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AMICI PERICOLOSI
Erano già le sei di sera quando Duccio sbarcò dal bimotore che lo aveva portato in quel piccolo aeroporto a cinquanta miglia da Sedona. Oltrepassare la soglia del Cessna 172, l’intramontabile bimotore usato in molti film americani, fu per lui come riprendere a volare di nuovo; in parte, grazie al vento caldo dell’Arizona che lo avvolse interamente insinuandosi sotto la sua camicia sbottonata e, in parte, anche per il fatto di approdare in quella terra di gente un po’ rude che da secoli accoglie chi desidera l’avventura. Perché l’Arizona è così: non fai in tempo ad arrivare che senti che stai già per ripartire: all’arrembaggio, per qualunque cosa valga la pena perdere il sonno o i soldi. Il viaggio era stato lungo, ma i suoi piedi non avevano ancora toccato terra e già ammetteva con sé stesso che, nonostante la fatica di arrivare fino a lì, ne valeva sempre la pena. Era partito quella stessa mattina da Firenze dove c’era la nebbia e la solita temperatura polare dei primi di novembre; ma dopo un volo diretto su New York, uno da lì a Sedona, seguito da un ultimo tratto che lo aveva appena fatto atterrare a Brighton Lay nella contea di Yavapai, la temperatura che lo aveva accolto era sui trenta gradi e i suoi occhi potevano ammirare i cactus in fiore e le piante di algaroba con i loro frutti simili al carrubo. I suoi stivali avanzavano nella polvere del deserto che aveva invaso la piccola pista d’atterraggio, lungo quel tratto che dal bimotore lo portava fino all’hangar dove sua cugina Terry lo attendeva sventolando uno Stetson avorio. Terry, figlia di una cugina di sua madre, appena diciassettenne era partita con i genitori alla volta degli USA per uno di quei coast to coast tanto in voga negli anni ’70 e durante il quale aveva conosciuto Jack Jeilts. E fu così che, dopo lettere appassionate, lotte in famiglia, scioperi della fame e minacce di fughe da casa, Maria Teresa Degli Innocenti divenne la cugina d’America e si trasferì dai salotti della Firenze bene, al nulla culturale e artistico del deserto dell’Arizona. E difatti, le battaglie che tenne contro i suoi genitori furono tenaci soprattutto perché, solitamente, quando gli i parenti decidono di diventare ‘d’America’ lo fanno per motivi economici e non sentimentali. Ma lei ascoltò il cuore e lasciò la prospettiva di una vita agiata, grazie alla famiglia benestante da cui proveniva, per inseguire il suo amore in un ranch in mezzo al deserto dell’Arizona, dove il primo centro abitato che avesse un’estensione adeguata per potersi definire città era Brighton Lay e distava dalla sua proprietà quasi cinque miglia di deserto, cactus e piante di yucca. La posta dovevano andare a prendersela lei e Jack in città e questo dava un’idea di come quella terra fosse adatta solo per gli intraprendenti.
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Il cugino Jack era un allevatore di cavalli, figlio e nipote di allevatori e, secondo l’opinione di Duccio, era un brav’uomo e un’instancabile lavoratore che aveva portato il ranch ereditato dai genitori a livelli di prestigio mai raggiunti prima. Il suo nome era ormai un’istituzione e nella sua tenuta Duccio si sentiva a suo agio perché Jack era un uomo di poche parole e sane abitudini. Si alzava presto la mattina, quando il caldo del deserto non aveva ancora sparso i profumi del luogo e l’aria sapeva solo di cielo. Fresca e impalpabile sensazione di sollievo, oasi trasparente che entra nei polmoni e si aspetta di riassaporare la mattina successiva con una tazza di caffè in mano. Il cugino Jack avrebbe potuto essere un personaggio per i fumetti ambientati nel far west: un uomo fatto e finito, dalla pellaccia dura. Quando Duccio pensava a lui se lo immaginava di profilo con il cappello di cuoio e la camicia sbottonata, nella veranda di casa loro mentre, con le mani sui fianchi e i gomiti larghi, guardava lontano l’orizzonte per tenere sotto controllo gli animali e i lavoranti. Quando Duccio si sposò Jack si presentò con uno stetson con fibbia in argento, un completo color deserto e una bolo tie: una cravatta in cuoio fermata da una placchetta su cui aveva fatto incidere lo stemma della casata fiorentina a cui apparteneva sua moglie Terry. Anche suo suocero, che gli aveva fatto una guerra spietata per non diventare tale, per la prima volta ebbe il coraggio di soffermarsi qualche secondo in più a considerare che anche un gingillo tutto americano lo si può guardare sotto un profilo nuovo. Jack parlava poco e quelle rare volte che si decideva a farlo non era mai per dire sciocchezze; sul suo volto abbronzato i suoi occhi, contornati dalle rughe d’espressione proprie di chi lavora all’aria aperta, riuscivano a esprimere bene tutto quello che lui aveva bisogno di comunicare. I capelli bianchi lo facevano sembrare più vecchio dei suoi cinquantasei anni e i baffi sale e pepe, che erano il corollario ideale per quel volto e quello sguardo, gli donavano tocco inaspettato di bonarietà, forse per il gesto con cui se li asciugava dalla birra quando, dopo averla bevuta, rimaneva a solleticargli il labbro irsuto. A Duccio era chiaro il perché sua cugina si innamorò di quel ragazzone che non aveva fatto altro che allungargli una mano per aiutarla a rimettersi in sella dopo una rovinosa caduta da cavallo, che successe durante la transumanza a cui lei e i suoi genitori parteciparono lungo il loro giro per gli Stati Uniti. Mentre Duccio si avvicinava all’hangar notò lo sguardo incuriosito di un tecnico, che distolse momentaneamente la propria attenzione dal motore su cui stava lavorando per posarlo su quel damerino che stava attraversando la pista d’atterraggio. Lui aveva indossato i suoi jeans più lisi, la camicia bianca con le maniche arrotolate sugli avambracci e un Borsalino modello Panama che, più che per motivi estetici, in Arizona acquisiva una finalità pratica notevole, considerato il sole che picchiava molte ore al giorno. Quel look era il massimo della sobrietà con cui Duccio era disposto a scendere a compromessi, pur di raggiungere i suoi zii; ma per quanto si 3
