prio in questo periodo dell’anno. Utilizzando questa metodica riesco ad avere nuovi sciami già a inizio primavera, cosa sempre molto utile. Inoltre inserendo un nuovo telaio da costruire nelle arnie dalle quali ho prelevato il favo di covata, assegno nuovo lavoro alle ceraiole distraendo così, ancora per un po’, la famiglia da nefasti pensieri sciamatori. A luglio, contrariamente ai buoni insegnamenti, non farò alcun nuovo nucleo e porterò le mie famiglie a svernare in piena forza, cosa che mi garantirà un’eccellente ripartenza al ripresentarsi della prossima primavera. Questo è, se vogliamo, anche un periodo terapeutico per le nostre compagne volanti, in quanto ricco di abbondanti e diversificate fioriture; ciò permetterà raccolti di diverse qualità di polline e nettare che le aiuterà a rimanere in uno stato di buona forma e di ottima salute, con forze ed energie necessarie per affrontare a grande ritmo l’inizio della nuova stagione. Per non essere da meno anche tu apicoltore, in aprile, riprendi con vigore il tuo lavoro perché in aprile “l’intorno si fa più intorno: le persone nelle strade, gli alberi nelle piazze, i monti dentro ai cieli e le api sopra ai fiori”. Maurizio Ghezzi

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AGENDA LAVORI. NORD-EST

NON SOLO VARROA

SI SENTE PARLARE SPESSO DI COLLASSO DEGLI ALVEARI IL NOSEMA, APIS O CERANAE, NE È SPESSO LA CAUSA di Giacomo Perretta

LE BUONE PRATICHE APISTICHE SONO INDISPENSABILI NELLA PREVENZIONE

Foto rfvbeeguardians.com

Alveare colpito da Nosema apis.

È

giunta la primavera e non solo è una esplosione di fiori e colori, ma anche il tempo del vento e delle nuvole, le quali sembrano rincorrersi nel cielo azzurro, proprio come le nostre api nei giorni in cui vorticosamente quasi tutte insieme volteggiano davanti all’alveare. Non sapremo mai, forse, il significato di questo volteggiare davanti all’alveare; si è detto fosse una preparazione alla sciamatura, poi si trattasse di una sorta del risveglio dopo il periodo di fermo invernale e infine che fos-

se una sorta di sollecitazione per le api pigre che rimanevano all’interno dell’alveare. La fantasia ci regala ipotesi, che tali rimangono. Fatto sta che gli alveari sono o dovrebbero essere pronti al boom del raccolto con la fioritura dell’acacia. E allora, durante la grande importazione non tenete favi vuoti all’interno dell’alveare: toglieteli e stringete, altrimenti le api riempiranno quegli spazi piuttosto dei melari. Con l’arrivo del grande raccolto la regina interrompe la deposizione proprio per lasciare spazio allo stoccaggio del nettare nelle celle vuote. Terminato il grande f lusso nettarifero la regina riprende la deposizione e… che cosa accade alle celle ricolme di miele? Semplice: vengono svuotate e il nettare trasferito sui melari, posto permettendo. Può capitare di trovare costruzioni piene di miele, spesso opercolato, in ogni angolo dell’alveare, addirittura sul coprifavo nei pochi spazi che si allungano verso i telaini; veri e propri “abusi edilizi” la cui “demolizione” costa molto, sia in termini di prodotto che di lavoro. Questo stato di cose è attribuibile solo alla distrazione dell’apicoltore, che dovrebbe controllare lo stato 4/2019 | Apitalia | 19


AGENDA LAVORI. NORD-EST dei propri alveari almeno ogni tre giorni (le nostre api lavorano in modo incredibilmente folle quando il periodo è favorevole). ANCHE LE API SI AMMALANO Capita di sentir parlare di collasso degli alveari, anche di quelli creduti molto forti: api sparite e su qualche telaino un po’ di covata. La lettura di articoli scientifici indirizza al Nosema ceranae: è fondamentale condividere le informazioni al riguardo con la speranza di incoraggiare e aiutare chi ha avuto questo problema. Ma che cos’è il Nosema? C’è il Nosema apis e il Nosema ceranae, le cui spore vivono e si moltiplicano nello stomaco delle api. Una brevissima descrizione è d’obligo. Il Nosema apis è una vecchia conoscenza degli apicoltori: gli alveari imbrattati oggi molto rari, sono un ricordo legato al passato. Il sopravvento del Nosema ceranae ha creato problemi di non semplice soluzione. La forma ceranae è subdola e di difficile interpretazione, l’apicoltore se ne accorge solo quando il problema diventa molto visibile. È definita una patologia asintomatica, una infezione “silenziosa”, spesso considerata, a torto, inevitabile e secondaria. I modi di propagazione del Nosema ceranae sono simili a quella del Nosema apis con danni però maggiori. Una caratteristica che lo contraddistingue è l’assenza della diarrea, ma in poco tempo si assiste al collasso e alla morte della colonia di api. L’apicoltore si trova a fronteggiare lo spopolamento e la morte di alveari in modo improvviso, sen20 | Apitalia | 4/2019

Spore di Nosema ceranae.

za aver avuto modo di accorgersi dell’insorgenza della patologia. Ad oggi non esistono presìdi sanitari autorizzati che possano “curare” questa patologia, piuttosto si trovano in commercio prodotti coadiuvanti, fitoterapici, anche capaci di ridurre il livello di infezione. Il Nosema ceranae indebolisce l’organismo dell’ape, esponendolo a infezioni sia batteriche che virali (il riferimento alla varroa è del tutto casuale visto che, con le sue punture, veicola qualunque patogeno). L’apicoltore cosa può fare per non incorrere in tali problemi? Prestare particolari attenzioni alle buone pratiche potrebbe aiutare. Quali sono queste buone pratiche? • Cambiare più spesso possibile la cera (è utile un riciclo della cera per il nido ogni 3 anni); • pulire e disinfettare gli alveari; • mantenere alveari forti. Inserire nuovi fogli cerei da aprile a giugno non aggiunge sforzi importanti alla famiglia e, una volta costruiti, potranno costituire la scorta per le sostituzioni dei telaini vecchi. Non abbiate paura di sovraffaticare

le api, le “ceripare” hanno bisogno di generare cera. È importante individuare gli alveari più forti ai quali far costruire fogli cerei e creare scorte; i fogli costruiti non usati dalle api, mettiamoli da parte, saranno utili in futuro. LA RICERCA NON SI FERMA Dalle pagine di Apitalia, Gianni Savorelli ci ha spesso parlato di ricerche secondo le quali l’uso degli antivarroa a base di timolo riuscirebbe ad abbattere una interessante quantità di spore. Antonio Nanetti (ex CRA Api di Bologna), sperimenta che l’efficacia dell’acido ossalico, somministrato durante il blocco di covata, ha prodotto apprezzabili risultati. Non ci resta che sperare che queste ricerche diano risultati di interesse pratico e, anche se non risolutive, almeno che siano sufficienti a garantire una vita più salutare alle api e permettere a noi apicoltori di non rimanere sbigottiti al momento dell’apertura di un alveare. Buon lavoro. Giacomo Perretta


AGENDA LAVORI. CENTRO

CHE IL TEMPO CI ASSISTA

SE NON C’È RACCOLTO SULL’ACACIA, SPOSTEREMO GLI ALVEARI VERSO LA SULLA di Piero Iacovanelli

IN APICOLTURA BIOLOGICA È BENE EFFETTUARE DUE BLOCCHI

solito, con questa fioritura, le api immagazzinano anche un po’ di miele. Sono piccole produzioni, che avvengono però abbastanza di frequente e quindi vanno tenute in giusta considerazione. La fioritura dell’acacia non è, nelle nostre regioni centrali, così importante e diffusa. Non esistono boschi così estesi come nelle regioni settentrionali; è comunque una fioritura molto delicata, che specie negli ultimi anni ha parecchio risentito dell’irregolarità climatica.

Foto Piero Iacovanelli

DI COVATA

C

on le fioriture siamo già abbastanza avanti nella stagione. Le api hanno bottinato, nel mese di marzo, sul mandorlo e sul rosmarino. Generalmente però, da queste fioriture, solo in poche occasioni si riesce a smielare qualche chilogrammo di miele. La fioritura del mandorlo, tuttavia, aiuta molto lo sviluppo della famiglia. Se il meteo ci assiste, nel periodo fine marzo-primi giorni di aprile inizia la fioritura del ciliegio e di

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AGENDA LAVORI. CENTRO Le fioriture più importanti, da tenere sotto controllo per farsi trovare pronti con gli alveari, restano dunque quelle di arancio e di sulla, fioriture dove negli ultimi anni gli apicoltori sono riusciti a ottenere quasi sempre discreti risultati. Con la fioritura successiva invece, quella del girasole, le api non producono più miele, vuoi per la diffusione di varietà ibride non nettarifere, vuoi perché troviamo spesso gli alveari spopolati a causa dei neonicotinoidi. Anche se l’utilizzo di questi prodotti chimici è vietato, infatti, c’è sempre qualcuno che contravviene le regole e fa a modo suo. In carenza di raccolto sull’acacia, dunque, gli alveari dovranno essere spostati sulla fioritura della sulla, che per fortuna nelle campagne delle regioni centrali è ancora abbastanza presente; in mancanza anche di sulla resta sempre la possibilità di un raccolto sul millefiori di montagna, che si riesce ancora ad ottenere portando gli alveari verso postazioni in quota. LOTTA ALLA VARROA Chi pratica l’apicoltura biologica non ha mai famiglie molto forti, che sono invece necessarie per produrre quantitativi importanti di miele: negli ultimi anni, infatti, si è sviluppata la tendenza ad attuare due blocchi di covata nel corso della stessa stagione. Il primo blocco si fa a fine luglio, per essere poi ripetuto a metà novembre, inserendo la regina all’interno delle apposite gabbiette per 22-23 giorni. Questa metodica consente di 22 | Apitalia | 4/2019

eseguire, subito dopo il blocco, i necessari trattamenti a base di Apibioxal®: due o tre se si somministra in forma di sublimato e uno solo se la somministrazione avviene in forma di gocciolato. Un trattamento sarà effettuato durante il blocco della covata e un altro entro una settimana dalla liberazione della regina. In attesa di dati sulla percentuale di contenimento della varroa, nella nostra azienda (e quindi anche voi potete agire allo stesso modo), in questo periodo dell’anno inseriamo anche dei telaini da melario all’interno del nido. Le api proseguiranno spontaneamente, nel nido, la costruzione del favo sotto il telaino da melario; generalmente, questo favorisce la costruzione con celle grandi, adatte quindi a ospitare la covata maschile. Nel caso in cui nel mese di marzo abbiamo inserito questi telaini da melario, posizionandoli

dopo l’ultimo favo di covata, nel mese di aprile, dopo 20-22 giorni dall’inserimento, elimineremo queste porzioni di favo, approfittando delle visite alle famiglie per il controllo della sciamatura. Questa operazione sistematica ci aiuterà a ridurre il carico di varroe presenti all’interno delle colonie. Si tratta di effettuare 2-3 tagli di covata maschile, che se abbiamo iniziato a operare fin dai primi di marzo potremo proseguire fino ai primi di maggio. La costante eliminazione di covata maschile, oltre ad abbassare il tasso d’infestazione da varroa, contribuisce anche al miglioramento degli altri favi poiché verranno costruiti con celle femminili. Senza considerare il controllo della sciamatura, poiché essendoci meno maschi a disposizione negli alveari, di fatto, le famiglie avranno anche la tendenza a sciamare meno.


