Apitalia 7-8_2018

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2018

APICOLTURA IN EUROPA

Apitalia - Corso Vittorio Emanuele II, 101- 00186 - Roma - ITALY - UE - ISSN: 0391 - 5522 - ANNO XXXXIII • n. 7-8 • Luglio-Agosto 2018 •- 688 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/03 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1 Comma 1 – Roma Aut. C/RM/18/2016




EDITORIALE

APICOLTURA È AGRICOLTURA

“BEEWEEK 2018”, IL RUOLO DELL’ITALIA SI È SVOLTA AL PARLAMENTO EUROPEO LA SETTIMANA DELL’APICOLTURA

L’On. Antonio Tajani, Presidente del Parlamento Europeo, durante l’incontro con il Presidente della FAI.

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Si

è da poco conclusa la “Beeweek 2018” promossa e ospitata dal Parlamento europeo. La settimana europea delle api e dell’impollinazione ha previsto conferenze, seminari specialistici, analisi delle problematiche comuni agli apicoltori. L’evento è stato coordinato da Michel Dantin, deputato francese al Parlamento europeo, presidente del gruppo di lavoro “Apiculture & Bee Health” dell’Intergruppo del PE sui cambiamenti climatici, la biodiversità e lo sviluppo sostenibile. L’Italia è stata rappresentata dalla FAI-Federazione Apicoltori Italiani, che non ha mancato di sottolineare il valore dell’Ape italiana e di chi la custodisce. Il tema in discussione quest’anno è stato: “Come viene mobilitata la comunità agricola per proteggere le api”. Essendo emersa in più occasioni la necessità di una migliore interazione con i portatori di inte-

L’On. Paolo De Castro, primo Vice Presidente della Commissione Agricoltura


L’On. Marco Zullo, deputato al Parlamento Europeo (EFD - M5S), in Commissione Agricoltura.

L’On. Elisabetta Gardini, deputato al Parlamento Europeo (PPE - FI), in Commissione Sanità.

resse attraverso il dialogo e il rispetto reciproco, a Beeweek si era chiesta l’istituzione di una piattaforma tecnica funzionale per migliorare gli scambi tra apicoltori e scienziati. E così l’edizione 2017 era stata animata dalla volontà dell’EFSA di creare questa piattaforma. Da settembre scorso questo strumento operativo è diventato un impegno ufficiale dell’Agenzia Europea che ha sede in Italia. Un’esperienza, quella del Bel Paese, che si è distinta come un modello di riferimento ammirato dai rappresentanti degli altri Paesi europei. Il presi-

dente della FAI, Raffaele Cirone, nel corso della Beeweek 2018, non ha mancato di evidenziare questi punti ai principali esponenti del Parlamento Europeo incontrati per l’occasione: “Agricoltori e Apicoltori debbono confrontarsi sui tavoli istituzionali, adottare buone pratiche e soluzioni comuni ed evitare scontri frontali - ha detto -. L’Apicoltura è Agricoltura, la strada maestra per la protezione dell’Ape mellifera è l’adozione di un’agricoltura sostenibile e rispettosa degli impollinatori. Non c’è alternativa”. Gaetano Menna

L’On. Herbert Dorfmann, deputato al Parlamento Europeo (PPE - SVP), in Commissione Agricoltura.

L’On. Giancarlo Scottà, deputato al Parlamento Europeo (EFD - LN), in Commissione Industria.

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SOMMARIO

Apitalia N. 688 | 7-8/2018 gli articoli 5 EDITORIALE Apicoltura è Agricoltura

Gaetano Menna

10 PRIMO PIANO Una Carta dell’Ape che esclude chi l’alleva

26 AGENDA LAVORI. SUD E ISOLE Morto il re viva il re Vincenzo Stampa 30 NORMATIVA L’Anagrafe apistica

Angelo Lombardi

34 PARASSITI Aethina tumida? Ecco come fare Francesco Artese 36 RICERCA Antibiotici? No grazie Gianni Savorelli 40 APITERAPIA Origine geografica dei mieli: prologo Vincenzo Palmieri

12 AGENDA LAVORI. NORD-OVEST Il controllo estivo delle famiglie Alberto Guernier 15 AGENDA LAVORI. NORD-EST È l’unione che fa la forza Giacomo Perretta

45 APITERAPIA I microelementi dei prodotti dell’alveare Mario Pasquali 48 CHEF AL MIELE L’ape gourmet

Luisa Mosello

18 AGENDA LAVORI. CENTRO Contro la varroa, nel rispetto delle regole Angelo Lombardi

50 QUALITÀ Mieli d’autore 53 LE API E LA MUSICA Il pianista amico delle api 22 AGENDA LAVORI. SUD Chi si ferma è perduto

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Santo Panzera

Anna Gagliardi Gaetano Menna

56 FLORA APISTICA I pollini di emergenza Giancarlo Ricciardelli D’Albore


i nostri recapiti CorsoVittorio VittorioEmanuele EmanueleII, II,101 101- -00186 00186Roma Roma Corso 06.6852556 6852556 06.

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i nostri riferimenti L’ingresso del Parlamento Europeo, a Bruxelles. Il tricolore italiano, bandiera dei fondatori dell’Unione Europea, è il primo a sventolare orgoglioso.

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David Monasso, Alice Prandi, Andrea Materni (foto pag. 9), Alberto Guenrier, Giacomo Perretta, api101wordpress.com (foto pag. 15), Angelo Lombardi, Santo Panzera, Vincenzo Stampa, Renato Garibaldi (foto pag. 30, 40), Francesco Oliverio (foto pag. 32), Francesco Artese, Gianni Savorelli, Vincenzo Palmieri, Marco Locicero (foto pag. 43), Mario Pasquali, Luisa Mosello, Anna Gagliardi, Gaetano Menna, Giancarlo Ricciardelli D’Albore, Fabrizio Piacentini, Patrizia Milione, Alessandro Patierno.

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marcatura dell’ape regina Secondo un codice standardizzato, le regine sono marcate con un colore (tabella sotto) per permettere all’apicoltore di riconoscerne l’anno di nascita

bianco

giallo

rosso

verde

azzurro

1o6

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(ultimo numero dell’anno di allevamento, esempio “2018”)

i nostri valori Lo stemma circolare dell’ape regina al centro della scritta che recita “Il mio non sol, ma l’altrui ben procuro” accompagna da sempre le pubblicazioni curate dalle firme storiche dell’editoria apistica italiana da cui Apitalia trae origine

Questa è la medaglia d’oro accompagnata dalla menzione speciale della Giuria internazionale che ha riconosciuto Apitalia miglior rivista di apicoltura per i suoi contenuti redazionali, la qualità del corredo fotografico e il valore tecnico-scientifico

La moneta di Efeso, con l’ape come simbolo riconosciuto a livello internazionale già 500 anni prima di Cristo

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FOTO DEL MESE

Foto Devid Monasso

Foto Andrea Materni

Foto Alice Prandi

In occasione della prima Giornata Mondiale dell’Ape indetta dall’ONU, a Migliarino (FE) si sono svolte le premiazioni del concorso fotografico “L’Ape e i fiori”, organizzato da Confagricoltura Ferrara in collaborazione con il Comune di Fiscaglia. Gli scatti, ben 238, sono pervenuti da tutta Italia. La palma del vincitore è andata a Devid Monasso di Gorizia con la foto “Armonia”. Il secondo premio è stato assegnato ad Alice Prandi di S. Polo d’Enza (RE) con “La famiglia di api” e terzo classificato è risultato Andrea Materni di Marsciano (PG) con “Cupo ronzìo”. Il vincitore, Devid Monasso, munito di tanta pazienza e di un ottimo obiettivo, ha scattato la foto nella magica cornice dell’orto botanico di Trieste, riuscendo a cristallizzare una perfetta e delicata immagine artistica che vede l’ape bottinatrice sui fiori di Deutzia gracilis.

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PRIMO PIANO

UNA CARTA DELL’APE CHE ESCLUDE CHI L’ALLEVA

UN ERRORE EMARGINARE GLI ALLEVATORI, CHE CON LA RICERCA HANNO SEMPRE COLLABORATO “Che l’ape mellifera non sia domestica, né domesticabile, lo sanno persino i bambini, basti pensare all’incontrollabile fenomeno della sciamatura! Ma che per la salvaguardia delle api italiane la comunità scientifica abbia scelto di scartare proprio le Organizzazioni nazionali degli apicoltori lo troviamo un gesto di pessimo gusto, di scarsa lungimiranza e persino in contrasto con la legislazione vigente”. Questo il commento che la FAI-Federazione Apicoltori Italiani, sigla storica dell’apicoltura nazionale e da sempre mobilitata in favore dell’Ape italiana, della sua difesa e della sua diffusione nel mondo ha diffuso alla stampa a seguito dell’operato di una parte della comunità scientifica italiana. Un commento che ha trovato sponda nella corale presa di posizione delle principali rappresentanze dell’apicoltura nazionale. “La Carta di San Michele all’Adige - ha giustamente precisato la FAI - mette in discussione la legislazione apistica italiana ed europea e trascura il fatto che se l’Italia vanta un patrimonio apistico di oltre 1 milione di alveari e 50 miliardi di api, lo si deve a generazioni di apicoltori che si sono battuti contro calamità d’ogni genere, compresa l’indifferenza verso questa complicata professione”. Polemica di cui, in un momento storicamente difficilissimo per l’apicoltura italiana, non c’era francamente bisogno. “Questa sembra più la carta di chi - ha ricordato la Federazione Apicoltori Italiani - vorrebbe opzionare i ricchi finanziamenti che l’ape, a dispetto dei suoi allevatori ed estimatori, ha convogliato e ancora convoglierà alla ricerca scientifica italiana e internazionale”. Visione miope, che merita di essere al più presto corretta.

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ECCO PERCHÉ LE ORGANIZZAZIONI APISTICHE NON L’HANNO FIRMATO “A seguito dell’invito dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige (TN) desideriamo evidenziare le ragioni che inducono a non condividere nel metodo e nel merito lo spirito dell’iniziativa, pur animata da sinceri e per gran parte validi propositi, che come Organizzazioni Nazionali di rappresentanza del comparto apistico, quindi del patrimonio apistico nazionale di Apis mellifera L. detenuto negli allevamenti dei nostri associati, riteniamo di dover ricondurre ad altri principi, siano essi di carattere tecnico, scientifico e finanche normativo. Più precisamente: 1) quella parte della Comunità Scientifica che ha inteso elaborare il documento non ha ritenuto opportuno, sia pure nel corso di un protratto spazio temporale necessario alla stesura dei contenuti, condividere con i soggetti preposti alla rappresentanza apistica nazionale i principi basilari del documento medesimo; di fatto, con questo, delegittimandoci quali interlocutori su un tema di specifica competenza; 2) l’apicoltura è materia contemplata dalla Legge n. 313/2004 recante “Disciplina dell’Apicoltura” e i principi in essa contenuti, ivi compreso quello del valore di questa specie zootecnica sotto il profilo della biodiversità, non possono essere trascurati o addirittura messi in discussione se non, ove davvero occorresse, attraverso gli strumenti legislativi consentiti e necessari ad una sua eventuale riformulazione; 3) si disconosce inoltre, con questo documento, la realtà delle scriventi Organizzazioni quali deten-


trici di un patrimonio apistico cui il documento non fa alcun che, grazie ai propri associariferimento, addossando alla cati, è stato finora salvaguardato tegoria produttiva le uniche reda diverse avversità, siano esse sponsabilità di un processo cui agro-ambientali, commerciali e invece tutti, a vario titolo, sono sanitarie; coinvolti, siano essi ricercatori, 4) nel documento vengono messe enti, istituzioni; in discussione tecniche di alleva- 5) nel metodo, infine, oltre alle già mento (nomadismo) espressarichiamate ragioni, desideriamente previste e persino incenmo sottolineare come del tutto tivate dalla normativa vigente inopportuna la volontà di soin sede comunitaria, nazionale vrapporre al livello nazionale e regionale. Tale meccanismo di quello territoriale, omologando revisione risulta pertanto in evile nostre Associazioni alla podente contrasto con gli specifici sizione che qui, ufficialmente, indirizzi assunti dal Legislatore, assumiamo quali unici soggetti

titolati alla rappresentanza del comparto apistico e delle nostre rispettive compagini associative. Resta tuttavia aperta, condivisa, auspicata, da parte di noi tutti, la posizione di soggetti responsabili, desiderosi del bene comune dell’ape italiana e come tali pronti, in altra sede, a rivedere i contenuti di questo documento che oggi non riteniamo di poter sottoscrivere”. Questa la posizione condivisa delle Organizzazioni Apistiche Nazionali.