sforzasse le occhiate incuriosite che riscuoteva erano pur sempre un gran campionario. Del resto era così tutti i giorni. Quando la mattina usciva di casa per raggiungere la centrale, gli capitava di pensare che se fosse uscito di casa indossando solo la biancheria, forse avrebbe raggiunto meno notorietà. Il suo stile lo collocava a metà tra gli anni ’40 e ’50 in modo involontario e naturale. Oltre che per lo sguardo e il modo di muoversi, lui si trovava a suo agio con i suoi completi a righe, un cappello sulle ventitré e le scarpe bicolore. Anche se non fumava quell’aria un po’ così, all’Humphrey Bogart, non gliela toglieva nessuno ed era per questo che non riusciva a passare inosservato neanche quando ci s’impegnava. All’inizio della sua carriera nella polizia i suoi superiori avevano provato a mandarlo sotto copertura, in missioni in cui doveva fingere di essere altro che non un poliziotto. L’unica volta che aveva funzionato era stato quando si era infiltrato come commesso in un grande magazzino nel reparto abbigliamento maschile. Non era andata male se non per il suo conto corrente, perché prima della fine della missione si era comprato mezzo campionario. L’altra metà non era della sua taglia. Alla fine di quella missione la direzione di quel centro di moda, per quanto gli fosse grata per aver scovato i responsabili di gravi ammanchi di cassa nonché di spaccio di stupefacenti tra i dipendenti, era disperata: quanto aveva venduto lui in un paio di settimane, gli altri quattro commessi non glielo fatturavano in un mese. Tornando al presente e ai suoi abiti occasionalmente sobri, arrivato a poche decine di metri dall’hangar Duccio si aspettò di veder uscire anche suo cugino dall’enorme ingresso ma non lo vide e mentre la distanza tra lui e la cugina Terry andava diminuendo, poté scorgere sul suo volto un sorriso troppo forzato per essere naturale. Lo stetson color avorio, orrendamente abbinato al cinturone e sopra un paio di jeans da infarto, aveva smesso di svolazzare ed era tornato sulla bionda chioma della proprietaria. Sua cugina lo abbracciò e con un italiano ormai poco toscano e molto USA gli chiese come stesse e per quanto tempo si sarebbe fermato da loro. Duccio, che per una grave ferita dovuta ad una sparatoria, era costretto ad accettare molti congedi imposti, la rassicurò sul fatto che si sarebbe fermato almeno una decina di giorni. Non ebbe il tempo di terminare la frase che la cugina chiuse gli occhi e fu come strizzarli, perché uscirono due lacrime che tradirono commozione e, come Duccio ebbe modo di constatare poco dopo, anche qualcosa in più. “Jack ‘un c’è?” “Duccio, sei arrivato in un momento che più triste non avrebbe potuto essere, perché ieri sera è morto Mike, un amico di Jim.” Terry e Jack avevano tre figli: Jim, Lucy e Marianne. In quel momento il loro primo figlio, ormai ventiduenne, si trovava insieme a suo padre presso l’ufficio dello sceriffo O’ Connell perché, per quel che ne sapeva Terry, era stato chiamato a chiarire i suoi movimenti della sera precedente. “Come mai hanno chiamato proprio i’ tu’ figliolo?” 4
“Non lo so, Duccio, ma la cosa non mi piace.” “Appena arriva lo cugino mi fo’ spiega’ i’ perché.” “Non vorrei tediarti con le nostre questioni, in fondo sei qui per riposarti.” “’Un saprei sta’ con le mani in mano, lo sai. A questo punto l’è meglio che io abbia qualcosa da fa’ piuttosto che farti danni occupandomi de’ cavalli.” “Per carità, Duccio. Tu m’ha combinato un macello l’ultima volta. Ti ricordi?” “Sì, c’abbiamo impiegato du’ giorni e du’ notti per recuperarli tutti.” “Pensa che, in quella fuga, Silente è riuscito ad accoppiarsi con due giumente di Crummel.” “È sempre stato i’ mi’ cavallo preferito. Ha preso tutto da me.” “Non mi sembra che questa descrizione ti si addica ancora.” “Son cambiati i tempi, cugina.” Lei gli fece una carezza e un po’ per cambiare argomento aggiunse: “Come vanno le tue ferite?” “Ormai mi so’ ripreso completamente, cugina. ‘Un zoppico più da diversi mesi. L’unica cosa che ‘un mi va e che spesso ho delle fitte che la mi costringono a rallenta’ i’ passo.” “Lascia che siano gli altri a correre. Sai, tutto sommato il bello del viaggio umano sta più nel tragitto che nell’arrivo.” “Questa ‘un è male. Me la voglio scrivere da qualche parte.” “Hai qualcuno vicino che ti vuole bene? Intendo ora che non c’è più Dinda.” “Ho molti amici, i mie’ vicini, i colleghi … insomma un monte di gente che si prende cura di me e io di loro.” “Ti riposi abbastanza?” “Sì, mi lasciano a riposo molto spesso. È per questo che mi hanno elargito un vice commissario che l’è bravo quasi quanto me.” “Non esageriamo.” “Vito gli è in gamba, lo dico su’ i’ serio. Anche se spesso son costretto a sta’ in congedo e mi concedo qualche