Apitalia 9-10/2020

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Apitalia - Corso Vittorio Emanuele II, 101- 00186 - Roma - ITALY - UE - ISSN: 0391 - 5522 - ANNO XXXXV • n. 9-10 • Settembre-Ottobre 2020 •- 708 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/03 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1 Comma 1 – Roma Aut. C/RM/18/2016

| Testata giornalistica fondata nel 1974 | Direttore Raffaele Cirone |

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10

numeri

Euro 30,00



EDITORIALE

PERICOLO CALABRONI

FALSI ALLARMI E VOGLIA DI SCOOP NON AIUTANO A DIFENDERE LE API

VA ATTIVATA UNA RETE DI SORVEGLIANZA

È

accaduto, durante l’estate, che siti italiani e inglesi abbiano fatto finti scoop, dando per sbarcata in Italia e nel Regno Unito anche Vespa mandarinia, un calabrone gigante originario del Giappone. Come capita spesso, quando a parlare sono divulgatori dell’ultima ora, anche questa volta ci siamo trovati dinanzi a falsi allarmi che hanno richiesto smentite e precisazioni. Che la gravità dell’invasione di calabroni, in Italia e in Europa, sia un tema di difficile comprensione da parte dei non addetti ai lavori, lo si vede anche negli ambienti ufficiali: Autorità comunitarie e Stati membri non si sono mostrati finora all’altezza del problema sebbene interessi un numero crescente di Apicoltori. Nel frattempo, le specie autoctone e quelle invasive dilagano: fanno ingenti danni in apiario, uccidono persone nelle campagne e nei centri urbani. La messa a punto del piano nazionale che riportiamo integralmente in questo numero di Apitalia, elaborato dall’Ispra per conto del Ministero dell’Ambiente, ci pare dunque la più lucida pianificazione per un’azione di contrasto a tale fenomeno. Che se dovesse diffondersi sul territorio nazionale non potrà che essere gestito affidando agli apicoltori la sorveglianza e il pronto intervento di cui ci sarà bisogno. Eppure, la presenza di Vespa crabro, Vespa orientalis, Vespa velutina e altri predatori di api - sempre più diffusi, voraci e aggressivi - dovrebbe invitare a scelte urgenti e ponderate della pubblica amministrazione, limitando rischi, danni, responsabilità e rimedi che finora sono pesati solo sugli apicoltori. Raffaele Cirone 9-10/2020 | Apitalia | 5


SOMMARIO

Apitalia N. 708 | 9-10/2020 gli articoli 5 EDITORIALE Pericolo calabroni

12

34

Raffaele Cirone

8 QUALITÀ ICQRF a tutela del miele di qualità

Oreste Gerini

12 AGENDA LAVORI. NORD-OVEST Essere apicoltori adesso più di prima

Alberto Guernier

15 AGENDA LAVORI. NORD “Bonaccia” negli alveari

Maurizio Ghezzi

19 AGENDA LAVORI. NORD-EST Con api meno infette migliorerà la ripresa 22 AGENDA LAVORI. CENTRO Indaffarati anche a inizio autunno 26 AGENDA LAVORI. SUD L’incertezza è un danno

Matteo Giusti Santo Panzera

31 AGENDA LAVORI. ISOLE Oltre il caldo siccitoso 34 VARROA Tecnica apistica nella profilassi alla varroa

Giacomo Perretta

Vincenzo Stampa

PierAntonio Belletti, Marco Vanon, Marilena Mazzariol, Fabiola Secolin

lo speciale

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PIANO DI GESTIONE NAZIONALE DEL CALABRONE ASIATICO A ZAMPE GIALLE VESPA VELUTINA Simone Lioy, Sandro Bertolino, Daniela Laurino, Aulo Manino, Marco Porporato


i nostri recapiti

i nostri riferimenti: per pagare Specie invasiva nel nostro ambiente naturale, un calabrone dal volto inquietante che sta dilagando nel continente europeo facendo strage di api. Vespa velutina, nella sua paradossale bellezza, rappresenta in realtà il volto indifferente delle Autorità comunitarie e degli Stati membri che in materia di specie aliene e predatori delle api non sono state finora all’altezza del problema che pesa, ancora una volta, solo sulle spalle degli Apicoltori. (foto Pierre Anquet)

hanno collaborato a questo numero abbonamenti: quanto costano 1 anno (10 numeri carta) € 30,00 2 anni (20 numeri carta) € 54,00 Italia, una copia/arretrati € 5,00 Estero: varia per area geografica, richiedere preventivo

Oreste Gerini, Maniturm (foto pag. 8), CREA (foto pag. 10), Alberto Guernier, apicolturamondo.it (foto pag. 12), Maurizio Ghezzi, laboratorioapisticoregionalefvg.uniud.it (foto pag. 15), lmieledileo.files.wordpress.com (foto pag. 16), Giacomo Perretta, fragolebio.it (foto 19), Stefania Oliveri (foto pag. 20), Matteo Giusti, Santo Panzera, Vincenzo Stampa, nuke.apival.net (foto pag. 33 alto), PierAntonio Belletti, Marco Vanon, Marilena Mazzariol, Fabiola Secolin, Vita Italia (foto pag. 34), Simone Lioy, Sandro Bertolino, Daniela Laurino, Aulo Manino, Marco Porporato, Fabrizio Piacentini, Patrizia Milione, Alessandro Patierno.

marcatura dell’ape regina Secondo un codice standardizzato, le regine sono marcate con un colore (tabella a lato) per permettere all’apicoltore di riconoscerne l’anno di nascita

azzurro

bianco

giallo

rosso

verde

0o5

1o6

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(ultimo numero dell’anno di allevamento, esempio “2020”)

i nostri VALORI “Il mio non sol, ma l’altrui ben procuro” è il motto che accompagna le firme storiche dell’editoria apistica italiana da cui Apitalia trae origine.

Una Giuria internazionale ci ha premiati come miglior rivista di apicoltura, per i contenuti tecnico-scientifici e la qualità fotografica.

La moneta di Efeso, con l’ape come simbolo riconosciuto a livello internazionale già 500 anni prima di Cristo.

Abbiamo sottoscritto “Il Manifesto di Assisi”, per un’economia a misura d’uomo. Come apicoltori ci riconosciamo nel Tau.

9-10/2020 | Apitalia | 7


PRIMO PIANO

ICQRF A TUTELA DEL MIELE DI QUALITÀ

UNA FILIERA SOTTO OSSERVAZIONE di Oreste Gerini*

DIFENDERE L’ITALIA CHE VANTA UNA

Foto Maniturm

PREGIATA PRODUZIONE

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I

l miele, alimento ottenuto dalle api (Apis mellifera), per essere commercializzato deve rispettare sia norme igienico sanitarie sia di tipo merceologicocompositive previste dalla normativa nazionale (D. Lvo n. 179 del 21 maggio 2004). I mieli confezionati in Italia, inoltre, devono riportare in etichetta, oltre alle indicazioni obbligatorie di ordine trasversale previste dal

Reg. (UE) n. 1169/2011, l’origine geografica e, se il prodotto è interamente o principalmente ottenuto da una determinata specie vegetale, può riportare l’origine floreale o vegetale (d.lgs. 179/2004 e alle norme ISO-UNI). Per le sue eccellenti qualità il miele italiano, sia millefiori che nelle diverse tipologie uniflorali, costituisce un prodotto del comparto agroalimentare nazionale ad alto valore aggiunto da tutelare e, quindi, oggetto di particolare attenzione da parte dell’ICQRF. Negli ultimi 5 anni, l’attività dell’ICQRF è cresciuta in termini di controlli effettuati sia sugli operatori sia sui prodotti. Nell’ultimo anno (2019), sono stati rilevati illeciti che hanno riguardato il 12,3% degli operatori soggetti ad accertamento, il 9,4% dei prodotti controllati sono stati riscontrati irregolari, e l’11,1% dei campioni prelevati risultati non conformi a seguito di analisi. Le principali tipologie di illecito accertate nel quinquennio hanno riguardato: • miele con sistema di etichettatura irregolare per utilizzo di locuzioni ingannevoli od omissione di indicazioni obbligatorie;


• miele unif lorale, spesso di provenienza comunitaria, avente origine botanica e/o geografica non rispondente alla categoria dichiarata e/o con caratteristiche chimiche / organolettiche anomale; • illecito utilizzo di zuccheri estranei nella produzione di miele; • mancato adempimento degli obblighi di rintracciabilità; • indebito uso commerciale di una denominazione protetta; • miele biologico con caratteristiche organolettiche e microscopiche anomale (alterato per fermentazione); • miele da agricoltura biologica risultato contenere residui di fitosanitari. MIELE ESTERO Accanto alla produzione di mieli di eccellenza nazionale, tuttavia, l’Italia importa ingenti quantitativi di mieli esteri, soprattutto dai principali paesi produttori nel mondo, quali Cina, Argentina, Turchia e Cile. In questi ultimi anni ai controlli ordinari si sono aggiunti, in collaborazione con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e con le Capitanerie di Porto, accertamenti mirati, scaturiti da particolari situazioni di mercato legate alle massicce introduzioni sul territorio nazionale di mieli extracomunitari di origine cinese ed argentina, acquistati a basso

prezzo e, talvolta, di scadente qualità merceologica. L’attivo e tempestivo scambio di informazioni tra le varie Autorità interessate ai controlli consente, in caso di sospetto di illeciti, l’immediato prelevamento di campioni da sottoporre ad analisi. Sui prodotti di importazione sono state effettuate anche verifiche finalizzate ad accertare l’eventuale presenza di residui di prodotti fitosanitari o di antibiotici e/o di farmaci, non consentiti nell’UE e generalmente utilizzati per combattere l’acaro Varroa e curare alcune micosi che si sviluppano nelle arnie. Anche la Commissione Europea ha prestato attenzione alla qualità dei mieli commercializzati in Europa. Nel 2015, ha avviato dei controlli straordinari e, con la Raccomandazione n. C 1558 del 12 marzo 2015, è stato attuato il Piano coordinato di controllo finalizzato alla ricerca di eventuali pratiche fraudolente riguardanti la commercializzazione del miele. ICQRF ha partecipato al piano europeo di controllo per l’Italia. In attuazione del Piano sono stati effettuati controlli in vari punti della filiera produttivo-commerciale (produzione, confezionamento, vendita ingrosso e

dettaglio, importazione, ecc.), di tipo documentale e analitico (corretta etichettatura, validità della documentazione commerciale, verifica dei parametri chimico-fisici per accertarne la genuinità anche in relazione all’origine botanica e geografica dichiarata). In questo ambito l’ICQRF ha effettuato il prelievo sul territorio italiano di 110 campioni di miele. I campioni non conformi sono stati 14 (pari al 12,7 %), di cui 6 per l’aggiunta di zuccheri esogeni, 6 per diversa origine botanica e geografica, 2 per diversa origine botanica e geografica e aggiunta di zuccheri esogeni. Su tutti i campioni sono state effettuate sia le analisi per verificare la rispondenza dei parametri chimici legati alla qualità del miele, quali l’attività diastatica e l’idrossimetilfurfurale (HMF), relativi a modalità di produzione e/o conservazione non corrette, sia di composizione del miele, quali la presenza di zuccheri esogeni e la conducibilità elettrica, nonché quelle organolettiche. Per quello che riguarda la disponibilità di miele sul mercato internazionale, la situazione è molto cambiata negli ultimi anni a causa delle mutate condizioni climatiche, con raccolti molto


Foto CREA

PRIMO PIANO

scarsi nei Paesi maggiori produttori mondiali (Cina, Argentina, ecc.), che hanno portato a una carenza complessiva di prodotto sul mercato internazionale e ad un aumento considerevole delle quotazioni all’ingrosso. A questo è da aggiungere, anche, la riduzione globale del numero di alveari dovuta alla moria delle api per Varroa o per utilizzo indiscriminato in agricoltura di prodotti fitosanitari a base di neonicotinoidi. Tutto ciò ha fortemente aumentato il rischio di fenomeni fraudolenti con l’impiego di miscele di zuccheri esogeni aggiunti al miele o in sostituzione del miele stesso, zuccheri anche provenienti da piante a ciclo fotosintetico C4 (come canna da zucchero o mais). In particolare gli sciroppi zuccherini, essendo in qualche modo simili al miele, sono molto più facili da utilizzare per le frodi e non facilmente rilevabili analiticamente. Per contrastare i fenomeni fraudolenti, che si temono in preoccupante aumento, l’ICQRF sta mettendo a punto nuove metodiche analitiche che consentiranno di evidenziare gli 10 | Apitalia | 9-10/2020

zuccheri esogeni aggiunti in maniera fraudolenta.

determinante per l’individuazione dell’origine dichiarata nonché la regolarità del processo produttivo. Un miele, infatti, per potersi fregiare di una caratterizzazione di origine botanica (mieli unflorali, ad esempio miele di acacia, miele di castagno, miele di corbezzolo) deve presentare non solo caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche (colore, gusto, odore), ma anche uno specifico spettro pollinico corrispondente all’origine dichiarata. Per l’effettuazione di questa tipologia di controllo analitico l’ICQRF si avvale delle competenze specifiche dei propri Laboratori di Modena e Perugia, presso i quali il metodo analitico di riferimento è accreditato. Dette metodiche, oltre a quelle già utilizzate nel controllo ufficiale, insieme alle verifiche ispettive di tracciabilità, consentono di tutelare ulteriormente la qualità del prodotto miele immesso in commercio e di salvaguardare le produzioni nazionali che vantano caratteristiche merceologiche/organolettiche di pregio rispetto ai mieli provenienti dall’estero.

MIELI UNIFLORALI E CONTROLLI SPECIFICI Una trattazione approfondita meritano le analisi specifiche effettuate sui mieli uniflorali. Su tali mieli, infatti, i laboratori ICQRF effettuano l’analisi melissopalinologica che consente, attraverso una metodica microscopica, di individuare sia l’origine botanica sia la provenienza geografica del miele esaminato, sulla base della percentuale di polline delle diverse specie vegetali rilevata alle analisi, confrontata con i valori riportati in letteratura o nelle norme UNI di riferimenOreste Gerini to. L’analisi è in grado di evidenziare, oltre al polline, anche altri costituenti figurati rilevabili nel sedimento (spore fungine, alghe, granuli di amido, peli di api, lieviti o particelle di fuliggine) e può fornire informazioni utili a svelare Apitalia ringrazia l’Autore e eventuali trattamenti chimico/fisiRRN-Magazine per la gentile concessione. ci effettuati sul miele. RRN-Magazine è la rivista della Nell’ambito dell’attività di con- Rete Rurale Nazionale, facente capo al trollo, le analisi melissopalinologiMinistero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali che rappresentano uno strumento



AGENDA LAVORI. NORD-OVEST

ESSERE APICOLTORI ADESSO PIÙ DI PRIMA

L’ALVEARE, ANIMALE “FISARMONICA” di Alberto Guernier

L

a stagione volge al termine; stagione intesa come periodo “apisticamente attivo”. Qualche giorno addietro, intento a visitare alcuni nuclei ancora posizionati in alta montagna, assieme alle mandrie di vacche in alpeggio prossime anch’esse ad abbandonare le vallate sempre meno verdi delle nostre Alpi, ho

sentito una voce alle mie spalle che mi domandava: “Come mai cassettine così piccole?”. Risposta spontanea: “Sono i vitelli”. Se l’arnia era riconducibile alla mucca, infatti, il nucleo avrebbe potuto tranquillamente essere paragonato al vitello! Questa mia risposta mi ha perseguitato poi per settimane.