Panorama di San Michele all’Adige (TN)

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AGENDA LAVORI. NORD-OVEST

IL CONTROLLO ESTIVO DELLE FAMIGLIE

VIGILARE SULLE “BONTÀ” DELLE REGINE PRESENTI di Alberto Guernier

A

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Troveremo infatti una nuova regina che avrà portato avanti il lavoro della madre con una ricca deposizione di uova, potremo addirittura trovare madre e figlia intente a portare avanti la deposizione con estrema normalità. Facendo però riferimento alle recenti annate, se vogliamo, “infauste annate” le cose non sono andate sempre cosi bene, infatti sempre più spesso capita in estate, che le fecondazioni non vadano a buon fine. Questo potrebbe essere imputabile alla diminuzione di fuchi, è appun-

CAMBIARE LE REGINE È UTILE NELL’EVITARE SPROPORZIONATE DEPOSIZIONI DI CELLE MASCHILI

Foto Alberto Guernier

bbiamo passato tra alti e bassi, tra nuvole e sole, la stagione primaverile con le sue produzioni importanti. Abbiamo seguito assiduamente le famiglie nella loro parabola ascendente, nel tentativo di arginare quanto più possibile il loro istinto riproduttivo, che da un lato sicuramente, qualora fosse stato portato a compimento, ci avrebbe negato quali apicoltori, del prezioso raccolto di acacia; dall’altro però ci avrebbe consentito di ritrovarci ora con famiglie dalla “sostanza” rinnovata. Sto parlando dell’ape regina; la sciamatura infatti comporta l’allevamento di una nuova regina all’interno della famiglia di api che in seguito a tale fenomeno, riprende senza intoppi la propria attività con nuovo rinnovato vigore. Certo non si può volere tutto, o l’acacia o la regina nuova... E quindi adesso, passata l’enfasi dei raccolti primaverili, che le api si “accorgono” che la loro madre è probabilmente da sostituire, questa situazione, di cui è bene “accorgersi”; spesso avviene senza che noi ce ne accorgiamo, sopratutto quando tutto va a buon fine, e sotto ai melari del castagno, tutto è avvenuto regolarmente.


to il caso di stagioni siccitose, nel qual caso, l’allevamento e la “cura” verso i maschi, viene spesso interrotto presto, probabilmente visto dalle api come uno spreco di risorse già esigue; è infatti facilmente osservabile dal loro stesso comportamento, come esse riescano ad avvertire l’imminente impoverirsi delle disponibilità di pascolo. Tradizionalmente (nel recente passato) molti apicoltori, operavano in primavera annientando le covate maschili con coltello e forchetta; perché ritenute inutili, gli apicoltori della “vecchia guardia”, pensavano infatti, che tanto, le loro regine sarebbero state fecondate da fuchi di altri... Più recentemente, questa opera-

zione è stata spesso caldeggiata e per questo giustificata, dalla notizia per altro vera e provata scientificamente, che nella covata di fuco si riproducano più varroe. Credo che ognuno di noi, sia in grado di fare le proprie valutazioni in merito, personalmente, non annovero tra le buone e utili tecniche apistiche, l’annientamento del patrimonio genetico maschile delle api, peraltro già gravemente compromesso da svariati fenomeni di tipo ambientale e di selezione operata maldestramente dall’uomo. Certo, ben diverso e utile è il ricambio dei favi, fatti costruire in periodi adeguati, per esempio sui doppi melari proprio in estate sul castagno, senza celle da fuco.

Questo modo di operare, ci consente di avere in futuro a disposizione dei telaini nuovi praticamente perfetti, essi possono anche essere lasciati per tutto il periodo del raccolto e poi smielati con cura; ovviamente se si dispone di uno smielatore idoneo a smielare favi da nido. Ultima ma non meno importante considerazione: un ricambio costante delle regine, si rivela spesso utile nell’evitare l’allevamento sproporzionato di celle maschili. La scarsa fecondazione estiva potrebbe altresì essere causata da patologie subdole come virus, che sfuggono all’occhio umano, e sono rilevabili solo ad un esame di laboratorio.

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AGENDA LAVORI. NORD-OVEST Fatto sta, che le fecondazioni estive degli ultimi anni, come testimoniato da molti apicoltori piemontesi, sono state molto basse. Sono state rinvenute con frequenza reginette, incapaci di deporre, all’interno di alveari nelle sostituzioni estive, in molti casi, probabilmente a causa della fisiologica diminuzione della deposizione, dovuta al periodo; esse non sembravano neppure suscitare un problema evidente per la famiglia nonostante l’assoluta mancanza di deposizione. Tutto questo per dire che bisogna vigilare sulle colonie, quando ancora le fioriture, (castagno e tiglio) ma anche i fiori di prato (trifoglio) tengono le api sufficientemente impegnate e lontane da tendenze saccheggiatrici, operando con sufficiente rapidità, al fine di constatare la bontà delle regine presenti, e di appuntare quelle in sostituzione monitorandone l’evoluzione. Questo ci salverà da sgradevoli situazioni future, dove altrimenti non ci resteranno che le”riunioni forzate”. Alberto Guernier

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AGENDA LAVORI. NORD-EST

È L’UNIONE CHE FA LA FORZA

LA VARROA, FLAGELLO DI TUTTI GLI ALVEARI SI COMBATTE SOLO COORDINANDO GLI INTERVENTI di Giacomo Perretta

PER CONTROLLARE LA VARROA È INDISPENSABILE INTERVENIRE

Foto api101.wordpress.com

CON TEMPESTIVITÀ

Il

21 Giugno cade il solstizio d’estate, le giornate cominciano ad accorciarsi, la regina rallenta la deposizione e con la diminuzione della covata aumenta la varroa in fase foretica (attività fuori dalla covata). Vediamo cosa accade. Le api, nascendo, permettono la fuoriuscita dalle cellette delle varroe; queste ultime, a causa della diminuzione della covata, non trovano celle sufficienti ad accoglierle e rimangano

a girovagare tra i favi. Alcuni acari, aggrappandosi alle bottinatrici, escono dall’alveare, con la probabilità di infestare altre api ed altri alveari. Nella fase foretica, la varroa si nutre dell’emolinfa dell’ape, pungendola tra gli sterniti addominali. La sua preferenza è rivolta, a quanto riportano fonti scientifiche, alle api giovani, in particolare alle nutrici le quali, loro malgrado, diventano inconsapevoli accompagnatrici degli astuti parassiti in celle che stanno per essere opercolate. Mentre in primavera l’apicoltore attento, conoscendo l’attitudine delle varroe a parassitare la covata maschile, mette in pratica metodi per convogliare verso questa covata gli acari, in estate, mancando tale covata, il rischio di avere la maggioranza delle larve operaie parassitate è assai alto. L’estate è fondamentale per lo sviluppo delle api: sono quelle nate in questo periodo che dovranno superare l’inverno e che dovranno occuparsi delle giovani larve che nasceranno; se saranno infette trasmetteranno alle future generazioni le patologie causate dalla varroa. Il rischio sarà quello di non avere una famiglia sufficien7-8/2018 | Apitalia | 15


AGENDA LAVORI. NORD-EST temente sana che possa superare l’inverno o, comunque, che non riesca ad avere uno sviluppo corretto nella ripresa primaverile. Per capire questa introduzione è necessario conoscere, almeno per grandi linee, gli elementi di base della biologia della varroa. Non intendendo fare un articolo scientifico, mi limiterò a decifrare i comportamenti dell’acaro e a consigliare i comportamenti da adottare. Una precisazione è d’obbligo: non essendo un ricercatore non pensiate che queste poche righe possano darvi risposte risolutive al problema varroa.

mento è di circa 16 giorni, non sufficiente, quindi, al raggiungimento della maturità sessuale della varroa; altro motivo perché la pappa reale, unico alimento della regina, non è gradita all’acaro, mentre polline e miele, che sono gli alimenti dati alle larve prima della chiusura dell’opercolo, sono più attrattivi. Purtroppo anche quando la varroa non produce danni imputabili direttamente ad essa, può causare infezioni. La cosa più saggia è intervenire prima possibile, seguendo le linee guida delle Associazioni e degli Organi preposti. Pur essendo, questo PROCESSO DI VITA aspetto, chiaro a tutti, è molto DELLA VARROA difficile convincere l’apicoltore La varroa entra nella cella poco che la maggiore efficacia si ha prima che essa venga opercola- nella contemporaneità dei tratta; dopo circa 60 ore depone un tamenti nella stessa zona. uovo femminile poi, a distanza di 24 ore, uno maschile e poi ancora PRODOTTI ANTI VARROA uno femminile. I prodotti utilizzabili nella lotta Alla maturità, il maschio si ac- alla varroa possono essere molcoppia con le sorelle e, all’apertura teplici. dell’opercolo, usciranno insieme Gli evaporanti a base di timoall’ape una o due femmine fe- lo o altre essenze possono essere conde e tutte le altre sorelle non usati anche in presenza di covata, feconde. Dalla cella di fuco usci- facendo in modo che il tempo di ranno invece 3 varroe feconde. intervento sia sufficientemente Il motivo è dato da quei 3 gg in lungo da coprire i giorni dell’operpiù di gestazione del fuco, per cui colatura fino allo sfarfallamento almeno 3 varroe all’interno della dell’ultima ape, ovviamente in ascelletta raggiungeranno la matu- senza di melari. rità sessuale e quindi l’unico ma- L’inconveniente di questi evaposchio (fratello) all’interno di essa ranti, com’è facile comprendere, è le feconda. Questo il motivo per il la particolare sensibilità alle temquale si nota una preferenza delle perature, con il loro variare si hanvarroe verso le celle maschili. no effetti diversi. È bene ricordare Caso a sé per la regina. Sembra che i tempi di somministrazione che essa venga risparmiata per indicati sulle confezioni sono ridue motivi: il tempo di sfarfalla- ferite a condizioni di temperatura 16 | Apitalia | 7-8/2018

ben definite e, pertanto, devono essere modificati in base all’andamento climatico. Altro prodotto autorizzato, con certificazione e registrazione al Servizio Sanitario Nazionale, è L’Api-Bioxal, il cui principio è l’acido ossalico; tale prodotto può essere utilizzato sia disciolto in soluzione zuccherina che in forma sublimata. L’Api-Bioxal gocciolato (in soluzione zuccherina) deve essere usato rigorosamente in assenza di covata, altrimenti si vanifica il risultato e lo sforzo fatto. Un suggerimento, non secondario, è quello di utilizzare acqua distillata o demineralizzata. Il motivo? In alcune acque vi è una quantità di minerali molto alta, in particolare il carbonato di calcio (la stessa sostanza che ci fa disperare, incrostando rubinetti e pentole nelle nostre abitazioni). L’acido ossalico, a contatto del carbonato di calcio, sostanza basica, diminuisce il suo potere acidificante, causando un insufficiente effetto sulla varroa. BLOCCO DELLA COVATA L’efficienza acaricida dei prodotti antivarroa si ha con il blocco di covata, la cui durata può arrivare a 24 giorni (per permettere la nascita dei fuchi), passati i quali, si libera la regina ed una volta iniziata la deposizione si interviene con l’Apibioxal. È possibile liberare la regina (questo con tutti i metodi) anche il 21° giorno, infatti, ipotizzando che la regina deponga subito abbiamo 5-6 gg a disposizione per poter intervenire prima


sizionare un escludiregina sul bilità di deposizione soffrendo, che le varroe si nascondano nelle di contro, uno stress fisico molnido, appoggiare il favo con la celle con le larve nell’attesa dell’oregina quasi orizzontalmente percolazione, oppure in assenza di to alto. sull’escludi regina, tenendolo 2) Altro metodo è il confinamento covata maschile. sollevato di circa 3 cm da un della regina su un favo. Vediamo ora alcuni metodi per eflato e chiudendo con una corCon questo metodo la regina ha fettuare il blocco della covata. un sufficiente numero di celle a nice alta circa 7 cm e coprifavo. 1) Il primo metodo è costituito dall’ingabbiamento della disposizione per la deposizione, inoltre uno spazio sufficiente Gli articoli, come il presente, deregina. La regina è tenuta per la sua mobilità. Si possono vono costituire uno stimolo cul“prigioniera” in un gabbietta, usare sia telaini da melario che turale nella lotta alla varroa. Ribache viene fissata al centro di un da nido. disco che, indipendentemente dal favo all’interno dell’alveare, in modo da permettere alle api di 3) Infine il Blocco di Covata metodo prescelto, è indispensabile Orizzontale. Questo metodo che gli apicoltori coordinino gli percepire la sua presenza. Queè nato dalla necessità di velo- interventi attraverso discussioni sto fa sì che le api, non sentencizzare il lavoro e nello stesso all’interno delle associazioni di dosi orfane, non abbiano la netempo migliorare la condizione riferimento. È l’unione che fa la cessità di produrre celle reali. dell’alveare. Esso consiste sem- forza. Con questo metodo la regina plicemente nell’alzare il telaino ha una insufficiente possibilità Giacomo Perretta sul quale si trova la regina, podi movimento e nessuna possi-

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AGENDA LAVORI. CENTRO

CONTRO LA VARROA, NEL RISPETTO DELLE REGOLE

GLI APICOLTORI DISPONGONO DI STRUMENTI E CONOSCENZE PER CONVIVERE CON LA VARROA di Angelo Lombardi

C

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si può confermare la stessa sensazione per le fioriture del girasole che continuano a non offrire nettare, nel migliore dei casi, ed a creare seri problemi di orientamento alle api negli altri casi, sempre più frequenti. Anche il coriandolo sembra aver perso l’abbrivio iniziale, offrendo superfici ridotte rispetto agli anni precedenti e rese produttive decisamente in calo. Dunque con l’umore certamente non ancora saturo di soddisfazioni, ma almeno fortificato dalla sensazione che quest’anno i bilanci apistici - dal punto di vista economico per le aziende e dal punto di vista delle soddisfazioni personali per gli amatori, possono essere considerati con il segno più, ci dobbiamo apprestare a combattere “l’acaro maledetto”. Con una importante novità, da registrare quest’anno: il particolare attivismo dei servizi veterinari pubblici che stanno organizzando piani di controllo e monitoraggio territoriali che trovano spunto dalle “Linee guida per il controllo dell’infestazione da Varroa destructor - 2018” elaborate dal Centro di Referenza Nazionale per l’Apicoltura - Istituto Zoopro-