viaggio, son sicuro che le cose in commissariato filino via unte come l’olio.” “Buon per te. Almeno tu se’ tranquillo.” “Vorrei che lo foste anche voi. Parlami ancora di Jim e del suo amico.” “Io lo conosco poco. È venuto a casa nostra qualche volta quando erano ragazzini e andavano a scuola insieme, ma non si sono frequentati molto negli anni successivi perché frequentavano compagnie diverse. Solo di recente si erano ritrovati in qualche locale.” “Per quale motivo lo sceriffo l’ha chiamato proprio lui, se si frequentavano così poco? ‘Un aveva amici più intimi?” “Sì, ma giusto ieri sera si erano visti al Camden Inn e avevano litigato. Prima di andare dallo sceriffo Jim mi ha detto che si sono tirati quattro cazzotti, ma deve essere stata una cosa da poco perché stamattina, prima che arrivasse la telefonata dello sceriffo, non me ne aveva neanche parlato ed ho notato, mentre lo ascoltavo, che non aveva nessun segno sul viso.” “Come l’è morto questo ragazzo?” 5
“Da quel poco che lo sceriffo ci ha detto stamattina al telefono, prima di morire Mike ha perso molto sangue dal naso e dalla bocca e lui sostiene che sia caduto dal ponte sulla Trinity street e si sia causato la frattura cranica, che gli hanno poi diagnosticato. Un passante ha avvistato il cadavere nel greto del fiume stamattina e ha avvisato lo sceriffo O’ Connell, che ha convocato Jim per verificare i loro movimenti di ieri sera.” Duccio la ascoltò e rimase in silenzio per qualche minuto mentre la macchina usciva dal piccolo aeroporto. “Mi porteresti a vede’ questo ponte? Vorrei solo verifica’ alcune cosette.” Appena entrati in città la macchina imboccò la via centrale il cui lato destro era fiancheggiato dal fiume Selton, che in quel momento era completamente in secca e il cui letto appariva una conca desolata con qualche masso che faceva capolino qua e là. Ormai erano secoli che quel fiume non provava più l’ebbrezza di essere in piena e il massimo della portata d’acqua che poteva raggiungere, durante il periodo delle piogge, lo faceva diventare un rivolo così esile da pensare che ogni avanzar di flutti si sarebbe potuto spegnere poco più avanti tra la sabbia. Si fermarono un paio di minuti accanto all’ufficio postale dove sua cugina si fermò a ritirare la posta e poi si diressero verso il ponte incriminato. La struttura era ad uso solo pedonale ed era completamente in legno; sulla balaustra più a nord era teso il nastro a bande gialle e nere dalla polizia. Duccio scese dall’auto e s’incamminò fino a raggiungere la parte del ponte sotto la quale un metro quadrato di terra era stato delimitato allo stesso modo. La balaustra gli arrivava all’ombelico e pertanto, considerati il suo metro e novanta, era abbastanza alta da potere escludere che quel ragazzo fosse caduto da solo, a meno che fosse completamente ubriaco e, in preda all’euforia del vino, si fosse sporto eccessivamente per fare qualche bravata. Per quanto riguardava la quantità di alcol contenuta nel suo corpo, avrebbe consultato lo sceriffo. Guardandolo dall’alto, il pezzetto di terra sotto di lui, dove il corpo del ragazzo aveva avuto un impatto violento, non era molto dissimile a tutti gli altri metri di terra attorno e infatti si vedevano delle macchie di sangue appena distinguibili. Strano. Questa cosa ‘un mi torna. “Cugina, credo che andrò a fa’ visita allo sceriffo, domattina. Se l’è ancora l’uomo in gamba che ho conosciuto qualche anno fa, credo che ‘un si irriterà.” “Ne sono convinta anch’io, ma prima di tutto sentiamo cos’hanno da dirci i nostri eroi quando torneranno per l’ora di cena.” Prima di risalire in auto Duccio scese nel greto del fiume e allungò il collo per scrutare con cura il pezzo di terra delimitato. Anche quell’esame ravvicinato gli confermò che non ci fossero tracce ematiche sufficienti da giustificare il volo di oltre cinque metri che il giovane doveva ave fatto per atterrare nel punto in cui si trovava lui in quell’istante, partendo dal parapetto del ponte sopra la sua testa. Se il giovane fosse realmente caduto da quell’altezza atterrando lì e causandosi la frattura della volta cranica, ci sarebbe dovuto essere molto più sangue di quelle poche macchie. È pur sempre vero, che non tutte le fratture craniche causano una forte emorragia esterna, ma quelle che causano la morte solitamente sono fratture avvallate 6
e l’osso, oltre a rompersi, s’introflette andando a lacerare la dura madre e il cervello in modo così grave da causare il decesso del malcapitato. Tutto ciò causa generalmente un’epistassi. Per quanto riguarda la perdita di sangue dalla bocca, a cui aveva accennato sua cugina, doveva per forza essere dovuta ad una frattura dello sterno o ad una contusione della gabbia toracica con conseguente lacerazione di almeno uno dei polmoni. Sì, più ci ragionava e più si convinceva che doveva parlare con lo sceriffo di quel sangue perché, pur tenendo presente che la terra riarsa dal sole poteva averne assorbito parecchio, le macchie presenti non erano bastanti per ciò che in teoria si riteneva fosse avvenuto lì. O’ Connel era in gamba, infatti si potevano già notare i buchi prodotti dai carotaggi effettuati in quella zona di caduta, che lui aveva certamente ordinato per verificare la quantità di sangue assorbita dal terreno. Lui e Terry ripartirono alla volta del loro ranch. Da lontano Duccio poté vedere l’ingresso che delimitava la proprietà. I cancelli non erano automatizzati e la struttura in