Journal of Osseointegration 2010_#2

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Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. In. L. 27/02/2004, n.46) art. 1 comma 1, DCB Milano Taxe perรงue

versione italiana

JOURNAL of OSSEOINTEGRATION ISSN 2036-413X

GIUGNO 2010

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JOURNAL of OSSEOINTEGRATION

Editorial board EDITORS-IN-CHIEF >

Adriano Piattelli Professor of Oral Pathology and Medicine Dental School, University of Chieti Pescara (Italy) apiattelli@unich.it

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Arthur Belem Novaes Jr. Dental School of Ribeirão Preto, University of São Paulo (Brazil) novaesjr@forp.usp.br

ASSOCIATE EDITORS Clinical Research

Biomaterials

Georgios Romanos

Paulo Coelho New York (USA)

Rochester (USA)

Biomaterials and Tissue Engineering

Implant Science

Jose M. Granjeiro

Marco Degidi Bologna (Italy)

Niterói (Brazil)

Jamil Shibli

Carlo Mangano Gravedona (Italy)

Guarulhos (Brazil)

Basic Research

Clinical Innovations

Devorah Schwartz-Arad Tel Aviv (Israel)

Gabriele Edoardo Pecora Rome (Italy)

ABBONAMENTO Il costo dell’abbonamento annuale (3 numeri) a Journal of Osseointegration è di 40,00 euro, da versarsi sul conto corrente n. 21020201 - intestato ad Ariesdue Srl. Per informazioni: Antonella Lambertoni abbonamenti@ariesdue.it tel. 031.79.21.35 / fax. 031.79.07.43

BOARD OF REVIEWERS Biomaterials Yasumasa Akagawa Hiroshima (JPN) Victor Arana Chavez Sao Paulo (BRA) Carlos Roberto Grandini Ilha Solteira (BRA) Antonio Guastaldi Araraquara (BRA) Adalberto Luiz Rosa Ribeirão Preto (BRA) Lior Shapira Jerusalem (ISR) Paulo Tambasco de Oliveira Ribeirão Preto (BRA) Heverson Tavares Araraquara (BRA) Van P. Thompson New York (USA)

Biomaterials and Tissue Engineering Paolo Amerio Chieti (ITA) Timothy G. Broomage New York (USA) Pablo Galindo Moreno Granada (ESP) Martin Lorenzoni Graz (AUT) Brian Nicholls London (GBR) Mario Raspanti Varese (ITA) Cristina Teixeira New York (USA) Michael Yost Columbia (USA)

Basic Research

ASSISTANT EDITORS >

Vittoria Perrotti Department of Dentistry and Oral Science, Dental School, University of Chieti-Pescara (Italy) v.perrotti@unich.it

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Nilson T. C. Oliveira Biomaterials Group “IQ”UNESP Araraquara, SP (Brazil) n.oliveira@journalofosseointegration.eu

Luciano Artese Chieti (ITA) Raquel R.M. Barros Ribeirão Preto (BRA) Giuseppe Cardaropoli New York (USA) Francesco Carinci Ferrara (ITA) Magda Feres Guarulhos (BRA) Giovanna Iezzi Chieti (ITA) Ramon Martinez Corrià Lerida (ESP) Gabriella Mincione Chieti (ITA) Raffaella Muraro Chieti (ITA) Gianpaolo Papaccio Naples (ITA) Rachel Sammons Birmingham (GBR)

Clinical Research Publisher: Ariesdue Srl Via Airoldi, 11 22060 Carimate (Co) Tel. +39(0)31792135 Fax +39(0)31790743 www.ariesdue.it email: info@ariesdue.it Direttore responsabile Dino Sergio Porro Giugno 2010; 2(2)

Angela Battaglia a.battaglia@ariesdue.it Barbara Bono b.bono@ariesdue.it Cristina Calchera farma@ariesdue.it Paola Cappelletti p.cappelletti@ariesdue.it Franco De Fazio f.defazio@ariesdue.it Simona Marelli doctoros@ariesdue.it

Sergio Caputi Chieti (ITA) Massimo Del Fabbro Milan (ITA) Carlo Ercoli Rochester (USA) German Gomez-Roman Tübingen (DEU) Ole Jensen Denver (USA) Gregorio Laino Naples (ITA) Voja Lekovic Belgrade (SRB) Elcio Marcantonio Jr Araraquara (BRA) Ziv Mazor Ra'anana (ISR) Valdir Antonio Muglia Ribeirão Preto (BRA) Joerg Neugebauer Cologne (DEU) Ana Pontes Barretos (BRA)

Sérgio L. Scombatti de Souza Ribeirão Preto (BRA) Pascal Valentini Paris (FRA) Paul Weigl Frankfurt am Main (DEU)

Implant Science Carlos R.P. Araujo Bauru (BRA) Bartolomeo Assenza Chieti (ITA) Luigi Califano Naples (ITA) Jose Luis Calvo Guirado Murcia (ESP) James Doundoulakis New York (USA) Massimo Frosecchi Florence (ITA) Enrico Gherlone Milan (ITA) Ana Becil Giglio New York (USA) Graziano Giglio New York (USA) Luigi Guida Naples (ITA) Giulio Leghissa Milan (ITA) Giuseppe Luongo Naples (ITA) Emeka Nkenke Erlangen (DEU) Marco E. Pasqualini Milan (ITA) Lorenzo Ravera Chieti (ITA) Gilberto Sammartino Naples (ITA) Antonio Scarano Chieti (ITA) Tiziano Testori Milan (ITA) Stefano Tetè Chieti (ITA)

Clinical Innovations Roberto Abundo Turin (ITA) David Anson Beverly Hills (USA) Zvi Artzi Tel Aviv (ISR) Giuseppe Corrente Turin (ITA) Nilton De Bortoli Jr São Paulo (BRA) Paolo Della Casa Genoa (ITA) Stefano Fanali Chieti (ITA) Carlos Ademar Ferreira Tucuruvi (BRA) Luis Fujimoto New York (USA) Heracles Goussias Athens (GRC) Robert Horovitz New York (USA) Fouad Khoury Münster (DEU) Francesco Maggiore Aschaffenburg (DEU) Glenn Mascarenhas Mumbai (IDN) Jorge Mulatinho Sao Paulo (BRA) Georg H. Nentwig Frankfurt (DEU) Vula Papalexiou Curitiba (BRA) Roberto Pistilli Rome (ITA) Waldemar Polido Porto Alegre (BRA) Nigel Saynor Woodford (GBR) Ludovico Sbordone Pisa (ITA) David Simmons New Orleans (USA) Aris Tripodakis Athens (GRC) Glecio Vaz De Campos Jundiai (BRA) 63


© Nobel Biocare Services AG, 2010. Tutti i diritti riservati. Nobel Biocare, il logo Nobel Biocare e tutti gli altri marchi di fabbrica sono, salvo diversa dichiarazione o evidenza dal contesto in un caso specifico, marchi di fabbrica di Nobel Biocare.

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sommario

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JOURNAL of OSSEOINTEGRATION

ISSN (Print): 2036-413X ISSN (Online): 2036-412

Sommario

Journal of Osseointegration Vol. 2, N. 2 Giugno 2010 - quadrimestrale © 2010 Ariesdue Srl

ORIGINAL PAPERS

journalofosseointegration.eu Journal of Osseointegration è organo ufficiale IAfIL (International Academy for Immediate Loading). Non è permessa la riproduzione di articoli della rivista senza l’autorizzazione scritta dell’editore. Tutti gli articoli pubblicati sulla rivista sono redatti sotto la responsibilità dell’autore. La rivista Journal of Osseointegration è spedita in abbonamento: l’indirizzo in nostro possesso verrà utilizzato per l’invio di questa e di altre pubblicazioni o per l’inoltro di proposte di abbonamento. Ai sensi della legge 675/96 sulla tutela della privacy, è nel diritto del ricevente richiedere la cessazione dell’invio e/o l’aggiornamento dei dati. Registrazione del Tribunale di Como n. 12-08 del 14.4.2008 Ariesdue Srl Via Airoldi, 11 22060 Carimate (Co) Tel. +39(0)31792135 Fax +39(0)31790743 www.ariesdue.it email: info@ariesdue.it Grafica e web Michele Moscatelli grafica@ariesdue.it Simone Porro simone@ariesdue.it

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Studio comparativo sull’uso dell’osso anaorganico bovino e del solfato di calcio nelle procedure di rialzo del seno mascellare: uno studio su pecore Antonio Scarano, Adriano Piattelli, Gabriele Pecora, Lucio Petrizzi, Luca Valbonetti, Vincenzo Varasano, Giovanna Iezzi

> 83

Rigenerazione ossea guidata con membrane volutamente esposte e relative implicazoini in odontoiatria implantare. Studio clinico randomizzato con rivalutazione a 6 mesi Sérgio L.S. Souza, Arthur B. Novaes Jr., Carla C. Pontes, Mário Taba Jr., Marcio F.M. Grisi, Adriana M.M. Silveira e Souza

> 93

Irradiazione mododose seguita da inserimento implantarre nell’osso di topo. Studio investigativo per l’individuazione di un livello critico di osteointegrazione Jan Nyberg Sven Hertzman, Börje Svensson , Petra Johansson , Gösta Granström, Carina B Johansson

Il fosfato β-tricalcico come sostituto osseo: proprietà ed applicazioni cliniche > > 103

Robert A. Horowitz, Ziv Mazor, Christian Foitzik, Hari Prasad, Michael Rohrer, Ady Palti

SHORT COMMUNICATION L’utilizzo dello Y-TZP negli impianti endossei. Prospettive attuali > 113

Nelson R.F.A. Silva, Ralf J. Kohal, Paulo G. Coelho

RUBRICHE > 67

Editoriale Massimo Del Fabbro

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Prodotti, aziende, eventi

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Iafil

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Agenda


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editorialeitaliano

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editoriale

JOURNAL of OSSEOINTEGRATION

Università di Milano Facoltà di Medicina e Chirurgia Dipartimento di Tecnologie per la Salute Istituto Ortopedico Galeazzi I.R.C.C.S. Giugno 2010; 2(2)

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QUANTO SONO AFFIDABILI LE TABELLE DI SOPRAVVIVENZA?

Molto spesso negli articoli di implantologia ci si imbatte in tabelle che riportano dettagliatamente il tasso di sopravvivenza implantare, effettuate mediante la “Kaplan-Meier analysis” più comunemente chiamata “life table analysis”. Si tratta di una tecnica statistica utilizzata in medicina per valutare nel lungo tempo il tasso di sopravvivenza/mortalità di pazienti sottoposti ad interventi chirurgici (per esempio trapianto di organi), all’interno di studi prospettici nei quali tutti i soggetti (tranne quelli deceduti o non ripresentatisi ai controlli) vengono seguiti per un determinato periodo dopo l’intervento, per esempio10 anni. Questo tipo di analisi viene adottata anche nell’implantologia osteointegrata, per valutare la cosiddetta sopravvivenza di determinati materiali (impianti o protesi) utilizzati in pazienti nell’ambito di trattamenti riabilitativi. Il passaggio dall’individuo agli impianti come unità di analisi potrebbe essere accettabile a patto che se ne discutano i limiti. In particolare va considerata la non completa indipendenza delle unità sperimentali quando alcuni pazienti vengono sottoposti all’inserimento di molteplici impianti. L’analisi risultante è quindi imprecisa per quanto riguarda la stima del rischio associato ad un evento (il fallimento di un impianto). Un ulteriore rischio di tra-

smettere un messaggio inesatto si ha quando non è possibile rendere conto di tutte le unità sperimentali sottoposte al trattamento, per l’intera durata del periodo di osservazione, cioè quando una quota di impianti ha raggiunto un follow-up più breve rispetto ad altri che, essendo stati inseriti precedentemente, sono stati osservati per una maggiore durata di tempo. Le life table analysis andrebbero infatti riportate al termine di uno studio quando per tutti i soggetti trattati è trascorso il periodo prestabilito, dando informazioni sulla tempistica e la percentuale dei fallimenti e sulla quota di soggetti che, per qualsiasi motivo, non hanno potuto essere valutati (drop-out) alla scadenza dello studio. In questa ottica ha un senso valutare la sopravvivenza in ogni intervallo di tempo e quella cumulativa. Molto spesso invece vengono riportate tabelle di sopravvivenza in cui solo una minima parte dei pazienti raggiunge la durata del follow-up relativa agli ultimi intervalli. Se le informazioni relative al primo intervallo (per esempio da 0 a 1 anno) si riferiscono al 100% dei pazienti trattati (o degli impianti inseriti) ma solo una minima quota (spesso anche meno del 20%) raggiunge il follow-up più lungo, il peso relativo (power) dell’informazione nei due casi è di gran lunga diverso e non è assolutamente cor-

retto metterli insieme calcolando una sopravvivenza cumulativa. Andrebbero quindi valutati criticamente gli studi che riportano, ad esempio, un “tasso di successo cumulativo fino a 5 anni relativo a centinaia di impianti inseriti”, se solo poche decine hanno raggiunto i 5 anni di follow-up o, peggio ancora, sono semplicemente riportati nell’intervallo 4-5 anni. In uno studio come questo è molto più corretto invece dare un tasso di sopravvivenza a una determinata scadenza quando tutti gli impianti inseriti (salvo fallimenti o drop-out) l’hanno raggiunta, anche considerando solo un anno di follow-up, e poi, se si vuole, riportare un range e una media di follow-up (con valore minimo almeno un anno nel caso citato) ma senza associarlo ad un valore di sopravvivenza cumulativo. Alcune riviste scientifiche, ma non tutte, si servono anche di revisori statistici per la valutazione dei manoscritti in quanto non sempre i referee clinici sono preparati a valutare in modo critico tecniche analitiche entrate nell’utilizzo comune. È necessario quindi fare molta attenzione quando si leggono articoli che riportano risultati eclatanti derivanti da una tecnica statistica applicata in modo inappropriato, anche se questi sono pubblicati nella letteratura internazionale. Massimo Del Fabbro 67


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Prodotti, aziende, eventi

Laser + tecnologia 3D per gli impianti Tixos Leader Italia propone, con la nuova linea di impianti Tixos, una soluzione innovativa ed originale, frutto di anni di ricerca, basata sull’utilizzo di nanopolveri di titanio sinterizzate tramite laser. La novità risiede nel processo di produzione, denominato LST (Laser Sintered Titanium), brevettato dall’azienda lombarda. Gli impianti Tixos sono progettati in 3D: attorno a un nucleo estremamente compatto viene creata una superficie isoelastica e porosa, che riproduce la geometria dell’osso spugnoso al fine di accelerare la guarigione ossea e favorire, quindi, una rapida osteointegrazione. In pratica, il raggio laser fonde,strato su strato (ciascuno di 20 micron di spessore), le nanoparticelle di titanio, secondo le informazioni contenute nel modello 3D dell’impianto progettato, ottenendo la compattezza del nucleo mentre le caratteristiche biomimetiche della superficie esterna porosa,replicano la morfologia dell’osso; il disegno delle cavità, di dimensioni comprese tra 2 e 200 micron, e le loro interconnessioni vengono accuratamente determinati in fase di progetto. Le peculiari caratteristiche biomeccaniche e biologiche sono state dimostrate da numerosi studi in vitro e in vivo, eseguiti presso Università Nazionali ed Internazionali (Università di Chieti, Università dell’Insubria-Varese, II Università di Napoli, Università di Birmingham, Università di Guarulhos a San Paolo,

Brasile, Università di Johannesburg, Sud Africa). La gamma Tixos si compone di diverse tipologie implantari e relativa componentistica. Tixos cilindrico a esagono interno è un impianto autofilettante in titanio grado 5 munito di uno strumento multifunzionale, denominato mount transfer. Anche Tixos cilindrico a esagono esterno è autofilettante in titanio grado 5. Tixos Nano per protesi fissa è l’impianto monocomponente transgengivale adatto alla protesizzazione immediata; l'emergenza conica lo rende indicato per uno o più elementi ed è ideale per chi utilizza la tecnica del platform switching. I Tixos Nano OVD per protesi rimovibile sono indicati esclusivamente per l’inserimento nella mandibola inferiore, nell’area compresa fra i due forami mentonieri. Questi mini-impianti, soprattutto nelle misure più piccole, sono indicati per una applicazione multipla; si consiglia l’inserimento di 4 impianti per il sostegno ottimale della protesi. Con la linea Tixos Leader Italia propone impianti caratterizzati da una superficie implantare finalizzata a facilitare sia i primissimi eventi collegati con la guarigione dell’osso, quali la formazione del coagulo e la sua organizzazione, sia l’adesione delle cellule e la loro migrazione, nonché gli scambi di fluidi e sostanze nutritive e fornire spazio sufficiente per un’adeguata vascolarizzazione, organizzazione della matrice ossea e rimodellazione ossea. >

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Gaba Vebas: 20 anni in Italia al fianco dell’odontoiatra GABA Vebas, The specialist in oral care, è un partner affidabile della professione odontoiatrica. Al fianco dei dentisti italiani, ha collezionato venti anni di dialogo con la professione, grazie ad un’attività di ricerca mirata, i cui risultati sono stati integrati nello sviluppo di prodotti innovativi. GABA, azienda leader nel settore dell’igiene orale, vanta le sue radici nella Goldene Apotheke Basel, fondata nel lontano 1638: una matrice farmaceutica che fa sentire la propria influenza sulla costante attività di ricerca scientifica che GABA pone al servizio della prevenzione. Nel 1962 GABA brevetta il composto organico Giugno 2010; 2(2)

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Prodotti, aziende, eventi

fluoruro amminico (elmex®) e nel 1986 l’associazione tra fluoruro amminico e fluoruro stannoso (meridol®). L’azienda è sempre stata un partner proattivo del mondo odontoiatrico, favorendo la divulgazione di strumenti e progetti volti a rafforzare la promozione della salute orale. Per GABA Vebas far conoscere l’importanza della prevenzione rappresenta la propria mission. A tal fine, ha coinvolto sia il mondo odontoiatrico e farmaceutico - attraverso seminari, corsi e lezioni universitarie rivolte a odontoiatri, studenti, igieniste e farmacisti - sia direttamente il paziente -con la realizzazione di programmi formativi come il Progetto Sorridente. Questa iniziativa, da otto anni attiva nelle scuole materne ed elementari delle principali città italiane, ha ottenuto quale riconoscimento del suo valore socio-sanitario, il patrocinio del Ministero della Salute e dell’Istituto Italiano di Medicina Sociale. Se in 20 anni sono cambiati - sempre in espansione gli assetti societari, il numero degli addetti, il giro d’affari e il numero dei prodotti a listino, quella che non è mai variata è la cura e l’attenzione posta da GABA Vebas nella costruzione delle relazioni con i dentisti. Una vera e propria partnership, fondata sul reciproco riconoscimento delle competenze, che ha tenuto aperti il dialogo sui bisogni e il confronto sotto l’aspetto scientifico. In questi venti anni GABA

Vebas ha costantemente aumentato il proprio livello di servizio e il legame professionale con gli odontoiatri realizzando interventi congressuali, incontri formativi, e prodotti ad alto valore, capaci di supportare realmente i professionisti nella loro pratica quotidiana. È per questo che GFK Health Care, in più di una ricerca, ha rilevato come GABA Vebas per il dentista rappresenti un’azienda leader per prodotti, servizio e relazione, argomentazioni scientifiche e responsabilità verso la salute del paziente finale. Questo successo di mercato e di professionalità viene festeggiato con orgoglio e, ancora una volta, nel segno della condivisione: in occasione del ventennale GABA Vebas promuove il concorso ‘20 e lode. L’anniversario che ti premia’, aperto a tutti i dentisti clienti che hanno contribuito e contribuiranno al successo aziendale. Si tratta di un concorso ricco di premi per la professione, ma anche per il tempo libero. >

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Osseointegrazione con Bego

BEGO Implant Systems ha recentemente integrato l’offerta di soluzioni implantari con la linea di biomateriali completamente dedicati alla rigenerazione guidata. Questa scelta nasce da un accordo di partnership con il Gruppo aap Biomaterials, azienda tedesca con un’ampia e consolidata esperienza nel campo dei biomateriali, da oltre 20 anni leader nei processi di sviluppo e validazione di dispositivi biologici in ambito ortopedico e odontoiatrico. L’impegno di BEGO nei confronti degli implantologi e chirurghi maxillofacciali origina da lontano, poiché il nuovo programma dei biomateriali per la chirurgia 70

rigenerativa si avvale di tecnologie e materiali che hanno trovato negli anni ampio utilizzo ed applicazione da parte di molti professionisti e per questo sicuri, affidabili e documentati clinicamente e scientificamente. Il programma comprende tipologie diverse di materiali aventi indicazioni e applicazioni diverse in funzione dello specifico ambito implantare, parodontale e della chirurgia orale. BEGO OSS è il sostituto d’osso naturale, di origine bovina, utilizzato per gli innesti. Il materiale naturale purificato, è dimensionalmente stabile ed estremamente affidabile. La composizione minerale, la struttura tridimensionale e le caratteristiche fisicochimiche e biologiche di BEGO OSS sono estremamente simili a quelle dell’osso umano. Il singolare processo di produzione, che ne prevede il riscaldamento a temperature elevate, elimina i componenti organici e con essi ogni potenziale reazione immunologica: BEGO OSS proviene da allevamenti tedeschi costantemente controllati e certificati che ne conferiscono la sicurezza al 100% contro la BSE. BEGO OSS S è un sostituto d’osso innovativo, sicuro, affidabile, completamente realizzato in materiale Giugno 2010; 2(2)