MAI PIÙ PRESIDI SANITARI NON AUTORIZZATI O PRODOTTI FAI DA TE

Foto Angelo Lombardi

ome è consuetudine, oramai, da oltre tre decenni, in concomitanza dei mesi estivi, alla fine dei principali raccolti (vedi castagno, rovi, coriandolo, girasole) si apre la fase delle terapie di contenimento delle infestazioni da Varroa. Quest’anno la stagione produttiva può essere considerata accettabile. Dopo le importanti difficoltà riscontrate nel periodo primaverile sulle prime fioriture che hanno contenuto - non azzerato come l’anno precedente - le rese produttive, la seconda parte dell’anno si è caratterizzata per un andamento climatico non ostile che, accompagnato da una discreta condizione sanitaria e strutturale degli alveari, ha consentito alle api di ben utilizzare le copiose fioriture estive. È piacevole, a tal proposito, evidenziare come per una serie di diversi elementi positivi - reazione naturale delle piante, distribuzione controllata di insetti competitori, fitoterapie efficaci - i castagneti sono tornati a riempirsi di fiori e di alveari, riuscendo a garantire quantitativi significativi di uno dei mieli più caratteristici delle nostre zone, il miele di castagno. Purtroppo non


filattico Sperimentale delle Venezie. Evidentemente il nuovo filo conduttore dei rapporti apicoltura/ veterinaria - nel passato assenti o molto contrastati - avviato con la faticosa fase di start up della Banca Dati Apistica, proseguito con i confronti su Vespa velutina, Aethina tumida e sulle diverse circolari esplicative di applicazione del regolamento di polizia veterinaria, sembra non voler avere soluzione di continuità e, dunque, apre una nuova frontiera per gli apicoltori e le associazioni di rappresentanza: conquistarsi il riconoscimento in materia di autorevolezza rappresentativa e di competenza professionale nei rapporti con i servizi veterinari locali. In tal senso, il primo impegno, inderogabile ed irrimandabile, che deve coinvolgere l’intero settore è quello di svoltare definitivamente dalle scorciatoie fatte di ambiguità, e di procedure borderline per imboccare la strada principale della trasparenza e del

rispetto delle regole. Ovviamente questo nuovo tragitto passa inevitabilmente per le scelte che vanno adottate anche in materia di contrasto alla Varroa. Mai più presidi sanitari non autorizzati, mai più l’uso di prodotti fai da te. Le motivazioni che fin qui sono state avanzate per giustificare l’uso improprio di tali prodotti, vedi la mancanza di prodotti ufficiali realmente efficaci ed il loro prezzo non sostenibile, sono definitivamente cadute. Oltre tredici formulati registrati e tutti, chi più chi meno, in grado di assicurare livelli di efficacia soddisfacienti abbinati a diverse tecniche di allevamento in grado di contrastare in modo significativo la crescita dell’infestazione, offrono un quadro esaustivo che non giustifica alcun tentativo di carattere emergenziale e straordinario, né tantomento la scelta di percorsi fuori dalle regole. Anche dal punto di vista economico, le giustificazioni ad operare in un’area borderline

decisamente non reggono più. I livelli di remunerazione che il mercato riesce a garantire per il miele italiano (almeno fin tanto che ne riusciremo a preservare il concetto di salubrità e di alimento sano che, ovviamente, non sono compatibili con sistemi di produzione invasivi e non rispettosi delle regole e delle leggi) sono più che sufficienti per sostenere il costo delle terapie ufficiali. Si può arrivare ad affermare che se un apicoltore non riesce a sostenere il costo di una terapia ufficiale contro la Varroa che è pari a circa l’equivalente di un Kilo di miele, vuol dire che il problema principale di questo apicoltore, probabilmente, non è il tipo di farmaco da utilizzare e nemmeno la Varroa, ma, forse, vanno messe in discussione le sue capacità e conoscenze tecniche. Se tutto questo ragionamento non è sufficientemente convincente per far scegliere la strada dei prodotti ufficiali, allora forse è utile evidenziare che in tutti 7-8/2018 | Apitalia | 19


AGENDA LAVORI. CENTRO i piani di controllo che stanno redigendo i servizi veterinari regionali e che verranno attuati a partire già da questa stagione, tra le altre attività, prevedono un controllo analitico proprio dei prodotti che ogni singolo apicoltore utilizza per la lotta alla Varroa. Tale controllo si concretizzerà anche nella verifica dei documenti fiscali - dalle fatture ai semplici scontrini -che hanno accompagnato l’acquisto dei prodotti. In mancanza, presumibilmente, si procederà ad accertamenti più approfonditi. Tornando al tema più propriamente tecnico, ossia ai metodi di lotta alla Varroa non possiamo non premettere che le scelte di tecniche e di prodotti non possono prescin-

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dere dalle condizioni ambientali e di organizzazione aziendale in cui si trovano gli alveari da trattare. Come più volte ricordato, non esiste il metodo, il principio e/o la tecnica efficace in assoluta, in ogni condizione. Certamente però due presupposti sono comuni a tutte le scelte che si intraprendono: le terapie a calendario non garantiscono più un controllo adeguato e la indispensabilità della territorialità degli interventi, troppe volte sottovalutata; se non viene rispettata può favorire i fenomeni della reinfestazione, sempre più frequenti negli ultimi anni (in particolare nella stagione passata abbiamo assistito ad una intensificazione di questo fenomeno) che possono

vanificare l’impegno profuso nei trattamenti. Dunque molta importanza va data al monitoraggio attento dei livelli di infestazione, in base ai quali vanno decisi numeri degli interventi (possono essere necessari meno o anche più dei due interventi tradizionali, di tamponamento estivo e di eradicazione invernale) ed i periodi scelti (certamente l’intervento estivo ancora oggi ha un ruolo indispensabile, considerando che coincide con il vertice della curva di crescita dell’infestazione proprio in corrispondenza con il momento in cui la famiglia di api si trova in una fase calante dimensionale e di vitalità). Laddove esistono associazioni ef-


ficienti, sicuramente saranno disponibili Programmi di Lotta Territoriali che avranno preso in esame le variabili specifiche del territorio, disponibili nella duplice versione; adatti a chi ha aderito all’apicoltura biologica ed a chi, invece, conduce un’apicoltura convenzionale. Se, invece, le Associazioni non sono presenti sul territorio o non sono operative in materia di Varroa, sarebbe buona prassi promuovere comitati spontanei di apicoltori che operano in zone apisticamente omogenee per sopperire alle mancanze organizzative e coordinare interventi di lotta territoriale quanto meno per quanto riguarda i periodi di intervento. Altra considerazione che, a nostro parere, va tenuta nella debita considerazione quando si impostano i piani di lotta alla Varroa riguarda la necessità di abbinare all’utilizzo

di presidi sanitari acaricidi sempre buone prassi di allevamento e tecniche specifiche che hanno un’azione sinergica con le terapie vere e proprie. È un dato di fatto che i presidi da soli cosi come le tecniche da sole non sono sufficienti a contrastare efficacemente il nemico Varroa. L’azione sinergica delle due azioni, invece, è in grado di mantenere i livelli di infestazione entro soglie sostenibili. Nel merito dei prodotti e delle tecniche possiamo dire che le riviste, i siti web, i social sono pieni di loro descrizioni più che esaustive, così come convegni e seminari offrono un quadro completo delle alternative oggi disponibili per la lotta alla Varroa. L’apicoltore, dunque, può scegliere. Noi possiamo evidenziare che sono stati registrati risultati soddisfacienti praticando il blocco di covata con le gabbie Me.Ga

abbinato ad un gocciolamento di acido ossalico (due interventi, uno all’inizio dell’ingabbiamento ed uno alla fine).a condizione che le famiglie da trattare siano dimensionate almeno su sette/otto favi presidiati da api; sotto questo limite gli effetti collaterali potrebbero vanificare il buon esito dell’intervento. Anche l’uso dell’acido formico (APIFOR 60) dispensato con BioLetalVarroa Formic ha dimostrato di essere molto efficace soprattutto negli areali di collina e con apiario ubicati in zone ombreggiate. Così come si sta diffondendo negli ultimi tempi, con evidenze interessanti, la tecnica di combinare l’azione acaricida del fluvalinate (Apistan) o dell’amitraz (Apivar) con l’azione di olii essensiali, come timolo (es. ApiLifeVar), ma anche la terapia con Apiguard (timolo) in abbinamento con l’azione stimolante di una nutrizione a base di candito. In conclusione possiamo affermare che oggi gli apicoltori dispongono degli strumenti e delle conoscenze per riuscire a convivere con la Varroa contenendo i danni conseguenziali entro limiti più che sostenibili, coniugando l’utilizzo dei prodotti registrati a tecniche di allevamento moderne e razionali, sostituendo l’antica lotta a calendario con interventi pianificati in base alle risultanze dei monitoraggi effettuati, non perdendo mai di vista la missione principale: ottenere prodotti salubri e sani nel rispetto dell’ambiente, delle api, dei consumatori e … degli apicoltori. Buona apicoltura a tutti. Angelo Lombardi 7-8/2018 | Apitalia | 21


AGENDA LAVORI. SUD

CHI SI FERMA È PERDUTO

CON LA “TROFALLASSI” DELLE ESPERIENZE SI EDIFICA SU SOLIDE BASI IL FUTURO DELL’APICOLTURA di Santo Panzera

In

apicoltura non si può più in alcun modo improvvisare, ma operare in maniera metodica e costante perché “chi si ferma è perduto”; bisogna essere memori delle esperienze passate ed arricchirsi di nuove conoscenze, nella piena consapevolezza che solo con lo scambio, con la “trofallassi” delle esperienze si edifica su solide basi il futuro dell’apicoltura. Noi apicoltori, in questi soleggiati mesi estivi, mentre tutti programmano e parlano di vacanze, gite e weekend, siamo invece tutt’altro che liberi e rilassati. Nei primi periodi, la gestione degli apiari durante il raccolto estivo può limitarsi al solo controllo dei melari, dando per scontato di aver operato i necessari controlli al momento del trasferimento degli alveari dalla postazione primaverile a quella estiva e di aver risolto eventuali orfanità. Dopo le ultime fioriture (castagno ed Eucalipto camaldulensis), normalmente verso metà-fine luglio, bisogna preoccuparsi di asportare il miele; nel togliere i melari è bene tenere d’occhio la maturità del miele ed attenersi con scrupolo a pulizia ed igiene, in quanto elementi imprescindibili per la salubrità e la qualità del miele stesso. In questi pe22 | Apitalia | 7-8/2018

riodi, ogni tentativo di sottrazione di miele diventa una buona occasione per scatenare saccheggi, in quanto le api, impossibilitate ad approvvigionarsi sui fiori, danno l’assalto alle scorte di altri alveari; tali saccheggi possono essere a volte di notevoli proporzioni dato che, nelle zone più vocate ai raccolti estivi, spesso insistono parecchi apiari in un raggio limitato. È necessario adottare tutte le precauzioni del caso ed ogni utile accorgimento per non innescare tali spiacevoli fenomeni: • prelevare i melari il più velocemente possibile, organizzandosi

NEI MESI CALDI SONO NECESSARI ABBEVERATOI PER MANTENERE L’IDRATAZIONE DELLE LARVE


al meglio e predisponendo tutto in anticipo; • accatastare accuratamente i melari sul mezzo e coprirli per impedire l’accesso alle api: • operare sul far del giorno o della sera, quando le api tolte dai melari, saranno più propense a rientrare in casa, tenendo a bada il loro istinto predatorio; • non lasciare a disposizione delle api residui di cera con miele; • non tenere aperto un alveare per troppo tempo per visite prolungate; • non lasciare alveari deboli ed alveari forti in uno stesso apiario (famiglie deboli sono oltre che quelle malate ed altamente parassitate, anche gli sciami artificiali da poco costituiti, non ancora in grado di difendersi); • visitare con scrupolo e sufficiente frequenza gli alveari, senza lasciare in giro famiglie orfane o malate; • non effettuare in orari inopportuni, come al mattino o al pomeriggio invece che alla sera, operazioni come la restituzione dei melari con i telaini smielati. I saccheggi, alle nostre situazioni

climatiche particolarmente calde e secche, possono essere scatenati dall’inserimento di prodotti evaporanti per il trattamento antivarroa, in quanto l’odore forte e persistente del timolo attenua nell’alveare la trasmissione dei messaggi di allarme e nelle saccheggiatrici la percezione che l’alveare oggetto di attenzione sia dotato di regina e quindi in buona salute ed infine esso maschera quello tipico di ciascuna famiglia, determinando disorientamento delle stesse api. Possono diventare oggetto di saccheggio anche le famiglie forti che vengono esposte all’attenzione delle saccheggiatrici o abbondantemente “affumicate”, in quanto il fumo interferisce con il sistema difensivo delle api, oscurando il feromone di allarme. L’inizio del saccheggio si riconosce dal tipo di volo davanti alla porticina dell’alveare, ben diverso dall’andirivieni continuo delle bottinatrici; infatti si osserva: • volo senza direzione in cui le api esplorano le arnie dal retro, dal fondo e dai lati alla ricerca di qualche pertugio attraverso cui

penetrare (necessità di arnie in buone condizioni strutturali); • volo concitato, a scatti avanti e indietro sulla porticina (sono api saccheggiatrici che cercano di eludere la sorveglianza delle guardiane, atterrano velocemente e, se l’ingresso viene loro impedito, si ritirano altrettanto velocemente, sempre pronte a riprovarci ); • verificarsi di veri e propri episodi di lotta, di duelli corpo a corpo, con api che si stringono ed avvitano cercando di pungersi. Attenzione però a non confondere per saccheggio i voli collettivi di orientamento che compiono le api giovani, allo scopo di memorizzare la posizione dell’alveare, fenomeni che solitamente si verificano da mezzogiorno al primo pomeriggio, nei periodi in cui vi sono tante nascite e cessano spontaneamente dopo una ventina di minuti; si manifestano con i voli di api giovani avanti e indietro, davanti o all’intorno dell’alveare, senza però allontanarsi o assaltare fessure o residui di miele, senza essere aggressive e in assenza perciò di lotte e strategie difensive delle

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AGENDA LAVORI. SUD guardiane. Quando il saccheggio è in atto occorre restringere gli ingressi attraverso la loro copertura ad esempio con erba, limitandoli a pochi fori, in modo da consentire un’efficace strategia difensiva alle api di casa, L’alveare oggetto di saccheggio, oltre che portato via va travasato in un’altra arnia in quanto, in caso contrario, il saccheggio può riprendere a causa dell’odore dei frammenti di cera sminuzzati dalle saccheggiatrici o per la presenza di qualche tipo di sostanza odorosa rilasciata dalle saccheggiatrici stesse. Quando il saccheggio è esteso a numerose colonie dell’apiario si può intervenire scoperchiando tutti gli alveari,sollevando tetto e coprifavo, inducendo così le saccheggiatrici a rimanere nella propria casa per il preponderante istinto di autodifesa. Nei mesi estivi è necessario proteggere gli alveari dai raggi del sole che impegnano le api, assiepate all’ingresso dell’alveare, al lavoro forzato della ventilazione, allo scopo di creare un flusso d’aria atto a ridurre la temperatura interna. In assenza di tettoie o coperture strutturalmente elaborate, è sufficiente predisporre sopra gli alveari delle cassette vuote di frutta capovolte, facilmente reperibili ed a costo zero, in quanto spesso accatastate all’uscita dei supermercati, in attesa del camion dell’immondizia. Nei mesi caldi le api hanno assoluto bisogno di acqua per regolare la temperatura interna del nido, che deve essere compresa tra 34,5 e 35,5 °C, indipendentemente dalla temperatura esterna e per il mantenimento dell’umidità interna, in 24 | Apitalia | 7-8/2018

funzione della schiusa delle uova e del giusto livello di idratazione delle larve; l’acqua è inoltre indispensabile per sciogliere le riserve di miele in periodo di assenza di importazione di nettare, data l’impossibilità di attingerla da quest’ultimo, tanto che la frequentazione da parte delle api di luoghi di approvvigionamento è un indicatore di scarsa disponibilità di nettare. Ai nostri climi estivi molto caldi il consumo di acqua per famiglia può raggiungere i 5 litri al giorno, per cui, in assenza di fonti di approvvigionamento naturale, occorre ricorrere ad abbeveratoi. Nel predisporre nei nostri apiari degli abbeveratoi artificiali, dobbiamo attenerci ai comportamenti assunti dalle api intente a raccogliere acqua, le quali si dispongono ai margini esterni della fonte e prediligono materiali spugnosi o assorbenti; sarà perciò sufficiente riempire dei secchi o altri contenitori, avendo cura di inserire, allo scopo di impedire l’annegamento delle api, del materiale galleggiante (vanno benissimo i contenitori alveolati vuoti in polistirolo delle piantine da orto ).