legno e ferro battuto che sosteneva la scritta Jeilts Ranch era stata rifatta di recente, mantenendola fedelmente ancorata allo stile tradizionale degli ingressi di una volta. Tutta la loro tenuta, le stalle e la casa patronale, venivano mantenute con le linee originali dei primi dell’ottocento e, pur venendo sottoposte costantemente a manodopera perché rimanessero sempre in ottimo stato, anche il loro interno era rimasto spartano, perché i suoi cugini non amavano troppo le comodità moderne; entità astratte come l’aria condizionata non appartenevano al loro mondo. Questa era una delle loro discussioni preferite e Duccio la incignava sempre presentandosi all’ora di cena tenendo in mano una lampada a olio. Suo cugino Jack e i loro figli si mettevano a ridere, ma Terry, che nella foga cominciava a parlare per metà in italiano e per metà in inglese, non la fermava nessuno e partiva con le sue arringhe in difesa della vita semplice e del perché le comodità comportino sempre dei prezzi da pagare piuttosto cari, in termini di salute. Ogni volta che andava a trovarli, complice dell’allegria che caratterizzava le prime serate che trascorreva da loro era il desiderio di ritrovare un parente e compatriota, che caratterizza sempre chi vive in terra straniera per lungo tempo e langue di malinconia. Le altre volte Terry cominciava con i: come sta Tizio? Vedi ancora Sempronio? E Duccio principiava a raccontare gli ultimi anni della vita di parenti e amici, ed era curioso per lui scoprire, proprio in quel momento in cui li narrava, degli aspetti della vita di quelle persone che lì per lì non aveva notato o a cui non aveva dato particolare importanza. Terry ascoltava, commentava, chiedeva, sottolineava, rideva o si commuoveva per qualcosa per cui lui era rimasto indifferente. Duccio si ritrovava sempre a chiedersi se questo accadeva perché quando si vive vicino ad una persona ogni santo giorno si colgono meglio certo sfumature banali, a discapito della visione d’insieme. Come quando si guarda un quadro troppo da vicino analizzando la pennellata con fare da esperto, ma non ci si fa venire la pelle d’oca per l’opera in sé. 7
Quella sera, quando tornarono Jack e Jim, non ci fu il tempo di illustrare a Terry la galleria di opere d’arte contemporanea della vita corrente di chi lei non vedeva da anni, perché l’umore era a terra e le notizie che gli uomini riportarono non furono delle migliori. In sostanza, da una prima analisi del medico legale, il ragazzo aveva riportato la frattura della volta cranica e lo sceriffo aveva spiegato loro che, quando giunge a fratturarsi quella zona del cranio è quasi esclusivamente per una caduta dall’alto. “Son d’accordo con lui.” Duccio completò quelle poche informazioni. “Se un soggetto viene aggredito di solito vien colpito sulle du’ ossa temporali ai lati della testa o alla base cranica, dove l’ossa sono più sottili e la possibilità di produrre ‘na frattura, per esempio usando un corpo contundente, l’è quasi certa.” La rottura di quattordici costole aveva chiarito il perché della copiosa perdita di sangue dalla bocca, a cui erano potuti risalire analizzando il cavo orale. “Quattordici costole rotte non sono tante? Voglio dire … non ho mai sentito una cifra così alta.” Terry faticò a terminare la frase. Duccio cominciò a fare delle ipotesi a voce alta e spiegò che tale possibilità può esserci se un uomo cadesse al buio. “Si hanno de’ danni superiori, perché ‘un si riesce a immagina’ quando ci sarà l’impatto e con che angolazione l’avverrà; in questo caso l’è difficile mettersi in una posizione adatta ad attutirlo. La persona che sta cadendo immagina vagamente, dalla direzione con cui l’arriva l’aria in faccia, da che parte avrà il contatto co’ i’ terreno e cerca di azzecca’ la posizione in cui mette’ le mani avanti; anche nella migliore delle ipotesi in cui riesca a capirla, la tensione muscolare che serve per sostenerlo comincia a produrla quando le mani l’hanno già toccato la superficie e ormai l’è troppo tardi.” “Allora non è caduto dal ponte sulla Trinity St, perché la sera è illuminato da due lampioni.” Marianne era seduta accanto a Jim e, pur avendo un’ètà inferiore a suo fratello, sembrava volerlo proteggere dall’alto dei suoi diciannove anni e quattro mesi, come se fosse lei la maggiore dei tre e non la più piccola. “E poi quei pochi metri di altezza del ponte non sono sufficienti per farsi tutto quel danno.” Anche Lucy buttava sul tavolo le sue elucubrazioni mentali per capire in che modo potessero realmente essere andate le cose. Duccio sorrise bonariamente a quelle due ragazze che, per l’età che avevano, avrebbero potuto essere sue figlie. “Vu siete arrivate alla mi’ stessa conclusione, anche se per strade diverse; perché quello che ‘un convince me, oltre a ciò che avete detto voi, l’è la poca quantità di sangue presente ne’ i’ terreno.” Jim, che era sembrava molto più vecchio dei suoi venticinque anni, riportò l’attenzione dei presenti su un aspetto antipatico della questione. “Il problema è che George e Bryan hanno raccontato allo sceriffo di aver lasciato me e Mike vicino al ponte mentre stavamo ancora discutendo, ma non è vero, loro tre sono andati via insieme.” Duccio alzò gli occhi al cielo e, mentre osservava le pale a soffitto che facevano del loro meglio per far girare un po’ d’aria, pensò a che cosa potessero avere i due da nascondere, considerato lo sforzo che facevano per indirizzare le indagini verso Jim. 8
