E' sempre natale

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È SEMPRE NATALE

Paris entrò nella sua vita come solo i cani abbandonati sanno fare, guardandoti con gli occhi di chi da già per scontato che ormai sei suo. Sei tu che gli appartieni, dal momento in cui li hai considerati degli esseri degni di qualche attenzione. Il suo nuovo cane era un maschio, ma gli aveva attribuito il nome leggermente femminile Paris, perché era lì che lo aveva raccolto poche settimane prima dalle braccia di una ragazza finita in carcere a vita per aver ucciso suo sorella. Duccio non sapeva che nome avesse prima, ma poco importava. L’ultimo sguardo che diede alla sua expadrona fu uguale al primo che diede a Duccio: fiducia completa. Due occhi che ti fissano e sembrano dirti: tra di noi, comunque vada, sarà un successo. Adesso era lì ai suoi piedi, sul lettone accanto a lui, e guardava fuori dalla finestra la neve che scendeva. Erano le ventidue del ventiquattro dicembre e dal giardino provenivano i bagliori colorati delle luci dell’albero che Duccio faceva ogni anno in onore della sua Dinda. Quando sua moglie era in vita era stata capace di contagiarlo con la sua passione, tutta femminile, per le decorazioni natalizie. Ninnoli e nannoli festosi erano sparsi ovunque, appesi dentro e fuori casa ricordavano che stava per arrivare la grande festa, per compiersi ancora un altro anno il grande miracolo. Duccio aveva dei vuoti di fede, di tanto in tanto, e l’unica cosa che sapeva con certezza era che sua moglie, volata in cielo da qualche anno, ormai il Natale lo viveva in prima persona. Chissà che parte si era scelta nel presepe celeste. Non ce la vedeva con una pecorella attorno al collo; era molto più probabile che girasse con un paniere e un cane al seguito, alla ricerca di qualche povero da sfamare Già quand’eri viva tu ha fatto un monte di beneficenza, chissà ora che tu se’ santa. Sì, perché per lui Dinda non era morta, era santa. Quando era piccolo, durante una predica, un sacerdote illuminato da molta preghiera, aveva spiegato che l’etimologia del termine santo non è ‘perfetto’, come tutti solitamente credono, ma bensì ‘salvato’. E siccome il Padreterno ci ha salvato tutti con il suo sacrificio, siamo tutti santi;


qualcuno è ancora in cammino, altri sono già arrivati di fronte alla Sua gloria, ma santi comunque. E a che prezzo.

Aida, la sua domestica appassionata di Verdi, era in cucina a preparare il cenone di Natale per loro due che, essendo rimasti soli entrambe, da anni oramai passavano la notte di Natale insieme a casa sua. Per la quantità di cibo che preparava, avrebbe potuto ospitarla per una settimana intera, ma quando uno ha gli occhi grossi, come si dice in Toscana, non ci si può fare nulla: cucina per un reggimento e ancora si chiede se sia abbastanza per due. Il trillo del suo telefonino mise fine alle sue riflessioni e Duccio sperò inutilmente che fosse una delle tante chiamate per fargli gli auguri. Ma il crimine, si sa’, non va mai in vacanza e quando decide di augurarti Buone Feste, è perché ha fatto la festa a qualcuno. Il numero di Sergio Gorini, il suo agente più giovane, brillò sullo schermo del suo touchphone. “Ciao capo, ‘un ti sto a chiede’ se ti disturbo perché t’immagino di già co’ i’ tacchino su’ i’ piatto.” “Smettila e dimmi che l’è successo.” “È un uomo bianco di mezz’età; l’abbiamo trovato in fondo ad un vicolo qui a Colle. Sei colpi, uno in faccia e tre nella schiena.” “Come tu fa’ a vederli così chiaramente, a’ i’ buio?” “L’è nudo. Veste solo mutande e calzini.” “E dici poco. Altre stranezze?” “L’ha una striscia di scotch sotto la bocca.” “Tu vorrà dire sopra la bocca!” “No, sotto. Va da un orecchio all’altro ed è biadesivo, perché appiccica anche sulla parte esterna.” “Da quanto l’è morto, secondo te?”