Nei mesi estivi risulta improrogabile un trattamento antivarroa, da effettuare al più presto, dopo aver tolto i melari e non oltre i primi di agosto. Normalmente nelle aree rivierasche e collinari della Calabria, il particolare andamento climatico/ botanico fa sì che dopo metà luglio cessino le fioriture e le api soffrano la mancanza di polline, anche perché quello di eucalipto, essendo povero di aminoacidi essenziali e grassi, risulta poco nutriente; si produce così nelle api un aumento dell’istinto a raccogliere polline e, non trovandolo, vanno raccattando qualunque cosa gli assomigli (farina di frumento, cereali per il bestiame o perfino segatura di legno); tutto ciò induce nei nostri ambienti una drastica riduzione di covata che migliora l’efficacia dei trattamenti antivarroa. Per i trattamenti antivarroa possiamo usare o i preparati evaporanti a base di timolo (ApiLifeVar e Apiguard) o Api Bioxal previa asportazione di covata per formare nuclei. Nel trattamento con evaporanti, per limitare il rischio di saccheg-


gio, bisogna equilibrare preventivamente la forza delle famiglie; è preferibile trattare contemporaneamente l’intero apiario; durante il trattamento è meglio evitare la sostituzione delle regine. Affinché il trattamento con evaporanti raggiunga la massima efficacia è necessario chiudere le aperture per l’aerazione dell’arnia, riposizionare le porticine d’ingresso, in particolare, poiché i vapori sprigionati sono più pesanti dell’aria, occorre riposizionare i cassettini in lamiera dei fondi mobili che andranno spalmati con olio di vaselina, evitando così che le varroe cadute, ma ancora vive, possano risalire sulle api, oppure se morte vengano asportate dalle formiche, falsando i

valori dell’infestazione. Per limitare i fenomeni di saccheggio è meglio effettuare i trattamenti nel tardo pomeriggio, quando la gran parte delle bottinatrici è rincasata. L’Api Bioxal deve invece essere impiegato in assenza di covata, in quanto la sua azione non è prolungata nel tempo ma rapida ed immediata. E’ fondamentale abbinare al trattamento un intervento biotecnico di asportazione della covata dall’alveare ceppo ; l’alveare ceppo con regina viene fornito di fogli cerei o meglio favi già costruiti e poi trattato con Api Bioxal gocciolato entro i 2 giorni successivi, per consentire alla famiglia di riorganizzarsi. I favi di covata opercolata e le api che li presidiano vengono inseriti in cas-

settini di polistirolo per formare nuclei che saranno spostati a più di 3 Km., per evitare il ritorno delle bottinatrici al ceppo di origine; ad essi dopo 7 giorni verrà fornita una cella reale nascente e, dopo circa 21 giorni dalla loro formazione, si controlla l’avvenuta fecondazione e, approfittando dell’assenza di covata opercolata e del fatto che la varroa sia esclusivamente in fase foretica, viene loro somministrato Api Bioxal gocciolato. Con la passione che ci guida, con l’impegno, l’estro e con l’aiuto della fantasia che a noi apicoltori di certo non manca, siamo sicuri che, operando con coscienziosità e professionalità, ogni problema sarà risolto. Santo Panzera

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AGENDA LAVORI. ISOLE

MORTO IL RE, VIVA IL RE

CAPACITÀ TECNICHE, PROGRAMMAZIONE, RELAZIONI DI MERCATO di Vincenzo Stampa

C

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gere ma entrano in gioco: capacità tecniche, programmazione, relazioni di mercato. L’obiettivo più semplice è quello di accumulare le scorte per il futuro. Per raggiungere lo scopo, alla fine del raccolto estivo, si tolgono definitivamente i melari; l’azione simultanea dell’affollamento del nido, dell’alta temperatura e della scarsità del raccolto provocano un rallentamento della deposizione. Di conseguenza i consumi si riducono e lo spazio che si rende disponibile nel nido, per la nascita della covata esisten-

I PORTASCIAMI SI POSSONO POPOLARE CON LE API DI UN INTERO MELARIO

Foto Vincenzo Stampa

osa possiamo dire: rien ne va plus, oppure morto il re viva il re? Io sono per la seconda opzione. In apicoltura c’è sempre un’alternativa, alle volte più di una, il punto di partenza è sempre l’analisi oggettiva della situazione lo “status quo” da relazionare con un obiettivo che si vuole raggiungere, attraverso una puntuale programmazione. Mancando il raccolto sull’eucalipto, non tanto per motivi climatici ma per l’azione del parassita psilla (Glycaspis brimblecombei), la stagione produttiva, da queste parti, si può considerare conclusa a fine giugno. Adesso gli alveari sono in perfetta forma, pieni di api, di covata e di scorte ma, un poco alla volta, andranno in recessione a causa del raccolto che scarseggerà sempre di più; sarà come andare verso un inverno, caldo invece che freddo. L’attuale situazione florida non è stata gratuita, è costata tanto in termini di consumo di alimento, di lavoro per le api e per l’apicoltore; perché sprecarla? La possiamo capitalizzare? Certamente si! E qui si apre un ventaglio di possibilità, la cui scelta è condizionata non solo da un obiettivo che si vuole raggiun-

Foto 1 - Api che occupano il melario dopo la smielatura.


deposizione. Naturalmente, gli sciami così formati, vanno seguiti con attenzione e riforniti, al bisogno, di scorte liquide e/o di covata nascente. Le famiglie originarie rimangono forti e saranno in grado di fornire, nel futuro, quanto occorrerà agli sciami artificiali formati. Abbiamo capitalizzato una massa biologica che diversamente sarebbe andata perduta senza Foto 2 - Portasciame preparato per accogliere le api del melario, profitto. Naturalmente si possono i favi sono posizionati in direzione dell’ingresso. ipotizzare altre alternative, lascio te, viene occupato dalle scorte che feconde. Per ogni sciame che si in- il compito alla professionalità e derivano dal ridotto consumo tende realizzare occorre: un porta- all’immensa creatività dei lettori. anche in presenza di uno scarso sciame col il coprifavo forato, due raccolto. In fase d’invernamento favi da nido costruiti, un imbuto Post Scriptum ci ritroveremo favi da nido pie- per il travaso delle api, una regina Forse qualcuno resterà perplesso ni, utili per rifornire le famiglie feconda in gabbietta. sulla conclusione del ragionapiù sfornite. In alternativa si può In azienda si prepara il portasciamento ma è conseguente ad una utilizzare la grande massa di api mi con i favi e la gabbietta con la convinzione. Negli anni settanta presente nei melari per la forma- regina bloccata tra questi (Foto 2). del secolo scorso si assiste all’ezione di nuovi sciami da destinare Giunti in apiario, tramite l’imbusplosione degli interventi umaalla vendita, uno sciame per ogni to, si popolano i portasciami con nitari verso le popolazioni del melario pieno di api (Foto 1). Per le api di un intero melario (Foto 3), così detto “terzo mondo” e, conrealizzare questo programma oc- gli sciami così formati si portano temporaneamente, si accende corre avere, oltre che un minimo in un’altra postazione e si alimenil dibattito sulle modalità degli di attrezzatura, anche delle regine tano con candito per stimolare la interventi che, sinteticamente, si

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AGENDA LAVORI. ISOLE può riassumere nella domanda: forniamo quanto necessario alla sopravvivenza o forniamo gli strumenti per procurarsi il necessario? Poi magari non tutto è andato per il verso giusto, ma questa è un’altra storia. La domanda rimane attuale per chi si è preso l’incarico di informare/formare. Suggerire soluzioni pre confezionate non sempre può risultare idoneo alle diverse situazioni locali e personali, ritengo sia più utile suggerire un’idea, come si dice in musica diamo il “la”, poi ciascuno si fa il solfeggio che più gli piace. Vincenzo Stampa

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Foto 3 - Per facilitare l’immissione delle api, l’imbuto viene posto in direzione del lato vuoto del portasciame.


REGOLAMENTO 2018 È istituito il premio “Roberto Franci” da assegnare ogni anno, in occasione della Settimana del Miele, ai migliori mieli di produzione nazionale ed internazionale. Il premio ha lo scopo d’incentivare la produzione di qualità, promuovendone il consumo presso il grande pubblico. A tal fine ai migliori mieli saranno assegnati attestati di qualità. La promozione sarà assicurata sia attraverso la loro presentazione e degustazione alla Settimana del Miele, divenuta un importante punto d’incontro tra produttori e consumatori, che attraverso la divulgazione mezzo stampa dei risultati del Concorso. L’Organizzazione e la Segreteria del Concorso è affidata all’A.S.G.A. - Associazione Apicoltori Siena Grosseto Arezzo che si avvarrà della collaborazione dell’Albo degli Esperti in Analisi Sensoriale del Miele per la definizione dei parametri tecnici, per il giudizio, la selezione dei campioni e l’assegnazione dei premi. Il premio Internazionale dei mieli “Roberto Franci” ha il riconoscimento dell’Albo degli Esperti in Analisi Sensoriale del Miele.

CONDIZIONI DI PARTECIPAZIONE AL PREMIO “ROBERTO FRANCI” Gli apicoltori che intendono partecipare al concorso dovranno inviare entro il 20 AGOSTO 2018 ogni tipo di miele con il quale vorranno concorrere: • una campionatura costituita da 3 confezioni da 500 g ciascuna, in idonei vasi di vetro, completamente anonimi ; • scheda di partecipazione debitamente compilata; • una quota d’iscrizione di € 25,00 per i soci ASGA e abbonati a “l’APIcoltoreitaliano” o di € 30,00 per i non associati (il costo della quota annuale di iscrizione all’ASGA è di € 10,00) a parziale copertura delle spese di analisi, con versamento sul: • iban: IT06F0103025500000000195859 sempre intestato a A.S.G.A. Montalcino CAUSALE: CONCORSO MIELI c.c.p. n. 12379533 intestato: A.S.G.A. - Montalcino. I campioni corredati della documentazione di cui sopra, vanno inviati al seguente indirizzo: A.S.G.A. VIA DEL LOGONUOVO N. 1 - 53024 MONTALCINO SI “Concorso R. Franci 2018” Sono ammesse solo campionature di miele: • di produzione italiana e dei paesi europei • provenienti da partite prodotte nell’annata, (deroga per corbezzolo, prodotto nell’annata precedente); • estratto da favi mediante centrifugazione; • con contenuto di acqua inferiore al 18%; • con contenuto di idrossimetilfurfurale inferiore a 10 mg/kg;

Tutti i mieli che non hanno le caratteristiche richieste sono esclusi dal concorso. I campioni di miele che rispondono alle caratteristiche sopra elencate verranno valutate dal Panel di assaggiatori di mieli composto da assaggiatori iscritti all’Albo degli Esperti in Analisi Sensoriale del miele. Ogni campione verrà giudicato nell’ambito della categoria dichiarata (monoflora, melata, poliflora). Verranno valutate le caratteristiche olfattive, quelle gustative e quelle tattili (consistenti essenzialmente nella valutazione della forma e dimensione dei cristalli). Verranno, inoltre, eseguite le analisi utili al fine di una migliore valutazione della qualità. I premi saranno assegnati ai produttori che avranno presentato i migliori mieli di produzione italiana e dei paesi europei, nell’ambito dei parametri presi in considerazione. I premi consisteranno in attestati di qualità che verranno assegnati ad ogni campione di miele riconosciuto perfettamente rispondente ai migliori standard qualitativi. Inoltre saranno premiati i primi classificati di ogni tipologia in cui siano presenti almeno 3 campioni rispondenti. Le tipologie di miele che non raggiungono il numero di 3 campioni saranno raggruppati all’interno dei “Mieli Rari” dei quali saranno premiati i primi classificati. Il comitato Organizzatore invierà comunque ad ogni partecipante i risultati delle analisi dei campioni ricevuti ed un giudizio di qualità al fine di contribuire al miglioramento qualitativo della produzione.

CONDIZIONI DI PARTECIPAZIONE AL PREMIO “ROBERTO FRANCI” Da compilare ed inviare insieme ad ogni campionatura a: A.S.G.A Via del LOGONUOVO N.1 - 53024 MONTALCINO SI “Concorso Roberto Franci 2018” Qualora si spediscono più campionature, apporre sul miele e sulla scheda un numero identificativo .................................................................. Nome e Cognome o Ragione Sociale.................................................................... ................................................................................................................................ Via . ........................................................................................................................... Cap .................... Località ....................................................................................... Prov. ................. Nazione ....................................................................................... Telefono ................................................ Fax .......................................................... Email . ....................................................................................................................... CATEGORIA DI APPARTENENZA DEL MIELE

 Monoflora (specificare quale) ..................................................................  Melata di .........................................................................................................  Poliflora (Millefiori) ......................................................................................

Caratteristiche della zona (pianura, collina, montagna e tipo di coltivazioni): ................................................................................................................................ ................................................................................................................................ ................................................................................................................................ Note (descrizione del miele, certificazioni ad esempio biologico, ecc.): ................................................................................................................................ ................................................................................................................................

 Socio A.S.G.A.

la quota annuale d’iscrizione è pari a € 10,00 da versare sul c.c.p. n. 12379533

Dichiaro che quanto sopra riportato corrisponde a verità.

Data ......................................................................................................................... Firma .......................................................................................................................