NUTRIZIONE Gli apicoltori, stando alle buone pratiche, dovrebbero tenere le api in zone dove possano trovare fioriture da bottinare in tutti i periodi dell’anno. E nelle regioni dell’Italia centrale questo è ancora possibile. Si cercherà, di conseguenza, di contenere al massimo il ricorso alla nutrizione, soprattutto di non fare ricorso alla pratica della nutrizione stimolante a tappeto. La nutrizione liquida, se distribuita alle api in abbondanza e indiscriminatamente, può infatti essere evidenziata nel miele commercializzato e considerata un’adulterazione. Quando c’è la necessità, invece, è bene avere a disposizione delle

scorte di miele (noi lo preferiamo sempre allo zucchero), persino biologico se chi opera deve rispettare i disciplinari di allevamento bio. PREVENZIONE DELLA SCIAMATURA Il pareggiamento delle famiglie lo si è già fatto nel mese di marzo. Ora, se dovessero esserci famiglie troppo forti, quindi anche con un’eccedenza di covata, si potranno togliere i favi per iniziare a costituire sciami artificiali. Si tolgono favi di covata alle famiglie forti per darle a quelle piccole, poi si comincia a fare il controllo per la sciamatura. Infatti, dopo la spinta del mandorlo e del ciliegio, le famiglie saranno al massimo e si

troveranno nelle condizioni ideali per la sciamatura. In aprile il lavoro più importante è proprio quello di evitare la sciamatura, affinché le famiglie arrivino forti al momento più importante della stagione apistica, che coincide con il flusso mellifero principale del vostro territorio. Sicuramente ad aprile le famiglie avranno tutte almeno un melario. Visitandole costantemente, possiamo anche aggiungere un melario alla volta. Prima si pareggiano le famiglie, poi quando sono belle forti, procederemo con la formazione degli sciami artificiali. Se vediamo che le api iniziano a costruire celle reali, passiamo ogni 8 (otto) giorni per toglierle. In ge-

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AGENDA LAVORI. CENTRO nere 2-3 settimane sono sufficienti, si arriva quindi ai primi di maggio. Quando s’iniziano a togliere le celle reali non dobbiamo più sottrarre telaini di covata opercolata per formare sciami artificiali, poiché siamo oramai in prossimità dell’inizio delle fioriture principali e non conviene indebolire ulteriormente gli alveari. Per fare tanto miele, lo ripetiamo, le famiglie devono essere al massimo della forza. ALLEVAMENTO REGINE Le api regine per fare gli sciami artificiali possono essere allevate in azienda o acquistate presso allevatori specializzati. Gli apicoltori che decidono di prodursele partendo dai propri alveari, è preferibile che

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lo facciano a partire da metà aprile; si è infatti riscontrato nel tempo che partendo con maggiore anticipo il lavoro non produrrà risultati degni di nota dal punto di vista del rendimento di queste regine, della loro accettazione e della loro prolificità. Le regine precoci, come si sa, non sono belle, non si fecondano bene, già dal primo anno di età le api tentano di cambiarle; ecco perché è sempre bene evitare di anticipare eccessivamente la produzione di sciami e di regine. Agli apicoltori che possiedono un gran numero di alveari, suggeriamo di allevare solo le celle reali del primo ciclo; il grosso numero delle altre celle necessarie, è sempre bene comprarlo dagli allevatori.

Se un’azienda è specializzata per il nomadismo, come nel nostro caso, cercherà di produrre tanto miele, di conseguenza non si dedicherà anche all’allevamento delle api regine ma preferirà far ricorso alle regine che offre il mercato. Per chi lavora sulle distanze elevate tra le varie postazioni, come chi pratica l’apicoltura nomade, gestire un allevamento di regine significa avere delle persone che si dedichino solo a questa attività. Ciò suggerisce anche l’opportunità che tale produzione di regine sia destinata anche alla vendita sul mercato. Insomma, a ognuno il suo mestiere. Piero Iacovanelli ADI Apicoltura


AGENDA LAVORI. SUD

GIUSTE GRATIFICAZIONI CON IMPEGNO E PASSIONE

NON FATEVI TROVARE IMPREPARATI ALLE SCIAMATURE SERVONO VISITE IN APIARIO A RITMO PIÙ FREQUENTE di Santo Panzera

L’ESCLUDIREGINA OFFRE INDISCUTIBILI VANTAGGI

A

d inizio primavera nel nostro Sud, ci ritroviamo a dover lavorare freneticamente ed a mettere a frutto i lavori impostati con la dovuta perizia e diligenza nei mesi precedenti, in quanto le famiglie di api sono in piena attività, la covata è in fase di rapida espansione e vi è la necessità in apiario della nostra assidua presenza, sempre improntata al rispetto del benessere dei nostri amati insetti. Se in precedenza le nostre azioni avevano lo scopo di far crescere le famiglie, ora dobbiamo invece controllarne lo svilup-

po, con l’obiettivo di far giungere gli alveari al top della crescita durante la fioritura che ci interessa: agrumi sulla fascia tirrenica, sulla (foto a lato) in quella jonica e macchia mediterranea nelle zone pedemontane. Una famiglia debole non sarà in grado di garantirci un raccolto sufficiente, mentre una famiglia molto forte potrebbe riempire più melari come potrebbe anche sciamare, compromettendo così il raccolto. In questo periodo, infatti, le nostre famiglie di api dovranno essere ben proporzionate al clima ed alle fioriture. Le visite in apiario devono essere ripetute a cadenza settimanale, assecondando il veloce incremento della popolazione con l’inserimento di favi o fogli cerei fino al completamento del nido ed operando gli ultimi livellamenti che possono riguardare il trasferimento dalle famiglie più forti a quelle più deboli, sia di favi di covata opercolata o nascente sia di favi di miele opercolato che, se presenti in eccesso fanno da diaframma, togliendo spazio alla regina per deporre e stimolando in tal modo la sciamatura. Il metro di riferimento che ci fornirà la giusta 4/2019 | Apitalia | 25


AGENDA LAVORI. SUD misura dei salassi da operare è rappresentato dalla crescita settimanale della covata per ogni alveare, con l’obiettivo di far evolvere la crescita vertiginosa delle colonie in ricche ed appaganti produzioni e non in pericolose e frustranti acrobazie sugli alberi a raccogliere sciami. Quando gli alveari risultano pronti per iniziare il raccolto dobbiamo procedere alla sovrapposizione sul nido del melario, previa frapposizione dell’escludiregina. È bene sottolineare come l’uso dell’escludiregina sia esente da controindicazioni come il rallentamento della salita a melario delle api e rappresenti una buona pratica apistica con indiscutibili vantaggi: • evita la deposizione di covata nel melario che rovinerebbe i relativi favi rendendoli, per i residui proteici delle esuvie larvali e per il polline stivato, facile preda oltre che della tarma della cera anche della temibile Aethina tumida; • evita il conferimento da parte della covata di gusti indesiderati al miele, ledendo la qualità della produzione; • evita complicazioni durante le operazione di raccolta dei melari (possibili orfanizzazioni). Saranno le stesse api ad indicarci il momento più indicato per sovrapporre il melario, attraverso la loro richiesta di maggiore spazio per il deposito di miele, che si manifesta con l’allungamento delle celle superiori dei telaini mediante la deposizione di cera nuova su cera vecchia, con conseguente modificazione cromatica detta “imbiancamento dei favi”. Il melario è bene che sia occupato rapidamente dalle api per evita26 | Apitalia | 4/2019

re che esso rappresenti una zona franca, non presidiata dalle api, nella quale l’Aethina tumida possa deporre liberamente. Con l’inserimento del melario si evita che, con la nascita di molte api, avvenga l’intasamento del nido e l’innesco della febbre sciamatoria, con la speranza che le api rimangano indaffarate a riempire i favi dei melari di miele e siano distolte, dagli abbondanti raccolti, dall’edificazione di celle reali. Il controllo della sciamatura è, in questo periodo, uno dei più grandi motivi delle nostre preoccupazioni, la sfida più impegnativa e nel contempo affascinante che dobbiamo affrontare, cercando il più possibile di evitare, in base alle conoscenze dell’ambiente in cui operiamo, l’innescarsi di quel vortice perverso rappresentato da “colonie troppo forti - inevitabile scellatura-sciamatura”, che potrà minare pesantemente i possibili raccolti di miele e vanificare così tutti i nostri sforzi compiuti precedentemente. È bene puntualizzare che la sciamatura rappresenta il culmine di una cascata di eventi, indotta dalla carenza del feromone della regina, vero e proprio collante dell’alveare, la quale incomincia ben prima della edificazione dei cupolini e, prima di terminare nella scelta definitiva di fuga dall’alveare madre, prevede diverse possibili evoluzioni e “cambiamenti di rotta” a volte imprevedibili e per molti versi incontrollabili. Infatti una famiglia di api può trovarsi in tre situazioni diverse riguardo il livello di feromone reale per ciascuna operaia.

molto giovane e/o popolazione ancora piuttosto scarsa, come accade ad inizio primavera; è una condizione transitoria e di breve durata, sia perché la regina invecchiando riduce la secrezione di feromone, sia perché la popolazione tende sempre più ad aumentare. 2. Livello Basso Si ha in presenza sia di regina non più giovane, sia di elevato sviluppo della popolazione; in questa situazione viene a trovarsi la quasi totalità delle famiglie con l’inoltrarsi della primavera ed il suo raggiungimento viene segnalato dall’inizio della costruzione di celle da fuco; essa viene definita “presciamatura”, può durare diversi mesi ed è per le api una situazione instabile, in quanto può accadere che la famiglia avvii la raccolta di miele, riempia un melario o anche due e poi improvvisamente smetta e si dedichi alla costruzione di celle di sciamatura.

3. Livello Critico Si ha quando il livello di feromone per ciascuna ape non risulta più sufficiente a mantenere la coesione della famiglia, si avvia infatti la costruzione di celle reali da parte di operaie in ristrettezza di feromone in zone, lati estremi e fondi dei favi, non coperte dall’inibitore della regina. Il passaggio o meno dalla situazione di basso livello feromonale o “presciamatura” a quella di livello critico o sciamatura vera e propria è condizionato da diversi fattori legati tra loro da fili sottilissimi, in 1. Livello Alto un delicato gioco di equilibri: Si verifica nelle famiglie con regina • la congestione del nido, determi-


nata dalla popolosità della famiglia con alta presenza di operaie, fuchi e scorte sia di polline che di miele; di conseguenza la ridotta trasmissione del feromone della regina che inibisce l’allevamento reale, divenuto insufficiente per una popolazione molto accresciuta. Tale congestione viene percepita dalle api sia come aumento di temperatura ed alto livello di anidride carbonica all’interno dell’alveare (necessità di garantire una migliore aerazione togliendo le porticine di ingresso ed i cassettini del fondo antivarroa), sia come assenza di celle vuote dove la regina possa deporre (necessità di garantire spazio sufficiente attraverso la fornitura di favi vuoti

notevolmente il feromone che ciro fogli cerei o con l’aggiunta dei melari). All’assenza di spazio in cola nell’alveare per trofallassi, per cui ad una alta presenza di fuchi cui la regina possa deporre contricorrisponde una elevata probabilibuisce anche la presenza nel nido tà che la famiglia sciami; ne deriva di favi vecchi che, con il loro cache è bene limitare la covata da rico di esuvie larvali lasciate nelle cellette dalle api operaie ad ogni fuco sostituendo i favi che possono accoglierla, in particolare quelli ciclo preimmaginale, sono poco deformati; idonee ad accogliere ancora covata, per cui molte cellette riman- • i feromoni della covata, sostanze odorose attraverso le quali le gono inutilizzate; è necessario sostituire periodicamente tali favi nutrici ricevono informazioni sull’età delle larve, il tipo dei (almeno tre ogni anno), in quanto loro bisogni e sul giusto morappresentano anche un terreno mento dell’opercolazione; essi fertile per lo sviluppo e la proliveicolano anche alle api le inforferazione di agenti patogeni. Alla mazioni necessarie a valutare se congestione ed al riscaldamento la deposizione, la “performance” del nido contribuiscono molto i della regina sia rispondente a fuchi con la loro mole ed inoltre quanto richiesto, in relazioessi, con il loro appetito, riducono