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Prodotti, aziende, eventi

sintetico con ottimali proprietà di riassorbimento controllato e caratteristiche di maneggevolezza. La buona osteoconduttività di BEGO OSS S è data da una matrice di pori interconnessi con una elevatissima porosità pari a circa l’80% La Membrana BEGO svolge un’adeguata e duratura funzione di barriera. Grazie a un singolare processo di produzione, le proprietà superiori del pericardio naturale di suino vengono conservate, offrendo una matrice naturale di collagene tridimensionale. BEGO Collagen Fleece è un agente emostatico stabile all’umidità, contenente collagene animale di origine suina. Le sue potenti e ben note proprietà emostatiche sono indotte dall’adesione delle piastrine alle fibre di collagene che aggregandosi rilasciano i fattori di coagulazione per degranulazione. Infine, grazie al nuovo set OsseoPlus Transfer, gli implantologi e i chirurghi maxillofacciali dispongono di strumenti che consentono di eseguire procedure standardizzate di innesto osseo in assoluta sicurezza in tutte le difficili condizioni operative che caratterizzano il settore dell’innesto nella cresta ossea

regolarizzata, nella cresta estremamente atrofica e nel deficit osseo verticale, indipendentemente dal sistema implantare successivamente utilizzato. Gli strumenti del set OsseoPlus Transfer sono stati completamente adattati alle esigenze degli operatori e si contraddistinguono per la facilità di utilizzo, l`ergonomia, la perfetta visibilità dei marcatori di lunghezza e per l‘elevata resistenza. Inoltre, gli strumenti sono stati integrati in un moderno vassoio chirurgico ben strutturato che permette il chiaro e immediato riconoscimento per l’utilizzo nelle differenti applicazioni cliniche come l’aumento orizzontale e verticale di osso. Il set è poi completato da viti di osteosintesi, punte da trapano e cacciaviti di semplice utilizzo. >

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Istituto Eduardo Anitua L’Istituto Eduardo Anitua è un centro di riferimento a livello mondiale in implantologia orale e terapie rigenerative caratterizzato da un elevato livello tecnologico. Avendo a disposizione una superficie di quasi 5000 mq, il centro si compone di un centro ricerche, un centro di formazione e aggiornamento e una clinica odontoiatrica. Il centro ricerche è dotato di un laboratorio di ricerca applicata, impegnato sulla genomica e la terapia cellulare, e l’unità per le sperimentazioni cliniche che daranno continuità all’importante attività di ricerca e sviluppo che si è concretizzata in tanti prodotti, materiali e tecniche. La clinica è un centro di eccellenza e di riferimento in odontoiatria e chirurgia orale, concepito per il trattamento dei casi complessi di chirurgia orale e maxillofacciale e riabilitazione orale. La struttura, modernissima, è dotata di sue sale operatorie. Sia la clinica che il laboratorio fanno parte dell’attività didattica del Centro di formazione e specializzazione in cui si svolgono i corsi di aggiornamento e le manifestazioni culturali di BTI, costituito da due aule multimediali, un laboratorio per le attività pratiche e una sala conferenze che può ospitare oltre 70 persone. Tutto ciò è abbinato alle più moderne tecnologie audiovisive e mediche che permettono una collaborazione costante e immediata con centri universitari di prestigio, quali Harvard, Boston, Tufts, New York, Milano (Isituto Galeazzi), Torino (Dental School), Orbassano (San Luigi), Ferrara 72

e la maggior parte delle università spagnole, senza dimenticare le collaborazioni di BTI con altri centri di formazione in Messico, Italia, Germania, Portogallo, Giappone e in Europa in generale. Il centro costituisce un punto di incontro per chirurghi maxillofacciali e estetici, odontoiatri specialisti in traumatologia che giungono da tutto il mondo non solo per trovare ma anche per condividere conoscenze ed esperienze. Inoltre, non meno importante il canale televisivo di biomedicina di cui dispone il centro, attraverso il quale si possono seguire interventi chirurgici in diretta e corsi di formazione in tempo reale e ad alta definizione. Tutto ciò rende l’Istituto Eduardo Anitua un centro davvero all’avanguardia nel panorama spagnolo ma anche internazionale, ottenendo vantaggi competitivi che differenziano BTI sulla ricerca scientifica e nell’acquisizione di una infrastruttura tecnologica di avanguardia.

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ANTONIO SCARANO , ADRIANO PIATTELLI , GABRIELE PECORA , LUCIO PETRIZZI , LUCA VALBONETTI , VINCENZO VARASANO , GIOVANNA IEZZI 5

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Ricercatore, Università di Chieti-Pescara Professore di Medicina Orale, Università di Chieti-Pescara Odontoiatra, libero professionista, Roma Professore, Clinica Veterinaria, Università di Teramo Ricercatore, Clinica Veterinaria, Università di Teramo Ricercatore, Università di Chieti-Pescara

Studio comparativo sull’uso dell’osso bovino inorganico e del solfato di calcio nelle procedure di rialzo del seno mascellare: uno studio su pecore RIASSUNTO Scopo La corretta scelta del materiale da innesto è importante per un’adeguata formazione di osso in seguito alla terapia rigenerativa. Lo studio istologico e istomorfometrico è il miglior metodo per valutare il risultato delle procedure di rialzo del seno, poiché permettedi verificare sia il grado di formazione di osso vitale sia l’interfaccia tra osso e impianto. Lo scopo del presente studio è una comparazione istologica e istomorfometrica tra osso bovino inorganico (ABB) e solfato di calcio (CaS) nella procedura di grande rialzo di seno mascellare su pecora. Materiali e metodi Lo studio è stato effettuato su 12 esemplari femmina di pecora adulta nei quali in modo random è stato scelto un seno mascellare per il posizionamento di ABB e nel sito controlaterale il CaS, utilizzando la stessa quantità di materiale (3,5 cm3). Dopo 3 e 6 mesi dal posizionamento degli impianti, un gruppo di 6 animali è stato rispettivamente sacrificato e sono state preparate le sezioni dei campioni per l’analisi istologica. Risultati Osso neoformato è stato evidenziato sulla superficie delle particelle di ABB senza lacune o formazione di tessuto fibro-connettivo. Le particelle di riempitivo funzionano quindi come impalcatura per la formazione di nuovo osso e il materiale appare inoltre altamente osteoconduttivo. Vi è un incremento di osso neoformato dai 3 mesi (21%) a 6 mesi (39%) con un corrispondente decremento della quota di materiale residuo da 39% a 32%. Anche nei casi con CaS c’è stato un incremento da 3 mesi (19%) a 6 mesi (37%); il decremento del materiale residuo è stato invece dal 27% di 3 mesi al 9% di 6 mesi. La percentuale BIC incrementa nel tempo per entrambi i materiali, raggiungendo il 45% per l’ABB e il 40% per il CaS a 6 mesi. Conclusioni L’osso rigenerato appare in grado di crescere strettamente adeso alla superficie implantare. Inoltre il completo riassorbimento dell’ABB non sembra essere un requisito per la formazione di osso e la presenza di particelle residue non sembra interferire con la guarigione ossea. Da un'altra parte, il veloce riassorbimento del CaS non sembra ostacolare la formazione di osso in stretto contatto con la superficie implantare. Entrambi i materiali sembrano quindi adatti per la procedura di rialzo di seno mascellare.

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PAROLE CHIAVE Osso bovino inorganico; Rialzo del seno; Solfato di calcio.

INTRODUZONE Il successo della procedura di rialzo di seno mascellare è rappresentato dalla formazione di una quantità di matrice ossea sufficiente al supporto meccanico, nonché all’integrazione di impianti dentali (1,2). Analisi istologiche dei tessuti neoformati dopo rialzi di seno mascellare ci forniscono informazioni sulla natura e sul livello di osso neoformato (3). La tempistica per il riassorbimento e per la sostituzione dei materiali riempitivi non è totalmente nota. Il modello ovino ha dimostrato di essere un appropriato modello animale: la pecora presenta un seno mascellare di dimensioni adeguate, e la struttura e la fisiologia ossea sono paragonabili a quelle dell’uomo. L’osso bovino inorganico (ABB) è un tipo di osso sterilizzato e deproteinizzato con una porosità del 7580% e cristalli di dimensioni approssimativamente di 10 µm in forma di granuli di osso compatto. Sono stati pubblicati diversi studi istologici e clinici su modello animale e sull’uomo riguardanti l’ABB usato come materiale da riempimento nella procedura di GRSM (grande rialzo di seno mascellare) (5-15). È stato dimostrato come l’ABB sia capace di indurre attività simil-osteoblastiche, regolazione cellulare, apoptosi e trasporto vescicolare (16). Studi istologici su campioni di ABB prelevati da tessuto neoformato in procedure di GRSM effettuate sull’uomo hanno dimostrato una stretta correlazione tra angiogenesi e osteogenesi (17, 18). La sopravvivenza di impianti posizionati dopo GRSM con ABB è stata ben documentata da recenti revisioni (19-21). 75


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Sono state espresse diverse opinioni circa le proprietà di riassorbimento dell’ABB. Non è stata evidenziata nessuna attività osteoclastica (11), e sembra che l’ABB non subisca alcun processo di riassorbimento e rimodellamento (22). Altri ricercatori, al contrario, hanno provato come l’ABB subisca un processo di riassorbimento osteoclastico (9, 23, 24). In uno studio in vitro sono stati evidenziati osteoclasti sulle particelle di ABB capaci di attaccare e riassorbire questo materiale (25). Il solfato di calcio (CaS) è un materiale altamente biocompatibile, con la caratteristica di essere il più semplice e quello con la più lunga storia clinica tra i materiali sintetici di tipo riempitivo, usato da più di 100 anni. È stato successivamente usato per trattare difetti ossei causati da malattia parodontale, lesioni endodontiche, perdita di osso alveolare, procedure di rialzo di seno e lesioni ortopediche (26, 29). Il CaS va incontro a un rapido processo di riassorbimento, lasciando un reticolo di fosfati di calcio che promuove l’attività osteogenica, simulando la fase minerale dell’osso (30). Sono stati espressi dubbi riguardo questo materiale e il suo rapido processo di riassorbimento (31). Un completo riassorbimento del materiale è stato dimostrato in 6 settimane in uno studio su conigli (32) e in 13 settimane su cani (33). Nell’uomo, il solfato di calcio è quasi completamente riassorbito dopo 6-7 mesi (34, 36). In uno studio istologico e istomorfometrico su procedura di GRSM con differenti tipi di materiali riempitivi, è stato osservato che con il CaS la percentuale di osso neoformato era del 38±3,2%, gli spazi midollari erano rappresentati dal 45±1,3% e le particelle di materiale residuo erano il 13±2,1%. Per quanto concerne l’utilizzo di ABB, la quota di osso neoformato era del 39±1,6%, gli spazi midollari rappresentavano il 34±1,6% e materiale residuo il 31±1,4%(14). Non sono state trovate quindi differenze significative tra l’ABB e il CaS nella percentuale di osso neoformato, mentre differenze statisticamente importanti sono state evidenziate nella quota di materiale riempitivo residuo (14). Lo studio istologico è l’unico mezzo con cui è possibile valutare il risultato di una procedura di GRSM, studiando in particolare l’interfaccia osso-impianto (11). Lo scopo del presente studio è una comparazione istologica e istomorfometrica tra ABB e CaS nella procedura di GRSM effettuato su pecora. La formazione di osso vitale e a contatto con impianti verrà valutata a 3 e 6 mesi.

MATERIALI E METODI Per il presente studio sono stati utilizzati dodici esemplari femmina di pecora adulta (approssimativamente tra 20 e 36 mesi di vita). Le procedure chirurgiche sono state effettuate in regime sterile e con anestesia 76

generale. La sedazione è stata raggiunta tramite xylazina 0,2 mg/kg i.m. (Rompum, Bayer) seguita da diazepam 0,2 mg/kg i.v. (Diazepam 0,5; Intervet) e atropina solfato 6 mg i.m. (Atropina Solfato; Fort Dodge). L’anestesia è stata indotta tramite Ketamina 10 mg/kg i.m. (Ketavet 100; Intervet). Le pecore sono state successivamente intubate e l’anestesia generale è stata mantenuta tramite inalazione continua di una miscela di Halotano al 2,5% in ossigeno (Halotane; Merial). Protocollo chirurgico Il campo operatorio è stato preparato mettendo in evidenza i punti di repere più importanti, come la vena angolare dell’occhio e l’arteria traversa della faccia. Le pecore sono state preparate e coperte seguendo il protocollo chirurgico sterile. Il sito è stato esposto tramite una incisione obliqua extraorale di circa 5 cm in lunghezza sulla parte più ventrale del seno mascellare. I tessuti sottocutanei e il muscolo massetere sono stati separati per esporre il periostio mascellare, che è stato inciso e scollato dorsalmente. È stata creata una botola rettangolare sulla parete laterale sinusale tramite fresa rotante al tungsteno #6 sotto abbondante irrigazione salina. La botola ossea è stata rimossa tramite uno scalpello lungo la linea di osteotomia. È stato praticato un GRSM bilaterale in tutte le pecore. L’elevazione della membrana schneideriana è stata effettuata bilateralmente, con particolare attenzione, evitando perforazioni. In tutti gli animali, in maniera random, è stato scelto un seno mascellare per il posizionamento di ABB e nel sito controlaterale è stato usato il CaS. È stata utilizzata la stessa quantità di volume di materiale (3,5 cm3) in entrambe le cavità sinusali. Nel seno riempito con ABB, è stata posizionata una membrana in collagene per chiudere la cavità ossea, mentre nel lato che ha ricevuto il CaS è stato posizionato cemento per coprire l’accesso sinusale. Sono stati posizionati due impianti da 4x13 mm (Biolok International, Boca Raton, Fl, USA) a una distanza di 2 mm dalla finestra ossea e 3-4 mm dalla parete sinusale residua. In questo studio sono stati usati impianti conici, per la loro naturale resistenza al dislocamento nel seno, dato il loro diametro largo coronalmente e più stretto nella porzione apicale. In tutti i casi è stata ottenuta una buona stabilità primaria. Gli impianti sono stati posizionati in modo tale da avere solamente 2 mm a contatto con osso nativo, mentre la restante superficie era in contatto solo con il biomateriale. La fascia superficiale e profonda del muscolo massetere è stata poi suturata con una sutura 3-0 di tipo monofilamento riassorbibile (Vycril – Ethicon inc). Agli animali sono stati somministrati 20mg/kg di ampicillina (Vetamplius – Fatro) ogni 12 h per i successivi 3 giorni dopo l’intervento chirurgico. Non è stata registrata alcuna complicanza postoperatoria. Dopo 3 e 6 mesi dal posizionamento degli impianti, un gruppo di 6 animali sono stati sacrificati usando una Giugno 2010; 2(2)


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overdose di Thiopental (Pentothal Sodium – Intervet) e embutramide (Tanax – Intervet). Valutazione istologica Tutti gli animali sacrificati sono stati sottoposti a separazione della mascella dal cranio, e sono stati effettuate sezioni dei campioni. I seni e i tessuti rimanenti sono stati detersi in soluzione salina e immediatamente fissati in paraformaldeide al 4% e gluteraldeide allo 0,1% in una soluzione tampone di cacodilato 0,15M a 4°C ph 7,4. I campioni sono stati processati usando il Precise 1 Automed System (Assing, Roma, Italia) (37). Sono stati successivamente disidratati in una serie di lavaggi a concentrazioni ascendenti di alcol e immersi in una resina glicometilata (Technovit 7200 VLC, Kulzer, Wehrheim, Germania). Dopo la polimerizzazione della resina i campioni sono stati sezionati lungo l’asse longitudinale dell’impianto tramite un disco diamantato ad alta precisione fino alla misura di 150 µm, e ridotti tramite una speciale macchina smerigliatrice fino alla misura di circa 30µm. Sono stati ottenuti tre vetrini per ogni impianto. Questi vetrini sono stati successivamente trattati con fucsina acida e blu di toluidina ed esaminati tramite microscopio a luce trasmessa Leitz Laborlux (Leitz, Wetzlar, Germania) L’istomorfometria è stata effettuata tramite un microscopio a luce trasmessa connesso ad una telecamera ad alta risoluzione interfacciata con un PC. Questo sistema ottico è stato associato ad un pad digitalizzato e un software per catturare e immagazzinare immagini le istometriche.

dimensioni erano presenti nel gruppo ABB, mentre una quota maggiore di capillari sono stati evidenziati nel gruppo CaS. In alcune aree è stato possibile riscontrare unità di rimodellamento osseo (BMU) con presenza di vasi, osteoblasti e osteoclasti. Non è stato osservato alcun contatto tra le particelle residue di ABB o di CaS e l’impianto. Nessun processo flogistico acuto o cronico era presente nei due gruppi. In particolare alla periferia di ogni granulo di CaS è stato evidenziato una banda di materiale di colore grigiastro, a stretto contatto con una regione positiva alla fucsina acida, rappresentata da osso neoformato. L’istomorfometria dell’ABB ha mostrato come la quota di osso neoformato era di 21±1,2%, spazi midollari 40±3,1% e materiale residuo 39±3,2%. La percentuale di BIC era 20.5±2%. L’istomorfometria nel gruppo CaS ha invece dimostrato che la percentuale di osso neoformato era 19±2,2%, spazi midollari 45±3,3% e particelle di materiale residuo 27±1,9%. La percentuale BIC si attesta sul 14±2%. ABB e CaS a 6 mesi Osso più maturo è stato trovato sulla superficie degli impianti in entrambi i gruppi (Fig. 5, 6). L’osso lamellare e spugnoso erano separati da una ben definita linea irregolare. Piccole aree midollari e piccole lacune di riassorbimento erano situate alle estremità di tutte le spire degli impianti. L’osso presente attorno a queste lacune presenta un’alta affinità per i coloranti, ampie lacune osteocitiche e appare in continuo rimodellamento. Le

Analisi statistiche I valori del contatto osso-impianto (BIC), degli spazi midollari, del materiale riempitivo residuo e della quantità di osso neoformato sono stati registrati e i valori medi processati. Per le analisi statistiche è stato usato lo Student-Neuman-Keuls test per comparazione multipla. Il BIC, la quantità di spazi midollari, il materiale riempitivo residuo e il nuovo osso sono stati espressi con una deviazione standard ed errore standard. Differenze statistiche significative sono state fissate a p <0,05. Le analisi sono state processate usando SPSS8 e Windows.

RISULTATI ABB e CaS a 3 mesi Osso neoformato è stato evidenziato su tutto il perimetro dell’impianto, caratterizzato da un’alta affinità alla fucsina acida. Presenza di ampie lacune osteocitiche sia nel gruppo ABB (Fig. 1) che nel gruppo CaS (Fig. 2). Particelle di riempitivo di ABB e Cas erano allineate all’osso neoformato (Fig. 3, 4). In queste aree non sono stati evidenziati osteoblasti. Pochi vasi di piccole Giugno 2010; 2(2)

Fig. 1 Osso bovino inorganico a tre mesi. Neoformazione ossea è presente intorno all’impianto. Fucsina acida e blu di toluidina (8X). 77


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Fig. 3 Osso bovino inorganico a 6 mesi. Due impianti sono circondati da osso maturo. Fucsina acida e blu di toluidina (8X).

Fig. 2 Osso bovino inorganico. Ad alto ingrandimento è possibile osservare alcune particelle di osso bovino inorganico circondate da nuovo osso (frecce). Fucsina acida e blu di toluidina (40X).

