I cigni selvatici
Hans Christian Andersen
I cigni selvatici
Tanto tempo fa, in un bellissimo castello, viveva un re con i suoi undici figli e una figlia, di nome
Elisa. Un giorno il re disse loro:
– Tra qualche giorno mi risposerò.
I dodici fratelli, che fino ad allora erano vissuti felici, ebbero il presentimento che da quel momento le loro vite sarebbero cambiate. I loro
timori vennero confermati quando, dopo qualche giorno, conobbero la loro nuova madre.
Il padre, infatti, si risposò con una principessa egoista e cattiva che non amava affatto quei poveri bambini. Sin dal giorno delle nozze, durante la festa al castello, invece di servirgli torte e dolcetti, diede loro delle tazze da tè piene di sabbia.
La settimana successiva, convinse il re a mandare Elisa in campagna da alcuni contadini, con la scusa che stare all’aria aperta le avrebbe fatto bene. Poi, in poco tempo, sistemò anche gli undici figli maschi e, raccontando al re falsità sul loro conto, fece un incantesimo: – Volatevene via per il mondo e arrangiatevi da soli! – disse trasformandoli in cigni.
I principini si sollevarono e volarono via dal castello verso mete sconosciute. Il mattino dopo, raggiunsero la casa dei contadini in cui abitava la sorellina Elisa.
Lei, però, dormiva ancora, e non li sentì.
Tristi, ripresero il volo e andarono in alto verso le nuvole, lontano lontano.
Intanto, la povera Elisa pensava ai bellissimi occhi dei suoi fratelli, e alle loro carezze. I giorni per lei erano tutti uguali. Quando finalmente Elisa compì
quindici anni, venne riportata al castello di suo padre. La regina, nel vederla così bella e graziosa, cominciò a odiarla più di prima.
In un primo momento, pensò di trasformare anche lei in cigno selvatico, come i fratelli, ma non potette farlo, perché il re voleva vedere la figlia.
Così, di primo mattino, la regina si infilò nel bagno, prese dalle sue tasche tre rospi, li baciò e poi disse al primo: – Quando Elisa entrerà nella vasca da bagno, posati sulla sua testa e rendila sciocca come te!
Poi, al secondo rospo: – Tu devi saltarle sulla fronte, falla diventare orribile come te, così suo padre non la riconoscerà!
E, infine, al terzo rospo: – Tu, invece, devi sistemarti sul suo cuore. Rendila cattiva a tal punto che la sua crudeltà la faccia stare
male! Così, lanciò i tre rospi nell’acqua pulita, che subito divenne putrida. Poi
chiamò Elisa e le ordinò di fare subito il bagno. Appena lei si immerse, i tre rospi saltarono uno sul suo capo, uno sulla fronte e l’ultimo sul suo cuore, ma Elisa non si accorse di nulla. Quando uscì dalla vasca, i rospi non c’erano più; nell’acqua galleggiavano solo tre papaveri rossi. Elisa era così pura e innocente che gli incantesimi della matrigna non avevano avuto alcun effetto su di lei.
La regina cattiva, allora, le impiastricciò il viso con la fuliggine per annerirle la pelle; poi, le spalmò addosso una crema puzzolente e le arruffò i capelli: ora era impossibile riconoscere la povera ragazza. Infatti, suo padre, vedendola, non la riconobbe e, pensando che fosse una mendicante, la cacciò dal castello. Elisa allora cominciò a piangere: aveva tanta nostalgia dei suoi undici fratelli lontani. Poi, si incamminò senza meta.
Vagò per tutto il giorno per campi e paludi finché giunse in un grande bosco. Pensò che forse anche i suoi fratelli erano stati cacciati via dal castello come lei, e così decise che li avrebbe ritrovati.
Sopraggiunse la notte. Elisa aveva perso la strada e, per riposarsi si sedette sul morbido muschio sotto un albero, appoggiò la testa al tronco e si addormentò. Per tutta la notte sognò i suoi fratelli: li rivide mentre da bambini giocavano insieme.
Quando si svegliò, il sole era già alto nel cielo. C’era un buon profumo d’erba e gli uccelli cinguettavano felici, posandosi sulle sue spalle. Elisa sentì il gorgoglìo dell’acqua e si incamminò fino
ad arrivare presso la riva di un fiume.
L’acqua era limpida e pulita. Elisa, vedendo riflesso il suo viso tutto sporco e imbrattato, si spaventò, tanto era nera e brutta. Allora, si tolse i vestiti e si immerse nell’acqua.
Dopo quel bagno rinfrescante, tornò più bella di prima. Poi si rivestì, si intrecciò i lunghi capelli, e si diresse nel bosco, di nuovo senza meta. Pensava ai suoi fratelli, e a come avrebbe fatto a ritrovarli. Nel bosco c’era un tale silenzio che sentiva solo il rumore dei suoi passi. Per la prima volta provò una solitudine incredibile.
