2018
L’AVANZATA DEI DRONI
Apitalia - Corso Vittorio Emanuele II, 101- 00186 - Roma - ITALY - UE - ISSN: 0391 - 5522 - ANNO XXXXIII • n. 9 • Settembre 2018 •- 688 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/03 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1 Comma 1 – Roma Aut. C/RM/18/2016
2018
1124
mieli partecipanti
14/15/16 Settembre 2018
Castel San Pietro Terme BOLOGNA Italy Venerdì
38
a
MANIFESTAZIONI APISTICHE
14 SETTEMBRE
Edizione Concorso per la selezione dei migliori Mieli di produzione nazionale
OSSERVATORIO NAZIONALE MIELE
Domenica
16 SETTEMBRE
❋ Ore 10.00 • Teatro Cassero
❋ Ore 19.30 • Galleria d’Arte Moderna
❋ Ore 9.30-23.00 • Centro storico
BUONE PRATICHE AGRICOLE E SALVAGUARDIA DELLE API, PRIMI RISULTATI DALLE INTESE E PROSPETTIVE FUTURE
APERTURA MOSTRA FOTOGRAFICA
SAPORI E TERRITORI
incontro dell’apicoltura con la filiera agricola
APE, MIELI. BIODIVERSITÀ CON GUSTO
Fiera del miele, dell’agricoltura e dell’enogastronomia
Il tema di questa edizione L’ape e il cambiamento climatico
❋ Ore 10.30 • Piazza XX Settembre
Coordina Alberto Contessi
(Presidente Osservatorio Nazionale Miele)
Intervengono
Giorgio Baracani
(Componente del Tavolo tecnico Intesa)
Vanni Tisselli
(Componente del Tavolo tecnico intesa)
Fabio Sgolastra (Università di Bologna) Valter Bellucci (ISPRA)
Andrea Del Gatto e Gian Luigi Marcazzan (CREA)
Bruno Caio Faraglia (Dirigente MIPAAF) Dibattito Conclusioni a cura di
ALESSANDRA PESCE (Sottosegretario Ministero Politiche Agricole Alimentari e Forestali)
❋ Ore 14.30 • Teatro Cassero
ECONOMIA E IMPRESA APISTICA
Sabato
15 SETTEMBRE
❋ Ore 10.00-23.00 • Centro storico
SAPORI E TERRITORI
Fiera del miele, dell’agricoltura e dell’enogastronomia
seminario ❋ Ore 14.30 • Teatro Cassero
Intervengono
Tavola rotonda
Simona Pappalardo
Sono state invitate le aziende del settore ❋ Ore 21.00 • Piazza XX Settembre
Con un intervento di On. PAOLO DE CASTRO (Parlamento Europeo)
Conduce
PATRIZIO ROVERSI
(Conduttore di Linea Verde)
Giancarlo Naldi (Osservatorio Nazionale Miele) Patrizio Piozzi (ISMEA) in attesa di conferma
In attesa di conferma Felice Adinolfi (Università di Bologna, Consigliere CREA esperto di gestione del rischio) (esperto di Assicurazioni nel settore apistico)
Alla scoperta in diretta dei migliori mieli di produzione nazionale con l’App “3 GOCCE D’ORO”
Introduzione a cura di
(Osservatorio Nazionale Miele)
Fabio Campoli
TROVA LE GOCCE D’ORO
❋ Ore 12.30 • Piazza XX Settembre LEGISLAZIONE REGIONALE PREMIAZIONE IN MATERIA APISTICA E NECESSARIO COORDINAMENTO Consegna dei riconoscimenti 3 GOCCE D’ORO 2018 NORMATIVO NAZIONALE
QUALITÀ DEL PRODOTTO E MERCATO DEL MIELE IN ITALIA
(Sottosegretario di Stato alle politiche agricole)
News dalla 38esima edizione del CONCORSO GRANDI MIELI D’ITALIA - 3 GOCCE D’ORO 2018
❋ Ore 10.00 • Teatro Cassero
seminario su aspetti economici del settore con al centro l’impresa Giancarlo Naldi (Osservatorio Nazionale Miele) ALESSANDRA PESCE
DAI MIELI ALLE 3 GOCCE D’ORO
MusicainFiera DAL JAZZ AL POP E MOLTO ALTRO concerto
nel corso della manifestazione “L’Apicoltura Dalmonte, una storia gloriosa” Breve ricordo di Maria Rosa Modelli e Cesarino Dalmonte
EDITORIALE
PREVENZIONE SALVAVITA
SERVE UNA CORRETTA INFORMAZIONE, SIA TRA LA GENTE COMUNE, SIA TRA GLI APICOLTORI STAGIONE DI DECESSI DA SHOCK ANAFILATTICO.
Foto Patrizia Vagaggini
RISCHIO SOTTOVALUTATO
T
iriamo un bilancio tragico, in questa fine estate 2018, che non è legato né a perdite di alveari, né a difficoltà di produzione. Temi pur importanti, ma che per una volta è giusto rinviare ad altro momento. Diventa ora prioritario valutare un’altra criticità che pesa, come le tante altre, sulla vita quotidiana di chi alleva api. Ci riferiamo ai numerosi decessi, registrati quest’anno, a causa di shock anafilattico scatenato da punture di insetti: è stata lunga ed inesorabile la serie di morti annunciate con clamore dalle cronache locali; altrettanto allarmistici sono stati i toni usati dagli organi di informazione nazionale. I dati di cui disponiamo finora, purtroppo, parlano chiaro e dovrebbero ispirare noi tutti all’adozione di serie misure preventive: sono una decina le persone che hanno perso la vita a causa di punture d’insetto; altrettante sono le operazioni di pronto intervento che hanno permesso di salvare la vita a chi era in stato di shock anafilattico. Il fenomeno è dunque in ascesa e dobbiamo notare che molte di queste vicende hanno avuto per protagonisti nostri colleghi apicoltori: deceduti perché allergici, non protetti adeguatamente, non provvisti di farmaci e kit d’emergenza, non assistiti prontamente. Al dolore per queste vittime e per le loro famiglie deve ora accompagnarsi una qualche ragionevole contromisura: perché tali vite non siano state perse invano e affinché il nostro lavoro non desti quella psicosi che alcuni organi di stampa - parlandone a sproposito e confondendo api con vespe e calabroni stanno invece contribuendo a creare. Il che rischia di diventare altrettanto catastrofico di una serie sfortunata di tragiche circostanze che dobbiamo, noi tutti, a tutti i costi e al più presto, prevenire. Raffaele Cirone
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SOMMARIO
Apitalia N. 689 | 9/2018 gli articoli 5 EDITORIALE Prevenzione salvavita
Raffaele Cirone
8 PRIMO PIANO Ligustica italiana
Nostro Servizio
12 AGENDA LAVORI. NORD-OVEST L’estate sta finendo Alberto Guernier 15 AGENDA LAVORI. NORD-EST La prima visita settembrina Giacomo Perretta 18 AGENDA LAVORI. CENTRO Lavorare a tutto tondo Angelo Lombardi 22 AGENDA LAVORI. SUD È questione di equilibri
30 REGINE MIGLIORI Api migliori col traslarvo
Giulio Loglio
36 REGINE MIGLIORI Imparare il traslarvo
Giulio Loglio
40 BIOLOGICO Bio, nuovo regolamento 44 IMPOLLINAZIONE Api-drone? Addio miele!
Angelo Lombardi Nicola Palmieri
48 SCIENZA Anche le api conoscono lo zero Sandro Iannaccone 52 CHEF AL MIELE L’ape gourmet
Luisa Mosello
Santo Panzera
26 AGENDA LAVORI. SUD E ISOLE Cambio regine, in autunno? Vincenzo Stampa
54 PRODOTTI Gocce balsamiche 56 FLORA APISTICA I pollini di emergenza Giancarlo Ricciardelli D’Albore
6 | Apitalia | 9/2018
i nostri recapiti CorsoVittorio VittorioEmanuele EmanueleII, II,101 101- -00186 00186Roma Roma Corso 06.6852556 6852556 06.
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i nostri riferimenti FAIApicoltura ApicolturaS.r.l., S.r.l.,n.n.001026274710 001026274710 FAI IBAN IT87V0760103200001026274710 IBAN IT87V0760103200001026274710
Un mondo dove i droni si sostituiscono alle api e agli altri insetti impollinatori? Noi non crediamo a questo futuro scenario!
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(Elaborazione grafica Alberto Nardi)
hanno collaborato a questo numero
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Patrizia Vagaggini (foto pag. 5), Alberto Guernier, Giacomo Perretta, Angelo Lombardi, Santo Panzera, Vincenzo Stampa, Terra di Miele (foto pag. 28), Giulio Loglio, Nicola Palmieri, www.radiosapienza.net (foto pag. 44), Sandro Iannaccone, Scarlett Howard/Jair Garcia/Adrian Dyer (imagini pag. 49), Luisa Mosello, F. Brambilla - S. Serrani (foto pag. 52, 53 basso), Giovanna Di Lisciandro (foto pag. 53 alto), Edoardo Lodi (pag. 54), Giancarlo Ricciardelli D’Albore, Fabrizio Piacentini, Patrizia Milione, Alessandro Patierno.
marcatura dell’ape regina Secondo un codice standardizzato, le regine sono marcate con un colore (tabella sotto) per permettere all’apicoltore di riconoscerne l’anno di nascita
bianco
giallo
rosso
verde
azzurro
1o6
2o7
3o8
4o9
5o0
(ultimo numero dell’anno di allevamento, esempio “2018”)
i nostri valori Lo stemma circolare dell’ape regina al centro della scritta che recita “Il mio non sol, ma l’altrui ben procuro” accompagna da sempre le pubblicazioni curate dalle firme storiche dell’editoria apistica italiana da cui Apitalia trae origine
Questa è la medaglia d’oro accompagnata dalla menzione speciale della Giuria internazionale che ha riconosciuto Apitalia miglior rivista di apicoltura per i suoi contenuti redazionali, la qualità del corredo fotografico e il valore tecnico-scientifico
La moneta di Efeso, con l’ape come simbolo riconosciuto a livello internazionale già 500 anni prima di Cristo
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PRIMO PIANO
LIGUSTICA ITALIANA
ECCO LA DELIBERA CHE INTENDE TUTELARLA ISTITUENDO IL PARCO DELL’APE APPENNINICA Nostro Servizio
Farindola è il primo Comune d’Italia ad aver scelto di impegnarsi seriamente nella necessaria azione di tutela e salvaguardia dell’Ape Ligustica italiana, attraverso un coordinamento di livello nazionale. Noto alle cronache per la triste vicenda della valanga di Rigopiano il Comune, la sua Amministrazione e tutta la sua gente, ha dovuto affrontare numerose altre priorità. Ora la Delibera sull’Ape Italiana, adottata all’unanimità dalla Giunta e dal Consiglio comunale nell’estate del 2016, torna d’attualità. Farindola sarà il Comune capofila del Parco dell’Ape Appenninica: un’area che andrà via via collegando tutti gli altri comuni montani che vorranno impegnarsi in questo ambizioso progetto
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COMUNE DI FARINDOLA (PE) DELIBERA Oggetto: OPERAZIONE “LIGUSTICA - APE DELL’APPENNINO” CONSIDERANDO • che nel comprensorio territoriale del Comune di Farindola (PE) e dei Comuni ad essa confinanti, insistono ideali condizioni ambientali e storiche tradizioni locali che vedono da secoli diffusamente praticata la conduzione di Apis mellifera ligustica Spinola 1806, meglio nota come “ape italiana”; • che in questo territorio si è conservata, in virtù del ricco patrimonio di biodiversità vegetale, delle peculiari caratteristiche dell’Appennino abruzzese, fatto di barriere naturali e vallate che hanno consentito a tale patrimonio di giungere pressoché intatto e di preservarsi anche grazie ad un sobrio stile di vita e di conduzione agricola non intensiva adottato dalle popolazioni locali; • che gli Apicoltori del territorio comunale hanno sempre operato in piena armonia, cooperando allo sviluppo del patrimonio di alveari, alla produzione di miele di altissimo pregio merceologico, acquistato e commercializzato da operatori di spicco dell’Apicoltura nazionale e collocato sui mercati italiani ed esteri in virtù delle sue eccellenti caratteristiche fisico-chimiche e nutrizionali; • che gli Apicoltori Farindolesi si sono da sempre distinti esprimendo una inusuale capacità di coor-
dinamento e di aggregazione tra loro e insieme alle più importanti realtà organizzative del comparto apistico - sia nell’ambito dei Comuni confinanti, come pure in ambito regionale e nazionale - giungendo a esprimere trasferimento dell’esperienza progustica Spinola e all’articolo 10 figure di elevato talento apistico fessionale dagli Apicoltori più anprevede zone di rispetto intorno e capaci di fornire ceppi autocziani alle più giovani generazioni agli allevamenti di api regine e toni di ape regina Ligustica che che ne stanno facendo oggetto di alle stazioni di fecondazione; ricercatori e allevatori apistici ulteriore specializzazione in fun- • il Decreto Ministeriale n. 3159 italiani e statunitensi, hanno poi zione anche dell’allevamento spedel 16.02.2010 con il quale il sviluppato per valorizzare particialistico delle api per la selezione, Ministero delle Politiche Agricolari linee genetiche; difesa e diffusione dell’Apis mellicole, Alimentari e Forestali • che il Comune di Farindola già fera ligustica Spinola 1806. istituisce il CRT4-Centro di nel 1976 ha adottato i primi atti Riferimento Tecnico per la Salamministrativi a difesa della floVISTI vaguardia dell’Ape Italiana affira e della fauna locale, d’intesa dato alle competenze della FAIcon il CAI-Club Alpino ItaliaFederazione Apicoltori Italiani; no e con Legambiente, giun- • la Legge nazionale n. 313/2004 per la Disciplina dell’Apicoltura • lo Statuto della FAI-Federazione gendo in anni più recenti al varo che all’articolo 1 riconosce l’ApiApicoltori Italiani che all’articolo 3 dell’Operazione Camoscio, all’icoltura come attività di interesse recepisce l’esercizio dell’apicoltura stituzione del Parco Nazionale nazionale utile per la conservacome attività di interesse nazionale Gran Sasso - Monti della Laga, zione dell’ambiente naturale, utile per la conservazione dell’amdella Sede scientifica del Parco, dell’ecosistema e dell’agricoltura biente naturale, dell’ecosistema del Polo didattico e del 1° Diin generale ed è finalizzata a gadell’agricoltura in generale, conforstretto Turistico del Gran Sasso; rantire l’impollinazione naturale memente alla legge n. 313 del 24 • che il Comune di Farindola (PE) e la biodiversità di specie apistidicembre 2004: “Disciplina dell’Aha esperito, anche grazie a Slow che, con particolare riferimento picoltura”, garantendo l’impollinaFood, tutte le pratiche di riconoalla salvaguardia della razza di zione naturale, la biodiversità delle scimento del presidio di qualità ape italiana (Apis mellifera liguspecie apistiche e la salvaguardia del formaggio Pecorino consestica Spinola 1806) e delle popodella razza di ape italiana Apis melguendo il riconoscimento della lazioni di api autoctone tipiche lifera ligustica Spinola 1806 e delle DOP (Denominazione di Orio delle zone di confine; popolazioni di api autoctone tipigine Protetta) e che la promoche o delle zone di confine e che zione e la commercializzazione • la Legge regionale 09.08.2013, n. 23, recante “Norme per l’eserall’articolo 5 prevede che gli Enti di questa eccellenza agroalimencizio, la tutela e la valorizzazioche promuovano nell’ambito di tare è da sempre stata accompane dell’apicoltura nella Regione propria competenza iniziative a fagnata dall’accostamento al miele Abruzzo ed altre disposizioni vore dell’Apicoltura possano aderidi produzione locale; normative” che recepisce la legre alla Federazione; • che negli anni, la tradizione ge quadro nazionale e, in pardell’allevamento apistico di queticolare, all’articolo 9 istituisce DELIBERA sto comprensorio è sempre rimal’elenco regionale degli allevatori sta viva e vitale, esprimendo in di api regine di Apis mellifera li- 1) di istituire un Tavolo permaepoca più recente la capacità di 9/2018 | Apitalia | 9