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AGENDA LAVORI. SUD ne alle condizioni ambientali e la sciamatura; in particolare, la invece eliminate, in quanto le territoriali intese nel loro compresenza di covata opercolata al regine che da esse nascerebbero plesso di condizioni microcli55-60% è indice di scarso spasarebbero portatrici della tara gematiche, disponibilità di risorse zio per la deposizione e quindi netica “spiccata propensione alla pollinifere e nettarifere e in gedi difficoltà per la regina a dare sciamatura”. nere di potenzialità di sviluppo sfogo alla sua elevata capacità di Dato per assodato che, riguardo al delle colonie di api o, al contraovideposizione; contenimento della sciamatura, ogni rio, è necessario procedere alla • la nutrizione che, se troppo apicoltore ha il proprio metodo, con sostituzione della regina stessa. spinta e operata nei momenti sba- la dovuta calma e saggezza, senza Nel caso in cui, a causa dello gliati, fa sì che le api sopravvaluti- accelerazioni brusche che ci consviluppo della famiglia, venga a no le loro possibilità, non sincro- durrebbero fuori strada, mettiamo mancare lo spazio per la covata nizzandole con la reale situazione in moto la macchina che, indipendisopercolata con conseguente climatico-botanica dell’ambiente dentemente dal suo carico di alveaassenza dei relativi feromoni, esterno e costruiscano numerose ri, dobbiamo guidare con impegno, viene incentivata la costruzione celle reali; passione e competenza, attraverso di celle reali; infatti quando, per • ricambio annuale ed uso di regine una primavera che speriamo sia dicercare di evitare la sciamatura, selezionate provenienti da in- spensatrice di abbondanti raccolti e si alleggerisce o “spolpa” la faminesti prelevati da famiglie meno delle giuste gratificazioni per i tanti glia, è necessario togliere covata propense alla sciamatura, evi- sacrifici fatti. opercolata in quanto, togliendo tando l’uso di celle di sciamatuquella disopercolata, si incentiva ra presenti sui favi che andranno Santo Panzera

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AGENDA LAVORI. ISOLE

IL FONDO CON RETE E LA PORTICINA DI VOLO

L’ESPERIENZA MATURATA IN APIARIO SUGGERISCE DI OPERARE PICCOLE MODIFICHE ALLE ATTREZZATURE di Vincenzo Stampa

IL FONDO DI RETE CI LIBERA DALL’ASSILLO

Foto Vincenzo Stampa

DELL’UMIDITÀ

D

a sempre le arnie sono state costruite con il fondo chiuso. Nei primi anni ‘80, per avere la possibilità di monitorare la caduta spontanea delle varroe o dopo un trattamento di disinfestazione, è stato ideato il telaio di fondo che consiste in un vassoio metallico alto circa 1 cm, delle dimensioni del fondo dell’arnia, spalmato di olio o vaselina e contenente un telaio in legno chiuso da una rete a maglie di dimensioni tali da far passare le varroe cadute ed im-

pedire il passaggio alle api. Il tutto veniva introdotto dalla porticina di volo che necessariamente doveva essere a tutta apertura e di altezza non inferiore a 2 cm, per permettere alle api di continuare la propria attività. Già questo ha costretto la gran parte degli apicoltori a modificare la porta d’ingresso che, specialmente nelle arnie stanziali a 12 favi, era in posizione centrale e di ridotte dimensioni. L’introduzione ed il prelievo del vassoio dal davanti risultava molto scomodo per l’apicoltore e di disturbo per le api, questo ha stimolato la ricerca di una soluzione più comoda. Nasce così il fondo mobile di rete a tutta apertura; mi ricordo che, quando portai il mio prototipo all’amico Graziano Corbellari, apicoltore di Tregnago (VR), per avere un suo parere in anteprima, lui per tutta risposta mi mostrò il suo, erano identici! Alla stessa esigenza avevamo risposto indipendentemente con un’uguale soluzione tecnica. Di lì a poco giunse dal Friuli la notizia dell’adozione su vasta scala del fondo di rete con ottimi risultati. Anche loro avevano avuto la stessa idea! 4/2019 | Apitalia | 29


AGENDA LAVORI. ISOLE Il fondo di rete semplifica il lavoro ed elimina tutto l’armamentario di vassoi metallici e telai con rete, che sono sostituiti con una tavola fatta di un semplice compensato verniciato o un qualunque foglio rigido non assorbente di poco costo, ad esempio va benissimo il plexiglass delle insegne luminose dismesse. L’introduzione e l’estrazione avvengono dal di dietro dell’arnia su delle guide in legno solidali con i traversi del fondo al di sotto della rete, da non trascurare un’ulteriore particolare importante, il fondo di rete riduce il peso dell’arnia. Il fondo di rete a tutta apertura ha posto un problema all’apicoltore: “Tutta quest’aria dal fondo non sarà nociva all’alveare?”. Il che è come dire: “Teniamo la tavola sempre in funzione?” La risposta è semplicissima: No! La tavola di fondo è uno strumento diagnostico che va adoperato per il tempo strettamente necessario per capire cosa avviene all’interno

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dell’alveare. Riguardo alla varroa, si può capire dalla conta delle varroe cadute spontaneamente il grado d’infestazione dell’alveare e, dopo il trattamento, l’efficacia dell’azione di risanamento applicata. In generale l’osservazione dei residui o meglio delle rosicchiature, ci permette di capire lo stato generale di salute dell’alveare, il suo sviluppo, la sua forza. Tenere la tavola di fondo montata costantemente, costringe l’apicoltore ad un continuo lavoro di pulizia se non vuole diventare un allevatore di tarme. Il fondo di rete va lasciato libero in ogni stagione, esso ci libera dall’assillo dell’umidità, riduce il lavoro di pulizia nostro e delle api quasi a zero, perché tutto ciò che cade dai favi cade fuori, varroa compresa, con grande felicità delle formiche e dell’apicoltore. Se qualcuno ha timore per il freddo invernale è invitato a leggersi i paragrafi “Teorie riguardanti l’invernamento” e “Perdite invernali” del volume - L’Ape e l’Arnia - di

R. A. Grout con particolare riguardo alla Fig. 4 di pag. 448 (edizione italiana). Le api non soffrono il freddo se hanno le giuste scorte, soffrono invece moltissimo dell’umidità e delle correnti d’aria. A questo punto, visto che il ricambio d’aria è assicurato dal fondo, il trasporto dei residui all’esterno pressoché inutile, la porta di volo a tutta apertura diventa eccessiva e controproducente, infatti, tra l’altro impegna molte api nel servizio di guardia, conviene ridurla a quella che una volta si chiamava posizione invernale, corrispondente a circa 1/4 della larghezza dell’arnia, in questo modo è anche facilmente chiudibile per esigenze di trasporto con della spugna o gommapiuma. Per ulteriori dettagli e modifiche più avanzate vedi il paragrafo dedicato alla porticina di volo. Vi siete chiesti a che serve il portichetto delle arnie da nomadismo? Credo che non serva proprio a niente, indubbiamente è bello a


vedersi, ci siamo affezionati ma, tecnicamente è inutile, occupa più spazio, rende più pesanti e costose le arnie, ci riempie il magazzino di portelli. Occorre convincersi che la semplicità è funzionalità. PORTICINA DI VOLO: ULTERIORE MIGLIORAMENTO Naturalmente, come ogni cosa, anche questa inusitata porticina che andrò a descrivere ha una sua storia. Il mio maestro Bruno Pasi, passato a miglior vita alla veneranda età di 91 anni, lasciandoci molto di più di quanto egli stesso abbia trovato, mi ha insegnato a fare quello che la maggioranza degli apicoltori riteneva corretto e cioè, restringere la porticina di volo in inverno in posizione centrale per poi lasciarla a tutta apertura durante il periodo di attività in primavera-estate. Il criterio ha ovviamente i suoi punti di forza che sono: • miglior difesa in inverno dai predatori; • ampio spazio in primavera per la

pulizia dell’alveare, per il ricambio di aria e per il volo nei periodi di intensa attività. I punti di debolezza erano l’accumularsi dell’umidità, durante l’inverno, soprattutto sui fianchi dell’alveare a causa della scarsa circolazione d’aria, ed il deposito delle rosicchiature sul fondo sempre in direzione della apertura di volo centrale. Successivamente, all’inizio degli anni ottanta, a causa di una nuova esigenza anzi direi emergenza, l’ar-

rivo della Varroa, venne adottato il fondo di rete come mezzo per contrastare l’infestazione. Il fondo di rete a tutta apertura portò dei notevoli vantaggi sull’economia dell’alveare infatti attraverso le maglie della rete sfuggono via non soltanto le varroe cadute accidentalmente ma, anche l’umidità, l’anidride carbonica, le rosicchiature di opercolo, le briciole di polline. In poche parole l’ambiente alveare si mantiene più salubre e più pulito con meno lavoro da parte delle api ed inoltre, è assicurato l’indispensabile ricambio d’aria e quindi d’ossigeno per la respirazione. A questo punto la porticina a tutta apertura ha perso significato, il passo successivo quindi è stato il suo restringimento nella posizione “invernale“ ma, non centrale, bensì laterale ed esattamente a sinistra di chi guarda l’alveare. Questa posizione risulta particolarmente vantaggiosa in autunnoinverno perché induce le api a formare il glomere sul lato più soleggiato dell’arnia, la parete esposta ad ovest, ed è sufficiente al passag4/2019 | Apitalia | 31


AGENDA LAVORI. ISOLE diametro di 1,8 cm il cui perimetro, sviluppato in lunghezza, è di 1,8 x 3,14 x 3 = 16,9 cm, un’ampiezza più che sufficiente ad assicurare il passaggio agevole alle api anche in piena attività. La loro posizione deve essere tale che il loro centro deve corrispondere allo spazio interfavo dei primi quattro telaini, la distanza dal bordo superiore dell’arnia non deve superare i 10 cm cioè al limite tra la zona del miele e la covata; • oppure realizzare un ingresso alto 18 mm e largo 90 mm. Le api hanno la necessità, e così lo possono fare, di stare nella zona più calda dell’alveare e nello stesso tempo vicino alle provviste; contemporaneamente devono sorvegliare l’ingresso, misurare la temperatura esterna, smaltire l’umidità e l’anidride carbonica, eliminare le scorie. Tutte queste esigenze vengono soddisfatte dall’adozione sia del foro di ingresso in posizione alta DESCRIZIONE PER che del fondo di rete a tutta aperLA REALIZZAZIONE Per la trasformazione delle arnie in tura. col minimo sforzo possesso, abbiamo due possibilità: In più la posizione decentrata ed efficienza produttiva • praticare d’ingresso del dell’ingresso stimola la regina a e curatre delfori proprio prodotto gio delle api anche durante un intenso raccolto primaverile-estivo. Un ulteriore miglioramento della condizione generale dell’alveare è rappresentato dall’innalzamento della porticina (Foto pag. 35), che come ultimo passaggio per adesso, si è resa necessaria dopo avere constatato: • il ritardo con cui le api riprendono il lavoro al mattino, anche dopo che la temperatura esterna ha raggiunto il valore ottimale per il volo; • la difficoltà a controllare l’ingresso che rimane freddo e senza guardia durante la notte e nelle prime ore del giorno. Durante la notte le api seguono il calore verso la parte alta dell’alveare, al mattino, per raggiungere il predellino di volo, sono costrette ad attraversare la zona fredda inferiore dell’arnia; così, aspettando che il sole la scaldi, ritardano l’inizio del lavoro.

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deporre più vicino al lato caldo dell’alveare mentre le scorte in eccesso, sono sistemate sui favi della parte opposta e sono, se dovesse occorrere, facilmente recuperabili. RIEPILOGANDO La soluzione della porticina alta e decentrata risulta più congeniale all’attività delle api, agevolando: • il controllo dell’ingresso alle guardiane; • la percezione rapida del livello termico esterno; • l’uscita per il raccolto; • il contatto con le provviste anche in inverno • l’approvvigionamento d’aria; • l’utilizzazione del calore del sole pomeridiano. Tutto ciò si traduce in una maggiore efficienza dell’alveare con notevole risparmio d’energia a tutto vantaggio della produzione. Questa soluzione è stata adottata dall’autore a partire dal 1990 ed è diventata lo standard per le arnie dei soci di FAI Sicilia - Federazione Apicoltori Italiani. Vincenzo Stampa


RETROSPETTIVA

40 ANNI DI ASSAGGI

FINALE LIGURE TORNA AD ESSERE CAPITALE DELL’ANALISI SENSORIALE DEI MIELI

di Elena Molinelli

Ricordi e protagonisti del primo corso di analisi sensoriale del 1979.