Fig. 4 Osso bovino inorganico a 6 mesi. Ad alto ingrandimento è possibile osservare particelle di biomateriale in contatto diretto con nuovo osso (WB). Non sono stati osservati spazi otticamente vuoti all’interfaccia (frecce). Fucsina acida e blu di toluidina (100X).

lamelle ossee appaiono disporsi in maniera concentrica attorno le spire. Non sono presenti gap o tessuto fibroso tra particelle di ABB e osso (Fig. 7). Nel gruppo CaS sono stati osservati osso neoformato in stretto contatto con l’impianto e ampie lacune osteoblastiche in fase di deposizione di matrice osteoide (Fig. 8). Il CaS è stato quasi completamente riassorbito e i granuli residui sono circondati da osso neoformato. Alcuni spazi midollari erano confinanti con la superficie implantare e sono stati evidenziati sistemi Haversiani a stretto contatto. Nessun processo flogistico acuto o cronico era presente. Non è stato osservato nessun contatto tra particelle residue di materiale e impianto, e nuovo osso è stato 78

Fig. 5 Solfato di calcio a 3 mesi. Nuovo osso con ampi spazi midollari presenti intorno agli impianti. Fucsina acida e blu di toluidina (8X).

evidenziato tra queste due strutture. L’istomorfometria dell’ABB ha dimostrato come la quota di osso neoformato era del 39±1,6%, spazi midollari 42±3,5% e materiale residuo 32±2,5%. Il BIC era di 45±2%. Per il gruppo CaS la quota di osso neoformato era di 37±2,1%, spazi midollari 59±4,1% e materiale residuo 9±3,1%. BIC: 40±2% (Tab. 1). Analisi statistiche A 3 mesi le analisi statistiche delle differenze tra i due materiali non sono significative per la quota osso neoformato (p=0,020) e per la quantità di spazi midollari (p=0,02). Differenze significative state riscontrate invece per la quantità di biomateriale resiGiugno 2010; 2(2)


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Fig. 7 Solfato di calcio a 6 mesi. Osso maturo con ampi spazi midollari è presente intorno agli impianti. Non sono stati osservati residui di particelle di solfato di calcio. Fucsina acida e blu di toluidina (8X).

Fig. 6 Solfato di calcio a 3 mesi. Ad alto ingrandimento è possibile osservare nuovo osso trabecolare (WB) e nuovi vasi (frecce) all’interno del solfato di calcio. Fucsina acida e blu di toluidina (200X).

N = 12

% osso neoformato

% ABB e CaS

% spazi midollari

BIC %

ABB 3 mesi ABB 6 mesi CaS 3 mesi CaS 6 mesi

21±1.2 39 ±3.3 19 ±2.2 37 ±2.1

39 ±3.2 32 ±2.5* 27 ±1.9 9 ±3.1*

40 ±3.1 42 ±3.5* 45 ±3.3 59 ±4.1*

20 45 14 40

Tab. 1 Percentuale di osso neoformato, biomateriale residuo, spazi midollari e osso a contatto con la superficie del biomateriali. duo presente (p=0,001) e la percentuale di contatto con l’impianto (p=0,009). A 6 mesi non ci sono differenze significative tra i due materiali per quanto concerne la percentuale di osso neoformato (p=0,0239) e contatto osso-impianto (p=0,011). Differenze significative erano presenti per la quantità di biomateriale residuo (p=0,0001) e spazi midollari (p=0,001).

DISCUSSIONE In alcuni studi istologici in impianti estratti da seni mascellari umani dopo GRSM eseguiti con ABB è stato evidenziato come la presenza di particelle di ABB non compromette la successiva osteointegrazione dell’impianto, e non sono mai state trovate particelle residue di biomateriale sulla superficie implantare, se non Giugno 2010; 2(2)

Fig. 8 Solfato di calcio a 6 mesi. Osso maturo a diretto contatto con la superficie dell’impianto. Non erano presenti spazi all’interfaccia osso impianto (frecce). Fucsina acida e blu di toluidina (200X). interposte da uno strato di osso neoformato (8, 38, 40). In altri studi su campioni umani di seni mascellari rialzati con ABB è stato osservato un decremento, nel corso del tempo, di percentuale di particelle di biomateriale residuo: 31-39% a 6 mesi, 29% a 20 mesi, 16% a 9 anni (14, 41, 42). In due studi condotti sull’uomo (31, 43) in cui si osservavano campioni di seno mascellare analizzati dopo 4 e 6 mesi, è stato dimostrato che il CaS era quasi completamente riassorbito e sostituito da fosfati di calcio, in maniera molto simile a quanto dimostrato in conigli e cani (30, 44). In una valutazione istologica di impianti estratti dopo 7 mesi da un sito di GRSM con CaS è stato mostrato osso neoformato sulla interfaccia implantare, con un’alta percentuale di BIC (55%) (34). Nel presente studio, è stata osservata la formazione di 79


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osso neoformato direttamente sulla superficie delle particelle di ABB, senza presenza di gap o di tessuto fibro-connettivo. Le particelle di riempitivo funzionano quindi come impalcatura per la formazione di nuovo osso e il materiale appare inoltre altamente osteoconduttivo. Tutte le particelle di ABB appaiono inglobate nel tessuto osseo di nuova formazione. Vi è un incremento di osso neoformato dai 3 mesi (21%) a 6 mesi (39%) con un corrispondente decremento della quota di materiale residuo da 39% a 32%. Anche nei casi con CaS c’è stato un incremento da 3 mesi (19%) a 6 mesi (37%); il decremento del materiale residuo è stato invece da 27% di 3 mesi al 9% di 6 mesi. I valori per le particelle di materiale residuo a 6 mesi per entrambi i materiali sono sorprendentemente simili ai valori osservati nel rilazo di seno mascellare nell’uomo, dove i valori sono rispettivamente 31% per l’ABB e 13% per il CaS. La percentuale BIC incrementa nel tempo per entrambi i materiali, raggiungendo il 45% per l’ABB e il 40% per il CaS a 6 mesi. L’osso di nuova formazione appare strettamente adattato alla superficie implantare; non sono presenti gap o tessuto connettivo. Nessuna cellula gigante è visibile sull’interfaccia osso-impianto. Deve essere fatto presente che una variabile potrebbe essere l’uso di una membrana di collagene in un sito e il cemento a base di calcio nell’altro: è stato infatti dimostrato come una barriera riassorbibile ha un effetto positivo, mentre non si conoscono ancora gli effetti della barriera composta dal cemento a base di calcio. In conclusione, il presente studio dimostra come l’osso rigenerato appare essere in grado di crescere strettamente adeso alla superficie implantare. Non ci sono differenze statisticamente significative nella percentuale di BIC a 6 mesi tra i due materiali analizzati in questo studio. Inoltre il completo riassorbimento dell’ABB non sembra essere un requisito per la formazione di osso e la presenza di particelle residue non sembra interferire con la guarigione ossea. D'altra parte, il veloce riassorbimento del CaS non sembra ostacolare la formazione di osso in stretto contatto con la superficie implantare. Entrambi i materiali sembrano quindi adatti per la procedura di rialzo di seno mascellare e mostrano un’elevata biocompatibilità e osteoconduttività. Studi a lungo termine sono necessari per capire meglio il destino dei materiali riempitivi.

RINGRAZIAMENTI Si ringrazia sentitamente Marco Bonelli, odontoiatra libero professionista a Imperia, per il suo aiuto. Il presente lavoro è stato in parte sostenuto dal Consiglio Nazionale della Ricerca (C.N.R.), Roma, e dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (M.I.U.R.), Roma. 80

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SÉRGIO L.S. SOUZA1, ARTHUR B. NOVAES JR.2, CARLA C. PONTES3, MÁRIO TABA JR.1, MARCIO F.M. GRISI1, ADRIANA M.M. SILVEIRA E SOUZA4 Università di San Paulo, Scuola di Odontoiatria Ribeirão Preto, Dipartmento di Chirurgia Orale e Maxillofacciale e Parodontologia, Brasile 1 Professore di Parodontologia 2 Direttore del Dipartmento di Parodontologia 4 Dipartmento di Chirurgia Orale e Maxillofacciale e Parodontologia 3 Università di Copenaghen, Scuola di Odontoiatria, Dipartmento di Parodontologia, Copenaghen, Danimarca

Rigenerazione ossea guidata con membrana volutamente parzialmente esposta: conseguenze in implantologia. studio controllato randomizzato a 6 mesi INTRODUZIONE RIASSUNTO Scopo Le alterazioni postestrattive nella topografia dell’osso alveolare sono tra i principali problemi legati alla perdita di elementi dentari. Le tecniche di rigenerazione ossea guidata (GBR) sono volte a evitare buona parte del riassorbimento osseo conseguente alle estrazioni. Questo studio controllato randomizzato è finalizzato a valutare l’influenza dell’esposizione precoce della membrana nella GBR nell’uomo. Materiali e metodi Lo studio ha coinvolto 13 pazienti, con indicazione all’estrazione di 2 premolari per motivi ortodontici. Dopo le estrazioni, sono state effettuate le misurazioni della profondità alveolare e delle dimensioni vestibololinguali e mesiodistali degli alveoli; inoltre sono state effettuate le misurazioni radiografiche della profondità, ampiezza e area totale degli alveoli postestrattivi. Le membrane in e-PTFE sono state poi adattate e fissate sui siti postestrattivi, che a loro volta sono stati suddivisi in base al tipo di copertura della membrana: nel Gruppo 1 il lembo è stato ruotato fino a coprire completamente la membrana; nel Gruppo 2 il lembo è stato riposizionato normalmente lasciando volutamente la membrana parzialmente esposta. Tutti i pazienti hanno assunto antibiotici e dopo 4 settimane tutte le membrane sono state rimosse. I pazienti sono stati ricontrollati sei mesi dopo, quando sono stati effettuati il secondo intervento chirurgico e le radiografie di controllo per ottenere le misurazioni cliniche e radiografiche finali. Risultati Il Gruppo 1 ha mostrato valori clinici e radiografici significativamente maggiori (test di Mann-Whitney, p<0,05) rispetto al Gruppo 2 relativamente ai parametri analizzati. Conclusioni L’esposizione delle membrane in e-PTFE ha avuto un effetto negativo sulla formazione dell’osso alveolare nell’uomo.

PAROLE CHIAVE Esposizione della membrana; Membrana in e-PTFE; Rigenerazione ossea guidata; Siti postestrattivi.

Giugno 2010; 2(2)

La perdita di elementi dentari spesso determina l’insorgenza di problemi estetici e/o funzionali importanti. Le alterazioni postestrattive della topografia dell’osso alveolare rappresentano uno dei principali problemi legati alla perdita dentaria. Durante il processo di guarigione spontanea degli alveoli, anche nei casi in cui è stata adottata una tecnica di estrazione delicata, le creste ossee alveolari si riducono sia in altezza sia in spessore (1, 2) e ciò può ostacolare una corretta riabilitazione, sia implantoprotesica sia protesica tradizionale, a causa dell’insufficiente quantità ossea. La guarigione dei processi alveolari dopo le estrazioni avviene in cinque fasi consecutive attivate dalla formazione del coagulo (3, 4, 5). I migliori risultati si ottengono quando questo processo è attivato senza interferenze (3, 5). L’utilizzo delle membrane permette di arginare buona parte del riassorbimento dell’osso alveolare conseguente alle estrazioni. Nel 1997 Lekovic et al. hanno riferito di un notevole vantaggio in termini di preservazione dell’osso alveolare dall’utilizzo di membrane nei siti postestrattivi. Il principio della rigenerazione ossea guidata (GBR) consiste nell’utilizzo di una membrana barriera che blocca meccanicamente la migrazione delle cellule di tessuto epiteliale e connettivo nella parte interna del lembo nell’alveolo estrattivo permettendo, invece, alle cellule di formazione ossea di riempirlo. Sebbene possa essere preferibile posizionare impianti immediati nei siti postestrattivi, ciò non è sempre possibile. In tali casi la procedura più appropriata prevede l’utilizzo della membrana barriera dopo l’estrazione, abbinata o meno a innesto osseo, per evitare la formazione di difetti ossei conseguenti alla guarigione dell’alveolo (6, 7) che possono poi creare difficoltà al momento del posizionamento dell’impianto. La rigenerazione ossea nei siti estrattivi spesso richiede l’utilizzo di membrane; alcuni 83


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fattori si sono rivelati importanti per il successo di queste procedure. Uno dei fattori di rischio è il posizionamento della membrana, che richiede molta attenzione affinché questa risulti completamente coperta, in quanto sembra essere una fase cruciale del processo di guarigione (8). Infatti, l’esposizione della membrana durante la guarigione ha un effetto negativo sulla GBR (9, 10). L’avulsione di un elemento dentario crea delle difficoltà nella gestione dei tessuti molli ai fini alla copertura completa della membrana barriera. Uno dei problemi principali dopo la GBR è l’esposizione della membrana causata da deiscenza o collasso dei tessuti molli (11), che può determinare la colonizzazione della superficie della membrana da parte dei batteri orali e ciò può causare infezione locale (12). Ciononostante questa infezione può non necessariamente manifestarsi clinicamente se vengono adottate idonee misure pre e postoperatorie (13). Sebbene la contaminazione batterica sia considerata il problema principale della GBR (15), l’esatta influenza dell’esposizione della membrana sulla formazione ossea nei siti postestrattivi non è stata ancora completamente chiarita. Alcuni studi su modello animale sono stati condotti per determinare il ruolo dell’esposizione precoce della membrana sul grado di disturbo nel processo d guarigione. Warrer et al. (1992), in uno studio sperimentale nelle scimmie, hanno mostrato i risultati istologici in cui l’esposizione precoce ha influenzato negativamente la completa rigenerazione dell’osso (15); Seibert e Nyman (1990), in uno studio su modello canino, sono giunti ad analoghe conclusioni: la maggiore formazione di osso si riscontrava nei siti in cui la membrana era rimasta coperta fino alla seconda fase chirurgica per il posizionamento degli impianti (6). Alcuni studi clinici hanno anche analizzato gli effetti dell’esposizione precoce della membrana nella GBR. Nevins e Mellonig (1992) hanno riferito di 4 casi clinici in cui era stata ottenuta la completa formazione ossea dopo la GBR, anche nei casi in cui si era verificata l’esposizione precoce della membrana (16). D’altro canto, altri autori hanno riferito una correlazione negativa tra contaminazione tra le membrane recuperate e i risultati clinici della GBR (14, 17, 18). Comunque, oltre a questi casi clinici, nessuno studio clinico controllato randomizzato ha mai analizzato gli effetti dell’esposizione precoce della membrana sulla rigenerazione ossea.

Lo scopo del presente studio è quello di valutare ulteriormente se l’esposizione precoce di membrane in politetrafluoroetilene espanso (e-PTFE) ostacola la formazione ossea in siti postestrattivi immediati in seguito a procedure di GBR nell’uomo attraverso l’analisi di parametri clinici (seconda fase chirurgica) e radiografici (radiografia digitale), in uno studio controllato randomizzato per il quale è stato adottato il modello split mouth.

MATERIALI E METODI Per lo studio sono stati selezionati inizialmente 15 pazienti, di età compresa tra i 18 e i 30 anni (9 donne e 6 uomini; età media 19,25 anni), ai quali sono state fornite indicazioni dettagliate sulla natura dello studio e tutte le procedure connesse; hanno poi firmato il consenso informato e il protocollo di studio era stato approvato dal Comitato Etico della Scuola di Odontoiatria di Ribeirao Preto. Sono stati ottenuti i dati anamnestici completi odontoiatrici e medici. Tutti i partecipanti non presentavano patologie sistemiche, non erano fumatori e non avevano assunto antibiotici nei sei mesi precedenti e non presentavano controindicazioni alle procedure di chirurgia orale. Ciascun paziente presentava 2 premolari nel mascellare superiore con indicazione di estrazione per motivi ortodontici (Fig. 1 A, B). Sono state rilevate le impronte per realizzare i modelli in gesso, dai quali sono stati poi tolti i denti da estrarre. Sono state fornite mascherine acriliche per standardizzare le misurazioni cliniche della profondità alveolare (AD), delle dimensioni buccolinguali (BL) e di quelle mesiodistali (MD) degli alveoli. Tutte le procedure cliniche e chirurgiche sono state effettuate dallo stesso operatore. i denti sono stati delicatamente estratti sotto anestesia locale. È stata posta particolare attenzione allo spostamento del dente in senso mesiodistale al fine di preservare la parete alveolare buccale. Il tessuto di granulazione è stato rimosso con cura e gli alveoli sono stati detersi con soluzione salina sterile. Con la mascherina in posizione sono state effettuate le misurazioni di AD, BL e MD. AD è stata misurata posizionando una sonda parodontale (PCUNC 15, Hu-Friedy MFG. Co. Inc., Chicago, IL, USA) al centro dell’alveolo perpendicolarmente al suo apice (Fig. 2).

Fig. 2 Alveolo postestrattivo, misurazione Fig. 1 Visione preoperatoria dei lati, rispettivamente, destro e sinistro. 84

della dimensione buccolinguale. Giugno 2010; 2(2)


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Utilizzando un compasso ed un regolo endodontico, BL è stata considerata come la distanza tra la parete alveolare vestibolare e linguale, misurate in posizione standardizzata (Fig. 3); in modo simile, la distanza MD è stata misurata dal margine mediale a quello distale dell’alveolo. Sono state poi effettuate le radiografie digitali (RVG, Trophy, Parigi, Francia) in sequenza utilizzando portapellicola individuali (Fig. 4 A, B). In ciascun paziente un sito scelto a caso (alveoli del gruppo 1), sono state praticate delle incisioni verticali ed è stato sollevato un lembo combinato settoriale: a tutto spessore nella porzione più coronale e a spessore parziale in quella più apicale secondo Novaes Jr. e Novaes (19). Nell’altro sito sono stati sollevati lembi tradizionali buccali e palatali (alveoli del Gruppo 2). Le membrane (in e-PTFE GTA Gore Tex, Goretex Periodontal Material, Flagstaff, AZ, USA) sono stati poi adattate con cura sul sito di estrazione e tenute in posizione tramite viti di fissaggio in titanio (Frios System, Dentsply-Friadent, Mannheim, Germania). Negli alveoli del Gruppo 1 il lembo è stato ruotato e suturato fino a coprire l’intera membrana (Fig. 5), mentre nel Gruppo 2 il lembo è stato posizionato e suturato in maniera tradizionale e la membrana è rimasta, volutamente, parzialmente esposta (Fig. 6).

Tutti i pazienti hanno ricevuto terapia antibiotica, come descritto in precedenza (20): 500 mg amoxicillina e acido clavulanico ogni 8 ore a partire da 24 ore prima dell’intervento e per i 10 giorni successivi; poi 100 mg doxiciclina una volta al giorno (due volte il primo giorno) per altri 21 giorni. Tutti i pazienti sono stati istruiti a interrompere lo spazzolamento dei denti ed evitare traumatismi o pressioni sul sito chirurgico e anche a utilizzare una soluzione di clorexidina digluconato allo 0,12% due volte al giorno per 4 settimane. La placca batterica è stata tenuta sotto controllo tramite sedute di igiene orale settimanali utilizzando punte a ultrasuoni e facendo molta attenzione. Dopo 4 settimane sono state rimosse le suture e le membrane in entrambi i gruppi. Nel periodo postoperatorio i denti adiacenti sono stati mantenuti in posizione tramite apparecchiature ortodontiche. Il follow up ha previsto visite di controllo e igiene mensili per i primi sei mesi, cioè fino a quando sono stati effettuati il secondo intervento (Fig. 7 A, B) e le radiografie digitali (Fig. 8 A, B) per ottenere le misurazioni finali.

Fig. 3 Alveolo postestrattivo, misurazione della profondità alveolare.

Fig. 4 Radiografie subito dopo l’estrazione. A) Gruppo 1. B) Gruppo 2.

Fig. 5 Gruppo 1: il lembo viene ruotato per coprire l’intera membrana.

Fig. 6 Gruppo 2 Il lembo è stato riposizionato normalmente e la membrana è rimasta volutamente parzialmente esposta.

Fig. 7 Secondo intervento chirurgico. A) Gruppo 1. B) Gruppo 2. Giugno 2010; 2(2)

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Fig. 8 Radiografie postoperatorie a 6 mesi A) Gruppo 1. B) Gruppo 2. Nonostante la sua natura invasiva, il secondo intervento chirurgico permette l’importante vantaggio di ottenere un’analisi tridimensionale dei tessuti neoformati negli alveoli, oltre alla possibilità di poter effettuare eventuali correzioni dei difetti residui (21). L’analisi radiografica (confronto delle radiografie digitali iniziali e finali) ha permesso di effettuare le misurazioni della profondità e dell’ampiezza alveolare radiografica e dell’ampiezza totale del difetto. Per la profondità alveolare massima (RAD) sono state misurate la distanza tra la linea immaginaria che unisce le creste ossee mesiale e distale e l’estensione più apicale dell’alveolo. La distanza massima tra cresta alveolare mesiale e distale è stata considerata come la massima ampiezza alveolare (AW) (Fig. 9). Al fine di calcolare l’area totale del difetto (AA), è stata misurata l’area “vuota” all’interno dell’alveolo, cioè l’area tra le pareti alveolari e la linea immaginaria che unisce le creste mediale e distale (Fig. 10).