Certo è che i’ fatto che i’ mi’ nipote e Mike l’avessero litigato giusto du’ sere prima, per loro gli è una manna da’ i’ cielo. La mattina successiva il nostro toscanaccio si diresse verso l’ufficio dello sceriffo, dove l’agente Bethry gli comunicò che il suo capo era appena uscito in auto e lo invitò a tornare più tardi. Uscito di lì Duccio salì sulla jeep in fretta e furia e si diresse a pochi chilometri in direzione del centro, dove trovò quello che stava cercando e infatti notò l’auto dello sceriffo posteggiata davanti ad un coffee bar. Certe abitudini so’ uguali in tutt’ i’ mondo. I’ tutore della legge che la mattina, con la scusa d’un caffè, la va ne’ locali a chiède se durante la notte l’è successo qualche cosa che ‘un è arrivato all’orecchie della polizia, l’è un grande classico. “Hi Duccio. Da quanto tempo sei arrivato?” “Ciao Roger, so’ arrivato ieri. Come tu stai?” “Bene. Mia moglie ed io siamo diventati nonni della piccola Elisabeth, due mesi fa.” “Son contento pe’ voi, vu siete de’ privilegiati. E anche Elisabeth, l’è ‘na nipote fortunata.” “Adulatore.” “Sì; e spudorato, pure. Scherzi a parte: ho bisogno d’informazioni.” “Immagino che tu riferisca a tuo nipote Jim. Ti anticipo che ho delle forti perplessità su tutta la faccenda.” “Mi fa piacere sentirtelo di’, perché c’è qualcosa che la ‘un mi quadra. Ieri ho notato che tu ha’ fatto fa’ dei carotaggi nella zona in cui vu’ avete rinvenuto i’ corpo.” “Sì e ho già in mano l’esito delle analisi che mi confermano che, considerata la poca quantità di sangue rinvenuta, il ragazzo non può essere morto lì.” “Questo va a favore de’ i’ mi’ nipote, visto che i’ du’ testimoni sostengono d’averlo lasciato insieme alla vittima proprio in quel luogo, anche se ‘un è vero. E per quanto riguarda le fratture riportate nella caduta? Quel ponte ‘un è poi così alto.” “Come ben sai, quelle possono dipendere da molti fattore tra cui anche il suo stato fisico. Se era già svenuto e lo hanno buttato giù, può anche essersi fratturato in quel modo.” “Hai pensato all’eventualità che possa esse’ stato investito e che poi sia stato lasciato ne’ i’ letto del fiume per depistarti?” “Proprio qualche giorno fa abbiamo avuto un caso di un uomo che è stato investito da alcuni pirati della strada e le sue fratture erano molto diverse. Nel caso in cui un corpo viene schiacciato dal peso di un’autovettura si rompono principalmente gli arti e il torace. Se viene coinvolto anche il cranio, questo può arrivare anche a fratturarsi, ma in maniera completamente diversa.” “L’era ubriaco?” “No. C’è una cosa che non mi fa molto piacere e di cui vorrei parlarti. Nei capelli del ragazzo abbiamo trovato del fieno e dello sterco di cavallo.” 9
Lo sceriffo continuò e spiegò che la posizione del ragazzo andava peggiorando perché, oltre alla testimonianza dei suoi amici che lo indicavano come l’ultimo che lo avesse visto vivo, ora si aggiungeva anche il fatto che i cavalli presenti a Brighton Lay erano quasi esclusivamente quelli presenti al ranch dei Jeilts. “Fammi capi’, Roger: lo sterco de’ cavalli lo si può analizzare. Se tu facessi delle analisi a tutti i capi di bestiame presenti a i’ ranch e ‘un trovassi nulla di compatibile con codesta prova? Son sicuro che succederebbe così.” “Fare delle analisi sarebbe completamente inutile. Potrebbero essere dei resti rimasti sul terreno del ranch ma appartenenti a qualche cavallo di passaggio. Nella sua tenuta, Jack Jeilts fa passare un sacco di cavalli in prova prima di comprarne di nuovi. Li tiene lì qualche giorno per vedere come si comportano e magari uno di questi ha lasciato delle tracce dei propri escrementi, anche se non appartiene a loro.” “Purtroppo tu c’ha ragione, ma da dove può esse’ caduto? Iì punto più alto della fattoria l’è i’ tetto, ma ‘un ce li vedo a rincorrersi tra le tegole.” “Se non ricordo male c’è un fienile piuttosto alto che ha un portellone apribile nella parte superiore, adatto a far cadere il fieno. Tra un’oretta sarò lì a fare dei rilevamenti. Lo sceriffo si presentò due ore dopo e, oltre ad esaminare il terreno davanti al fienile da cui avrebbe potuto cadere Mike, si portò via le due auto del ranch, lasciando solo un vecchio trattore ed una motocicletta; perché se il ragazzo era morto lì in qualche maniera doveva pur essere stato portato via. Jack era veramente avvilito nel vedere decenni di rispettabilità messi da parte, di fronte alla testimonianza discutibile di quei due ragazzi. Roger O’ Connel, prima di salire sulla sua auto e andarsene mettendosi in coda alle due vetture di proprietà della tenuta che doveva sequestrare, s’incamminò verso Jack e Terry che stavano in piedi di fronte alla porta di casa a guardare il triste spettacolo. “Ai piedi del fienile non c’è un briciolo di sangue e credo che da lì non sia mai precipitato nessun. Per quanto mi riguarda so per certo che non troverò niente sui vostri automezzi, che possa comprometter Jim, ma la procedura mi impone di fare i controlli del caso. Spero che non ve ne abbiate a male.” “Sono troppo intelligente, o forse troppo stupido, per prendermela per così poco. So che stai facendo il tuo lavoro, Roger, ma spero che tu non ti offenda se io e il mio cugino italiano andiamo in giro a fare qualche domanda.” “Fai pure, la legge non ve lo vieta. Se qualcuno venisse a lamentarsi farò finta di non sentire.” Il giorno successivo i due uomini fecero una lauta colazione, di quelle che per un italiano fanno anche da pranzo, e si diressero dagli amici di Jim che avevano sottolineato, con un po’ troppo zelo, che lui e Mike erano venuti alle mani la sera prima che morisse e che, soprattutto, si erano inventati di sana pianta di averli lasciati soli la sera stessa della disgrazia. Infatti Jim continuava a sostenere la sua versione secondo cui la sera della morte di Mike aveva rivisto lui, Bryan e George al Camdenn Inn e si erano riappacificati 10
