LE DOMUS DEL CELIO
Alessandra Pignotti
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LE DOMUS DEL CELIO
“Case romane sotto Giovanni e Paolo”
la Basilica di SS.
Introduzione Si definiscono domus del Celio le strutture riportate alla luce sotto la basilica di San Giovanni e Paolo dopo diverse campagne di scavo archeologico, scoperte a partire dal 1886-88, nell’area delle fondamenta della chiesa adibita a cantine dai monaci. La basilica di San Giovanni e Paolo è collocata sul declivio ovest del Celio, che scende verso la valle del Colosseo, a poca distanza dal cuore pulsante della Roma Antica: vicino l’anfiteatro Flavio e le evidenze archeologiche del Palatino. È situata pertanto in una area urbanistica relativamente notevole, dove si trovano in una zona abbastanza ristretta altre chiese di notevole importanza: 1)S.Gregorio, 2)S.Maria in Domnica, 3) S.Stefano Rotondo. Sul lato meridionale della basilica in questione, sale una strada sovrastata da contrafforti medievali; percorrendola si ha la sensazione che il tempo, almeno in questa parte di città, si sia fermato: è il Clivus Scauri. Le origini della basilica sono collocabili tra il IV e il V secolo; al V secolo d.C. risalgono i materiali più antichi riconducibili alla realizzazione della chiesa, non ci sono fonti dirette che possono lasciare presupporre una fondazione chiesastica nel sito precedente alla datazione convenzionalmente accolta dagli studiosi su basi stratigrafiche.1 1
Gli archeologici hanno trovato materiali archeologici tardo antichi pertinenti la frequentazione dell’area di tipo cultuale precedente alla costituzione della basilica;
L’accesso allo scavo è reso possibile grazie alla collaborazione, per il processo di musealizzazione in situ, del Fondo Privato degli Edifici di Culto, del ministero dell’Interno, dei monaci della confraternita di San Paolo della Croce( che ha dato il nome alla parte superiore della strada della parte meridionale dell’architettura che va dall’Arco di Dolabella vicino Villa Celimontana al Clivo di Scauro) e della cooperativa sociale “Spazio Libero” con le istituzioni pubbliche della tutela dei Beni culturali(ministeri, sovrintendenze,comune). Dopo 14 anni di indagini stratigrafiche e restauri, che hanno segnato la sorte di alterna apertura e chiusura al pubblico del sito, le domus del Celio dal 2002 sono state riaperte al pubblico, seppure proseguano restauri e saggi di scavi in alcune parti ancora poco note e non visitabili. Dal 2002 al 2010(anno ancora in corso) la sovrintendenza con i suoi esperti ha continuato lo studio e aggiornato le ricerche, grazie anche al contributo della dott.ssa Andreoli, curatore archeologo comunale della zona. L’itinerario attuale di visita è un percorso che si snoda sotto la basilica con ingresso creato dagli archeologi, aprendo un varco con un portale sul fianco navata meridionale che da sul Clivo di Scauro. L’area archeologica di San Giovanni e Paolo introduce il visitatore in una città nascosta, sepolta e in parte scomparsa del passato di Roma, che giace sotto la città attuale; nel caso in esame si tratta di un isolato del quartiere Celio dal periodo Romano a oggi, attraverso le sue metamorfosi ed evoluzioni nello spazio e nel tempo, riconoscibili nelle diverse strutture conservate al di sotto della basilica databili in vari periodi storici. questi sono da identificare come tracce di frequentazione dopo quelle abitative Romane relative all’insistenza della cittadinanza sul sito che porta alla cristianizzazione del quartiere Celio, tra cui l’isolato compreso sotto l’attuale chiesa. Per via della complicata condizione stratigrafica, queste fasi architettoniche non possono essere attribuite al primo insediamento basilicale.