PRIMO PIANO nente di concertazione che representi sul territorio affinché la per il monitoraggio ambientale; alizzi l’intesa tra tutti i portaloro attività si esprima all’inse- 5) di contribuire ad attivare pertori d’interesse - in particolare gna di un’azione cooperante e corsi formativi apistici, meRegione Abruzzo, Provincia di collettiva e non già di una sola diante docenti designati dalla Pescara, Comune di Farindoe limitata impresa individuale; FAI-Federazione Apicoltori la (PE) e Comuni confinanti, ciò al fine di generare ricadute Italiani, per i giovani studenti la FAI-Federazione Apicoltopositive sull’ambiente e sul terdell’Istituto Tecnico Agrario ri Italiani e la sua articolazioritorio, sulle comunità locali ed Statale di Alanno (PE) che ne territoriale FAI Abruzzo, in particolare a favore di tutti concorrano alla formazione di il CRT4 Salvaguardia dell’Agli Apicoltori presenti, nessuno un vivaio professionale utile pe Italiana, il Parco Nazionale di loro escluso o escludibile da alla difesa e diffusione dell’Apis Gran Sasso e Monti della Laga, tale Progetto. L’indirizzo di tale mellifera ligustica Spinola 1806 il Parco Nazionale d’Abruzzo, azione cooperante dovrà avere che il Comune di Farindola Molise e Lazio - finalizzato a: valore di interesse sociale, eco(PE) intende promuovere e so1) monitorare lo stato del panomico, turistico, enogastronostenere d’intesa con i soggetti trimonio genetico apistico mico e di sicurezza ambientale; sopra menzionati; locale; 3) di operare in accordo con la 6) di perseguire il fine ultimo che 2) adottare misure tese a difenFAI-Federazione Apicoltori Montagna e Genti d’Abruzzo derlo e diffonderlo sul terriItaliani, attraverso un’azione di si facciano portatori della netorio di competenza e lungo coordinamento delle Amminicessaria azione di salvaguartutta la dorsale appenninica strazioni confinanti, degli altri dia dell’ape italiana e Custodi - intesa quale corridoio naParchi ed altre Aree Naturali di un bene che non può e non turale per l’insediamento e protette, al fine di adottare delideve essere sottratto alla comula propagazione del miglior bere uniformi e concorrenti alla nità apistica nazionale, europea materiale genetico rappremigliore riuscita del Progetto di ed internazionale e alle future sentativo delle popolazioni difesa e diffusione dell’ape ligugenerazioni, pena disastrose riresidue di Apis mellifera listica autoctona, del reperimento cadute d’impatto ambientale di gustica Spinola 1806 - che a di risorse economiche adeguate cui i primi segni stiamo già repartire da questo territorio a sostenerlo e a proiettarlo in gistrando in questi ultimi anni; si è finora preservato negli una dimensione temporale di 7) di aderire alla FAI-Federazione anni dal fenomeno di eromedio e lungo periodo; Apicoltori Italiani riconoscensione genetica che sta invece 4) di istituire presso il Polo Sciendole la competenza, il ruolo e degradando gran parte del tifico del Parco Nazionale del la progettualità in campo apipatrimonio dell’ape italiana; Gran Sasso-Monti della Laga, stico così come contemplato 3) ospitare stazioni di feconnell’ambito del già esistente dallo Statuto sociale dell’Ordazione apistica disciplinanEco Museo, una specifica sezioganizzazione che gli Apicoltori dole con apposito regolamenne dedicata all’Ape Appennidel Comune hanno da sempre to adottato dalla FAI-Fedenica e un Polo didattico per la considerato come proprio riferazione Apicoltori Italiani; divulgazione del valore dell’arimento tecnico-specialistico. 2) di assicurare il proprio supporto, picoltura nel mantenimento delegando la FAI-Federazione dei principali equilibri ecologi- La Giunta e il Consiglio Comunale Apicoltori Italiani e le sue arci, delle risorse naturali e agrodi Farindola ticolazioni territoriali - nel realimentari, del patrimonio di Con espressione unanime. alizzare le necessarie sinergie biodiversità di tutto il territorio tra la comunità degli Apicoltori appenninico e della sua utilità Farindola, li 7 giugno 2016 10 | Apitalia | 9/2018
AGENDA LAVORI. NORD-OVEST
L’ESTATE STA FINENDO
LE “RISPOSTE PRONTE” DEL WEB NON SEMPRE SONO ESAUSTIVE E I CONSIGLI DI UN APICOLTORE ESPERTO SONO ANCORA FONDAMENTALI di Alberto Guernier
V
orrei ora, volgere l’attenzione su alcune considerazioni apistiche, che affondano le radici negli “sbagli” della nostra grande, ormai, “società apistica”. Grande, per il sempre più crescente numero di (per fortuna) giovani apicoltori; società, o forse meglio dire “community” perché è evidente che gli scambi di informazioni tra i componenti sia incredibilmente maggiore di un tempo passato, anche se recente,quanto poi inverosimilmente assidua e protratta nel tempo in virtù appunto di internet. Velocissimamente, alla velocità della fibra, corrono in un “botta e risposta”, quesiti, curiosità e risposte. Sono finiti dunque i tempi in cui un giovane aspirante apicoltore, doveva accattivarsi l’amicizia di un “veterano”, per scoprire i segreti di un mondo così affascinante quanto difficile? Risposte inconfutabili, forse se ne sono sempre potute elargire poche, il mondo credo sia sempre stato preda di una evoluzione rapida, forse più di quanto ci è stato dato di accorgerci; e questo è un handicap notevole se si è a caccia di risposte “sempre valide”.
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Ciò nonostante, ci sono considerazioni probabilmente molto basilari, scaturite appunto da chi, da anni mangia “pane e api” che possono ancora valere. Considerazioni che non sono nate dalla fretta di rispondere ad un post ma che hanno lo scopo di infondere una certa sicurezza al di là delle variabili eventuali sempre possibili. Abbiamo fatto blocchi di covata, asportazioni, nuclei. Obbiettivo comune a tutti: avere il prossimo
LE API DEVONO ESSERE SEGUITE AFFINCHÉ POSSANO SUPERARE LA STAGIONE RIGIDA
anno famiglie sane, se possibile più famiglie, produrreo più miele, ma se ai conti che abbiamo fatto “manca l’oste”, rischiamo di arrivare con grande delusione alla prossima stagione. Gironzolando per apiari, mi capita spesso di vedere come venga presa alla leggera la, invece, significativa diversità tra un favo di covata e uno di scorte: è pur vero che in un buon favo di covata ci siano anche delle scorte, ma i favi con solo miele sono ben altra cosa... Se abbiamo fatto dei nuclei in estate, settembre è il momento giusto per le nutrizioni, che saranno le ultime fino al prossimo anno! Confi-
dare nel candito di pieno inverno, è diabolico. Adesso le famiglie hanno bisogno di essere seguite affinché possano tornare abili a passare l’inverno, bisogna favorire la covata affinché nascano api giovani, non parassitizzate dall’acaro Varroa, per andare poi via via a formare scorte invernali (ove siano carenti), atte a passare egregiamente la stagione rigida. Al termine dei raccolti estivi, la situazione spesso inganna: tante api scese dai melari, fanno pensare quasi ad un sovraffollamento, che però non avverrà; normalmente passata la calura estiva e fino
all’arrivo dei primi freddi, ci sarà un graduale depauperamento della popolazione. Quindi attenzione a togliere favi, covata, scorte. Se abbiamo il dubbio di aver tolto troppo, c’è ancora tempo per rimediare; perché per allevare api… servono api, ed un’operaia impiega ventun giorni a nascere! Lo stesso metro di valutazione vale per le regine: regine “ancora belle”, ma con “tanti chilometri” all’attivo, è preferibile sostituirle finché siamo ancora in tempo. Acquistarne, ogni anno, un congruo numero, ci salverà sicuramente da brutte sorprese future. È bene ricordare che una regina “nuova” è
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AGENDA LAVORI. NORD-OVEST molto più facilmente influenzabile dalle nutrizioni; sarà più facile farle protrarre la covata. A questo punto è necessaria una precisazione: comprare una buona regina, non è come comprare una buona cella reale. Negli ultimi anni, un po’ per ragioni economiche, (le celle costano poco), un po’ per pianificare trattamenti anti-varroa (asportazioni e blocchi), molti apicoltori finiscono per usare le celle reali. Quando si opta per sostituire una regina, ormai giunta a fine carriera usando celle reali, dobbiamo tenere in debito conto l’incognita della possibile mancata o cattiva fecondazione; non ultimo, l’ impossibilità di garantirsi un patrimonio di
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fuchi selezionati a tale scopo. È pur vero che quando contattiamo il nostro allevatore di fiducia, è il periodo in cui le regine vanno a ruba. Per un piccolo-medio allevatore, in balia delle variabili legate al tempo, diventa difficile tener fede a tutte le prenotazioni, anche se, con un po’ di buona volontà, è possibile formare un congruo, appartato numero di nuclei, sulla fattispecie di quelli usati per le fecondazioni (un paio, meglio tre telaini, magari già puliti dalla Varroa), nei quali inserire le regine acquistate (una per nucleo fino al momento del loro inserimento), operando così una proficua riunione. Alberto Guernier
AGENDA LAVORI. NORD-EST
PRIMA VISITA SETTEMBRINA
TORNARE AL LAVORO DOPO LE VACANZE L’IMPORTANZA DI COSA FAREMO A FINE ESTATE di Giacomo Perretta
CONTROLLARE LA PRESENZA DELLE API ALL’INTERNO DELL’ALVEARE
Il
rientro dalle vacanze può essere piacevole, si rincontrano colleghi con i quali scambiare esperienze, raccontare soggiorni e viaggi, spesso enfatizzandoli solo per rendere più piacevole la conversazione. Lo stesso entusiasmo lo ritroviamo rivedendo i nostri alveari, ne conosciamo ogni caratteristica: c’è quello più aggressivo, quello più debole, quello cui abbiamo lavorato di più per farlo crescere, quello che ci ha dato più soddisfazioni
in termini di produttività e così a seguire. Ed ecco che con le prime visite autunnali inizieremo ad intraprendere un razionale e attento lavoro. Se la stagione ci aiuta potranno esserci fioriture autunnali importantissime per le api. Ribadisco che quel poco nettare e altrettanto poco polline di queste fioriture tardive, hanno un valore nutrizionale altissimo, per le nostre api, più di qualsiasi surrogato nutrizionale, sebbene di ottima qualità. L’aver fatto quel trattamento chiamato “tampone” a giugno o luglio non ci mette al sicuro né ci può tranquillizzare, anche se pensiamo di aver ben operato. Alcuni piccoli esempi: se abbiamo utilizzato 5 cl di ApiBioxal per favo ma ne abbiamo versato gran parte sulla traversa del telaino e non tra l’interfavo; se abbiamo usato degli evaporanti senza tener conto delle temperature o quantità inferiori di quelle previste e per questi motivi abbiamo trovato un’infestazione da varroa, tranquillizzatevi, c’è ancora una motivazione a nostra difesa, attribuendole tutte le colpe: “reinfestazione”. Con questa parola ci proteggiamo e ci assolviamo dai nostri peccati. 9/2018 | Apitalia | 15
AGENDA LAVORI. NORD-EST PRIMA VISITA SETTEMBRINA La prima visita dopo le vacanze è molto importante. Vediamo cosa sia necessario fare in una sequenza molto elementare ma che può essere d’aiuto ai più giovani apicoltori (intesi come principianti, non per età) a riordinare le idee: • pulire sempre i vassoi sotto gli alveari; • utilizzare sempre il fumo e le protezioni; • controllare la presenza delle api “dentro l’alveare”; • verificare la presenza della regina; • controllare attentamente la covata aperta e chiusa per eventuali patologie; • controllare la dimensione della covata;
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• controllare la presenza di api malformate e api dentro e fuori l’alveare; • controllare le scorte. PULIRE SEMPRE I VASSOI SOTTO GLI ALVEARI Perché è necessario pulire i vassoi prima di partire? La prima cosa che mi viene in mente di suggerirvi è di controllare le scorie, da esse infatti è possibile risalire alla storia dell’alveare. La presenza di grossi residui, su tutto il vassoio, potrebbe essere il sintomo di un saccheggio oppure un tentato saccheggio; righe di cera scura cioè di opercoli vecchi indicano la carenza di importazione, per cui è stato necessario attingere alle scorte.