Analisi dei dati Ciascuna misurazione clinica, ovvero AD, BL e MD, e radiografica, cioè RAD e AW e AA, è stata calcolata in millimetri (millimetri quadrati per AA) in base alle seguenti formule: ¢= I – F (dove ¢= variazione di misurazione; I= misurazione iniziale; F= misurazione finale). Poi sono stati calcolati i valori percentuali: %= ¢ x 100/I (%= valore percentuale; ¢= variazione di misurazione; I= misurazione iniziale). I valori medi e la deviazione standard degli alveoli del Gruppo 1 (membrane coperte) e 2 (membrane esposte) sono stati ottenuti e confrontati con il test di Mann-Whitney (p< 0,05, n=13), per determinare se i 2 gruppi avevano valori simili prima dell’intervento, e se una delle procedure chirurgiche aveva dato migliori risultati a 6 mesi.

RISULTATI

Fig. 9 Parametri radiografici: in

Fig. 10 Parametri radiografici:

giallo la linea che raffigura la massima ampiezza alveolare (AW) e in rosso la linea che raffigura la massima profondità alveolare (RAD).

in giallo l’area utilizzata per calcolare l’area totale del difetto (AA).

si è verificata l’esposizione delle membrane del Gruppo 1 e quindi non hanno completato lo studio. La numerosità del campione a fini statistici era perciò di 13 pazienti (9 donne e 4 uomini, di età media 19,68 anni). I valori preoperatori di entrambi i gruppi erano simili, non vi erano differenze statisticamente significative (test di Mann-Whitney, p >0,05). Le medie e la deviazione standard di tutti i parametri preoperatori sono riassunte nella tabella 1. Il processo di guarigione è avvenuto senza complicazioni per tutti i 13 pazienti che hanno completato lo studio. Non sono stati riscontrati segni di infiammazione né di infezione in alcun sito, neppure in quelli con la membrana esposta. La terapia antibiotica sistemica e il regime antimicrobico sono stati ben tollerati. Però, come segnalato in precedenza, in due pazienti del campione iniziale e le membrane del Gruppo 1 sono andate incontro a esposizione. Sebbene non vi fossero segni di infezione, questi pazienti sono stati esclusi dal campione per la natura dei confronti da effettuare nello studio, che richiedevano la completa copertura della membrana durante tutto il periodo di 4 settimane. Le deviazioni standard e medie delle variazioni da 0 a 6 mesi dei parametri clinici di entrambi i gruppi sono riassunte nella tabella 2. Relativamente a tutte le misurazioni cliniche, gli alveoli del Gruppo 1 (membrane

AD BL MD RAD AW AA

Gruppo

1 Gruppo 2

P < 0.05*

12.23 ± 1.74 9.54 ± 0.78 5.92 ± 0.64 12.69 ± 1.68 6.12 ± 0.42 38.79 ± 4.06

11.15 ± 1.46 8.92 ± 1.12 5.77 ± 0.73 11.02 ± 1.21 5.59 ± 0.55 36.50 ± 4.17

NO NO NO NO NO NO

* Mann-Whitney test

Inizialmente per lo studio sono stati selezionati 15 pazienti, ma in due si essi nel periodo postoperatorio 86

Tab. 1 Medie e deviazioni standard dei parametri preoperatori. Giugno 2010; 2(2)


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AD BL MD RAD AW AA

Gruppo 1

Gruppo 2

p*

12.01 ± 1.80 9.16 ± 0.71 5.66 ± 0.49 12.17 ± 1.67 5.45 ± 0.43 38.43 ± 4.08

10.23 ± 1.94 8.41 ± 0.90 5.08 ± 0.51 10.08 ± 1,75 4.94 ± 0.67 31.88 ± 4.32

0.03 0.04 0.02 0.001 0.03 0.008

* Mann-Whitney test

Tab. 2 Medie e deviazioni standard delle variazioni tra 0 e 6 mesi dei parametri clinici e radiografici di entrambi i gruppi. coperte) presentavano valori significativamente maggiori (p <0,05) rispetto al Gruppo 2 (membrane esposte). La differenza maggiore tra gruppi era quella relativa all’AD, poiché gli alveoli del Gruppo 1 presentavano quasi il 20% in più di guadagno verticale rispetto al Gruppo 2. Per quanto riguarda le altre misurazioni cliniche, cioè BL e MD, il Gruppo 1 presentava circa il 10% in più di guadagno rispetto al Grupo 2. Le deviazioni standard e medie delle variazioni da 0 a 6 mesi dei parametri radiografici sono mostrate nella tabella 2. Il Gruppo 1 ha mostrato risultati statisticamente migliori (p <0,05), con il 20% in più di guadagno in RAD, il 10% in più di guadagno in AA e il 20% in più di guadagno in AW.

DISCUSSIONE Una delle complicazioni cliniche più comuni nelle procedure di GBR è l’esposizione precoce della membrana (22). I risultati dei 26 siti valutati nel presente studio controllato randomizzato hanno dimostrato che i siti postestrattivi freschi in cui le membrane erano completamente sommerse durante l’intero processo di guarigione presentavano risultati clinici e radiografici migliori. Sebbene le prove di un effetto negativo dell’esposizione della membrana nella formazione di osso siano state precedentemente discusse (2325), non siamo a conoscenza di dati prospettici relativamente agli effetti di membrane in e-PTFE volutamente esposte sui risultati della GBR nei siti postestrattivi freschi nell’uomo. In tal modo, poiché la maggior parte degli studi valutano la formazione di osso al di sotto delle membrane posizionate in abbinamento a impianti immediati, diventa difficoltoso effettuare un confronto diretto con i dati del presente studio clinico randomizzato sull’uomo. Gher et al. (26), nel 1994, e Nowzari e Slots (14), nel 1995, hanno riferito che in seguito all’esposizione di membrane posizionate contestualmente a impianti immediati, la neoformazione ossea diminuiva rispetto ai casi i cui le membrane rimanevano coperte. Inoltre, nel 1994 Celletti et al. hanno valutato l’efficacia della rigenerazione guidata dei tessuti intorno alle spire Giugno 2010; 2(2)

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di impianti esposti nei siti postestrattivi freschi di cani beagle. Gli autori hanno scoperto che il maggior guadagno dei livelli di osso si riscontrava in due siti che avevano ricevuto membrane in e-PTFE rimaste coperte per l’intero periodo dell’intervallo di valutazione. Inoltre, Machtei, nel 2001, ha mostrato che i siti con membrane coperte presentavano una formazione ossea 6 volte maggiore intorno agli impianti rispetto ai siti in cui le membrane erano andate incontro a esposizione e l’autore ha sottolineato che questo fatto non era statisticamente significativo ma aveva un significato clinico (9). Pertanto, i nostri risultati sono in accordo con quelli di studi precedenti, poiché l’esposizione ha avuto un effetto negativo sulla neoformazione ossea (circa il 20% in più di formazione ossea era correlato alle membrane sommerse). Nella valutazione dei difetti crestali trattati con GBR, Lang e coll. (27) hanno concluso che l’esposizione della membrana è probabilmente un fattore di rischio per l’insorgenza di infezioni, dopo avere constatato che i siti con membrane esposte e rimosse prematuramente presentavano fino al 40% in meno di riempimento del difetto. Nel 2002 Lorenzoni e coll. hanno presentato uno studio retrospettivo su 41 pazienti con impianti abbinati a GBR in cui la maggiore perdita di osso alveolare era associata a esposizione prematura della membrana nei 24 mesi successivi al posizionamento dell’impianto rispetto agli impianti in cui le membrane rimanevano sommerse. Nel 2004, uno studio sull’uomo di Moses e coll. (28) ha mostrato anche che l’esposizione precoce delle membrane in e-PTFE comportava una diminuzione significativa dell’entità della riduzione del difetto intorno agli impianti. Solo lo studio di Nevins e Mellonig (16) nel 1992 ha mostrato risultati diversi nella GBR dei difetti crestali, dove la formazione ossea completa è stata dimostrata in 4 pazienti, a prescindere dall’esposizione o meno della membrana. Nonostante il fatto che le nostre membrane non sono state sottoposte ad analisi microbiologica, sulla base di studi precedenti sulla relazione tra procedure di GBR con esito negativo e microrganismi (14, 17), una delle possibili spiegazioni per la minore formazione di osso è la presenza di colonizzazione batterica sulle membrane esposte che a sua volta potrebbe avere ostacolato l’osteogenesi. Le membrane in e-PTFE per la GBR presentano una superficie interna, rigida e occlusiva per evitare la migrazione delle cellule gengivali nel difetto e mantenere uno spazio adeguato per la formazione dell’osso, e una superficie esterna più flessibile e meno occlusiva, al fine di evitare la proliferazione epiteliale (se esposta) e fornire un buon adattamento, integrazione dei tessuti e stabilizzazione della ferita chirurgica (18). È interessante segnalare che Simion e coll. (17), nel 1994, nell’analisi di 10 siti in cui erano stati inseriti impianti immediati abbinati a membrane in e-PTFE, hanno rilevato la presen87


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za di batteri potenzialmente patogeni sia nelle superfici esterne sia in quelle interne delle membrane che erano andate incontro a esposizione. Un’altra supposizione ugualmente valida è che una membrana non riassorbibile esposta possa compromettere la vascolarizzazione dei lembi vestibolari e palatali, che può poi condurre in fase di guarigione a insufficiente copertura dell’osso da parte dei tessuti molli. È importante sottolineare che non è consigliabile adottare di routine il protocollo chirurgico utilizzato in questo studio, che ha previsto la rimozione delle membrane 4 settimane dopo il posizionamento. Un periodo di 6 mesi o più (2, 14) è chiaramente la consuetudine più diffusa. Abbiamo dovuto rimuovere le membrane 4 settimane dopo il posizionamento perché per motivi etici il paziente non può essere tenuto sotto terapia antibiotica per periodi più lunghi, cosa che era invece necessaria poiché la membrana è stata esposta volutamente. Pertanto, per assicurare che l’unico parametro diverso tra i due gruppi fosse l’esposizione prematura della membrana, anche quelle del gruppo di controllo sono state rimosse 4 settimane dopo l’inserimento. I risultati del presente studio indicano che riuscire a coprire completamente la membrana è un passaggio cruciale, che ottimizza la formazione ossea nei siti postestrattivi. Dovrebbe essere sottolineato che nella pratica clinica 1 o 2 mm possono fare una grande differenza quando si sta pianificando il posizionamento di impianti osseointegrati. Se la membrana è mantenuta senza esposizione per l’intero periodo di guarigione, il sito che riceverà l’impianto probabilmente presenterà migliori condizioni per permettere il raggiungimento delle esigenze estetiche e funzionali della terapia. Un migliore contorno dell’osso alveolare permetterà il posizionamento ideale dell’impianto. Renderà anche possibile il posizionamento di impianti più lunghi e più ampi, che in alcuni casi può costituire un importante vantaggio poiché è stato dimostrato che il torque di rimozione per impianti di diametro ampio (4,5 mm) è del 15% inferiore a quello necessario per quelli di diametro piccolo (3,25 mm) in osso di uguale densità (29); inoltre, l’utilizzo di impianti più ampi determina un maggiore contatto tra osso e impianto rispetto a quelli stretti della stessa lunghezza e permette anche l’utilizzo di impianti più corti in aree con osso di qualità adeguata. Ciò potrebbe rivelarsi importante in particolare nel mascellare posteriore, poiché l’utilizzo di impianti più corti in molti casi permette di evitare la necessità di interventi chirurgici maggiormente soggetti a morbilità, come elevazioni del pavimento del seno, ma anche nella mandibola posteriore, dove il nervo alveolare inferiore rappresenta spesso un fattore vincolante per il posizionamento di impianti più lunghi. Infine, la tecnica chirurgica utilizzata che determina un allentamento della tensione dei lembi, si è dimo88

strata semplice ed efficace nell’ottenere e mantenere la chiusura primaria sulle membrane posizionate sugli alveoli estrattivi, senza creare problemi mucogengivali o estetici (19). Possiamo concludere che da questo studio controllato randomizzato l’esposizione delle membrane in e-PTFE determina una riduzione della formazione ossea negli alveoli postestrattvi nell’uomo. È quindi necessario porre particolare attenzione al fine di evitare l’esposizione della membrana e si consiglia la tecnica chirurgica impiegata in questo studio che si è dimostrata semplice, efficace e stabile nell’ottenere la copertura primaria della membrana.

RINGRAZIAMENTI Gli autori ringraziano la Fondazioone dello Stato di São Paulo per il Sostegno alla Ricerca (FAPESP –numero di protocollo 99/06427-7) per il supporto finanziario concesso allo studio. Gli autori non hanno alcun legame finanziario con nessun prodotto inserito nello studio.

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Souza italiano

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JOURNAL of OSSEOINTEGRATION GBR con membrana volutamente esposta nell’uomo

10 Celletti R, Davarpanah M, Etienne D, Pecora G, Tecucianu JF, Djukanovic D, Donath K. Guided tissue regeneration around dental implants in immediate extraction sockets: comparison of e-PTFE and a new titanium membrane. Int J Periodontics Restorative Dent 1994;14(3):242-253. 11 Hämmerle CH, Schmid J, Olah AJ, Lang NP. A novel model system for the study of experimental guided bone formation in humans. Clin Oral Implants Res 1996;7(1):38-47. 12 Tempro PJ, Nalbandian J. Colonization of retrieved polytetrafluoroethylene membranes: morphological and microbiological observations. J Periodontol 1993;64(3):162-168. 13 Novaes AB Jr, Gutierrez FG, Francischetto IF, Novaes AB. Bacterial colonization of the external and internal sulci and of cellulose membranes at time of retrieval. J Periodontol. 1995;66(10):864-869. 14 Nowzari H, Slots J. Microbiologic and clinical study of polytetrafluoethylene membranes for guided bone regeneration around implants. Int J Oral Maxillofac Implants 1995;10(1):67-72. 15 Warrer K, Karring T, Nyman S, Gogolewski S. Guided tissue regeneration using biodegradable membranes of polylactic acid or polyurethane. J Clin Periodontol 992;19(9 Pt 1):633-40. 16 Nevins M, Mellonig JT. Enhancement of the damaged edentulous ridge to receive dental implants: A combination of allograft and the GORE-TEX membrane. Int J Periodontics Restorative Dent. 1992;12(2):96-111. 17 Simion M, Baldoni M, Rossi P, Zaffe DA. Comparative study of the effectiveness of e-PTFE membranes with and without early exposure during the healing period. Int J Periodontics Restorative Dent 1994;14(2):166-180. 18 Simion M, Trisi P, Maglione M, Piattelli A. A preliminary report on a method for studying the permeability of expanded polytetrafluoroethylene membrane to bacteria in vitro: a scanning electron microscopic and histological study. J Periodontol 1994;65(8):755-61. 19 Novaes AB Jr, Novaes AB. Soft tissue management for primary closure in guided bone regeneration: surgical

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technique and case report. Int J Oral Maxillofac Implants 1997;12(1):84-87. Villaça JH, Rodrigues DC, Novaes AB Jr, Taba M Jr, Souza SL, Grisi MF. Root trunk concavities as a risk factor for regenerative procedures of class II furcation lesions in humans. J Periodontol 2004;75(11):1493-9. Florès-de-Jacoby L, Zimmermann A, Tsalikis L. Experiences with guided tissue regeneration in the treatment of advanced periodontal disease. A clinical re-entry study. Part I. Vertical, horizontal and horizontal periodontal defects. J Clin Periodontol 1994;21(2):113-7. Park SH, Wang HL. Clinical significance of incision location on guided bone regeneration: human study. J Periodontol. 2007;78(1):47-51. Mattout P, Mattout C. Conditions for success in guided bone regeneration: retrospective study on 376 implant sites. J Periodontol 2000;71(12):1904-9. Donos N, Kostopoulos L, Karring T. Alveolar ridge augmentation by combining autogenous mandibular bone grafts and non-resorbable membranes. Clin Oral Implants Res 2002;13(2):185-91. Lorenzoni M, Pertl C, Polansky RA, Jakse N, Wegscheider WA. Evaluation of implants placed with barrier membranes. A restrospective follow-up study up to five years. Clin Oral Implants Res. 2002;13(3):274-80. Gher ME, Quintero G, Sandifer JB, Tabacco M, Richardson AC. Combined dental implant and guided tissue regeneration therapy in humans. Int J Periodontics Restorative Dent. 1994;14(4):332-47. Lang NP, Hämmerle CH, Brägger U, Lehmann B, Nyman SR. Guided tissue regeneration in jawbone defects prior to implant placement. Clin Oral Implants Res 1994;5(2):92-7. Moses O, Pitaru S, Artzi Z, Nemcovsky CE. Healing of dehiscence-type defects in implants placed together with different barrier membranes: a comparative clinical study. Clin Oral Implants Res 2005;16(2):210-9. Kido H, Schulz EE, Kumar A, Lozada J, Saha S. Implant diameter and bone density: effect on initial stability and pull-out resistance. J Oral Implantol. 1997;23(4):163-9.

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JAN NYBERG1-2, SVEN HERTZMAN3, BÖRJE SVENSSON1, PETRA JOHANSSON4, GÖSTA GRANSTRÖM5, CARINA B. JOHANSSON2-1 Università di Örebro, Örebro, Svezia Dipartimento di Chirurgia Orale e Maxillofacciale, Ospedale Universitario di Örebro Scuola di Scienze Mediche e Sanitarie, Dipartimento of Medicina Clinica Università di Gothenburg, Göteborg, Svezia 3Dipartimento di Radioterapia fisica, Ospedale Universitario Sahlgrenska Dipartimento di Biomateriali, Accademia Sahlgrenska, Istituto di Scienze Cliniche Dipartimento di Otolaringologia, Chirurgia Testa e Collo, Accademia Sahlgrenska, Istituto di Scienze Cliniche 1 2

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Irradiazione in dose singola seguita da inserimento di impianti nell’osso di topo. Studio per l’individuazione del livello critico per l’osteointegrazione RIASSUNTO Scopo Non esiste un consenso generale sul momento ideale per l’inserimento di impianti nell’osso dei pazienti sottoposti a radioterapia o su come le varie dosi di irradiazione influiscano sul successo implantare. Il presente studio è volto a investigare l’integrazione di impianti inseriti nell’osso di topo precedentemente sottoposto a radiazioni per individuare il livello critico di dose che può influire negativamente sull’osteointegrazione. Materiali e metodi Dosi singole di 2, 5, 10, 20 e 30 Gy di irradiazione sono state applicate su una gamba di topi adulti 3 giorni prima dell’inserimento di impianti a vite, mentre l’altra gamba è stata utilizzata come controllo non irradiato. Il follow up è stato fissato dopo 5 settimane. Il contatto tra osso e impianto e l’area di osso sono stati misurati al microscopio ottico su sezioni tagliate e molate. Sempre al microscopio ottico è stata esaminata anche la qualità del tessuto. Risultati L’irradiazione alle dosi di 5 e 10 Gy ha determinato valori di contatto del 25% in più rispetto ai controlli non irradiati. L’osteointegrazione è risultata maggiormente ridotta nei campioni sottoposti a dosi di 20 Gy, mostrando una differenza del 50% tra i campioni irradiati (25%) e quelli non irradiati (50%). L’area ossea non mostrava differenze quantitative importanti, sebbene le osservazioni qualitative si differenziassero in maniera sostanziale e fossero più pronunciate nei campioni sottoposti a irradiazione di 20 e 30 Gy. Conclusioni L’osteointegrazione era sostanzialmente alterata da irradiazioni con dosaggi di 20 e 30 Gy. I soli dati quantitativi non sono sufficienti a descrivere l’integrazione degli impianti in tali situazioni. Le osservazioni qualitative sono della massima importanza e richiedono grande attenzione. L’importanza nel giudicare e descrivere diversi livelli di danno tessutale è complessa, ma necessaria. Sulla base dei risultati ottenuti nel presente studio, sono attualmente in corso esperimenti su ampia scala. PAROLE CHIAVE Impianti in titanio; Irradiazione; Osso di topo; Osteointegrazione; Procedure di incremento; Qualità.