Camminò tanto fino a che giunse di nuovo la notte. Elisa si sdraiò per dormire. Al mattino, quando si risvegliò, ebbe una strana sensazione di smarrimento. Si incamminò di nuovo e, dopo qualche passo, incontrò una vecchia con un cesto di bacche selvatiche. Elisa la fermò e le chiese se avesse visto undici principi cavalcare per il bosco.
– No, ma ieri ho visto undici cigni, con una corona in testa, che nuotavano nel fiume che passa qui vicino! – rispose la donna.
Elisa le chiese se poteva indicarle la strada per il fiume, poi salutò la vecchina e s’incamminò. Quando arrivò alla foce del fiume, sulla riva vide undici piume bianche di cigno. Le raccolse e ne fece un mazzetto. Elisa era sola sulla spiaggia, ma, per la prima volta, non soffriva di solitudine: era il mare, che si trasformava di continuo e le teneva compagnia.
Qualche giorno dopo, mentre il sole tramontava, Elisa vide volare verso la riva undici cigni bianchi con le corone d’oro in testa. Si nascose dietro un cespuglio e aspettò che si posassero a terra. I cigni, infatti, atterrarono proprio vicino a lei.
Non appena il sole tramontò, i cigni si trasformarono in undici bellissimi principi. Quei ragazzi erano proprio i suoi fratelli. Lei li riconobbe subito, mandò un grido e si precipitò tra le loro braccia chiamandoli per nome. I giovani principi riconobbero la sorella, che si era fatta alta e bella. Ridevano e piangevano abbracciandosi, e subito si resero conto di quanto la matrigna fosse stata cattiva con loro.
Poi il più grande cominciò a raccontare: – Sai, Elisa, noi voliamo come cigni per tutto il giorno; poi, non appena il sole tramonta, prendiamo le sembianze di uomini. Dobbiamo stare attenti ad avere sempre un luogo sicuro dove atterrare, quando si fa sera. Di solito, abitiamo dall’altra parte del mare, però, ogni anno, utilizziamo i due giorni più lunghi per tornare al castello di nostro padre.
La strada per arrivarci è molto lunga e non c’è neppure un’isola su cui posarci
per passare la notte a parte uno scoglio piccolissimo. Purtroppo, dobbiamo riprendere il viaggio.
– Ora che ti abbiamo ritrovata, non è giusto rimanere con te solo pochi giorni
– disse un altro dei fratelli.
– Come posso fare per salvarvi? – chiese Elisa.
Passarono la notte a parlare, dormendo solo poche ore. Elisa fu svegliata al mattino dal rumore delle ali dei cigni.
I fratelli si erano trasformati di nuovo e volavano su di lei. Poi, andarono via, mentre il più piccolo rimase a farle compagnia. Verso sera ritornarono tutti dalla sorella.
– Domani partiremo, ma non possiamo lasciarti sola! – disse il maggiore dei fratelli.
– Portatemi con voi! – supplicò Elisa.
– Le nostre ali saranno abbastanza forti da portarti con noi sul mare! – disse il fratello più piccolo.
Per tutta la notte Elisa e il fratello più piccolo intrecciarono una rete con la corteccia del salice e dei giunchi. Elisa vi si adagiò sopra. All’alba, quando i fratelli si trasformarono in cigni selvatici, afferrarono ognuno un capo della rete con il becco e si sollevarono tra le nuvole, mentre lei ancora dormiva. Infatti, quando Elisa si svegliò erano già molto lontani dalla riva.
Volarono per tutto il giorno, senza mai stancarsi, nonostante il peso rallentasse il loro volo. Ad un tratto, il tempo cominciò a diventare brutto e ormai la sera si avvicinava. Elisa era molto preoccupata per i fratelli, perché lo scoglio, di cui le avevano parlato, non era ancora visibile. Sarebbe stata solo colpa
sua se non fossero arrivati in tempo, e fossero precipitati in mare.
Il sole era ormai all’orizzonte. Il cuore di Elisa batteva all’impazzata. Il sole era quasi tramontato, quando finalmente vide il piccolo scoglio sotto di sé. Il suo piede toccò la roccia nel momento stesso in cui il sole tramontò. I fratelli si tenevano stretti per mano: non c’era molto spazio intorno. All’alba, i cigni ed Elisa ripresero il volo.
Il mare era ancora agitato. Quando il sole fu più alto, Elisa vide davanti a sé una montagna che sembrava sospesa. In mezzo si innalzava un castello. I fratelli le raccontarono che quello era il bellissimo castello di nuvole mutevole della Fata Morgana, e nessun uomo poteva entrarci. Elisa lo osservò e le sembrò di sentire la musica di un organo. Dopo tanto volare, gli undici cigni finalmente avvistarono
la terra. Poco dopo, Elisa era seduta su una roccia davanti a una grande grotta, nascosta da verdi piante rampicanti.