Insomma la “lettura” del vassoio spesso è interpretativa quindi meglio aprire l’alveare e lasciare questa operazione a momenti in cui visitare la famiglia non è possibile. UTILIZZARE IL FUMO E LE PROTEZIONI Non potevo che puntualizzare questo passaggio, non solo perché autore del manuale “Apicoltura in Sicurezza” ma nella convinzione che le protezioni siano importanti per noi apicoltori. Il fumo, invece, serve alle api non per intimorirle come molti pensano ma per proteggerle, esso evita loro di muoversi in modo agitato e convulso fino a perdere la vita lasciando il loro pungiglione sui nostri vestiti,
oppure schiacciate dal coprifavo e ancora altre condizioni nell’impossibilità che abbiamo di controllarne i movimenti. Vorrei fare una metafora, per coloro che non usano l’affumicatore “il fumo è il cane da pastore dell’apicoltore”. Il cane da pastore tiene il gregge in ordine; evita che le pecore si disperdano e che possano avere qualche incidente lontano dal controllo del pastore. Con il fumo l’apicoltore fa la stessa cosa, una sbuffatina e le api si indirizzano verso il nido, allontanandosi così dal bordo dove appoggeremo il coprifavo. CONTROLLARE LA PRESENZA DELLE API “DENTRO L’ALVEARE” Capita, a volte, di sentire apicoltori che dicono: “guarderò le api quando avrò più tempo, mi sembrano tranquille e anche molto attive”... e le api che andavano avanti e indietro erano il residuo di un saccheggio avvenuto. Controllare vuol dire aprire l’alveare e accertarsi della situazione. Verificare la presenza della regina, sia attraverso la covata opercolata che con la presenza di uova o larvette
Fuori dall’alveare si vedono spesso api che sembrano ubriache, si muovono barcollando, incapaci di sorreggersi; questo comportamento è dovuto a diverse patologie compresi gli avvelenamenti leggeri. Per avere la corretta diagnosi è necessario ricorrere ad analisi di laboratorio, fornendo campioni di api prelevate - in genere - dal portichetto. Se, invece, dovessimo vedere api con deformazioni palegiovanissime; verifichiamo anche si alle ali, patologia facilmente vila sua presenza fisica che non deve sibile, potrebbe essere in corso una prescindere dalla vista della de- “reinfestazione” di varroa. posizione, anche perché potrebbe CONTROLLARE non deporre per varie cause. Qualora fosse necessario, non esi- LA DIMENSIONE tiamo a sostituirla: è ancora pos- DELLA COVATA sibile acquistare reegine oppure Le api che nascono in questo periodo passeranno tutto l’inverno e unire ad altra famiglia. la dimensione della covata ci dirà quale, fra i nostri alveari, avrà la CONTROLLARE LA COVATA possibilità di arrivare alla primaveAPERTA E CHIUSA ra successiva più facilmente - ma PER EVENTUALI PATOLOGIE La covata deve presentarsi com- di questo argomento ne parleremo patta di un bel colorito bruno, poi in autunno per il trattamento esente da malformazioni: operco- per la varroa. L’avere una covata lo concavo o peggio foracchiato, “bella” con scorte a sufficienza ci cellette da operaia con opercolo dà un quadro sicuramente posida fuco (gibbose), sintomo chiaro tivo, dimostra la presenza di una della presenza di api fucaiole. Non buona regina e un’altrettante buodeve presentarsi come se fosse na alimentazione estiva. stata “mitragliata” cioè celle oper- E le scorte? Devono essere precolate intervallate con tante celle senti in buona quantità e qualità; vuote, nella covata aperta deve qualora non fossero sufficienti o, esse chiaramente vista la larva di peggio, mancassero, dobbiamo suun bel colore bianco perla. Se non bito intervenire con alimentaziosiete in grado di valutare la gravità ne liquida ad alta concentrazione di queste condizioni fatevi aiutare 2:1 zucchero:acqua oppure candito, se avete miele di vostra produda un esperto apistico. zione provenienti da alveari sani preferitelo. CONTROLLARE LA PRESENZA DI EVENTUALI Giacomo Perretta MALFORMAZIONI NELLE API 9/2018 | Apitalia | 17
AGENDA LAVORI. CENTRO
LAVORARE A TUTTO TONDO
A SETTEMBRE L’APICOLTORE SI DIVIDE TRA LABORATORIO, UFFICIO ED APIARIO di Angelo Lombardi
P
roduzioni primaverili insoddisfacienti, anche se migliori degli ultimi due anni, produzioni estive che quantitativamente hanno sostanzialmente rispettato le attese, mentre qualitativamente hanno registrato dati discordanti. Da un lato abbiamo potuto constatare il ritorno di buone produzioni di miele di melata, per tanto tempo - ahinoi - sostanzialmente assenti, dall’altro, invece, dobbiamo dire che generalmente il miele di castagno prodotto, raggiunge mediamente con fatica i requisiti minimi di caratterizzazione. Il millefiori, invece, un po’ ovunque, è stato prodotto al di sotto dei rendimenti standard come quantità mentre le caratteristiche organolettiche sono molto buone. Uno dei problemi che ha coinvolto quasi tutte le produzioni, sia primaverili che estive, sia multifloreali che monofloreali, è l’umidità mediamente elevata, troppo spesso ben al di sopra del canonico 18%. Per la verità questa criticità oramai sta diventando una costante che merita l’adozione di protocolli adeguati per monitorare il problema e 18 | Apitalia | 9/2018
per correggere le non conformità. Protocolli che, per tutti coloro che allevano api con finalità di mercato (sono cioè in possesso di partita IVA), dovrebbero essere inseriti nel documento aziendale che raccoglie le procedure di allevamento e lavorazione adottate per evitare le contaminazioni dei prodotti e ne tutelino la salubrità (obbligo contenuto nell’allegato I del Reg. (CE) 852/2004). Una proposta utile in tal senso potrebbe essere quella di dotarsi di refrattometro (strumento ottico che misura l’indice di rifrazione che nel miele è correlabile direttamente al suo contenuto in acqua) aziendale in grado di dare indicazioni più che attendibili sull’umidità del miele, considerando che sono disponibili sul mercato strumenti idonei a costi davvero contenuti (bisogna solo ricordarsi di effettuare le tarature periodiche, utilizzando l’olio diottrico generalmente presente nel kit in dotazione, per essere sicuri di leggere dati affidabili). L’utilizzo del refrattometro può essere previsto sia nelle buone prassi di allevamento - si misura l’umidità del miele per stabili-
IL MIELE DEVE AVERE UNA PERCENTUALE DI UMIDITÀ NON SUPERIORE AL 18%
re i tempi di raccolta dei melari, che nelle buone prassi di lavorazione – si misura l’umidità del miele al momento dell’estrazione e/o del confezionamento. Le misurazioni dell’umidità del miele, dunque, visti i costi contenuti dei rifrattometri disponibili sul mercato e la loro facilità d’uso, sono sostanzialmente alla portata di tutti, grandi e piccoli, amatoriali o imprenditori apistici. La situazione si complica quando viene rilevata una umidità superiore agli standard. Cosa fare? La soluzione tecnologicamente più avanzata e che da maggiori garanzie, ovviamente, è rappresentata dalla deumidificazione forzata che utilizza sostanzialmente due metodi: per
riscaldamento/ventilazione - che ripropone artificialmente ciò che avviene all’interno dell’alveare o per condensazione- che, invece, si basa sul principio per cui l’aria ricca di vapore acqueo tende a depositarsi su superfici fredde e che il miele è una sostanza molto igroscopia, in grado cioè di assorbire umidità dall’ambiente circostante ma anche di cedere umidità quando l’ambiente circostante presenta una umidità relativa inferiore (idealmente sotto il 60%). Purtroppo i deumidificatori funzionali hanno costi decisamente elevati, sicuramente non alla portata di produttori di piccole o medie dimensioni. In tal caso una risposta concreta ed efficiente, potrebbe
arrivare dal mondo associativo che si dovrebbe dotare di impianti collettivi, per consentire le operazioni di deumidificazioni a tutti, a costi accessibili. Va comunque precisato che la normativa vigente ha fissato il limite del tenore d’acqua a non più del 20% (tranne nei casi di miele di calluna o per uso industriale che è fissato a non più del 23% o per il solo miele di calluna per uso industriale al 25%), dunque un miele che ha umidità del 18/19/20% è ancora considerato conforme. Il problema è legato al termine di preferibile consumo e, dunque, alla sua conservabilità. Studi oramai consolidati, infatti, che al di sotto del 17% di umidità non ci sono le condizioni per la
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AGENDA LAVORI. CENTRO
proliferazione dei lieviti osmofili che resistono alla elevata pressione osmotica del miele - in grado di provocare, nel tempo, i fenomeni di fermentazione (il miele non deve avere sapore o odore anomali, né deve avere iniziato un processo di fermentazione). Trovandoci in laboratorio per affrontare la questione umidità del miele, prima di ritornare in apiario per le operazioni di settembre, non ci dobbiamo dimenticare di provvedere alla registrazione dei trattamenti terapeutici estivi effettuati. A tal proposito riteniamo utile confermare che dal nostro punto di vista le registrazioni vanno effettuate ai sensi del Reg.(CE) 852/2004 allegato I parte A capo III (vedi nota del Ministero della Salute n.0009780 - 17/04/2018 - DGSAF - MDS - P). Ribadiamo la posizione che fin tanto che utilizzeremo farmaci in libera vendita, non soggetti alla prescrizione veterinaria, non siamo tenuti alla compilazione del Registro dei Farmaci istituito ai sensi del D.L.vo 158 e 193 del 2006 (ricordiamo che tale Registro non deve essere istituito da chi opera in regime di autoconsumo). A tal 20 | Apitalia | 9/2018
proposito facciamo presente che i piani di controllo dei trattamenti contro la Varroa, previsti dai Servizi Veterinari su indicazione del Ministero della Salute, prevedono specifiche verifiche di carattere documentale comprovanti le registrazione effettuate. Appare consigliabile, dunque, allegare alle schede di registrazione anche lo scontrino o, meglio ancora la fattura, comprovante l’acquisto dei prodotti registrati utilizzati. A questo punto, esauriti gli adempimenti di laboratorio/ufficio, ci possiamo recare in apiario per le lavorazioni del mese. In quasi tutte le zone il flusso nettarifero significativo si è esaurito, possiamo, dunque, per chi vuole prolungare la stagione produttiva, dedicarci alla raccolta della propoli da rete; anticipare troppo l’inserimento delle reti, quando cioè le api sono ancora in fase di raccolta nettarifera, avrebbe come effetto la produzione di propoli non pura, troppo “inquinata” da cera. La produzione della propoli è molto conveniente in quanto comporta dei costi molto contenuti, attività tecniche che si limitano alla sola messa in opera e raccolta
delle reti, al distacco del prodotto dalle reti stesse ed il mercato del prodotto all’ingrosso è molto attivo. Nel merito di quest’ultimo aspetto dobbiamo precisare, però, che la collocazione della propoli sul mercato è subordinata all’assenza di residui inquinanti nel prodotto. La propoli in tal senso è molto più delicata del miele e, in presenza, di un uso scorretto, per quantitativi somministrati e per tipologia di prodotti utilizzati, di prodotti sanitari per il controllo della Varroa, ad esempio, “assorbe” i residui di tali prodotti o dei suoi metaboliti che vengono rilevati dalle analisi di laboratorio. Per il prodotto inquinato, il mercato è praticamente inesistente. Ricordiamo infatti che la propoli è considerata un alimento (un integratore alimentare per la precisione) ed è soggetta alla relativa normativa che prescrive dei limiti molto severi. Se intendiamo produrre la propoli, infine, dobbiamo integrare il nostro manuale di buone prassi di allevamento, inserendo nella parte descrittiva del ciclo di produzione, anche questa attività. Chi invece, per motivi organizza-
tivi e/o aziendali, preferisce evitare di impegnarsi nella produzione della propoli, può avviare la prima fase del pre-invernamento che è finalizzato principalmente ad incrementare il numero di api negli alveari che nascendo, presumibilmente, in condizioni sanitarie ottimali - avendo effettuato da poco le terapie per la Varroa che generalmente hanno effetti positivi anche sulle forme virali e batteriche preseti - potranno dedicarsi in maniera congrua all’allevamento ottimale delle api invernali. Per ottenere il risultato atteso dobbiamo somministrare soluzioni zuccherine preparate con concentrazioni 1:1 in modo lento e costante; il metodo della somministrazione a goccia è
l’ideale (ci possiamo avvalere degli appositi nutritori o delle buste o delle bottiglie, etc.). I dosaggi consigliabili sono di un consumo di 1,5/2,00 litri a settimana. Contemporaneamente possiamo anche incominciare ad isolare, spostandoli nei lati estremi, i telaini che abbiamo intenzione di cambiare perché vecchi, danneggiati o irregolari; così posizionati verranno abbandonati dalle api quando si incomincerà a formare il glomere e noi, durante le fasi di invernamento potremmo eliminarli dal nido. Settembre per gli apicoltori è un mese particolarmente importante in quanto si decidono i prezzi del miele; quest’anno è presumi-
bile attendersi delle quotazioni che si manterranno obiettive più che remunerative per i produttori nonostante qualche immaginabile flessione per tipologie di prodotto che l’anno scorso avevano raggiunti livelli quasi improponibili. Se davvero i prezzi si manterranno così remunerativi e con le produzioni sufficienti che si sono registrate, se riusciremo ad invernare le famiglie in buone condizioni di salute, potremmo finalmente chiudere un bilancio di stagione soddisfaciente, dopo una serie di annate davvero difficili, rivolgendo lo sguardo al futuro con un pizzico si serenità in più. Angelo Lombardi
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AGENDA LAVORI. SUD
È QUESTIONE DI EQUILIBRI
LA SALUTE DELL’ALVEARE DIPENDE DALLA GIUSTA PROPORZIONE TRA API, AMBIENTE E AGENTI PATOGENI di Santo Panzera
La
corretta gestione dell’allevamento è una condizione imprescindibile affinché siano soddisfatti gli eventi tra loro interconnessi: redditività dell’azienda, prevenzione e controllo delle malattie delle api e, non per ultima, la tutela della qualità e salubrità dei prodotti dell’alveare. In questo periodo nel nostro Sud Italia le famiglie di api escono provate dall’intenso caldo estivo, con scarse o nulle importazioni di nettare e polline e dai trattamenti antivarroa. La Calabria, per la sua particolare positura geografica ed orografia, presenta delle condizioni climatico-botaniche alquanto diversificate tra il Versante Tirrenico e quello Jonico, che si evidenziano soprattutto in tarda estate-inizio autunno, rendendo notevolmente differenti le operazioni da effettuare in apiario nei due contesti. Infatti, mentre sul Versante Tirrenico le grandi fioriture, quest’anno ahinoi alquanto poco nettarifere, possono dichiararsi concluse, senza ulteriori possibilità di raccolto, su quello Jonico invece, in condizioni meteo-climatiche favorevoli, si crea una “nuova primavera” con la fioritura dell’eucalipto set22 | Apitalia | 9/2018
tembrino (E. globulus), dell’inula viscosa e, in ambiente alto collinare e montano, dell’edera. Sulla costa jonica della Calabria densi impianti sia di Eucalyptus camaldulensis, in questi anni fortemente infestato dalla psilla (Glycaspis brimblecombi), che di Eucalyptus globulus, al contrario resistente a tale emittero esotico, sono stati fatti negli anni 60 sulle aree rivierasche e collinari prima a seminativi, con l’obiettivo di attivare una mai avviata filiera dell’industria cartaria, essendo una pianta a cre-
NUTRIRE LE FAMIGLIE LIVELLARE E FORMARE NUOVI SCIAMI
Eucalyptus camaldulensis.