“Direi da una mezz’oretta, non di più. Perché l’è ancora caldo nonostante giaccia nella neve. L’ha visto ‘na signora ch’abita qui, quando l’è andata a chiudere le inferiate della finestra.” “Arrivo, dammi le coordinate di dove tu sei.” Quando la telefonata arrivò a casa di Duccio, lui era già vestito di tutto punto per festeggiare e allora Sergio, non abituato abbastanza alle stranezze sartoriali del suo capo, se lo vide arrivare con le scarpe nere di vernice, i pantaloni con la piega, un cappottino nero sciancrato che arrivava sotto il ginocchio e una sciarpa di seta bianca che passava dietro al collo e cadeva aperta davanti al petto. L’immancabile Borsalino chiudeva il quadretto stando in bilico sulle ventitré. Sergio abbozzò un mezzo sorriso di sbieco, mentre il suo capo avanzava nella nebbia del vicolo poco illuminato. “Capo, mi sembra di essere in un film degli anni ’50. Mi chiedo da dove salterà fuori Ginger Roger.” “E io mi chiedo dove tu ha’ lasciato Sara Simeoni. ‘Un si po’ passà la vigilia con le scarpe da ginnastica a’ piedi. I’cchè tu ha paura, d’esse’ rincorso da Usain Bolt?” “Le mie so’ comode, però.” “Sì, pe’ sta comodamente solo tutta la vita. ‘Un ti lamentà se ‘un tu trovi la fidanzata.” Sergio si mise a ridere per un attimo e poi si ricordò che, a pochi passi da loro, alle sue spalle giaceva un uomo senza vita e senza più risate. “Capo, io ho chiamato te, perché tu m’ha detto d’un disturba’ Vito. Ma se vòle telefono a lui e lei torna a festeggia’.” “Lascia sta’ Vito con la moglie e i’ figlioli. L’è la vigilia di Natale.” Duccio si chinò a terra a guardare l’uomo ucciso. Era stato colpito quattro volte, come gli aveva detto Sergio e uno dei proiettili faceva bella mostra di sé tra l’orecchio e la guancia sinistra, segno che l’uomo si era voltato per fuggire al suo aggressore. Il suo avversario non doveva essere molto avvezzo alle armi, perché aveva colpito a casaccio e, a giudicare dalla quantità di sangue fuoriuscita dai fori, il


cuore della vittima era andato avanti a pompare ancora per un po’, segno che non era riuscito ad ammazzarlo sul colpo. Come gli aveva detto Sergio, telefono? Ah, sì, c’era dello scotch in faccia che appiccicava anche sul lato esterno. “Sergio, secondo te, chi gira con lo scotch in faccia la notte di Natale?” “Uno con la barba finta.” “Bravo! Dai, che ci sei quasi arrivato.” “Babbo Natale!?” “Proprio lui. Anche se, a giudica’ da quel tatuaggio su’ i’ braccio, direi che quest’uomo ‘un è stato sempre un bimbo bòno.” Infatti, all’altezza del bicipite della vittima, Duccio riconobbe un tatuaggio composto da un incrocio di lettera in stile celtico, che andava di moda tra gli excarcerati di Sollicciano. Il pulmino della sezione omicidi, arrivato dopo un’ora da quando era stato chiamato, si fermò all’ingresso del vicolo e Duccio non perse occasione per far notare che avrebbero potuto prendersela ancora più comodamente. Tanto era morto, no? Tanto valeva che lo lasciassero lì fino a Capodanno. Non riuscì a litigarci come avrebbe voluto, perché il suo telefono si mise a squillare. “Ciao Duccio, sono Vito.” “Ciao. ‘Ndo tu se’? A casa co’ bimbi?” “No. M’ha chiamato Berti un’ora fa dalla centrale per via d’una serie di rapine che si stanno verificando stasera a Colle. La prima l’è stata alle venti e trenta,la seconda alle ventuno e la terza alle ventuno e trenta.” “Precisi, ‘sti ladri. Dimmi che ‘un ci so’ feriti, almeno quello!” “’Un ce n’è, grazie a Dio. Io la chiamo perché c’è ‘na cosa che mi sòna strana. In tutti e tre i casi, queste famiglie hanno ricevuto la visita di Babbo Natale e gli elfi.” “Babbo Natale ce l’ho qua io e ‘un è ch’abbia più di molto da regala’.” “È morto Babbo Natale?”