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Le domus del Celio sono uno dei migliori esempi preservatisi nel tempo a Roma del processo di innalzamento del manto stradale urbanistico, del piano di calpestio e del livello urbano nei secoli dovuto a : 1) sedimentazioni e bradisismi geologici 2) abbandono e riuso con frequentazione e insistenza continua sulle stesse strutture 3)sfruttamento architettonico delle preesistenze per nuovi corpi edili, (gli alzati in abbandono diventano resecati le “basi” delle fondazioni pertinenti fondamenta di nuovi edifici) 4) sovrapposizione storica delle varie “Rome” = nei secoli le vecchie strutture sono coperte e usate poggiare le nuove creando strati diversi, in cui gli inferiori sono i più antichi e vengono “cancellati” dalla presenza di altri sopra.( si creano necessariamente delle sovrapposizioni abitative). È possibile oggi percorrere, seguendo un itinerario quasi labirintico oltre 20 ambienti ipogei scavati su vari livelli, di cui 13 circa in parte affrescati con pitture, mosaici e marmi policromi databili tra il III secolo d.C. e l'età medievale Gli ambienti sono tagliati dai muri di fondazione della basilica. Il contesto topografico e descrizione Gli edifici al di sotto della Basilica dei SS. Giovanni e Paolo facevano originariamente parte integrante del tessuto urbano di Roma residenziale che connotava il quartiere e il colle Celio in età Imperiale; occupavano un isolato compreso tra il Clivo di Scauro(l’asse stradale diretto verso la valle del Colosseo e il Circo Massimo) e la strada che parallelamente al Clivo discendeva fino al Colosseo. Il tracciato di quest’ultima,di cui è ignoto il nome antico, corrisponde oggi all’attuale strada del Tempio di Claudio. Lo scavo ha messo in luce 3 zone architettoniche: 1- la zona sotto l’abside verso il tracciato stradale di via e piazza di S.Gregorio 2- la zona meridionale sotto la navata sinistra e centrale 3- la zona settentrionale sotto la navata destra. La basilica è posizionata con un’asse in discesa N/E S/O; il contesto topografico Per me si possono riconoscere 3 corpi di fabbrica originari dell’epoca Romana: 1) una domus d’età imperiale sotto l’abside strutturalmente non connessa ad altro abbandonata, interrata e tagliata dai muri dell’abside
2) una insula (caseggiato) con facciata principale sul Clivo di Scauro, conservata solo al pian terreno e nel riuso della fronte stradale nel muro della facciata della navata meridionale della chiesa, tagliata dai muri di fondazione della basilica 3) una domus,tagliata e spezzata in più punti dalle mura della chiesa,di epoca domizianea(I secolo d.C.) con affaccio principale sull’asse che oggi è la via del Tempio di Claudio e accesso secondario verso un basolato chiuso dalla realizzazione dell’insula di fronte. Questi 3 stabili, 2 classiche case urbane per aristocratici e un immobile destinato ad abitazioni popolari per la media borghesia Romana mostrano interventi strutturali che trasformano in parte funzionalmente e socialmente i complessi; le costruzioni del caseggiato accorpate alla domus del Tempio di Claudio subiscono una conversione in ricchi ambienti di una domus, con una privatizzazione e una chiusura delle apoteche che affacciavano sul Clivo di Scauro e una unificazione delle strutture dell’insula in un'unica unita abitativa. La domus sotto all’abside viene abbandonata e successivamente usata per le fondazioni dell’abside. La domus del Tempio di Claudio invece, viene prima restaurata, poi ingrandita infine abbandonata con la cristianizzazione del proprietario. 2 Il basolato chiuso di comunicazione tra la domus e l’insula viene inglobato con la creazione di un suntuoso ninfeo affrescato con una megalografia acquatica(marina)con personaggi mitologici e mosaico a grandi tessere irregolari(opus scutulatum) in una sala interna della domus, forse destinata ad uso estivo come sala da pranzo(triclinio o caenatio). I due complessi(domus ed insula), che vanno dalla navata meridionale a quella settentrionale, risultano oggi comunicanti e connessi tramite questo “cortile” sala da pranzo con una fusione totale nella domus del caseggiato. La costruzione della basilica “inferiore”(quella che poggia sulle strutture romane e sfrutta il primo piano delle stesse) si fa risalire al 410 d.C. o al periodo di poco precedente o successivo alla medesima data e fu più volte sospesa e ripresa come spesso accade. L’edificio sorgeva sul lato settentrionale del clivus Scauri e constava di una navata (lunga m 44,30 e larga m 14,68) 2
Per le modalità di passaggio dalla domus al sorgere della chiesa vedi nota 1.