LE COLONIE FORTI NON ANDREBBERO MAI MENOMATE

Foto apicolturamondo.it

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Il vitello o la vitella che diventano mucca o toro, non ritornano mai più vitella o vitello! Diversamente, la famiglia di api per mezzo delle pratiche apistiche viene sempre più frequentemente ricondotta allo stato di nucleo proprio al finire di quella stagione di cui accennavo all’inizio. Sono così partito per un viaggio mentale che mi ha portato a ripensare che in fondo tutto era riconducibile all’uso del diaframma; manipolando un animale “fisarmonica” che si stringe e si riallarga a seconda delle necessità: che cresce e decresce di popolazione e scorte, seguendo le stagioni, le abbondanze e le carestie alimentari; in sintesi un animale, l’alveare, estremamen-

te versatile e adattabile. Il calore, lo spazio da riscaldare, le scorte accessibili, questo bisogno, intuito dall’uomo apicoltore, di mantenere api compresse all’interno della propria dimora. No, non sto dimenticando il fine della rubrica “i lavori del mese”; ma mi sto chiedendo ancora oggi mentre scrivo, se i lavori di questo periodo siano davvero quelli di restringere famiglie normalmente occupanti 8-9 favi all’interno di un portasciami da 6 telaini. Credo proprio che standardizzare anche questa operazione, come ormai avviene per tante altre che si sono fatte strada in apicoltura, della serie “inverniamo tutto su 6 favi”, sia

una scelta quantomeno discutibile. Seppur molto in voga al Nord, essa offre numerosi svantaggi, soprattutto se non tiene conto delle reali potenzialità e caratteristiche della singola famiglia, essa può tradursi in una vera e propria menomazione. Comporta una mole di lavoro ingiustificata, dovuta allo “smontaggio” e al relativo ripopolamento delle arnie in primavera. Il livello di bassa temperatura a cui sono sottoposti ultimamente gli alveari, dovuto ai cambiamenti climatici, in inverno, non giustifica più una scelta tanto drastica su larga scala. Le api, se non sono affette da patologie, legate soprattutto al sistema immunitario, che comunque le mi-

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nerebbe limitandone la sopravvivenza, non vanno incontro a morìe per freddo. Agli alveari, per le loro caratteristiche costruttive, è facilmente migliorabile il coefficiente di coibentazione, per esempio inserendo materiale (possibilmente naturale) coibente, sopra al coprifavo e oltre al diaframma, anche eventualmente sul cassetto antivarroa dove si possono applicare schermi termoriflettenti, oppure appena sotto. Per “tornare” a predisporre una famiglia a passare l’inverno nelle dimensioni raggiunte in estate come numero di favi, (come si faceva un tempo e senza nulla togliere), è necessario fin d’ora procedere al completamento delle scorte, questo per circa un mese, andando a nutrire con sciroppo concentrato - tipo 1:1,5 o superiore, evitando l’1:2 per gli sciroppi “casalinghi” vista la caratteristica del saccarosio di precipitare formando inutili incrostazioni nei nutritori, qualora lo sciroppo non venga fatto con i

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tempi e i modi giusti. Nutrendo per periodi anche piuttosto lunghi, in modo da utilizzare questa integrazione alimentare, oltre che per realizzare scorte otterremo anche l’effetto di stimolare leggermente la regina nel protrarre la covata per almeno un altro mese e comunque il più a lungo possibile. Questo che a prima vista potrebbe sembrare uno svantaggio, se effettuato bene, è un grande vantaggio, in quanto ci permetterà di portare in invernamento famiglie più grandi, con il necessario spazio per ripartire in primavera e un probabile

Foto Alberto Guernier

AGENDA LAVO RI. NORD-OVEST

esubero di scorte, che ci metterà al riparo da possibili morìe per fame alla ripartenza primaverile con la ripresa della covata. Ovviamente, nel fare tutto questo non dimentichiamoci di tenere d’occhio la varroa e di intervenire nel modo dovuto qualora ne vedessimo sulle api: non dimenticandoci mai di come anch’essa sia costantemente in corsa per la propria sopravvivenza. Ad ognuno le proprie considerazioni e buon lavoro! Alberto Guernier


AGENDA LAVORI. NORD

“BONACCIA” NEGLI ALVEARI

REGINE A RITMO SEMPRE PIÙ RIDOTTO ANCHE PER LE API È TEMPO DI RIPOSO

di Maurizio Ghezzi

CONTROLLI CONTINUI SU SCORTE

Foto laboratorioapisticoregionalefvg.uniud.it

ALIMENTARI

L

e grandi fioriture mellifere sono ormai un lontano ricordo, così come sono sicuramente concluse anche le follie sciamatorie che coinvolgevano le famiglie in tarda primavera e a inizio estate. Le colonie hanno ben prosperato fino alla fine del mese di luglio e

ora giustamente si preparano alla stagione del meritato riposo, gestendo sapientemente le riserve esistenti accumulate durante la stagione. L’attività lavorativa va a ridursi giorno dopo giorno e, finalmente, sulla plancia di volo dell’alveare si può osservare una piacevole e duratura calma. Le nostre “guerriere” volanti si apprestano così a partire verso un lungo e difficile periodo di stasi per cui, in questo intervallo di tempo, la loro principale attività consisterà nel predisporsi alla difficoltosa “transumanza” che dall’estate le trasporterà alla prossima primavera passando attraverso l’autunno e il “generale” inverno. Vedrete in questo periodo che la regina diminuirà sensibilmente la sua attività di deposizione; in questo modo si verranno a liberare, nei favi, un gran numero di alveoli all’interno dei quali le magazziniere avranno tutto il tempo e il modo di stoccare preziose riserve di miele e di polline ricavate dalle ultime fioriture. Solitamente si presentano, in questi giorni, il trifoglio bianco, la verga d’oro e l’e9-10/2020 | Apitalia | 15


dera, che diventeranno un’impagabile riserva alimentare in grado di aiutare le colonie a sopravvivere durante il lungo e freddo periodo invernale. Dinanzi a tali condizioni si comprende la ragione per cui l’apicoltore ha ora il compito fondamentale di continuare a monitorare lo stato delle riserve alimentari accumulate in ciascuno degli alveari da lui custoditi. Tale controllo verrà eseguito con un gesto molto semplice, che consiste nel sollevare dolcemente l’alveare dal suo lato posteriore soppesandolo. Si osserverà, così facendo, che si potranno eventualmente riscontrare sensibili varietà di peso fra gli alveari dello stesso apiario. Prendendo come campione le famiglie con peso maggiore, il bravo apicoltore dovrà provvedere a somministrare alimentazione di sostegno (in questo periodo è bene far ricorso a sciroppo ad alta concentrazione zuccherina, con il 40% di acqua e il 60% di zucchero) a quelle che presentano peso inferiore fino a che anch’esse non arrivino a raggiungere un carico consistente. Qualcuno predilige, a questa tecnica, quella di togliere favi di miele alle famiglie con più scorte per fornirli agli alveari delle famiglie che ne hanno accumulate meno. Questa tecnica non mi trova molto concorde, poiché sono convinto che ogni alveare abbia un proprio particolare equilibrio e che ciascuna manipolazione possa alterarne la sua peculiarità: il che può tradursi, nel tempo, in azione nociva alla famiglia stessa. A mio umile avviso tali manovre 16 | Apitalia | 9-10/2020

potrebbero esporci al rischio di compromettere il benessere della famiglia alla quale andiamo a sottrarre scorte alimentari rischiando altresì di non portare alcun beneficio a quella alla quale invece siamo andati ad aggiungerle. Nel caso in cui si sia scelta come soluzione la somministrazione di sciroppo, ricordiamoci di versarlo negli appositi nutritori verso l’imbrunire, quando le api si saranno già ritirate all’interno del proprio nido, perché se è vero che in questo periodo dell’anno la follia sciamatoria è scomparsa, è altrettanto vero che la pazzia del saccheggio persiste ancora e sarebbe triste se fossimo proprio noi ad innescarla. In questi periodi ci è ancora consentito ispezionare gli alveari senza recare danno alle famiglie, purché siano visite brevi e ben motivate: se durante queste ispezioni ci dovessimo accorgere che qualche famiglia non occupa tutti i telai

Foto i

AGENDA LAVO RI. NORD

all’interno del nido sarà possibile rimuovere quelli vuoti e restringere l’alveare attraverso l’utilizzo di diaframmi. Così facendo diminuirà il volume da riscaldare e si ridurranno, di conseguenza, i consumi della colonia. Se, sempre durante queste ultime visite, dovessimo riscontrare la presenza di famiglie deboli, che difficilmente potrebbero superare l’inverno, sarebbe opportuno riunirle per evitare di perderle. A questo proposito abbiamo diverse modalità attraverso le quali poter unire due diverse famiglie: si può, per esempio, semplicemente sovrapporre i due alveari e separarli con un foglio di giornale; le api piano piano elimineranno la carta del giornale così che le famiglie si congiungeranno progressivamente senza che si creino istinti bellicosi. Oppure, più facilmente, si possono riunire le due famiglie in un unico alveare e poi cospargere le api con


zucchero a velo. Una volta avvenuta l’unificazione la regina più forte eliminerà la sua rivale più debole. In magazzino ci aspetterà l’arduo compito di stoccare correttamente i melari per evitare che diventino un prelibato bersaglio della tarma della cera. Personalmente impilo i melari sopra ad un bancale in maniera tale che rimangano sollevati da terra e l’aria possa liberamente circolare al loro interno evitando così la formazione di eventuali muffe. Alla base della pila sistemo un melario vuoto ben avvolto in rete per zanzariere, la stessa cosa faccio sulla sommità dei melari impilati, appoggiando inoltre sopra quest’ultimo melario vuoto, posto alla sommità della pila e avvolto in rete per zanzariere, un escludiregina in metallo. Il sostegno metallico garantito dall’escludiregina sarà un ottimo appoggio sul quale poter deporre un vecchio pentolino in acciaio o in alluminio dentro il quale si potrà dar fuoco a della polvere di zolfo.

Il fumo dello zolfo è denso e pesante, quindi tende a cadere verso il basso riversandosi così all’interno dei melari sottostanti. Questo trattamento uccide la tarma ma non le uova eventualmente presenti nei telaini, dalle quali dopo 7/8 giorni nascerà un nuovo bruco; questo è il motivo per il quale dopo 8 giorni dal primo trattamento con fumo di zolfo se ne dovrà ripetere un secondo. Ricordo, a chi si fosse da poco accostato a questa nobile disciplina quale è l’apicoltura, che il fumo dello zolfo è estremamente tossico e se respirato diventa letale: per questo motivo bisogna immediatamente abbandonare il locale una volta che si osserva la presenza di una fiammella sulla polvere dello zolfo senza stare ad aspettare di vedere anche la comparsa del fumo. Se non abbiamo già provveduto alla smielatura questo è ancora un buon periodo per farla. Alla fine avremo anche una buona quantità di cera ricavata dalla disopercola-

tura dei favi, che provvederemo a fondere eventualmente aggiungendola anche alla cera ricavata dalla fusione di vecchi telai da nido. La cera è un bene prezioso: la potremo rivendere o portare a chi la lavora e farci dare in cambio una contropartita in fogli cerei sempre necessari per il nostro lavoro. Con l’autunno il bravo apicoltore dovrà avere come suo scopo principale quello di accudire con cura, sapienza e amore le proprie colonie fornendo loro la necessaria alimentazione di supporto così che esse abbiano la possibilità di affrontare con serenità e sicurezza le intemperie della brutta stagione che si sta sempre più avvicinando. Non dimentichiamo, infatti, che mentre le rondini abbandonano i nostri cieli rinfrescati, le nostre api devono invece poter resistere ben oltre al tiepido autunno per poterci nuovamente salutare nella primavera che verrà. Maurizio Ghezzi

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AGENDA LAVORI. NORD-EST

CON API MENO INFETTE MIGLIORERÀ LA RIPRESA

SALUBRITÀ E ALIMENTAZIONE SONO GARANZIE PER IL FUTURO di Giacomo Perretta

AGIRE SEMPRE CORRETTAMENTE E CON MASSIMA

Foto fragolebio.it

PROFESSIONALITÀ

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iamo in un periodo molto importante che determinerà lo sviluppo della famiglia e la ripresa primaverile. Alimentazione e salubrità diventano questioni importanti. Ho sempre sostenuto, già tantissimi anni fa, che il blocco di covata dovesse essere anticipato ad una data di riferimento che per tradizione dell’agricoltura potremmo fissare al 24 giugno, celebrazione di S. Giovanni Battista. Portando dove possibile il blocco di covata ai primi di luglio e riuscendo a liberare la regina per la

fine del mese dovremmo aver avuto almeno tre cicli di covata nascenti per la fine di settembre e queste api saranno quindi meno colpite dalla varroa; essendo anche quelle che dovranno superare l’inverno avremo una migliore salubrità legata alla minore carica batterica. Le punture delle varroe produrrebbero delle ferite che ovviamente, non è difficile intuire, sarebbero le porte d’ingresso di batteri e patogeni vari. Anticipando il blocco di covata avremo dunque una diminuzione delle infezioni e quindi una migliore ripresa primaverile. Con le prime piogge i fiori cominciano a risvegliarsi e con loro le api. A volte, “sempre più spesso” l’estate è siccitosa ed è necessario alimentare, controllate l’alimentazione e le scorte: in questo periodo si deve essere sicuri che le api abbiano sufficiente alimentazione per aumentare quella massa grassa che darà la forza, insieme alla salubrità legata in gran parte all’efficiente intervento “tampone” contro la varroa, per superare l’inverno. Ritornando alla tesi per cui questo periodo è importante per garantire una buona ripresa primaverile, ora è necessario coniugare salubrità e alimentazione. 9-10/2020 | Apitalia | 19


Foto Flickr, Stefania Oliveri

AGENDA LAVORI. NORD-EST La salubrità (viene quasi di insistere fino a raggiungere una rigorosa ossessione), ci aiuta in una efficiente lotta alla varroa, non trascurando di verificare la presenza di altre infezioni che potrebbero insorgere: tutti interventi e controlli che devono avvenire non sottovalutando un’adeguata alimentazione. ALIMENTAZIONE CORRETTA E INTEGRATA Corretta? Certamente, spesso gli apicoltori sono un po’ troppo egoisti e trattengono tutto il miele che le api faticosamente hanno raccolto ed elaborato, pertanto a loro nel periodo estivo, in caso di siccità o di scarsissima importazione, come spesso negli ultimi anni accade, gli apicoltori aggiungono o meglio integrano a quella poca alimentazione importata dalle api uno sciroppo di zucchero a sostegno, c’è chi lo fa in casa e chi lo acquista. Il consumo medio dell’alimentazione dell’alveare è in proporzione al numero di api e soprattutto alla quantità di covata. Per la somministrazione di questi sciroppi ci sono varie tecniche e strumenti, i contenitori sono molti e vari: a tasca, Baravalle, a depressione, la bottiglia rovesciata e infine il sacchetto di plastica lasciato per ultimo perché è il mio preferito. Per i lettori meno esperti o alle prime avventure apistiche spiegherò che cos’è lo sciroppo di zucchero, sia quello fatto in casa che a quello acquistato, quando e come usarlo. Quello acquistato è più comodo, ha bisogno di meno lavoro ovviamente e soprattutto ha una gamma di composizione molto varia. Ge20 | Apitalia | 9-10/2020

fuori tempo: all’inizio ho accennato a come le api dovrebbero affrontare l’inverno ma anche al fatto che purtroppo da qualche anno il clima estivo è sempre più siccitoso, creando alle api difficoltà di alimentazione e anche di accumulo scorte. Cose che l’apicoltore avrebbe dovuto verificare in estate e, se scarse, intervenire con una alimentazione di sostegno e a volte purtroppo di emergenza. Ci sono vari metodi per somministrare ad esempio lo sciroppo, alimento preferibile quando fa caldo vista l’importante quantità di acqua che vi si trova. Ricordo sempre ai giovani apicoltori che le api evacuano solo in volo, pertanto fuori dall’alveare, questo è un motivo per il quale in inverno è sconsigliato l’uso dello sciroppo, inteso con concentrazioni di zucchero del 50% che è lo sciroppo classico, concentrazione che causa una eccessiva quantità di scorie intestinali. Le concentrazioni di sciroppi e canditi nelle varie offerte commerciali QUANDO SOMMINISTRARLO sono sicuramente un buon comParlare ora di alimentazione non è promesso tra costi e qualità, inol-

neralmente è composto di glucosio o fruttosio, quindi di zuccheri semplici più facilmente assimilabili dalle api rispetto al saccarosio che ha la necessità di una maggiore elaborazione per scindere le due molecole di cui è composto, “fruttosio e glucosio” appunto. Troviamo in commercio sciroppi più o meno concentrati di fruttosio o glucosio, come pure il candito - altro tipo di alimentazione con aggiunte e mescolanze varie - arricchito ad esempio con vitamine e con polline e altre combinazioni. Insomma la ricerca e la scelta del miglior alimento per le nostre api diventa molto difficile e soprattutto non concede limiti alla fantasia. Parliamo di quando somministrarlo, lasciando il candito e lo sciroppo commerciale per scelta e qualità a chi desidera acquistarlo e rivolgendomi piuttosto a coloro che intendono provare, come da sempre si è fatto, di prepararlo in proprio.