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INTRODUZIONE Un paziente affetto da tumore orale maligno a livello della zona della testa e del collo viene generalmente sottoposto a una terapia combinata chirurgica e radiante. In base al tipo di tumore e alla sua localizzazione, la dose (da 0 a 70 Gy) e il campo di irradiazione nella regione della testa e del collo possono variare da un mascellare all’altro. L’irradiazione ha effetti/conseguenze sui tessuti orali (osso e mucosa) (1). È stato riferito un aumento della perdita, nel tempo, di impianti nei pazienti irradiati rispetto a soggetti non sottoposti a terapia radiante e, inoltre, l’allungamento dei tempi della chirurgia implantare in seguito a tali terapie aumenta il rischio di perdita degli impianti (24). Dal punto di vista del paziente, che soffre per la perdita degli elementi dentari in seguito alla terapia del tumore, una riabilitazione immediata è importante. Però non vi è un consenso generale su quale sia il momento giusto per l’inserimento degli impianti in seguito a terapia radiante né su come le varie dosi di irradiazione influenzino il successo implantare. Molti autori hanno riferito che il momento per il posizionamento di impianti varia dai 6 ai 18 mesi (3, 5-7). In generale, non sono frequenti in letteratura gli studi su modello animale riferiti all’inserimento “precoce” di impianti in tessuti ossei di topo sottoposti a irradiazione. Un articolo riferisce i dati istomorfometrici di uno studio sull’inserimento di impianti una settimana dopo irradiazione a 15 Gy (8). I topi sono stati seguiti per un periodo da 1 a 12 settimane. Gli autori hanno riportato valori di contatto tra osso e impianto (BIC) superiori di circa il 50% nei controlli non irradiati rispetto all’osso sottoposto a radioterapia al follow up dopo 12 settimane. A 6 settimane il gruppo irradiato aveva valori di BIC del 20% e quello di controllo del 31%. Dopo 4 settimane i valori corrispondenti erano rispettivamente del 14% e del 27%. 93


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Nyberg J. et al.

Gli effetti tardivi di singole dosi di radiazioni tra i 10 e i 35 Gy sono stati studiati nel topo da Öhrnell et al. (9). L’irradiazione è stata effettuata 8 settimane prima dell’inserimento degli impianti. Il follow up dopo l’irradiazione era di 12 settimane. In tale studio, però, non sono riportate le percentuali interfacciali dell’area di osso (BA) e del BIC, ma lo spessore dell’osso stimato al di fuori della filettatura degli impianti. Alcuni test biomeccanici hanno rivelato un valore significativamente inferiore per gli impianti posizionati in osso irradiato rispetto ai controlli, mentre i valori di sforzo di taglio e modulo di taglio non erano correlati alle dosi di radiazioni. Diversi studi sono stati effettuati sull’osso di coniglio. Alcuni autori hanno analizzato gli effetti tardivi dell’irradiazione sull’integrazione implantare sia biomeccanicamente che istomorfometricamente. L’irradiazione con 15 Gy ha ridotto sia la resistenza alla coppia di rimozione sia il contatto osseo rispetto ai controlli non irradiati (10). Altri hanno analizzato specificamente la formazione ossea in funzione della dose su campioni bioptici di osso senza impianti (11). Nelle biopsie dei soggetti sottoposti a radiazione è stata osservata una ridotta formazione e deficit di tessuto osseo in funzione della dose rispetto ai controlli (11). A prescindere dal tipo di studio, in tutti è stata richiesta la collaborazione di vari specialisti ed esulavano dal comune lavoro di routine, e ciò potrebbe essere la ragione per cui sono stati condotti relativamente pochi studi in tal senso. Poiché non vi è unanimità relativamente al momento ideale per l’inserimento di impianti in osso precedentemente irradiato e quali siano le dosi che influiscono sull’osteointegrazione, il nostro scopo era quello di effettuare uno studio per identificare il livello critico di osteointegrazione di impianti posizionati nell’osso di topi sottoposti a singole irradiazioni con dosi di 2, 5, 10, 20 e 30 Gy in una gamba; l’altra è servita come controllo non irradiato. Il periodo di follow up è stato di 5 settimane.

to approvato dal comitato etico per gli animali di Göteborg (Svezia). Dato il ridotto numero di campioni del gruppo irradiato, non è stato possibile effettuare i test statistici.

Anestesia Per le iniezioni intraperitoneali è stata utilizzata una miscela estemporanea di fentanyl e fluazone + midazolam (2 parti di acqua sterile, 1 parte di fetanil/fluanizone - Hypnorm Vet, Saunderton, Inghilterra - e 1 parte di midazolam, 5 mg/ml – Dormicum, Roche, Francia) per ciascun topo inizialmente a una dose di 2,7 ml/kg (12). Ulteriore anestesia è stata somministrata se necessaria. Per il sacrificio sono state utilizzate iniezioni intraperitoneali di una overdose di pentobarbitale.

Irradiazione Prima dell’irradiazione tutti i topi sono stati anestetizzati nel modo sopra descritto. Sono state somministrate singole dosi esterne di 2, 5, 10, 20 e 30 Gy tramite irradiazione fotonica di 4 MV da un acceleratore lineare (Varian Clinac 600 CD). Per ciascun livello di dosaggio sono stati irradiati due topi (a eccezione del livello di 2 Gy che è stato utilizzato su un solo topo) con una quota di dosaggio di 3,4 Gy al minuto, con un tempo totale di irradiazione tra 0,6 minuti (2 Gy) e 8,8 minuti (30 Gy). Due topi venivano posizionati fianco a fianco in posizione supina sul tavolo per l’irradiazione. Un bolo equivalente ai tessuti dello spessore di 1 cm è stato posizionato su una delle zampe posteriori di ciascun animale. La dimensione del campo era di 5x5 cm in una struttura isocentrica con una distanza tra il bolo e la fonte di 99 cm. L’altra zampa era ben al di fuori del campo di irradiazione e costituiva quella di controllo non irradiata, la distanza tra il limite del campo e la zampa di controllo era maggiore di 6 cm, somministrando una dose a tale zampa inferiore al 3% della dose prescritta.

Inserimento degli impianti

MATERIALI E METODI Animali Per lo studio sono stati utilizzati 9 topi maschi Sprague Dawley (età media 14 settimane, con un peso medio di 472 g all’arrivo in laboratorio) (Laboratori Charles River, Germania) il peso individuale del singolo topo è stato registrato all’arrivo e una volta a settimana per tutto il periodo di follow up. Tre giorni dopo l’irradiazione sono stati inseriti due impianti filettati (n. 36) con un diametro esterno di 2,2 mm e una lunghezza totale di 3,2 mm in ciascuna tuberosità tibiale. Per il trattamento implantare è stata seguita la procedura per gli impianti OsseoSpeed. Cioè superficie trattata con TiO2 e trattamento con acido idrofluorico diluito (Astra Tech AB, Svezia). Il follow up è stato di 5 settimane. Il presente studio è sta94

Tre giorni dopo l’irradiazione i topi sono stati anestetizzati. Le zampe posteriori sono state rasate e pulite con una soluzione di etanolo e iodio al 70%. Gli strati cutanei e fasciali sono stati incisi e richiusi separatamente. Gli strati periostei sono stati delicatamente spostati senza essere risuturati. Ciascun sito osseo per l’inserimento degli impianti è stato aperto utilizzando punte rotonde, dalle più sottili a quelle di diametro più ampio, sotto costante raffreddamento con NaCl. In ciascun condilo femorale è stato inserito un impianto e in ciascuna tibia (zona della tuberosità tibiale) due impianti, circa 0,5 cm al di sotto del piatto tibiale, con una distanza dal centro spostata di circa 5 mm. È stato utilizzato un micromotore a bassa velocità. Entrambe le zampe sono state trattate secondo la stessa procedura chirurgica. La fascia è stata chiusa con suture riassobibili 5-0 (Vycril, Ethicon, Johnson & Johnson, New Brunswick, NJ, USA) e la cute con filo riassobibiGiugno 2010; 2(2)


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JOURNAL of OSSEOINTEGRATION Levelli di irradiazione critici per l’osteointegrazione nell’osso del topo

le 4-0 (Monocryl, Ethicon, Johnson & Johnson, New Brunswick, NJ, USA).

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RISULTATI Peso dei topi

Preparazione dei campioni Tutti gli animali sono stati sacrificati dopo un periodo di guarigione di 5 settimane, completato senza problemi, tramite overdose di pentobarbital (Apoteksbolaget, Uppsala, Svezia). Dopo di che si è proceduto alla copertura dei tessuti molli e al dissezionamento degli impianti, posizionamento su supporto in sughero e, infine, immersione in fissativo di formalina contenente zinco (Histolab Products AB, Göteborg, Svezia). Le zampe sono state estratte e immerse in fissativo e poi sono state effettuate normali radiografie. Sono state ottenute sezioni sottili di osso senza impianti e impianti singoli recuperati con tessuto osseo intorno, che sono stati fissati per una settimana. Le sezioni di osso sono state decalcificate in una soluzione di EDTA per circa 3 settimane. I campioni non decalcificati ed i tessuti molli sono stati trattati per essere inglobati nella paraffina e successivamente tagliati in sezioni dello spessore di 5 µm. Per le colorazioni è stata utilizzata l’ematossilina-eosina (Htx-Eo). Per gli esami iniziali dei metodi immunoistochimici è stato utilizzato il fattore VIII di marcatura cellulare (BioCare Medical, Concord, CA, USA). Il protocollo immunoistochimico utilizzato seguiva le raccomandazioni del fornitore degli anticorpi (Histolab Products AB, Göteborg, Svezia). Il protocollo immunoistochimico utilizzato sarà descritto dettagliatamente in un altro lavoro. I campioni di osso contenenti gli impianti sono stati trattati secondo il cosiddetto metodo Donath/Exakt (13). In breve, i campioni sono stati disidratati in etanolo (in soluzioni crescenti dal 70% al 100%). La preinfiltrazione in resine diluite è stata seguita dall’infiltrazione in resina pura (Technovit 7200, VLC, Kulzer, Germania). Tutti i passaggi sono stati condotti sotto irrigazione e aspirazione. I campioni polimerizzati sono stati suddivisi lungo l’asse lungo dell’impianto. Le sezioni non decalcificate sono state tagliate e assottigliate fino a uno spessore di 10 µm e infine è stata effettuata la colorazione con blu di toluidina e pironina G (14). Nonostante il ridotto numero di animali utilizzati per ciascun livello di irradiazione, abbiamo cercato di trattare i campioni come di routine, cioè utilizzando i metodi istomorfometrici del nostro dipartimento. I valori medi presentati dovrebbero essere considerati come linee guida e non come valori esatti. Tutte le osservazioni qualitative e le misurazioni quantitative sono state effettuate direttamente al microscopio ottico (Leitz Metallux 3) con un obiettivo di 16x. È stata adottata una tecnica manuale utilizzando il computer (15). Le sezioni sono state analizzate in cieco e gli operatori non conoscevano il codice. Le analisi istomorfometriche hanno considerato le misurazioni BIC e BA su tutte le spire intorno agli impianti e nelle tre filettature superiori consecutive nella corticale originale. Tutte le misurazioni sono state effettuate dalla stessa persona. Giugno 2010; 2(2)

Il peso medio dei topi all’arrivo era di 472 g (range 431560 g). Al momento dell’intervento, cioè 3 giorni dopo l’irradiazione, il peso medio era di 482 g. Tutti i topi hanno perso peso dopo l’intervento e l’irradiazione. A eccezione di una perdita media di peso di 10 g durante la settimana successiva all’intervento, in seguito l’incremento medio di peso è stato approssimativamente di 20 g a settimana e il peso medio totale al termine dello studio era di 547 g.

Osservazioni – Controlli visivi Nessun topo ha dovuto essere suturato nuovamente. Le reazioni cutanee erano localizzate alle zone glabre e si sono verificate solo nelle zampe dei topi irradiati 1 settimana dopo l’irradiazione a 20 e 30 Gy. Queste aree persistevano per tutto il periodo di follow up. Le osservazioni qualitative sulle sezioni cutanee colorate con Htx-Eo hanno rivelato una reazione infiammatoria in quasi tutte le sezioni. Poiché queste reazioni possono essere dovute al materiale da sutura ancora in sito (sebbene fossero state utilizzate suture riassorbibili) non si proporranno ulteriori descrizioni delle reazioni cutanee nel presente lavoro. Gli esami immunoistochimici preliminari con il Fattore VIII (fattore di von Willebrand) condotti sulle sezioni di paraffina della cute hanno mostrato poche cellule endoteliali (indifferentemente nelle sezioni test e controllo); però anche altre strutture, come le ghiandole e i follicoli piliferi, hanno mostrato una reazione positiva e si è giunti alla conclusione che l’utilizzo di questo anticorpo può dare reazioni aspecifiche. Le sezioni di osso decalcificato mostravano una maggior quantità di megacariociti con colorazione rossa positiva nel gruppo di controllo dei 20 Gy rispetto al gruppo irradiato (i dati non vengono mostrati). Questi risultati non sono stati osservati nei gruppi sottoposti a 2 e a 5 Gy. Sono in corso esami istochimici più estesi che saranno riportati in un altro lavoro.

Osservazioni qualitative – Sezioni non decalcificate tagliate e assottigliate In generale, le maggiori “alterazioni” sono state rilevate nella qualità dell’osso dei gruppi sottoposti a irradiazione a 20 e 30 Gy rispetto sia ai gruppi di controllo corrispondenti sia ai gruppi che avevano ricevuto dosi inferiori, cioè 2, 5 e 10 Gy. Nella seguente descrizione qualitativa abbiamo focalizzato varie regioni nel tessuto osseo circostante gli impianti e anche nella cavità midollare. In particolare sono stati considerati: 1) l’area periostale, 2) l’osso corticale preesistente, 3) l’endostio, 4) i margini osteoidi, 5) la cavità midollare e 6) la porzione apicale sotto l’impianto nella cavità midollare. La tabella 1 riassume le osservazioni qualitative sulle 95


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REGIONi

Test 2 Gy

Controllo 2 Gy

Test 5 Gy

Controllo 5 Gy

Test 10 Gy

Periostea

Formazione di nuovo tessuto periosteo

Più pronunciato rispetto al lato test

Strato extracorticale intermedio molto poroso

Maggior porosità e più cavità di rimodellamento

Superficie superiore di riassorbimento

CortIcale preesistente

Tessuto osseo Simile al test primario e osso lamellare. Interfaccia BIC nuovo e preesistente. Chiare linee di accrescimento. Cavità di rimodellamento in fase attiva

Poche cavità di rimodellamento. Chiare linee di accrescimento. Osteociti di varie misure nucleati e non

Più cavità di rimodellamento Simili linee di accrescimento e osteociti

Cavità di rimodellamento, ma meno di 5 Gy. Osteoblasti con lacune vuote e piene

Endossea

Neoformazione di Simile al test endostio con trabecole intorno all’impianto Margine spesso, Simile al test colorato di blu con osteoblasti arrotondati e colorati di scuro (nuclei chiari)

Simile a 2 Gy

Simile al controllo a 2 Gy

Più trabecole endostali

Margine a strati confusi. Cellule irregolari, di colore chiaro

Margine spesso, colorato di blu. Osteoblasti di colore chiaro

Adipociti di varie dimensioni. Poche mast cellule rispetto ai controlli e meno del 2 Gy Megacariociti difficili da identificare No tessuto fibroso

Adipociti di dimensioni omogenee Mast cellule simili Si osservano megacariociti No tessuto fibroso

Margine più sottile e meno cellule rispetto a ai test 2 e 5 Gy . Cellule allungate e di colore sia più chiaro sia sia più scuro Si osservano mast cellule. Adipociti di varie dimensioni sizes. Megacariociti positivi alla colorazione No tessuto fibroso

Margini osteoidi

Cavità midollare

Ricche cellule adipociti tondi Alcune mast cellule. Si osservano megacariociti

Porzione apicale No tessuto fibroso sotto l’impianto

Simile al test

No tessuto fibroso

sezioni non decalcificate tagliate e assottigliate sottoposte a colorazione istologica. Le figure da 1 a 5 mostravano alcune osservazioni qualitative.

Dose da 2 Gy A prescindere dalla zona, non sono state rilevate differenze importanti tra i campioni di studio irradiati e quelli di controllo. Vi era una crescita di osso periostale sia nei gruppi di studio sia in quelli di controllo; quello corticale rivelava sia tessuto osseo primario sia osso lamellare. La maggior parte delle cavità di questa zona mostravano attività di rimodellamento. Intorno all’impianto si era formato tessuto endostale. Sia nei campioni di studio sia in quelli di controllo si osservavano bordi osteoidi spessi e positivi alla colorazione blu, con osteoblasti di colorazione scura e di forma piuttosto arrotondata. La cavità midollare rivelava adipociti rotondi, una gran quantità di mastociti 96

Fig. 1 Sezione non decalcificata tagliata e assottigliata di una immagine che mostra un impianto posizionato in regione prossimale della tuberosità tibiale nell’osso di topo (controllo non irradiato del gruppo sottoposto a10 Gy). Tutte le sezioni sono state colorate con blu di toluidina e pironina G. Barra = 1000 μm. Giugno 2010; 2(2)


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Levelli di irradiazione critici per l’osteointegrazione nell’osso del topo

REGIONI

Controllo 10 Gy

Periostea

Maggiore neoformazione periostea rispetto al test

CortIcale preesistente

Endossea

Margini osteoidi

Cavità midollare

Test 20 Gy

Poca o nulla neoNeoformazione formazione periostea periostea. Calcificazione distrofica sopra suferficie periostea Cavità di Poche cavità di Cavità di riassorbirimodellamento riassorbimento e mento e rimodelno rimodellamento lamento. No siti attivi di Osteociti con e ormazione ossea. senza nuclei. Tessuto fibroso all’ interfaccia Osteociti con lacune vuote. Frammenti ossei in corticale preesistente Reazione simile Copertura degli Copertura dell’imnei test e nei impianti sottile pianto sottile e controlli e circolare circolare. Più trabecole nei controlli Maggiore formazione Margini “normali” Margini e cellule ossea rispetto ai difficili da identifi- di colore chiaro test care. Linee bluastre sottili con cellule simil-osteoblastiche mal definite

Più mast cellule rispetto al test . Adipociti di stesse. dimensioni. Più megacariociti positivi rispetto al test Porzione apicale Simile al test sotto l’impianto

Test 30 Gy

Controllo 30 Gy

Nessuna reazione periostea

Neoformazione periostea

Strato corticale sottile. Nessuna cavità di rimodellamento. Cavità di riassorbimento con micro e monociti. Fibrosi all’interfaccia. Più osso mineralizzatoinsufficiente dei controlli. Osteociti confusi con lacune “Tanquillo” rispetto ai controlli

Cavità di rimodellamento. Linee di accrescimento ben visibili. Osso mineraliz zato insufficiente. Osteociti con e senza nuclei

Difficili da identificare

Osteoblasti di varie forme e di colorazione sia chiara sia scura

Rilevata neoformazione ossea

Meno adipociti rispetto ai controlli No megacariociti di colorazione positiva

Più adipociti rispetto Megacariociti al lato irradiato. difficili Megacariocites da identificare positivi

Adipociti , mast cellule e megacariociti di colorazione positiva

Formazione di tessuto fibroso

No tessuto fibroso

No tessuto fibroso ma osso intorno a porz. apicale

Fig. 2 Maggiore ingrandimento del tessuto osseo all’interno della filettatura di un impianto da un controllo non irradiato del gruppo sottoposto a 20 Gy che mostra cavità di rmodellamento osseo in corso di attività. Si possono osservare osteociti, con e senza nuclei, e linee di accrescimento che differenziano il tessuto osseo preesistente da quello neoformato. I valori di BIC e BA nelle spire sono maggiori rispetto ai campioni di studio irradiati mostrati nella figura 3. Barra = 1000 μm. Giugno 2010; 2(2)

Controllo 20 Gy

Fibrosi solo sul lato irradiato

Fig. 3 3 Questa figura illustra la zona delle spire di un campione del gruppo sottoposta a irradiazione a 20 Gy che mostra un contatto osseo inferiore rispetto al campione non irradiato (figura 2). Non si osservano cavità di rimodellamento attive né la chiara presenza di osteociti. Le linee di accrescimento sono difficili da individuare. Una maggiore area di tessuto fibroso può essere osservata nella regione delle spire. Barra = 100 μm. 97


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Fig. 4 Questa figura mostra la porzione apicale di un impianto circondato da osso neoformato davanti alla cavità midollare dei campioni di controllo non irradiati del gruppo sottoposto alla dose di 30 Gy. Si può osservare del contatto tra osso ed impianto e anche aree di formazione ossea. La formazione ossea in corso è dimostrata da osteoide coperta da osteoblasti. Barra = 50 μm.

Fig. 5 Questa figura illustra la porzione apicale di un impianto davanti

ed anche di cellule grigiastre piuttosto ampie, di forma tondeggiante multinucleata, cioè megacariociti nei campioni sia di studio sia di controllo.