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separata dalle navatelle (larghe m 7,40) da tredici archi, che insistevano su dodici colonne, con le sostruzioni del colonnato che poggiavano su edifici preesistenti. Un'abside semicircolare, con quattro grandi finestre, fu aggiunta successivamente alla navata. Si pensa che la basilica sia stata costruita incorporando un “titulus” e gli edifici laici adiacenti, riutilizzando una serie di edifici di 3 età imperiale. Ritornando al contesto topografico, la basilica si apre su un piazzale, da dove aveva inizio una via antica, che correva in direzione nord lungo il fianco del Tempio di Claudio. Parallela al clivus Scauri, un'altra strada limitava un quartiere di abitazioni, del quale facevano parte i resti sotto la Basilica. Presumibilmente a sud-ovest della chiesa si trovavano due corpi edili romani: della più orientale di esse si conserva, a destra dell'abside, una grande parete alta tre piani di opus mixtum del II secolo d.C.; dell'altra, si possono vedere pochi resti in fondo alla navatella destra. Sempre lungo il clivus Scauri, il lato sinistro della chiesa ha riutilizzato la facciata di un’insula del II secolo d.C., che per questo si è conservata in modo eccezionale. Questo edificio aveva due ingressi che conducevano uno direttamente al pianterreno e l'altro, tramite una scala, ai piani superiori come in altri caseggiati romani. Una domus posta più a nord-est si affacciava in origine sulla via parallela al clivus Scauri e verso la via a questa perpendicolare, quella che correva lungo il Tempio di Claudio. Nel suo stato attuale, questa può essere datata all'epoca di Adriano, sulla base dei bolli laterizi scoperti nelle murature, ma in realtà presenta fasi più antiche, almeno dell'età flavia. (frammenti di intonaco e affresco) Gli ambienti ipogei si trovano in gran parte al di sotto le navate della chiesa, tagliati dai muri di fondazione. 3
Il racconto(tardo) della Passione dei Santi Giovanni e Paolo colpisce per le similitudini con il racconto del martirio di Crispo, Crispiniano e Benedetta, al tempo di Giuliano l'Apostata, i cui corpi sarebbero stati sepolti nella casa appartenuta fin dal III secolo a un cristiano di nome Bizante. Questi l'avrebbe donata alla Chiesa, trasformandola in un titulus. Viene spontaneo a questo punto pensare di collegare questa leggenda alle rappresentazioni - molto antiche – rinvenute in una nicchia scoperta in un edificio sottostante, decorata con affreschi della seconda metà del IV secolo d.C., che rappresentano una storia di martiri forse cristiani: tre figure - due maschili e una femminile - in marcia, scortate probabilmente da due soldati mentre nel quadro sottostante è rappresentata la loro decapitazione.
Le domus del Celio Il pianterreno dell’insula/domus tardo antica era costituito da grandi ambienti, orientati quasi esattamente secondo i punti cardinali, che erano decorati originariamente con stucchi, pitture e mosaici parietali policromi. Il terreno scendeva rapidamente verso nord e lasciava il posto ad altri ambienti, inferiori al livello di quelli descritti, ma che si trovavano al pianterreno provenendo dalla valle, occupati da un piccolo stabilimento termale privato pertinente la domus . In un ambiente di quest'ultimo si trova una vasca ed in un altro un bacino (labrum)di terracotta. La domus risulta realizzata sul declivio quasi terrazzata con il primo piano che in parte è al livello del piano terreno del caseggiato. Le strutture meglio conservate delle strutture Romane sono però, quelle su cui furono costruite la navata centrale e quella sinistra della basilica. La facciata del caseggiato è, come si è già detto, conservata perfettamente e costeggia il clivus Scauri, costituendo il lato sinistro della chiesa. Il cortile, che oggi unisce la domus con l’insula nella domus basso imperiale, ha un nifeo. Una ricca decorazione dipinta rivestiva le pareti dell'ambiente: sulla destra è ancora possibile vedere tracce di un corteo di eroti su mostri marini. Ma il settore indubbiamente più notevole è quello che occupa la parte superiore del lato corto occidentale: si tratta di un grandioso quadro, affrescato sulla parete (lungo m 5, alto m 3) che rappresenta forse il ritorno dall'Ade di Proserpina o Venere con Bacco e Arianna. Si capisce quindi, che questo edificio in buona parte ipogeo, un'insula a più piani suddivisa in appartamenti, dovette subire profonde trasformazioni in un secondo tempo (metà del III secolo?) per trasformarla in una casa di lusso, cui apparteneva il ricco ninfeo. Dal cortile del ninfeo della ricca domus oggi si accede agli ambienti del pianterreno, alcuni dei quali erano in origine tabernae e che si aprivano sul portico esterno. In una stanza attigua si può ancora ammirare una notevolissima decorazione a fondo bianco, con efebi che sostengono un festone vegetale, intramezzati da pavoni e da altri grandi uccelli. Nella volta sono rappresentati tralci e girali, tra i quali svolazzano eroti e uccelli mentre il pavimento era rivestito di lastre di marmo, asportate già nell’antichità, ma delle quali restano le impronte. Questa notevole