tre l’impegno dell’elaborazione di grandi quantità di sciroppi e canditi non è compatibile per chi ha pochi alveari, mentre le attrezzature casalinghe possono essere compatibili e si completano con le esigenze della quantità di alimentazione per coloro che hanno appunto pochi alveari. A proposito di quei tanti piccoli apicoltori, come sono io, definiti spesso hobbisti o amatoriali, leggo proprio nel fine stesura di quest’articolo un intervento del nostro presidente FAI Raffaele Cirone, in occasione dell’Audizione della 9ª Commissione Agricoltura e Attività Produttive del Senato, il quale sostiene con forza un punto importante arrivando a definire “allevatore” anche coloro che posseggono un

solo alveare; preferisco per questo citare un passaggio del comunicato stampa perché ritengo che focalizzi meglio l’intevento, rimandando in fondo un mio incitamento. “La legge classifica l’apicoltura attività di interesse nazionale, finalizzata a garantire l’impollinazione naturale e la biodiversità - ha dichiarato il presidente della FAI, Raffaele Cirone, in Commissione Agricoltura -. Non chiamateci «hobbisti o amatori», sono categorie inesistenti sotto il profilo legislativo e sminuiscono chi non sceglie la strada del reddito o dell’allevamento commerciale. In realtà - ha ribadito con forza Cirone - gli apicoltori sono tutti allevatori con un elevato livello profes-

sionale teso a preservare anche una sola famiglia di api. Questo patrimonio dell’Italia va difeso nell’interesse di tutti”. Ecco, sentir dire al nostro Legislatore che “Gli apicoltori sono tutti allevatori con un elevato livello professionale teso a preservare anche una sola famiglia di api”, fa assumere a questa frase motivo per inorgoglire ogni piccolo apicoltore e non permettendo mai che le affermazioni fatte possano essere smentite: è quello che da anni auspico nei miei articoli, sperando che aggiungendo questa sollecitazione possiamo stimolare in tutti una maggiore professionalità. Giacomo Perretta

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AGENDA LAVORI. CENTRO

INDAFFARATI ANCHE AD INIZIO AUTUNNO

PER L’INVERNAMENTO C’È TEMPO DOBBIAMO PRIMA PULIRE E RIORDINARE di Matteo Giusti

C

on l’arrivo dell’autunno i lavori in apiario diminuiscono, ma c’è ancora tempo prima dell’inverno, un tempo che può essere molto utile soprattutto se le condizioni meteorologiche sono buone e le temperature rimangono alte, come è stato negli ultimi anni. Ovviamente dobbiamo distinguere da zona a zona, in particolare in base all’altitudine e alla esposizione del luogo, ma possiamo dire che dal mare alla bassa montagna in centro Italia questo rimane un periodo di buona attività per gli alveari. Ovviamente la stagione avanza, la ovideposizione della regina rallenta, ma nell’alveare il volo e anche le raccolte sono sempre presenti. Generalmente non è più tempo per la produzione, se non per il corbezzolo in quelle zone dove il clima lo permette, ma le api possono raccogliere ancora molto nettare che sarà importan-

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VERIFICATE API REGINE SCORTE E STATO SANITARIO

Foto Matteo Giusti

Una pila di melari messa sopra un alveare per essere pulita dal miele residuo.

tissimo per le scorte invernali. I lavori principali da fare in apiario riguardano soprattutto il controllo di routine, in cui si deve sempre prestare attenzione alle scorte, alla presenza della regina e allo stato sanitario. Riguardo alle scorte, se le api raccolgono può essere il caso di dare un telaino vuoto (ma costruito, non un foglio cereo) a quelle più forti perché lo riempiano,


togliendone uno pieno da dare a famiglie con meno scorte, o conservandolo in frigo o in congelatore per poi poterlo usare a fine inverno per l’alimentazione. Se il flusso di nettare è importante, cosa che può avvenire con la fioritura dell’inula o con gli ultimi strascichi dell’edera, si può pensare anche di mettere un melario per poi conservare i telaini pieni di miele come scorte. Se invece le scorte scarseggiano già e non c’è nettare nell’ambiente sarà opportuno provvedere con una nutrizione a base di sciroppo concentrato che le api possono agevolmente stivare nei favi. Anche il controllo della regina è importante: una orfanità in que-

sto periodo è infatti difficilmente gestibile perché, soprattutto con l’avanzare della stagione, i fuchi scarseggiano e diviene difficoltoso anche trovare regine fecondate sul mercato. Quindi se non è possibile introdurre o far allevare una nuova regina sarà necessario riunire la famiglia orfana con una altra in cui sia presente la regina in modo da non perdere le api. Dal punto di vista sanitario il primo autunno può essere sfruttato in modo proficuo per la salute degli alveari. Questo, insieme alla primavera, è il periodo più adatto per somministrare alimenti e integratori che hanno anche un’azione contro il Nosema, come ad esempio ApiHerb. Una nutrizio-

ne integrativa da non sottovalutare e che permette un invernamento ancora migliore. Oltre a questo è poi sempre necessario controllare l’eventuale presenza di malattie della covata, come covata calcificata o peste americana, ma si può sfruttare questo periodo anche per un ulteriore trattamento contro la varroa. Se i trattamenti estivi sono stati fatti bene non ce ne dovrebbe essere bisogno, tuttavia non si possono escludere casi di reinfestazione. Quindi un trattamento tampone fatto con prodotti a base di timolo può essere utile. Eventualmente si possono fare delle osservazioni sulla presenza della varroa con la tecnica dello

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AGENDA LAVORI. CENTRO

Inula viscosa (L.) (L.) Aiton, la pianta, che fiorisce a inizio autunno, può rappresentare una importante fonte di nettare

zucchero a velo (considerando comunque che il dato è molto approssimativo) o meglio ancora un trattamento a campione su alcuni alveari per vedere l’eventuale caduta e stabilire se è il caso di trattare per sicurezza tutto l’apiario. L’uso del timolo è indicato in quanto le temperature non saranno di sicuro troppo elevate, garantendo una perfetta sicurezza per le api. Inoltre il timolo ha un effetto biocida piuttosto a largo spettro che funge da igienizzante generico anche nei confronti di fungi e batteri. Oltre al lavoro in apiario questo periodo è importante anche per i lavori in magazzino e in mieleria. È un ottimo momento per far ripulire i melari smielati alle api, in modo da poterli immagazzinare perfettamente puliti. Non ci sono particolari controindicazioni a immagazzinare melari con ancora il velo di miele residuo della smielatura se si immagazzinano in un ambiente asciutto, pulito e libero dalla presenza di insetti o roditori, come dovrebbe essere il magazzino dei melari. Tuttavia se si ripongono i melari perfetta24 | Apitalia | 9-10/2020

mente puliti dalle api, sarà tutto ancora più pulito è sarà molto più agevole la raschiatura dei melari stessi per raccogliere la propoli durante l’inverno. Per far pulire alle api i melari si può ricordare qualche accorgimento per lavorare in maniera efficiente e sicura per le api stesse. Ottimi per questo lavoro sono gli apiscampo. Si procede mettendo un apiscampo con il foro posteriore aperto su un alveare e si collocano sopra i melari, anche 4 o 5 per arnia. Poi dopo un paio di giorni basterà richiudere il foro, spingendo in dentro la linguetta di metallo di chiusura, e aspettare altri due giorni in modo che tutte le api siano rientrate nel nido per poter rimuovere agevolmente tutti i melari puliti. È fondamentale però evitare rischi di saccheggio. Per questo è importante portare in apiario i melari da pulire in serata e accertarsi che non ci siano aperture o fessure tra un melario e l’altro, e nel caso chiuderle con del nastro adesivo. È importante anche ridurre l’ingresso dell’arnia con le porticine di metallo in modo da rendere più agevole e

efficiente la difesa dell’alveare da parte delle api guardiane. In mieleria invece è tempo di pulire bene tutte le attrezzature di smielatura, se non lo si è già fatto, dalla centrifuga al banco di disopercolatura, ai secchi e agli altri strumenti. In questo modo si potranno riporre perfettamente puliti fino alla prossima stagione garantendo un ottimo stato igienico. Infine è tempo di invasettare, soprattutto i mieli che tendono cristallizzare, in modo da poterli mettere nel vasetto ancora allo stato liquido naturale, senza dover ricorrere al riscaldamento del miele eventualmente cristallizzato nei fusti. Se è vero infatti che se il riscaldamento viene fatto a temperature non superiori a 40 °C l’impatto sull’HMF e su altre caratteristiche del miele è minimo, è altrettanto vero che invasettando il miele quando è ancora liquido si può risparmiare tempo, lavoro ed energia elettrica, oltre che preservare ancora di più la qualità organolettica del nostro miele. Matteo Giusti



AGENDA LAVORI. SUD

L’INCERTEZZA È UN DANNO

PRODUZIONI AL RIBASSO VALORIZZARE IL POCO MIELE di Santo Panzera

I

nostri tentativi dei mesi precedenti di ripristinare la piena efficienza degli apiari, attraverso i pareggiamenti di forza, la formazione di nuove famiglie e il cambio delle regine, molto spesso sono stati resi vani dalla siccità prolungata, dal caldo eccessivo e dal vento insistente, che hanno arrecato non poco disagio alle nostre famiglie, uscite da raccolti primaverili, in alcuni casi, alquanto miseri. Tale disagio ci è stato segnalato in maniera inequivocabile dallo sviluppo stentato degli sciami di nuova formazione, dai ripetuti tentativi spontanei di sostituzione di pur giovani regine e da numerosi fenomeni di orfanità. Alla luce dei nefasti effetti sui nostri alveari delle ormai non più eccezionali avversità e bizzarrie meteo- climatiche, cerchiamo di indicare le operazioni da effettuare in apiario in questo periodo: • riunione delle famiglie deboli o orfane; • ritiro dei favi non presidiati dalle api; • riordino e pulizia degli apiari attraverso il ritiro e la disinfezione delle arnie vuote; • valutazione delle scorte e, in caso di insufficienza, loro integrazione; 26 | Apitalia | 9-10/2020

• eventuali spostamenti degli apiari da postazioni che risultano buone in stagione produttiva ma inidonee con l’arrivo del freddo in altre al riparo dalle correnti fredde e ben soleggiate. Alcuni degli interventi da effettuare sono da ricondurre a fenomeni di reinfestazione da varroa, insufficiente efficacia dei trattamenti estivi a fronte di una elevata presenza di acari a causa dell’inverno mite, possibili effetti collaterali sulle famiglie deboli di prodotti evaporanti a base di timolo, come ad esempio le orfanità. In questo periodo, infatti, bisogna far fronte

A CENTRO NIDO AVVICINARE LE API AI FAVI DI SCORTE


alla necessità di non far trascorrere inutilmente l’inverno alle famiglie orfane nelle quali, in assenza del feromone reale che inibisce lo sviluppo delle ovaie nelle api operaie, si ha la comparsa di api fucaiole, con conseguente deformazione delle cellette in parte dei favi, allo scopo di accogliere le uova non fecondate; tali famiglie hanno intrapreso un sicuro declino ed un destino ormai segnato. È bene sottolineare come, ai nostri climi miti, a differenza di quanto accade in altri contesti territoriali, il prolungarsi della stagione attiva non ci consente ancora di “tirare i remi in barca”, in quanto le nostre api sono ben lungi dall’essere immerse nell’oscuro raccoglimento

del glomere. Nel nostro Sud infatti le api non vanno quasi mai in “blocco invernale”; esse, pur formando il glomere, anche in pieno inverno, nelle ore più tiepide, sciolgono il glomere e compiono voli di bottinamento. Infatti, la presenza di scorte adeguate per passare l’inverno è in diretta dipendenza delle condizioni climatico-botaniche della zona in cui si opera, con la relativa rigidità e lunghezza dell’inverno. Una popolosità o forza sufficiente, ai nostri climi, è data da famiglie che coprano bene almeno 3-4 telaini e che abbiano, oltre ad un numero adeguato di api, anche miele a sufficienza; è inoltre molto importante il posizionamento rispetto alla massa di api. Non è

infrequente, infatti, la morte per fame di famiglie che, pur essendo dotate di buone scorte, dopo averle esaurite nella zona dove avevano formato il glomere, risultavano impossibilitate a raggiungerle. Occorre infatti avvicinare il miele alle api, restringendo lo spazio all’interno dell’arnia, togliendo eventuali favi vuoti ed adoperando il diaframma, in modo da modulare lo spazio interno dell’arnia, dimensionandolo alla misura ottimale per la famiglia. È bene togliere un telaino per lato con conseguente restringimento a centro arnia della famiglia; ciò consente una buona circolazione dell’aria, evita l’insorgenza di muffe e può essere una misura preventiva per il nosema ed infine facilita

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AGENDA LAVORI. SUD i trattamenti con acido ossalico (Api-Bioxal), in quanto consente di avere piena contezza della reale popolosità della famiglia. Allo scopo di integrare le scorte si possono fornire alle famiglie uno o due favi di miele, riconoscendo nel miele l’alimento, oltre che naturale, ideale per le api, in virtù del fatto che oltre ai carboidrati, che forniscono alle nostre api l’energia per il controllo della temperatura interna, esso contiene anche vitamine, enzimi, proteine, sali minerali: tutti principi nutritivi indispensabili per sostenere il ciclo biologico delle nostre api, in assenza di apporti esterni. I favi di miele vanno inseriti il più possibile vicino alla covata, affinché siano “a portata” del glomere e sarebbe bene grattare una parte della loro superficie per togliere gli opercoli che, induriti e cristallizzati dal freddo, risulterebbero di difficile rimozione da parte delle api. In assenza di favi di miele da restituire alle famiglie di api, bisognerà ricorrere ad alimenti alternativi a base di zucchero: • nutrizione liquida, a base di sciroppo, ad immediata acquisizione, preparata sciogliendo a caldo 3 parti di saccarosio (zucchero bianco) + 1 parte di acqua + succo di 1 limone o 1 cucchiaio di aceto di vino; questi ultimi ingredienti, oltre a favorire l’inversione degli zuccheri, esplicano un’efficace azione disinfettante sull’apparato intestinale delle api; • nutrizione solida, a base di cana più lenta e duratura acquisizione, preparata impastando, fino a formare una massa omogenea, 10 parti di zucchero a velo + 3 parti 28 | Apitalia | 9-10/2020

di miele, di produzione propria + 0,7 parti di lievito di birra disattivato secco (Saccharomyces cerevisiae), questo ultimo ingrediente è una preziosa fonte di proteine e di vitamine del gruppo B. E’ bene sottolineare che, in tale periodo, a differenza di quanto accade in primavera, la nutrizione ha lo scopo di fornire o integrare le scorte già presenti negli alveari e non certamente quello di simulare un flusso nettarifero per indurre la regina ad una maggiore ovideposizione ; questo effetto condurrebbe infatti ad un aumento dell’estensione della covata con conseguenti maggiori esigenze alimentari e, in assenza di apporti nutritivi esterni, l’alveare andrebbe incontro a morte certa per fame. Da non trascurare, in questo periodo, sono i lavori all’interno del laboratorio che prevedono l’invasettamento del miele prima che, con l’abbassarsi delle temperature, esso cristallizzi nei maturatori, rendendo tale operazione alquanto complicata. Ricordiamo che il fenomeno della cristallizzazione è naturale e dipende dalla presenza ai vertici dei cristalli delle molecole degli zuccheri del miele di cariche elettriche positive e negative che si attraggono e determinano, nel tempo, l’avvicinamento delle molecole stesse, facendo assumere

al miele una consistenza solida. Il fenomeno della cristallizzazione, a seconda dei tipi di miele, interviene in tempi diversi e si manifesta con esiti differenti: i mieli di acacia, castagno e melata hanno tempi di cristallizzazione molto lunghi; i mieli “delicati” come sulla ed agrumi formano cristalli molto fini; il miele di eucalipto forma cristalli grossolani. All’acquirente del nostro miele, soprattutto se ancora non ben “educato” ad un acquisto consapevole, vale la pena ricordare che la cristallizzazione non altera la qualità del miele ma anzi ne indica la genuinità, evitando così che lo stesso, abituato all’immagine del miele industrializzato sempre liquido, non sia indotto in errore dalla presenza di cristalli grossolani che nulla hanno a che fare con l’aggiunta di zucchero (saccarosio). In annate sempre più difficili, in cui le avversità climatiche minano pesantemente i raccolti delle nostre api, è quanto mai indispensabile qualificare e valorizzare agli occhi ed alla bocca del consumatore il poco miele prodotto, associando alla saggia operosità in apiario quella necessaria azione di comunicazione e promozione volte a rendere pienamente “consapevole” l’acquisto ed il consumo del nostro sempre più prezioso miele. Santo Panzera