E

ra il mese di Gennaio del 1979 quando a Finale Ligure (Savona) ebbe luogo il primo corso di analisi sensoriale applicata al miele, organizzato e tenuto in Italia dal professor Michel Gonnet, ricercatore presso

l’INRA (Istituto Nazionale della Ricerca Agronomica) di Montfavet (Francia). Fu lui che, insieme al collega professor Gabriel Vache, aveva messo a punto una tecnica che si avvaleva dell’esperienza in campo enologico adattandola al miele. Tali corsi nacquero per volontà della Cooperativa ApiRiviera e della Camera di Commercio, Artigianato e Agricoltura di Savona, entrambe capitanate dal compianto dottor Franco Ugo, figura prestigiosa che in quegli anni rivestiva anche l’incarico di Consigliere della Federazione Apicoltori Italiani per la Liguria. Ricordo chiaramente quella giornata, alla quale partecipai con grande entusiasmo. Eravamo in molti, provenienti da diverse parti della Penisola, accomunati dall’amore per l’apicoltura e affascinati da quella nuova disciplina, consapevoli di essere testimoni di un evento che avrebbe introdotto importanti cambiamenti in tutto il mondo apistico e, soprattutto, che avrebbe migliorato le modalità produttive e la qualità del miele italiano. Solo in seguito nacque l’Albo nazionale assaggiatori del miele, riconosciuto a livello ministeriale e che ancora oggi trova 4/2019 | Apitalia | 33


RETROSPETTIVA sede a Bologna presso l’ormai ex Unità di Apicoltura del CREA. Oggi, a distanza di quarant’anni, Finale Ligure è tornata ad essere la capitale dell’analisi sensoriale in Italia. Ospitare nuovamente un evento nazionale, legato all’analisi sensoriale del miele, testimoniando l’intenzione di “riportare a casa” questa disciplina ormai diffusa in tutto il Paese, riunendo in particolar modo coloro che a Finale Ligure si sono formati nel corso di tutti questi anni. È questo lo spirito che ha mosso me e l’Associazione ApiLiguria, in particolare con la sezione savonese di Finale Ligure: insieme a loro ci siamo occupati di progettare la giornata del 6 aprile 2019, realizzando finalmente un sogno che meditavamo già da molto tempo e nel quale io personalmente ho investito tutte le mie energie. A partire dallo scorso anno, insieme al gruppo di lavoro savonese di ApiLiguria (del quale faccio parte), guidato dai Responsabili di sezione Davide Artemisio e Andrea Boffa, abbiamo iniziato a lavorare per arrivare a proporre una giornata che potesse essere di

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interesse nazionale, aperta a tutti i membri iscritti all’Albo e non solo. Precursore di questo importante appuntamento è stato il corso di Introduzione all’Analisi Sensoriale del Miele tenuto con grande successo e una buona partecipazione proprio a Finale Ligure lo scorso novembre, presieduto dalla sottoscritta e volto a rilanciare la disciplina innanzitutto tra gli associati di ApiLiguria. È quindi con grande soddisfazione e con grande entusiasmo che ha ripreso vita presso l’Abbazia Benedettina di Finale Ligure, in occasione dei 40 anni dell’Analisi Sensoriale applicata al miele in Italia, un corso di aggiornamento per Esperti riconosciuto dall’Albo Nazionale aperto con priorità agli iscritti all’Albo ma anche a quanti hanno già frequentato almeno un corso e hanno deciso di aggiornare le proprie conoscenze in materia. Dopo l’aggiornamento i partecipanti hanno preso parte ad un pranzo conviviale presso l’Istituto Alberghiero “Migliorini” di Finale Ligure. Nel pomeriggio l’evento si è spostato all’interno delle mura di Finalborgo presso l’Auditorium Santa Caterina dove si è tenuto un

convegno aperto al pubblico (accompagnato da un buffet gratuito dove il miele è stato protagonista, offerto dall’Istituto Alberghiero “Migliorini”) con la presentazione della cronistoria dell’analisi sensoriale in Italia, un intervento riguardo l’importanza della disciplina nell’industria alimentare e un corso introduttivo all’utilizzo del miele in cucina. Sono intervenuti Alberto Tognoni (presidente ApiLiguria), Raffaele Cirone (presidente FAI-Federazione Apicoltori Italiani), il sindaco di Finale Ligure Ugo Frascherelli, Gianluigi Marcazzan e Roberto Colombo dell’Albo Nazionale degli Esperti in Analisi Sensoriale del Miele (docenti del corso di aggiornamento), Marco Vangelisti che ha parlato dell’importanza della disciplina nell’industria alimentare e Luigi Pezzano chef di spicco che ha curato la lezione sull’utilizzo del miele in cucina. Un ringraziamento particolare va a tutti i partecipanti che con il loro entusiasmo sono stati i veri protagonisti dell’evento. Elena Molinelli


ANTICHITÀ

LE API NEI BESTIARI

MONDI DOVE LE CREATURE SONO DESCRITTE PER CELEBRARE L’ONNIPOTENTE E PER CONVERTIRE di Angelo Camerini

“L’APE, CREATURA DI PICCIOLA APPARENZA E DI GRANDE

Foto it.wikipedia.org

FRUCTO”

I

l bestiario è un genere letterario didascalico che nasce nella tarda Antichità (tra il II e il IV secolo dopo Cristo), e che si sviluppa in tutto il Medio Evo. Nei bestiari sono descritti rocce, piante ed animali reali e fantastici, quasi sempre accompagnati da preziosi disegni miniati, con le loro caratteristiche, difetti e pregi. All’origine c’è il Physiologus (il Naturalista) (immagine sotto), un breve trattato scritto ad Alessan-

dria d’Egitto tra il II e il IV secolo d.C. da autore ignoto, che ebbe una grande diffusione e fu presto tradotto in siriaco e copto, in bulgaro ed alemanno e infine in latino da Rufinus di Aquileia. Qui sono descritte quaranta specie animali reali e fantastiche, alcune piante e alcuni importanti minerali, anche se ancora non c’è l’ape, che avrà un posto centrale in tutti gli Exultet, come ampiamente documentato su Apitalia (Camerini 6/1995, Camerini 2-3/1988, Barbattini Fugazza 7-8/2008). C’è il leone, il re degli animali, di cui si ammira il coraggio, la pantera dai sette colori, simbolo del Cristo, che attrae le anime dei fedeli con il suo profumo, e il drago, che rappresenta Satana. Nei Bestiari gli autori mostrano le caratteristiche delle bestie non per descriverle “scientificamente”, ma per celebrare Dio e per convertire. Da questo punto di vista risultano ai nostri occhi meno interessanti di uno scrittore come Plinio il Vecchio che nella sua Naturalis Historia dedica alle api ben quattordici pagine, qualcuna con notizie fantasiose ma molte altre di sicuro interesse. Delle sue conoscenze sulla propoli abbiamo parlato nel numero di gennaio di questa rivista. 4/2019 | Apitalia | 35


ANTICHITÀ

Foto it.wikipedia.org

Nel “Libro della Natura degli Animali” conosciuto come “Bestiario di Aberdeen” (immagine sopra), di autore ed epoca ignoti (forse del XII secolo), l’ape fa il suo ingresso come “una creatura di picciola apparenza e di grande fructo”, lodata per il miele e per la cera. La sua innata saggezza fa sì che, quando deve allontanarsi dall’alveare per scegliere i fiori da impollinare e dai quali raccoglie il miele, sigilla la sua celletta, in modo che la cera e il miele raccolti non vadano perduti “né vento né niuna altra cosa vi possa entrare che la guastasse, come l’uomo che quando esce di casa si assicura di aver chiuso bene la porta. Allo stesso modo dovrebbe comportarsi l’uomo: preoccuparsi di utilizzare i suoi cinque sensi in modo assennato e come l’ape sta attenta a chiudere la sua cella per non farvi entrare niente che possa rovinare i frutti del suo buon lavoro, così questi dovrebbe vedere, toccare, udire e assaggiare solo cose che lo conducano a ben parlare, operare e pensare”. 36 | Apitalia | 4/2019

La metafora dell’ape laboriosa continua indicando all’uomo le virtù di fede, speranza e carità, ed invitandolo a “schiffare la soperbia, l’avarizia e tutti li visii (i vizi) e peccati”. Ma quello che più può interessare anche all’apicoltore di oggi è l’accenno al miele raccolto e al fatto che né l’aria né il sole vi possano entrare e lo possano contaminare. Viene in mente quanto scriveva Eva Crane nel 1980: “L’oscurità contribuisce alla conservazione delle scorte del miele: la luce distrugge il perossido d’idrogeno contenuto nel miele, essenziale nella prevenzione della decomposizione batterica del miele prima che abbia raggiunto un contenuto di zuccheri sufficiente a svolgere la stessa funzione”. Le conoscenze apistiche del XII secolo parlano ancora a noi dopo quasi un millennio: ricordiamocelo, quando conserviamo nei nostri vasetti di vetro trasparente il miele, o lo esponiamo in vendita. Anche nel “Bestiario d’amo-

re”, scritto in francese nel 1252 da Richard de Fournival, le api occupano un capitolo centrale. Il poeta scrive che esse non possiedono udito, eppure quando uno sciame


abbandona tutto compatto un alveare, è perchè si lascia guidare dai fischi e dai canti. Sebbene le api non li sentano realmente “appare chiaro dalla perfezione della loro opera” quanto la natura di questi animali sia nobile e armoniosa: e se qualcosa di altrettanto armonioso, come la musica o la voce, passa loro accanto, esse non possono non “sentire”, non con l’udito ma con il tatto, perché l’armonia del canto è così perfetta e potente da essere capace di trasformare i sentimenti e di mutare la volontà”. È questo, dell’udito delle api, un argomento che molto intrigava già gli studiosi dell’antichità. Scriveva nella “Naturalis Historia” Plinio il Vecchio, poco prima di scomparire nell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. : “Esse amano il rumore degli applausi e il tintinnio del bronzo: si riuniscono a questo segnale, prova che hanno anche

Foto it.wikipedia.org

il senso dell’udito”. Ecco un altro esempio di come nel Medioevo insieme alla perdita delle capacità artistiche (le immagini delle api dei Bestiari sono belle ed affascinanti, ma mai precise come quelle dei Romani nei marmi dell’Ara Pacis, un tempo dipinti) ci fu un impoverimento delle conoscenze naturalistiche che Greci e Latini avevano mirabilmente sviluppato. Così oggi sappiamo che le api sentono benissimo il canto della regina in volo, che il lavoro sulle api va fatto in silenzio perché i rumori bruschi le disturbano, e che invece il rumore del motore di un camion o di un’auto, quando trasportano gli alveari o si fa nomadismo, tranquillizza le api. Sempre sull’udito delle api scriveva nel Bestiario “L’Acerba” Cecco d’Ascoli, poeta, medico e insegnante, arso vivo dall’In-

quisizione davanti a Santa Croce a Firenze nel 1327: “Se ciascuna de l’ape non ha audito, Al son perchè se posa? Di’ magistro che dubitando Y am se fa sentito: Dico eh’ ‘l sono pon l’aere in moto che per natura a Y ape è gran sinistro Non volano se è vento, e ciò è noto non per lo sòno ma per movemento che fa ne l’aere se posano l’ape che lor natura sempre teme ‘l vento Sono correcte da la lor signore (la regina) che morderte non po se tu la cape che nulla nel mal tempo va de fore”. L’Acerba (immagine al centro) è un Bestiario didattico che tratta di animali e pietre, scritto in 4685 endecasillabi (un’enormità) divisi in sestine, un’anticommedia visto che l’autore era in polemica con Dante e con la sua Divina Commedia, vista come la negazione della scienza vera. Infine va ricordato Bartolomaeus Anglicus, monaco francescano del XIII secolo, che dopo aver studiato a Oxford, insegnò a Parigi e in Germania. Scrisse nel 1242 il De Proprietate Rerum, dove descrive il re delle api, l’unico che non lavora, e il volo di questi insetti che col vento volano bassi e tengono tra le zampette un sassolino per non farsi trascinare via. Anche questa osservazione è tratta da Plinio, che aggiungeva che “le api portatrici sfruttano i venti favorevoli”. Resta il fatto che anche grazie ai compilatori dei Bestiari e agli amanuensi le conoscenze dell’antichità, alcune molto corrette, sono arrivate fino a noi. Angelo Camerini Etnologo 4/2019 | Apitalia | 37



FLORA APISTICA

QUEL GIALLO “SILPHIE”, DAL MIELE AL BIOGAS

PRODUZIONI DI MIELE E POLLINE IN QUANTITÀ, UNA COLTURA AD ELEVATA RESA BIOENERGETICA di Moreno Savegnago

ELEVATO INTERESSE APISTICO CON FIORITURE DA GIUGNO A SETTEMBRE

A

gritrade azienda che opera nel settore delle bioenergie rinnovabili, è una realtà giovane, dinamica, totalmente italiana, attiva su tutto il territorio nazionale, dove serve e supporta tecnicamente oltre 500 impianti a Biogas. Forte di uno spirito di valorizzazione del patrimonio ambientale, investe da sempre in attività di ricerca di colture alternative con una visione legata alla produttività, al costo e alla sostenibilità ecologica.