“Sì … e la Befana. Vito, per favore! Qui ho un ex ergastolano di Sollicciano che è morto, abbandonato con solo la biancheria addosso. Io e Sergio siamo dell’idea che fosse vestito da Babbo Natale, considerato che, prima di morire, portava una barba finta.” “Perché lo hanno ucciso? E soprattutto: perché lo hanno spogliato?” “Bella domanda. A giudica’ da quello che tu mi dici te, dev’aver organizzato insieme ai du’ elfi, tutto ‘sto troiaio delle visite a’ bimbi, per fa’ delle rapine. Probabilmente l’ultima gl’è andata male, perché l’ha trovato qualcuno che teneva in casa ‘na pistola.” “Si sarà difeso.” “Gli ha sparato quattro colpi. L’è stato generono, visto che l’è la notte di Natale.” “Quattro colpi? Uno che spara così a ripetizione l’è un delinquente.” “No, l’è uno ch’ha paura. Probabilmente ‘un è di molto avvezzo alle armi e ‘un c’ha ‘na gran mira, ma l’è stato colto di sorpresa e ha reagito male. Ora, però, bisogna capi’ i’ perché l’abbiano spogliato.” “Forse l’hanno fatto pe’ ‘un farci capi’ che l’è legato all’associazione che l’ha organizzato i’ tutto.” “Associazione?” “Sì, sono già stato dalla donna che l’è stata svaligiata pe’ prima e m’ha spiegato che le visite erano programmate da un’associazione a scopo di beneficenza. Loro vengono a trovarti e ad intrattenere i bimbi, e tu li ringrazi …” “… facendoti saccheggiare. Questa pista ‘un porterà a nulla, Vito. Sta’ certo che quest’associazione ‘un esiste. Quello che mi preoccupa l’è che, probabilmente, gli hanno tolto l’abito da Babbo Natale, perché qualcuno prendesse i’ su’ posto e continuasse co’ le rapine da qui fino a mezzanotte. Presumo che a quell’ora ci sarà l’ultima.” “Sì, l’è probabile, infatti la donna m’ha detto che le visite so’ scadenzate una ogni mezz’ora e, infatti, coincidono con gli orari a cui so’ avvenute le rapine.”


“Ora so’ le ventitre e trenta. L’è tardi pe’ far qualcosa per la famiglia da cui so’ in questo momento, ma dobbiamo preveni’ la visita di mezzanotte.” “E il colpevole per quest’omicidio?” “Ci penseremo dopo. Adesso l’urgenza l’è di ferma’ i du’ rimasti a fa’ i furti. Per ora, quello che possiamo dire l’è che, essendo avvenuta l’ultima rapina alle ventuno, Babbo Natale l’è stato colpito durante la visita delle ventuno e trenta. Dobbiamo risali’ a’ padroni di casa di quell’appuntamento. Io vado a casa de’ secondi che so’ stati svaligiati, tu va’ in centrale e fammi ‘na ricerca pe’ scoprì chi l’è uscito da i’ carcere di Sollicciano nell’ultimi anni e che potrebbe essere la nostra vittima. Chiama Sergio su’ i’ su’ telefono per fartelo descrivere, io devo scappa’.” Duccio risalì sulla sua Ford Mustang Shelby del ’67 e si diresse a casa della famiglia Santini, ma il pensiero era fisso all’orologio. Tra dieci minuti ci sarebbe stata un’altra rapina e lui non avrebbe potuto farci nulla. Gli prudettero le mani e diede un pugno al volante per la rabbia di non poter proteggere un bimbo, neanche la notte di Natale. Come entrò a casa delle seconde vittime, ebbe un tuffo al cuore e una chiara visione di come sarebbe stata la sua vita insieme a Dinda, se solo … se solo cosa? Fosse ancora viva? Morendo, sua moglie, non si era portata via tutte le donne del mondo e, conoscendola, sarebbe stata la prima ad essere contenta se lui si fosse risposato, prima o poi. Piuttosto che farsi prendere dallo sconforto decise, come suo solito, di vedere il lato comico delle cose e rifletté sul fatto che in notti come quella, il desiderio di famiglia si trasforma. Parte da essere una triste malinconia che ti colpisce … prima di cena, quando si è ancora a stomaco vuoto; si converte in mestizia per il presente solitario, quando si è al dolce, fino a chiudere in bellezza con un buon proposito per cercarsi una nuova compagna, al terzo bicchiere di spumante. Lui era a stomaco vuoto, in quel momento, e la vista della famigliola che gli aprì la porta di casa propria, involontariamente, lo fece soffrire. Sarebbe toccato ad Aida e alla sua cena luculliana il trasformare la tristezza in caccia aperta a una nuova donna.