scita rapida e per la qualità del suo legname a produrre cellulosa. Sul Versante Tirrenico invece gli eucalipti sono presenti in modo molto più rado e sporadico sotto forma di filari a scopo ombreggiante nei camping e villaggi turistici o come barriere frangivento a protezione dai venti dominanti di colture orticole ed agrumicole; tali barriere tra l’altro attualmente risultano molto rare, in quanto sostituite con barriere “morte” in rete, a causa della forte competizione idrico-nutritiva da esse esercitata, a discapito delle piante da proteggere. In questo contesto geografico in molti casi la ripresa della covata deve essere stimolata dall’apicoltore, senza incorrere nel solito errore di confidare che le scorte, pur abbondanti, presenti all’interno dell’alveare, siano di per sé sufficienti per riavviare la popolazione di api e ad indurre le ancelle reali ad una maggiore produzione di gelatina, per incitare la regina alla deposizione; infatti sarebbe bene intervenire con una nutrizione stimolante a base di sciroppo avente una concentrazione analoga a quella usata in
primavera, oppure con del candito, mai con miele o liquido con miele in quanto i saccheggi sono ancora in agguato. Sul Versante Jonico della Calabria invece, in presenza delle tanto sospirate piogge tardo estive, la situazione può risultare radicalmente diversa con, in condizioni favorevoli, uno sviluppo che assomiglia a quello primaverile e con la regina che, grazie alla maggiore disponibilità di polline e nettare, accelera sensibilmente il ritmo di deposizione, in assenza di qualsiasi intervento stimolante operato dall’apicoltore. Tuttavia, se le piogge tardano ad arrivare, anche in questo versante è necessario venire in soccorso delle famiglie con una nutrizione che dia loro la possibilità di sopperire all’assenza di raccolto. In settembre altri interventi da effettuare in apiario prevedono la possibilità di effettuare, in caso di necessità, qualche livellamento, sottraendo a quelle famiglie che corrono ed appaiono eccessivamente sviluppate e concedendo i favi così ottenuti a quelle che arrancano. Va valutata la possibilità di sottrarre alle famiglie che
hanno soggiornato in montagna e presentano più scorte, almeno un favo ricolmo di polline offerto da tiglio e castagno e stoccato dalle api in quantità superiore alle loro esigenze, con il risultato di limitare lo spazio per la deposizione di covata. In particolare il polline di castagno, a differenza di quello di eucalipto, è altamente ricco dal punto di vista proteico e rappresenta un alimento prezioso, da restituire alle api nelle situazioni di particolare carenza che si possono avere a fine settembre in caso di siccità prolungata, allo scopo di permettere una buona alimentazione proteica alle api invernali. È bene sottolineare come le api siano in grado di valutare oltre alle differenze di tenore zuccherino del nettare, anche le differenze di presenza di aminoacidi, gli elementi costitutivi delle proteine, in polline e nettare, scegliendo, quando possibile, quelli a maggiore capacità nutritiva. Le bottinatrici di polline, nella loro permanenza nel nido tra un volo di raccolta e l’altro, prima ispezionano le celle già contenenti polline e poi scaricano in esse una maggiore percentuale
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AGENDA LAVORI. SUD rispetto alle celle vuote; tutto ciò al fine di verificare le reali esigenze della famiglia, cercando poi di adeguare la raccolta del prezioso materiale proteico sulla base dell’ispezione delle riserve e dei segnali feromonali emessi dalla covata. Ai nostri climi si ha ancora la possibilità di formare nuovi sciami con 3 o 4 telaini coperti di api e contenenti sia covata che scorte, prelevati da più famiglie, anche uno per famiglia, avendo cura di portare il tutto oltre i 3 Km dagli alveari di partenza, allo scopo di garantire la permanenza nei nuclei delle bottinatrici. I nuclei così formati possono poi essere forniti di cella reale nascente in quanto, la presenza ancora massiccia di fuchi e le alte temperature che non li rendono certo restii al volo, rendono possibile una buona fecondazione della regina; in alternativa possiamo introdurre una regina feconda selezionata. È bene evidenziare che in Calabria, il clima favorevole e l’ampio assortimento di fioriture legato alle diverse vocazioni ambientali del territorio, consentirebbero la nascita di aziende apistiche specializzate nella produzione di api regine e/o pappa reale, con ottime possibilità di successo economico, ma, nonostante tutto ciò, la regione risulta attualmente fortemente deficitaria di tali produzioni. Le famiglie orfane ma ancora forti devono essere normalizzate inserendo regine feconde; ai nostri climi, si può tentare di recuperare anche le famiglie deboli, rimandando a data successiva, in caso di insuccesso, la loro riunione con 24 | Apitalia | 9/2018
Eucalyptus globulus.
altre famiglie deboli. In caso di famiglie orfane da tempo, l’assenza prolungata sia di covata che di regina induce l’inattivazione delle sostanze feromonali che, in condizioni normali, inibiscono lo sviluppo delle ovaie delle api operaie, e si ha la comparsa di api figliatrici. In questi casi, affinché l’inserimento della regina abbia maggiori possibilità di successo, oltre allo scrollamento delle api lontano dalla postazione originaria, al fine di impedire il ritorno delle fucaiole, risulterà necessaria l’introduzione di covata non opercolata, allo scopo di inibire le ovaie delle fucaiole stesse. Un metodo più pratico consiste nel “disgregare” le famiglie fucaiole, distribuendo i telaini tra gli alveari forti dello stesso apiario, sottraendo a ciascuno di essi un favo di api giovani e covata, in modo da recuperare un numero di telaini sufficienti a ripristinare le famiglie a rischio di estinzione, avendo cura
di rifornirle successivamente di nuove regine. I favi delle famiglie con api figliatrici, una volta introdotti negli alveari forti, verranno immediatamente colonizzati e le loro celle da fuco saranno rapidamente modificate per contenere nuova covata femminile. Non dimentichiamo mai che l’apicoltore vero e professionale deve avere piena consapevolezza che lo stato di salute di un alveare è frutto di un delicato e fragile equilibrio instauratosi tra api, agenti patogeni ed ambiente; nella conservazione di tale equilibrio rappresentano uno strumento indispensabile le buone pratiche apistiche, alle quali dovremo essere sempre più “allenati”, per essere in grado di fronteggiare efficacemente il mix di emergenze vecchie e nuove che incombe minacciosamente su uno dei mestieri più antichi e belli del mondo. Santo Panzera
AGENDA LAVORI. ISOLE
CAMBIO REGINE IN AUTUNNO
LE NATE IN TARDA ESTATE HANNO IL VANTAGGIO DI RIMANERE GIOVANI PIÙ A LUNGO di Vincenzo Stampa
La
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Abbiamo stesso tipo di terreno, stesse lavorazioni, andamento climatico stagionale simile (vedi tabelle *). Le sementi delle piante prese in considerazione germinano, tipicamente, subito dopo le prime piogge autunnali (settembre/ottobre) in questi due mesi vediamo che le temperature massime e minime sono state più basse nel 2011 rispetto al 2013; a noi sembrano differenze minime eppure le sementi hanno avvertito qualcosa di diverso che ha fatto scattare o ritardare la fase della germinazione; l’orologio biologico
LE “MAMME” ESPRIMONO IL MASSIMO DELLA FECONDITÀ NEI PRIMI DUE ANNI DI VITA
Foto 1
Foto Vincenzo Stampa
vita e le attività di ogni essere vivente sono regolate da un “orologio interno” che scandisce tempi e modi di svolgimento delle funzioni/azioni vitali. Ma questo meccanismo, da solo, non è sufficientemente sicuro, occorre un sistema di pesi e contrappesi che mitighi la possibilità di errori accidentali. Il dialogo del vivente con l’ambiente fa parte di questo sistema e rappresenta un interruttore che fa scattare un meccanismo accendi/spegni in sintonia con la tempistica dell’orologio biologico. La germinazione dei semi di piante spontanee può essere un esempio di come minime variazioni nelle condizioni climatiche possono favorire/sfavorire una specie piuttosto che un’altra. Prendiamo in considerazione due specie che germinano tipicamente in autunno, la Calendula arvensis (foto 1) e la Diplotaxis erucoides (foto 2). Le foto dello stesso appezzamento di terreno, magari riprese con angolature diverse, sono state scattate il 1° dicembre 2011 per la Calendula, e il 21novembre 2013 per il Diplotaxis, e mostrano la colonizzazione dello stesso terreno da parte delle due diverse specie.
Foto 2
non sempre si è trovato in sintonia con le condizioni ambientali. Questo esempio, di come condizioni particolari che si interfacciano con “l’orologio biologico degli organismi” possano portare a grandi risultati, lo riscontriamo in apicoltura, nelle varie fasi della vita e della conduzione degli al-
veari; affinché l’organismo alveare esprima pienamente le sue potenzialità occorre che si realizzi un sincronismo tra lo stato fisiologico delle api, inteso come capacità di svolgere un certo compito, e le condizioni ambientali nel senso di un apporto esterno a sostegno di queste potenzialità. Noi umani
abbiamo deciso di misurare il tempo a cadenze costanti e ripetitive mediante orologi, calendari; tutti gli altri viventi invece si regolano con cicli fisiologici; la differenza sta nel fatto che mentre il nostro calendario è rigido quello della natura è flessibile in quanto l’attività fisiologica è fortemente influenzata dalle maggiori o minori opportunità che l’ambiente può offrire. Cosa c’entra tutto questo con il cambio artificiale delle regine? L’esperienza ci dice che le api regine sono in grado di esprimere al massimo la loro potenzialità riproduttiva, deposizione, nei primi due anni di vita e su questo si regola il comportamento riproduttivo dell’organismo alveare che
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si riproduce “sciama” sicuramente in seguito all’invecchiamento dell’ape regina. Il problema è: come calcoliamo questo tempo con il calendario alla mano o con l’attività fisiologica dell’ape regina? È evidente, dal meccanismo riproduttivo dell’alveare “la sciamatura”, che la natura ha optato per la seconda soluzione infatti alla base della sciamatura c’è il calo di attività fisiologica dell’ape regina che le api misurano mediante il parallelo calo di produzione di ormone reale. Sostituendo la vecchia regina con una nata nella tarda estate, questa non verrà sottoposta ad un grande sforzo produttivo cioè rimarrà fisiologicamente giovane, permetterà all’alveare di invernare con la giusta quantità di api giovani e potrà esprimere tutta la sua potenzialità nelle successive due primavere. È importante sottolineare che questo semplice accorgimento ci mette al riparo da sciamature indesiderate, nel pieno della stagione del raccolto, almeno nei due anni successivi alla sostituzione.
Allora dobbiamo aggiustare la conduzione degli apiari, non più la parossistica ricerca di api regine all’inizio della primavera ma la saggia programmazione della sostituzione autunnale. Le api regine prodotte “nate” nel periodo di tarda estate non sono migliori o peggiori di quelle allevate all’inizio della primavera ma hanno un vantaggio, rimangono fisiologicamente giovani per un periodo di tempo più lungo, il loro orologio biologico va
Foto Terra di Miele
AGENDA LAVORI. ISOLE
più lentamente (foto 3). Dobbiamo anche considerare la più facile reperibilità, per la possibilità di un acquisto programmato e concordato con l’allevatore e in fine una maggiore accettabilità in quanto andranno a sostituire, in autunno, regine già in forte calo fisiologico, sia per l’attività svolta in precedenza sia per il calo naturale dovuto al periodo dell’anno. Vincenzo Stampa
*I dati climatici sono stati estratti dallo storico di - il meteo.it - per il comune di Valderice (TP).