Margini osteoidi: l’osteogenesi sembrava essere più pronunciata nei lati di controllo rispetto a quelli di studio. In questi ultimi campioni il margine era più sottile rispetto ai campioni sottoposti a 2 e a 5 Gy e le cellule erano più allungate e con una colorazione più scura. Gli adipociti nella cavità midollare sembravano essere più piccoli nelle sezioni di controllo rispetto agli adipociti di varie dimensioni nel gruppo di studio. Il numero di mastociti sembrava variare, essendo di più frequente riscontro nei controlli rispetto ai gruppi di studio. Tale osservazione valeva anche per i megacariociti, apparentemente in maggior numero nella cavità midollare dei controlli rispetto ai campioni irradiati.

Dose da 5 Gy Sia i campioni di studio sia quelli di controllo rivelavano una grande formazione di osso periostale con uno strato corticale in più al di sopra dell’osso preesistente con uno strato intermedio molto poroso. In questa regione i campioni di controllo mostravano una maggiore porosità con più cavità di rimodellamento rispetto ai campioni di studio. La regione corticale preesistente sembrava avere più cavità di rimodellamento nei campioni di controllo rispetto a quelli di studio. Linee di accrescimento erano chiaramente apprezzabili nella regione corticale così come osteociti con nucleo chiaro. Relativamente al margine osteoide, le sezioni di controllo dei campioni sottoposti a dosi di 5 Gy erano piuttosto simili al gruppo di studio da 2 Gy, eccetto che “tutti” gli osteoblasti del primo erano leggermente colorati. Nei campioni di studio i margini osteoidi apparivano come uno strato confuso (diversi dai campioni di studio sottoposti a 2 Gy). Gli adipociti del midollo erano di diverse misure, mentre i megacariociti erano difficili da individuare nei campioni di studio. Alcuni megacariociti potevano essere osservati nelle sezioni dei campioni di controllo.

Dose da 10 Gy I campioni di controllo rivelavano una maggiore neoformazione di osso periostale rispetto ai campioni di studio, mentre la reazione dell’endostio sembrava essere simile. La corticale conteneva diverse piccole cavità di rimodellamento. Gli osteociti nella corticale ossea mostravano lacune sia riempite sia vuote, sia nei campioni di studio sia in quelli di controllo. 98

alla cavità midollare del gruppo irradiato a 30 Gy. Non si era formato alcun tessuto osseo intorno all’impianto in questa area. Si osserva sempre tessuto fibroso in questa regione. Barra 50 μm.

Dose da 20 Gy Mentre era possibile osservare osso periostale neoformato nei campioni di controllo, ciò non era possibile in quelli irradiati, che presentavano solamente scarsa quantità di tessuto osseo periostale. Si potevano chiaramente osservare alcune aree di calcificazione distrofica al di sopra della corticale e a qualche distanza dagli impianti. La formazione di tessuto osseo endostale vicino agli impianti posizionati nella cavità midollare rivelava una sottile copertura di tipo circolare degli impianti. Vi erano anche più trabecole nei lati di controllo rispetto a quelli irradiati. La zona corticale precedente, sui lati di controllo, mostrava sia cavità di riassorbimento sia di rimodellamento, mentre il risultato generale del lato irradiato era di una minore quantità di cavità e solo cavità di riassorbimento. Pertanto nei campioni irradiati non era possibile osservare siti di formazione ossea in fase attiva. Nell’area di interfaccia dei campioni di studio si osservava generalmente tessuto fibroso. Sui lati di controllo era possibile osservare osteociti, nucleati e non. I Giugno 2010; 2(2)


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campioni di studio ma non nei controlli.

Dati quantitativi

Fig. 6 Valori medi di BIC nelle tre spire corticali superiori. In blu i campioni di controllo non irradiati e in rosa quelli irradiati.

In generale gli impianti posizionati nella regione prossimale mostravano valori di BIC superiori rispetto a quelli nella regione distale. Nei risultati quantitativi vengono riportati i valori medi dei campioni prossimali e distali. A eccezione del topo sottoposto alla dose di 2 Gy con dati riferiti a 2 impianti nella zampa irradiata e 2 in quella di controllo, tutti gli altri risultati erano basati su 4 controlli e 4 campioni/gruppi sperimentali.

BIC lati di studio rivelavano cellule più vuote e una maggiore varietà nelle dimensioni delle cellule rispetto agli osteociti dei lati di controllo. I margini osteoidi erano difficili da individuare nei campioni di studio, sebbene a volte fosse possibile notare una linea bluastra sottile con cellule indistinte simil-osteoblastiche. I lati di controllo mostravano margini osteoidi e osteoblasti con una colorazione più chiara rispetto ai gruppi irradiati con 2, 5 e 20 Gy. Nella cavità midollare la quantità di adipociti sembrava essere ridotta nei campioni di studio rispetto a quelli di controllo.

Dose da 30 Gy I campioni di controllo non irradiati mostravano una maggiore neoformazione ossea rispetto ai lati di controllo. In questi ultimi, lo strato corticale era sottile ed in alcune zone era visibile riassorbimento osseo. Nei campioni non irradiati ed in uno dei campioni di studio si notava neoformazione ossea nell’endostio. L’osso corticale preesistente nei campioni di controllo mostrava cavità di rimodellamento, ma non in quelli di studio. Questi ultimi mostravano cavità di riassorbimento con micro e monociti. Non si osservavano cellule giganti. Questi ultimi campioni mostravano fibrosi all’interfaccia. Erano chiaramente visibili linee di accrescimento nella corticale preesistente non irradiata, mentre non si osservavano linee di accrescimento distinte nell’osso irradiato. Vi erano aree con “insufficiente osso mineralizzato” visibile nella corticale di controllo, sebbene queste regioni fossero più pronunciate nell’osso irradiato. Mentre gli osteociti, con nuclei visibili, erano chiaramente osservabili nei lati di controllo, ciò non era invece il caso nei lati irradiati. In questi ultimi gli osteociti erano meno definiti e mostravano lacune. Nei campioni di controllo si potevano osservare margini osteoidi con cellule di varie forme, mentre nei campioni irradiati tali margini erano difficili da identificare. La cavità midollare dei lati di controllo mostrava adipociti, mastcellule e megacariociti, mentre sui lati di studio queste cellule non potevano essere così facilmente identificate e i megacariociti non erano visibili. La regione apicale mostrava fibrosi e ridotto contenuto cellulare sui Giugno 2010; 2(2)

In generale gli impianti non irradiati mostravano valori di BIC superiori rispetto ai campioni irradiati e più basse erano le dosi di irradiazione, maggiori erano i valori di BIC riscontrati. Nei gruppi sottoposti a dosaggi di 20 e 30 Gy il BIC era superiore del 20% nei campioni non irradiati rispetto a quelli di studio. I valori medi erano rispettivamente 56% e 36%. Gli altri campioni di controllo (2, 5 e 10 Gy) mostravano un BIC superiore di circa il 10% rispetto agli altri campioni irradiati. I valori medi del BIC tra gli impianti prossimali e distali in tutte le filettature erano inferiori ed in tutti i gruppi irradiati rispetto ai controlli. Il valore di BIC più basso, nel confronto tra tutte le filettature, era osservato nei campioni sottoposti a dosaggi di 20 Gy (media 33%) seguiti da quelli di 30 Gy (media 38%). I valori medi nelle sezioni di controllo corrispondenti dei 20 e 30 Gy erano maggiori di circa il 20% (cioè media 56%). I confronti dei valori di BIC delle tre filettature superiori consecutive rivelavano un BIC leggermente superiore nei campioni sottoposti a dosi di 5 e 10 Gy (media 62%) rispetto ai controlli (50%). I campioni di controllo dei 2, 20 e 30 Gy non irradiati mostravano valori di BIC superiori (media rispettivamente 77%, 50% e 67%) rispetto ai campioni irradiati (media rispettivamente 66%, 25% e 41%). La figura 6 riassume i dati BIC quantitativi delle 3 spire superiori.

BA Non vi erano differenze quantitative importanti per il BA in tutte le spire nel confronto tra i campioni irradiati a 2, 5 e 10 Gy, cioè gli impianti prossimali e distali mostravano risultati simili all’interno dei vari gruppi di studio. I campioni sottoposti a dosi di 20 e 30 Gy presentavano un maggiore BA nel ≤ dei campioni. Questa osservazione era invertita nel gruppo di controllo, in cui quasi tutti i campioni posizionati nei siti distali avevano un BA superiore rispetto ai siti prossimali. Le tre spire superiori consecutive rivelavano risultati simili relativamente ai dati BIC, cioè i gruppi che avevano ricevuto dosi di 5 e 10 Gy mostravano percentuali un poco superiori (media 49%) di BA rispetto ai controlli corrispondenti non irradiati 99


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Fig. 7 Valori medi di BA nelle tre spire corticali superiori. In blu i campioni di controllo non irradiati e in rosa quelli irradiati (media 44%). I campioni di controllo dei 2 Gy avevano un maggiore BA rispetto ai campioni irradiati (media rispettivamente 73% e 69%). Il valore di BA più basso è stato riscontrato nel gruppo dei 20 Gy. La media corrispondente nelle sezioni di controllo era 61%. La figura 7 mostra i dati BA delle tre spire superiori.

DISCUSSIONE Nel presente studio sono state applicate dosi singole di radiazioni. Tale scelta può essere criticabile, ma in generale questo metodo è in linea con la realtà clinica quando viene applicata la brachiterapia ad alto dosaggio. Inoltre, le dosi singole sono da preferirsi negli animali per ragioni etiche. Le dosi singole sono state anche applicate in uno studio su topi effettuato da Öhrnell et al. (9). Tale studio, però, era incentrato sugli effetti tardivi nell’integrazione degli impianti quantificati tramite test biomeccanici, mentre il nostro studio prende in considerazione l’analisi istomorfometrica quantitativa e qualitativa. I due lavori, pur essendo di tipo diverso, hanno in comune l’osservazione qualitativa di rimodellamento osseo imperfetto nell’osso irradiato rispetto all’osso di controllo non irradiato. Sebbene siano stati utilizzati per questo studio un ridotto numero di animali, le dosi tra 20 e 30 Gy mostravano l’imperfetta integrazione degli impianti. La maggior parte dei campioni dei gruppi irradiati a 20 e 30 Gy hanno mostrato che la mineralizzazione dell’osso corticale era alterata ed insufficiente. Inoltre si potevano osservare una diminuzione nella formazione ossea nelle aree della filettatura. L’osservazione di modifiche nei margini osteoidi e osteoblastici con osteoblasti alterati supporta tale conclusione. Sono state osservate lacune di riassorbimento sullo strato corticale superiore del gruppo di studio; queste lacune contenevano una gran quantità di monociti, mentre le cellule multinucleate sembravano essere assenti. Inoltre, i campioni irradiati a 20 e 30 Gy mostravano la presenza di fibrosi nella parte apicale (cioè la 100

cavità midollare) e anche di una ridotta quantità di cellule di midollo osseo. Tali risultati non venivano rilevati nei campioni di controllo. Nel nostro studio i valori medi di BIC e BA nelle 3 filettature superiori erano inferiori in tutti i gruppi irradiati eccetto per quelli di 5 e 10 Gy. La nostra interpretazione di queste osservazioni è che queste dosi sembrano “stimolare” l’integrazione e quindi hanno mostrato delle percentuali maggiori. Per quel che sappiamo, questo tipo di dati non sono stati riferiti in altri studi in vivo sull’integrazione degli impianti sui topi, però vi sono studi in vitro su linee cellulari simil-osteoblastiche esposte a irradiazione. Tali studi riferiscono che livelli elevati di fosfatasi alcalina (ALP) indicano un aumento dell’attività osteoblastica in seguito a dosaggi di 8 e 10 GY (16, 17). Le loro osservazioni sono interessanti, ma non è possibile confrontare i dati in vivo con quelli in vitro. I dati del presente studio non sono in accordo con quelli dello studio di Kwak et al., che hanno riferito di valori BIC superiori di circa il 50% per i controlli non irradiati rispetto a quelli irradiati a 15 Gy, al follow up dopo 12 settimane. Però il follow-up del presente lavoro era di sole 5 settimane rispetto alle 3, 4, 6, 8 e 12 settimane dello studio effettuato da Kwak et al. e perciò non può essere completamente confrontato (8). I dati BIC, rispetto a tutti i tipi di filettatura, erano simili nel gruppo di controllo e in quello sperimentale irradiato con 10 Gy. L’osso irradiato a 20 e 30 Gy aveva valori BIC inferiori rispetto al lato di controllo non irradiato. I controlli avevano circa il 50% di BIC in più rispetto ai lati sperimentali irradiati a 20 e 30 Gy. L’osservazione dei maggiori valori di BIC intorno agli impianti posizionati nei siti prossimali è più probabilmente dovuta alla differente anatomia, cioè alla maggiore presenza di osso di tipo spugnoso nella regione prossimale rispetto a quella distale, che consiste di osso corticale. Le porzioni di osso non irradiato mostravano approssimativamente un valore di BIC mediamente del 62%, che è in accordo con uno studio precedente con impianti simili effettuato in “osso sano” (Johansson, dati non pubblicati). Mentre l’ispezione della qualità del tessuto osseo sembrava essere simile e perciò non differiva molto tra l’osso di controllo non irradiato e quello irradiato dei gruppi da 2 a 10 Gy, non era questo il caso però nei gruppi sottoposti a 20 e 30 Gy. Invece, in questi ultimi i campioni di controllo non irradiati si differenziavano significativamente rispetto a quelli sperimentali. Perciò le misurazioni quantitative devono essere accompagnate da termini qualitativi. È difficile giudicare e comprendere i soli dati quantitativi in studi, come questo ed altri, sui tessuti ossei irradiati. La necessità di aggiungere strutture tessutali specifiche/specificate in termini qualitativi e quantitativi è di grande importanza. Inoltre, vi è la necessità di protocolli di colorazione più specifici. Un esemGiugno 2010; 2(2)


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pio ne è il risultato inaspettato, in seguito alla colorazione istochimica con il fattore di von Willebrand su osso decalcificato, della colorazione dei megacariociti nei campioni di controllo non irradiati rispetto alla totale assenza di colorazione nei campioni sperimentali sottoposti a 20 e 30 Gy. I megacariociti hanno un ruolo importante nella formazione delle piastrine, però non rientrava negli obiettivi del presente lavoro l’elaborazione di tali risultati. L’importanza di giudicare e descrivere diversi gradi di danno tessutale è complessa ma necessaria. Attualmente sono in corso ulteriori studi sui problemi clinici legati ai danni dell’irradiazione che si verificano intorno agli impianti posizionati nell’osso poco dopo l’irradiazione. Questo tipo di studi affronta almeno 5 o 6 fattori importanti legati alla riuscita dell’osteointegratione implantare (18).

CONCLUSIONI Questo lavoro ha lo scopo di identificare il livello critico per l’osteointegrazone degli impianti in osso di topo irradiato (2, 5, 10, 20 e 30 Gy) al follow up dopo 5 settimane. È stata riscontrata una riduzione dell’osteointegrazione sia a livello qualitativo che quantitativo nei gruppi irradiati con 20 e 30 Gy. Sono necessari ulteriori studi su ampia scala per verificare se tale risultato sia o meno significativo.

RINGRAZIAMENTI Si ringrazia AstraTech AB, Mölndal (Svezia) per aver fornito gli impianti e la borsa di studio dell’Ospedale Särfonderna dell’Università di Örebro (Örebro, Svezia). Si ringrazia molto il Consiglio Svedese per la Ricerca per il sostegno all’interno del progetto n. 621-2005-3402.

REFERENCES 1. Luz A, Gössner W, Heuck F. Bone. In : Scherer CS, Trott K-R eds. Radio-pathology of organs and tissues. Springer verlag,1991: 67-103. 2. Granström G, Tjellström A, Brånemark P-I, Fornander J. Boneanchored reconstruction of the irradiated head and neck cancer patient. Otolaryngol Head Neck Surg 1993; 108:334-343.

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ROBERT A. HOROWITZ1, ZIV MAZOR2, CHRISTIAN FOITZIK, HARI PRASAD3, MICHAEL ROHRER4, ADY PALTI 1

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Dipartimenti di Parodontologia e Implantologia, Chirurgia Orale, Biomimetica e Biomateriali, New York University, Scuola di Odontoiatria, New York; Libero professionista, Parodontologia e Implantologia a Scarsdale, New York, USA Libero professionista, Parodontologia e Implantologia a Ra’ananah, Israele Dipartimento e Laboratorio di Ricerca sui Tessuti duri, Università del Minnesota, Scuola di Odontoiatria, Minneapolis, Minnesota, USA Professore e Direttore, Divisione di Patologia Orale e Maxillofacciale, Direttore Laboratorio di Ricerca sui Tessuti duri, Università del Minnesota, Scuola di Odontoiatria, Minneapolis, Minnesota, USA

Il fosfato β-tricalcico come sostituto osseo: proprietà ed applicazioni cliniche RIASSUNTO Scopo Con l’ampliarsi degli orizzonti dell’implantologia orale, gli interventi di incremento osseo sono sempre più diffusi. L’osso autologo, fino a poco tempo fa considerato il gold standard per gli incrementi di volume osseo, è disponibile in quantità limitata e non sono molte le aree da cui può essere prelevato a causa del rischio di complicazioni sia durante sia dopo l’intervento chirurgico. Il presente lavoro si pone come guida per il chirurgo sulle varie tipologie di sostituti ossei utilizzabili per gli innesti in funzione del tipo di origine e della capacità di questi materiali essere riassorbiti dai tessuti e sostituiti da osso vitale. Studi su modello animale e umano riferiscono che gli innesti con materiale sintetico, come il fosfato β-tricalcico a fase pura, vengono riassorbiti e sostituiti da osso vitale in un arco di tempo variabile dai 6 ai 12 mesi. Conclusioni I casi e la bibliografia presentati in questo articolo dimostrano la predicibilità e l’efficacia del fosfato β-tricalcico come materiale da innesto nelle varie applicazioni relative alla chirurgia implantare.

PAROLE CHIAVE Estrazioni; Fosfato tricalcico; Impianti dentali; Innesto di osso sintetico; Restitutio ad integrum; Riassorbimento osseo; Rigenerazione ossea; Sostituto osseo.

INTRODUZIONE In campo medico e odontoiatrico vi è una grande richiesta di sostituti ossei e di materiali per aumentare il volume dell’osso disponibile. Anche se utilizzato subito dopo il prelievo, il midollo spongioso autologo è comunque considerato il materiale biologicamente più vitale; il suo utilizzo è però limitato a causa della necessità di un secondo intervento o di un doppio sito chirurgico, e delle potenziali complicanze che ne conseguono, a cui si aggiungono i tempi prolungati dell’intervento chirurgico e dell’anestesia (1). Vi è un gran numero di sostituti ossei di origine biologica e sintetica che non si differenziano significativamente nella loro applicazione clinica e possono essere utilizzati con facilità, in maniera efficace e con un valido rapporto costo-efficacia con differenze di costo minime. Giugno 2010; 2(2)

La presente revisione ha la finalità di fornire, ai chirurghi che utilizzano materiali per la rigenerazione ossea, informazioni per poter confrontare i materiali e selezionare quello più adatto alle specifiche esigenze in base ai dati tecnici, alla documentazione scientifica recente e ad alcuni esempi clinici.