Un uomo lo fece accomodare e, entrato in sala, Duccio vide sulla sinistra un camino acceso, un albero di natale con alcuni regali appoggiati vicino e una mamma con un bimbo seduti sul divano. Portavano ancora, immancabili come il cacio sui maccheroni, i maglioni rossi classici della serata di Natale. “Babbo Natale l’è un monello. Ha fatto arrabbia’ la mi’ mamma e i’ mi’ babbo.” La donna, col volto ancora provato dallo spavento e dalla rabbia, nonostante la situazione non prestasse il fianco all’ilarità, non riuscì a trattenersi dal fare una risata, scaturita più dalla necessità di scaricare un po’ della tensione fisica e nervosa, che dal desiderio di divertirsi. Salutò il nuovo arrivato, prese in braccio il bambino arrabbiato con Babbo Natale e si allontanò. Duccio si rivolse al marito: “Mi racconti come l’è andata, per favore.” “L’è di molto semplice. Mia moglie l’ha prenotato la visita di Babbo Natale, che avrebbe dovuto esse’ un volontario di un’associazione di beneficenza, a cui noi abbiamo anche dato un’offerta, tra l’altro! E invece, s’è presentato un delinquente che c’ha portato via gli ori.” “Come s’è svolta la dinamica de’ i’ furto?” “So’ entrati e l’hanno fatto un po’ la parte di Babbo Natale e gli elfi. Sa com’è, no? Oh, Oh … e tutto i’ resto. Dopodiché uno de’ du’ elfi l’ha chiesto i’ permesso d’assentarsi pe’ anda’ a prende’un regalo pe’ i’ bimbo sulla slitta e s’è allontanato. Pochi minuti dopo l’è tornato co’ i’ regalo e poi se ne sono andati tutti e tre.” “Poco dopo vi siete accorti de’ i’ furto?” “Sì e que’ du’ disgraziati c’hanno preso in giro fino in fondo. Guardi che cosa la c’hanno regalato.” Una scatola di gioielli di plastica era appoggiata in un angolo: beffarda analogia tra ciò che era stato portato via e ciò che era stato lasciato. “Mi dica come avete fatto a prenotare questa visita. È successo un fatto, dopo che quei tre sono passati da voi, che potrebbe aver messo fine alle rapine; ma qualcosa mi dice che potrebbe anche non essere così. Per questo motivo ho poco tempo per ferma’ quei du’ delinquenti.”


“L’erano tre.” “Ha detto bene: erano.” La moglie, che nel frattempo era rientrata nella stanza, si fermò accanto al marito e si strinse a lui in un gesto che voleva dire che, in fondo, seppur nella disgrazia, loro ne venivano fuori ancora in piedi. “Ho poco tempo pe’ fermarli e ho bisogno di sapere, il più in fretta possibile, da chi siano diretti in questo momento. Sono le ventitré e trentacinque e ormai rimane solo l’appuntamento di mezzanotte.” La donna intervenne subito: “I volantini che pubblicizzavano quel servizio venivano distribuiti fuori dalla scuola materna. Potrei fa’ un giro di telefonate tra l’altre mamme per risali’ all’altri appuntamenti. I’cchè ne pensa?” In quel momento capitò uno di quei colpi di fortuna che solo un poliziotto può capire quanto siano determinanti per un’indagine. Il marito, mentre la donna parlava, aveva alzato gli occhi verso il soffitto, come se fosse stato assorto in ragionamenti tutti suoi. Quando aprì bocca chiese una conferma alla moglie: “I’ figlio de’ i’ sindaco frequenta la stessa scuola materna de’ i’ nostro?” “Sì, ma che c’entra?” “Beh, la mia l’è solo un’ipotesi. Mi vergogno un po’ a dirla, magari ‘un c’entra nulla.” Duccio gli sorrise: “Lei ‘un ha idea di quante ipotesi vergognose abbiano salvato la vita a qualcuno.” “Intendo dire: l’appuntamento di mezzanotte ‘un è quello privilegiato? In fondo l’è proprio l’ora in cui, in teoria, Babbo Natale dovrebbe fa’ i’ proprio ingresso in una casa.” “Sì, ma dove intendi arrivare con codesto ragionamento?” “Scusate ma … i’ posto in prima fila, ‘un si lascia sempre a i’ sindaco?”