dopo il litigio del giorno prima, di fronte ad una birra. Fuori dal locale i tre se n’erano andati via insieme e lui era tornato al ranch. Duccio e Jack viaggiavano su una Cadillac Sedan De Ville degli anni ’60 messa a disposizione da una vecchia parente di Jack, in attesa che lo sceriffo ridesse le due vetture di proprietà della tenuta. “Posso guida’ io?” “Per carità! Quando guidi emerge un lato di te che io chiamerei Mr Hyde. Se fossi mio figlio non ti manderei in giro neanche in triciclo.” “Guarda che ‘un ho ma’ fatto incidenti.” “Sarà stato per la bravura di chi ti ha incontrato per strada.” “Cambiamo argomento. Da quale dei du’ ragazzi cominciamo?” “Da Bryan Mc Perth. Lavora in un negozio di elettronica e in questo momento dovrebbe essere lì.” Il ragazzo era di media statura, parecchio stempiato per la sua età e vestito in modo troppo trasandato, considerato che il suo lavoro lo teneva costantemente a contatto con i clienti. Come li vide entrare cominciò ad agitarsi e fece di tutto per evitare di parlare con loro, infatti la cliente che aveva davanti non ne voleva sapere di acquistare il lettore cd che lui le stava proponendo, ma la contrattazione fu tirata in lungo il più possibile; come se quei pochi minuti di attesa in più avrebbero fatto desistere Jack dal far due chiacchiere a quattr’occhi con lui. Come la donna riuscì a sganciarsi da quel commesso così insistente, Bryan si avvicinò ai due uomini che lo attendevano cercando di dissimulare un evidente imbarazzo e i suoi occhi avevano la classica aria triste inconfondibilmente legata ai sensi di colpa. Se fosse stato un cane, Duccio se lo sarebbe immaginato con le orecchie basse e la coda tra le gambe. Ma era un essere umano e allora, a quei due occhioni che chiedevano pietà, il fetente abbinò un bel sorrisone. A Duccio tornò in mente, per quello strano gioco di relazioni che la mente fa a suo piacimento quando meno ce lo aspettiamo, un gioco che aveva da bambino e che consisteva nel ricostruire i volti di alcuni animali, abbinando uno sopra l’altro due tasselli di legno su cui comparivano gli occhi, in quello superiore, e la bocca in quello da posizionare sotto. Ecco: la bestia che stava davanti a lui in quel momento era stata montata male, perché un sorriso da bertuccia sopra due occhi da pecora non stavano bene insieme. E se n’accorgerebbe anche un bimbo. Il ragazzo ripeté a loro quello che aveva già raccontato alla polizia: “Io e George ce ne siamo andati subito dopo essere usciti dal locale e li abbiamo lasciati vicini al ponte.” Quando Jack e Duccio posero la stessa domanda a George, la risposta fu: “Io e Bryan ce ne siamo andati subito dopo essere usciti dal locale e li abbiamo lasciati vicini al ponte.” Era evidente che i due si coprivano a vicenda e che, per essere sicuri di non sbagliarsi, si erano imparati a memoria una parte da dire. Semplice. “Secondo me hanno paura di qualcosa o di qualcheduno, che ‘un siamo no’ due.” 11
“Dici?” Jack era sfiduciato per gli scarsi risultati ottenuti dal confronto con i due ragazzi. Guardava diritto davanti a sé, mentre guidava, e lasciava che il caldo del deserto gli imperlasse di sudore la fronte, senza che lui se ne accorgesse e tirasse fuori il fazzoletto per asciugarsela. Ma forse non era il caldo. Davanti a loro la vista era una meraviglia da guinness dei primati. Le mesas color ocra del deserto si stagliavano contro il cielo azzurro creando uno dei più affascinanti contrasti cromatici che la natura avesse mai prodotto. Ma non c’era tempo per la bellezza, in quel momento. Appena quell’incubo sarebbe finito, Duccio avrebbe portato Jim a sorvolare tutta la valle, dal Little Colorado fino ad arrivare al Grand Canyon e al Marble Canyon. Il primo era meritatamente famoso; il secondo era più una chicca per intenditori accorti come lui che, pur essendoci già stato qualche anno prima, voleva ritornarci per rivedere quelle rocce lucide e rese lisce dall’erosione delle acque. Le pareti di quei canyon erano incredibilmente colorate per la presenza di minerali nel terreno che emergevano dando delle sfumature veramente singolari. Ma ora bisognava concentrarsi sul presente e su come tirar fuori Jim dai guai. Per ora l’unica speranza stava nella bravura di O’ Connel. Ma l’esperienza gli aveva insegnato che, quando la sorte del collo di un uomo dipende dal cervello di un altro, non è un buon segno. Duccio, preso dalle sue fantasie turistiche non si era accorto che Jack avesse accostato il veicolo al marciapiede per rispondere ad una telefonata dello sceriffo e da quel che rimaneva del dialogo cercò di capirne il contenuto. Come il cugino terminò la chiamata, gli comunicò con sommo sollievo che i suoi automezzi sarebbero stati riconsegnati nel primo pomeriggio. Lo sceriffo aveva fatto venire da Flagstaff un tecnico di laboratorio, da affiancare al suo di contea, e insieme avevano analizzato i rivestimenti delle due auto senza trovare nulla di interessante. “Immaginavo che ‘un avrebbero trovato