NORMATIVA

L’ANAGRAFE APISTICA

PROVIAMO A FARE UN PO’ DI CHIAREZZA di Angelo Lombardi

Da

quando è stato pubblicato il Manuale Operativo per la gestione dell’anagrafe apistica nazionale (Decreto 11/08/2014 - G.U. n. 291 del 16/12/2014) contenente le procedure operative di attuazione del Decreto che ha istituito la sezione dedicata al settore apistico della BDN dell’anagrafe zootecnica (Decreto 4 dicembre 2009 - G.U. nr.93 del 22 aprile 2010) è passato molto tempo, sono stati dedicati a questo tema incontri pubblici e privati, articoli tecnici e di opinione, gli apicoltori hanno speso fiumi di parole per confrontarsi sulla utilità dell’Anagrafe, sulla sostenibilità delle procedure. E mentre si continua a discutere su auspicabili miglioramenti (tutto è perfettibile, figuriamoci se non lo è uno strumento legislativo che prova a regolamentare un settore che per decenni non era stato tenuto in alcuna considerazione dalla Sanità pubblica veterinaria) la produzione normativa di riferimento non si è fermata. Anzi. Sono state pubblicate integrazioni e circolari di chiarimento che hanno reso il quadro generale più chiaro per gli operatori, hanno rettificato alcuni passaggi amministrativi eccessiva-

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mente gravosi ed hanno definito un contesto sanzionatorio senza il quale la norma sarebbe stata ancora una volta elusa o disattesa. Cerchiamo di fare un po’ d’ordine, partendo dalla fine. Nel mese di maggio dovrebbero entrare in vigore le disposizioni e le indicazioni contenute nel Decreto del Direttore Generale della sanità animale e dei farmaci veterinari del Ministero della Salute emanato di concerto con il Direttore Generale dello sviluppo rurale del Ministe-

Foto Renato Garibaldi

CENSIRE GLI ALVEARI DEVE ESSERE OBIETTIVO COMUNE A TUTTI


ro delle Politiche il 27/11/2017. Il condizionale sui tempi di attuazione è d’obbligo vista l’inusuale terminologia utilizzata al punto 6 dell’articolo 3 del Decreto che così recita “Gli adempimenti previsti dal presente dispositivo sono attuati in maniera da consentire la piena operatività delle disposizioni in esso contenute entro 180 giorni dalla sua entrata in vigore”. Ma quali sono le principali novità introdotte dal Decreto interdirettoriale? Il punto centrale è rappresentato dall’articolo 3 che, senza possibilità di fraintendimenti, afferma l’obbligo di registrazione, di tutti gli “spostamenti di alveari, pacchi d’ape o api regine, effettuati a qualsiasi fine ivi compresi quelli per attività di nomadismo o per servizio di impollinazione” prima di iniziare lo spostamento o, al più tardi, contestualmente all’inizio

dello stesso. Questo obbligo, per la verità, era già stato previsto da una interpretazione del punto 12 del Decreto del Ministero della Salute 11 agosto 2014, esplicitata con una nota del 31/08/2016 (0020204 - 31/08/2016 - DGSAF - DGSAF - P). È prevista la deroga per lo spostamento da e verso apiari della medesima proprietà che avvengono all’interno della stessa provincia e che sono già registrati in BDA (i dati possono essere modificati entro sette giorni dall’avvenuto spostamento). La movimentazione delle api regine, invece, può essere comunicata mensilmente, in maniera cumulativa, entro la fine del mese successivo a quello in cui si sono verificate le movimentazioni. Un altro passaggio molto importante contenuto in questo Decreto, è il nuovo allegato C che sostituisce quello del Manuale operativo.

Integrazione significativa soprattutto alla luce dell’entrata in vigore del Decreto ministeriale 28 giugno 2016 che prevede la compilazione del modello 4 (la certificazione sanitaria di provenienza e di destinazione degli animali) esclusivamente in modalità informatica. In una circolare esplicativa del 04/08/2017 (rif. 0018559 04/08/217 - DGSAF - MDS - P), il Ministero della Salute ha precisato che la compilazione del modello C (oggi nella versione ultima) ha la stessa valenza della compilazione informatizzata del modello 4, e quindi vale come certificazione sanitaria. La regolamentazione dell’Anagrafe apistica ha sicuramente un’importanza strategica rilevante nell’ambito delle politiche sanitarie del settore apistico (esemplare il caso di Aethina). La legge 28 luglio 2016, n. 154, il cosiddetto “Collegato Agricolo” (GU SG n.186 del 10/08/2016), all’art. 34, ha introdotto sanzioni amministrative pecuniarie da 1.000 a 4.000 euro, per le mancate denunce di detenzione di alveari o di comunicazione della loro variazione (trasferimenti) all’Anagrafe apistica nazionale. All’apparenza eccessivamente gravose, specie quando si collegano alle difficoltà per gli operatori delegati alle registrazioni, dinanzi ai perduranti malfunzionamenti dei sistemi informatici e dei relativi nodi regionali, saranno pienamente giustificabili se e quando il sistema sarà perfettamente efficiente. A tal proposito vale la pena di ricordare che con nota del 7-8/2018 | Apitalia | 31


Foto Francesco Oliverio

NORMATIVA 31/08/2016 (rif. 0020204 DGSAF - DGSAF - P) il Ministero della Salute ha ricordato che come già comunicato con una nota precedente (prot. 7447 del 24/03/2016), in linea con quanto stabilito per i controlli inerenti le anagrafi degli animali delle specie zootecniche, in caso di primo riscontro di non conformità sanabile, è possibile utilizzare lo strumento della prescrizione, fissando un termine non superiore a quindici giorni per la completa regolarizzazione delle violazioni accertate, evitando dunque l’irrogazione della sanzione pecuniaria. In conclusione si può affermare che la regolamentazione sanitaria del censimento e delle movimentazioni degli alveari è in una fase di dinamico assestamento. C’è ancora molto da fare in termini di alleggerimento e semplificazione degli oneri amministrativi a carico degli apicoltori ma sembra che il legislatore abbia intrapreso una strada che viene incontro alle esi-

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genze dei produttori. Resta inteso che lo strumento della BDN è patrimonio di tutto il settore e ne rappresenta un’eccellenza in campo europeo (l’Italia è avanti a tutti in Europa in questa materia). Quindi bisogna lavorare per migliorarla, ma senza mai metterne in discussione i principi fondanti. Far emergere la presenza degli alveari e la loro reale distribuzione sul territorio, deve infatti restare un obiettivo comune a tutti; è utile per acquisire autorevolezza nel

confronto con le istituzioni che devono riconoscere la significatività del nostro lavoro e delle nostre api, ma è utile anche al nostro interno, per fare chiarezza sulla reale consistenza del patrimonio apistico nazionale e della sua composizione, dove tutti, piccoli e grandi, amatoriali e professionisti, hanno il diritto di allevare le proprie api ed hanno il dovere di allevarle bene e nel rispetto delle regole. Angelo Lombardi



PARASSITI

AETHINA TUMIDA?

UNA BIOTECNICA DI CONTENIMENTO di Francesco Artese

A

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tilizzo di veleni nelle nostre arnie. Le nostre osservazioni, gli studi, le riflessioni e lo scambio di informazioni tra noi apicoltori sul comportamento di Aethina ci hanno portato a tentare di combatterla sfruttando alcune sue caratteristiche comportamentali. L’Aethina tumida rifugge la luce!! Quando viene aperta l’arnia gli adulti del coleottero vanno a nascondersi nelle zone più buie e tranquille (si sa che all’apertura dell’arnia, le api, disturbate, interrompono provvisoriamente il loro lavoro per riorganizzarsi per la nuova situazione da noi creata) in attesa che si ristabiliscano le condizioni precedenti all’apertura. Allora - è stata la nostra idea - per-

L’USO DELLA PARETE MOBILE STA PORTANDO ALLA SCOMPARSA DEL COLEOTTERO DEGLI ALVEARI

Sotto - Parete mobile prima…

Foto Francesco Artese

llarme! Allarme! È arrivata l’Aethina tumida in Europa: il parassita degli alveari che porta grossi problemi alle api è in Italia, specificatamente in Calabria. Siamo nella piana di Gioia Tauro dove a Settembre 2014 viene confermata la presenza del coleottero. Si muovono le Istituzioni, gli apicoltori e le loro Associazioni. Viene stabilito un piano che tenti l’eradicazione del parassita. I controlli dei Servizi Veterinari evidenziano già una sua discreta presenza nella piana e circoscrivono il territorio vietando, ma non impedendo, le movimentazioni degli alveari. Mentre si dà il via ai roghi degli apiari infetti per contenerne la diffusione, noi apicoltori del posto incominciamo a notare che il comportamento in Calabria del parassita non corrisponde a quanto riportato in letteratura. Approfondendo l’esame dei testi bibliografici in materia e confrontandoli con le conoscenze che acquisivamo sul campo, si rafforzava il nostro convincimento che l’Aethina, nelle nostre zone, poteva essere combattuta. Le esperienze delle altre Nazioni dove l’Aethina, era presente da molti anni, il tentativo di contrasto prevede l’uso di molecole chimiche, noi invece abbiamo deciso di tentare una strada alternativa all’u-


Sopra - … e dopo

ché non creare noi un posto buio e tranquillo - senza api - dove l’Aethina possa provvisoriamente rifugiarsi e allo steso tempo facilitarci il suo rintraccio e la sua eliminazione? Ecco nata la “parete mobile”. FUNZIONA! All’inizio era solo un diaframma rigido poggiato sul fondo dell’arnia ed accostato alla parete. Il sistema è andato via via miglio-

rando. Il diaframma non è più poggiato sul fondo ma sospeso, come i telaini. La facciata interna, quella nascosta dove si rifugia il parassita è - quando spostato per l’osservazione e la cattura - riflettente la luce. Anche la tecnica di visita degli alveari è stata ottimizzata per “attivare” la parete mobile. La visita si inizia dalla parte opposta alla parete mobile. In occasione delle normali visite dell’alveare, si tolgono i primi tre o quattro telaini e si spostano i successivi per lasciare lo spazio sufficiente per introdurre la leva o un “aspira-insetti” - anche questa è una nostra idea tra la parete mobile e la parete vera dell’arnia. Gli esemplari adulti di Aethina,costretti a rifugiarsi dietro la nostra parete mobile, sia per fuggire dalla luce sia per non essere disturbate dalle api, saranno evidenti e non più “protetti” dal corpo delle

api e quindi raggiungibili ed eliminabili. L’uso della parete mobile - economica, rispettosa per le api, non inquinante e alla portata di ogni apicoltore - impiegata in questi ultimi tre anni dalla gran parte degli apicoltori della piana di Gioia Tauro, sta portando alla quasi scomparsa di Aethina tumida nel nostro territorio. I focolai rimasti dopo i roghi pensiamo siano in esaurimento e nei nostri apiari raramente si trova ancora qualche esemplare del coleottero (che viene sistematicamente eliminato). Per gli apicoltori della zona il problema Aethina tumida è diventato meno importante della varroa o delle virosi o degli avvelenamenti durante i raccolti. Non cantiamo vittoria nella lotta al parassita esotico, perché basterebbe l’ennesimo caso di apicoltore “untore” per riproporre altri focolai di diffusione, ma almeno ora abbiamo un’arma efficace e pulita che non ci costringerà alla distruzione degli alveari o all’uso di molecole chimiche. Viva le api, abbasso l’Aethina! Francesco Artese

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RICERCA

ANTIBIOTICI? NO GRAZIE

QUESTE SOSTANZE PERTURBANO IL MICROBIOMA INTESTINALE ED AUMENTANO LA MORTALITÀ DELLE API di Gianni Savorelli

Si

è trovato che l’esposizione ad antibiotici altera significativamente il microbioma intestinale delle api nella sua dimensione e composizione e porta ad una diminuzione di sopravvivenza delle api verosimilmente come conseguenza di un aumento di suscettibilità a patogeni opportunistici.

presente è raramente raggiunto. Nei fatti, è stato suggerito che un consistente uso di antibiotici abbia permanentemente cambiato il nostro microbioma, causando un aumento di presenza di quella “moderna piaga” che risultano essere obesità, asma, diabete, e certe forme di tumore.

Titolo originale del lavoro Antibiotic exposure perturbs the gut microbiota and elevates mortality in honeybees Kasie Raymann*, Zack Shaffer, Nancy A. Moran *Department of Integrative Biology, University of Texas, Austin, Texas, United States of America

RISULTATI INTRODUZIONE I trattamenti antibiotici danno Le comunità microbiche presenti come risultato un notevole camnello stomaco di qualsiasi essere ne biamento nella dimensione della influenzano la salute in molti modi comunità microbica presente nelinclusi sintesi di vitamine, digestione del cibo, difesa da patogeni e modulazione di comportamento, sviluppo e immunità. Le comunità microbiche presenti nello stomaco di qualsiasi essere possono essere disturbate da diversi fattori uno dei più potenti dei quali è rappresentato dai farmaci antibiotici, l’uso dei quali risulta produrre pesanti modificazioni della quantità e della qualità della comunità microbica presente. Una molteplicità di studi ha mostrato una riduzione delle diversità di specie presenti nel microbioma intestinale dopo pochi giorni dalla somministrazione di antibiotici, ed Fig. 1 - Cambiamenti nel microbiota dello stomaco dell’ape dopo 5 giorni dal trattamento con anche che un completo ritorno alla tetraciclina. Le colonne C sono il controllo , quelle T il trattato con antibiotico. Si vede molto bene situazione batterica inizialmente la drastica diminuzione di presenza di simbionti. 36 | Apitalia | 7-8/2018


2.1 e Frischella perrara) ed una specie ambientale (Lactobacillus kunkeei). In contrasto, diverse specie “non-core”, inclusa Serratia e Halomonadaceae, hanno mostrato elevata abbondanza ai giorni di studio 3 e 5 rispettivamente. In aggiunta ad un aumento di batteri “non-core bacterial taxa” ,nelle api trattate con tetraciclina si è anche osservato un apparente aumento della presenza di funghi, in particolare lieviti. Fig. 2 - Tasso di sopravvivenza e cambiamenti nella comunità batterica dopo il trattamento con tetraciclina. La figura mostra quali batteri riescono a sopravvivere all’antibiotico e in quale percentuale rispetto alla quantità presente al momento del trattamento.