La telefonata a casa del primo cittadino non fece che confermare quell’ipotesi. Duccio chiese loro di abbandonare l’abitazione e ci si diresse, spingendo la sua auto oltre i limiti consentiti. Dalla legge? No, dal buonsenso. Mentre era al volante mi mise al telefono, usando l’auricolare, per chiedere a Sergio che lo raggiungesse. Stava per riporlo quando lo chiamò Vito. “Duccio. La vittima si chiamava Arturo Presiti. Era un rapinatore di professione appena uscito di carcere. Aveva scontato una pena di dieci anni di reclusione per rapina a mano armata e omicidio colposo ai danni di una bambina di due anni che viveva a Colle.” La famiglia del sindaco aveva già abbandonato l’abitazione e il primo cittadino, che era un giovane quarantenne come lui, lo attendeva poco prima lungo la strada. Gli diede le chiavi di casa e raccomandò al suo commissario preferito di far attenzione. Duccio aveva deciso di prendere le parti del padrone di casa e accogliere i due che, una volta tanto, sarebbero stati loro a ricevere una sorpresa, dopo essere stati accolti con un bel sorriso e un paio di manette in tasca. Appena i due gaglioffi entrarono Duccio pensò che avrebbe potuto fargliele scattare ai polsi senza troppi complimenti, ma decise di divertirsi un po’. Babbo Natale si trovò davanti un uomo molto alto, muscoloso, ma con un sorriso bonario che faceva intendere che quei muscoli non menavano nessuno da una vita. Errore numero uno. Guardandolo negli occhi pensò: A questo gli levo anche le mutande, che manco se n’accorge. Errore numero due. Perché Duccio con lo sguardo gli rispose: Già tu n’ha lasciato uno in codeste condizioni. Due nella stessa notte ‘un ti sembrano un po’ troppi? Babbo Natale ebbe un brivido, ma cercò di persuadersi che fosse solo una fugace paura a cui non era il caso di dare retta e allora decise di ripartire con la solita recita. “Oh … Oh … sono Babbo Natale.” “Benvenuto.”


Lo fece accomodare in salotto assieme al suo elfo dove, oltre a loro tre, non c’era apparentemente nessun’altro. “I’ bimbo ‘un c’è?” “No. S’è addormentato, ma s’è ricordato di prepararvi il latte con un paio di biscotti. Volete favorire? Si chiamano Brutti e Buoni. “Sempre meglio che niente.” “Beh, certo. S’immagina come dev’essere, la notte di Natale, ricevere due ‘brutti e cattivi’? L’uomo lo guardò attentamente e lo sguardo da Santa Claus lasciò il posto a quello di Lupin III, ma in una versione meno simpatica. L’elfo, dietro di lui, era stato distratto per tutto il tempo guardandosi in giro alla ricerca di qualcosa da arraffare. Non guardando Duccio in faccia non intuì il pericolo imminente. Cercò di allontanarsi seguendo il solito schema: “Vado sulla slitta a rendere i’ regali.” “Sì, ma vedi di ‘un sbaglia’ porta. Sennò la sorpresa te la do’ io.” A quel punto anche il secondo uomo si rese conto che erano stati scoperti e cercò di darsela a gambe, ma quando si voltò per fuggire si ritrovò la canna della Beretta 92S di ordinanza, tenuta in pugno da Sergio. Dopo un attimo di smarrimento, il più brillante dei due, quello che faceva la parte del ‘babbo’ solo in termini natalizi, cominciò a parlare: “ ‘Un l’abbiamo ucciso noi.” “Da chi l’eravate alle ventuno e trenta?” “ ‘Un so come sia successo…” Indicando il ragazzo che era lì con lui continuò: “Io e Rocco eravamo alle spalle de’ i nostro complice vestito da Babbo Natale. Lui l’aveva cominciato con la solita recita ma poi s’è bloccato. Ho avuto l’impressione ch’avesse riconosciuto l’uomo che l’era di fronte a lui. A quel punto s’è voltato e ci ha urlato di scappare.” Il resto fu facile. Duccio e i due agenti accompagnarono in carcere i due malviventi che, da lì, furono portati dritti dritti al carcere di Firenze, Sollicciano. E impararono che ‘Natale con i tuoi..”, non è poi così male.