nulla.” “Una cosa, a dir il vero, l’hanno individuata. O’ Connel mi ha sgridato perché quando mangio le patatine faccio gocciolare il ketchup sui sedili.” Jack fece una risata liberatoria: “Sono così contento che ti porterei al circo.” “I’cchè tu sei, grullo?” “No. Guarda lì: se non fosse che stanno già smontando baracca e burattini, ti ci porterei.” E indicò uno spiazzo vicino a dove si erano fermati, in cui dei giovani stavano tirando giù le funi e i tiranti di un grosso tendone da circo. “Strano che se ne vadano prima che finisca la programmazione, il cartellone dice che si sarebbero dovuti fermare fino a settimana prossima. Brighton Lay non dev’essere una buona piazza.” “Jack, a proposito di fenomeni da baraccone: andiamo a parla’ co’ genitori di Bryan e George. Tu li conosci di persona?” “Sì, e col padre del secondo sono anche in buoni rapporti.” Ripartirono con l’umore decisamente risollevato e decisero di rivolgersi prima a lui. 12
L’uomo, di mezz’età, come li vide arrivare si alzò dalla poltroncina in vimini del patio e si incamminò verso di loro. “Ciao Jack. Che brutta storia!” “A chi lo dici, Tom! Vorrei che tutto finisse presto e soprattutto che Mike fosse ancora vivo.” “È quello che vorremmo tutti: stare più tranquilli e non avere problemi. E invece è un periodo nero.” “Sono venuto da te per farti delle domande su George: vorrei sapere se ultimamente lo hai visto diverso. Mi riferisco anche al periodo precedente alla morte di Mike.” L’anziano lo guardò qualche secondo negli occhi e rimase in silenzio. “Non vorrei urtare la tua sensibilità, Tom. Se vuoi me ne vado.” Dopo un attimo di riflessione l’anziano prese a parlare. “No, stai pure. Sì, da qualche giorno a questa parte c’è qualcosa nel mio ragazzo che mi turba; e non mi riferisco alla morte di Mike. È cominciato tutto da quando ha fatto un piccolo incidente con la macchina nuova, una cosa da niente. Ha solo ammaccato il paraurti anteriore, ma questa stupidaggine l’ha mandato in crisi.” “Come sarebbe successo?” Duccio s’intromise senza essersi presentato, ma l’educazione alle volte fa cilecca, quando sei gasato perché sei vicino a centrare un bel bersaglio. “È andato a sbattere contro un albero.” Banale. Poco dopo, l’uomo li salutò e i due cugini s’incamminarono verso la loro auto ma Jack non sembrava entusiasta. “Anche con lui, niente di fatto.” “Io ‘un direi.” “Dici?” Il cugino lo guardò con gli occhi di un celeste meno sbiadito, acceso dalla speranza che il naso da tartufo del segugio italiano avesse fiutato qualcosa. “Mi porti a i’ circo?” “Sei ubriaco?” “Stamattina lo sceriffo m’ha raccontato che l’è stato investito un ‘omo, recentemente. Chiamalo e chiedigli la data precisa e se era uno del circo.” “A cosa stai pensando?” “A come mette’ insieme un paraurti ammaccato, un ‘omo investito, un ragazzo caduto dall’alto e della cacca di cavallo tra i capelli.” Ancor prima di arrivare dove i lavoranti del circo stavano smontando tutto l’accampamento, lo sceriffo aveva già dato loro tutte le informazioni necessarie, che collimavano esattamente con le supposizioni di Duccio. L’uomo investito si chiamava Dhiemm Rakaid, era uno dei trapezisti che tutte le sere facevano le loro evoluzioni sospesi nel vuoto; erano stati suo padre e suo fratello a portarlo in ospedale, la sera che poi morì. Il tendone era ancora in piedi e ciò era importante, perché secondo Duccio era lì che Mike era stato ucciso. 13
I due cugini attesero che lo sceriffo li raggiungesse assieme a due agenti e non appena O’ Connel arrivò, chiese a Duccio che cosa avesse in mente. “Sai, Roger, fino a qualche ora fa brancolavo ne’ i’ buio, se ‘un fosse che l’attenzione di Jack l’è stata attirata da i’ circo e da i’ fatto che stessero smobilitando tutto prima della fine della programmazione. Adesso, a parte i’ movente, il resto m’è chiaro.” I cinque uomini varcarono la soglia del tendone e i due agenti furono mandati subito a cercare i due gitani che avevano accompagnato il congiunto in ospedale, poco prima che il povero ragazzo morisse. Nel frattempo Duccio indicò la fune tesa tra un pilastro e l’altro a una decina di metri di altezza. “Vi presenterò le mi’ conclusioni in modo spiccio, prima che arrivino i due uomini: Mike dev’esse’ caduto dalla fune o da i’ trapezio e s’è schiantato a i’ suolo in mezzo alla pista, dove son presenti del fieno e dello sterco di cavallo. Dovrebbero essere quelli che sono rimasti tra i su’ capelli.” “Se mi dici che il ragazzo è stato ucciso qui, farò fare le analisi ai loro cavalli per averne conferma. Io avevo notato che se ne stessero andando in anticipo, ma pensavo che fosse per il lutto che avevano subito.” Lo sceriffo si allontanò e chiamò una squadra da Flagstaff che venisse a fare delle analisi a tutti i cavalli presenti in quell’accampamento circense. Jack guardava Duccio, ammutolito per l’orrore di quello che era successo. Capita a chi non fa il mestiere di Duccio e O’ Connel. Come lo sceriffo tornò, il toscano riprese. “L’ho capito quando i’ padre di George c’ha raccontato che i’ su’ figliolo l’era andato a sbattere contro un albero ammaccando il paraurti dell’auto . In quel momento mi son ricordato che qualche giorno fa l’era stato investito un ‘omo, qui a Brighton Lay. E allora ho fatto due più due.” “Come avevi fatto a capire che si trattasse proprio di uno del circo, prima che io ve lo confermassi?” “È stato puro intuito. Forse me l’ha suggerito i’ fatto che se ne stessero