L’attenzione e l’esplorazione di esperienze virtuose in Italia e in altri Paesi Europei hanno portato l’azienda scaligera presieduta dal giovane e dinamico Simone Marzari a lanciare in esclusiva per l’Italia il Silphium perfoliatum, una coltura bioenergetica altamente produttiva e in grado di offrire numerosi benefici all’ambiente, tra i quali sicuramente spicca il suo interesse apistico, in quanto eccellente mellifera. Tre anni fa, alcuni consulenti ci

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FLORA APISTICA parlarono di questa coltura che si stava iniziando ad utilizzare in Germania. A Ferragosto di quell’anno venne organizzato un tour esplorativo per incontrare di persona chi la stava sperimentando, rimanemmo molto colpiti e decidemmo di intraprendere il percorso per poterla introdurre in Italia. Ci sono voluti tre anni, ma oggi, finalmente, abbiamo l’esclusiva per la distribuzione del seme non solo a proprietari di biodigestori, ma a tutti gli agricoltori e apicoltori con una visione “ecofriendly” a salvaguardia della fertilità del suolo e della biodiversità faunistica e floristica, che precorrono l’obiettivo di consentire la ricostituzione della biocenosi terricola ed il ripopolamento degli insetti pronubi essenziali per la fecondazione di tutte le colture entomofile, e a vantaggio primario er l’ape mellifera ligustica. Tra le principali caratteristiche del Silphium perfoliatum vi è il suo valore ecologico-ambientale. Questa coltura è in grado di assorbire importanti quantità di CO2 anche grazie all’apparato radicale molto sviluppato, con radici che si propagano in profondità fino a 150-200 cm organicando circa 11 tonnellate di CO2 nella parte ipogea (le radici) che permettono ogni anno la formazione di 5 tonnellate di humus per ettaro di coltivazione. Essendo una coltura pluriennale che non richiede frequenti lavorazioni con macchine agricole, incentiva l’ulteriore riduzione di emissione di CO2. Inoltre, grazie al suo alto potenziale mellifero, Silphie rappresenta una 40 | Apitalia | 4/2019

soluzione concreta per contrastare il declino degli insetti impollinatori, indispensabili nell’ecologia del mondo intero e la cui salvaguardia è oggi un tema molto sentito e dibattuto. Negli ultimi anni è cresciuto drammaticamente l’allarme sulla loro riduzione, in gran parte associata, a detta della scienza, alle pratiche agricole industriali, alla distruzione dell’habitat e all’eccessivo uso di insetticidi e pesticidi. A rafforzare la scelta pionieristica dell’azienda, il fatto che oggi il Silphium perfoliatum è riconosciuta tra le colture EFA: la sua semina, infatti, è ammessa nel 5% dei terreni a vocazione ecologica che tutte le aziende agricole con una

superficie superiore ai 15 ettari, devono avere per legge e che spesso, per mancanza di competenze, restano incolte o improduttive. Grazie al Silphium perfoliatum, quindi, oggi le aziende agricole possono contare su un’alternativa nel contempo ecosostenibile, produttiva e redditizia: tutte le aziende agricole che si legano al contributo EFA, grazie al Silphie potranno valorizzare anche su questo 5%, favorendo in questo modo la comunicazione tra filiere e professionalità diverse. Mentre per chi ha già fatto la scelta dell’agricoltura biologica, il Silphie rappresenta un’ulteriore opportunità a sostegno di un’economia circolare.


Foto www.llh.hessen.de

Dal punto di vista botanico, il Silphie, Silphium perfoliatum, appartiene alla famiglia delle Asteracee o Composite, originaria del Nord America. Si presenta come una margheritona gigante mellifera, ha un ciclo colturale pluriennale (oltre i 10 anni, ma può arrivare anche ai 20), nel primo anno forma una rosetta basale, dal secondo anno può raggiungere i 3,50 metri; ogni pianta emette dalle gemme basali da 3 a 20 steli quadrangolari, che portano ciascuno fiori gialli disposti in capolini, in fioritura continua tra Giugno e Settembre, in un periodo in cui sono presenti poche specie erbacee in fioritura, in

quanto vengono prevalentemente sfalciate a fioritura incipiente, per la produzione di foraggi. Invece il Silphie viene trinciato una sola volta all’anno a fine fioritura, rendendo disponibili tutto il suo nettare e il polline per l’intero ciclo fiorale. Le foglie sono molto grandi, triangolari, con margini dentati, concresciute a formare una sorta di coppa che trattiene l’acqua, utile per insetti ed uccelli. Per questo è chiamata “Cup Plant”. L’apparato radicale è molto sviluppato, fittonante, con radici che scendono in profondità nel terreno fino a 2 metri, caratteristica fondamentale per il naturale ap-

provvigionamento dell’acqua. Per questo si adatta a terreni di tutti i tipi, che però, almeno nel primo anno, finché le piantine non si sono affrancate e le radici sviluppate adeguatamente, deve avere una buona disponibilità di acqua, 400-500 mm/anno tra quella piovana e quella di irrigazione. Quindi è molto rustica, si adatta anche a terreni marginali, di golena, irregolari, collinari o montani; può essere utilizzata per ricostituire una corretta struttura e fertilità in suoli poveri di sostanza organica, per contenere l’erosione del terreno dovuta a precipitazioni o esondazioni e anche per bonificare aree ex-industriali. Epoca e modalità di semina: consigliata tra inizio Aprile e fine Maggio. Avendo semi molto leggeri (13-15 g per 1000 semi) è necessario preparare un letto di semina molto fine, livellato e rinettato dalle malerbe; la densità è di 22 semi per metro quadrato, con profondità non superiore a 1 cm. Irrigare subito dopo la semina, possibilmente a pioggia, per favorire la completa germinazione. Si consiglia di concimare durante la preparazione del terreno con fertilizzante organico o con il digestato naturale prodotto dai biodigestori, che è molto bilanciato per composizione e ha un ottimo potere ammendante. Negli anni successivi è possibile concimare durante la stagione invernale, dopo la trinciatura che permette di raccogliere circa 60-80 tonnellate di biomassa per ettaro, fino a quando non si ha la 4/2019 | Apitalia | 41


FLORA APISTICA ripresa vegetativa dei germogli a fine inverno/inizio primavera. CARATTERISTICHE MELLIFERE, POLLINIFERE E QUALITÀ DEL MIELE E DEL POLLINE Dalle esperienze degli apicoltori tedeschi che hanno posto circa 400 arnie nei terreni coltivati a Silphie, possiamo riportare alcuni dati di riferimento: le api sono state suddivise su 3-4 colonie per ettaro, con produzioni da 15 a 25 kg di miele per colonia, ma ci segnalano in altri contesti anche produzioni di 150 kg per ettaro. La resa in polline è stata di 8-10 kg per colonia. Con il passare degli anni e il maggior sviluppo radicale, le rese di miele e polline diventano molto buone e le fioriture sono sempre più indipendenti dalle precipitazioni. Lo sviluppo delle colonie di api è stato costantemente molto buono e le api hanno avuto una media di 5 bellissime covate quando sono sciamate, che è molto buono per lo svernamento. Le colonie di api del Silphie erano forti nel periodo invernale e avevano molte api giovani. La qualità dei pollini, dal punto di

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vista dei valori nutrizionali e del sapore è molto buona. Il miele del Silphie ha un sapore fruttato con una nota leggermente acidula. Durante il periodo della fioritura si è potuta osservare in mezzo al Silphie una miriade di insetti, dalle farfalle ai bombi, api selvatiche di molte specie, aspetto che dal punto di vista entomologico è estremamente positivo. Silphie è anche un fiore bello da vedere tanto che al Nord, dove la sua coltivazione è già ampiamente diffusa, viene utilizzato anche come decoro paesaggistico.

In Svezia è stato coniato l’hashtag #selfiemitsilphie, collegato ad iniziative che hanno coinvolto adulti e bambini, con l’obiettivo di diffondere un approccio sempre più rispettoso e consapevole nei confronti della natura. Il nostro compito in questo secolo è quello di riuscire a modificare in maniera sostanziale l’impatto dell’uomo sulla natura. Ricerca, cultura e conoscenza sono nostri alleati e noi cerchiamo, in maniera coerente, di lasciare alle generazioni future un ecosistema virtuoso. Moreno Savegnago


BIOLOGIA

DENTRO IL MULTIBIOMA: ECOSISTEMA INTESTINALE

PROSEGUE IL VIAGGIO NEL TRATTO DIGESTIVO DELLE API di Gianni Savorelli

Titolo originale del lavoro

Foto Susanne Pälmer

Multibioma, dieta, permeabilità dello stomaco, successo dei patogeni infettanti. Come quel che si mangia in relazione alla presenza microbica nel tratto digestivo determina vulnerabilità nei confronti dei patogeni

DISTINGUERE AMICI E NEMICI: UNA SFIDA VISCERALE Il sistema immunitario intestinale è in grado di distinguere commensali da microorganismi patogeni, almeno entro limiti ragionevoli (ragionevoli al punto di permetterci di essere ancora vivi al 2019). L’ospite riesce a percepire il commensale in maniera differente dal patogeno anche quando questo ha apparentemente le stesse molecole immunostimolatorie e produce lo stesso stato infiammatorio nelle barriere intestinali: è dunque una

questione di dettagli molto sofisticati, come distinguere da lontano due gemelle monozigoti. Molti studi hanno mostrato che questa “condizione di empatia” verso i commensali è importante per lo sviluppo di funzionalità biologiche di diverso tipo e di capacità immunitarie. In normali condizioni, il sistema immunitario è istruito dal microbiota commensale a non rispondere alla percezione degli antigeni segnali tipici (come se un uomo trovasse un paio di calzini in terra in casa sua, ma non si turba), prodotti dai commensali stessi: ovvero il sistema immunitario dell’ospite riconosce come alleati i commensali e ne accetta volentieri la compagnia ovvero le sostanze da loro prodotte. Un po’ come se una pattuglia in perlustrazione riconoscesse in lontananza dalle movenze e dalle vestigia una presenza amica con del cibo per sfamare il gruppo. La più importante differenza che distingue i patogeni dai commensali è appunto la loro interazione “intima” con l’ospite che consiste in una discreta quantità e varietà di sostanze biochimiche. Nell’intestino un processo di infezione abitualmente inizia con l’adesione del 4/2019 | Apitalia | 43