La casa delle ventuno e trenta aveva le finestra illuminate quando Duccio arrivò. Ci era andato da solo perché sapeva di non correre nessun pericolo. Venne ad aprire una ragazza che aveva, sì e no, trent’anni. “Sono Duccio Cortese, il commissario di Colle.” La donna chiuse gli occhi, non disse una parola e si diresse, attraversato il corridoio d’ingresso, verso una stanza dove un uomo stava seduto sopra un divano tenendosi la testa tra le mani. Un bimbo, forse svegliato dal suono del campanello, scese le scale con l’aria ancora assonnata e la madre lo riportò su. “So’ stato io. Mia moglie ‘un c’entra nulla.” Dopo una pausa di pochi secondi chiese: “Come sta? L’ho ucciso, vero?” “Sì.” “Finirò il resto dei miei giorni in galera, ma ‘un me ne pento.” Si alzò, prese in mano la foto di una bambina di sette o otto anni che giocava con un cane. “Quando era recluso gli mandai una lettera in cui gli scrissi che l’avrei aspettavo all’uscita da’ i’ carcere. Poi ‘un c’ero andato; mia moglie m’aveva convinto che la vita ‘un doveva esse’ consumata pe’ attende’ la vendetta. Io ‘un so com’abbia fatto a trovarmi, se l’è stato un caso, o se m’abbia cercato; fatto sta che io me lo sono ritrovato davanti e anche se sono passati dieci anni, ci siamo riconosciuti subito. A lei sembrerà pazzesco .. ma ho agito d’impulso. Ho afferrato la pistola che teniamo nel cassetto del mobile d’ingresso e ho sparato. Pensavo che sarei stati meglio dopo …”. La moglie si mise accanto a lui. “Che cosa succederà adesso? Finirà in carcere?” “Sì, ma ‘un sarà pe’ molto. Quell’uomo l’era venuto per rapinarvi, come ha fatto con tutte l’altre famiglie che ha visitato questa sera. Farò in modo che i’ vostro gesto sia considerato una forma di autodifesa.”

La mattina di Natale, Paris giocò sul tappeto davanti al camino acceso insieme a Laura e Pietro, i figli del sindaco. Il primo cittadino di Colle, appena ripreso possesso di casa sua, la prima cosa che fece fu invitare il commissario a passare il Natale insieme a loro. La sera prima Aida lo aveva atteso fino alle due del mattino, e Duccio


s’era presentato con Vito e Sergio che, prima di tornare dalle proprie famiglie, andarono a dare una mano per finire le derrate alimentari che Aida aveva previsto per sfamare tutto l’esercito della salvezza. La fame che avevano li portò a consumare tutto quello che avevano nel piatto e, per la prima volta in vita sua, la donna rischiò di sentirsi in colpa per non aver cucinato abbastanza. Duccio guadò i suoi due colleghi, quelli che vede tutti i santi giorni. Erano contenti di essere lì con lui anche la notte di Natale, e si ricordò delle parole di una famosa canzone di Luca Carboni “ … o è Natale tutti i giorni, o non è Natale mai.” Non era poi così difficile.

Auguri di Buon Natale. Davvero.

Se un

giornalista

scrive

articoli sui fatti di cronaca, ma non ha troppi scrupoli nel rimestare

il

fango

degli

altri, rischia di riempire quelle pagine in prima persona. Uscire dal gioco Arita Cast


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