Ape Sicura: e stai tranquillo Polizza di Assicurazione sulla Responsabilità Civile (R.C.) Alveari COME ASSICURARE I PROPRI ALVEARI Gli Apicoltori abbonati alla Rivista APITALIA che desiderano assicurare i propri alveari contro i rischi derivanti dalla responsabilità civile per eventuali danni procurati a terzi, debbono compilare l’apposito modulo di adesione alla Polizza collettiva “Ape Sicura” e trasmetterlo alla Segreteria della Rivista APITALIA. Gli Apicoltori abbonati alla Rivista APITALIA possono attivare una Polizza per ciascun apiario posseduto. È garantita la copertura assicurativa per un intero anno (12 mesi). Il Certificato di Polizza sarà prodotto (in formato cartaceo e/o elettronico) e trasmesso - solo a seguito dell’invio delle attestazioni di pagamento e del Modulo di Adesione - alla Segreteria della Rivista APITALIA. La volontà di recesso dalla Polizza collettiva non dovrà essere preventivamente comunicata vista l’automatica scadenza annuale della copertura assicurativa. CONDIZIONI GENERALI DI POLIZZA 1) Rischi assicurati. La Compagnia “Gruppo UNIPOL-SAI. Divisione Fondiaria” assicura a ciascun abbonato alla Rivista APITALIA - purché Apicoltore e come tale iscritto all’Anagrafe Apistica Nazionale - il pagamento delle somme che, quale proprietario-esercente l’apicoltura, sia tenuto a corrispondere, in quanto civilmente responsabile ai sensi di legge, a titolo di risarcimento per danni involontariamente cagionati a terzi, sia per lesioni a persone che per danni materiali a cose o animali, in conseguenza ad un fatto accidentale, compresi i rischi derivanti dalle operazioni di carico e scarico degli apiari e dal trasferimento da una zona all’altra degli apiari stessi, escluso il rischio della circolazione su strada di uso pubblico o su aree a questa equiparate dai mezzi impiegati (in conformità alle norme della legge 24/12/69 n. 990 e del DPR 24/11/ 70 n. 973 è infatti obbligatoria l’assicurazione per rischi di responsabilità civile auto). Sono compresi nel novero dei terzi, limitatamente a lesioni personali, gli aiutanti occasionali dell’assicurato, sempreché vi sia responsabilità dell’assicurato stesso. La polizza collettiva “Ape Sicura” copre inoltre i rischi inerenti alla partecipazione degli Assicurati a Fiere, Mostre e Mercati, compreso il rischio derivante dall’allestimento e dallo smontaggio di stand, ma con l’esclusione dei danni agli espositori ed alle cose esposte. 2) Massimali e Franchigia. L’Assicurazione vale fino alla concorrenza massima complessiva, per capitale, interessi e spese di: Euro 1.000.000,00 (un milione/00 di Euro) per ogni sinistro e relativi danneggiamenti arrecati a persona, animali e cose. Per ciascun sinistro è prevista una franchigia pari a Euro 250,00. 3) Partecipazione all’Assicurazione. Possono essere incluse nella Polizza collettiva “Ape Sicura” le persone e gli enti che siano Abbonati alla Rivista APITALIA - purché Apicoltori o Proprietari di alveari e come tali iscritti all’Anagrafe Apistica Nazionale. Per beneficiare dell’Assicurazione gli Apicoltori debbono: A) versare sul conto corrente postale n. 46157004 intestato a: FAI - Federazione Apicoltori Italiani - Roma, o con qualsiasi altro mezzo ritenuto idoneo, il premio assicurativo di 15,00 Euro (per ciascun apiario da assicurare).

La Compagnia assicuratrice si riserva di modificare l’entità del premio in base all’andamento tecnico sul rapporto sinistri/annualità; B) comunicare alla Segreteria della Rivista APITALIA con apposito modulo di adesione l’ubicazione esatta dell’apiario o degli apiari da assicurare. 4) Decorrenza. La validità della garanzia decorre dalla data di versamento del premio assicurativo, che dovrà essere contestuale alla data di sottoscrizione all’abbonamento annuale alla Rivista APITALIA, ha la durata di un anno a partire dalle ore 24 del giorno del versamento. 5) Norme e sinistri. In caso di sinistro l’assicurato deve darne denuncia scritta alla Segreteria della Rivista APITALIA - Corso Vittorio Emanuele II, 101 - 00186 Roma (tel.: 06.6877175 - 06.6852276; fax: 06.6852287; email: segreteria@federapi. biz) entro cinque giorni dal fatto o al momento in cui ne viene a conoscenza. Per i sinistri implicanti gravi lesioni corporali, l’assicurato oltre a darne notizia alla Segreteria della Rivista APITALIA, ne darà comunicazione alla Compagnia “Gruppo UNIPOL-SAI. Divisione Fondiaria” (indirizzo PEC: unipolsaiassicurazioni@pec.unipol.it), indicando anche il codice della polizza n. 159877505. Non adempiendo all’obbligo della denuncia l’assicurato perde il diritto al risarcimento. Parimenti decade da tale diritto qualora pregiudichi i legittimi interessi della Compagnia nella difesa o contro le azioni o pretese per il risarcimento dei danni che ad essa esclusivamente spetta di condurre in qualsiasi sede o modo, in nome e con la collaborazione dell’assicurato. 6) Accettazione condizioni generali e particolari. Il versamento del premio di assicurazione significa piena accettazione di tutte la condizioni generali e particolari della Polizza n. 159877505, di cui gli interessati possono, su richiesta, prendere visione, dovendosi intendere il rapporto assicurativo, indipendentemente dall’opera intermediaria della contraente, direttamente intercedente fra la Compagnia assicuratrice e i singoli assicurati e regolato unicamente dalle condizioni stabilite nella Polizza citata.

Mod. 01/2020 Questo modulo annulla e sostituisce tutti i precedenti

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Ape Sicura

Modulo di Adesione per gli Apicoltori abbonati alla Rivista

1

IL SOTTOSCRITTO.......................................................................................................................................................................................................... INDIRIZZO...................................................................................................................................................................................................................... CAP................................... LOCALITÀ.......................................................................................................................... PROVINCIA........................... TELEFONO......................................................................... EMAIL................................................................................................................................ CODICE FISCALE.............................................................. PARTITA IVA...................................................................................................................... nella sua qualità di abbonato della rivista APITALIA: a) chiede di essere incluso nella Polizza collettiva “Ape Sicura” di assicurazione per la responsabilità civile contratta a beneficio degli Apicoltori che aderiscono all’iniziativa; b) dichiara, sotto la propria responsabilità, di essere iscritto all’Anagrafe Apistica Nazionale con Codice di Allevamento n. ..........................; c) indica, qui di seguito, l’ubicazione dell’apiario che intende assicurare:

2

1. Apiario composto da n° ................. alveari Comune, Provincia........................................................................................................................................................................................................... Indirizzo, Frazione........................................................................................................................................................................................................... Località, Fondo................................................................................................................................................................................................................. Coordinate satellitari.......................................................................................................................................................................................................

NOTA BENE Utilizzare n. 1 modulo per ogni apiario da assicurare

Proseguire su altri fogli fotocopiati per eventuali altri apiari da assicurare.

Che rimette

a mezzo CCP n. 46157004 - FAI - Federazione Apicoltori Italiani - Roma

a mezzo bonifico bancario, MPS Banca - IBAN IT65T0103003283000061424927

unitamente alla presente

Data.............................................. Firma (leggibile) dell’Assicurato............................................................................................................................ Data.............................................. Firma per accettazione da parte della Compagnia............................................................................................

3

Acconsento all’utilizzo dei miei dati personali ai sensi della normativa sulla Tutela della Privacy (Art. 10 Legge n. 196/2003 e del Reg. UE 2017/679) ai fini del trattamento da parte della Rivista Apitalia e della FAI-Federazione Apicoltori Italiani per l’invio di materiale amministrativo, informativo e/o promozionale. I miei dati non potranno comunque essere ceduti a terzi e mi riservo il pieno diritto di conoscere, aggiornare, modificare o cancellare le informazioni a me riferite. Data................................................ Firma (leggibile) dell’Assicurato.......................................................................................................... Mod. 01/2020 - Questo modulo annulla e sostituisce tutti i precedenti

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AGENDA LAVORI. ISOLE

OLTRE IL CALDO SICCITOSO

LA NATURA OFFRE OPPORTUNITÀ ANCHE CON GLI SBALZI CLIMATICI di Vincenzo Stampa

L’APE SICULA È SINCRONIZZATA

Foto Vincenzo Stampa

COL SUO TERRITORIO

S

toricamente Storicamente la stagione apistica inizierebbe con l’autunno, un periodo caratterizzato da piogge frequenti a sostegno della crescita e della fioritura di alcune arbustive come l’Inula viscosa, l’Asparago spinoso, la bulbacea Drimia maritima e alcune altre specie erbacee, le quali, con l’apporto di polline e nettare, darebbero inizio ad un nuovo ciclo stagionale per le api. Già questa è la prima grossa incognita: l’anomalia registrata nell’arco degli ultimi quindici anni di un clima caldo e siccitoso, che ormai

si prolunga fino alle porte dell’inverno astronomico, ci induce alla massima prudenza. La ripartenza sarà difficile per le aziende, economicamente stressate dalla disastrosa annata apistica appena conclusa, che ha fatto registrare un calo produttivo tra il 70 e l’80% e con la prospettiva di un ulteriore impegno economico per il mantenimento delle attività. Serbare alveari efficienti, cioè in equilibrio tra la superficie di covata-la popolazione adulta-le scorte, non è semplice in queste condizioni e neanche gratuito. Non è pensabile, in una dimensione aziendale che tenga in debito conto la sostenibilità economica, nutrire gli alveari per un periodo così ampio. E’ necessario quindi mettere in campo alcune strategie che ci permettano di affrontare il problema e la tecnica apistica, insieme alla natura, ci possono essere di grande aiuto. Durante la stagione favorevole primavera/estate l’estensione delle covate è al massimo e questo, oltre a fornire forza lavoro, riduce nel nido lo spazio disponibile per le scorte che si accumulano nei melari. Normalmente, verso la fine della produzione, la riduzione progres9-10/2020 | Apitalia | 31


AGENDA LAVORI. ISOLE siva del raccolto induce le api ad invertire la tendenza e ad accumulare scorte nel nido; questo è un comportamento tipico in particolare dell’ape sicula che regola la deposizione non sulla temperatura o sulle ore di luce ma unicamente sulla quantità, regolarità e continuità dell’importazione. La scelta di allevare un’ape del territorio “l’ape sicula” si è dimostrata ancora una volta una scelta vincente. Da alcuni anni abbiamo assecondato e massimizzato questo comportamento, togliendo anzitempo i melari e rinunciando alla coda dell’ultima fioritura estiva, in conseguenza viene stimolato ulteriormente l’accumulo di scorte nel nido e il restringimento della

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Foto 2 superficie di covata, due situazioni vantaggiose in vista del lungo periodo di carestia da luglio fino a… non si sa quando.

Un ulteriore vantaggio ci viene dall’avere adottato i distanziatori a SpazioMussi® e infatti la corona di miele attorno alla covata è più spes-


Foto nuke.apival.net

sa e quindi c’è una maggiore quantità di scorte, polline e miele, utile a sostenere la covata nella fase di ripresa della deposizione (Foto 1). La natura ci può aiutare ancora di più. Casualmente abbiamo trovato un aiuto insospettato. Abbiamo realizzato un apiario in zona rivierasca, ambiente salmastro (Foto 2), on l’obiettivo di sfruttare la precocità delle fioriture per fare sviluppare gli alveari; in effetti il risultato sperato c’è stato. Come sempre accade la postazione ha continuato ad essere popolata anche dopo l’esplosione delle fioriture precoci infatti gran parte degli alveari produttivi, spostati per nomadismo, sono stati sostituiti da sciami di nuova formazione i quali, contrariamente ad ogni aspettativa, hanno continuato ad importare e costruire fogli cerei anche in piena siccità e con una apparente assenza di fioriture. Abbiamo scoperto la fonte di tanto benessere nella Limbarda chritmoides (Enula marina) (Foto 3), diffusa in tutte le coste del mediterraneo, che fiorisce da luglio a novembre; classificata come “pianta alofita tipica dei litorali sabbiosi e rocciosi, dune e prati retrodunali salmastri periodicamente inondati”, abbiamo potuto sperimentare che condivide il suo ambiente con altre alofite quali il Tamerice (che fiorisce da maggio a luglio) e la Salicornia (che fiorisce tra agosto e settembre); fioriture grazie alle quali abbiamo quindi disponibile un pascolo nel periodo di massima carestia (Foto 4). Questo episodio rafforza la nostra

Foto 3

Foto 4 convinzione che la natura offre sempre, alla vita in generale, delle opportunità. Già da qualche anno le fioriture primaverili hanno dato nettare e polline in quantità appena sufficiente a sostentare gli alveari, la produzione sempre più scarsa si è spostata verso le fioriture estive, come ad esempio quelle di alcune ombrellifere o verso nicchie particolari, ad esempio nespolo e corbezzolo, che possono godere

dell’innalzamento delle temperature autunno-vernine. Dall’esempio riportato si deduce che cambiare si può anzi si deve, a partire dalla sottospecie allevata; è il motivo per cui, a questo proposito, sollecitiamo ancora una volta gli apicoltori siciliani a preferire la sottospecie autoctona “ape sicula”, sincronizzata con il territorio, frutto di una lunghissima selezione naturale. Vincenzo Stampa 9-10/2020 | Apitalia | 33


VARROA

TECNICA APISTICA NELLA PROFILASSI ALLA VARROA

LE OPERAZIONI IN APIARIO POST TAMPONE ESTIVO E INIZIO PRE-INVERNAMENTO di PierAntonio Belletti, Marco Vanon, Marilena Mazzariol, Fabiola Secolin

L

e tecniche apistiche sono diventate sempre più importanti nella profilassi e controllo delle patologie nonché nella corretta conduzione degli alveari nei differenti periodi dell’anno. Fino a una decina di anni fa la manodopera in apicoltura era volta al controllo sciamatura e alle opera-

zioni di smielatura; attualmente l’apicoltore deve considerare diverse soluzioni quali: • riunione degli alveari deboli alla ripresa o orfani; • alimentazione (stimolante, di soccorso, invernale); • allargamento e restringimento dell’alveare; • pareggiamento e salasso artificiale;

MIGLIORARE L’IMMUNITÀ DELLE API

Figura 1 - Trattamento con Apiguard® e candito

Foto Vita Italia

34 | Apitalia | 9-10/2020


calendario concordato dall’associazione o dalla ASL di riferimento.