BIOLOGIA microbo alle cellule intestinali che compongono la mucosa, la superficie dell’intestino. Dopo essere riusciti ad ancorarsi, i batteri patogeni producono sostanze che vengono rilasciate nei paraggi o all’interno delle cellule le quali sostanze risultano incompatibili con le caratteristiche dell’ospite (virulenza) producendo danni. I patogeni invasori hanno a questo punto necessità di resistere alle difese immunitarie dell’ospite prodotte in risposta, sopravvivere alla fagocitosi e attraversare le barriere epiteliali per stabilire infezione più in “profondità”. A seconda di quali difese e per quanto tempo il patogeno riesce a superarle viene ad essere determinata la gravità della patologia. L’ospite può venirne a capo in breve tempo, ma può anche non riuscire a farlo soccombendo all’infezione e trovando la morte. Certi componenti del microbiota hanno mostrato di produrre situazioni infiammatorie nell’ospite mentre altri hanno, al contrario, mostrato capacità di ridurre l’entità delle infiammazioni. È stato osservato che cambiamenti nell’abbondanza relativa di certi gruppi di batteri e l’inconsueta risposta del sistema immunitario conducono ad evento patologico. È stato osservato anche l’opposto, in cui l’introduzione di un certo tipo di batteri riporta all’omeostasi immunitaria (equilibrio e assenza di evento patologico). I commensali appartenenti al microbiota mantengono l’integrità delle cellule epiteliali non subendo danni dagli antimicrobici presenti, stimolano in esse la secrezione di muco e peptidi antimicrobici con44 | Apitalia | 4/2019

tribuendo così al mantenimento di un livello stazionario di base di difesa nell’ospite: in pratica i commensali stimolano difese che non sono dirette nei loro confronti nè - più di tanto - verso di loro efficaci. La riuscita di questo giochetto dipende molto dal tipo di dieta ingerita dall’ospite, che è quella che determina quel che i batteri possono mangiare e da ciò produrre e quanto essi possono proliferare, in relazione a quanto e cosa hanno mangiato. Ne consegue che la dieta è elemento di selezione dei batteri commensali. Questo concetto prende il nome di probiosi. Ovviamente vi sono delle cellule, verosimilmente specifiche per ogni tipo di ospite, capaci di analizzare tutti i “segnali chimici” che derivano dalla presenza del multibioma. Banalizzando, un pezzo di “pelle” di batterio staccatasi, “scarti di lavorazione” del metabolismo dei batteri oppure i

prodotti finiti e pregiati correlati alla loro attività e replicazione, i cosiddetti metaboliti secondari. Le cellule dell’ospite deputate al riconoscimento e alla valutazione dei “soggetti” presenti nel multibioma si trovano a dover fare una valutazione sulla base di quello che percepiscono e prendere adeguate misure di gestione della situazione. Ovviamente e non di rado prendono cantonate o disfunzionano. Ad ogni modo la continua sorveglianza del microambiente dà luogo ad un coordinato bilanciamento di tolleranza immunitaria nei confronti dei microbi che non producono effetti spiacevoli mentre esprime (o tenta di farlo) consistenti difese nei confronti di quelli che producono effetti spiacevoli. LA PERMEABILITÀ DELLO STOMACO Il tratto gastrointestinale è considerato la più larga superfice corpo-


rea in contatto con l’ambiente sia per l’uomo che per molti altri esseri: non deve risultare pertanto strano che più del 70% della competenza immunitaria sia espressa in questa zona. La mucosa dello stomaco costituisce una barriera che svolge un ruolo importante nella selezione dei fattori presenti nel lume intestinale ai quali permettere l’ingresso all’interno del corpo e di quelli ai quali si vorrebbe che l’ingresso fosse proibito per il pericolo che possono costituire. La permeabilità cellulare dello stomaco a nutrienti e microbi è determinata da particolari proteine. Esse sono organizzate in sistemi che tramite contrazioni aumentano la permeabilità, ovvero allargano gli spazi attraverso i quali possono passare per entrare nel corpo elettroliti e piccole molecole. Sembra che alcune molecole prodotte dai componenti del multibioma riescano ad avere ingerenza su questo sistema stabilizzandolo. Componenti batteriche risultano anche in grado di produrre modificazioni della funzionalità delle cellule epiteliali. Pare che “porte strette” o “porte larghe” siano anche cor-

relate ai segnali che arrivano dalle sentinelle e dalle pattuglie in perlustrazione. Il lavoro “The role of immunomodulators on intestinal barrier homeostasis in experimental models” di Andrade M.E.R. et al., definisce il termine “barriera intestinale” come l’abilità dell’epitelio intestinale di separare le sostanze presenti nel “sacco” costituito dall’intestino, dal resto del corpo dell’essere biologico, proprietario dello stomaco. Detto epitelio in aggiunta alla funzione di assorbimento dei nutrienti, gioca un ruolo consistente nella risposta immunitaria, e ciò è logico essendo di fatto la “prima linea” a contatto col nemico e con soggetti da identificare e classificare. Le cellule dell’epitelio permettono un ristretto passaggio di antigeni dal lume intestinale, in conseguenza di un attraversamento trans-cellulare verso siti extra-intestinali. Questo processo è noto come traslocazione batterica (BT). Un soggetto sano presenta un basso livello di traslocazione batterica e questa produce un’attivazione di base del sistema immunitario. Se però la barriera intestinale risulta danneggiata, il

risultato è un incremento della permeabilità intestinale e con ciò della traslocazione batterica attraverso la mucosa intestinale, il che produce fra l’altro infiammazione sistemica, l’attivazione immunitaria e sepsi (ad un aumento della permeabilità intestinale fa sempre seguito un fenomeno infiammatorio, correlato ad attivazione immunitaria e a sua volta ad una possibile infezione detta “sepsi”). In questo tipo di contesto è stato possibile mostrare come i nutrienti siano dotati di effetto immunomodulatorio. In parallelo, anche il multibioma commensale è risultato dotato di capacità immunomodulatorie ovvero si è mostrato in grado di riparare i danni presenti sulle barriere intestinali dopo che qualcosa li aveva prodotti. Aminoacidi, acidi grassi e probiotici sono quanto di più coinvolto. Gianni Savorelli

FINE 3A PARTE la 2a è stata pubblicata sul n. 3/2019

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RICERCA

LOTTA INTEGRATA PER IL CONTROLLO DELLA VARROA

LE BIOTECNICHE SONO MISURE PREVENTIVE PER EVITARE DI INTERVENIRE DURANTE IL RACCOLTO di Marco Lodesani, Raffaele Dall’Olio, Simone Franceschetti INTRODUZIONE empre più spesso si trova evidenza, nel periodo autunnale, di cospicue reinfestazioni di acari. La spiegazione più plausibile per il rapido - e talvolta drammatico - incremento di acari nel periodo autunnale, dando per scontata l’efficacia dei trattamenti, è il trasferimento di varroe tramite bottinatrici. La spasmodica ricerca di provviste per l’inverno in questo periodo, provoca il trasferimento dei parassiti dalle colonie deboli a quelle più forti, siano esse allevate o sciami non gestiti nei dintorni (Sakofski et al., 1990; Frey et al., 2011). Il tasso d’infestazione di un apiario è correlato alla densità di colonie nell’area circostante, sino a una distanza 1,5 km. (Sakofski et al., 1990; Greatti et al. 1992; Goodwin et al. 2006; Frey et al., 2011). Anche la capacità di ritorno al proprio nido (homing) viene in parte compromessa quando le bottinatrici sono parassitizzate e questo causa un inevitabile fenomeno di deriva con spostamenti di acari da colonie infestate ad altre dei dintorni (Kralj e Fuchs 2006).

S

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Come conseguenza, la stagione successiva si osserverà un rallentato sviluppo della famiglia e si renderà necessario anticipare gli interventi estivi, magari nel mezzo di fioriture, per evitare che la popolazione degli acari, unitamente agli effetti della trasmissione virale operata dalle stesse varroe, rag-

Titolo originale del lavoro

Tecniche di lotta integrata alla

varroa effettuate a fine inverno”

Risultati di una ricerca della migliore tecnica preventiva per la riduzione dei livelli d’infestazione durante la stagione attiva per arrivare a fine stagione con dei tassi d’infestazione più contenuti

Figura 1 - Gabbietta Mozzato (1) e posizionamento sul favo (2). Gabbia portafavo GB con griglia escludi regina (3 e 4).


giungano un livello capace di compromettere la normale efficacia della risposta immunitaria delle api (Yang e Cox-Foster 2005). La continuità di covata che sempre con maggiore frequenza perdura anche nei mesi invernali perfino a latitudini superiori alle nostre (McArthur, 2011), consentendo il ciclo riproduttivo degli acari, complica il quadro sanitario. Dell’ingabbiamento estivo si è già scritto molto. Di quello invernale/primaverile si incominciano ad avere i primi risultati positivi ma se ne conoscono anche i rischi (Raffinetti & Gotti, 2014a-b; Carrelli, 2016): non sapendo infatti con il dovuto anticipo il periodo esatto della maggiore fioritura primave-

rile (acacia nel nord Italia) - negli ultimi anni anticipata anche di 2-3 settimane rispetto alla media degli ultimi 50 anni – si rischia di arrivare con colonie non pienamente sviluppate nel momento di quello che dovrebbe auspicabilmente essere il più redditizio raccolto annuale. È indubbio che iniziare la stagione apistica con colonie “pulite” dalle possibili reinfestazioni tardo autunnali, rappresenti la condizione ideale. Nei mesi di attivo bottinamento infatti le colonie non sono propense a saccheggiare (a meno di eventi “scatenanti” ad opera dell’apicoltore incauto); si può quindi presumere che se si è stati bravi nel livellare le colonie ad un bassa infestazione alla fine della stagio-

ne precedente, potremo gestire la profilassi sanitaria dell’allevamento con una maggiore uniformità e diminuire il rischio di trovarsi a dover intervenire d’urgenza nel mezzo di un raccolto (o, ancora peggio, in assenza di raccolto) o di avere in apiario colonie dal destino compromesso adiacenti ad altre ancora sane. D’altra parte sempre più spesso i raccolti primaverili sono in pericolo a causa dei mutamenti climatici (fioriture precoci non in sincronia con lo sviluppo degli alveari, piogge abbondanti e ritorni di freddo), per cui il bilancio dell’azienda apistica oggi conta anche su raccolti tardivi, con la necessità di ritardare il trattamento estivo: se l’infesta-

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RICERCA zione era elevata o comunque difforme già all’inizio della stagione, il rischio sanitario aumenta enormemente a stagione avanzata. La presente sperimentazione vuole portare un ulteriore contributo alla lotta al parassita, proponendo un metodo in grado di livellare al minimo il tasso d’infestazione delle colonie all’inizio della stagione attiva, valutandone le conseguenze sulle colonie durante la stagione primaverile. METODOLOGIA SPERIMENTALE Per questa prova sono state utilizzate 30 colonie di Apis mellifera ligustica (Spinola, 1806) collocate nell’apiario CREA di Reggio Emilia. Le api regine appartenevano ad un’unica linea di selezione, accoppiate in un unico areale di fecondazione in uno stesso anno. Preparazione delle colonie Nel mese di settembre dell’anno precedente la prova, le colonie sono state bilanciate come forza e scorte mediante il metodo di valutazione di Liebefeld (Imdorf et al. 1987) seguendo le procedure raccomandate dal Beebook di COLOSS (Delaplane et al 2013); ad ognuna è stato introdotto un favo con gabbia Mozzato. Nel mese di ottobre, le regine sono state ingabbiate per 22 giorni e successivamente - in assenza di covata - è stato eseguito un trattamento gocciolato con soluzione zuccherina di acido ossalico (Apibioxal, secondo indicazioni) al fine di rimuovere la maggior parte degli acari. L’efficacia del trattamento è stata confermata mediante 4/2019 | Apitalia | 48

Figura 2 - Curva di sopravvivenza (cumulativa) e risultati del test di laboratorio sulle api dei tre gruppi: linea blu: gruppo ‘C’, linea rossa gruppo ‘M’, linea verde gruppo ‘F’. Il test statistico (Kaplan-Meier) rivela differenze altamente significative (P<0,01) tra il controllo e due trattamenti e significative (P<0,05) tra i due trattamenti ‘M’ ed ‘F’.

Figura 3 - Curve di crescita della popolazione delle api adulte nei tre gruppi sperimentali. L’analisi statistica per misure ripetute (Repeated Measurement ANOVA) non rivela differenze significative tra i gruppi sperimentali.

metodo ZAV una settimana dopo il trattamento (Beebook di COLOSS - Dietmann et al 2013). Durante la prima settimana di novembre ad ogni colonia sono state aggiunte 15 varroe adulte raccolte utilizzando zucchero a velo som-

ministrato ad una colonia “donatrice” appositamente non trattata collocata in altro apiario (metodo descritto da Lodesani et al nel J. Appl. Ent., 2002); le colonie sono quindi state invernate e non più visitate sino all’inizio della prova.


Figura 4 - Curve di crescita relative alle celle di covata nei tre gruppi sperimentali. L’analisi statistica per misure ripetute (Repeated Measurement ANOVA) non rivela differenze significative tra i gruppi sperimentali.

Figura 5 - Numero medio di varroe rilevate alla fine del periodo sperimentale (agosto) nei tre gruppi sperimentali. Lettere diverse indicano differenze significative con P<0.05 (ANOVA).