andando via prima de i’ tempo.” Jack lo guardò con misto di ammirazione e gratitudine. “Il tuo intuito non ti fa’ capire anche il perché di questo crimine?” “No. ‘Un ho mica la sfera di cristallo, io.” Gli agenti tornarono con due uomini, scuri di carnagione e di capelli e che, pur non essendo molto alti, davano l’impressione di avere molta energia. Per evitare che fuggissero, gli agenti non avevano detto loro il motivo per cui lo sceriffo li volesse vedere, ma non appena si avvicinarono a O’ Connel, quest’ultimo chiese loro di seguirlo alla centrale perché raccontassero meglio i loro spostamenti della sera in cui morì il loro ragazzo. I due uomini cercarono di scappare ma gli agenti li fermarono e fecero scattare le manette ai loro polsi. Non era contemplato dal regolamento, che si arrivasse a tanto senza che fossero in stato di arresto, ma era meglio star più tranquilli. Jack li avrebbe volentieri presi a cazzotti ma si trattenne. 14
“Tutti uguali quelli di questa razza!” “Ehi, cugino. Ti facevo più aperto alle altre culture.” “Lo sono. Ogni tanto compro anche gli involtini primavera. Può bastare?” Un’ora dopo i due non avevano ancora raccontato molto della loro storia, se non che Dhiemm Rakaid, figlio e fratello dei due presenti, era stato investito davanti ai loro occhi mentre attraversava una strada. Nella stanza accanto lo sceriffo teneva in mano l’esito delle analisi che confermavano che i resti del cavallo trovati tra i capelli di Mike appartenevano ad un esemplare arabo presente tra quelli che facevano delle esibizioni tutte le sere nella pista del circo. Di fronte a lui e all’agente Bethry, sedevano Bryan e George. Quando fu raccontato loro ciò che lo sceriffo aveva dedotto grazie alle sue indagini, ai due non restò far altro che aggiungere pochi dettagli. “La sera prima della morte di Mike, abbiamo investito un uomo.” Fu Bryan a cominciare, mentre gli occhi bassi fissavano il palmo delle sue mani; le teneva aperte sulle sue gambe, come se quella verità scomoda la volesse consegnare anche fisicamente. “Era buio, Mike guidava, io ero seduto accanto a lui e George era dietro.” Dopo un minuto di silenzio, in cui Bryan non riuscì a proseguire col racconto, l’amico prese la parola al posto suo. “Poco prima della curva sulla east descent, venendo giù dalla little mountain, abbiamo visto un sacco della biancheria in mezzo alla strada e abbiamo pensato di divertirci. Avevamo preso la jeep nuova di mio padre e Mike voleva provare a fargli tenere la strada anche passando sopra ad un ostacolo. Non potevano immaginare che ci fosse dentro un uomo.” Il ragazzo si coprì gli occhi e fu che Bryan riprese a raccontare. “Quando ci siamo accorti di cosa fosse successo ci siamo fermati per tornare indietro, ma due uomini erano usciti dalla boscaglia ed erano accorsi a soccorrere quello che era rimasto in mezzo alla strada. Ci siamo spaventati e ce ne siamo andati. Ci siamo diretti a bere qualcosa al Camdenn Inn e siamo arrivati alla conclusione che probabilmente volevano rapinare qualcuno che passava di lì e la sfortuna ha voluto che fossimo proprio noi.” “Sareste dovuti venire da me. Poi che cosa è successo?” “Quei due uomini dovevano aver preso il nostro numero di targa perché il giorno successivo, dopo che ci eravamo rivisti con Jim, ce li siamo ritrovati nel parcheggio che ci aspettavano. Sono saliti sulla nostra macchina e ci hanno costretto ad andare nel loro accampamento.” Il racconto continuava intervallato da innumerevoli soste per riprendere coraggio e riaffrontare l’orrore visibile ancora nei loro occhi. “Un uomo ha chiesto chi fosse alla guida quando abbiamo investito suo figlio e poi si è portato via Mike. Noi abbiamo dovuto attendere fuori dal tendone.” George riprese in mano il racconto: “Non sappiamo cosa sia successo lì dentro, ma quando ci hanno ridato Mike, era morto. Forse lo avevano picchiato, noi non lo 15
potevamo sapere, ma ci è venuto in mente che potevamo farlo sembrare un incidente, come se fosse caduto dall’alto.” “Ci è venuto in mente il ponte sulla Trinity St.” “E avete cercato di addossare la colpa al vostro amico Jim Jeilts.” “Non era nostra intenzione. Ma le cose si incastravano perfettamente, avevano litigato e ci eravamo rivisti proprio con lui, vicino a quel posto.” I due nomadi rimasero chiusi nel loro silenzio ancora per molto tempo. Il giorno successivo fu il più anziano a decidersi a parlare, nel tentativo di scagionare almeno l’altro figlio che lo aveva aiutato in tutta quella faccenda. Disse solo una frase: “Noi non lo abbiamo ucciso. Lo abbiamo messo in condizione di dimostrare se sapeva davvero fare i numeri di equilibrio. Visto che il giorno prima ci aveva provato passando sopra mio figlio…” Stavano sorvolando la vallata che compre il Little Colorado e tutte le montagne circostanti. Duccio aveva prestato fede al suo impegno e aveva rapito il suo nipote maggiore per portarlo a vedere che vale sempre la pena prendere il volo e staccarsi dalla quotidianità. Anche se il ricordo di un amico scomparso ti segue ovunque dentro e fuori le tue evasioni, che tu abbia responsabilità o no. La Marble Valley si apriva sotto di loro e il sole che stava tramontando aveva trasformato il colore ocra delle montagne, in oro. In quel momento gli sembrò che lui e il sole facessero lo stesso lavoro: portare alla luce la verità, non aveva forse reso più preziosa la vita di Jim?
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