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REGINE MIGLIORI
IL VALORE DEL TRASLARVO
QUALITÀ GENETICA MIGLIORATA ADOTTANDO BUONE PRATICHE COMUNI di Giulio Loglio
N
ella Penisola italiana, in un processo durato milioni di anni, la natura ha favorito la selezione e la diffusione dell’Apis mellifica ligustica, l’ape conosciuta in tutto il mondo per la sua docilità e produttività. Negli ultimi decenni gli apicoltori e i ricercatori avrebbero potuto migliorare ulteriormente le qualità di quest’ape attivando un attento processo di salvaguardia e di selezione. Purtroppo nulla è stato fatto. Anzi, chi avrebbe dovuto salvaguardare il patrimonio genetico dell’ape italiana, emanando norme specifiche, ha lasciato che gli operatori del settore apistico, gli allevatori di regine e i commercianti di nuclei potessero agire indisturbati modificando quel patrimonio genetico che la natura era riuscita a conservare per milioni di anni. Che il problema dell’ibridazione sia sottovalutato lo dimostra il fatto che in Italia da anni vengono importate api regine “certificate di razza Ligustica” che spesso, dopo specifici esami di laboratorio, risultano essere solo degli incroci. La difficoltà di risalire alla purezza della razza ha fatto sì che molti contributi pubblici siano stati erogati per l’acquisto di famiglie
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di api di razza Ligustica che nella realtà erano solo famiglie ibride. La pratica dell’ibridazione è finalizzata esclusivamente alla massima produttività: animali e vegetali che per centinaia di anni hanno fatto parte integrante della zootecnia e dell’agricoltura di un determinato territorio vengono progressivamente soppiantati dagli ibridi. L’esempio classico è quello della coltivazione di mais: se gli agricoltori vogliono ottenere abbondanti produzioni sono costretti ad acquistare sementi ibride prodotte da multinazionali. Analogo esempio lo si può fare in apicoltura
CONTRASTIAMO I GRAVI DANNI DELL’IBRIDAZIONE DA BUCKFAST
Foto 1 per la Buckfast, un “super ibrido” dotato di notevoli qualità che vengono perse se quest’ape non viene sottoposta continuamente a una riproduzione controllata. Nella maggior parte degli apiari italiani l’ibridazione avviene in modo incontrollato per la presenza negli stessi areali di fuchi di differenti razze (Ligustica, Carnica, Buckfast, ibridi): nella fase di accoppiamento le nuove regine subiscono “un processo di ibridazione” che l’apicoltore non può evitare. L’apicoltura sta vivendo un periodo di anarchia nel quale alcuni problemi sanitari, che sempre più frequentemente si manifestano nei nostri apiari, altro non sono che il frutto di questo dissennato comportamento. Le lodevoli iniziative locali a salvaguardia della “Ligustica” sono destinate a fallire miseramente per la mancata emanazioni ed applicazione di leggi specifiche. Come veterinario ed apicoltore da anni mi sto battendo perché gli operatori del settore, il Ministero della Salute e il Ministero dell’Agricoltura prendano coscienza di questa grave situazione. Fortuna-
Foto 2 tamente in apicoltura c’è ancora la possibilità di porre rimedio a questo scellerato comportamento: basta volerlo. È per questo che ho ideato e studiato il progetto Apenova che è in grado, senza scombussolare il lavoro degli apicoltori, di favorire un graduale processo di recupero della razza Ligustica e di riqualificazione genetica della nostra apicoltura. Questo metodo si basa sulla selezione massale e prevede: • il coinvolgimento degli apicoltori di un territorio che devono individuare le api migliori dei loro alveari che rispondono totalmente ai criteri DO.PA.MI.NOS. (docilità, assenza di patologie, ottima produzione di miele, ridotta tendenza alla sciamatura) • una ulteriore selezione da parte di personale specializzato su quanto rilevato dagli apicoltori • l’esecuzione di analisi di laboratorio per individuare, fra le migliori famiglie selezionate, solo le regine di razza ligustica • l’assegnazione delle regine di razza Ligustica ad apicoltori specializzati nella pratica del traslarvo perché producono un elevato numero di celle reali da distribu-
ire agli apicoltori perché le introducano in nuclei orfani. Apenova non è l’unico metodo che si può adottare per raggiungere un risanamento genetico a livello nazionale: rispetto ad altri metodi ha il vantaggio di avere costi contenuti e di garantire negli anni un lento ma costante miglioramento genetico degli apiari di vasti territori senza aggravare il lavoro degli apicoltori. In attesa che il progetto Apenova venga approvato e finanziato, si è deciso di collaborare con le Associazioni Apistiche organizzando corsi per gli apicoltori interessati ad apprendere la tecnica del traslarvo in base a questo concetto “Se devo acquistare da un’azienda apistica celle reali “a scatola chiusa” tanto vale che impari a produrle da solo utilizzando come donatrici le migliori regine del mio apiario”. Con questa finalità, nel 2015, nel 2016 e nel 2018 ho organizzato con le Associazioni Apistiche dei corsi propedeutici per insegnare ad eseguire il traslarvo per produrre celle reali da utilizzare per autoconsumo. Alcuni partecipanti erano già abi9/2018 | Apitalia | 31
REGINE MIGLIORI
Foto 3 tuati ad effettuare il traslarvo mentre altri avevano solo sentito parlare di questa tecnica. Un’esperienza nuova per tutti i partecipanti ai corsi è stata quella di valutare, con lo stereo microscopio, le dimensioni delle larve che erano riusciti a raccogliere con il coglilarva sul fondo delle cellette (Foto 1). Successivamente questi apicoltori, utilizzando per il traslarvo le larve dei loro alveari, hanno avuto modo di verificare che la percentuale di accettazione è correlata ad una manualità che tende a migliorare con la pratica: più tempo si dedica a raccogliere larve con il cogli larve e più si diventa bravi. Tuttavia non bisogna dimenticare che esiste una predisposizione individuale che spesso fa la differenza. In questi tre anni mi sono confrontato con chi aveva partecipato ai corsi e quasi tutti mi hanno segnalato: 1) di avere difficoltà nell’individuare e cogliere larve della medesima età. 2) di non riuscire a produrre sempre celle reali di ottima qualità. Per risolvere questi problemi in questi anni ho studiato e speri32 | Apitalia | 9/2018
Foto 4a mentato due procedure che, se adottate correttamente, possono aiutare l’apicoltore ad ottenere buoni risultati con la pratica del traslarvo. UN GETTO D’ACQUA PER RACCOGLIERE LE LARVE CONTENUTE NEI FAVI L’apicoltore quando deve effettuare il traslarvo toglie da un alveare un favo con covata fresca. Se non è dotato di ottima vista difficilmente riesce ad individuare le larve immerse nella pappa reale per poterne valutarne le dimensioni e di conseguenza l’età. Pertanto il prelievo con il cogli larva avviene in modo casuale. Spesso le larve campionate hanno un’età molto diversa: una situazione che comporterà lo sfarfallamento di regine in tempi diversi. È possibile raccogliere le larve in una vaschetta spruzzando sul fondo delle cellette un “sottile” getto di acqua tiepida. Per comodità si può utilizzare una pistola giocattolo che permette di regolare sia il getto dell’acqua che la sua direzione. Lo stesso risultato lo si può ottiene con una siringa per iniezioni.
Dopo aver posto il favo in posizione verticale si spruzza l’acqua nelle celle per staccare delicatamente le larve e convogliarle all’esterno in modo che si raccolgano, con l’acqua di lavaggio, in una bacinella rettangolare fissata preventivamente al favo. In questo modo l’apicoltore ha la possibilità di vedere, scegliere e raccogliere con il coglilarve le larve più giovani che hanno le medesime dimensioni e quindi la stessa età (Foto 2-3). Ci sono delle avvertenze da rispettare per ottenere buoni risultati. • È meglio utilizzare acqua fisiologica perché spesso all’acqua potabile viene aggiunto il cloro. • L’acqua deve avere una temperatura di circa 30-35° C per evitare alle larve uno shock termico. • Il getto di acqua non deve avere una pressione eccessiva per non danneggiare le giovani larve che si sono appena schiuse. • Intanto che si spruzza l’acqua è opportuno mantenere leggermente inclinato il favo verso l’operatore per favorire il deflusso dell’acqua nella bacinella. • Il traslarvo deve essere effettuato subito dopo aver raccolto le larve.
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rentemente i vari tipi di gabvecchie non adatte per essere COME OTTENERE allevate come celle reali. Per il bie disponibili in commercio: OTTIME CELLE REALI traslarvo vengono utilizzate le Mozzato, Scalvini, Lega, cinese La qualità delle celle reali prodotstecche porta cupolini inserite (Foto 4a-4b-4c). te con il traslarvo tende a regredire nell’alveare il giorno prima. In con l’avanzare della stagione nono- • Dopo una settimana dall’alveare questo modo le api produttrici si estrae il telaino con la gabstante l’apicoltore somministri alle di pappa reale possono dedicabietta contenente la regina e lo famiglie un’alimentazione zucchere le loro energie per accudire si trasferisce, con un po’ di api, rina. Per ovviare a questo problema e nutrire le giovani larve conin un’arnia di polistirolo o in è stata ideata e messa a punto una tenute nei cupolini dell’alveare un’arnia pigliasciami. Al suo tecnica che permette di produrre orfano (Foto 6). posto si inserisce nell’alveare un celle reali di ottima qualità. telaino con le stecche porta cu- Ingabbiare per una settimana la re• Si deve ingabbiare la regina polini perché le api lo puliscano gina prima di asportarla permette dell’alveare che verrà utilized assuma l’odore della famiglia di ottenere una serie di vantaggi: zato per produrre celle reali. • tutte le uova schiudono entro 3 (Foto 5). È la stessa tecnica adottata da giorni e si trasformano in larve molti apicoltori che, per poter • Il giorno successivo all’asportazione della regina ingabbiata si ef- • le larve vengono nutrite per 3 effettuare i trattamenti contro fettua il traslarvo. Le api pergiorni con pappa reale e succesla varroa, ingabbiano le regine sivamente con miele e polline cepiscono di essere orfane ma per ottenere l’assenza di covata. hanno a disposizione solo larve • al settimo giorno dall’ingabbiaSi possono utilizzare indiffe-
Foto 6 34 | Apitalia | 9/2018
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Foto 8 mento della regina le api nutrici smettono di produrre pappa reale perché in tutto l’alveare non ci sono più larve giovani da nutrire. • Quando le api si accorgono di essere diventate orfane hanno a disposizione solo larve che hanno almeno 4 giorni di vita che hanno già iniziato un’alimentazione a base di miele e polline: queste non sono più idonee ad essere allevate come regine. • A questo punto alle api nutrici vengono messe a disposizione, tramite il traslarvo, una serie di cupolini contenenti larve molto giovani: una situazione che stimola le nutrici a produrre e a deporre molta pappa reale nei cupolini. Questa abbondante nutrizione è quella che favorisce la produzione di celle reali di ottima qualità (Foto 7-8). • Se l’apicoltore non dispone di
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una incubatrice può lasciare le celle reali nell’alveare orfanizzato ma si deve preoccupare di inserirle in nuclei orfani prima che sfarfalli anche una sola regine (Foto 9). Aspetto ovvio ma che si preferisce ricordare: anche in stagione avanzata questa tecnica permette di ottenere ottimi risultati ma non va utilizzata se non ci sono fuchi o se questi sono disponibili in numero molto contenuto. È inutile far nascere bellissime regine se poi queste, durante il volo di fecondazione, non trovano un numero sufficiente di fuchi con cui accoppiarsi. Con questa tecnica di traslarvo l’apicoltore è in grado di produrre il quantitativo di celle reali necessario a soddisfare le esigenze aziendali. Personalmente consiglio di effettuare un solo ciclo di
traslarvo. Se l’apicoltore desidera effettuare più cicli dovrà inserire nell’alveare orfano dei favi con covata fresca con il rischio che le api nutrici inizino a costruire celle reali anche su questi favi. Dopo aver allevato ed utilizzato le celle reali è possibile reintrodurre nell’alveare orfanizzato la vecchia regina che era stata posta temporaneamente in isolamento: lo si dovrà fare utilizzando la classica gabbietta che ha il foro di uscita chiuso con del candito per dare il tempo alle api di riconoscerne l’odore (Foto 10). La covata opercolata è quasi tutta sfarfallata. Al 24° giorno l’apicoltore ha la possibilità di effettuare un trattamento contro la varroa in assenza di covata opercolata. Giulio Loglio Servizio Veterinario ATS Bergamo
Foto 10 9/2018 | Apitalia | 35
REGINE MIGLIORI
IMPARARE IL TRASLARVO
PRODURRE IN AZIENDA CELLE REALI DA REGINE PORTATRICI DI CARATTERI POSITIVI È POSSIBILE di G.L.
N
umerosi sono i problemi dell’apicoltura. Uno di questi è quello dell’ibridazione, pratica attuata, ma il più delle volte subita, dagli operatori del comparto e favorita dall’assenza di norme specifiche che si dovrebbero preoccupare di tutelare il patrimonio genetico dell’ape italiana: l’Apis mellifica ligustica. La pratica dell’ibridazione spesso è finalizzata alla massima produttività: animali e vegetali che per migliaia di anni hanno fatto parte integrante della zootecnia e dell’agricoltura di un territorio vengono progressivamente soppiantati dagli ibridi. Viviamo nell’era della totale anarchia nella quale alcuni problemi sanitari, che sempre più frequentemente si manifestano nei nostri alveari, altro non sono che il frutto di questo dissennato comportamento. Le iniziative locali a salvaguardia della “Ligustica” sono destinate a fallire miseramente per la mancata emanazione di leggi nazionali. Fortunatamente in apicoltura c’è ancora la possibilità di porre rimedio a questo scellerato comportamento: basta volerlo. È per questo che è stato ideato e studiato il progetto Apenova che è in grado,
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senza scombussolare il lavoro degli apicoltori, di favorire un graduale processo di risanamento e riqualificazione genetica delle nostre api. Apenova è una procedura ben codificata ed articolata che permette agli apicoltori, sia amatoriali che professionisti, di: • attuare un’efficace lotta contro la varroa; • aumentare il numero degli alveari garantendo a tutti gli apicoltori un’adeguata rimonta interna che evita di dover acquistare nuclei; • migliorare la qualità genetica delle
SELEZIONARE API CHE MEGLIO SI ADATTANO A UN DETERMINATO TERRITORIO
Foto 1 - Diversi modelli di picking utilizzati durante la prova pratica.
Foto 2 - Una buona illuminazione ed una lente di ingrandimento aiutano ad individuare le larve mi- gliori da utilizzare per il traslarvo.