Figura 2 - Schema di asportazione dei favi e “messa a sciame della famiglia”.

• produzione di nuovi alveari, asporto della covata e suddivisione della famiglia; • sostituzione delle regine e mantenimento di una variabilità genetica nell’apiario;

• blocco della covata e confinamento della regine. Nel trattamento estivo molti apicoltori si limitano ad inserire i prodotti autorizzati senza valutare lo stato di salute delle api, senza rispettare un

Iniziamo questo percorso insieme considerando una serie di situazioni e le relative soluzioni. A) Verifica della situazione sanitaria dopo il trattamento estivo e controllo della reinfestazione. Il monitoraggio dell’infestazione del mese di settembre risulta fondamentale. Che cosa fare? Entro la metà di settembre è indicato un trattamento di controllo alla varroa, siamo nel periodo di massima reinfestazione (entrata di varroe causa saccheggi e deriva). A1 Il trattamento può essere eseguito con Apibioxal® liquido con glicerolo oppure con la

9-10/2020 | Apitalia | 35


TESTATINA Sesti con covata Vitafeed (VF Patty + VF Power)

VFPatty

VFPower

Controllo

Aumento dei sesti

40,75

37,65

34,8

30,7

% di incremento

264

204

207

163

Differenza con Controllo %

62,00

25,00

27,00

Sesti coperti con api

Vitafeed (VF Patty + VF Power)

VFPatty

VFPower

Controllo

Aumento dei sesti

72,10

83,80

61,90

55,70

% di incremento

232

233

192

176

Differenza con Controllo %

34,00

35,00

11,13

Tabella 1 - Incremento in sesti di covata e api con somministrazione primaverile di Vita Feed, Vita Power e Vita Feed Patty (Mielgo,Belletti, Mazzariol, Secolin, Vanon, 2020).

trattamento con Apibioxal® Apibioxal® nella formulazione A3 trattamento con Apiguard® sgocciolato. La famiglia viene (persistenza 10 - 12 gg), in in polvere. In questo periodo la messa a sciame e creato perquesto caso è consigliabile invarroa inizia a trovarsi sempre tanto un vuoto sanitario, Venserire del candito nella misura di piu sulle api adulte - bottigono tenuti solo i favi di scorte di 1 - 1,5 kg, questo aumenta natrici in quanto il numero di e i favi con covata fresca non l’efficacia del prodotto (Belletnutrici inizia a ridursi (sopratopercolata, la famiglia va riti, Della Vedova, prove monitutto al Nord dove l’approvvistretta e alimentata (Figura 2). toraggio Friuli Venezia Giulia gionamento pollinico risulta Nessun altro trattamento può - trattamento con Apiguard 3 scarso). Il trattamento con risultare congruo per preservaconfezioni fine estate). Apibioxal® ha come obiettire l’alveare. vo un check non certamente A4 Nel caso in cui la situazione dell’infestazione e molto ele- B) verifica dello stato nutrizionale quello di un controllo totale dell’alveare a fine agosto. vata e lo si vede dalle covate dell’acaro. disomogenee, bucate, calo di È il periodo più critico e difficile A2 Entro la metà di settembre è api significativo, presenza di per le api soprattutto dove non c’è possibile inserire dell’Apivar® che verrà tenuto dentro per 10 api con ali deformi, l’unica piu importazione nettarifera e polsoluzione in questo caso è l’a- linica. A fine agosto una alimentasettimane praticamente sino sportazione totale della cova- zione glucidica e amminoacidica al trattamento invernale in asta chiusa e l’esecuzione di un risulta fondamentale. senza di covata.

36 | Apitalia | 9-10/2020


Figura 3 - Determinazione dei sesti di covata nel trattamento con Vita Feed Patty

Analizziamo nel dettaglio che cosa succede in questo periodo. La famiglia di api ha subito un forte stress causa il trattamento estivo alla varroa e fatica spesso a riprendersi; si assiste ad un decremento della forza famiglia in particolare di nutrici. È necessario intervenire il prima possibile per evitare un effetto domino che poi si ripercuoterà fino allo svernamento, nella fattispecie alla fine del mese di agosto la nutrizione di sostegno è finalizzata allo sviluppo del corpo grasso dell’ape. Il corpo grasso dell’ape, chiamato da alcuni il “santo graal”, è semplicemente un tessuto di riserva che permette di immagazzinare prodotti alimentari elaborati (digeriti) e resi disponibili all’organismo in momenti difficili (avversità climatiche invernamento), garantendo così una maggiore longevità dell’ape. È molto importante nella fase larvale; una larva sottoalimentata non

da origine ad un’ape matura normale. Nel corpo grasso si trova la vitellogenina la quale riveste un ruolo cruciale nella riproduzione delle api: grazie a essa, questi insetti sono in grado di trasferire alla discendenza una competenza immunitaria che permette di affrontare le infezioni che potrebbe contrarre dopo la nascita. Lo ha scoperto un gruppo di ricercatori dell’Arizona State University e dell’Università di Helsinki e la sequenza immnunitaria può essere così semplicemente riassunta: • frammenti di batteri legati alla vitellogenina in pappa reale per regina; • questi frammenti vengono trasmessi alle uova; • le api nasciture avranno già un sistema immunitario attivo contro queste patologie. Già nel 1905 il prof. G. Canestrini della Regia Università di Padova scriveva dell’importanza della nu-

trizione a fine “vendemmia apistica” indicando delle ricette glucidico proteiche: • Pappa di latte 1 Litro di latte fresco bollito,1 Kg o più di zucchero. • Pasta con uova 1 Kg o più di miele o zucchero,1/5 Kg di uova (bianco e rosso). • Farine in polvere Castagne, frumento, segale, grano saraceno (in piatti di legno o piccole cassette poste all’esterno). Negli anni ‘40 la nutrizione di fine stagione era considerata altrettanto importante tant’è che lo Stato distribuiva gratuitamente per ogni alveare regolarmente denunciato (esisteva una anagrafe apistica corporativa e locale!) la quantità di 5 kg di melitosio attraverso la Società Italiana Zuccheri Berlese di Pavia. Il melitosio costituiva uno sciroppo di zucchero greggio da barbabietola denaturato (cioè riscaldato) con 9-10/2020 | Apitalia | 37


VARROA

Figura 4 e 5 - Verifica di appetibilità di Vita Feed Patty, l’involucro in sottile carta velina viene rimosso completamente dalle api

aggiunta di pasta d’aglio (la stessa funzione antimicotica e protettiva la troviamo oggi nel prodotto commerciale denominato Apiherb®). Uno schema di intervento di nutrizione di soccorso è indicato schematicamente di seguito: • da fine agosto ogni 7-10 per tre volte fornire all’alveare una quantità di almeno 3 litri di sciroppo glucidico con aggiunta di 2 grammi/litro di Apiherb®. • inserire contestualmente allo sciroppo 150 grammi di Vita Feed Patty® negli alveari e ridurre la quantità a 100 g nei nuclei. Vita Feed Patty è un mangime completo amminoacidico per api contenente lisina, metionina, acido aspartico, acido glutammico, alanina, cistina, fenilalanina, glicina, Sali minerali e vitamine del gruppo B, il suo utilizzo è particolarmente indicato nella fase di pre invernamento per le motivazioni ampiamente argomentate. Nello sciroppo possono essere an38 | Apitalia | 9-10/2020

che inseriti polifenoli derivanti dalla lavorazione dell’olio extra vergine di oliva (la sperimentazione è iniziata nel 2018 con candito e sciroppo con differenti concentrazioni di polifenoli, antiossidanti naturali). In Italia attualmente sono presenti piu di 40 prodotti glucidici, proteici e multivitaminici. I suggerimenti sopra indicati nel utilizzo di prodotti commerciali, Apiherb® e Vita Feed Patty® derivano da prove sperimentali in situazioni anche di stress alimentare e non per particolare affinità o simpatia verso tutto cio che rappresenta nutrizione e quindi una spesa per l’apicoltore. Si riportano nella Tabella 1 i risultati della prova nutrizionale effettuata nei mesi di marzo e aprile 2020. Il numero dei sesti coperti da covata e da api è riportato nelle Tabella 1. Per quanto riguarda l’incremento di covata, è chiaro che la somministrazione di Vita Feed Patty e Vita Feed Power in combi-

nazione, ha un un evidente impatto sull’incremento di covata che risulta più del 200%, a paragone con le arnie di controllo (163%) che significa una differenza del 26% di covata in più. Nel caso di Vita Feed Patty i Grafici 1 e 2, mostrano la differenza tra colonie trattate con i Vita Feed e arnie di controllo. In conclusione, in primavera, i VitaFeed hanno mostrato un chiaro impatto positivo sullo sviluppo delle colonie (62% in più di covata e 34% in più di api rispetto al controllo), che viene validato da una significità statistica (p>0.05) su entrambi i parametri covata e api. PierAntonio Belletti esperto di patologie delle api e nutrizione, apicoltore professionale Marco Vanon, Marilena Mazzariol, Fabiola Secolin collaboratori tecnici team prove di monitoraggio nutrizione e varroa


Foto dbeni91

SPECIALE VELUTINA

PIANO DI GESTIONE NAZIONALE DEL CALABRONE ASIATICO A ZAMPE GIALLE VESPA VELUTINA

di Simone Lioy, Sandro Bertolino, Daniela Laurino, Aulo Manino, Marco Porporato

IN COLLABORAZIONE CON LIFE14 NAT/IT/001128 STOPVESPA

9-10/2020 | Apitalia | 39


SPECIALE VELUTINA PREMESSA La Vespa velutina o Calabrone asiatico a zampe gialle (di seguito Calabrone asiatico) è un insetto originario del sud-est asiatico, ha un areale naturale compreso fra la Cina Meridionale, l’India, l’Indocina e l’Indonesia. Per effetto dell’isolamento geografico delle diverse popolazioni e della diversità di clima, il Calabrone asiatico si è differenziato in 11 sottospecie, ma solamente la sottospecie più settentrionale, Vespa velutina nigrithorax (du Buysson, 1905), è stata accidentalmente introdotta dalla Cina ad altre parti nel mondo. Le aree di introduzione sono la Corea del Sud nel 2003, l’Europa nel 2004 e il Giappone nel 2012. In Europa la specie si è ampiamente diffusa in molti paesi. L’impatto sulla biodiversità è rilevante, in particolare per la pressione predatoria esercitata nei confronti di Apis mellifera e di altri insetti autoctoni. A seguito di una procedura di valutazione del rischio (Risk-assessment), il Calabrone asiatico è stato inserito nell’elenco delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale (Regolamento di esecuzione UE 2016/1141) adottato il 13 luglio 2016 e collegato al Regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione

Fig. 1 - Immagine di Calabrone asiatico nella quale sono evidenziate le principali caratteristiche che permettono l’identificazione della specie.

40 | Apitalia | 9-10/2020

Europea recante disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive. L’inserimento del Calabrone asiatico in tale elenco prevede, per gli stati membri che ospitano la specie sul proprio territorio, l’obbligo di predisporre misure di gestione efficaci, in modo da renderne minimi gli effetti sulla biodiversità, sui servizi ecosistemici collegati e, se del caso, sulla salute umana o sull’economia. Tali misure di gestione consistono in interventi volti all’eradicazione, al controllo numerico o al contenimento spaziale delle popolazioni. Inoltre, l’art. 7 del Regolamento impone l’attivazione immediata di misure di eradicazione nel caso di segnalazioni in aree di nuova presenza della specie. Il successivo decreto legislativo n. 230/17 entrato in vigore il 14 febbraio 2018 di “adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) n. 1143/2014” prevede tra l’altro che il MATTM stabilisca con proprio decreto delle efficaci misure di gestione per le specie diffuse sul territorio nazionale (art. 22). Per far fronte a tali obblighi normativi è stato predisposto il presente piano di gestione. 1. CENNI DI BIOLOGIA E DISTRIBUZIONE 1.1. Riconoscimento della specie Il Calabrone asiatico può essere identificato rispetto ad altre specie native grazie alla caratteristica colorazione corporea e alle dimensioni, che variano tra 19-30 mm di lunghezza (Fig. 1). I caratteri che ne permettono il riconoscimento sono: i) la colorazione degli arti (coxa, trocantere, fe more e tibia di colore scuro, tarsi gialli, scuri nei segmenti) prossimali al torace e gialli nei segmenti distali; ii) la colorazione del torace completamente nera; iii) la colorazione dell’addome, con i primi tre segmenti di colore bruno scuro tendente al nero e margine posteriore di colore giallo, quarto segmento di colore giallo-rossiccio con macchia triangolare scura, segmenti terminali di colore bruno. In Allegato 1 sono riportate alcune informazioni


Allegato 1

9-10/2020 | Apitalia | 41


Fig. 2 - Distribuzione del Calabrone asiatico in Italia al termine del 2019 su reticolo a 10 km (protocollo EASIN). Le aree di presenza stabile sono evidenziate in rosso (presenza di nidi accertati o numerose segnalazioni di individui in anni successivi), le aree di espansione o di presenza occasionale in giallo. Sono escluse le segnalazioni sporadiche di individui da aree in cui la presenza non è stata confermata in anni successivi (es. Rivoli, Gavazzana).

aggiuntive per il riconoscimento del Calabrone asiatico rispetto ad altre specie native italiane. 1.2. Origine delle popolazioni in europa La prima segnalazione della presenza del Calabrone asiatico in Europa risale al 2004 in Francia nei dintorni di Bordeaux. Probabilmente l’introduzione avvenne a causa di una singola regina fecondata trasportata con un carico navale dalle province cinesi di Zhejiang o Jiangsu (Arca et al. 2015). Negli anni successivi la specie si è espansa velocemente nel territorio francese, arrivando a colonizzare gran parte della nazione. In pochi anni la specie si è diffusa anche negli stati limitrofi, colonizzando Spagna, Portogallo, Belgio, Italia, Germania e Gran Bretagna (Monceau et al. 2014a, Laurino et al. 2020). 1.3. Origine e distribuzione della popolazione italiana

In Italia la specie è arrivata nel 2012, quando alcuni adulti sono stati catturati in Liguria a Loano (Demichelis et al. 2014) e Ventimiglia. Le prime popolazioni italiane sono state individuate nella 42 | Apitalia | 9-10/2020

Liguria di ponente (provincia di Imperia) e nel sud del Piemonte (provincia di Cuneo) (Porporato et al. 2014). In queste due regioni, la specie si è diffusa in maniera molto diversa, probabilmente a causa delle diverse condizioni climatiche che determinano una differente idoneità ambientale (Fournier et al. 2017). In Liguria, il Calabrone asiatico ha incrementato il proprio areale con una velocità d’espansione iniziale di circa 18 km/anno, diffondendosi dal comune di Ventimiglia verso est, lungo il litorale, e verso nord, risalendo le valli e colonizzando l’entroterra ligure (Bertolino et al. 2016). Al termine del 2019 la specie era diffusa con continuità da Ventimiglia (Imperia) ad Alassio (Savona), occupando un’area di circa 1.259 km2 (Fig. 2). Recentemente la specie è stata segnalata a Finale Ligure (Savona), La Spezia e comuni limitrofi, a diversi chilometri di distanza dall’areale principale. Nel 2019, la presenza del Calabrone asiatico è stata confermata anche in Toscana (provincia di Massa-Carrara), probabilmente a causa della diffusione della specie dal vicino focolaio di La Spezia.