lo stomaco delle api (Fig 1A e 1B). Nessuna delle specie batteriche appartenenti al “core batterico” è risultata completamente eradicata dal trattamento con tetraciclina, ma l’abbondanza batterica totale, così come l’abbondanza assoluta di alcune specie, risulta diminuire nelle api trattate. Di otto “core bacterial species” normalmente presenti nello stomaco delle api, quattro risultano significativamente condizionate dal trattamento con tetraciclina. I taxa Gram-positivi, Bifidobacte-

rium, Lactobacillus Firm-5 e Lactobacillus Firm-4, risultano i più condizionati (Fig 1C). La specie Gram-negative, Snodgrassella alvi, risulta a sua volta ridotta (Fig 1C). Un altra specie “core”, Bartonella apis, non è risultata diminuita come presenza all’inizio dei campionamenti (giorno 0), ma lo è risultata nei successivi momenti di studio. Altre specie, hanno mostrato significative variazioni di abbondanza relativa nei successivi momenti di studio. Due specie “core” (Alpha

DISCUSSIONE Come previsto, si è osservato un sostanziale cambiamento nella composizione del microbioma intestinale a seguito trattamento antibiotico. Nessuno dei ceppi batterici appartenenti al “core bacterial” è risultato completamente eliminato. Tuttavia, la maggior parte delle specie batteriche “core” risultano diminuire significativammente come dimensione di popolazione e come diversità della stessa a seguito del trattamento. Un eccezione è costituita da G. apicola, che risulta aumentare a seguito applicazione dell’antibiotico. Si è osservato che api trattate con

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RICERCA antibiotico e ritornate all’alveare sono dotate di una sopravvivenza inferiore a quella di api non trattate. Diversi studi hanno evidenziato come il microbioma intestinale abbia un ruolo consistente nella protezione dell’ape da patogeni tripanosomatidi. Un recente studio mostra che la colonizzazione dello stomaco dell’ape da parte del microbioma intestinale diminuisce la possibilità di infezione da parte del tripanosoma Lotmaria passim, provvedendo evidenze di come disbiosi intestinale promuova l’invasione dei patogeni. Si è rilevata elevata presenza di batteri di due specie batteriche “non-core” nelle api trattate con antibiotico: Serratia e Halomonadaceae, i quali possono essere patogeni opportunisti capaci di invadere lo stomaco come conseguenza della perturbazione prodotta dall’antibiotico. Perciò questi batteri possono essere responsabili di aumentata mortalità delle api trattate con antibiotico. Per verificarlo, api trattate con antibiotico sono state esposte a Serratia isolati dagli stessi alveari osservando elevata mortalità in api trattate con tetraciclina. La riduzione di presenza di ceppi batterici “core” (i batteri “core” sono quelli normalmente presenti nella flora batterica intestinale, ndR) normalmente presenti (Disbiosi) può portare ad un incontrollato aumento di batteri opportunisti (in gergo tecnico detti politici) i quali possono assumere quando presenti in quantità rilevanti, caratteristiche da patogeni (pathobionts). Perturbazioni della comunità microbica nello stomaco possono produrre modificazioni dell’espressione geni38 | Apitalia | 7-8/2018

ca, dell’attività delle proteine e del generale metabolismo del microbioma intestinale. Per esempio, cambiamenti nella struttura della comunità microbica possono alterare l’assorbimento del cibo o la disponibilità di metaboliti secondari ed impedire la rimozione di sostanze tossiche (metaboliti tossici). Analisi metagenomiche di alveari colpiti da colony collapse disorder (CCD), mostrano in questi aumenti di presenza relativa dei ceppi G. apicola, F. perrara, S. alvi, e Lactobacillus e parallela diminuzione di Alphaproteobacteria e Bifidobacteria in comparazione alle condizioni di un alveare sano. Si è osservato un aumento di abbondanza e diversità di G. apicola in api di alveari trattati con antibiotici. Questi risultati suggeriscono un effetto negativo derivante da alta abbondanza di G. apicola o ridotta abbondanza di Bifidobacterium e Lactobacillus. In aggiunta, api con microbioma naturalmente acquisito, trattate con antibiotici e mantenute in ambiente sterile in laboratorio mostrano una aumentata mortalità che non si osserva in api trattate con antibiotico e prive del loro proprio microbioma (germ-free bees), mostrando che la disbiosi a sé, piuttosto che il trattamento con tetraciclina produce effetto sulla salute delle api. Gli antibiotici sono comunemente usati in apicoltura in diverse nazioni. Nelle attuali condizioni degli alveari non è chiaro quanto antibiotico venga consumato da ciascuna ape, ma è probabile che alcune ricevano quantità più alte o molto più alte di quelle testate nel presente studio. Va anche considerato che una volta che

l’antibiotico è stato somministrato, lo stesso può persistere nell’alveare per un lungo periodo di tempo. Per esempio, tetraciclina è stata rinvenuta in alveari trattati per più di 3 mesi dopo la sua somministrazione. Perciò, gli effetti sugli alveari trattati potrebbero essere maggiori di quelli riportati nello studio effettuato. I risultati ottenuti suggeriscono che le api trattate possono riuscire - senza ulteriori esposizioni - a recuperare, ricomponendo il microbioma originale in una settimana. In questo studio si è trovato che tetraciclina, un antibiotico comunemente usato in apicoltura, altera in maniera consistente la composizione del microbioma dello stomaco riducendo la sopravvivenza delle api nell’alveare. Queste osservazioni portano a concludere che il microbioma dello stomaco svolge un ruolo importante e benefico sulla salute delle api nel contesto dell’ambiente alveare. Una possibile implicazione è che l’uso di antibiotici in apicoltura possa in realtà produrre più danni che benefici. Si è mostrato che una specie particolare del batterio Serratia, isolato su non poche api, causa aumento di mortalità a seguito di trattamento con tetraciclina. La dibiosi indotta da trattamento con antibiotico può anche portare ad aumento di incidenza di patogeni non batterici come virus e tripanosomatidi. Altre conseguenze da disbiosi, come impatto sulla capacità di digestione o aumentata sensibilità alle tossine, possono anche contribuire alla diminuzione di aspettativa di vita osservata nelle api trattate. Gianni Savorelli



MELISSOPALINOLOGIA

ORIGINE GEOGRAFICA DEI MIELI: PROLOGO

BIODIVERSITÀ E VARIABILITÀ CLIMATICA SONO PRESUPPOSTI PER CARATTERIZZARE IL MIELE di Nicola Palmieri

P

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Gibilterra) che ne determina una notevole salinità ed una elevata temperatura delle acque, mitiga particolarmente il clima della nostra penisola, specialmente lungo la fascia costiera. I numerosi e differenti laghi, le lagune ed i corsi d’acqua fanno il resto, restituendo al nostro paese una varietà di condizioni bio-geografiche e climatiche tali da rendere l’Italia il primo paese europeo come numero di specie animali, stimate in

LE API SI CERCANO E SI AIUTANO PER LA SOPRAVVIVENZA DELLA COLONIA

Foto Renato Garibaldi

er poter affrontare il tema dell’origine geografica dei mieli, il cui strumento indiscusso è l’analisi melissopalinologica, dovrò introdurre alcuni argomenti e nozioni indispensabili alla sua comprensione essendo una materia molto vasta che pone le proprie basi su studi, indagini e elaborazioni rilevanti dal punto di vista statistico. Ricordando anche in questa occasione che la melissopalinologia, per essere un po’ biblici, è “il principio e la fine” ovvero è lo strumento iniziale per caratterizzare i mieli geograficamente (dettagliandone i parametri) e finale per determinarne l’origine geografica. In questo modo sarà possibile conoscere l’identità di un miele senza passaporto oppure l’autenticità o la falsità della carta d’identità che lo accompagna. La morfologia del territorio italiano è caratterizzata da catene montuose, coste, isole, pianure e colline. La presenza del mar Mediterraneo, un mare particolare con un limitato sbocco naturale nell’Oceano Atlantico (stretto di


58.000 mentre i vegetali sarebbero 8.195, di cui 6.417 le specie e 1.778 le sottospecie (Bartolucci et al., 2018). Nel nostro territorio così particolare vi sono anche dei punti caldi, denominati hot spot, che esprimono una densità di biodiversità tra le più alte del mondo e sono localizzati sia sulle nostre isole che su alcuni rilievi montuosi. Un’altra peculiarità della nostra penisola è data dalla presenza del massiccio Alpino, caratterizzato da alcune vette che si spingono oltre i 4.000 m s.m.l. fino a sfiorare i 5000 m. Ciò determina, in un ristretto territorio, variazioni climatiche notevoli tendenti al freddo. Le aree a crescente altimetria, da 1000 m a 4000 m, fanno si che il clima presente in queste aree sia simile a quello di altri paesi nord europei, ubicati a latitudini molto più alte. Lo stesso clima freddo del massiccio alpino è presente anche nei paesi scandinavi che si trovano a circa 4000 km dalla Sicilia lungo l’asse della latitudine. Di fatto l’elevata varietà climatica italiana risulta compressa in un fazzoletto di terra pari a circa 300.000 kmq, e il risultato è un concentrato di

diversità biologica ed una elevata ricchezza di biocenosi. In sintesi si passa dal clima torrido africano al clima freddo del nord Europa, in poco più di 1.200 km lungo la latitudine. Il paesaggio è così caratterizzato dall’alternanza tra tanti e piccoli differenti ecosistemi adiacenti e altri più estesi che si distribuiscono omogeneamente lungo le coste o lungo gli Appennini, dal sud al centro-nord. Tutti gli ecosistemi presenti nel nostro territorio sono popolati da una vegetazione tipica, con numerosi endemismi 1.371 (Peruzzi et al., 2014) e piante rare. Questa premessa è stata necessaria per far capire meglio come questi aspetti quali la morfologia del territorio, l’elevato numero di biocenosi e l’elevata biodiversità, la grande variabilità climatica siano dei presupposti estremamente vantaggiosi per caratterizzare geograficamente un prodotto naturale come il miele. Prima di affrontare l’argomento principale ovvero l’origine geografica dei mieli, è necessario un ulteriore approfondimento sul concetto dell’arricchimen-

to pollinico per capire i meccanismi che determinano la presenza dei pollini nei mieli in genere. Intanto sono presenti 4 tipi di arricchimento pollinico. Si parla di arricchimento primario quando una contaminazione pollinica finisce per varie ragioni nel nettare del fiore, il quale successivamente verrà visitato dalle api mellifere per essere portato nell’alveare. Le cause di questo arricchimento possono variare e comprendere la semplice forza di gravità o anche la presenza di api selvatiche come: Eucere, Halictidi, Andrene, Osmie, Antofore, Bombi. Questi ultimi, di ragguardevoli dimensioni, bottinano velocemente e rumorosamente da fiore a fiore di piante diverse, suggendo nettare e raccogliendo polline indifferentemente. Queste api sociali si posano sul fiore, come un elicottero su una pista di atterraggio creando un vortice che mobilita nel nettare anche pollini presenti sul loro corpo o sulle zampette. Il vento, in particolare, permette di arricchire il nettare fiorale con pollini derivati da piante anemofile,

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MELISSOPALINOLOGIA snobbate da molti impollinatori, che altrimenti non sarebbero mai giunti nel nettare fiorale e quindi nel miele. Anche queste piante che sono parte integrante degli ecosistemi contribuiscono senza dubbio ad arricchire il sedimento del miele e a descrivere l’ambiente presente intorno all’alveare. Inoltre tutti gli altri insetti, con le loro attività biologiche, dalle vespe alle formiche, dalle mosche ai coleotteri o i piccoli animali, danno il loro contributo. L’insieme di questi fattori determina una combinazione di pollini che aiutano a disegnare il ritratto di quell’oasi, di quel parco, di quella vallata; e il quadro botanico delle lagune, delle coste, delle monta-

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gne, di una città o di una regione. Ma non basta, nel miele giunge anche il polline per arricchimento secondario, che si compie questa volta all’interno dell’alveare. Nella casa delle api i favi vengono costruiti verticalmente quindi la gravità in questo caso influenza poco l’arricchimento pollinico che si determina nel miele in via di maturazione. Al contrario le api sono le assolute protagoniste di questo evento, sono tantissime e adorano il contatto fisico, si cercano e si aiutano in tutte le attività svolte per la sopravvivenza della colonia. Tuffandoci con la nostra immaginazione all’interno di quella piccola ma grande città buia è normale pensare di spo-

starci a tastoni usando le mani o “le antenne” e arrampicarci tra i setti delle celle. Incontreremo api che tornano dal pascolo cariche di scorte di polline o di nettare, api che accolgono le bottinatrici le quali si ripuliscono spazzolandosi e si rifocillano per poi riposarsi. Ci sono api trasportatrici che spostano polline o nettare accatastato troppo lontano dalla nuova covata. Ed ancora incontreremo api che nutrono le nuove arrivate con cura ed amore, altre che nei mesi più caldi si occupano attraverso la ventilazione di controllare la temperatura, altre ancora che sono specializzate nella maturazione del miele attraverso la ventilazione di con-


Foto Marco Locicero

trollare la temperatura, altre ancora che sono specializzate nella maturazione del miele attraverso l’evaporazione della troppa acqua presente nel miele giovane. Tutto questo traffico di azioni ed attività contribuiscono ad arricchire il futuro miele con pollini gia presenti nel nettare ed altri raccolti in differenti periodi. Il sedimento dei mieli inoltre si compone anche di pollini provenienti dall’arricchimento terziario, causato dagli apicoltori durante tutte le attività apistiche come la smielatura, la pulizia dei melari e degli strumenti. La storia che troveremo riassunta nel barattolo di miele continua con l’arricchimento quaternario il cui vettore è il vento, leggero, moderato o potente produrrà nei mieli l’arrivo di pollini per lo più anemofili via via più lontani e pesanti, contaminando i fiori bottinati, le scorte di polline, il miele presenti nell’alveare o durante le operazioni di smielatura (Palmieri et al. 2017).