– Spero che stanotte tu faccia bei sogni – le disse il più giovane dei fratelli, mostrandole la sistemazione che le avevano preparato per riposare. Lei avrebbe voluto sognare solo una cosa: come fare a liberare i fratelli da quell’incantesimo tremendo. Quella notte sognò il castello di nuvole della Fata Morgana e vide la fata che assomigliava proprio alla vecchietta che le aveva indicato la strada per il fiume nel bosco e le aveva raccontato dei cigni con la corona d’oro.
Puoi salvare i tuoi fratelli! – esclamò la fata, – ma dovrai essere molto coraggiosa e perseverante. Vicino alla grotta dove dormi, crescono tante ortiche. Dovrai raccoglierle, anche se ti graffieranno la pelle e te la riempiranno di bolle, poi dovrai pestarle con i piedi per ottenerne la fibra e con questa dovrai realizzare undici tuniche e farle indossare agli undici cigni. Solo così l’incantesimo verrà rotto. Ma, ricorda, non dovrai più parlare finché non avrai finito tutto il lavoro.
Elisa si svegliò di soprassalto. Era già giorno e vicino al suo letto c’era una pianta di ortica, come quella del sogno. Ricordando le parole che le aveva detto in sogno la fata, si mise subito a lavoro.
Colse quelle pungenti ortiche, e le pestò con i suoi piedi delicati. Soffriva in silenzio per salvare i suoi cari fratelli. Quando il sole tramontò e tornarono i fratelli, nel vederla muta si spaventarono. Poi, quando videro anche le sue mani, capirono che stava facendo qualcosa per salvarli. Il più giovane dei fratelli cominciò a piangere e le sue
lacrime, cadendo sulle mani di Elisa, fecero sparire il dolore e le bolle.
Ora che sapeva cosa fare, Elisa passò tutta la notte a lavorare e così anche i giorni seguenti. La prima tunica era già finita e stava iniziando la seconda. Improvvisamente, però, sentì risuonare i corni da caccia tra le montagne e si spaventò. Elisa sentiva i cani abbaiare e, terrorizzata, si rifugiò nella grotta, legò in un fascio le ortiche che già aveva raccolto e pestato e vi si sedette sopra.
Dopo pochi minuti, tutti i cacciatori stavano all’ingresso della grotta insieme ai loro cani. Tra loro c’era anche il re del paese. Questi vedendo Elisa, restò subito colpito dalla sua bellezza.
– Come sei arrivata qui, bella fanciulla? – le chiese. Elisa scosse la testa, perché non poteva parlare. Non poteva mettere a rischio la salvezza dei suoi
fratelli. Nascose le sue mani sotto il grembiule, perché il re non vedesse come erano ridotte.
– Vieni con me! Non puoi restare qui da sola! – e, così dicendo, il re la fece salire sul suo cavallo.
Lei piangeva e si torceva le mani, ma il re disse:
– Voglio la tua felicità! – e così ripartì per il suo castello, portandola con sé.
Arrivati a destinazione, Elisa piangeva sconsolata. Poi, rassegnata, lasciò che le dame di corte la vestissero con abiti eleganti, che le intrecciassero perle nei capelli e che le mettessero morbidi guanti sulle dita bruciate.
Vestita in quel modo, era di una bellezza straordinaria. Tutta la corte si inchinò e il re, colpito, volle prenderla subito in sposa. Solo l’arcivescovo
scuoteva il capo, non si fidava di quella bella fanciulla: “È sicuramente una strega” pensava. Il re non lo ascoltò, anzi fece di tutto per rendere felice la ragazza, anche se sulle sue labbra non compariva mai un sorriso!
Non sapendo che altro fare, il re portò
Elisa in una cameretta con tendaggi verdi che somigliava alla grotta in cui l’aveva conosciuta. Sul pavimento vide il fascio di ortiche e dal soffitto pendeva la tunica già terminata. – Ho fatto portare le tue cose, così non ne sentirai la nostalgia – le disse il re. Elisa, incredula, finalmente sorrise e le sue guance arrossirono. Pensò ai suoi fratelli e baciò la mano del re, che la abbracciò. Quello stesso giorno, le campane del regno risuonarono a festa, per annunciare il matrimonio del re e della bella fanciulla.
Il matrimonio venne celebrato e l’arcivescovo in persona dovette mettere la corona sulla testa di Elisa. Anche in quell’occasione, la giovane fanciulla non disse una parola, ma nei suoi occhi si scorgeva il profondo amore che cominciava a provare per il buon re.
Ogni giorno Elisa voleva più bene a suo marito, ma doveva rimanere muta e fare solo il suo lavoro.