In Piemonte, le segnalazioni di Calabrone asiatico sono state sporadiche negli anni e concentrate in particolare in alcuni comuni del Monregalese (Monastero di Vasco, Vicoforte Mondovì, Monasterolo Casotto e comuni limitrofi, provincia di Cuneo). La specie, al termine del 2019, occupava in Piemonte un’area di almeno 185 km2, tuttavia alcune colonie sono state individuate nel 2018 in comuni limitrofi alla regione Liguria (Ormea, Alto, Castelnuovo di Ceva, provincia di Cuneo). Alcune segnalazioni sono pervenute nel 2017 da un’area a ridosso di Veneto (Bergantino, provincia di Rovigo) e Lombardia (Borgofranco sul Po, provincia di Mantova), tuttavia il monitoraggio eseguito nei due anni successivi non ha confermato la presenza della specie. 1.4. Ciclo di sviluppo Le colonie di Calabrone asiatico hanno un ciclo di sviluppo annuale. Le regine fondatrici sopravvissute all’inverno, a partire dai mesi di marzoaprile costruiscono un piccolo nido di consistenza cartacea utilizzando fibre vegetali. Il nido, detto “primario”, è costituito da un involucro protettivo a più strati e da un piccolo favo orizzontale formato da poche cellette, con un foro di accesso posto nella parte inferiore. In questa prima fase, la regina, da sola, si occupa della costruzione del nido, della deposizione delle uova destinate a dare origine alle operaie e di nutrire le larve. Le prime operaie che sfarfallano, dopo circa sette settimane, collaborano con la regina per ingrandire il nido ampliando l’involucro protettivo e aggiungendo favi. Nel corso della stagione, le dimensioni della colonia e del nido aumentano progressivamente e il foro di accesso viene progressivamente traslato in posizione laterale. La fase di fondazione di una colonia può essere considerata conclusa quando il nido raggiunge il diametro di circa 15 cm e contiene 3-4 favi con covata. Quando la fondazione del nido è avvenuta in luoghi idonei al suo completo sviluppo, la colonia prosegue l’ampliamento dello stesso fino all’autunno. In caso contrario, la colonia può trasferirsi in luoghi più sicuri, normalmente in

posizioni elevate rispetto al suolo, realizzando un nido definito “secondario” e abbandonando progressivamente il nido iniziale. In ogni caso, a partire da settembre, sfarfallano le prime femmine fertili che vengono fecondate dai maschi che sono già presenti nelle colonie. Le regine fecondate cercano un luogo riparato nel quale trascorrere l’inverno. Con l’avanzare della stagione fredda le operaie, la vecchia regina e i maschi muoiono e la colonia si estingue. Il ciclo riparte nella primavera successiva, a opera delle numerose regine svernanti nate da ogni colonia che ha completato il ciclo nell’anno precedente. 2. MODALITÀ DI DIFFUSIONE Il Calabrone asiatico è in grado di colonizzare nuovi territori per diffusione naturale o per trasporto passivo e involontario di regine fondatrici presenti in merci di vario genere (es. legname, paglia, fieno, terriccio, materiale vivaistico, ecc.), nelle quali possano aver trovato rifugio per trascorrere l’inverno (Laurino e Porporato 2017, Robinet et al. 2017). Se l’area di destinazione presenta condizioni adeguate alla sopravvivenza degli animali, le regine possono conseguentemente fondare una nuova colonia. Questa modalità di diffusione, che permette alla specie di stabilire nuove popolazioni anche a molti chilometri di distanza dall’areale principale, è probabilmente la causa delle prime segnalazioni provenienti dall’area di La Spezia, di Bergantino (Veneto) e di Pietrasanta (Toscana) in provincia di Massa. Lo spostamento durante i mesi autunno-invernali di alveari e/o materiale apistico dalle aree nelle quali il Calabrone asiatico è insediato è da considerarsi come possibile causa aggiuntiva per nuove introduzioni. Alveari e materiali devono quindi essere attentamente controllati prima di effettuare spostamenti. L’esperienza degli apicoltori e le numerose ricerche pubblicate (Villemant et al. 2011a, Keeling et al. 2017, Robinet et al. 2017, Barbet-Massin et al. 2018) dimostrano che il Calabrone asiatico è in grado di stabilirsi e diffondersi rapidamente in Europa data la presenza diffusa di prede (api da 9-10/2020 | Apitalia | 43


SPECIALE VELUTINA miele e invertebrati indigeni) e habitat idonei. Le probabilità di colonizzazione possono essere relativamente maggiori nelle seguenti aree: quelle nelle quali gli inverni sono maggiormente miti; aree aperte vicino a fonti d’acqua; aree limitrofe al fronte di avanzamento della specie; aree in prossimità di porti e aeroporti, dove è più probabile che arrivino spedizioni controllate e non controllate di merci che possono ospitare regine fondatrici; aree costiere (Fournier et al. 2017, Monceau K e Thiéry 2017, Lioy et al. 2019, Rodríguez-Flores et al. 2019). 3. IMPATTI Nonostante la specie sia presente in Europa da molti anni, il numero di studi che quantificano gli impatti associati alla presenza del Calabrone asiatico sono limitati, a causa anche della complessità nel discernere l’impatto della specie rispetto a fattori esterni. Alcuni dati sono comunque disponibili sia nella letteratura scientifica sia nella letteratura grigia. 3.1. Impatti sull’apicoltura L’impatto principale della presenza del Calabrone asiatico si registra a carico delle api e dell’apicoltura, essendo Apis mellifera una delle prede preferite dalla specie (Perrard et al. 2009, Laurino et al. 2020). Il Calabrone asiatico provoca l’indebolimento o il collasso delle colonie di api, con perdite variabili sulla base dell’area, della densità di nidi, delle pratiche apistiche e della presenza nelle colonie di api di patologie apistiche (Requier et al. 2019). Alcune studi riportano valori di perdite degli alveari variabili dal 5% all’80% (Monceau et al. 2014a, 2014b). Una sperimentazione di due anni condotta in Liguria (provincia di Imperia) ha evidenziato la presenza di impatti sulle colonie di api variabili dal 12% al 18% (Laurino et al. 2019). La perdita di alveari genera un impatto economico al settore dell’apicoltura, sia in termini di perdita di colonie di api sia di una minor produzione dei prodotti dell’alveare (es. miele). 3.2. Impatti sulla fauna autoctona 44 | Apitalia | 9-10/2020

Il Calabrone asiatico può causare un impatto sulla biodiversità entomologica, a causa dell’attività predatoria nei confronti di molte specie di insetti oltre ad Apis mellifera, come altri Imenotteri (api selvatiche e vespe) oppure Ditteri o insetti di altri ordini (Villemant et al. 2011b). Uno studio biennale in Liguria evidenzia che il Calabrone asiatico può generare un impatto nei confronti delle api selvatiche, in particolare sulle specie con periodo di volo tardo-estivo e autunnale (Carisio et al. 2019). Al possibile effetto negativo causato dalla predazione diretta (effetto primario) potrebbe aggiungersi un effetto secondario sui servizi ecosistemici di impollinazione. 3.2. Impatti sulla salute umana La specie provoca impatti sociali associati alla presenza dei nidi in ambiente urbano e rurale, con conseguente costo economico per la rimozione delle colonie (Monceau et al. 2014a). Il Calabrone asiatico costruisce nidi che in autunno raggiungono grandi dimensioni con colonie in grado di ospitare in media 6.000 individui l’anno, con casi di oltre 13.000 individui (Rome et al. 2015). I nidi vengono spesso costruiti in aree urbane, su alberi o edifici. In questi casi, la loro dimensione, la presenza di molti calabroni nell’area e la possibilità di punture genera spesso stati d’ansia nei cittadini, che richiedono interventi rapidi per la rimozione delle colonie. È quindi importante poter intervenire celermente a seguito di una segnalazione di nidi presenti in aree urbane. Per quanto riguarda l’effettiva pericolosità dei calabroni, in Francia non è stato registrato un aumento significativo nel numero di ricoveri causati da punture di Calabrone asiatico rispetto al numero totale di punture da Imenotteri (De Haro et al. 2010, Tabar et al. 2015); sono stati registrati alcuni decessi in Europa e differenti casi di punture sono stati riportati anche in Italia (es. nei confronti di addetti alla cura del verde). 4. ASPETTI NORMATIVI 4.1. normativa internazionale e comunitaria La normativa internazionale e comunitaria fa ri-


ferimento a: • Convenzione di Rio (1992) recepita dalla Comunità Europea (Decisione del Consiglio 93/626/CEE) che vieta di introdurre specie alloctone o se del caso ne chiede il controllo o l’eliminazione se minacciano gli ecosistemi, gli habitat o le specie (Allegato A, Art. 8 - h). • Regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014 recante disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie alloctone invasive, che impone tra l’altro agli Stati membri l’eradicazione rapida o il controllo di tali specie. • Regolamento di esecuzione (UE) 2016/1141 della Commissione del 13 luglio 2016 che adotta un elenco di specie esotiche invasive di rilevanza unionale in applicazione del Regolamento (UE) n. 1143/2014. 4.2. normativa nazionale

Per quanto riguarda la normativa nazionale, si fa riferimento al Decreto Legislativo 15 dicembre 2017 n. 230 di “Adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, recante disposizioni volte a prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive” che stabilisce misure con particolare riferimento: a) ai controlli ufficiali necessari a prevenire l’introduzione deliberata di specie esotiche invasive di rilevanza unionale; b) al rilascio delle autorizzazioni previste dagli articoli 8 e 9 del regolamento; c) all’istituzione del sistema nazionale di sorveglianza previsto dall’articolo 14 del regolamento; d) alle misure di gestione volte all’eradicazione, al controllo demografico o al contenimento delle popolazioni delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale, transnazionale o nazionale; e) alla disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento e del presente

9-10/2020 | Apitalia | 45


SPECIALE VELUTINA decreto. Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare è l’Autorità nazionale competente designata per i rapporti con la Commissione Europea, relativi all’esecuzione del regolamento, e per il coordinamento delle attività necessarie per l’esecuzione del medesimo, nonché per il rilascio delle autorizzazioni di cui agli articoli 8 e 9 del medesimo regolamento. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) è l’Ente tecnico scientifico di supporto al Ministero per l’applicazione del regolamento. Le Regioni e le Province autonome sono responsabili dell’applicazione delle misure di gestione, eradicazione e sorveglianza del territorio. 5. TECNICHE DI INTERVENTO 5.1. Individuazione e distruzione dei nidi L’individuazione e la distruzione dei nidi di Calabrone asiatico è la tecnica maggiormente utilizzata in Europa per il controllo della specie e la riduzione degli impatti. Questa tecnica risulta particolarmente efficace nel periodo primaverile-estivo, prima della nascita delle future regine fondatrici che avviene a partire dal mese di settembre (Monceau et al. 2014a, Robinet et al. 2017). La distruzione dei nidi risulta inoltre di fondamentale importanza negli ambienti urbani e rurali, per diminuire il rischio che la specie entri in contatto con i cittadini provocando incidenti per punture di calabroni. Questa metodica è stata adottata in Italia dal progetto europeo LIFE STOPVESPA per il controllo del Calabrone asiatico (1.871 colonie rimosse dal progetto nel periodo 2015-2019), e ha permesso di rallentare l’espansione della specie in Liguria. La distruzione di un nido di Calabrone asiatico è un’operazione potenzialmente pericolosa sia per gli operatori coinvolti, sia per le persone nelle vicinanze, in quanto gli insetti possono manifestare reazioni difensive durante l’avvicinamento al nido e/o durante il trattamento. Le operazioni devono essere svolte da personale adeguatamente formato ed equipaggiato per intervenire (si veda Capitolo 7). I nidi possono essere costruiti su 46 | Apitalia | 9-10/2020

Fig. 3A - Distruzione di un nido di Calabrone asiatico con l’utilizzo di aste telescopiche.

alberi, arbusti, in cavità del terreno o su supporti artificiali, come la porzione sporgente dei tetti delle abitazioni o sotto ai balconi, e ad altezze differenti (dal livello del suolo ad oltre 20 m d’altezza). Le tecniche d’intervento sui nidi possono quindi variare sulla base della posizione del nido e del periodo dell’anno. In generale, per predisporre le operazioni di rimozione devono essere considerati i seguenti elementi: • altezza dei nidi: i nidi sono spesso costruiti ad altezze elevate sulle chiome di alberi ed edifici. In questi casi gli operatori non possono raggiungere sempre le colonie o raggiungerle in sicurezza. • Dimensione delle colonie: i nidi “primari” possono essere rimossi con facilità, sia per le dimensioni ridotte sia perché normalmente raggiungibili agevolmente dagli operatori. Al contrario, la rimozione dei nidi sviluppati o dei nidi “secondari” è più complessa, a causa delle dimensioni maggiori, dell’altezza elevata alla quale spesso si trova il nido e del numero di calabroni presenti. • Numerosità delle colonie nel territorio: nelle Regioni nelle quali la specie è presente con popolazioni stabili e il numero di colonie è elevato, la rimozione di tutte le colonie comporta un impegno economico rilevante. Al contrario, nei


Fig. 3B - Distruzione di un nido di Calabrone asiatico con l’utilizzo autoscale.

nuovi nuclei d’invasione o nelle aree di espansione è consigliabile rimuovere tutte le colonie una volta che siano state inattivate, perché i loro nidi potrebbero essere utilizzati come sito di svernamento dalle future regine fondatrici (Feás e Charles 2019). Le colonie di Calabrone asiatico in fase di sviluppo e facilmente raggiungibili possono essere trattate con insetticidi per calabroni (in bombolette spray) da iniettare attraverso il foro di ingresso al nido; l’operazione dovrà essere eseguita preferibilmente di sera quando tutti gli animali sono all’interno dello stesso. I prodotti disponibili in commercio contengono piretroidi quali permetrina, tetrametrina, cipermetrina, ecc. In alcuni casi, i nidi di piccole dimensioni possono essere rimossi senza l’utilizzo di biocidi, per esempio introducendoli in sacchi di polietilene robusti o altri contenitori a tenuta. In questi casi le colonie possono essere inattivate tramite congelamento oppure con l’utilizzo di anidride carbonica e successivamente distrutte meccanicamente. Colonie già sviluppate o posizionate a elevata altezza dal suolo possono essere trattate utilizzando aste telescopiche, che consentono di posizionare l’erogatore dell’insetticida in corrispondenza del nido e di veicolare un insetticida in polvere specifico per vespe e calabroni (contenente un piretroi-

de come la permetrina; al momento della redazione del presente Piano, in Italia risulta autorizzato il prodotto commerciale Avidust della ditta Pestnet) direttamente all’interno, sia tramite il foro di accesso sia mediante perforazione dell’involucro protettivo (Fig. 3-4). Tale tecnica può essere utilizzata in tutte le situazioni e permette di trattare le colonie di Calabrone asiatico fino a un’altezza di circa 20 m, prestando la massima attenzione a evitare la dispersione del principio attivo nell’ambiente. La conformazione dei nidi (chiusi da uno spesso strato esterno protettivo), la metodica di trattamento utilizzata (introduzione dell’insetticida nel nido) e la dose di principio attivo impiegata, che non supera gli 0,5 g/nido anche nel caso in cui questi siano di grandi dimensioni, permette di effettuare un trattamento puntuale. I formulati in polvere a base di permetrina sono indicati anche per il trattamento di superfici irregolari ricche di fessure, anfratti o vegetazione incolta nella misura di 1 kg (5 g di principio attivo) per 15-20 m2. La dose impiegata per distruggere un nido di Calabrone asiatico è pertanto 10 volte inferiore a quella consigliata per trattamenti generici sulle superfici irregolari indicate sopra. Qualora sussistano le condizioni operative (accessibilità dei luoghi, disponibilità di idonee attrezzature), potrebbe essere valutato l’impiego di vapore acqueo ad alta temperatura, in pressione, mediante l’utilizzo di una idropulitrice a caldo. È sconsigliato l’utilizzo delle armi da fuoco per la distruzione dei nidi di Calabrone asiatico in quanto non viene garantita l’eliminazione della regina che, se sopravvive all’intervento potrà dare origine a una nuova colonia, vanificando l’operazione. Per ulteriori dettagli sulle tecniche d’intervento è possibile consultare le apposite linee guida sviluppate nell’ambito dell’azione E2 del progetto LIFE STOPVESPA (https://www. vespavelutina.eu/it-it/download/materiale-delprogetto). 5.2. Metodiche di supporto per l’individuazione dei nidi I nidi di Calabrone asiatico sono spesso di diffi9-10/2020 | Apitalia | 47