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decorazione sembra contemporanea a quella del vicino ninfeo. Nell'aula dell'orante la decorazione pittorica, sempre del IV secolo, è più ricca e assai ben conservata (tranne la parte centrale della volta che si è perduta). Sopra l'abituale decorazione, che imita crustae marmoree, corre un pesante fregio di girali di acanto, al di sopra del quale inizia la volta ricoperta da un motivo circolare, diviso in 12 settori entro i quali scomparti sono rappresentati personaggi maschili, che reggono rotuli, e coppie di pecore, oltre ad altri elementi decorativi. In una lunetta appare la figura di un orante, rappresentato al modo abituale con le braccia aperte, che dimostra il carattere cristiano della casa già in quel periodo. La conversione in domus di tutte le costruzioni sopraccitate, a mio avviso, porta ad avere queste sale affrescate al pian terreno nel IV d.C. con una privatizzazione e uso aristocratico di retrobottega e negozi oltre che di appartamenti in sale di un solo edificio. Difficile è stabilire la funzione per il proprietario di queste sale e anche se la parte del pian terreno sia stata usata per la vita privata del dominus o se lui abbia fino alla realizzazione della confessio usato i piani superiori. Ancora non è chiaro se il proprietario abbia privatamente fondato una basilica poi riconosciuta dal Papato o se egli abbia finanziato il fabbricato per il culto perché convertitosi o se prima ci sia stata l’uso di questa come domus ecclesiae per volere del dominus. Di grandissimo interesse, per la storia della chiesa, è la piccola confessio, precedentemente accennata, a metà della scala del cortile perchè si tratta della nicchia decorata con gli affreschi nei quali sono rappresentati: 1) episodi dei due martiri cristiani eponimi 2) tre figure(Crispo, Crispiniano e Benedetta)4. Nel tufo naturale del sottoscala, al di sotto di questa nicchia, si aprono tre cavità, che sono state interpretate come tombe. Si preserva in una bottega resti di scene cristologiche di VIII d.C. dell’Oratorio del Santissimo Salvatore, sala connessa con una scala alla chiesa. Le scene, con problemi di conservazione mostrano l’Anastasis, la
Crocifissione, il sorteggio delle Vesti e l’Ascesa agli inferi di Gesù.5 Infine un piccolo museo(Antiquarium) in situ, creato in due sale ipogee ammodernate non decorate, raccoglie i materiali scoperti nel corso degli scavi.
Il sito Proprietà del Fondo 6Edifici di Culto - Ministero dell'Interno e le Fasi Storiche Il sito archeologico sotto la Basilica di Ss. Giovanni e Paolo è proprietà del Fondo Edifici di Culto- Ministero dell’Interno. Il 16 gennaio 2002 le Case Romane del Celio e l'annesso Antiquarium,ormai proprietà del Fondo Edifici di Culto - Ministero dell'Interno, sono state riaperte al pubblico. Il servizio di accoglienza ed accompagnamento dei visitatori è gestito da 5
C’ è chi ipotizza che la prima dedica ad honorem della basilica fosse proprio al Salvatore, come le chiese più antiche di Roma. Così successivamente per devozione popolare e traslazione di reliquie dei santi attuali eponimi sia sorto il culto a Giovanni, Paolo e forse agli altri 3 santi “coinvolti” identificati nella confessio. 6 Il Fondo Edifici di Culto (F.E.C.), istituito dalla legge 20 maggio 1985 n. 222, è un ente titolare di un vasto patrimonio di interesse storico artistico ecc., caratterizzato in gran parte da chiese, provenienti dalle Corporazioni religiose soppresse dalle c.d. "leggi eversive dell'asse ecclesiastico" emanate nella seconda metà dell'800. Il F.E.C., dotato di personalità giuridica propria, è amministrato, oggi, dalla Direzione Centrale per l'Amministrazione del Fondo Edifici di Culto incardinata nel Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno. Compito istituzionale del Fondo è quello di provvedere, con i proventi derivati dalla gestione del suo patrimonio, alla conservazione, restauro, tutela e valorizzazione degli edifici di culto di proprietà che ammontano a circa 700 e che sono dislocati su tutto il territorio. I restauri, curati da un'equipe di specialisti e tecnici guidati dalla Soprintendenza Archeologica di Roma e dalla Soprintendenza per i Beni Artistici, Storici e DemoEtno- Antropologici, hanno permesso il recupero e la conservazione delle preziose decorazioni pittoriche, minacciate dalle particolari condizioni microclimatiche degli ambienti ipogei. Il risultato dei recenti studi è in corso di pubblicazione.
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Secondo la tradizione popolare, qui sarebbero stati dilaniati dai cani i due santi e i tre seguaci per volere dell’imperatore Giuliano(?) .
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Spazio Libero società cooperativa sociale a.r.l. di Roma, aderente al Consorzio della Cooperazione Sociale Sol.Co Roma. Il complesso archeologico, dopo i lunghi restauri, offre ai visitatori, con il nuovo ingresso dal Clivo di Scauro, un percorso di visita completamente rinnovato e reso accessibile ai portatori di handicap. Per preservare i delicati ambienti ipogei affrescati, la visita è consentita a gruppi composti da un limitato numero di partecipanti. Per avere un’idea delle fasi storiche della stratigrafia dell’area archeologica sotto la chiesa vedi le piantine sottostanti: Piantina 1: le fasi storiche e i muri datati:
Fase I [A+B]=Domus +Insula Fase II [M]=Domus III d.C. Fase III [P]=Confessio Fase IV [Q]=Basilica di Pammachio Fase V [S]=Oratorio del Santissimo Salvatore VIII d..C.