Foto 3 - I partecipanti al corso osservano con lo stereo microscopio le dimensioni delle larve che hanno “pescato” con il picking.
api allevate facendo utilizzare, in tutti gli apiari, una ben determinata razza di api per eliminare progressivamente le api ibride; • contenere i costi prevedendo l’inserimento negli alveari orfani di celle reali ottenute da larve deposte da regine portatrici di caratteri positivi; • evitare o ridurre l’impiego di acaricidi di sintesi che, accumulandosi nella cera o nel miele, favoriscono la farmacoresistenza e la nascita di api debilitate predisposte a contrarre patologie; • selezionare le api, di una ben determinata razza, che meglio si adattano a un determinato territorio; • permettere all’apicoltore di poter lavorare con tranquillità durante
l’anno e di adottare la procedura Apenova solo al termine della stagione produttiva o nei periodi a lui più consoni. L’avvio del progetto Apenova permetterà agli apicoltori di acquistare, da aziende apistiche specializzate, celle reali ottenute, con la tecnica del traslarvo, da larve schiuse da uova deposte dalle migliori regine “madri” di razza ligustica di un determinato territorio. Tutte le regine madri dovranno essere portatrici dei caratteri positivi DO.PA.MI.NOS: 1. docilità, 2. assenza di patologie, 3. ottima produzione di miele, 4. ridotta tendenza alla sciamatura. Il progetto Apenova prevede il coinvolgimento degli istituti di
ricerca (CRA-API e Università). Questi ultimi saranno incaricati di selezionare per il traslarvo le migliori regine “autoctone” di razza ligustica che dimostrano di essere in grado di esprimere al meglio le loro caratteristiche genetiche. È risaputo che la riqualificazione dell’apicoltura potrà essere raggiunta esclusivamente attraverso quel miglioramento genetico che il singolo apicoltore, da solo, non potrà mai ottenere. In attesa che il progetto Apenova venga approvato e finanziato, si è deciso di insegnare ad alcuni apicoltori “motivati ed interessati” la tecnica del traslarvo. “Se un apicoltore deve acquistare da un’altra azienda apistica celle reali “a scatola chiusa” tanto vale che impari a produrle da solo utilizzando come donatrici le migliori regine del suo apiario”. Per cercare di raggiungere questo obiettivo nel 2015 si è tenuto un primo corso formativo presso l’azienda Vismara di Cenate Sotto (BG). Visto il notevole interesse suscitato fra gli apicoltori locali il corso è stato ripetuto nel 2016 presso l’azienda Martellini di Scanzorosciate (BG). La Federazione Apicoltori Italiani, sezione Lodi-Milano, si è sempre preoccupata della crescita culturale dei suoi associati. Per questo motivo, ritenendo che il “traslarvo” fosse una pratica meritevole di diffusione ed approfondimento, ha deciso di organizzare un corso per un gruppo di apicoltori interessati all’argomento. Il 30 giugno 2018 si è tenuta una prima lezione propedeutica presso la sede dell’Associazione durante la 9/2018 | Apitalia | 37
REGINE MIGLIORI quale sono state illustrate le tecniche da adottare per produrre celle reali con la tecnica del traslarvo. È stato spiegato che le celle reali da utilizzare per il fabbisogno aziendale si possono produrre sia in alveari appositamente orfanizzati che nel doppio melario impiegando come donatrici esclusivamente le migliori regine del proprio apiario. Se si utilizza il doppio melario è necessario confinare la regina nel nido utilizzando un escludi regina. Durante l’incontro sono stati spiegati e discussi i seguenti punti: • Quale attrezzatura serve per produrre celle reali con la pratica del traslarvo. • Perché è importante inserire preventivamente nell’alveare orfano
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la stecca con i cupolini da innestare. • Che differenze ci sono fra i cupolini di plastica e di cera • L’uso della pappa reale durante il traslarvo. • A cosa serve l’incubatrice. • Qual è la stagione migliore per produrre celle reali. • Quali sono le larve migliori da utilizzare per il traslarvo. Circa questo punto è stato spiegato che le larve migliori sono quelle schiuse da 12- 24 ore anche se l’accettazione migliore si ottiene utilizzando larve di 48 ore. Si è ricordato che la produzione di celle reali, oltre alla sensazione di orfanità, viene stimolata da una costante nutrizione glucidica e proteica.
Durante la parte pratica gli apicoltori hanno provato ad utilizzare diversi tipi di picking valutando con lo stereo microscopio le dimensioni delle larve raccolte sul fondo delle celle. Non basta una lezione teorica per imparare a svolgere correttamente il traslarvo. Ogni apicoltore che ha partecipato al corso ha la fortuna di poter migliorare la manualità nell’uso del picking utilizzando i favi con covata fresca del proprio apiario. Enorme è la soddisfazione dopo aver visto le prime regine “prodotte in casa” ma soprattutto dopo aver costatato i risultati ottenuti dopo averle utilizzate per creare nuove famiglie. G.L.
BIOLOGICO
NUOVO REGOLAMENTO
DIVENTANO EUROPEI I PRINCÌPI DELLA LEGGE ITALIANA CHE DISCIPLINA L’APICOLTURA di A.L.
Il
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zione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici che abroga il regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, è stata accolta con particolare curiosità ed attenzione dagli apicoltori. Diverse le novità introdotte, anche significative, qualcuna di particolare interesse proprio per gli apicoltori che generalmente hanno dimensioni aziendali ridotte; il legislatore europeo non ha omesso di affrontare in maniera strutturale la questione della cera biologica. Ma andiamo con ordine.
IL LEGISLATORE UE RICONOSCE CHE L’APICOLTURA È ALLEVAMENTO SENZA TERRA
Foto Angelo Lombardi
settore biologico, nel quale l’Italia esprime una leadership europea potendo contare su di un esercito di oltre 60.000 aziende certificate, continua a crescere in cifra doppia rispetto ad un settore alimentare che registra una crescita complessiva di solo il 2,8%. In chiara crescita anche la marginalizzazione dei prodotti biologici sul mercato. Non è estraneo a questo trend il comparto del miele. L’apicoltura biologica, dunque, si conferma come una importante opportunità utile a differenziare il prodotto, a marginalizzare l’attività ed a facilitare la collocazione sul mercato dei prodotti apistici. Infatti possiamo affermare che il miele biologico si vende più facilmente e ad un prezzo più remunerativo del prodotto convenzionale soprattutto perché in un mercato globale, dove la concorrenza è sempre più spinta, la possibilità di certificare con trasparenza e terzietà caratteristiche distintive del prodotto è apprezzato dagli operatori e dai consumatori finali. Per questo motivo, la recente pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del nuovo regolamento relativo alla produ-
Innanzitutto va precisato che, a scanso di equivoci, all’articolo 2 - ambito di applicazione, primo comma, viene esplicitato che la nuova regolamentazione si applica all’apicoltura e che tra i prodotti ricompresi nel campo di applicazione ricade anche la cera d’api (allegato I - altri prodotti di cui all’articolo 2, paragrafo 1). La prima novità, apparentemente poco significativa, ma che invece può aiutare ad evitare lunghe diatribe con gli ispettori soprattutto nel corso del primo accesso post prima notifica, è quello contenuto nel Capo III - Norme di produzione / Articolo 9 - Norme generali di produzione / punto 7 che così recita
“un’azienda può essere suddivisa in unità di produzione chiaramente ed effettivamente distinte per la produzione biologica, in conversione e non biologica….”. Dunque è possibile condurre una stessa azienda in forma mista, una parte in biologico ed una in convenzionale. Sembrerebbe così risolta, ad esempio, l’annosa questione dei terreni presenti nel fascicolo aziendale degli apicoltori - a vario titolo, che venivano “obtorto collo” assoggettati al controllo bio - con conseguenti oneri burocratici e finanziari, in virtù dell’asserito impedimento di avere una conduzione mista tra convenzionale/vegetale e biologi-
co/apistico. Ovviamente nel caso ci si avvalga della possibilità che non tutte le unità di produzione dell’azienda siano assoggettato al controllo BIO, sarà diligenza, oltre che obbligo, degli operatori di tenere adeguate registrazioni per mostrare l’effettiva separazione delle unità di produzione e dei prodotti. Molto interessante, soprattutto in un’ottica di cooperazione apistica, è la possibilità di costituire gruppi di operatori ai quali gli organismi di controllo possono rilasciare il certificato “collettivo”, in luogo dei vari certificati singoli (articolo 35). Appare subito evidente la convenienza per le piccole realtà che, in
UN REGOLAMENTO CHE ANNACQUA LA QUALITÀ DELLA PRODUZIONE AGRICOLA BIOLOGICA, ITALIANA ED EUROPEA Il nuovo Regolamento europeo sull’agricoltura biologica presenta poche luci e molte ombre. Se da un lato si potranno avere delle certificazioni semplificate, con l’introduzione della certificazione per gruppi di operatori, e i prodotti importati dovranno essere totalmente conformi alle regole di produzione ed alla qualità della Unione Europea, dall’altro si autorizza l’immissione in commercio di un prodotto (certificato biologico) contaminato accidentalmente da sostanze non ammesse nella produzione biologica (tra cui fitofarmaci, fertilizzanti e diserbanti). Questo a patto che l’operatore dimostri all’organismo di certificazione di avere applicato tutte le misure precauzionali e preventive necessarie affinché tale prodotto non contaminasse la sua produzione o il suo terreno. Una regola che metterà di fatto i produttori agricoli nella condizione di dover applicare i disciplinari privati della distribuzione e della trasformazione oltre che le disposizioni del Regolamento. Inoltre, sulla spinta dei Paesi del Nord Europa, si permette di far coltivare i prodotti bio anche senza seminarli su terra, perdendo così la naturale difesa della biodiversità, uno dei cardini dell’agricoltura biologica. Un solo fatto positivo è rimasto in questo Regolamento. La possibilità di conoscere l’origine delle materie prime e del prodotto in etichetta che, se opportunamente applicato, potrebbe ben distinguere la produzione nazionale la quale, in deroga al Regolamento, potrà ancora usare i criteri di alta qualità finora adottati, che la rendono la migliore agricoltura biologica del mondo. Per questo siamo d’accordo con chi chiede al Governo – la FAI-Federazione Apicoltori Italiani lo ha già fatto - di intensificare il sistema dei controlli che, pur essendo efficiente e sicuro, dovrà adeguarsi ai nuovi volumi di produzione. E di attivarsi per costruire un marchio nazionale dell’agricoltura biologica - che esiste già in altri Paesi europei - sfruttando la possibilità che il Regolamento dà di conoscere l’origine delle materie prime del prodotto in etichetta. Un modo concreto per sostenere la filiera nazionale da sempre impegnata a mantenere la produzione a livelli di alta qualità, aiutando i consumatori a fare scelte consapevoli e non ingannevoli.
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BIOLOGICO caso di adesione a gruppi collettivi, verrebbero alleggeriti di non pochi oneri finanziari ed amministrativi che verrebbero ripartiti tra tutti i partecipanti al gruppo. Resta inteso che tale facoltà è concessa soltanto a operatori che hanno dimensioni aziendali contenute (incidenza del costo di certificazione superiore al 2% del fatturato che comunque non deve superare i 25.000,00 euro - o il cui valore standard di produzione biologica non è superiore a 15.000,00 euro l’anno), che svolgono tutti l’attività in prossimità geografica le une alle altre e che istituiscono un sistema di commercializzazione comune ed un piano di controlli interni. I Gruppi sono una ottima opportunità; l’importante sarà gestirla correttamente per evitare la formazione di zone grigie difficilmente controllabili, facendo sfumare i vantaggi in una nube di situazioni poco chiare. Proseguendo l’esame del provvedimento comunitario si arriva all’articolo 38 - Norme aggiuntive sui controlli ufficiali e sugli interventi delle autorità competenti, che introduce un’ulteriore elemento di novità. Qualora l’operatore controllato per tre anni non commette non conformità può essere sottoposto alle verifiche di conformità (ispezioni) ogni due anni anziché una volta l’anno. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un potenziale alleggerimento degli oneri burocratici a carico degli operatori controllati. Peccato però che in Italia i controlli obbligatori rimarranno annuali (D.L. n.20 febbraio 2018) a dispetto 42 | Apitalia | 9/2018
dell’armonizzazione delle norme europee. Marita una riflessione specifica anche il contenuto dell’allegato II - Norme dettagliate di produzione di cui al capo III - Parte II: Norme di produzione animale. Il punto 1.1 dei requisiti di carattere generale consente esclusivamente agli apicoltori (oltre alla deroga decennale, meno giustificata, per la verità, prevista per i danesi, svedesi e finlandesi) la facoltà di non gestire terreni agricoli e di non avere l’obbligo di stipulare accordi scritti di cooperazione con un agricoltore per quanto riguarda l’uso di unità di produzione biologiche o di unità in conversione per tali animali. Sostanzialmente anche il legislatore biologico riconosce che l’apicoltore è allevamento senza terra. Questa precisazione dovrebbe risolvere una volta per tutte la diatriba con i responsabili dei CAA e con gli ispettori degli Enti di certificazione che frequentemente pretendevano l’inserimento in fascicolo di terreni con titolo formale di pos-
sesso, per giustificare l’insediamento degli alveari. Per le api resta confermato che il periodo di conversione è di 12 mesi. Anche nel merito del periodo di conversione, il legislatore ha dedicato all’apicoltura punti specifici dirimendo situazioni che spesso, nel passato, hanno creato difficoltà di interpretazione. In particolare al punto 1.2.2 - f) si chiarisce che quando la cera biologica non è disponibile in commercio è possibile utilizzare cera non biologica se proveniente da opercoli ed è accompagnata da certificazioni analitiche rilasciate da Enti accreditati che attestano l’assenza di residui di sostanze non autorizzate per l’uso nella produzione biologica. Per quanto riguarda il rapporto tra l’apicoltura biologica e l’ape italiana (ligustica in particolare), il nuovo Regolamento lascia ampi spazi di interpretazione, limitandosi sostanzialmente ad una linea di indirizzo molto generica. Vanno privilegiate le razze o le linee
genetiche con un grado elevato di diversità genetica e tengono conto della capacità degli animali di adattarsi alle condizioni locali. Come a dire che in apicoltura biologica c’è libero arbitrio nella scelta della sottospecie da allevare (su tale argomento sarebbe stato auspicabile un sforzo più intenso da parte del legislatore dando maggiore enfasi, ad esempio, alle sottospecie autoctone o, quanto meno, ben adattate al territorio. Parlare di semplice preferenza di Apis mellifera e delle sue subspecie locali non è sufficiente a dare un indirizzo preciso, ndr). Particolare è il contenuto del punto 1.3.4.2. Annualmente il 20% delle api regine e degli sciami può essere sostituita da api regine e sciami non biologici, a condizione che le api regine e gli sciami siano collocati in alveari con favi o fogli cerei provenienti da unità di produzione biologica (ndr in tal senso, forse, sarebbe stato pià consono parlare di api regine e pacchi d’ape). Il passaggio strano è quello immediatamente successivo che consente la sostituzione annuale
di uno sciame, dico uno, e di una ape regina, dico una, con uno sciame, dico uno, ed una ape regina, dico una, non biologici. Trova conferma nel nuovo disposto normativo l’indicazione che il posizionamento degli apiari è consentito in zone di raccolto per le api costituite essenzialmente da coltivazioni ottenute con il metodo di produzione biologico o da flora spontanea o da colture trattate solo con metodi a basso impatto ambientale. Come già avvenuto con la vecchia formulazione, purtroppo, anche nella nuova versione si aprono scenari interpretativi che renderanno difficoltoso, o quanto meno non omogeneo sull’intero territorio nazionale, il giudizio di conformità delle postazioni apistiche. Un’ultima considerazione di carattere generale. Il Regolamento prevede il concetto di conformità, superando quello attuale di equivalenza, per quanto riguarda l’importazione da paesi terzi. Ciò significa che chi vuole commercializzare prodotti biologici in Europa deve conformarsi ai no-
stri standard produttivi. Peccato, però, che come al solito sono state previste le deroghe che sostanzialmente renderanno pienamente applicativo questo concetto solo a partire dal 2025. Possiamo concludere affermando che il nuovo Regolamento relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, per quanto attiene all’apicoltura, pur senza interventi stravolgenti ha introdotto elementi di chiarimento che indubbiamente renderanno meno onerosa la gestione amministrativa della produzione biologica, favorendo le relative attività di promozione e sviluppo. Ci sono infatti tutti i presupposti affinchè il comparto apistico nazionale punti sul biologico come elemento concreto di promozione e valorizzazione delle straordinarie produzioni nazionali al fine di migliorare la competitività degli apicoltori italiani. Miglioramento della competitività di cui il settore ha davvero tanto bisogno. Buona apicoltura a tutti. A.L.