Per questo, ogni notte, si allontanava dal suo sposo e si recava nella cameretta per tessere una tunica dopo l’altra. Stava ormai cominciando la settima, quando restò senza ortiche.
Sapeva che le piante crescevano in un luogo spaventoso, dove solo le streghe potevano accedere, ma purtroppo quel compito poteva svolgerlo solo lei. Col cuore tremante, uscì in una notte di luna, camminò per le strade deserte fino al luogo destinato. Nonostante la paura, raccolse velocemente le ortiche e le portò al castello.
L’arcivescovo, però, l’aveva vista uscire e questa passeggiata notturna non poteva che confermare i suoi sospetti. Ormai non aveva più dubbi: la regina era una strega.
Il giorno dopo, riferì al re quanto aveva visto e quello che sospettava. Il re questa volta fu preso dai dubbi. Così quella notte finse di dormire e vide Elisa uscire dalla stanza; quindi, cominciò a seguirla. Da quel giorno, lo sguardo del re si fece sempre più cupo, ed Elisa, vedendolo e non potendo spiegargli nulla, ne soffriva.
Finalmente, la giovane sposa aveva quasi terminato tutto il suo lavoro, le mancava solo una tunica, ma era rimasta senza ortiche. Quindi, doveva andare per l’ultima volta a raccoglierle. Ma, il re e l’arcivescovo la seguirono proprio mentre lei, al calar della notte, si incamminò per raggiungere il nascondiglio.
I due non ebbero più dubbi e pensarono che anche lei fosse una strega.
– Il popolo giudicherà – dichiarò il re affranto.
Il popolo decise che fosse mandata al rogo, come tutte le streghe. Elisa venne condotta in un carcere buio e umido. Per fortuna, però, le lasciarono i fasci di ortica che aveva raccolto, e le tuniche ruvide e brucianti che aveva tessuto, per farle da materasso e da coperte. Non potevano darle niente di più caro! Lei ricominciò subito a lavorare.
Dalla strada i passanti le rivolgevano ingiurie e cattiverie. Poi, verso sera, un’ala di cigno sfiorò l’inferriata: era il più giovane dei fratelli che aveva ritrovato la sorellina. Pianse forte per la gioia, il lavoro era quasi terminato e i suoi fratelli erano riusciti a trovarla.
Un’ora prima che sorgesse il sole, gli undici fratelli bussarono all’ingresso del castello e chiesero di essere condotti dal re, ma era troppo presto per svegliarlo. Loro supplicarono e minacciarono, fino a che giunse una sentinella e, subito dopo, anche il re per vedere cosa stesse succedendo. Ma, in quel momento, il sole sorse e i fratelli si trasformarono in cigni.
Intanto, il popolo andava verso la piazza per vedere bruciare la strega. Misero Elisa su un carretto: era vestita con una tela di sacco ruvida, i bellissimi lunghi capelli cadevano sciolti intorno al viso grazioso, le guance erano pallide, mentre le dita continuavano a intrecciare la verde fibra: stava terminando l’undicesima tunica.
La folla la ingiuriava e tutti volevano strapparle di mano il lavoro. In quel momento giunsero undici cigni bianchi in volo che circondarono il carretto di Elisa.
Arrivata al rogo, il boia la afferrò per una mano. Lei gettò in fretta le undici tuniche sui cigni e subito apparvero undici bellissimi principi. Il più giovane aveva, però, ancora un’ala di cigno al posto del braccio, perché Elisa non aveva ancora finito una manica all’ultima tunica.
– Posso finalmente parlare! – esclamò la ragazza. – Sono innocente! – gridò.
Il popolo, dopo aver visto l’accaduto, si inchinò davanti a lei. Elisa, sfinita, svenne tra le braccia dei fratelli.
È innocente! – disse il fratello maggiore e raccontò tutto ciò che era successo.
Mentre lui parlava si sparse nell’aria un profumo di rose, i rovi si erano trasformati in bellissimi fiori. Il re si avvicinò ad Elisa e lei subito si risvegliò. Finalmente la giovane fanciulla, ritornò al suo castello con il suo amato sposo per vivere con lui felice.
Giochiamo con la fiaba
A cura di Mema Longo
Il re e la regina cattiva
* Osserva, colora e rispondi.
• Con chi si risposò il re?
• Che carattere aveva la principessa?
Un terribile incantesimo
* Osserva, colora e rispondi.
• Da chi furono trasformati in cigni gli undici principini?
Elisa salva i suoi fratelli
* Osserva, colora e rispondi.
• In che modo Elisa riuscì a rompere l’incantesimo e a salvare i suoi fratelli?
Il re scopre la verità
* Osserva, colora e rispondi.
A cura di Mema Longo
Responsabile editoriale: Antonio Riccio
Redazione: Roberto Capobianco
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Impaginazione: Michele Digregorio
Illustrazioni: Stefano Mandolese
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