Fasi distinguibili dalla piantina 1: Tarda Età Flavia (81-96 d.C.) Domus ? Metà II secolo d.C.Domus +Insula
Il Titulus. Pammachii e l’aristocrazia del Celio: studi e interpretazioni del sito
Età Severiana (193-235 d.C.) Restauri delle due parti Fine III sec. d.C. – Inizi IV sec. d.C. Grande Domus che occupa le due parti Fine IV sec. d.C. – Inizi V sec. d.C Domus abbandonata e Primo Culto basilicale Cristiano(domus ecclesiae- Basilica titulare) Piantina 2: Gli ambienti e planimetria dell’area La basilica,che si poggia, taglia in molti punti le antiche strutture romane, si ritiene generalmente costruita fra la seconda metà del IV e l’inizio del V secolo,come si già accennato, comunque antecedentemente la morte del senatore Pammachio avvenuta nel 410. Prima di allora dovette esistere sul luogo il titulus Byzantis, forse nell’ambito di un caseggiato con botteghe a livello stradale
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in facciata sul clivo di Scauro del III secolo, che poi divenne totalmente a uso privato diventando una lussuosa domus accorpata ad un altro edificio, una domus che dava sul tracciato della via del tempio di Claudio,in cui molto tempo dopo si impiantò la prima basilica. Per il prof. Guidobaldi sembra più probabile una vicinanza e poi una fusione delle stesse che non una coincidenza col titulus Pammachii. Non si può dire molto sull’ubicazione dei tituli, ma la zona è piena di domus e di insulae. Il titulus Pammachii e il titulus Byzantis compaiono nelle firme del sinodo del 499, poi quello di Bizante non è più ricordato. L’intitolazione ai SS. Giovanni e Paolo subentra forse nel corso del IV secolo e si riferisce alla sola fondazione pammachiana. La chiesa è anche legata al singolare culto entro le mura Aureliane della città delle reliquie dei due santi eponimi, la cui sepoltura da diversi documenti è collocata nell’ambito della basilica Celimontana. Questo luogo di culto è unico a Roma in quanto unisce alla destinazione titolare(nel tempo sono ricordati 2 proprietari del terreno poi “dimenticati”) anche quella martoriale, ospitando allo stato attuale la sepoltura dei due martiri romani. Le indagini archeologiche si sono incentrate unicamente sugli ambienti dell’insula, compresi nell’area della chiesa, nella quale sarebbe stata ospitata una fondazione di tipo titolare a partire dalla metà del III secolo. Infatti il pianterreno,di cui si è accennato, su cui grava il pavimento della chiesa, reca tracce di “reimpiego cristiano” precedente agli interventi voluti da Pammachio. Quando fu approntata la chiesa superiore, le stanze del retrobottega del clivo di Scauro erano già state riutilizzate e risistemate;per i primi studiosi il riuso era ad uso cristiano nel corso del III secolo, senza incisive modifiche strutturali, ma con l’aggiunta di pitture cristiane. Nella seconda metà del IV secolo agli ambienti fu associata la funzione martoriale, quando nel sottoscala della casa a botteghe si insediò la memoria delle tombe di Giovanni e Paolo martiri del tempo di Giuliano l’Apostata e forse di altri tre loro compagni martiri.(Secondo la tradizione popolare cristiana da oggi non confermata da tutti gli studiosi). Tale operazione non snaturò la situazione edilizia precedente. Dopo non molto tempo gli ambienti reimpiegati nel complesso dei SS. Giovanni e Paolo si arricchirono di un nuovo apporto motivato ad esaltare la cosiddetta sepoltura
dei due santi monumentalizzando la scala sotto la quale i corpi dei due martiri erano stati collocati. Questa sistemazione per la venerazione dei martiri venne pensata in funzione della sovrastante basilica, come dimostrano le pitture,che ornavano il luogo all’inizio del IV secolo, quando Pammachio intervenne per il reimpiego del piano superiore. Nonostante i rimaneggiamenti del XVIII secolo la basilica mostra l’omogeneità della sua costruzione che utilizza il piano superiore degli edifici romani inglobandone il prospetto nella parete sud. 7 Le case romane del Celio sono da tempo infatti, al centro di animate discussioni per questo motivo: il significato iconografico degli affreschi rinvenuti negli ambienti e la funzione degli ambienti. Gli studi si erano però, finora limitati ad un’analisi parziale dei motivi figurativi, spesso influenzata dall’odierno aspetto del complesso, con la presenza della tomba dei martiri e la sovrapposizione della Basilica. Le interpretazioni recenti,rispetto al passato, sono orientate ad affievolire i significati religiosi e cristiani degli ambienti decorati e a posticipare la nascita del culto cristiano che dovette essere forse per martiri familiari non riconosciuti dalla chiesa (nicchia); queste nuove ipotesi porrebbero la fondazione di una basilica posteriore la cristianizzazione del proprietario del lotto per opera dello stesso che ha lasciato la domus per adibirla a luogo di culto del Salvatore o che ha donato il terreno alla Chiesa per una basilica; gli archeologi suppongono che il titulus sia stato poi perso o dimenticato a livello storico e giuridico e che nel corso del V e VI secolo si sia creata una “pseudo –martiriologia” su due santi soldati di cui in quel periodo vennero traslati i corpi e seppelliti vicino l’area della Confessio per creare un culto di martiri oltre che una chiesa intitolata solo a Dio, come era di moda in quegli anni in cui la Chiesa voleva creare una sua storia e una sua storia liturgica, in particolare dei santi e martiri locali, vicini al volgo, come paradigmi della testimonianza della parola di Dio,. La creazione del martirio dei due santi eponimi della chiesa è una volontà della chiesa sul Celio di conferire valore liturgico al quartiere e alla Basilica in questione;tale ipotesi è confermata dagli Acta Martiria, i veri atti
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Secondo i Primi studi e interpretazioni sul sito. Vedere per la storia del sito tesi edita di Valenti, 2003, http://www.gliscritti.it/arte_fede/valenti/indice.htm.