BIOMATERIAL Un materiale è definito bioinerte quando, dopo l’inserimento, non provoca alcuna reazione in grado di interferire con le funzioni dell’organismo. Tra i materiali bioinerti figurano il carbonio, il titanio commercialmente puro e la lega di titanio-vanadio-alluminio. L’inserimento di materiali bioattivi provoca una reazione positiva per la formazione, il rafforzamento o l’interconnessione dei tessuti ossei, che a sua volta promuove la rigenerazione e le funzioni dell’osso. L’osteogenesi avviene di conseguenza. Tra i materiali bioattivi vi sono i fosfati di calcio di sintesi (fosfato tricalcico, alcune formulazioni di solfato di calcio e idrossiapatite). I materiali come il fosfato tricalcico (TCP) sono osteoconduttivi poiché gli osteoblasti aderiscono a essi depositandovi tessuto osseo sulla superficie. Il biomateriale forma una struttura che chiude il difetto osseo (2). I materiali osteoinduttivi sono sostanze che stimolano la rigenerazione ossea, anche in siti extraossei. Ciò può verificarsi quando le cellule staminali adiacenti alle sostanze osteoconduttive si differenziano in cellule osteogeniche (osteoblasti), dando avvio alla rigenerazione ossea. Diverse proteine, quali i fattori di crescita simil-insulinico (IGF), derivato dai fibroblasti (FGF), di derivazone piastrinica (PDGF) eccetera, possiedono tale caratteristica. Anche le proteine ossee morfogenetiche (BMP) hanno caratteristiche osteoinduttive. Materiali inorganici, quali le ceramiche o i metalli, cioè tutti i sostituti ossei solidi, non possiedono caratteristiche osteoinduttive, poiché per indurre la differenziazione delle cellule staminali sono necessarie le proteine. La formazione di osso è stata constatata in seguito all’inserimento, nel muscolo o in tessuto adiposo al di fuori dell’osso, di acido polimetilmetacrilato (PMMA) (3), titanio poroso (4) e varie ceramiche di fosfato di calcio. È sta103


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to dimostrato che la formazione ectopica di osso dipende sia dal sito impiantato sia dal materiale innestato e dalla sua porosità. Anche con il fosfato β-tricalcico (βTCP) è stata osservata la formazione ectopica di osso, definita osteoinduzione, dopo l’inserimento nel tessuto muscolare (5). I fosfati di calcio hanno una elevata affinità per le proteine (quali le BMP). I pori delle bioceramiche hanno un effetto filtro e accumulano all’interno dei micropori i fattori di crescita prelevati dai fluidi circostanti dell’organismo (7). La differenziazione delle cellule staminali e la formazione ectopica di osso possono essere stimolate da questi materiali da innesto sostitutivi dell’osso. Osteopromozione, osteostimolazione e osteoproduttività sono termini il cui utilizzo è in forte aumento, ma che non descrivono alcuna nuova o ulteriore funzione di un materiale e non hanno alcuna rilevanza scientifica. I materiali sono riassorbibili se si decompongono attraverso almeno uno di una serie di meccanismi e possono essere assorbiti dalle cellule in virtù della loro solubilità chimica. Solamente gli osteoclasti riassorbono l’osso o altri materiali riassorbibili attraverso il rilascio di acidi che dissolvono la porzione minerale. Da questa attività derivano le lacune di riassorbimento (8) che dissolvono i componenti inorganici, fosfatocalcici dell’osso vitale o innestato. I materiali degradano in funzione delle loro caratteristiche fisiche, delle forze meccaniche o possono essere dissolti idroliticamente dai fluidi dell’organismo (9).

Sostituti ossei/materiali per l’incremento di volume osseo Tra le caratteristiche dell’osso dello scheletro umano vi sono la resistenza alla compressione e alla trazione, la bassa flessibilità e la capacità di andare incontro a riassorbimento e rimodellamento per adattarsi alle mutate condizioni. Le funzioni principali dell’osso sono ematopoiesi, attaccamento dei muscoli, protezione degli organi interni e fornire supporto alla struttura corporea. I sostituti dell’osso vengono inseriti durante l’atto chirurgico e, con il passare del tempo, diventano parte dell’osso vitale. I materiali a base di idrossiapatite contenenti osso bovino, trattato o parzialmente sintetici, sono i materiali ideali per l’innesto poiché non sono riassorbibili (10). Pertanto il nuovo osso non riesce a riempire completamente l’area dell’innesto. Questi materiali si limitano a riempire un volume o a fornire un sostegno sul quale si deposita l’osso neoformato. Sebbene tale tipo di idrossiapatite non sia né riassorbita né sostituita da osso, la struttura che ne risulta è più stabile rispetto ad un innesto inglobato solamente in tessuto connettivo non mineralizzato. La fisiologia dell’osso richiede che gli innesti subiscano una serie di passaggi, compreso il rimodellamento, per poter dare luogo a una struttura meccanicamente efficiente (11). Un difetto in cui sia stato posizionato un innesto con idrossiapatite non riassorbibile non potrà riacquisire completamente le funzioni biologiche e biomeccaniche originarie. La definizione “sostituto 104

osseo” per questi materiali è perciò molto discutibile. I materiali per l’incremento di osso possono essere utili nei processi di rigenerazione. Essi degradano o vengono riassorbiti dopo un certo periodo di tempo e sono poi sostituiti da osso neoformato, che assicura la guarigione ideale del difetto. Al termine della terapia si sviluppa osso che presenta tutte le caratteristiche e le funzioni dell’osso originario. I materiali per l'incremento osseo temporaneo vengono degradati idroliticamente e vengono riassorbiti dagli osteoclasti senza alcun problema cellulare. Occasionalmente sono state riscontrate reazioni infiammatorie, ma solo durante le fasi iniziali della guarigione ossea (9). I materiali che sono realizzati con particelle ultrasottili sono eliminati per mezzo della fagocitosi, che può provocare una reazione permanente al corpo estraneo (12). La precisa destinazione finale delle particelle trasportate non è chiara. I gruppi di materiali qui sotto elencati sono utilizzabili in alternativa all’osso autologo, che è tuttora considerato da molti clinici il “gold standard”. > L’osso allogenico viene prelevato da cadavere, e quindi talvolta possono insorgere preoccupazioni relativamente alla documentazione e all’approvvigionamento del materiale. Vi possono essere problemi immunologici residui, nonché il rischio che il paziente possa acquisire una infezione attraverso l’innesto, come per esempio HIV, epatite o reutzfeld Jacobs desease (CJD) (13, 14). Il paziente deve essere ovviamente informato di questi rischi potenziali. Inoltre, in alcuni paesi, a causa delle norme dei ministeri della sanità, questi prodotti non possono essere utilizzati chirurgicamente sui pazienti. > I materiali xenogenici, principalmente di origine bovina, possono innescare reazioni autoimmuni aspecifiche durante le fasi iniziali di guarigione ossea, nonché presentare rischi immunologici e infettivi. Poiché il riassorbimento è imprevedibile, può verificarsi l’incapsulamento del materiale, che può restare per anni all’interno del difetto, provocando eventualmente attività macrofagica (15). Se il materiale da innesto non viene riassorbito, la risultante mescolanza di esso con osso vitale può non dare origine al processo di rimodellamento né reagire in maniera adeguata alle sollecitazioni fisiche. Vi sono poi alcuni paesi del mondo in cui questi materiali non possono essere utilizzati in procedure chirurgiche. > I materiali parzialmente sintetici sono prelevati da materiale biologico grezzo, generalmente osso bovino, e poi convertito, tramite un procedimento chimico o termico, nel prodotto finale. Non si tratta di materiali di utilizzo pratico, poiché non vi è un riassorbimento significativo durante il periodo tra l’innesto e il posizionamento dell’impianto (16). > Materiali sostitutivi sintetici, quali β−TCP, che possono essere prodotti con proprietà chimicofisiche e cristalline predefinite, hanno un notevole livello medio di qualità (17). Questi innesti permettono Giugno 2010; 2(2)


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una più facile prevedibilità della reazione biologica (1). Sono atossici, immunologicamente inerti, non cancerogeni e non teratogeni.

CRITERI DI SELEZIONE Un materiale idoneo per la terapia dovrebbe possedere le caratteristiche di bioattività, osteoconduzione e riassorbimento/degradazione sopra descritte. L’osso allogenico e xenogenico presenta rischi biologici da cui i materiali sintetici sono immuni. Sebbene tali materiali vengano prelevati tramite un’accurata selezione dei donatori e vengano trattati e sterilizzati, possono destare preoccupazione in alcuni pazienti. I materiali non riassorbibili derivanti dall’idrossiapatite altamente cristallina sono osteoconduttivi, osteointegrabili ma non riassorbibili (16). I materiali da innesto di origine bovina non vengono riassorbiti, nel cane, in un arco di tempo variabile dai 3 ai 24 mesi (10); nell’arco di 3 mesi la guarigione è risultata più lenta nei siti innestati con idrossiapatite bovina rispetto sia a quelli di controllo sia a quelli innestati con β-TCP a fase pura. La biodegradazione delle ceramiche di fosfato di calcio può essere distinta in tue tipologie. La degradazione fisicochimica del biomateriale dipende dalla solubilità del materiale stesso, mentre la decomposizione delle particelle di materiale dipende dalla solubilità del prodotto di sinterizzazione utilizzato per tenere uniti i singoli grani. I biomateriali in β-TCP aventi le proprietà sopra descritte sono convertiti e metabolizzati tramite idrolisi e riassorbimento cellulare senza la formazione di sostanze potenzialmente tossiche (18).

Fig. 1 Dopo l’estrazione è residuato un ampio difetto alveolare frontale a livello di 21 (le fasi chirurgiche sono state eseguite dal dr. Z. Mazor, Ra’anana, Isralele). Giugno 2010; 2(2)

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In base ai test di marcatura con isotopi effettuati sulle ceramiche, i componenti di calcio dei materiali riassorbibili di fosfato di calcio hanno un ruolo importante nei processi locali di mineralizzazione e anche nel pool di calcio costante (19). Una qualità elevata ed altamente riproducibile sia nella composizione dell’innesto sia nella dimensione delle particelle sono caratteristiche essenziali affinché l’intervento di rigenerazione sia prevedibile ed abbia esito positivo. Un materiale per incremento osseo dovrebbe perciò possedere le caratteristiche di sotto elencate. Il primo caso ne mostra alcune: a seguito dell’estrazione di un premolare inferiore è residuato un ampio difetto alveolare (Fig. 1). Il sito è stato riempito con innesto di β-TCP a fase pura (Cerasorb M, con particelle di dimensioni di 150500 µ; Curasan Pharma, Kleinostheim Germania) (Fig. 2), ricoperto da una barriera riassorbibile e la chiusura primaria è stata ottenuta e mantenuta durante la guarigione. Si è intervenuto nuovamente sul sito dopo sei mesi, allorquando è stata riscontrata la completa guarigione dell’alveolo, permettendo così l’inserimento di un impianto dentario in una posizione ideale, completamente circondato da osso alveolare (Fig. 3). Il materiale da innesto era stato riassorbito e sostituito da osso alveolare vitale. Al completamento della fase di guarigione, l’impianto è stato connesso a un abutment solido con corona cementata, in posizione ideale con il tessuto cheratinizzato sulle superfici vestibolari e linguali (Fig. 4).

Purezza chimica La fase minerale dell’osso comprende piccoli cristalli di apatite carbonata di tipo B con scarsa quantità di calcio, il cui nome minerale è dallite, descritta per la prima vota negli Anni ‘20 (20). Il rapporto tra calcio e fosforo (Ca/P ratio) nell’osso umano varia da 1,3 a 1,66 in base all’età del soggetto e al suo stato di salute (21). Il βTCP, con un rapporto tra calcio e fosforo di 1,5, rientra in tali valori fisiologici. Quando si trapianta nel corpo umano qual-

Fig. 2 Nel sito è stato posizionato un Fig. 3 Sei mesi dopo nella cresta rigenerata è stato innesto di Cerasorb mischiato al sangue del posizionato un impianto Alpha Bio SPI. paziente e poi coperto da una membrana in pericardio. 105


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entrambi con la formula chimica Ca (PO ) e pirofosfato di calcio (Ca P O ) in varie modificazioni (disposizione degli atomi gli uni rispetto agli altri), eccetera. Le varie fasi sono originate da diversi trattamenti chimici e termici durante il processo produttivo. La purezza di fase del β-TCP è una indicazione accurata della qualità della produzione del materiale. I prodotti fosfato β-tricalcici con una purezza di fase inferiore e un tipo o proporzione variabile di altre fasi indicano che il processo di produzione non è né congruo né riproducibile. Alcune impurità di fase presentano componenti che sono più difficili da degradare rispetto al β-TCP, come per esempio l’idrossiapatite che può rimanere nel difetto osseo per periodi prolungati dopo che il β-TCP è stato riassorbito o degradato, alterando le proprietà fisiologiche dell’area interessata dalla rigenerazione. Se i componenti che hanno una degradazione lenta sono distribuiti in modo uniforme nel biomateriale, possono provocare problemi anche se presenti in piccole quantità. Particelle ultrasottili di idrossiapatite rimangono nel difetto e possono condurre a una reazione immunitaria da corpo estraneo. Alcune impurità di fase come il pirofosfato di calcio degradano nell’organismo più velocemente rispetto al β-TCP. La funzione di mantenimento di spazio, essenziale per la rigenerazione ossea, viene così a mancare e il tessuto connettivo può invadere il sito innestato del difetto; inoltre, se le subparticelle sono troppo piccole, può insorgere infiammazione dei tessuti circostanti scatenata dalla reazione fagocitaria da parte dei macrofagi. Uno dei materiali per incremento osseo presentati in questo lavoro, Cerasorb (Curasan AG, Kleinostheim, Germania), ha una purezza di fase molto elevata, con oltre il 99% di β-TCP, verificata da controlli effettuati con apparecchi di misurazione di massima risoluzione (23). Questo materiale ha dimostrato di avere la purezza più elevata tra tutti i materiali di β-TCP misurati e l’International Center of Diffraction Data (ICDD) ha effettuato questa nuova misurazione e aumentato gli standard di analisi. Questo materiale è stato dichiarato come punto di riferimento in futuro per misurare la purezza del materiale [ICDD 55-898] (24). 3

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Fig. 4 A) Visione occlusale dell’impianto dopo la scopertura; si notano la presenza di un sufficiente tessuto cheratinizzato a livello linguale e vestibolare e l’impianto posto al centro dell’ampia cresta alveolare. B) Dopo la riabilitazione si può apprezzare il contorno ideale della cresta alveolare, compresa anche una sporgenza radicolare. siasi materiale estraneo solubile e/o riassorbibile è fondamentale garantire che le concentrazioni dei prodotti di degradazione non siano eccessive per l’organismo. Questi materiali dovrebbero essere utilizzati solo se sono bioinerti o se le sostanze di rilascio metabolizzate si trovano a concentrazioni fisiologicamente innocue (molto basse). Bisogna prestare attenzione con i biomateriali contenenti diossido di silicone (Novabone, Jacksonville FL), poiché elevate concentrazioni di questo tipo di materiale si sono dimostrate tossiche (22).

Purezza di fase I materiali da innesto di origine animale dovrebbero essere completamente deproteinizzati per ridurre la possibilità di trasmissione di malattie e, se l’origine è umana, dovrebbero anche essere completamente sterilizzati ma senza modificarne la composizione. In chimica-fisica e scienza dei materiali la fase viene definita come uno stato uniforme, in cui le proprietà chimiche e fisiche, comprese la densità, la struttura cristallina e la composizione chimica, non cambiano. I materiali di fosfato di calcio sono a fase pura se non contengono un’altra fase del sistema del fosfato di calcio o qualsiasi componente cristallina al di fuori della fase primaria. La purezza di fase non dovrebbe essere confusa con la purezza chimica. Un materiale a fase pura non deve essere necessariamente puro chimicamente e viceversa. Un fosfato di calcio che contenga solo calcio, fosforo e ossigeno, cioè un fosfato di calcio chimicamente puro, può contenere diverse fasi del materiale: fosfato alfatricalcico (alfa-TCP), fosfato β-tricalcico (β-TCP), 106

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Dimensioni delle particelle primarie Negli anni ‘80 de Groot osservò che alcuni materiali prodotti con β-TCP macro e microporoso degradavano rapidamente in particelle ultrasottili che potevano essere rilevate nei linfonodi adiacenti. La degradazione delle particelle, piuttosto che l’ideale decomposizione attraverso il riassorbimento, di questi materiali era dovuta a una bassa stabilità meccanica e ai componenti delle particelle più piccole del materiale (25). I test che mettono a confronto la relazione tra dimensione delle particelle e reazioni ai corpi estranei indicano che le particelle di dimensioni inferiori a pochi µm vengono fagocitate dai macrofagi e quindi eliminate attraverso il sistema linfatico. Reazioni eccessive a corpi Giugno 2010; 2(2)


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estranei a una grande quantità di particelle ultrafini innestate possono provocare reazioni infiammatorie nei tessuti molli circostanti. I biomateriali per implantologia dovrebbero pertanto essere prodotti in modo da ottenere particelle di dimensioni pari a 7-10 µm e al contempo possedere un’adeguata stabilità meccanica per fornire integrità strutturale al sito innestato ed evitare il tipo di reazioni descritte da de Groot (12; 25).

Stabilità meccanica La massa composta dal materiale per l’incremento osseo riassorbibile/degradabile dovrebbe, in condizioni ideali, ridurre di volume alla stessa velocità con cui si forma il nuovo osso. Un processo di riassorbimento/degradazione troppo veloce potrebbe andare a scapito della funzione di mantenimento di spazio da parte del materiale, dando la possibilità ai tessuti molli di invadere l’area del difetto. D’altro canto, un processo di riassorbimento/degradazione troppo lento potrebbe inibire l’integrazione e la conversione del materiale, riducendo la rigenerazione ossea o addirittura ostacolandola. La porosità e la stabilità sono perciò proprietà essenziali per un materiale per incremento osseo efficace e hanno effetti diversi. Un materiale riassorbibile/degradabile non può offrire una stabilità meccanica elevata in maniera continua e uniforme: per poter essere degradato lentamente nel corpo e convertito in osso vitale deve modificare i propri parametri meccanici. I materiali con una elevata porosità hanno una bassa stabilità primaria, e quindi il loro inserimento può dare luogo alla degradazione in subparticelle a causa delle sollecitazioni meccaniche applicate all’intimo contatto tra osso e biomateriale. Come sottolineato più sopra, le particelle ultrasottili possono provocare reazioni infiammatorie nei tessuti molli circostanti, non una reazione osteogenica, e dovrebbero perciò essere evitate. I materiali con una bassa resistenza all’abrasione possono rilasciare particelle ultrasottili sulla superficie sia durante il

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deposito sia durante la fase di miscelazione e/o di trasporto dei biomateriali granulari, provocando una reazione infiammatoria. Una struttura sinterizzata spessa può aumentare la stabilità meccanica. La sinterizzazione delle particelle è, in pratica, il riscaldamento del materiale fino a determinarne la fusione della superficie. Le singole particelle sono così unite insieme tramite la fusione delle superfici di contatto. Il risultato ottenuto dopo il raffreddamento è una struttura porosa di particelle primarie saldamente sinterizzate insieme (Fig. 5 A). Se un materiale è surriscaldato e/o sottoposto a un processo di sinterizzazione ceramica prolungato, le particelle primarie si fondono al punto che la struttura non è più porosa (Fig. 5 B), ritardando o inibendo il processo di riassorbimento e quindi la sostituzione con osso vitale.

Porosità Un biomateriale riassorbibile dovrebbe avere un’adeguata porosità per permettere l’infiltrazione di sangue, fluidi corporei e cellule. I micropori (<10 µm) contribuiscono alla degradazione del materiale, mentre i mesopori (>10 µm) e i macropori (>100 µm) hanno un ruolo importante nella stabilizzazione del coagulo ematico iniziale e nella successiva vascolarizzazione e integrazione del materiale nel tessuto osseo (Fig. 6). Eggli et al. hanno dimostrato che le interconnessioni da 20 µm con pori di 50-100 µm hanno permesso l’infiltrazione dell’osso (27). La vascolarizzazione è importante ai fini del successo della rigenerazione ossea, in particolare quando si utilizza un biomateriale per la funzione nutritiva durante la migrazione cellulare. Ai fini della vascolarizzazione la dimensione ideale del poro è fino a 60 µm (28).

Solubilità I materiali per incremento osseo devono essere solubili per poter essere degradati o riassorbiti. La percentuale

Fig. 5 5 Immagini al SEM della struttura di due fosfati beta-tricalcici a diversi livelli di sinterizzazione. Ingrandimento a 3000 X. A) struttura sinterizzata di Cerasorb. Sono chiaramente visibili le particelle primarie sinterizzate che formano una struttura di interconnessione microporosa. La stabilità meccanica e la microporosità sono coordinate in maniera ottimale. B) struttura sinterizzata di un materiale altamente sinterizzato riscaldato troppo a lungo e a una temperatura troppo elevata. Le particelle primarie sono ancora visibili e così strettamente fuse insieme che non vi è più alcuna microporosità. Vi è una elevata stabilità meccanica, ma la quota di riassorbimento nell’osso è enormemente ridotta a causa della minore area di superficie. Giugno 2010; 2(2)

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di solubilità è una costante e anche un parametro importante ai fini del successo della rigenerazione ossea. Le case produttrici elaborano i materiali per incremento osseo in base alle necessità di diversi tipi di difetti, come consigliato in letteratura (29). La figura 7 fornisce informazioni sulla percentuale di solubilità nell’acqua della versione standard di due tipi di β-TCP a fase pura, una di forma arrotondata (porosità totale approssimativamente del 35%) e l’altra con una maggiore area di superficie in rapporto al volume dell’innesto (porosità totale approssimativamente del 65%). Questa degradazione è proporzionata al riassorbimento e alla sostituzione con l’osso, come è stato confermato da risultati di studi clinici sull’uomo e su modelli animali a intervalli di tempo da 4 a 6 mesi (10, 30-33). Nel 2000 Merten et al. hanno riferito che la ceramica βTCP a fase pura nella cavità midollare di un difetto indotto artificialmente in cavie di Göttingen era stata completamente sostituita da osso nell’arco di 15-18 mesi (33). In un altro esperimento su animali con cavie adulte, lo stes-

Fig. 6 Immagine al SEM di Cerasorb granulato ingrandito 69,5 volte.

