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Mancata iscrizione al VIES

esclusivamente la concessione del regime di “non imponibilità”. Ne consegue che se il cessionario non comunica al cedente il numero di iscrizione al Vies, la fattura non può essere emessa in regime di non imponibilità ma dovrà riportare l’addebito dell’Iva del paese di partenza dei beni.

L’Agenzia delle entrate con la risposta n. 230 del 1° marzo 2023 ad una domanda di interpello ha fornito dei chiarimenti sulla portata del requisito dell’iscrizione al VIES negli scambi comunitari. La soluzione prospettata è conforme alla normativa interna e comunitaria ma evidenzia dei rischi di doppia imposizione prospettando una soluzione poco condivisibile.

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Le cessioni comunitarie di beni per beneficiare del regime di non imponibilità ex art. 41 del D.L. 331/93 devono soddisfare le seguenti condizioni:

- lo scambio deve intervenire tra due soggetti economici passivi;

- ci deve essere il trasferimento fisico dei beni da uno stato membro ad un altro;

- la transazione deve essere a titolo oneroso.

A queste tre condizioni la Direttiva Ue n. 2018/1910, recepita nel nostro ordinamento nel comma 2 – ter dell’art. 41 del decreto citato, ne ha aggiunte ulteriori due che sono:

- l’obbligo del cessionario di identificarsi nel Vies e di comunicare l’iscrizione al cedente;

- l’obbligo di inserire le cessioni nei modelli Intrastat, a meno che l’inosservanza non sia giustificata secondo modalità ritenute adeguate dalle autorità competenti.

Queste ulteriori due condizioni sono state adottate per una più efficace lotta alle frodi Iva in ambito comunitario. In questo modo sono diventati cinque i requisiti sostanziali perché gli ultimi due in precedenza erano considerati formali. La nozione di cessione e di acquisto comunitario però non è però stata modificata, mantenendo il collegamento esclusivamente al rispetto delle prime tre condizioni.

In questo modo le cessioni che rispettano i primi tre requisiti non pregiudicano il principio di tassazione nel paese di destinazione ma condizionano

Si può anche dire che il numero di partita Iva dimostra la qualifica di soggetto passivo, mentre l’iscrizione al Vies attesta l’affidabilità del soggetto cui viene riconosciuto il regime di non imponibilità. In definitiva le cessioni effettuate nei confronti di soggetti passivi non iscritti al Vies, stabiliti in altri stati comunitari, rimangono qualificate come cessioni comunitarie ma non possono beneficiare del regime di non imponibilità. Queste cessioni inoltre non possono rientrare nella disciplina delle vendite a distanza perché i cessionari non sono soggetti privati.

Passando ad analizzare la questione dal lato del cedente, titolare di partita Iva ma non iscritto al Vies, la fattura che riceve con l’addebito dell’imposta non può essere recuperata, né tramite la detrazione né con una richiesta di rimborso alle autorità fiscali del paese del cedente. Si tratta in ogni caso di un acquisto comunitario tassabile conseguentemente nel paese di destinazione dei beni. In pratica lo Stato del cessionario o di arrivo dei beni, mantiene il diritto a riscuotere l’Iva. Ciò perché come già segnalato le norme non interferiscono con la definizione di cessione e acquisto comunitario né con il principio di tassazione a destino negli scambi B2B.

Il cessionario soggetto passivo Iva non iscritto al Vies è così tenuto ad assolvere l’Iva sull’acquisto comunitario, anche nel caso in cui il cedente, avendo riscontrato l’assenza dell’iscrizione al Vies, abbia assoggettato l’operazione all’imposta nel paese di origine.

Alla luce di questo nuovo impianto normativo la risoluzione delle Entrate n. 42/2012 deve considerarsi superata, la stessa prevedeva che se un soggetto passivo Iva italiano non iscritto al Vies effettuava un acquisto da soggetto passivo comunitario, tale acquisto non configurava un’operazione comunitaria per cui l’Iva non era dovuta in Italia bensì nel paese del fornitore. L’operatore italiano non doveva quindi procedere all’integra- zione della fattura del fornitore e alla doppia annotazione nel registro Iva acquisti e vendite. Con il nuovo chiarimento in caso di mancata iscrizione al Vies il cedente deve addebitare l’Iva in fattura e il cessionario deve procedere con il reverse charge ponendo in essere una doppia imposizione. Il rimedio alla doppia imposizione potrebbe essere trovato riconoscendo la possibilità di rettificare la tassazione all’origine attraverso l’emissione, da parte del fornitore, di una nota di variazione per recuperare dall’Erario l’imposta indebita e restituirla al cessionario. Si trattereb- be di una procedura macchinosa che non tiene conto dei tempi e delle procedure esistenti attualmente negli scambi internazionali, caratterizzati da tempi certi e procedure chiare. È auspicabile che l’amministrazione finanziaria torni sull’argomento al fine di fornire gli opportuni chiarimenti in tempi rapidi e superare l’impasse che si può creare in questi casi con una doppia tassazione assolutamente contraria alle fondamentali regole dell’Iva.

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