Formazione dei gruppi e trattamento Alla fine di febbraio dell’anno successivo le colonie sono state suddivise in tre gruppi omogenei di 10 colonie ciascuno, gestiti come descritto a seguire (si veda in merito Figura 1):

Dopo 21 giorni le regine dei gruppi M e F sono state liberate dalle gabbie; nel gruppo F, i favi contenenti covata opercolata sono stati rimossi e congelati a -20°C e successivamente ispezionati per quantificarne l’infestazione. Nei gruppi M e F è stato somministrato un trattamento con acido ossalico identico a quello effettuato ad Ottobre dell’anno precedente. Nel cassettino sotto il fondo a rete è stato inserito un foglio adesivo per la conta degli acari caduti. I fogli sono stati periodicamente sostituiti per 10 gg. Longevità delle api nei gruppi Al 19° giorno d’ingabbiamento, da ogni colonia dei tre gruppi sono state prelevate 20 api operaie raccolte da favi esterni, al fine di eseguire un test di sopravvivenza in condizioni di laboratorio; le operaie sono state inserite in gabbiette da termostato di misura 10 × 10 × 20 cm e mantenute a 33° C, 70% RH, al buio; ogni gabbia è stata fornita con alimentatore di gravità con somministrazione ad libitum di una soluzione di saccarosio al 50% p/v. La mortalità individuale è stata registrata giornalmente per le quattro settimane successive.

Valutazioni post-trattamento Durante tutta la stagione attiva • Gruppo C (controllo, (rispettivamente a 19, 41, 67, 96 e nessun ingabbiamento); 119 giorni dopo il termine dell’in• Gruppo M (regina imprigionata gabbiamento), tutti gli alveari sono su di un favo in gabbia modello stati ispezionati per stimarne lo Mozzato); sviluppo: api, covata, miele e pol• Gruppo F (regina in gabbia porta line sono stati valutati (metodi favo modello GB). Imdorf et al., 1987; Delaplane et 4/2019 | Apitalia | 49


RICERCA al., 2013). La quantità di miele raccolto è stata valutata misurata mediante pesatura dei melari. Essendo il miele di acacia il raccolto più importante per la maggior parte degli apicoltori, la produzione di questo miele è stata registrata separatamente. Dopo l’ultima rimozione dei melari a fine luglio tutte le regine delle colonie dei tre gruppi sono state ingabbiate (Mozzato) e dopo 25 giorni è stato effettuato un trattamento di acido ossalico per gocciolamento (lo stesso utilizzato all’inizio dell’esperimento); il numero totale degli acari caduti su fondo diagnostico è stato registrato nelle tre settimane successive al trattamento. Il calendario complessivo delle operazioni effettuate è riassunto in Tabella I.

Tabella I - Calendario delle operazioni nel corso della sperimentazione

RISULTATI Longevità La longevità media delle api in gabbietta in condizioni di laboratorio è stata di 22.7±1.1 giorni per gruppo ‘C’, 24.5±0.9 giorni del gruppo ‘M’ e 25.0±0.9 giorni per gruppo ‘F’. L’analisi della curva di sopravvivenza (Figura 2) eseguita con il test Kaplan-Meier ha confermato differenze altamente significative fra i gruppi ‘M’ ed ‘F’ Tabella II - Numero medio di celle totali di covata allevata dalle colonie dei tre gruprispetto al ‘C’ (P<0.01). Anche fra pi da Febbraio sino alla fine di Luglio (somma delle singole misurazioni durante i i due gruppi con le regine ingab- controlli stagionali); quantità media di miele prodotta dalle colonie dei tre gruppi durante l’intera stagione apistica. biate c’è differenza statisticamente significativa con longevità di ‘F’ delle api nel gruppo ‘C’ = 6300±598, la varianza tra i gruppi (one-way maggiore di ‘M’ (P<0,05). nel gruppo ‘M’ = 6200±290 e in ‘R’ ANOVA) non ha rivelato differen= 6625±274. Il test di Shapiro- ze significative tra i gruppi. Sviluppo delle colonie Wilk ha rivelato una distribuzione Il numero medio degli acari cadue del livello d’infestazione All’inizio del test il numero medio normale nei gruppi; l’analisi del- ti dopo il trattamento acaricida di 50 | Apitalia | 4/2019


fine di febbraio era 5.3±1.14 nel gruppo ‘M’ e 3.6±1.01 nel gruppo di ‘F’. Tali differenze, statisticamente non significative, sono ulteriormente ridotte considerando che nel gruppo con l’asportazione del favo di covata (‘F’), una media di 2680±400 celle di covata opercolata (min 800, max 4000) con un livello medio di infestazione medio dello 0,082%±0.035 è stata asportata pre-trattamento. La Figura 3 mostra l’andamento di crescita di api adulte, covata, polline e miele per ogni gruppo. L’analisi della varianza per misure ripetute sull’intera curva di crescita, non ha messo in luce alcuna differenza statisticamente significativa. Approfondendo l’analisi statistica separando i dati per ogni momento di controllo (da t=19 a t=119) risultano differenze significative fra i gruppi a t = 19 sia per numero di api adulte che per quantità di covata con ‘C’ maggiore di ‘M’ ed ‘F’. Per quel che riguarda la presenza di scorte di miele e polline nel

nido durante l’intero periodo, non è emersa alcuna differenza significativa tra i gruppi. Al termine della prova (fine luglio), durante le operazioni d’ingabbiamento, la forza della colonia espressa come quantità di api e covata presente è risultata comparabile tra tutti e tre i gruppi. Il valore medio del totale delle celle di covata riscontrata ad ogni controllo per ognuno degli alveari di ogni gruppo, durante l’intero periodo della prova, è riportato nella Tabella II. Le differenze tra i gruppi non sono risultate significative da un punto di vista statistico (One-way ANOVA F=0.491; P>0.05). Produzione di miele La produzione media totale dei gruppi è stata di 47.55±6.02 kg per ‘C’, 46.80±4.39 kg per ‘M’ e 51.62±5.78 kg per ‘F’ (Tabella II); I valori ottenuti nei tre gruppi non sono significativamente diversi tra loro. Per quel che riguarda la pro-

duzione del solo miele d’acacia i valori medi sono stati di 10.5±1.94 kg per ‘C’, 8.3±2.46 kg per ‘M’ e 11.0±1.75 kg per ‘F’. Anche per il miele di acacia le differenze riscontrate tra i gruppi risultano statisticamente non significative. Livello d’infestazione al termine della prova Il livello medio di infestazione nei tre gruppi alla fine della sperimentazione è stato di 1846±354 varroe nel gruppo ‘C’, 725±117 in ‘M’, 1417±321 nel gruppo di ‘F’ (Figura 4). L’analisi della varianza (F = 4.154 P<0.05) e il test post-hoc di Bonferroni hanno rivelato differenze significative tra il gruppo ‘C’ e il gruppo ‘M’ (P<0.05). DISCUSSIONE Recentemente vari autori (Nanetti et al. 2012; Pietropaoli et al, 2012; Lodesani et al. 2014; Nanetti et al. 2016; Gregorc et al. 2017) hanno dimostrato che un trattamento con acido ossalico in combinazione

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con un blocco artificiale di covata è una buona strategia di controllo dei livelli d’infestazione durante la stagione attiva. In questo studio si è dimostrato che all’inizio della stagione la soppressione dell’ovodeposizione è più efficacie del metodo del favo trappola nel contenimento dell’infestazione. In condizioni di laboratorio, sia l’interruzione di covata che il favo trappola aumentano la longevità delle operaie rispetto al gruppo di controllo. Questa maggiore sopravvivenza potrebbe essere attribuibile al minor carico di lavoro a cui sono state sottoposte (accudimento della covata) come già riscontrato, in prove diverse, da Amdam et al. (2009). Inoltre, la maggiore longevità nel gruppo ‘F’ rispetto al gruppo ‘M’ può essere giustificata dall’effetto ‘trappola’, cioè dalla diminuzione del carico di acari sulle api adulte, con tutte le conseguenze che questo comporta, inclusa la minore diffusione di virus veicolati dalla Varroa. L’effetto sinergico della prolungata assenza di covata ricettiva proprio nel momento della ripresa e la presenza di residui di acido ossalico potrebbero aver causato effetti negativi nel comportamento riproduttivo degli acari sopravvissuti 52 | Apitalia | 4/2019

Foto Umberto Vesco

RICERCA

(comunicazione personale, Nanetti A., 2017). Altri fattori come la minore attitudine riproduttiva degli acari nei primi cicli di covata (Al Ghzawi, 1992) e la prevalenza di accoppiamento incestuoso all’inizio della stagione (Beaurepaire et al, 2017) potrebbero aver contribuito in qualche modo alla ridotta crescita della popolazione degli acari sopravvissuti ai trattamenti. Non è da escludere che ulteriori fattori, ad oggi non noti, possano aver indotto un effetto cronico o subletale negli acari sopravvissuti. Riguardo allo sviluppo delle colonie nella stagione apistica, la minor popolazione di api nel primo controllo (giorno 19 dal trattamento) nei due gruppi trattati rispetto al controllo era ovviamente attesa: entrambe le manipolazioni hanno influenzato lo sviluppo delle colonie nella fase iniziale, rafforzando però in tal modo la “robustezza statistica” dei dati raccolti nel proseguo della stagione. Infatti, a 40 giorni circa dal trattamento, nel pieno dei raccolti primaverili, le colonie trattate avevano completamente recuperato la differenza arrivando, già dopo il secondo controllo, ad un incremento del numero di celle di covata tale da superare il gruppo ‘C’ testimone (Figura 3).

Questa differenza, associata alla maggiore longevità riscontrata nelle api dei gruppi trattati ed unitamente ad una prolungata “sanificazione” delle covate, potrebbe potenzialmente portare ad un aumento della capacità di raccolto tardo estivo stante la maggiore longevità delle bottinatrici generate in condizioni di bassa infestazione. La quantità totale di covata allevata dalle colonie dei tre gruppi nell’intero periodo del test, indica chiaramente la capacità dei gruppi trattati di recuperare il gap iniziale provocato dall’interruzione della deposizione, in un lasso di tempo di due cicli di covata. Pur essendo già ampiamente accettati ed utilizzati dagli apicoltori italiani, i vari metodi di interruzione della deposizione al fine di aumentare l’efficacia del trattamento con composti organici sono ancora dibattuti a causa di presunte complicazioni e incognite quali ad esempio il tempo necessario per attuarli e il blocco nella crescita della popolazione. Queste considerazioni decadono se collocate nel periodo considerato nella prova descritta in quanto individuare la regina a fine inverno è un’operazione molto più veloce rispetto a quella richiesta in altri periodi dell’anno e, du-


rante questo studio, nessuna regina è stata persa; inoltre la quantità di covata e di miele prodotti dai gruppi sottoposti a trattamento non è stata inferiore rispetto al gruppo di controllo. Il gruppo ‘M’ (regina ingabbiata in gabbia Mozzato) è risultato essere quello più efficace nel contenimento della parassitosi ed aggiunge un’ulteriore alternativa al contenimento della parassitosi soprattutto per coloro con strategia aziendale più orientata verso raccolti estivi. Le nostre osservazioni si sono fermate a fine di luglio, periodo in cui termina la stagione di fioritura in buona parte del nord d’Italia, per evitare che fenomeni di saccheggio potessero inficiare la prova; in ogni

caso, il trend crescente dei parametri raccolti lasciano ipotizzare un promettente sviluppo anche per il resto della stagione estiva. Da rimarcare che a fine prova, nel mese di agosto, il numero di acari nel gruppo ‘M’ era meno della metà del gruppo di controllo! Ulteriori verifiche andrebbero compiute a diverse latitudini e ripetendo la prova in annate diverse. Tuttavia, nei tempi e nei modi descritti, questo tipo di lotta biotecnica può considerarsi una misura preventiva per evitare di dover intervenire in modo repentino durante il periodo di raccolto, compromettendo inevitabilmente la produzione. Iniziare la stagione produttiva con un minimo ed uniforme livello di infe-

stazione nell’apiario è una corretta profilassi ed il presente studio ha dimostrato come sia possibile agire sulle prime covate primaverili, senza interferire significativamente sulla produzione. La sperimentazione è stata condotta con finanziamento Mipaaft mediante Reg. CE 1308 triennio 2017-2019. Marco Lodesani, Raffaele Dall’Olio, Simone Franceschetti Centro di ricerca Agricoltura Ambiente (CREA), Bologna LA BIBLIOGRAFIA È DISPONIBILE AL LINK www.apitalia.net/ Apitalia4_2019-BibliografiaLodesani.pdf

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FLORA APISTICA. Scheda n. 11

I POLLINI DI EMERGENZA

FIORI UTILI PER LE API E PER GLI ALTRI APOIDEI NELL’ITALIA CENTRALE di Giancarlo Ricciardelli D’Albore

POLLINI DI FINE INVERNO - Eriobotrya japonica DC. (Rosaceae) (Nespolo)

DESCRIZIONE GENERICA

Arborea sempreverde alta fino a 10 m, distribuita nel Mediterraneo. Fiorisce in inverno.