SPECIALE VELUTINA cile individuazione, soprattutto quando nascosti dalla vegetazione o durante i mesi primaverili ed estivi, quando le colonie presentano dimensioni ridotte. Alcune tecniche sono state recentemente sviluppate per facilitare l’individuazione dei nidi di Calabrone asiatico: i) tracciamento del volo dei calabroni con radar armonico; ii) tracciamento del volo dei calabroni con tecniche di radio-tracking VHF; iii) utilizzo di termo-camere. Queste metodiche risultano di particolare rilevanza nella gestione dei nuovi focolai d’invasione, generati dal trasporto passivo di regine fondatrici o dalla loro dispersione naturale su grandi distanze, permettendo di aumentare le probabilità d’individuazione dei nidi prima di un’estesa colonizzazione delle aree circostanti il punto d’introduzione. i) Tracciamento del volo dei calabroni con radar armonico Questa tecnica permette di seguire in tempo reale il volo dei calabroni, sfruttando la tecnologia del radar armonico sviluppata dall’Università di Torino e dal Politecnico di Torino nell’ambito del progetto LIFE STOPVESPA (Milanesio et al. 2016, 2017; Maggiora et al. 2019). I calabroni vengono catturati, dotati di tag (piccolo diodo connesso ad un breve segmento di filo metallico), liberati nell’ambiente dove sono stati catturati e seguiti tramite il radar armonico, che emette un segnale radio a sua volta ritrasmesso dal tag presente sull’insetto. In questo modo è possibile seguire in tempo reale su un monitor i tracciati di volo dei calabroni che rientrano al nido, localizzando quindi la posizione della colonia. Il tag utilizzato è sufficientemente leggero (19 mg) per l’insetto da permettergli di volare e cacciare senza particolari problemi per diversi giorni; questo è dovuto al fatto che il tag lavora in modo passivo, senza la necessità di una fonte d’alimentazione energetica. In base agli ultimi miglioramenti tecnologici, il radar armonico è in grado di individuare e tracciare il percorso dei tag, e quindi i 48 | Apitalia | 9-10/2020

calabroni, fino ad una distanza massima di poco meno di 500 m. Qualora le colonie siano insediate a distanze maggiori, una volta definiti i tracciati di volo, è possibile spostare il radar lungo queste direttrici fino a individuare la posizione del nido. Il tempo necessario per individuare i nidi di Calabrone asiatico varia in base al numero di calabroni presenti nell’ambiente e all’orografia del territorio, che potrebbe limitare la capacità di spostamento del radar in assenza di una idonea rete viaria. La tecnica si può rivelare particolarmente utile nei nuovi focolai d’invasione, nell’ottica di una strategia di rapido intervento, per individuare e rimuovere le colonie prima della riproduzione e della nascita di future regine fondatrici. ii) Tracciamento del volo dei calabroni con tecniche di radio-tracking VHF La tecnica di radio-tracking, ampiamente utilizzata da diversi anni per localizzare vertebrati anche di piccole dimensioni, è stata recentemente verificata con successo per tracciare il volo di singoli individui di Calabrone asiatico, in ambienti complessi come quelli oggi colonizzati (Kennedy et al. 2018). Questa tecnica prevede di dotare i calabroni di un piccolissimo radio trasmettitore appeso tramite un filo al segmento (peziolo) che connette il torace con l’addome negli insetti. I radio trasmettitori utilizzati hanno un peso (220-280 mg) notevolmente superiore rispetto ai tag utilizzati con il radar armonico, in quanto forniti di batteria. In base alle sperimentazioni condotte (Kennedy et al. 2018), se il peso dei radio trasmettitori non supera l’80% del peso dell’individuo che lo trasporta, l’insetto è in grado di volare, lentamente, con frequenti soste, e tornare al nido, permettendone l’individuazione. La distanza d’individuazione varia a seconda del radio trasmettitore utilizzato, raggiungendo distanze massime di 800 m. Questa tecnica può essere limitata dalla disponibilità di individui sufficientemente


grandi e robusti. Questo può rappresentare un punto critico nelle aree dove il calabrone si è appena insediato e le operaie non sono ancora numerose o sono di piccole dimensioni, come in primavera o all’inizio dell’estate (Rome et al. 2015). È tuttavia una metodica che può rivelarsi utile nell’ottica di una strategia d’intervento rapido nei nuovi focolai d’invasione, nonostante non sia ancora stata sperimentata in Italia. iii) Termo-camere per l’individuazione dei nidi Dato che il Calabrone asiatico ha tendenza a collocare i nidi secondari nella parte superiore delle chiome degli alberi e a mantenere temperature superiori a quelle ambientali per permettere lo sviluppo della covata, le termo-camere potrebbero rivelarsi un utile strumento per l’individuazione delle colonie di Calabrone asiatico (Keeling et al. 2017). Questa tecnica è stata testata su diverse specie di insetti (Al-doski et al. 2016).

La possibilità di individuazione dei nidi di Calabrone asiatico presenta dei limiti legati alla temperatura ambientale e alla presenza di vegetazione in grado di coprire le colonie, ma potrebbe essere utilizzata per aumentare le probabilità di localizzazione in particolare nei nuovi focolai d’invasione. Questa tecnica, applicata all’alba per sfruttare il differenziale di temperatura tra nido e ambiente, potrebbe essere particolarmente utile quando si è certi della presenza di un nido in un’area ma non si riesce a localizzarlo. Potrebbe quindi essere utilizzata in modo autonomo o abbinata alle due precedenti metodiche (radar armonico e radio-tracking) per velocizzare l’individuazione dei nidi di Calabrone asiatico una volta definita l’area di presenza del nido (Lioy et al., in press, 2020). 5.3. Cattura intensiva di regine fondatrici La cattura intensiva di regine fondatrici è una

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SPECIALE VELUTINA metodica di controllo utilizzata per catturare le regine di Calabrone asiatico che in primavera fuoriescono dai ripari invernali per fondare le proprie colonie, o le nuove regine che in autunno sfarfallano dal nido per accoppiarsi e diffondersi nell’ambiente. Questa tecnica viene impiegata per diminuire il numero di regine presenti nell’ambiente, con l’intento di diminuire conseguentemente il numero di colonie che possono insediarsi. La cattura intensiva di regine di Calabrone asiatico viene effettuata utilizzando le trappole descritte nel sistema di sorveglianza (Capitolo 7). A differenza di tale sistema, utilizzato per scopi di monitoraggio, la densità di trappole nell’ambiente deve essere di molto superiore (circa 2 trappole/ha), per permettere di generare un effetto di diminuzione sul numero di nidi fondati nell’anno (LIFE STOPVESPA, dati non pubblicati). Siccome per il momento non esiste una sostanza che sia attrattiva unicamente nei confronti del Calabrone asiatico, questa metodica può rappresentare un problema per l’impatto che le trappole esercitano sull’entomofauna autoctona. A tal fine, si consiglia di utilizzare la cattura intensiva di regine fondatrici in modo puntuale e limitatamente ai nuovi nuclei d’invasione. Le trappole devono essere posizionate in primavera o autunno, e coprire un raggio di almeno 1,4 km rispetto al nucleo d’invasione. Questa distanza è dettata dalla necessità di intercettare il maggior numero di regine fondatrici. È stato infatti evidenziato che il 95% delle colonie di Calabrone asiatico viene costruito entro 1,4-6,2 km di distanza rispetto alla posizione dei nidi degli anni precedenti, mentre il 50% entro 203668 m (Lioy et al. 2019). Come per il sistema di sorveglianza, le trappole devono essere controllate periodicamente (almeno ogni due settimane) contestualmente alla sostituzione dell’esca attrattiva. Qualora una trappola catturi un numero eccessivo di insetti non-target, tale trappola deve essere disattivata o spostata. 50 | Apitalia | 9-10/2020

5.4. Utilizzo di esche avvelenate

per la distruzione delle colonie

L’utilizzo di esche avvelenate comporta rischi di impatti su specie non target e l’eventuale applicazione di tale tecnica deve essere subordinato ad una rigorosa analisi dei possibili effetti indesiderati. Si ricorda che l’utilizzo improprio di esche avvelenate è vietato dall’Ordinanza del Ministero della Salute 13 giugno 2016. In assenza di sperimentazioni specifiche si ritiene che l’utilizzo di esche avvelenate vada esclusa dal novero delle tecniche applicabili al calabrone asiatico. 5.5. Utilizzo di metodi di lotta biologica L’utilizzo di metodi di lotta biologica nel controllo delle popolazioni di Calabrone asiatico non è al momento applicabile in quanto non sono stati ancora individuati possibili agenti limitanti (parassiti, predatori, batteri, virus o funghi) efficaci. Al riguardo si evidenzia che il DPR 5 luglio 2019 n. 102 ha modificato l’art. 12 del DPR 8 settembre 1997 n. 357, introducendo una possibilità di deroga al rilascio di agenti esotici per il contrasto a specie invasive; pertanto l’utilizzo di metodi di lotta biologica, qualora individuati, è oggi una misura teoricamente applicabile nel nostro Paese. 6. SMALTIMENTO DELLE COLONIE Prima dello smaltimento è indispensabile verificare l’inattività completa della colonia, per evitare traslocazioni e introduzioni accidentali legate a calabroni sopravvissuti al trattamento o a individui che sfarfallano dalle cellette. Larve e/o pupe potrebbero infatti sopravvivere al trattamento, consentendo successivamente lo sfarfallamento di adulti. Nel caso di colonie trattate con insetticidi piretroidi come la permetrina, i nidi devono rimanere in loco alcuni giorni, per permettere all’insetticida di agire nei confronti dei calabroni non presenti al momento dell’intervento e portare al collasso l’intera colonia; in questo caso la loro rimozione richiede quindi un intervento successivo. I nidi trattati di notte possono invece essere rimossi sul momento, in quanto di notte tutti i calabroni


della colonia sono all’interno del nido, ma occorre operare in modo tale da poter raccogliere tutti gli individui adulti della colonia, introducendo nido e individui in sacchi di polietilene robusti o altri contenitori a tenuta. Nidi rimossi senza l’utilizzo di biocidi possono essere in seguito inattivati tramite congelamento oppure con l’utilizzo di anidride carbonica, e successivamente distrutti meccanicamente. Il successivo smaltimento deve essere condotto secondo la vigente normativa in materia di smaltimento rifiuti (D.Lgs 3 aprile 2006, n. 152 recante “Norme in materia ambientale”) e tenendo in considerazione la metodica di trattamento utilizzata, per evitare danni ambientali o sulla salute umana. Gli insetticidi piretroidi sono infatti sostante molto tossiche per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata (classificazione H400 e H401 secondo il Regolamento (CE) n. 1272/2008). I nidi trattati con insetticidi piretroidi e rimossi dall’ambiente devono essere smaltiti come rifiuti pericolosi (Direttiva 2008/98/CE), mediante l’impiego di contenitori integri come secchi, e utilizzando gli appositi codici CER (Catalogo Europeo dei Rifiuti). Di seguito un esempio di codici CER utilizzabili per lo smaltimento delle colonie e dei relativi imballaggi: • 16 03 05: Rifiuti organici, contenenti sostanze pericolose; • 15 01 10: Imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminati da tali sostanze. In questo caso, sui colli deve essere posizionata l’apposita etichetta per l’identificazione dei rifiuti pericolosi (lettera ‘R’ di colore nero su sfondo giallo). 7. PERSONALE INCARICATO Ai sensi del presente piano di gestione, tutte le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano devono identificare il personale idoneo da impiegare per il controllo delle popolazioni di Calabrone asiatico, per esempio personale della Regione o di strutture tecniche a servizio della stessa, squadre di Protezione Civile, Vigili del

Fuoco, ditte di disinfestazione, squadre di apicoltori o altri soggetti ritenuti idonei. Il personale dovrà essere debitamente formato mediante corsi specifici, in modo che acquisisca le conoscenze e le competenze tecniche necessarie alle operazioni di controllo. Il personale dovrà essere dotato dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) necessari per lo svolgimento dell’attività (tuta anti-puntura integrale dotata di guanti, calzature anti-infortunistiche, mascherina facciale, occhiali trasparenti, casco di protezione, ecc.) e dell’attrezzatura per il trattamento dei nidi di Calabrone asiatico. Ogni operatore deve essere dotato di adeguata copertura assicurativa. Per informazioni di dettaglio sui Dispositivi di Protezione Individuale e altra attrezzatura utile è possibile consultare le linee guida messe a punto nell’ambito di LIFE STOPVESPA, anche disponibili sul sito www.specieinvasive.it . Tutti gli operatori del controllo sono tenuti a tenere un registro delle colonie di Calabrone asiatico distrutte. Di ogni colonia è necessario registrare la posizione (coordinate GPS), la dimensione, la tecnica utilizzata nell’intervento, la data e l’ora del trattamento. Fondamentale anche eseguire la documentazione fotografica prima dell’intervento, per verificare la specie e constatare l’attività della colonia, e dopo l’intervento, per dimostrare l’avvenuta esecuzione del medesimo. L’autorità regionale competente per territorio dovrà pianificare e coordinare tutte le operazioni, provvedere alla raccolta periodica dei dati acquisiti dagli operatori e tenere un registro elettronico aggiornato di tali dati da comunicare con cadenza annuale a ISPRA. Qualora si renda necessario mantenere una strategia di controllo prolungata nel tempo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano potranno valutare la possibilità di predisporre accordi o convenzioni con Comuni o Unioni di Comuni per la gestione sinergica degli interventi. 8. PROCEDURA AUTORIZZATIVA Il presente piano di gestione del Calabrone asiatico intende dare recepimento a quanto previsto 9-10/2020 | Apitalia | 51


SPECIALE VELUTINA Gli art. 19, comma 2, e 22, comma 2 del D.Lgs. 15 dicembre 2017, n. 230 indicano che le misure di eradicazione e di gestione previste ai sensi di tali articoli sono da considerarsi connesse e necessarie al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, pertanto gli interventi gestionali realizzati dalle amministrazioni regionali possono essere ritenuti non assoggettati alle procedure di VAS e VIncA (Valutazione di Incidenza Ambientale).

dal Regolamento UE n. 1143/2014 e dal successivo Decreto Legislativo n. 230/2017 (art.22). Una volta sentiti il MIPAAF, il Ministero della Salute, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare adotterà il Piano con proprio decreto rendendolo cogente. Le Regioni e gli Enti di gestione delle aree protette sono responsabili dell’applicazione delle misure di gestione contenute nel piano e sono tenuti a darne recepimento emanando specifici piani di azione calibrati sulla distribuzione della specie nel proprio territorio di competenza.

9. OBIETTIVO GENERALE DEL PIANO Data l’attuale distribuzione del Calabrone asiatico sia sul territorio italiano sia su quello francese, la possibilità di un’eradicazione completa della specie dal territorio nazionale è da escludere. L’obiettivo generale del piano di gestione è quindi quello di contenere la specie nelle aree

8.1. Assoggettamento alle procedure di VAS e VIncA L’art. 6, comma 2, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 definisce i campi di applicazione della VAS (Valutazione Ambientale Strategica) per le categorie a) e b). Regione

Contenimento

Risposta rapida

Monitoraggio

Abruzzo

X

X

Basilicata

X

X

Bolzano

X

X

Calabria

X

X

Campania

X

X

Emilia Romagna

X

X

Friuli Venezia Giulia

X

X

Lazio

X

X

X

X

X

X

X

X

Marche

X

X

Molise

X

X

Liguria

X

Eradicazione locale

Lombardia

X

X

Puglia

X

X

Sardegna

X

X

X

X

X

X

Trento

X

X

Umbria

X

X

X

X

X

X

Piemonte

X

X

Sicilia Toscana

X

Valle d’Aosta Veneto

X

Tabella 1 - Sintesi degli obiettivi gestionali per Regione/Provincia Autonoma.