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giudiziari dei martiri per conto dello Stato Romano e da altri casi a Roma. Grandi sbancamenti, secondo la dott.ssa Cecchelli, furono effettuati a livello del primo piano dell’insula per inserirvi l’importante basilica voluta da Pammachio che manifesta nella parete della navata sinistra della chiesa il muro di facciata di case a botteghe del III secolo pertinenti ad un’insula prospicienti al clivo di Scauro. Anche le pareti brevi delle navatelle, accanto all’abside coincidono con l’alzato di case di abitazioni a più piani del II secolo che erano già state inserite nell’area delle case a botteghe di III secolo. Secondo il prof. Brenk, sotto la chiesa dei SS. Giovanni e Paolo, la cui conservazione della casa al di sotto della basilica e le vicende medievali hanno delle caratteristiche singolari, vi sarebbe stato nel III secolo un unico edificio comprendente una zona abitativa e un settore commerciale sulla strada. Dunque, gli studiosi sono d’accordo nel ritenere che l’edificio di culto pammachiano si sia inserito in una precedente situazione titolare del III secolo comunque non oltre i primi anni del IV secolo. Questa domus anteriore all’editto del 313, avrebbe utilizzato alcuni ambienti di edifici preesistenti senza apportare ad essi alcuna modifica architettonica. Questo è quello che si evince leggendo”i resti murari”. Le costruzioni meglio identificate dagli archeologi, che sorgevano dove oggi si erge la basilica, sono: -una domus privata (del II secolo), localizzata sotto la navata destra della basilica, che prospettava sulla via del Claudianum -un’insula del III secolo, costruita da botteghe al piano terreno che si affacciavano sul clivo di Scauro e appartamenti ai piani superiori, sotto la zona ovest della navata centrale; una Domus a sotto la zona est della navata centrale. La domus privata e l’insula multipiano erano divise o comunicanti da un cortile interno successivamente chiuso da un ninfeo con una decorazione di gran pregio databile al IV secolo, come propone la dott.ssa Cecchelli. Durante il III secolo, questo intero isolato subisce un radicale cambiamento di tipo strutturale, dovuto forse al suo acquisto da parte di un solo proprietario, divenendo un unico grande palazzo signorile. Si tratta di una struttura che riconverte l’insula in domus, ma che non ha i tratti esteriori più
evidenti tipici né della prima tipologia abitativa né della seconda. (mix) Ai due lati del tratto inferiore del Clivus Scauri si individuano con buona probabilità i resti di altre due domus che costituivano un complesso isolato di domus e “insulae”. Gli scavi sono ancora in corso. Ricostruzione ambienti – Planimetria dell’Area e Facciata
Le decorazioni parietali : Gli Affreschi L’area archeologica si è preservata in uno stato di conservazione eccezionale perché inglobata già agli inizi del V secolo nella costruzione della Basilica dei SS. Giovanni e Paolo.8 La scoperta dei primi ambienti dipinti risale al 1887, quando il rettore della Basilica, Padre Germano da S. Stanislao, si calò da un’apertura scavata nel pavimento della chiesa in cerca della tomba di questi martiri. 8
Per gli studi sugli affreschi vedere l’abstract edito della dott. ssa Andreoli http://lasa.lett.unitn.it/curricula/Absract%20Tesi %20%20Martina%20Andreoli.pdf e Fermo P., Delnevo E., De Vos Raaijmakers M., Andreoli M.,2007.