TEMPO DI FIORITURA

Vengono coltivate varietà precoci, che fioriscono alla fine di ottobre e possono essere visitate dalle api in invernamento; e varietà tardive, che fioriscono alla fine dell’inverno e sono visitate dalle api emergenti. Le varietà tipicamente invernali nelle zone temperate (Sicilia) possono essere visitate sempre e si possono produrre anche mieli uniflorali.

POLLINE

Le api bottinano in ogni caso discrete quantità di polline. Le pallottoline sono bianche con sfumature gialle. I fiori tardivi sono visitati anche da Bombus terrestris.

VALORE APISTICO VALORE PER ALTRI PRONUBI

ALTRI USI

BIBLIOGRAFIA

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Da 1 a 4: 3-4. Da 1 a 4: 2. I frutti sono commestibili, previa sbucciatura, per bambini ed anziani. Sono digestivi al termine del pasto. Sono anche adoperati in gelatine espettoranti e come mostarda. Le foglie sono astringenti. Con i frutti privi di semi si produce un’acquavite particolare. Pomini L., 1990. Erboristeria italiana. Ed. Vitalità, 674.


POLLINI DI FINE INVERNO - Eucalyptus globulus L. (Myrthaceae) (Eucalitto)

DESCRIZIONE GENERICA TEMPO DI FIORITURA

POLLINE

VALORE APISTICO VALORE PER ALTRI PRONUBI

ALTRI USI

BIBLIOGRAFIA

Albero sempreverde alto fino a 40 m, spontaneo e ornamentale. Fiorisce alla fine dell’inverno. Più che gli eucalitti estivi, ben noti per il nettare che offrono, interessa questo che, come altri del genere, fiorisce in inverno. Le api raccolgono vistose quantità di polline, soprattutto vicino alla macchia mediterranea in Toscana. Lo raccolgono con punte giornaliere del 100 % e per un periodo di oltre un mese a febbraio. Apoidei sui fiori non sono stati notati. Da 1 a 4: 4. Da 1 a 4: sconosciuto. Interessa specialmente l’olio di eucalitto, che contiene un’ alta percentuale di eucaliptolo. Ha notevoli proprietà mucolitiche, espettoranti, curanti le malattie dell’apparato respiratorio. Ha anche proprietà antinfiammatorie ed antibatteriche. Recentemente è stata dimostrata anche un’attività antivirale. Con le foglie trinciate si preparano sigarette antiasmatiche e trinciati da bruciarsi lentamente nell’ambiente. Per uso esterno l’olio è revulsivo per la cura dei reumatismi. L’essenza è usata anche in confetteria ed in cosmetica. Legno per ardere e come pianta da bonifica. Schoenfelder I. & P., 2012. Guida alle piante medicinali. Ed. Ricca, 316. Tosco U., 1989. Piante aromatiche e medicinali. Ed. Paoline, 235.

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Ape Sicura: e stai tranquillo Polizza di Assicurazione sulla Responsabilità Civile (R.C.) Alveari COME ASSICURARE I PROPRI ALVEARI Gli Apicoltori abbonati alla Rivista APITALIA che desiderano assicurare i propri alveari contro i rischi derivanti dalla responsabilità civile per eventuali danni procurati a terzi, debbono compilare l’apposito modulo di adesione alla Polizza collettiva “Ape Sicura” e trasmetterlo alla Segreteria della Rivista APITALIA. Gli Apicoltori abbonati alla Rivista APITALIA possono attivare una Polizza per ciascun apiario posseduto. È garantita la copertura assicurativa per un intero anno (12 mesi). Il Certificato di Polizza sarà prodotto (in formato cartaceo e/o elettronico) e trasmesso - solo a seguito dell’invio delle attestazioni di pagamento e del Modulo di Adesione - alla Segreteria della Rivista APITALIA. La volontà di recesso dalla Polizza collettiva non dovrà essere preventivamente comunicata vista l’automatica scadenza annuale della copertura assicurativa. CONDIZIONI GENERALI DI POLIZZA 1) Rischi assicurati. La Compagnia “Gruppo UNIPOL-SAI. Divisione Fondiaria” assicura a ciascun abbonato alla Rivista APITALIA - purché Apicoltore e come tale iscritto all’Anagrafe Apistica Nazionale - il pagamento delle somme che, quale proprietario-esercente l’apicoltura, sia tenuto a corrispondere, in quanto civilmente responsabile ai sensi di legge, a titolo di risarcimento per danni involontariamente cagionati a terzi, sia per lesioni a persone che per danni materiali a cose o animali, in conseguenza ad un fatto accidentale, compresi i rischi derivanti dalle operazioni di carico e scarico degli apiari e dal trasferimento da una zona all’altra degli apiari stessi, escluso il rischio della circolazione su strada di uso pubblico o su aree a questa equiparate dai mezzi impiegati (in conformità alle norme della legge 24/12/69 n. 990 e del DPR 24/11/ 70 n. 973 è infatti obbligatoria l’assicurazione per rischi di responsabilità civile auto). Sono compresi nel novero dei terzi, limitatamente a lesioni personali, gli aiutanti occasionali dell’assicurato, sempreché vi sia responsabilità dell’assicurato stesso. La polizza collettiva “Ape Sicura” copre inoltre i rischi inerenti alla partecipazione degli Assicurati a Fiere, Mostre e Mercati, compreso il rischio derivante dall’allestimento e dallo smontaggio di stand, ma con l’esclusione dei danni agli espositori ed alle cose esposte. 2) Massimali e Franchigia. L’Assicurazione vale fino alla concorrenza massima complessiva, per capitale, interessi e spese di: Euro 1.000.000,00 (un milione/00 di Euro) per ogni sinistro e relativi danneggiamenti arrecati a persona, animali e cose. Per ciascun sinistro è prevista una franchigia pari a Euro 250,00. 3) Partecipazione all’Assicurazione. Possono essere incluse nella Polizza collettiva “Ape Sicura” le persone e gli enti che siano Abbonati alla Rivista APITALIA - purché Apicoltori o Proprietari di alveari e come tali iscritti all’Anagrafe Apistica Nazionale. Per beneficiare dell’Assicurazione gli Apicoltori debbono: A) versare sul conto corrente postale n. 46157004 intestato a: FAI - Federazione Apicoltori Italiani - Roma, o con qualsiasi altro mezzo ritenuto idoneo, il premio assicurativo di 15,00 Euro (per ciascun apiario da assicurare).

La Compagnia assicuratrice si riserva di modificare l’entità del premio in base all’andamento tecnico sul rapporto sinistri/annualità; B) comunicare alla Segreteria della Rivista APITALIA con apposito modulo di adesione l’ubicazione esatta dell’apiario o degli apiari da assicurare. 4) Decorrenza. La validità della garanzia decorre dalla data di versamento del premio assicurativo, che dovrà essere contestuale alla data di sottoscrizione all’abbonamento annuale alla Rivista APITALIA, ha la durata di un anno a partire dalle ore 24 del giorno del versamento. 5) Norme e sinistri. In caso di sinistro l’assicurato deve darne denuncia scritta alla Segreteria della Rivista APITALIA - Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma (tel.: 06.6877175 - 06.6852276; fax: 06.6852287; email: segreteria@federapi. biz) entro cinque giorni dal fatto o al momento in cui ne viene a conoscenza. Per i sinistri implicanti gravi lesioni corporali, l’assicurato oltre a darne notizia alla Segreteria della Rivista APITALIA, ne darà comunicazione alla Compagnia “Gruppo UNIPOL-SAI. Divisione Fondiaria” (indirizzo PEC: unipolsaiassicurazioni@pec.unipol.it), indicando anche il codice della polizza n. 159877505. Non adempiendo all’obbligo della denuncia l’assicurato perde il diritto al risarcimento. Parimenti decade da tale diritto qualora pregiudichi i legittimi interessi della Compagnia nella difesa o contro le azioni o pretese per il risarcimento dei danni che ad essa esclusivamente spetta di condurre in qualsiasi sede o modo, in nome e con la collaborazione dell’assicurato. 6) Accettazione condizioni generali e particolari. Il versamento del premio di assicurazione significa piena accettazione di tutte la condizioni generali e particolari della Polizza n. 159877505, di cui gli interessati possono, su richiesta, prendere visione, dovendosi intendere il rapporto assicurativo, indipendentemente dall’opera intermediaria della contraente, direttamente intercedente fra la Compagnia assicuratrice e i singoli assicurati e regolato unicamente dalle condizioni stabilite nella Polizza citata.

Mod. 01/2019 Questo modulo annulla e sostituisce tutti i precedenti

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Ape Sicura

Modulo di Adesione per gli Apicoltori abbonati alla Rivista

1

IL SOTTOSCRITTO.......................................................................................................................................................................................................... INDIRIZZO...................................................................................................................................................................................................................... CAP................................... LOCALITÀ.......................................................................................................................... PROVINCIA........................... TELEFONO......................................................................... EMAIL................................................................................................................................ CODICE FISCALE.............................................................. PARTITA IVA...................................................................................................................... nella sua qualità di abbonato della rivista APITALIA: a) chiede di essere incluso nella Polizza collettiva “Ape Sicura” di assicurazione per la responsabilità civile contratta a beneficio degli Apicoltori che aderiscono all’iniziativa; b) dichiara, sotto la propria responsabilità, di essere iscritto all’Anagrafe Apistica Nazionale con Codice di Allevamento n. ..........................; c) indica, qui di seguito, l’ubicazione dell’apiario che intende assicurare:

2

1. Apiario composto da n° ................. alveari Comune, Provincia........................................................................................................................................................................................................... Indirizzo, Frazione........................................................................................................................................................................................................... Località, Fondo................................................................................................................................................................................................................. Coordinate satellitari.......................................................................................................................................................................................................

NOTA BENE Utilizzare n. 1 modulo per ogni apiario da assicurare

Proseguire su altri fogli fotocopiati eventuali altri apiari da assicurare.

Che rimette

a mezzo CCP n. 46157004 - FAI - Federazione Apicoltori Italiani - Roma

a mezzo bonifico bancario, MPS Banca - IBAN IT65T0103003283000061424927

unitamente alla presente

Data.............................................. Firma (leggibile) dell’Assicurato............................................................................................................................ Data.............................................. Firma per accettazione da parte della Compagnia............................................................................................

3

Acconsento all’utilizzo dei miei dati personali ai sensi della normativa sulla Tutela della Privacy (Art. 10 Legge n. 196/2003 e del Reg. UE 2017/679) ai fini del trattamento da parte della Rivista Apitalia e della FAI-Federazione Apicoltori Italiani per l’invio di materiale amministrativo, informativo e/o promozionale. I miei dati non potranno comunque essere ceduti a terzi e mi riservo il pieno diritto di conoscere, aggiornare, modificare o cancellare le informazioni a me riferite. Data................................................ Firma (leggibile) dell’Assicurato..........................................................................................................

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INSERZIONISTI VITA ITALIA Prodotti per la cura delle api vitaitalia@vitaitalia.191.it

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3BEE Bilancia GSM per alveari info@3bee.it

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APIC. MARCON Prodotti per l’apicoltura e api regine info@apicolturamarcon.it AL NATURALE Laboratorio erboristico info@alnaturale.com

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MELYOS APICOLTURA Api regine e sciami melyosapicoltura@gmail.com

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ISI FOOD Imballaggi alimentari isifood@isifood.com

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LEGA Prodotti per l’apicoltura info@legaitaly.com

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