Per tutte queste ragioni nel miele che verrà analizzato si troverà un numero variabile di pollini differenti e la loro combinazione sarà come una fotografia istantanea dell’ambiente circostante l’alveare. Di conseguenza, la presenza o l’assenza di un polline assumerà un valore determinante, mentre la sua frequenza avrà una importanza relativa. Infatti la frequenza (rara o dominante che sia) non determina la combinazione dei pollini che caratterizzano i mieli di un’area geografica. Al contrario l’assidua presenza di una specie pollinica nella maggior parte dei mieli analizzati può contribuire alla caratterizzazione di una data area. Va aggiunto che se un specie pollinica, presente nella maggior parte dei campioni di una data area, ha una frequenza costante (sempre in un intervallo definito) potrebbe assumere un valore aggiunto ed essere una ulteriore caratteristica di quell’area.

L’origine geografica può essere determinata in un miele millefiori o in un miele uniflorale come l’asfodelo o il timo o l’ailanto e potrebbe fare riferimento ad un’area molto ristretta come un’oasi o un parco. Al contrario l’analisi melissopalinologica potrebbe garantire l’origine geografica di un millefiori toscano, ligure o sardo e potrebbe anche garantire un’origine molto più amplia, come quella della nostra splendida Italia. Lo stato dell’arte dell’origine geografica, i tanti studi svolti, le numerose pubblicazioni, tutte le applicazioni possibili, l’importanza che talvolta può assumere un singolo polline, gli strumenti che mancano a noi appassionati di miele e di melissopalinologia, saranno argomenti di prossimi approfondimenti, sperando di rendere più popolare questa disciplina ancora poco conosciuta. Nicola Palmieri 7-8/2018 | Apitalia | 43



APITERAPIA

I MICROELEMENTI DEI PRODOTTI DELL’ALVEARE

IL CONSUMO REGOLARE DI MIELE & CO. AUMENTA LA RESISTENZA DELL’ORGANISMO UMANO di B. Ohotski

L

a letteratura specializzata contiene molti dati sull’influenza dei microelementi nella vita delle api, ma pochissime informazioni sull’influenza di tali elementi contenuti nei prodotti apistici sull’organismo umano. I prodotti dell’alveare, Miele, Veleno (apitossina), Pappa Reale, Propoli, Pane di Api e Polline, rivestono un ruolo essenziale nella profilassi e nel trattamento di alcune malattie dell’uomo, dal momento che gli stessi contengono degli amminoacidi, delle proteine, degli idrocarburi, dei balsami, dei fermenti, e, ciò che torna molto importante, diversi microelementi. Stando ai dati fornitici da specialisti Sovietici ed altri, nei prodotti dell’alveare si trovano i seguenti microelementi: • nel Miele alluminio, boro, ferro, iodio, potassio, calcio, silicio, litio, magnesio, rame, sodio, nichel, stagno, osmio, piombo, zolfo, titanio, fosforo, cloro, cromo, zinco; • nel Veleno delle api ferro, iodio, potassio, calcio, magnesio, manganese, rame, cloro, zinco;

• nella Pappa reale ferro, oro, calcio, silicio, magnesio, nichel, argento, zolfo, cromo, zinco; • nel Propoli alluminio, vanadio, ferro, calcio, silicio, manganese, stronzio; • nel Pane di Api bario, vanadio, ferro, oro, oidio, calcio, cadmio, manganese, rame, molibdeno, arsenico, stagno, palladio, platino, argento, fosforo, cloro, cromo, zinco, stronzio. Nessun processo biologico o fisiologico ha luogo nell’organismo

SU 24 SOSTANZE PRESENTI NEL SANGUE BEN 22 SI TROVANO NEI PRODOTTI DELL’ALVEARE

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APITERAPIA umano senza la partecipazione dei microelementi. Questi partecipano al metabolismo (proteico, lipidico, glicolico), alla sintesi delle proteine nell’organismo, al metabolismo termico, all’ematopoièsi (formazione dei corpuscoli del sangue), all’osteogénesi (formazione di sostanza ossea), alla moltiplicazione e alle reazioni imunobiologiche. I Ricercatori hanno messo in evidenza la correlazione tra i microelementi e le vitamine, i fermenti e gli ormoni. L’organismo umano riceve i microelementi tramite la nutrizione e l’acqua. È molto interessante far notare che la maggioranza dei microelementi contenuti nei prodotti dell’alveare sono stati riscontrati nel sangue ed in alcuni organi dell’uomo. È stato dimostrato che nel sangue dell’uomo esistono 24 microelementi di cui 22 si trovano anche nella composizione dei prodotti dell’alveare. L’insufficienza di microelementi - vanadio, ferro, cobalto, rame, manganese nichel e zinco - porta al disordine del processo dell’ematopoièsi. Il completamento di questi elementi con del Miele, della Pappa reale, con Pane di api o del Polline, inibisce l’insorgenza di questa anemia È cosa risaputa che nell’organismo dell’uomo i microelementi sono dislocati, in maniera selettiva, nei differenti organi; lo zinco, ad esempio, si trova nelle ghiandole sessuali, nell’ipofisi e nel pancreas; l’iodio - nella ghiandola tiroide; il rame - nel fegato e nel midollo delle ossa; il cadmio ed il molibdeno sono individuabili nei reni; 46 | Apitalia | 7-8/2018

il nichel nel pancreas; il litio nei polmoni; lo stronzio nelle ossa; il cromo ed il manganese nell’ipofisi. La concentrazione dei microelementi nel sangue e nei tessuti, varia in funzione della malattia, dell’età e di altri stati fisiologici, ed anche in rapporto all’ora del giorno e delle stagioni. L’attività biologica di numerosi elementi, è caratterizzata dal fatto che essi agiscono in maniera sinergica con i fermenti e le vitamine. Il ferro entra nella composizione dei fermenti respiratori, lo zinco nella composizione dei fermenti che partecipano al metabolismo glucidico e proteico. Esiste una dipendenza certa tra la quantità di vitamine B1 ed il manganese dell’organismo, tra la quantità di vitamina B12 ed il cobalto. L’effetto del trattamento con la vitamina B1 risulta più forte se contemporaneamente all’introduzione degli alimenti, si introduce nell’organismo una quantità sufficiente di manganese.

Nel periodo di formazione del tessuto osseo l’organismo ha bisogno di cobalto e di rame, essendo quest’ultimo, fortemente collegato alle vitamine A, B, C, E, e l’acido nicotinico. Il Dr. B.N.Hecht ha confermato, per sua esperienza, che l’aggiunta di Miele, di iodio e di cobalto, intensifica l’attività fagocitaria dei leucociti, aumenta la resistenza dell’organismo alle differenti malattie infettive. È per questo motivo che il consumo regolare dei prodotti dell’alveare aumenta la resistenza dell’organismo, non solamente grazie alle vitamine contenute, ma ancora ai microelementi. In alcune malattie, quando il metabolismo dei microelementi nei tessuti dell’organismo è sballato, si constata un aggravamento dello stato di salute del paziente. Per esempio, certe malattie, come le endoarteriti e le malattie della pelle inducono la diminuzione della quantità di rame nei tessuti. Per la


riuscita del trattamento, con l’appoggio di una terapia complessa, è necessario introdurre nell’organismo delle micro quantità di rame. È stato confermato clinicamente, ed in via sperimentale, che le micro concentrazioni di zinco hanno la proprietà di provocare la riduzione della quantità di colesterolo nel sangue e di normalizzare il metabolismo. Una serie di malattie del fegato, la malattia ipertonica (aumento del tono muscolare), il glaucoma (aumento della pressione endooculare), producono delle turbe nel metabolismo del cobalto che è eli-

minato più in fretta tramite l’intestino e le vie urinarie. A seguito dell’introduzione del cobalto affiancato da altri mezzi ipotensivi (nel caso di malattie summenzionate) si constata un miglioramento nella capacità funzionale del fegato dei pazienti ed una accelerazione della diminuzione della pressione arteriosa ed endoculare. Gli esempi presentati dimostrano che il tenore in microelementi aumenta considerevolmente il valore dei prodotti dell’alveare e che i microelementi, partecipando ai processi metabolici, di fermentazione e vitaminici, contribuiscono

al trattamento delle anemie, prevengono l’arteriosclerosi, aumentano la forza immunobiologica, accelerano i processi di trattamento di certe malattie ed hanno delle proprietà gerontologiche. “La Propolis” Recherches scientifiques et opinions sur sa composition, ses propriétés et ses applications à des fins thérapeutiques” (Dr.Ing.HarnajPres.Apimondia; R.Borneck - Fr.) Traduzione e riadattamento a cura di Pasquali Mario Esperto Apistico

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CHEF AL MIELE

L’APE GOURMET

LO CHEF MARIO AFFINITA E LA SUA PASSIONE PER IL MIELE NEL RISTORANTE STELLATO PIÙ PICCOLO D’ITALIA di Luisa Mosello

M

ario Affinita è lo chef del piú piccolo ristorante stellato d’Italia il “Don Geppi” (1 stella Michelin) all’interno dell’Hotel Majestic Palace a Sant’Agnello di Sorrento, lo stesso che poche settimane fa ha inaugurato la prima Terrazza Dry Martini italiana. È in questo albergo dei record che propone la sua cucina gourmet in una raffinata “petit salle à manger” pensata per accogliere solo 12 ospiti. Ai quali non manca di offrire creazioni “smielate”. Come un baccalà speciale e un dessert a tutto gusto. Che tipo di miele usa per i suoi piatti? Per il baccalà il miele di acacia per la realizzazione del porro caramellato, per il suo profumo delicato e la dolcezza poco invadente, per la “Chees or Cake?” invece, del miele di pino per il gelato (a forma di topolino, ndr), per il suo sapore balsamico che si abbina molto bene a formaggi poco stagionati. Il suo rapporto con le api? È un rapporto giocoso che mi riporta con la mente a quando

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ero bambino. Fin da piccolo sono sempre stato incuriosito dalla loro operosità. Ricordo quando con i miei genitori andavamo a visitare un amico di famiglia che possedeva diverse arnie. Lo spavento iniziale lasciava il posto a tanta curiosità e a una passione per quel gusto così speciale. Ho avuto la fortuna di nascere in un posto con il culto del miele e delle conserve: nell’alto casertano si trovano numerosi piccoli produttori di miele Bio che hanno ricevuto diversi riconoscimenti. Le api, poi, nell’ orto e nel giardino del nostro hotel, popolati da diverse specie di piante che non subiscono alcun trattamento

IL DELICATO MIELE DI ACACIA È PERFETTO PER CARAMELLARE I PORRI


chimico, sono ben accette e sono principalmente attratte da zagare e lavanda. Come definirebbe la sua cucina? Con un’espressione: “Ciò che sembra, non è!”. Partendo dalle mie radici e dalla tradizione partenopea, spazio dalla cucina tipica e tradizionale di ricette provenienti da diverse parti del mondo fino

all’utilizzo di tecniche di cottura più avanguardiste, come azoto liquido, calce viva, ultrasuoni. Il mio obiettivo è di stupire e sorprendere il cliente rispettando sempre i sapori e le materie prime ma dando sempre risalto e rilevanza al gusto. La mia voglia di ricerca e di sperimentazione vengono costantemente supportate e alimentate dalla collaborazione di

Lucio D’Orsi, nel nostro settore veniamo giocosamente definiti “Il Gatto (io) e la Volpe (Lucio) ed il “Grillo Parlante” Giulia Rossano. Il lavoro di squadra, le passioni condivise e l’affetto che ci lega fanno di noi un team unico, supportato anche da tutto lo staff che lavora per il Don Geppi ». Luisa Mosello

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QUALITÀ

MIELI D’AUTORE

ANDREA BIANCO ESPORTA PREGEVOLI NETTARI NEGLI USA. AMBASCIATORE DELLE API IN GIAPPONE di Anna Gagliardi

D

egustare miele è un rito, come accade per il vino. Se poi consideriamo che l’Italia ha un patrimonio ineguagliabile di biodiversità e che il nostro Paese vanta, unico al mondo, un albo di degustatori professionisti di miele, ne consegue che l’apicoltura è un universo in buona parte ancora inesplorato. Eppure molte realtà imprenditoriali del Nord e del Sud Italia hanno sviluppato ricerca e innovazione diventando eccellenze riconosciute anche all’estero. È il caso dell’azienda Mario Bianco, di Caluso, piccolo comune della provincia di Torino celebre per la docg Erbaluce. L’azienda porta il nome del fondatore, scomparso nel 2000, docente di enologia all’istituto superiore calusiese, vitivinicoltore come tanti nel Canavese (il territorio in cui si trova Caluso) e apicoltore per hobby, da più generazioni. Negli anni Ottanta Mario Bianco decise di cambiare e diventare apicoltore professionista. “La svolta - racconta Andrea Bianco, 43 anni, oggi titolare dell’impresa - avvenne quando papà instaurò una proficua collaborazione con la cooperativa di Zafferana Etnea, una delle più celebri città italiane del

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miele. L’attività crebbe al punto da arrivare al traguardo di 600 alveari di proprietà e ad essere il primo miele italiano 100% venduto nella GDO, all’Auchan, al debutto nel nostro Paese, proprio a Torino”. Per Bianco questa è soltanto una delle tante soddisfazioni e degli altrettanti riconoscimenti ottenuti e mai esibiti, facendo fede al tipico comportamento del piemontese che tende a non mettersi in mostra. “Nel 2000 gli scambi internazionali non erano ancora così sviluppati - dice Andrea -. Ci concentrammo pertanto sulla grande distribuzione che all’epoca, per il nostro comparto, garantiva ancora standard di qualità uniformi e ab-

TERROIR DEL MIELE CON 300 ALVEARI NELLE VALLATE ALPINE


bastanza elevati. Poi sono arrivati i prodotti extra UE e il mosaico si è modificato, per tutti”. Il grande salto risale al 2004, quando la Queen Bee Garden di Tokio fece uno scouting per avere in Giappone miele italiano di altissima gamma. Delle trenta aziende selezionate ne rimasero due, una era Bianco, e per cinque anni le due finaliste furono messe alla prova fornendo i propri prodotti che dovevano garantire livelli costanti di qualità, caratteristiche organolettiche e bontà: ça va sans dire che fu scelto proprio il suo miele. Nel 2009 l’azienda piemontese ebbe pertanto l’esclusiva nel lanciare il miele italiano sul mercato giapponese. “Ma avevamo ancora da imparare - spiega Andrea -. In seguito a vari viaggi e confronti abbiamo capito che

dovevamo cambiare qualcosa per dare valore al nostro prodotto di fascia alta: dovevamo fare percepire, a chi non conosceva ancora il nostro miele, che si trattava di un prodotto raro, in certi casi unico”. Nacquero così nel 2012 “I mieli d’autore” con il marchio MB (Mario Bianco), una grafica quasi zen, vetro liscio, packaging essenziale. “Ma non solo - aggiunge - dovevamo reinventarci come immagine anche per il mercato italiano, trasmettendo eleganza e presentando il prodotto in modo innovativo, con assaggi guidati, suscitando interesse nel potenziale consumatore”. In un comparto in cui è difficilissimo mantenere quantitativi costanti di produzione da un anno all’altro, per fattori dipendenti principalmente dal clima, l’azien-

da produce in media 200 quintali di miele all’anno: circa un terzo sono i “mieli d’autore”. Gran parte della produzione va all’estero e il 30% esclusivamente in Giappone. A Caluso, oltre ad Andrea, c’è mamma Graziella e due dipendenti. Gli alveari, circa trecento, sono nelle vallate alpine, in particolare nella Val di Lanzo, in Valchiusella, a Ceresole e in Valle Sacra: qui viene praticato il nomadismo e ogni miele viene identificato con la sua zona di produzione. Esattamente come per il terroir del vino. E il Piemonte, anche per il comparto apistico, è una delle regioni più floride grazie alla grande varietà di flora e al microclima che danno origine ad un ampio spettro di produzione di miele. Nel corso degli anni l’azienda 7-8/2018 | Apitalia | 51


QUALITÀ

ha mantenuto il rapporto con la grande distribuzione e oggi è presente con la linea classica sugli scaffali di altre catene commerciali internazionali e nazionali. Dall’altra parte del mondo, invece, Bianco esporta negli Stati Uniti da quasi vent’anni e nel 2016 ha avviato un progetto per avvicinare il consumatore all’assaggio corretto di miele: “How to become honey tester” è una sorta di guida che intende educare il pubProdotti di fascia alta: già il vasetto fa percepire l’altissima qualità.