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Trovandosi di fronte ad innumerevoli ambienti dipinti, Padre Germano pensò di avere scoperto e restituito alla comunità le aedes celimontanae, Ioannis et Pauli domicilium. Così recita un epigrafe fatta apporre dopo l’avvenuta scoperta, dal Padre in un ambiente della Domus. Le case romane del Celio, come già detto, sono da tempo al centro di animate
non permetteva di leggere interamente i motivi figurati. Nel caso specifico del vano di epoca Flavia, ostruito da un muro di fondazione della Basilica,il metodo applicato si è rilevato di fondamentale importanza. Dato lo scarso spazio a disposizione per fotografare la parete è stato necessario realizzare 22 fotogrammi di piccole dimensioni che sono stati successivamente raddrizzati e uniti con dei programmi di foto restituzione. Il risultato iniziale della mosaicatura è poi stato lungamente elaborato per eliminare le incongruenze causate dalla differente distribuzione della luce nelle immagini digitali realizzate.
Foto prima del foto raddrizzamento
discussioni che ruotano attorno al significato iconografico degli affreschi rinvenuti negli ambienti. Gli studi si erano però, finora limitati ad un’analisi parziale dei motivi figurativi, spesso influenzata dall’odierno aspetto del complesso, con la presenza della tomba dei martiri e la sovrapposizione della Basilica. Le interpretazioni recenti sono orientate ad affievolire i significati religiosi e cristiani degli ambienti decorati. L’area archeologica conserva complessivamente tredici ambienti affrescati, non tutti riconducibili allo stesso periodo di occupazione della struttura. La più antica pittura visibile risale al tardo periodo Flavio (epoca Domizianea, forse della domus vicino alla via del Tempio di Claudio ), seguita da un affresco della metà del II secolo d.C. (insula –domus). Il resto della decorazione parietale appartiene ad un’unica domus privata abitata tra la fine del III e la metà del IV secolo. Lo studio dettagliato di queste pitture si è valso in modo significativo di moderne metodologie tecnico-scientifiche, che hanno contribuito in modo rilevante a migliorare la conoscenza del complesso. I risultati più soddisfacenti sono stati ottenuti con l’utilizzo del metodo di foto raddrizzamento digitale per la restituzione di immagini complete delle pareti affrescate, la cui sfortunata ubicazione all’interno dell’area
Foto dopo l’elaborazione dell’immagine
L’efficacia dei metodi di ricerca impiegati si è dimostrata anche per una pittura di II secolo apparentemente aniconica. L’esecuzione di rilievi a contatto di linee incise sull’intonaco e la loro successiva vettorializzazione mediante un programma CAD ha permesso di restituire il progetto decorativo originale, oggi scomparso.
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Immagine originale e rilievo a contatto vettorializzato di una figura maschile incisa e un alone di colore.
La domus di III-IV secolo è oggi composta di 9 ambienti affrescati il cui significato è da tempo interpretato in modo disomogeneo. La presenza di una figura femminile orante all’interno di uno degli ambienti8 più significativi della casa ha spinto molti studiosi ad interpretare la decorazione parietale come un esplicito messaggio di fede cristiana dei proprietari e a credere che gli ambienti fossero stati utilizzati come segreto ritrovo delle prime comunità cristiane. In realtà lo studio portato a termine in questa tesi dimostra che i motivi figurativi visibili all’intero della domus corrispondono piuttosto ad un articolato sistema di auto rappresentazione dell’identità sociale e dello status di un colto dominus romano. Il soggetto degli affreschi sembra inoltre evidenziare una disposizione programmata degli ambienti lungo il percorso antico all’interno della domus.
Questo aspetto non era stato finora tenuto sufficientemente in considerazione, forse per la difficoltà di percepirne il significato a causa dell’attuale aspetto della domus, modificato in parte dalla trasformazione delle originali porte in grandi archi, dall’ostruzione di passaggi originali dovuto all’inserimento dei muri di fondazione della Basilica e dall’apertura di innumerevoli nuovi varchi tra un ambiente e l’altro per agevolarne la visita dopo la scoperta. L’analisi chimica effettuata su pigmenti e strati di preparazione degli affreschi ha anche contribuito a confermare delle analogie di tecnica esecutiva nell’intera decorazione parietale tardo antica. Sembrano così essere smentite le teorie di alcuni studiosi che credevano di vedere nelle pitture della casa almeno due fasi distinte. Al termine dello studio è stato possibile avanzare un’ipotesi interpretativa nuova, che tiene conto dell’aspetto duplice di una casa romana, tra spazio di rappresentanza pubblico e spazio privato dedicato all’otium filosofico - letterario, in cui l’immagine dipinta sulle pareti non compare in modo neutro o accessorio, bensì portatrice di un messaggio celato dietro una rete di riferimenti culturali o politico-sociali. L’apice del programma iconografico è rappresentato dalla megalografia del Ninfeo.. Posta in fondo all’asse di rappresentanza della domus, doveva ricordare al proprietario, probabilmente commerciante, l’importanza di invocare l’intercessione delle divinità protettrici delle navigazione, per il bene dei suoi affari.