Fig. 8 Nel sito di estrazione è stato posizionato un innesto di Cerasorb miscelato al sangue del paziente e, successivamente, coperto da una barriera (tutte le fasi chirurgiche di questo caso sono state eseguite dal dottor R. Horowitz, Saversdale, USA). 108

so gruppo di lavoro ha dimostrato che dopo 68 settimane il 96% del β-TCP era stato riassorbito senza stimolazione e sostituito da osso. La presenza di particelle di βTCP nei linfonodi è stata esclusa istologicamente (34). In un esperimento comparativo istomorfologico su modello animale per analizzare i materiali per incremento in chirurgia orale, Merten (35) è giunto alla conclusione che questo specifico β-TCP costituisce il gold standard per i materiali per incremento osseo (35). Presentiamo come esempio un paziente, forte fumatore, con solo 2 elementi mascellari residui utilizzati per la masticazione e la ritenzione di una protesi rimovibile peraltro non adeguatamente stabile. Dopo l’estrazione e lo sbrigliamento dell’alveolo dell’elemento 31, nel sito è stato poi posizionato l’innesto di β-TCP (Cerasorb, dimensione 150-500 µ) miscelato al sangue del paziente e ricoperto con una barriera di collagene a riassorbimento lento (Cytoplast RTM, Osteogenics, Lubbock, TX) (Fig.

Fig. 7 Misurazioni della solubilità di Cerasorb (Linea continua) e Cerasorb M (Linea tratteggiata). Il materiale è stato eluito in una soluzione tampone di 0,5 M Tris/HCl con un pH di 7,4 a 37°C (0,6 g in 200 ml). Per registrare il rilascio di ioni in periodi predeterminati, sono stati tolti 2 ml di soluzione e reintegrati con 2 ml di soluzione tampone. La quantità di Ca2+ e PO43 è stata determinata utilizzando ICP-OES. Se la linea di regressione è continua 1 g di Cerasorb viene completamente riassorbito dopo 6 mesi e q g di Cerasorb M viene riassorbito completamente dopo 4 mesi. Ciò contribuisce in maniera positiva al risultato clinico finale.

Fig. 9 Dieci mesi dopo l’innesto nell’alveolo, il sito è stato aperto per il posizionamento dell’impianto e la valutazione della rigenerazione. Giugno 2010; 2(2)


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JOURNAL of OSSEOINTEGRATION Fosfato β-tricalcico come sostituto osseo - Review

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Fig. 10 Una serie di radiografie effettuate durante la varie fasi della riabilitazione, dall’innesto nell’alveolo estrattivo (A) fino al posizionamento dell’impianto (B) e a un anno dal carico implantare (C), mostrano il completo riassorbimento dell’innesto con il mantenimento del volume alveolare.

Fig. 11 La riabilitazione protesica finale applicata 4 mesi dopo l’inserzione dell’impianto. 8). Dieci mesi dopo la procedura, il sito è stato aperto, è stata preparata l’osteotomia in posizione ideale (Fig. 9) ed è stato effettuato un secondo prelievo, dietro consenso del paziente, di una piccola porzione di tessuto rigenerato per analizzarne la guarigione. La serie di radiografie della figura 10 mostra il sito innestato (Fig. 10 A), l’entità del riassorbimento e rimodellamento dell’innesto a livello del campione prelevato (Fig. 10 B). La figura 10 C mostra dove si trovavano i margini del difetto iniziale e la completa rigenerazione dell’innesto in ciò che, radiograficamente, appare come osso alveolare spongioso vitale a un anno dall’innesto. La riabilitazione finale (Fig. 11) ha preservato la giunzione mucogengivale, la profondità vestibolare e l’ampiezza alveolare. L’analisi istologica del tessuto prelevato (Fig. 12) ha confermato che la sezione era stata prelevata dal sito di innesto, non dall’osso alveolare residuo. Il 75% della parte più interna era costituito da osso, interamente vitale e con meno dell’1% di β-TCP residuo. L’attenta analisi della struttura dell’osso rigenerato mostra l’iniziale formazione di un sistema Haversiano e di osteoni. Si tratta di tessuto osseo primario in fase di maturazione in osso lamellare. Le diverse colorazioni riflettono i vari gradi di maturità dell’osso rigenerato. Le parti di osso rosso scuro sono meno mature rispetto a quelle di colore rosa (preparazione e analisi istologica effettuata dai dottori M. Rohrer e H. Giugno 2010; 2(2)

Fig. 12 L’analisi istologica del sito rigenerato mostra la formazione di osso vitale e la sostituzione dell’innesto con osso. Non vi sono residui di beta-TCP e si nota chiaramente l’iniziale formazione di osso lamellare. Prasad dell’Università del Minnessota (Laboratorio di ricerca sui tessuti duri di Minneapolis, MN). Era importante effettuare uno studio comparativo diretto sullo stesso paziente tra il potenziale osteorigenerativo dell’osso autologo e quello del sostituto osseo. I risultati del primo studio clinico comparativo prospettico e randomizzato con simultaneo innalzamento bilaterale del seno utilizzando osso autologo da un lato e materiale sintetico per incremento osseo dall’altro (Cerasorb) sono stati pubblicati nel 2005 da Szabo (36). In questo studio multicentrico i pazienti di quattro centri clinici erano stati seguiti attentamente nella fase successiva al rialzo del seno tramite esami radiografici e istologici analizzati da un esperto che non aveva partecipato alle alte fasi dello studio. Gli autori concludevano che, anche senza l’aggiunta di osso autologo, il β-TCP è un sostituto osseo soddisfacente e, inoltre, che al confronto clinico non emergevano differenze statisticamente significative.

CONCLUSIONI Gli eccellenti risultati clinici ottenuti con l’utilizzo del βTCP risiedono nelle eccezionali proprietà di questo mate109


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Horowitz R. A. et al.

riale. Diversamente dai materiali di origine biologica, con quelli sintetici non si rende necessario informare il paziente dei rischi residui immunologici e di infezione. I concetti di purezza di fase, di porosità di superficie adattata al campo di applicazione specifico e di stabilità meccanica della struttura sinterizzata in combinazione con particelle primarie di maggiori dimensioni derivano da oltre 30 anni di ricerca accademica interdisciplinare. Il βTCP a fase pura viene completamente riassorbito e sostituito da osso vitale in un arco di tempo di 6 mesi, come dimostrato istologicamente in studi su animali, a differenza degli innesti con materiale di origine bovina (10). La sostituzione dell’innesto è la condizione affinché l’osso rigenerato possa andare incontro a rimodellamento in funzione delle sollecitazioni applicate su di esso in un momento successivo. Questo materiale non immunogeno e riassorbibile costituisce la base per una rigenerazione ossea completa, prevedibile e riproducibile. Vi è sempre un’adeguata quantità di materiale, è facile da manipolare e la sua capacità di diventare radiopaco permette di controllare radiograficamente nel tempo la guarigione dell’area. Per queste ragioni il β-TCP a fase pura costituisce un materiale ideale per gli incrementi ossei come dimostrano numerose pubblicazioni (5-7, 9, 10, 18, 32-36).

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NELSON R.F.A. SILVA , RALF J. KOHAL , PAULO G. COELHO 1 2 3

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New York University, Scuola di Odontoiatria, Dipartimento di Protesi e biomateriali (USA) Università di Friburgo (Germania), Dipartimento di Protesi, Professore Associato New York University, Scuola di Odontoiatria, Ricercatore di Biomateriali e Biomimetica

L’utilizzo dello Y-TZP negli impianti endossei. Prospettive attuali RIASSUNTO Il rilascio di ioni di metallo ha suscitato preoccupazioni relativamente all’utilizzo del titanio e delle leghe di titanio in implantologia orale. Come alternativa, la zirconia tetragonale stabilizzata con ittrio (Y-TZP) è stata considerata il materiale di scelta grazie alle sue proprietà meccaniche favorevoli. La zirconia ha dimostrato, in sperimentazioni sia in vitro sia in vivo, reazioni positive per quanto riguarda l’osseointegrazione, il metabolismo cellulare ed i tessuti molli. In base ai test meccanici di impianti monoblocco di Y-ZTP non invecchiati, è improbabile l’eventualità di fallimenti catastrofici di impianti ceramici nei settori anteriori estetici. L’utilizzo di impianti monoblocco di Y-ZTP può quindi rappresentare una opzione per rispondere alle necessità estetiche e meccaniche nelle riabilitazioni implantoprotesiche in cui l’estetica è il fattore principale.

PAROLE CHIAVE Impianti in ceramica; Titanio; Zirconia.

Dal punto di vista chimico e della biocompatibilità, gli impianti dentali sono disponibili in varie tipologie

aventi diverse caratteristiche di superficie, struttura, resistenza e igiene. Nonostante la riconosciuta biocompatibilità del titanio, delle leghe di titanio e del relativo strato protettivo di ossido in superficie, negli ultimi dieci anni il rilascio di ioni di metallo ha destato qualche preoccupazione (1). È stata infatti osservata un’aumentata concentrazione di titanio in tessuti vicini alle superfici implantari (2), ma anche nei linfonodi regionali (3). Sebbene la rilevanza clinica di queste osservazioni non sia ben chiara, la ricerca è comunque molto attiva nello studio di nuove alternative terapeutiche prive di metallo (Fig. 1). Come alternativa al titanio e alle leghe di titanio comunemente utilizzate in implantologia orale, la zirconia tetragonale stabilizzata con ittrio (Y-TZP) è stata considerata il materiale ceramico di scelta grazie alla sua elevata resistenza alla flessione (900-1.200 MPa) e alle caratteristiche positive di resistenza alla frattura (KIC 7 a 10 MPam) e modulo di Young (210 GPa) (4). Inoltre, la zirconia ha mostrato negli esperimenti sia in vitro sia in vivo di avere interessanti reazioni per quanto riguarda l’osseointegrazione, il metabolismo cellulare ed i tessuti molli (5-7). Un’analisi istologica su impianti in zirconia prelevati da tessuti umani ha mostrato una morfologia indicativa della

Fig. 1 Questa serie di immagini mostra impianti in Y-ZTP posizionati (a) con tecnica flapless. Notare la radiografia (b) che mostra il posizionamento dell’impianto subito dopo l’intervento chirurgico. L’immagine (c) raffigura il restauro finale cementato sull’impianto in ceramica monoblocco. Giugno 2010; 2(2)

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Silva N. et al.

Fig. 2 Serie di immagini che raffigura la sequenza di una preparazione full crown di impianto ceramico (a) inserito in PMMA utilizzando come riferimento la lunghezza e il diametro delle frese (2 e 3) per ottenere la forma, l’inclinazione e le dimensioni corrette di ciascuna preparazione coronale. 4 mostra la visione laterale della preparazione full crown finale.

presenza di lamina dura e quindi il potenziale per un’aumentata qualità di osseointegrazione (6). Altre proprietà biologiche comprendono la non cancerogenicità in vitro né mutagenicità (8, 9). Dalla sua prima introduzione negli anni ’80, la Y-TZP è stata molto utilizzata per realizzare le teste nella protesi totale d’anca (10). In odontoiatria la Y-TZP ha trovato ampio impiego come materiale per perni e strutture nei restauri interamente in ceramica, nonché per monconi in ceramica per implantoprotesi ed è stata anche presa in considerazione come materiale per impianti endossei (7). L’utilizzo di un impianto monoblocco di Y-TZP può rappresentare una valida scelta per rispondere alle necessità estetiche e meccaniche nelle riabilitazioni protesiche in cui l’estetica è cruciale. Comunque, a differenza delle applicazioni ortopediche in cui i presidi non subiscono alcuna modifica manuale durante il posizionamento, gli impianti orali endossei monoblocco devono essere modificati per le riabilitazioni coronali utilizzando delle frese diamantate (Fig. 2). Questa operazione, come per qualsiasi procedura abrasiva su una ceramica strutturale, può però determinare un danno alla superficie in presenza di siti con frattura iniziale (11, 12). È stato dimostrato che un danno abrasivo di superficie può ridurre le aspettative di successo clinico delle ceramiche odontoiatriche (13). Recentemente Silva e coll. (14) hanno dimostrato che una preparazione a corona intera effettuata con impianti endossei monoblocco in Y-TZP non influenzava l’affidabilità degli impianti quando venivano applicati carichi inferiori a 600 N che simulavano il movimento della bocca. Considerando che l’utilizzo di questo tipo di impianti è più diffuso nelle zone estetiche anteriori, dove la massima forza di morso è approssimativamente di 200 N (15), sono improbabili fallimenti catastrofici come conseguenza di carichi eccessivi. Comunque, il mantenimento nel tempo delle caratteristiche strutturali degli 115

impianti endossei in Y-TZP non è ancora del tutto chiaro, soprattutto perché la degradazione di alcune proprietà ha mostrato un’accelerazione negli ambienti umidi. L’esperienza clinica dell’utilizzo della zirconia in campo ortopedico ha mostrato che i componenti femorali in Y-TZP non avevano esito favorevole nel breve periodo (16). Questi fallimenti sono stati attribuiti a un fenomeno di invecchiamento accelerato e a una modifica nella tecnica di preparazione. Da allora sono stati pubblicati numerosi studi in vivo e in vitro per comprendere meglio l’invecchiamento dello Y-TZP e le sue proprietà meccaniche e chimiche. È stato dimostrato che la trasformazione di fase da tetragonale a monoclinica avviene più rapidamente nelle aree in cui la superficie è esposta ad ambienti umidi (16). A oggi non vi sono risultati definitivi relativamente agli effetti della degradazione della Y-ZTP alle basse temperature, e sono in fase di svolgimento studi clinici in cui vengono utilizzati impianti ceramici monoblocco. Uno studio precedente (17) ha presentato i risultati del follow-up a un anno di 100 impianti ceramici posizionati in pazienti di età tra i 18 e gli 80 anni. Gli autori hanno anche confrontato due tipologie di impianti differenziati in base alla ruvidità di superficie e in cinque morfologie che erano stati posizionati in aree anteriori e posteriori tramite procedura chirurgica standard. Il successo complessivo è stato del 98% e non è stata osservata alcuna frattura degli impianti. Il follow-up a lungo termine è fortemente auspicabile per effettuare delle comparazioni con gli impianti metallici. Secondo i test meccanici di impianti monoblocco di Y-ZTP non invecchiati, è improbabile l’eventualità di fallimenti catastrofici di impianti ceramici nei settori anteriori estetici. Comunque, il fenomeno dell’invecchiamento e le sue implicazioni nel successo a lungo termine degli impianti ceramici rende necessarie ulteriori ricerche cliniche e di laboratorio. In particolare Giugno 2010; 2(2)


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JOURNAL of OSSEOINTEGRATION Y-TZP negli impianti endossei - Short communication

sono auspicabili studi prospettici e retrospettivi a lungo termine che considerino parametri ben definiti relativamente agli impianti monoblocco di Y-ZTP.

9.

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MANUSCRIPT PREPARATION

TITLE PAGE Provide the following data on the title page (in the order given): title, author names, titles and affiliations (where the work was actually done), corresponding author (telephone and fax numbers, with country and area code, e-mail and complete postal address).

ABSTRACT Abstracts must not exceed 250 words and should be structured as follows: Aim, Mate-

Giugno 2010; 2(2)

12. 13. 14. 15. 16. 17.

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rials and methods, Results, and Conclusions.

subjects should be also provided.

KEYWORDS

REFERENCES

MANUSCRIPT LENGTH Papers submitted to the Journal of Osseointegration must be typed in a 12-point font and double-spaced; they should not exceed 20 typescript pages (including title page), plus a typical number of figures (about 10 to 15). Italian authors must also supply an Italian translation of the full text.

11.

Authors should list 4 to 6 keywords that appropriately represent the contents of the work.

HEADINGS The component parts of the main text of a manuscript will normally be Introduction, Materials and methods, Results, and Discussion. Other parts of the manuscript will normally include a list of references, tables, figure legends, and figures.

STUDIES INVOLVING ANIMALS OR HUMANS When data from animal or human subjects are reported, approval of the protocol by an institutional committee is required and a statement should be included in the "Materials and methods" section of the text. For human subject data, an informed consent of the

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References should be listed according to the Vancouver style of referencing, that is numbered in sequence as they are cited in the text. They should be also included on a separate page in the manuscript. Examples for arranging the reference list. JOURNALS Mangano C, Scarano A, Perrotti V, Iezzi G, Piattelli A. Maxillary sinus augmentation with a porous synthetic hydroxyapatite and bovine-derived hydroxyapatite: a comparative clinical and histologic study. Int J Oral Maxillofac Implants 2007;22:980-6. MONOGRAPHS Matthews DE, Farewell VT. Using and understanding medical statistics. Basel: Karger; 1985. Edited books Piattelli A, Misch CE, Farias Pontes AE, Iezzi G, Scarano A, Degidi M. Dental Implant surfaces: a review. In: Carl E. Misch. Contemporary Implant Dentistry. Third edition. Mosby Elsevier 2008:599-620. Authors will be responsible for the accuracy

of the references both within the main text and the reference list.

TABLES AND FIGURES Each table should be typed on a separate page at the end of the manuscript, and numbered consecutively. Be sparing in the use of tables and ensure that the data presented in tables do not duplicate results described elsewhere in the article. Figures, charts, and graphs should be professionally drawn. Text should be large enough to be read after reduction. Resolution must be at least 300 dpi when the image is 3 inches wide. Files saved in TIFF or JPEG format are preferred. Please do not send images embedded in word processing programs (eg, Word) or “office suite� programs (Excel, PowerPoint, etc). Figure legends should be typed as a group on a separate page at the end of the manuscript. There should be an individual legend for each illustration. Detailed captions are encouraged. For microphotographs, specify original magnification and stain.

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2-07-2010

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JOURNAL of OSSEOINTEGRATION

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Congresso I.A.f.I.L. - COd’A

N

ei giorni 14, 15 e 16 ottobre 2010, l'Università “G. D’Annunzio” di Chieti ospiterà il Congresso Internazionale IAfIL dal titolo: “Protocolli di carico in Implantologia”, "Memorial Dino Garbaccio"; presidenti del Congresso: Stefano Fanali, Matteo Danza. Il Congresso, organizzato in collaborazione con il Cenacolo Odontostomatologico dell'Adriatico (COd'A), rappresenterà un’occasione di riflessione e di confronto con esperti del settore. La manifestazione, di rilevanza internazionale, sarà un importante appuntamento di aggiornamento e, grazie all’intervento degli illustri relatori partecipanti, contribuirà a promuovere un’immagine scientifica, culturale e professionale di tutto rispetto del mondo odontoiatrico. La IAfIL ha, inoltre, indetto un Concorso per 3 tesi di argomento Implantoprotesico, discusse nell'a.a. 2008-2009 e 2009-2010 nel Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria dell’Università di Chieti “G. D’Annunzio”. Nell’ambito del Congresso sarà dedicata una apposita sessione alla presentazione delle tesi di laurea classificatesi ai primi 3 posti. Ed ancora, è prevista l’organizzazione di un corso precongressuale. Il Congresso Internazionale IAfIL si prefigge di portare a conoscenza di tutti i professionisti del settore esperienze nuove e di elevato contenuto scientifico nel campo della implantologia a carico immediato con la presenza di relatori di indiscussa fama nazionale ed internazionale. Le date di svolgimento saranno le seguenti: giovedì 14 ottobre per il corso precongressuale; venerdì 15 l’intera giornata, e sabato 16 mat-

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Congresso I.A.f.I.L. - COd'A International Academy for Immediate Loading Cenacolo Odontostomatologico dell'Adriatico

“Protocolli di carico in implantologia” Presidenti del Congresso: Stefano Fanali, Matteo Danza

tina per il Congresso Iafil-COd'A. Sarà un’occasione per aggiornare le proprie conoscenze scientifiche, ma anche un importante momento associativo che permetterà di vivere assieme una “due giorni” tra amici. L’evento è stato organizzato nell’ottica dell’aggiornamento continuo in odontoiatria e sarà accreditato per il rilascio di crediti ECM. L’iscrizione al congresso sarà gratuita per i soci IAfIL, COd'A e delle Società loro gemellate e per gli studenti del CLOPD di qualsiasi ateneo Italiano, mentre per gli altri partecipanti è stabilito il pagamento di una quota pari a 200,00 euro. Sarà possibile iscriversi alla IAfIL (200,00 euro) in sede congressuale. L’iscrizione al corso precongressuale avrà un costo pari a 100,00 euro per tutti, con un numero massimo di 50 iscritti. Vi aspettiamo numerosi, sicuri di averVi offerto una occasione, importante e piacevole, di aggiornamento culturale. Per informazioni: Tel. 3290493781- info@iafil.eu. Stefano Fanali

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