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IMPOLLINAZIONE
API-DRONE? ADDIO MIELE!
I POTENZIALI INSETTI BOTTINATORI SONO ALMENO 1.500 MILIARDI. RIUSCIRANNO I DRONI A SOSTITUIRLI? di Nicola Palmieri
N
el mese di marzo del 2018 un colosso americano, la Walmart, ha depositato, in collaborazione con CB Insights, sei brevetti riguardanti api-drone per impollinare autonomamente le culture agrarie. Parliamo di un colosso con circa 500 miliardi di dollari di fatturato al pari di Stati come la Norvegia, il Belgio o l’Argentina. Approfondendo l’argomento e facendo una ricerca con le parole chiave “Walmart patent bees robot” si trovano numerose decine di articoli, pubblicati sul web, che riportano la notizia delle “api-drone”. Leggendo il contenuto di questi
articoli si intuisce che la Walmart non commenta direttamente questo investimento, costituito da sei brevetti ultra tecnologici e molto onerosi, mentre una serie di testate giornalistiche si dilettano ad ipotizzare scenari fantascientifici, bizzarri, improbabili, ma anche possibili e sensati. Purtroppo tutto nasce da un’ipotesi a dir poco apocalittica ma assai fondata, della definitiva scomparsa delle api da questo pianeta. Una storia, quella delle api, che non sappiamo con certezza quando ebbe inizio. Tuttavia il più antico reperto (rinvenuto nell’ambra) risale ad almeno 50 milioni di anni
LA SOSTITUZIONE DEI DRONI AGLI IMPOLLINATORI DENOTA UNA VISIONE MIOPE E SUPERFICIALE
Foto www.radiosapienza.net Plan Bee, un simpatico tentativo di ape-drone progettato negli Stati Uniti da Anna Haldewang, studentessa di design industriale.
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fa, data che ha radici profonde nella notte dei tempi. E di questo per ora dobbiamo accontentarci, anche se non è poca cosa rispetto ai due milioni di anni ipotizzati dagli scienziati fino a poco tempo addietro. In questi 50 milioni di anni è stata scritta una storia senza precedenti: quella tra le piante a fiore (Angiosperme) e gli insetti impollinatori, in particolare gli Apoidei, rappresentati oggi da circa 20.000 specie di api selvatiche. Una storia che per raccontarla bene ci vorrebbero “alcuni anni” e che ha inizio durante un periodo segnato da una esplosione di biodiversità. Spazi e opportunità senza precedenti si crearono a seguito delle fiamme ed il fuoco e le cene-
ri lasciate dal meteorite/meteoriti che diedero il ko definitivo al dominio durato oltre 120 milioni di anni, dei dinosauri. Una storia fatta di tante piccole storie, alla base di una continua coevoluzione tra piante ed insetti che hanno portato alla diversità di specie vegetali e animali e che oggi solo in piccola parte popolano la terra. Pochi successi e tanti insuccessi decisi da eventi o insieme di coincidenze, contingenze, situazioni e casualità che hanno di fatto selezionato i futuri discendenti, tra cui le api. Tutto questo si è compiuto in un tempo lunghissimo, nel quale il motore dell’evoluzione e le regole naturali della selezione hanno avuto il tempo geologico di “per-
fezionare” questo connubio tra api e piante. Tutto questo tempo, un lavoro continuo durato milioni di anni, per costruire questo universo di bellezza e utilità sembrano svanire difronte al messaggio che gli stessi brevetti e i relativi investimenti sottintendono: il rischio quanto mai concreto della possibile scomparsa delle api mellifere dalla Terra. Questo pensiero riecheggia nella mia mente e nel web, come un monito che assume una eco mondiale, al pari della frase attribuita, erroneamente, ad Albert Einstein: «se le api scomparissero dalla faccia della terra all’uomo non resterebbero che 4 anni di vita!». In questi brevetti si parla, infatti,
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IMPOLLINAZIONE unicamente di impollinazione di colture come se, una volta scomparse le api, potessimo fare a meno dell’impollinazione del resto delle piante spontanee o selvatiche: in un mondo basato sul denaro sono cose belle ma superflue! Ma quali potrebbero essere gli scenari di questo nuovo pianeta Terra senza le api? Un paesaggio costituito da metropoli, campi coltivati e milioni di droni per impollinarli. Forse ci sfugge che l’uomo ha tre cose a cui non può rinunciare, pena la sua stessa esistenza: ossigeno per respirare (pochi minuti), acqua per bere (pochi giorni) ed cibo per mangiare (decine di giorni). Tuttavia se non si respira non si ha tecnicamente il tempo di bere e di
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mangiare. E quindi, di tutte quelle piante che ci regalano gratuitamente l’ossigeno e la possibilità di vivere, chi se ne occuperà? La Walmart sembra proprio di no! Per quanto riguarda i brevetti di droni che verrebbero utilizzati per monitorare le culture ed individuare eventuali focolai di parassiti o batteriosi e quelli utilizzati nei trattamenti sanitari localizzati e certosini, sembra cosa ragionevole e condivisibile ma è realizzabile su scala mondiale? Ma facciamo un ragionamento più completo e cerchiamo di capire l’ordine di grandezza di questo scenario. Per ottenere il numero di api da miele presenti nel mondo, che
gratuitamente ogni giorno impollinano il 75 % delle piante a fiore, è necessario iniziare da un calcolo molto semplice partendo da una stima approssimativa degli alveari presenti nel mondo che sono circa 150.000.000 (Palmieri et al. 2017). Con questo dato potremmo ottenere il numero di potenziali bottinatrici (10.000 per alveare) presenti nel mondo ovvero circa 1.500 miliardi, che dovrebbero essere sostituite da questi droni. Questi sono i dati ufficiali ma tutte le api non denunciate, quante sono realmente nel mondo? E tra gli Apoidei selvatici, quanti individui popolano il nostro mondo e quante specie ne sono rimaste? La soluzione dei droni come im-
pollinatori per sostituire tutte le api denota una visione miope e superficiale, ma manifesta anche rilevanti carenze ecologiche. Partendo dalla consapevolezza che il numero di api in genere sia molto più elevato di quanto ipotizzato poche righe sopra, il progetto droni risulterebbe una vera e propria utopia, realizzabile solo nei grandi schermi cinematografici. Solo per fare un esempio gli uccelletti, le lucertole, i calabroni, gli orsi, i serpentelli, la vespa velutina… si ciberanno di questi droni per sopravvivere? Chi darà da mangiare a questi animaletti? Ma la Walmart sa di cosa stiamo parlando? Di come sono fatti i fiori? Pensiamo solo alla morfologia delle Leguminosae, le piante più importanti al modo per la produzione di foraggio e legumi. Il fiore è pressoché chiuso, pendulo,
molto variabile nelle dimensioni a volte estremamente piccolo, a dire poco impervio! Il drone sarebbe capace di aprirlo per poterlo impollinare senza tritare con le sue eliche il fiore stesso? Sarebbe interessante sapere chi pagherà le milioni di persone che dovranno gestire questi migliaia di miliardi di api-drone che andranno ricaricati e guidati fino ai campi coltivati per decine di volte al giorno. Chi pagherà il costo di migliaia di miliardi di droni? Ed il nostro amato miele, forse la più antica “elaborazione alimentare” del mondo, l’unicità dei mieli uniflorali, l’universo di odori, sapori e aromi da essi sprigionati, la grande diversità dei mieli nel mondo, dovremo veramente rinunciare per sempre a questa ricchezza? Al contrario sarà necessario uno
sforzo planetario di tutti gli Stati, gli Enti di Ricerca, le Università di tutto il mondo per risolvere il flagello delle api, la Varroa destructor. Già questo significherebbe mettere in condizione le api di affrontare al meglio e al 100% delle loro forze le nuove problematiche scaturite dalla globalizzazione, dai mutamenti climatici ed dai fitofarmaci. Sopravvivere cercando di sconfiggere le tante difficoltà della vita in pessime condizioni di salute diventa difficile e drammatico per chiunque anche per noi uomini, figuriamoci per le api. Questa è una scommessa che abbiamo il dovere morale di vincere. Non possiamo cancellare 50 milioni di anni di storia, non possiamo fare a meno delle api se vogliamo continuare almeno a respirare. Nicola Palmieri 9/2018 | Apitalia | 47
SCIENZA
ANCHE GLI ALVEARI CONTANO LO “ZERO”
GLI ESSERI UMANI COMINCIANO A CAPIRE IL NULLA SOLO INTORNO AI QUATTRO ANNI DI ETÀ di Sandro Iannaccone
C
he cosa sono i numeri? Cosa significano? E, soprattutto, cosa è e cosa significa lo zero? È un concetto tutt’altro che banale, che la nostra specie, dall’alto dei suoi circa 86 miliardi di neuroni, ha impiegato migliaia di anni a padroneggiare e formalizzare. E che oggi, sorpresa delle sorprese, sappiamo essere compreso anche dalle api, il cui cervello, per confronto, contiene “appena” un milione di neuroni. A raccontarlo, sulle pagine di Science, è un’équipe internazionale di ricercatori, del Bio-Inspired Digital Sensing Lab alla University of Melbourne, in Australia, e di altri istituti di ricerca. Gli scienziati, in particolare, hanno condotto una serie di esperimenti e scoperto che le api, così come gli esseri umani e poche altre specie animali (tra cui delfini, pappagalli e primati), sono in grado di comprendere sia i concetti di numerosità (e i loro correlati di “maggiore” e “minore”) che quello, ben più astratto, di zero. Ovvero, in altre parole, che gli insetti sono in grado di collocare lo zero nel posto giusto all’interno di 48 | Apitalia | 9/2018
un’immaginaria scala dei numeri, comprendendo che si tratta di una quantità minore dell’uno e delle cifre successive. ZERO, CHI LO CAPISCE È BRAVO Lo zero, spiega Andreas Nieder in un pezzo di Perspective che accompagna il paper scientifico, è un concetto assolutamente cruciale nella matematica e nella cultura scientifica più in generale. Eppure, come si accennava, è piuttosto
LE API SANNO CHE COSA È PIÙ VICINO ALL’1 CHE NON AL 5
Foto Scarlett Howard/Jair Garcia/Adrian Dyer
complicato da afferrare: gli esseri umani cominciano a capire che anche il “nulla” può essere una quantità numerica, minore dell’uno, solo intorno ai quattro anni di età. Ragion per cui, fino a qualche tempo fa, si pensava che il concetto di zero fosse ben al di là della portata cognitiva degli animali non umani; tale idea, però, è stata smentita da diversi studi, condotti soprattutto su uccelli e primati, che hanno mostrato che tali animali non solo sono in grado di comprendere il concetto di numero, ma riescono a collocare
lo zero all’estremo inferiore di verso di forme nere, variabile tra una immaginaria linea numerica. due e cinque. Alle api sono stati poi insegnati i concetti di “magSONO FURBE QUESTE API giore” e “minore”, premiandole Lo studio appena pubblicato ag- ad esempio con il cibo quando giunge al novero delle specie in volavano verso il riquadro con un grado di “afferrare” lo zero an- maggiore numero di forme. che le api. Per comprenderlo, gli A questo punto, i ricercatori hanno scienziati, coordinati da Scarlett introdotto due nuovi riquadri, fino Howard, hanno dovuto mettere a quel momento sconosciuti per le a punto un esperimento piutto- api, che contenevano rispettivasto complesso: anzitutto, hanno mente una e nessuna forma nera, attratto gli insetti verso un muro corrispondenti cioè ai concetti di che conteneva diversi riquadri uno e zero. E in questo modo, osbianchi, ciascuno dei quali aveva, servando il comportamento degli sulla sua superficie, un numero di- insetti, si sono resi conto che que-
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SCIENZA sti erano in grado di capire che lo “zero” era il minore tra tutti i numeri. In particolare, le api si sono mostrate molto determinate nel comprenderlo quando si trovavano a confrontare il riquadro senza forme con un riquadro con quattro o cinque forme, ossia quando la differenza con lo zero era maggiore. Esattamente lo stesso che accade durante l’apprendimento del medesimo concetto negli esseri umani. PAROLA ALL’ESPERTO «Lo studio in questione è importante», spiega a Repubblica Giorgio Vallortigara, professore di neuroscienze al Center for Mind/ Brain Sciences dell’Università di Trento e autore di diversi studi
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sulla cognizione animale (è stato lui, tra le altre cose, a dimostrare che i pulcini sono capaci di “contare” fino a quattro e che i piccioni sanno riconoscere le parole), «perché mostra per la prima volta che anche le api, oltre ad alcuni vertebrati, sono in grado di comprendere il concetto di zero come numero approssimato. Cosa che, in linea di principio, non era facile dimostrare: in prima istanza si potrebbe pensare, infatti, che le api e gli altri animali distinguano semplicemente tra “riquadro vuoto” e “riquadro con forme”». In realtà, continua l’esperto, le cose non stanno così: «A farci capire che le api sono in grado di comprendere quantitativamente il concetto di zero o di insieme
vuoto è il cosiddetto effetto distanza: il tempo di reazione nel “riconoscere” lo zero è tanto minore quanto più grande è l’altro numero con cui lo si confronta». Il che vuol dire che effettivamente le api (così come gli esseri umani) sono in grado di capire che lo zero è “più vicino” all’uno che non al cinque. «Lo studio», conclude Vallortigara, «ci fa inoltre capire che basta un sistema nervoso molto semplice, composto da appena un milione di neuroni, per sostenere il concetto di numerosità e quello di zero». Sandro Iannaccone
CHEF AL MIELE
L’AMBASCIATRICE DELLE API
CRISTINA BOWERMAN, CHEF STELLATA, PRESENTA I SUOI PIATTI AL MIELE GOURMET di Luisa Mosello
C
reativa, entusiasta, colorata. Come il suo inconfondibile capello rosa. Cristina Bowerman, chef stellata e appassionata, per chi non lo sapesse è anche un’ “ambasciatrice delle api”. Delle quali è un’ accanita sostenitrice. «Perché - spiega - sono una specie animale a rischio a causa dell’impiego in agricoltura di pesticidi neonicotinoidi. Penso che non si parli abbastanza di questo argomento, mentre credo che sia giusto sensibilizzare le persone al riguardo e mi fa piacere dare il mio contributo». Da dove viene l’amore per il miele? «Sono originaria di Cerignola, una piccola cittadina della Puglia. Nonostante abbia girato il mondo, conservo ricordi straordinari dei periodi trascorsi in campagna, da bambina; ho ancora in mente i suoi colori, i suoi profumi e i suoi frutti… uno di questi è proprio il miele. La memoria rappresenta una componente importante della mia cucina».