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Le decorazioni pavimentali:I Tipi di mosaici conservati in situ Si preservano alcuni frammenti della decorazione pavimentale; si tratta di mosaici realizzati con tessere di vario tipo; ci sono tessere bianco nere regolari che si alternano a una pavimentazione con tessere irregolari e realizzate con materiali di riuso. Si alternano i pavimenti in opus tessellatum (mosaico tradizionale) a quelli in opus scutulatum o mosaico a effetto pavimento spazzato. Questi ultimi si ipotizza appartengano alla fase basso imperiale delle strutture e rientrano in un nuovo gusto decorativo in cui il concetto di frammentario e irregolare subentra alla regolarità e alle decorazioni regolari e uniformi della fase romana imperiale classica del mosaico. La pavimentazione della Sala del Ninfeo mostra tracce di impermeabilizzazione nei punti dove scolava l’acqua della fontana di questa sala forse usata come ambiente per banchetti estivi dal proprietario. il pavimento della cosiddetta “Sala delle Stagioni” con animali e pavoni era rivestito di lastre di marmo, asportate già nell’antichità, ma delle quali restano le impronte. Sembra coevo a quello del Ninfeo. L’Antiquarium delle Domus del Celio In un’area superiore rispetto all’area di scavo è collocata una collezione di reperti
provenienti dagli scavi dell’area in esame; questa è una musealizzazione in situ dei materiali storico archeologici delle domus e della Basilica. Questo piccolo museo è una collezione di scavo e dei restauri della chiesa che è concepito con un duplice aspetto: 1)Antiquario come lo spirito dei padri che hanno fatto i primi scavi 2) musealizzazione in situ come sono le tendenze degli ultimi anni In esso sono preservati una piccola parte selezionata di oggetti, tra i meglio conservati e i più indicativi ritrovati nelle indagini. Sono rappresentate diverse classi di materiali archeologici; le più numerose sono quelle ceramiche con Anfore, Doli, Bolli laterizi, Lucerne, Piatti islamici ( del VI-VII secolo d. C.- XII secolo d.C.) del Campanile della basilica, testimonianza della frequentazione dell’area dal IV secolo d.C. al VI e delle prime fasi storiche delle comunità clericali della basilica. Si possono ammirare anche splendidi frammenti di vetri romani di IV secolo d. C.; sono oggetti quotidiani e di lusso di rara fattura. Le forme ceramiche annoverano una prevalenza di forme per vino e acqua, ma anche di ceramica comune e da fuoco. Sono databili dal III al VII secolo d. C . e sono sia ceramiche locali che d’importazione legate ai traffici commerciali del periodo tardo antico e alto medioevale. Sono eccezionalmente conservati i bolli delle tegole dell’antico tetto della basilica e dei mattoni usati nelle strutture romane in questione. Ci sono anche marmi e tessuti; sono presenti anche oggetti di oreficeria e metallici di vario tipo del periodo basso imperiale.. Sono conservati anche materiali decorativi della chiesa come un affresco del XII secolo . Conclusioni La complicata struttura delle mura riusate per le fondazioni della basilica è un esempio eclatante della stratificazione e del fenomeno di sovrapposizione degli strati archeologici al di sotto del piano stradale cittadino di Roma. Mostrano il progressivo sollevarsi del manto stradale nel corso dei secoli
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con la creazione di dislivelli dei vari piani di calpestio antichi. È un paradigma di scavo archeologico sotto una basilica con antiquarium e insediamenti Romani coperti tagliati e spezzati in molti punti da fondamenta successive dell’edificio sorto sopra le strutture in abbandono o in disuso. Per secoli le vestigia sono rimaste coperte o parzialmente visibili solo ai monaci che ivi tenevano le proprie cantine e ripostigli, ma dopo la scoperta e le ultime indagini e restauri del 2002 ora sono aperti al pubblico. La nicchia con scena di martirio è oggi una delle immagini più oggetto di interpretazioni e studi perché non si ha ancora una posizione chiara e definitiva in merito. Il resto delle immagini sono decorazioni con soggetti di repertorio filosofico- religioso pagano o comunque basso imperiale che alludono alle ambizioni, i desideri e al benessere del proprietario e della sua famiglia. Il gusto estetico delle decorazioni è stato di recente visto come una espressione della nuova vitalità artistica e culturale tardo antica diversa da quella classica dei primi tre secoli dell’impero, ma non poi così lontana da essa. Rimane ancora in discussione l’esatto limite delle proprietà antiche e della funzione strutturale nei secoli; qui più che mai il concetto di domus si mescola con quello di insula e viceversa.(ora gli ambienti in certi punti sembrerebbero fondersi o confondersi). Questo sito è come uno specchio che riflette il solo passato, visibile in un labirinto intrigato, ma che da sempre ci ha affascinato.
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