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blico a un approccio nuovo verso il prodotto e a riconoscere i mieli di qualità. E c’è ancora un aneddoto: qualche anno fa il suo miele è stato provato e apprezzato nientepopodimeno che dall’attrice americana Gwyneth Paltrow, la quale, entusiasta, lo ha recensito (e consigliato) sul suo blog “Goop” come “one of the world’s best honeys with amazing flavor”. Sta di fatto che a Caluso sono arrivate richieste di miele da ogni parte del mondo, onestamente difficili da esaudire… Andrea preferisce glissare

sull’argomento, ma questo gli dà spunto per una riflessione finale: “Il nostro comparto è ancora percepito dai più, spesso anche dal legislatore, come attività marginale dell’agricoltura, ma i fatti dimostrano il contrario: ci sono i piccoli apicoltori e ci sono grosse realtà molto innovative. Abbiamo grandi potenzialità e altrettanti limiti riconducibili sostanzialmente a una scarsa capacità di collaborazione, non tanto a livello gestionale, quanto promozionale. Anche qui da noi - conclude - si potrebbero fare sforzi per far crescere il nostro prodotto sui mercati internazionali attraverso politiche di promozione del settore strutturate e con obiettivi chiari”. Anna Gagliardi


API E MUSICA

IL PIANISTA AMICO DELLE API

DISCO DI PIANO SOLO DI TONY PAGLIUCA di Gaetano Menna

DAL VINILE DELL’80 AL NUOVO ALBUM “CANZONE D’AMORE”

L’

anno scorso è uscita la riedizione in vinile di “Piccola rapsodia dell’ape”, lo storico 33 giri de Le Orme del 1980 (BTF-Vinyl Magic). La copertina di Mario Convertino è quella originale e raffigura un’ape che succhia il nettare da un fiore. Un disco che aveva confermato la svolta del precedente album “Florian” verso la musica classica con l’utilizzo di violino e violoncello, con minor utilizzo dell’archetto e maggior spazio al pizzicato. Da segnalare poi che, per la suite, vennero largamente utilizzate le composizioni di

Germano Serafin, che aveva collaborato con la band veneta per quattro album (e questo fu l’ultimo, il canto del cigno, anzi per meglio dire, dell’ape regina per il chitarrista e violinista che si ritirò dalle scene e scomparve prematuramente, per un male incurabile, nel 1992). Con “Florian” e “Piccola Rapsodia dell’ape” Le Orme erano giunti all’apice della loro evoluzione musicale. Partita dal beat e dalla psichedelia, per passare al rock progressive e quindi alla musica classica contemporanea. Poi con il successivo disco “Venerdì” del 1982 il suono si orienterà verso elettronica, technopop, new wave e forma canzone. A quel disco dedicato al mondo delle api siamo sempre stati particolarmente affezionati. La band era stata colpita dal ruolo dell’ape regina, che rappresentava l’universo femminile per eccellenza. Ed era affascinata da quel mondo ricco di musica, danze e febbrile attività, che aveva voluto raccontare in note. Con “Piccola rapsodia dell’ape” si era voluto riflettere pure sullo spirito sociale dell’insetto che lo porta ad ubbidire a leggi assai precise e rigide, come quelle che dettano i ritmi del la7-8/2018 | Apitalia | 53


API E MUSICA voro e che relegano il maschio al solo ruolo riproduttivo. Quasi vent’anni dopo, nel 2004, lo storico tastierista della band Tony Pagliuca (che era uscito da Le Orme negli anni ‘90) pubblicò un particolare CD, “Re-Collage”, album di svolta, suonato con il fiatista dei Van Der Graaf Generator David Jackson ed il quintetto jazz del trombettista Massimo Donà. Emerse un inedito Pagliuca che esplorava nuovi orizzonti musicali, in un “collage” (è il caso di dire) tra jazz, rock, classica e canzone d’autore. Sulla cover c’è anche il logo con l’apina della FAI, che aveva sostenuto l’operazione e che diplomerà l’artista, in un incontro a Pescara (sua città natale), “Amico delle

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Api e Apicoltore ad honorem”. Tra le varie collaborazioni di Pagliuca c’è quella con il poeta Elio Pecora (una delle voci fondamentali della letteratura del XX secolo e contemporanea); i due, assieme, compongono canzoni e propongono canzoni napoletane… un divertissement. Con Pagliuca siamo sempre rimasti in contatto e, nel 2009, ci segnalò l’antologia “L’ape poeta” che ricomprendeva anche composizioni poetiche di Pecora… insomma c’è sempre stato un feeling con il tastierista (abruzzese, trapiantato a Mestre). Nel frattempo, in questi anni, Tony ha sperimentato molto ed in varie direzioni. Ha pubblicato un album dedicato a Papa Francesco,

“Wake Up!” del 2015: parole e preghiere dalla voce del Santo Padre accompagnate da sue composizioni musicali contemporanee. E il pensiero, ascoltandolo, va a quella straordinaria giornata, proprio del 2015, con gli apicoltori della FAI accolti in piazza San Pietro per l’udienza di Papa Francesco. L’ultimo CD di Tony Pagliuca è uscito di recente: “Canzone d’amore” (Azzurra Music 2018). Un nuovo disco di piano solo dopo “Apres Midi-Ormeggiando” del 2010. In copertina sempre un suggestivo quadro di Walter Mac Mazzieri (“Canzoniere notturno” del 1992): lacrime sulla maschera di luna, umana, oscura, che naviga romanticamente in gondola, osservata


Raffaele Cirone (a sinistra) Presidente della FAI - Federazione Apicoltori Italiani con Tony Pagliuca.

nel suo incedere dalla forza della natura che imbriglia la luna stessa… quella vera. Mac Mazzieri è stato l’autore di una copertina celebre de Le Orme, “Uomo di pezza”, rimasta nell’immaginario; era giusto che in un nuovo viaggio nella musica ormiana (“ormeggiando”) si partisse anche con un omaggio al “poeta dei pennelli”. La copertina di “Canzone d’amore” è la stessa di otto anni fa, ma muta la colorazione, che ora è rossa. E cambia anche la colorazione dei brani de Le Orme eseguiti al pianoforte. Tra le novità: “Canzone d’amore” che è un omaggio a Germano Serafin; “Giofrello” (un inedito composto di recente), con un’introduzione insolita, che annuncia un tema giocoso a cui si aggiunge una piccola variazione melodica. Oltre le esecuzioni attuali, propone una versione di “Immagini”, registrata nel 2007 e l’esecuzione live di “Aliante” del 2009, a Firenze, alla rassegna “The piano hour series” curata dal compianto Ernesto De Pascale. Tutti gli altri brani erano già stati incisi, ma il pianista ha continuato a esplorarli al pianoforte, con un lavoro di scavo in profondità, nelle viscere del suono. E comparando le versioni ricomprese in “Apres Midi” e “Canzone d’amore” - registrate nello Studio R.s.M. di Roberto Scarpa Lougan a Mestre - si percepisce appieno come l’artista stia lavorando instancabilmente in chiave di “musica evocativa”, di “suono narrante”. I brani hanno rinnovato vigore, intensità, espressività. Sono specchio di quell’anima lagunare, raffigurata in copertina. Gaetano Menna 7-8/2018 | Apitalia | 55


FLORA APISTICA. Scheda n. 4

I POLLINI DI EMERGENZA

PER LE API E GLI ALTRI APOIDEI NELL’ITALIA CENTRALE di Giancarlo Ricciardelli D’Albore

POLLINI DI FINE INVERNO - Caltha palustris L. (Ranunculaceae) (Farferugine)

DESCRIZIONE GENERICA

Erbacea perenne alta fino a 50 cm, distribuita in Europa. Tipica pianta di zone umide, rive dei corsi d’acqua, fossi.

TEMPO DI FIORITURA

Fiorisce alla fine dell’inverno.

POLLINE

Pallottoline colore giallo oro.

IMPORTANZA PER LE API IMPORTANZA ALTRI PRONUBI

Viene visitata per polline come per i ranuncoli, col vantaggio che la specie non pare tossica per le api. Visitata frequentemente da Apoidei di piccola taglia (Lasioglossum, Hylaeus)

VALORE APISTICO

Da 1 a 4: 3.

VALORE PER ALTRI PRONUBI

Da 1 a 4: 4.

ALTRI USI

BIBLIOGRAFIA

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La pianta contiene saponine triterpeniche, magnolidina e piccole quantità di ranuncolina. Ha proprietà molto più blande dei ranuncoli. Se ne fa uso culinario come le foglie in insalata ed i boccioli trattati come i capperi. Sconsideratamente, poiché provocano spesso vomito e diarrea, senza che si conoscano le molecole responsabili. Schoenfelder I. & P., 2012. Guida alle piante medicinali. Ed. Ricca, 314. Tosco U. 1989. Piante aromatiche e medicinali. Ed. Paoline, 195.


POLLINI DI FINE INVERNO - Cercis siliquastrum L. (Leguminosae) (Albero di Giuda)

DESCRIZIONE GENERICA

TEMPO DI FIORITURA POLLINE

IMPORTANZA PER LE API IMPORTANZA ALTRI PRONUBI

Albero deciduo spontaneo e ornamentale, alto fino a 10 m, distribuito in zona marina e collinare. Fiorisce a fine inverno; più in là in zona montana. Le pallottoline di polline sono colore bianco giallastro. Molto visitato dalle api per polline e poi per melata estiva; poco per nettare. Notate molte regine di bombi sui fiori. Anche i pronubi selvatici visitano, ma con meno frequenza, questi fiori.

VALORE APISTICO

Da 1 a 4: 3.

VALORE PER ALTRI PRONUBI

Da 1 a 4: 2.

ALTRI USI (PER L’UOMO)

Non ha altri usi che i fiori, ottimi in insalata

AL SERVIZIO DELL’APICOLTURA, da 80 anni Lega è leader in Europa Platinum - Aziende&Protagonisti, rivista del gruppo New Business Media, dedica alla ditta Lega, vanto di noi tutti apicoltori italiani, un lusinghiero riconoscimento alla carriera. Il mercato del miele è in costante crescita in tutto il mondo. E l’aumento della produzione si riflette positivamente anche sulle aziende che realizzano gli strumenti per gli apicoltori: le linee di smielatura, le arnie e tutti gli altri attrezzi della filiera. La ditta Lega di Faenza, fondata 80 anni fa, è oggi leader europeo del settore: con una cinquantina di dipendenti, un fatturato di circa 9 milioni di Euro, un mercato che tocca oltre 50 paesi e un export che vale quasi il 70% del fatturato. Eppure, all’interno dell’azienda - fra tecnologie all’avanguardia e magazzini ben forniti - si respira ancora il profumo della passione: “molti dei nostri addetti hanno l’hobby dell’apicoltura, e del resto sia io che mio padre partimmo come apicoltori, prima di dedicarci all’officina”, racconta Giuseppe Lega, figlio del fondatore Armando e attuale presidente del Gruppo. E mentre in azienda è già entrata la terza generazione, alcune scelte strategiche lungimiranti - come quelle di puntare sui mercati esteri e di non delocalizzare la produzione, mantenendo qualità e servizi del made in Italy - hanno portato Lega a triplicare il volume d’affari nell’ultimo decennio, in barba ad ogni crisi globale... Platinum - Aziende&Protagonisti

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INSERZIONISTI VITA ITALIA Prodotti per la cura delle api vitaitalia@vitaitalia.191.it AL NATURALE Laboratorio erboristico info@alnaturale.com

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pag. 13, 20

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Registro Stampa Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 15447 del 01.04.1974 ISSN: 0391-5522 - Iscrizione R.O.C.: 26230 Editore FAI Apicoltura S.r.l. Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma - Italia - UE Telefono +39. 06. 6852556 - Fax +39. 06. 6852287 Email info@faiapicoltura.biz Direttore Responsabile Raffaele Cirone direzione@apitalia.net Redazione e Segreteria Corso Vittorio Emanuele II, 101 00186 Roma - Italia - UE Telefono +39. 06. 6852280 - Fax +39. 06. 6852287 Email redazione@apitalia.net - segreteria@apitalia.net Grafica e Impaginazione Alberto Nardi alberto.nardi@apitalia.net Comunicazione e Social Media socialmedia@apitalia.net Esperto Apistico Fabrizio Piacentini fabrizio.piacentini@apitalia.net Promozioni e Pubblicità Patrizia Milione commerciale@apitalia.net Stampa Tipografica EuroInterstampa Via della Magliana 295 - 00146 Roma

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