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Come usa questo tesoro della natura nelle sue creazioni? «Amo utilizzarlo sia negli impasti, sia per accompagnare altri ingredienti protagonisti del piatto. Ad esempio, si sposa molto bene con alcuni tipi di carne, come l’anatra: così è nato Petto d’anatra, kumquat, senape, miele e puntarelle. Ma può anche dare un tocco di originalità a ricette in apparenza semplici, come l’uovo al tegamino. Io ne
IL TIPO CHE PREFERISCO? QUELLO AMARO DI CORBEZZOLO In occasione di Expo Milano 2015, Chef Bowerman è stata nominata Chef Ambassador e ha scelto di portare come suo ingrediente rappresentativo per l’intera durata della manifestazione il Miele Italiano
Foto F. Brambilla - S. Serrani
Foto Giovanna Di Lisciandro
preparo una particolare versione, in cui abbino l’uovo al guanciale croccante e, appunto, al miele. Il piatto che però lo celebra al meglio è la Trippa “Menudo Style” con idromele al limone. Una volta realizzato ricorda un alveare e l’ho significativamente ribattezzato “Nido dell’Ape” ».
Foto F. Brambilla - S. Serrani
Qualche consiglio gourmet? «È un ingrediente che può essere declinato in tantissimi modi e non necessariamente in preparazioni dolci, come si potrebbe pensare. Per esempio, una delle ricette che in passato ho portato a Identità Golose sono i Bottoncini di pecorino, miele e noci. Questo tipo di pasta viene poi cotto e mangiato in brodo: una goduria! Il mio miele preferito? Quello di corbezzolo, varietà piuttosto rara, dal gusto amaro. E poi il miele salato, che ho avuto modo di provare nel nord del Canada».
Di fiore in fiore, proprio come i suoi mille progetti... «I miei locali hanno anime diverse, ma una matrice comune. Il primo è stato Glass Hostaria (1 stella Michelin, ndr) a Trastevere. Poi Romeo Chef&Baker dove, insieme al ristorante e al cocktail bar, convivono la pizzeria Giulietta, la gelateria Frigo e l’area gastronomia. E poi c’è Cups, il nostro banco al Mercato Testaccio e le tre Api Romeo… il da fare non manca! ». Luisa Mosello
LA RICETTA DELLA CHEF CRISTINA BOWERMAN BOTTONCINI DI PECORINO, MIELE E NOCI Ingredienti per 4 persone · 150 gr di farina · per sfoglia fresca · 150 gr di Pecorino Romano · 150 gr di noci · 400 gr di brodo di gallina · 80 gr di tuorlo d’uovo · 50 gr di Parmigiano Reggiano 48 mesi · 30 gr di erbe aromatiche · 2 cucchiai abbondanti di miele di castagno · 25 gr di polline in polvere · 5 grani di pepe di Sechuan · Pepe nero di Sarawak Formare un impasto amalgamando farina, uova e polline e fare riposare per un’ora circa. Tostare le noci e metterle in infusione in 300 g di brodo di gallina insieme a erbe aromatiche (timo, rosmarino, melissa) e pepe di Sechuan. Sciogliere i formaggi con il brodo rimanente, a bagnomaria. Frullare il tutto, aggiungere il miele e passare al setaccio. Quando il composto diventa malleabile formare delle palline con le mani prendendone un po’ alla volta, e usarle come ripieno per i bottoncini. Portare il brodo a ebollizione e cuocervi i bottoncini per un paio di minuti. Servire con il brodo infuso e finire con una spolverizzata di pepe di Sarawak.
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GUSTO
GOCCE BALSAMICHE
MOSTO COTTO E MIELE DI ACACIA: MIX PER OGNI ABBINAMENTO GASTRONOMICO
Mi
Foto Edoardo Lodi
chiamo Edoardo Lodi e mi occupo della produzione di miele, nell’azienda di famiglia Gocce Balsamiche. Il nostro approccio all’apicoltura nasce circa 40 anni fa, quando mio padre, durante il Servizio Militare si appassionò di api leggendo un libro. Iniziò ad allevare api con una ventina di arnie, passione che si è tramutata in lavoro nel corso degli anni. Dopo essermi diplomato geometra e aver fatto qualche anno di lavoro nei cantieri, nel 2008 iniziai ad avvicinarmi a questo fantastico
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mondo che, però, richiede molti sacrifici: alzarsi all’alba, lavorare tutti i giorni in estate, essere molto precisi, arrivare anche solo con un giorno di ritardo può fare la differenza. Nonostante ciò il mestiere dell’apicoltore iniziò a piacermi; imparavo ogni giorno cose nuove e, soprattutto, ero sempre a contatto con la natura. Ora sto trasferendo le conoscenze acquisite a mia sorella Brigitta, che si sta specializzando nella produzione di api regine, pratica che puó portarci ad una certa autonomia. L’azienda comincia a crescere:
IL “BALSAMIELE” STORIA DI UN PRODOTTO ORIGINALE, GUSTOSO E NATURALE
oggi abbiamo circa 1000 arnie tra sciami e nuclei, sparse tra le colline bolognesi e modenesi, fino ad arrivare alle foci del Po. Negli ultimi anni, come è accaduto a molti, le produzioni non sono state delle migliori; così abbiamo deciso di investire creando nuove famiglie sperando in un anno migliore! Nel 2008 la varroa e i neonicotinoidi ci hanno decimato l’80% delle arnie, e questo ci ha portato a pensare di diversificare la produzione principale, quelle di miele. Girando le colline modenesi con gli alveari, ci ha incuriosito il grande fascino e l’interesse che c’è, in questa zona, per l’aceto balsamico. Così ci siamo iscritti alla Consorteria di Spilamberto per un corso. Nasce così il nostro Balsamiele, un condimento a base di mosto cotto e miele di acacia. Seguiamo personalmente la bollitura del mosto che viene poi travasato in botti di legno ad affinare; in seguito viene aggiunta una
percentuale di miele di acacia che permette, indistintamente, di abbinare perfettamente il prodotto sia con il dolce che con il salato. Nel carnet dei nostri prodotti il Balsaglio - prodotto anch’esso con il mosto d’uva cotto - dove viene lasciato a macerare l’aglio DOP di Voghiera, un sapore innovativo che abbinato a fritti e carne stupisce. Il Balsamiele viene selezionato per partecipare al concorso Oscar Green che premia le giovani aziende agricole innovative. Quest’anno abbiamo anche introdotto un nuovo prodotto: Vitaloe, miscelando il nostro miele e Aloe arborescens, un ottimo integratore naturale. In questi ultimi anni ho notato che giornali e TV sono soliti parlare di api e apicoltura fatto, questo, molto importante. Mi auguro che la grande platea dei consumatori riesca a comprendere l’importanza di comprare il miele italiano.
COS’È L’ACETO BALSAMICO L’aceto balsamico dal tipico colore marrone scuro e dal gusto agrodolce è sicuramente tra gli aceti più amati e popolari. Il procedimento di produzione dell’ “aceto balsamico di Modena IGP” riconoscibile dall’etichetta “I.G.P.” (indicazione geografica protetta) parte dalla materia prima per questo aceto è il mosto d’uva di determinati vitigni. Il mosto può essere parzialmente fermentato e/o concentrato oppure essere bollito. Al mosto viene poi aggiunto il 10% di aceto di vino e una piccola quantità di aceto balsamico, invecchiato per almeno 10 anni. Possono essere aggiunti caramello o caramelli coloranti (coloranti E 150 a - d) per stabilizzare il colore dell’aceto. La produzione e l’invecchiamento (almeno 60 giorni in botti di legno) devono essere effettuate esclusivamente nelle province di Modena e Reggio Emilia. “L’aceto balsamico tradizionale di Modena DOP”, riconoscibile dall’etichetta rossa e gialla D.O.P. (denominazione di origine protetta), viene invece prodotto da uve sciroppate senza additivi e matura per almeno 12 anni in botti di legno. Le uve per l’aceto DOP devono provenire dalla provincia di Modena ed anche la produzione e la maturazione devono essere effettuate in tale territorio. A causa del lungo invecchiamento, il prodotto ottenuto è una vera rarità ed ha un prezzo molto alto. (Fonte www.consumer.bz.it)
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FLORA APISTICA. Scheda n. 5
I POLLINI DI EMERGENZA
FIORI UTILI PER LE API E PER GLI ALTRI APOIDEI NELL’ITALIA CENTRALE di Giancarlo Ricciardelli D’Albore
POLLINI DI FINE INVERNO - Cistus incanus L. (Cistaceae) (Cisto)
DESCRIZIONE GENERICA
TEMPO DI FIORITURA POLLINE
IMPORTANZA PER LE API
IMPORTANZA ALTRI PRONUBI
Specie arbustiva sempreverde, alta fino a 70 cm, distribuita, insieme a moltre altre specie del genere, nel Mediterraneo. Fiorisce in primavera, ma nelle zone costiere anche a fine inverno. Le pallottoline sono colore arancione o mattone. In alcune zone dell’Italia centrale rappresenta un polline di emergenza quando le colonie cominciano a svilupparsi. Il contenuto proteico non è alto (12 %). Anche altri apoidei di varie famiglie raccolgono polline. Non è ancora chiaro se i fiori sono anche nettariferi.
VALORE APISTICO
Da 1 a 4: 4.
VALORE PER ALTRI PRONUBI
Da 1 a 4: 3.
ALTRI USI
BIBLIOGRAFIA
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Le foglie hanno potere antiinfiammatorio e sono utili per la cura esterna di patologie della pelle. La pianta avrebbe anche proprietà stimolanti il potere immunitario dell’organismo umano. Dai cisti si estrae il ladano, usato in profumeria. Schoenfelder I. & P., 2012. Guida alle piante medicinali. Ed. Ricca, 214. Tosco U., 1989. Piante aromatiche e medicinali. Ed. Paoline, 209.
POLLINI DI FINE INVERNO - Cornus mas L. (Cornaceae) (Corniolo)
DESCRIZIONE GENERICA TEMPO DI FIORITURA POLLINE IMPORTANZA PER LE API IMPORTANZA ALTRI PRONUBI VALORE APISTICO VALORE PER ALTRI PRONUBI
ALTRI USI
BIBLIOGRAFIA
Alberetto deciduo alto fino a 5 m, distribuito nei boschi caducifogli. Fiorisce a febbraio. Più che il poco nettare, le api sono solite bottinare polline sui fiori di questa primizia. Raccolti buoni anche per un periodo lungo. Non sono stati notati altri apoidei sui fiori. Da 1 a 4: 3. Da 1 a 4: sconosciuto. La corteccia dei rami è astringente, tonica e febbrifuga. Anche i frutti, commestibili, sono tonici ed astringenti; specialmente non molto maturi (allappano). I frutti medesimi per ottime marmellate. Con i frutti per fermentazione si ottiene vino. Il legno, durissino, ottimo per lavori al tornio Tosco U., 1989. Piante aromatiche e medicinali. Ed. Paoline: 218-219.
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INSERZIONISTI CHEMICALS LAIF Prodotti per la cura e nutrizione delle api info@chemicalslaif.it
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CONCORSO GRANDI MIELI D’ITALIA Manifestazione apistica www.ambasciatorimieli.it
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I GIORNI DEL MIELE Manifestazione apistica www.comune.lazise.vr.it
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A.D.E.A. Alimenti per api commerciale@adea-srl.it
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Gianni Savorelli Prodotti per la cura delle api gsavore@tin.it
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