52 | Apitalia | 9-10/2020


di presenza della Liguria e del Piemonte, evitare l’espansione nelle regioni confinanti, intervenire rapidamente per la rimozione della specie dai nuovi nuclei d’invasione e prevenire nuove introduzioni nelle altre regioni italiane. 10. OBIETTIVI DIFFERENZIATI Gli obiettivi differenziati a scala regionale di seguito esposti (sintetizzati in Tabella 1) sono definiti in base alla distribuzione della specie riportata in Fig. 2 e all’esperienza di quattro anni di lavoro del progetto LIFE STOPVESPA. Appare realistico inquadrare il programma di controllo ed eradicazione secondo una progressione che, a seconda dello status della specie nella regione di intervento, preveda tre possibili opzioni gestionali: tipo A) contenimento; tipo B) eradicazione locale; tipo C) rapido rilevamento e risposta tempestiva. 10.1. Contenimento I contesti geografici interessati da questo obiettivo sono quelli in cui la specie risulta insediata e ormai diffusa su una superficie ampia per cui non è più possibile l’eradicazione della specie: Piemonte e Liguria. Più in dettaglio si riportano gli obiettivi specifici per le due regioni. Liguria La Liguria è la Regione con la maggiore presenza di popolazioni di Calabrone asiatico; la specie è diffusa con continuità dal confine con la Francia ad Alassio, su una superficie di almeno 1.259 km2. Nel 2018 è stata inoltre accertata la presenza di altri due nuclei d’invasione, uno a Finale

Ligure e uno a La Spezia e comuni limitrofi. A causa della presenza di un’ampia area colonizzata e di nuclei d’invasione localizzati, la Regione deve redigere o aggiornare un piano di controllo che preveda lo sviluppo o il mantenimento di un sistema di sorveglianza regionale e la realizzazione di interventi di controllo differenti sulla base dell’area coinvolta. Nella porzione occidentale della Liguria, dove sono presenti popolazioni stabili di Calabrone asiatico (provincia di Imperia e parte occidentale della provincia di Savona), è necessario sviluppare o mantenere una strategia di contenimento a lungo termine basata sulla rapida individuazione e distruzione delle colonie. Nei nuovi nuclei d’invasione, dove il numero di colonie di Calabrone asiatico è contenuto, è necessario sviluppare una strategia di rapido intervento che consenta di individuare e rimuovere il maggior numero di colonie prima del periodo riproduttivo. In questi casi, per aumentare le probabilità di localizzazione delle colonie, potranno essere utilizzate le metodiche di supporto per l’individuazione dei nidi elencate nel capitolo 5.2. Nei nuclei d’invasione dovrà inoltre essere aumentato lo sforzo di monitoraggio, valutando anche la possibilità di effettuare in modo localizzato la cattura intensiva di regine di Calabrone asiatico (Capitolo 5.3) quale metodica di controllo complementare, per diminuire la probabilità di espansione della specie. Piemonte In Piemonte la specie è presente nella porzione meridionale della provincia di Cuneo, in parti9-10/2020 | Apitalia | 53


SPECIALE VELUTINA colare nei comuni di Monastero di Vasco, Vicoforte Mondovì, Monasterolo Casotto e comuni limitrofi, su un’area di almeno 185 km2. A differenza dell’espansione registrata in Liguria, le popolazioni di Calabrone asiatico in Piemonte sono rimaste limitate e circoscritte all’area del Monregalese, con numeri esigui di colonie segnalate nel corso degli anni. Tenuto conto della presenza costante di questa specie sul territorio e delle segnalazioni del 2018 in comuni limitrofi alla Liguria, la Regione deve comunque redigere o aggiornare un piano di controllo che preveda lo sviluppo o il mantenimento di un sistema di sorveglianza regionale, una strategia di controllo nell’area di presenza in provincia di Cuneo e una strategia di rapido intervento che consenta di individuare e rimuovere le colonie di Calabrone asiatico dai nuovi focolai d’invasione. Le metodiche di supporto per l’individuazione dei nidi elencate nel capitolo 5.2 potranno essere utilizzate per aumentare le probabilità di individuazione delle colonie. Nei nuclei d’invasione dovrà inoltre essere aumentato lo sforzo di monitoraggio, valutando anche la possibilità di effettuare in modo localizzato la cattura intensiva di regine di Calabrone asiatico (capitolo 5.3) quale metodica di controllo complementare, per diminuire la probabilità di espansione della specie. 10.2. Eradicazione locale Nelle aree dove la presenza del Calabrone asiatico è stata segnalata in maniera puntuale è opportuno prevedere interventi mirati anche di carattere massivo volti alla pronta eradicazione immediata della specie. I contesti geografici interessati da questo obiettivo sono quelli confinanti all’area di distribuzione stabile della specie o quelli in cui si sono registrate segnalazioni di presenza localizzate. Toscana In Toscana è stata segnalata la presenza del Calabrone asiatico a partire dal 2017 (Pietrasanta, provincia di Lucca). La presenza della specie è stata riconfermata nei due anni successivi, proba54 | Apitalia | 9-10/2020

bilmente in conseguenza dell’espansione del Calabrone asiatico dal vicino focolaio di La Spezia. Considerando quindi la prossimità con il focolaio d’invasione di La Spezia e l’idoneità ambientale del territorio, la regione Toscana deve sviluppare e mantenere un sistema di sorveglianza per l’intero territorio regionale. In particolare è necessario sviluppare e mantenere un sistema di monitoraggio attivo, diffuso e capillare nelle aree di confine e nelle aree in cui è stata segnalata in passato la presenza del Calabrone asiatico, creando reti integrative di monitoraggio intorno alle località di presenza della specie (si consiglia la creazione di zone cuscinetto con estensione di almeno 1,4 km rispetto al minimo poligono convesso che racchiude le segnalazioni). Qualora i nuclei d’invasione vengano confermati, o in caso di segnalazioni in nuove aree, la Regione deve predisporre misure di rapida rimozione delle colonie di Calabrone asiatico, prima che la specie abbia la possibilità di formare popolazioni stabili, implementando attività di controllo locale. Le metodiche di supporto per l’individuazione dei nidi (Capitolo 5.2) potranno essere utilizzate per aumentare le probabilità di individuazione delle colonie, mentre le metodiche di controllo complementari (Capitolo 5.3) potranno essere utilizzate per diminuire il numero di regine di Calabrone asiatico nell’ambiente. Qualora la specie colonizzi in modo permanente ampie aree di territorio, la Regione dovrà implementare le misure di contenimento (tipo A) previste per la Liguria e il Piemonte. Veneto e Lombardia In Veneto e Lombardia è stata segnalata la presenza di individui di Calabrone asiatico nel 2017, in aree puntuali e localizzate: un nido a Bergantino (provincia di Rovigo, Veneto) e calabroni adulti a Borgofranco sul Po (provincia di Mantova, Lombardia). Considerata la breve distanza tra le aree coinvolte (4 km), è verosimile supporre che la segnalazione della Lombardia si sia originata per diffusione della specie dall’area di introduzione del Veneto.


Figura 4 - Modalità di monitoraggio per il Calabrone asiatico: a sinistra, bottiglie trappola per la cattura di calabroni; a destra, osservazioni in apiario della presenza di calabroni in predazio-ne di fronte agli alveari.

Un monitoraggio dell’area di ritrovamento nei due anni successivi non ha confermato la presenza di nidi o altri esemplari tanto che nella prima rendicontazione ai sensi del Regolamento 1143/2014, predisposta a giugno 2019, le regioni Veneto e Lombardia non hanno segnalato la presenza della specie. In tali Regioni, in considerazione delle precedenti segnalazioni e dell’idoneità ambientale del territorio, è prioritario sviluppare e mantenere un sistema di sorveglianza per l’intero territorio regionale. In particolare è necessario sviluppare e mantenere un sistema di monitoraggio attivo, diffuso e capillare nelle aree in cui è stata segnalata in passato la presenza del Calabrone asiatico, creando reti integrative di monitoraggio intorno alle località di presenza della specie (si consiglia la creazione di zone cuscinetto con estensione di almeno 1,4 km rispetto al minimo poligono convesso che racchiude le segnalazioni). Qualora i nuclei d’invasione vengano confermati, o in caso di segnalazioni in nuove aree, le Regioni dovranno predisporre misure di rapida rimozione delle colonie di Calabrone asiatico, prima che la specie abbia la possibilità di formare popolazioni stabili, implementando progetti di controllo locale. Qualora la rete integrativa di monitoraggio non riveli la presenza della specie per diversi anni, le Regioni possono diminuire lo sforzo di monitoraggio adeguandolo a quello del sistema di sorveglianza delle altre regioni non ancora colonizzate

(Tipo C). Al contrario, se la specie dovesse colonizzare in modo permanente ampie aree di territorio, la Regione dovrà implementare le misure di contenimento (tipo A) previste per la Liguria e il Piemonte. 10.3. Rapido rilevamento e risposta tempestiva

Nelle Regioni e nelle aree dove la presenza del Calabrone asiatico non è stata ancora riportata, è indispensabile: 1) sviluppare un sistema di sorveglianza (Capitolo 11) per rilevare tempestivamente nuovi arrivi della specie sul territorio regionale; 2) comunicare tempestivamente eventuali individui rilevati sul territorio di competenza al MATTM che predisporrà altrettanto tempestivamente misure di eradicazione rapida tramite decreto direttoriale (art.19); 3) intervenire immediatamente per l’eradicazione della popolazione, tramite individuazione e rimozione delle colonie presenti, anche mediante l’applicazione puntuale delle tecniche indicate nei capitoli 5.2 e 5.3. Sono da considerarsi aree a gestione di tipo C: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia-Giulia, Lazio, Marche, Molise, Provincia di Bolzano, Provincia di Trento, Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria, Valle d’Aosta. Si evidenzia che tali misure sono esplicitamente previste dall’art. 7 del Regolamento (UE) 9-10/2020 | Apitalia | 55


SPECIALE VELUTINA 1143/2014 e dall’art. 19 comma 1 lett. A del D.Lgs. 230/2017. 11. MONITORAGGIO Il monitoraggio della specie rientra tra gli obblighi previsti dall’art. 14 del Regolamento (UE) n. 1143/2014 che stabilisce la necessità di istituire un sistema di sorveglianza delle specie esotiche invasive di rilevanza unionale. Tale monitoraggio è condotto dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano, con il supporto tecnico dell’ISPRA, e ha l’obiettivo sia di rilevare nuovi nuclei di invasione sia di valutare l’efficacia delle operazioni gestionali condotte. Considerata la capacità di diffusione del Calabrone asiatico per dispersione naturale o per trasporto passivo su lunghe distanze (Robinet et al. 2017), che consente alla specie di stabilire in poco tempo nuove potenziali popolazioni in differenti aree del territorio nazionale, è indispensabile istituire un sistema di sorveglianza attivo in tutte le regioni italiane. Il sistema di sorveglianza deve permettere il rilevamento precoce della specie tramite: i) cattura degli individui con trappole attrattive; ii) osservazioni in apiario dei calabroni in predazione di fronte agli alveari (Fig. 4). Questo sistema di monitoraggio potrà essere integrato con una strategia di sorveglianza passiva basata sulla Citizen Science, ossia la raccolta e la verifica puntuale delle segnalazioni inviate in generale dai cittadini. 11.1. Le trappole attrattive La cattura degli individui con trappole attrattive contenenti esche zuccherine deve essere effettuata in primavera (febbraio-maggio) e autunno (settembre-dicembre), periodi in cui i calabroni ricercano fonti di carboidrati per provvedere al loro fabbisogno energetico (Demichelis et al. 2014). È possibile utilizzare trappole commerciali o trappole artigianali costruite con bottiglie in plastica trasparenti. In quest’ultimo caso è possibile applicare un tappo specifico per la cattura di ca56 | Apitalia | 9-10/2020

labroni (TapTrap® o simili) oppure tagliare l’estremità della bottiglia e capovolgerla all’interno dell’altra sezione, avendo cura di predisporre un sistema per evitare l’ingresso di acqua piovana. Sulla bottiglia devono essere effettuati alcuni fori di dimensioni inferiori a 5 mm per permettere ad altri insetti non bersaglio di poter fuoriuscire dalla trappola. Esca attrattiva: diverse tipologie di esche attrattive sono già state verificate per la cattura del Calabrone asiatico. Si consiglia l’utilizzo di birra chiara (0,33 litri al 4,7% di alcol) perché risulta decisamente più attrattiva per le vespe, economica e selettiva nei confronti delle api. La presenza di alcol all’interno dell’esca permette di ridurre la cattura di insetti pronubi non target come le api (Porporato et al. 2014). L’esca deve essere sostituita ogni 15 giorni. Qualora vengano sviluppate esche attrattive dotate di maggiore selettività (feromoni, composti volatili, ...), queste potranno essere impiegate nel monitoraggio del Calabrone asiatico previa verifica della loro efficacia e selettività, a seguito di parere positivo da parte di ISPRA. In figura 4 è mostrata una trappola attrattiva costituita da bottiglia trasparente in polietilene contenenti come esca attrattiva 0,33 litri di birra chiara al 4,7% di alcol. Posizionamento delle trappole: le trappole possono essere posizionate ovunque, appese ad alberi o supporti artificiali, ad una altezza di 1,5-1,8 m. Il posizionamento delle trappole deve essere


studiato in modo da non compromettere le popolazioni di entomofauna autoctona (Rome et al. 2011; Rojas-Nossa et al. 2018). Controllo delle trappole: le trappole devono essere controllate settimanalmente (massimo ogni 15 giorni). Il contenuto deve essere svuotato utilizzando un colino, in modo da trattenere gli insetti che dovranno essere osservati attentamente per individuare gli esemplari di Calabrone asiatico. In caso di dubbio, gli esemplari sospetti devono essere disposti in vaschette con carta assorbente e congelati per la conservazione e la successiva identificazione. È importante annotare la data, il luogo della cattura e le coordinate geografiche. 11.2. Osservazioni in apiario Le api costituiscono una parte fondamentale della dieta del Calabrone asiatico, che può essere facilmente osservato durante la fase di predazione di fronte agli alveari grazie alla sua caratteristica posizione predatoria (volo stazionario con capo rivolto verso le api bottinatrici di rientro agli alveari) (Monceau et al. 2014b). L’osservazione da parte degli apicoltori di eventuali calabroni in predazione di fronte agli alveari può permettere la rapida individuazione della specie. Tali osservazioni risultano più semplici nel periodo estivo e autunnale, quando le dimensioni delle colonie di Calabrone asiatico aumentano. Il coinvolgimento delle Associazioni di apicoltori è pertanto fondamentale per l’istituzione

del sistema di sorveglianza. Le Associazioni che decideranno di aderire al sistema di sorveglianza regionale, dovranno rendicontare periodicamente alla Regione il numero di apicoltori coinvolti nel monitoraggio, la posizione dei punti di monitoraggio e l’esito del monitoraggio (le segnalazioni positive devono invece essere comunicate nel più breve tempo possibile). Ogni segnalazione sospetta deve essere verificata in tempi rapidi da soggetti con esperienza nel riconoscimento di Imenotteri. Per permettere la determinazione dei campioni è necessario disporre di materiale fotografico di dettaglio o campioni conservati in alcol. Sulla base della diffusione della specie nella propria Regione e del numero di colonie di Calabrone asiatico segnalate, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano possono identificare un ufficio o del personale preposto alla raccolta e validazione di tutte le segnalazioni inerenti la possibile presenza del Calabrone asiatico e informarne i soggetti in grado di ricevere segnalazioni da apicoltori e cittadini, richiedendo loro di farvi confluire tutte le segnalazioni. Si suggerisce inoltre l’attivazione di un recapito telefonico regionale e/o di una casella di posta elettronica associata a una pagina WEB dedicata. Simone Lioy, Sandro Bertolino, Daniela Laurino, Aulo Manino, Marco Porporato 9-10/2020 | Apitalia | 57


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